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Il vino (vulcanico) ungherese, poco conosciuto e tutto da scoprire nel 2021

EDITORIALE – Con una selezione che supera le 100 etichette, l’e-commerce vinoungherese.it punta a far conoscere a winelovers e professionisti del settore Wine&Food una terra del vino che pare ormai giunta alla piena maturità e consapevolezza dei propri mezzi, ben oltre i vini dolci di Tokaj: l’Ungheria.

WineMag.it gioca in casa, dal momento che la selezione è stata da me compiuta negli ultimi 6 mesi con ripetuti viaggi dall’Italia e lunghe permanenze in tutte le regioni vinicole ungheresi.

L’obiettivo di vinoungherese.it è quello di ampliare il bagaglio di conoscenze degli amanti del nettare di bacco in Italia, mostrando la bellezza assoluta dei vini vulcanici ungheresi, ben oltre il mainstream (meritatissimo, per carità) dei vini Aszú, delle nuove espressioni di Furmint “dry” e delle etichette commerciali di vini rossi delle regioni Villány ed Eger.

Ho percorso in auto più di 2 mila chilometri, conoscendo personalmente ognuno dei produttori entrati in catalogo e assaggiando tutta la linea di vini (comprese, ove possibile e degno di nota, le vecchie annate). Altre realtà entreranno in catalogo nei prossimi mesi.

Al centro della selezione ci sono decine di varietà autoctone ungheresi di cui posso dirmi ormai “innamorato”. Su tutti lo Juhfark (letteralmente “Coda di Pecora”) originario di Somló: vitigno e regione che meritano un’attenzione assoluta nel panorama internazionale, in qualità di principale, nuova e vera “frontiera” del vino ungherese.

Assieme, Juhfark e Somló costituiscono una coppia inimitabile per mostrare il terroir vulcanico della collina di Somló, situata a nord del lago Balaton, nella zona orientale dell’Ungheria (a sole due ore di auto da Budapest).

Poi ci sono Budai Zöld, Csókaszőlő, Ezerjó, Hárslevelű, Irsai Olivér, Kabar, Kadarka, Kéknyelű, Királyleányka, Kövérszőlő, Leányka, Kékfrankos, Portugieser, Nektár, Olaszrizling, Turan, Zengö, Zéta e Zeus.

Nomi pressoché impronunciabili, in alcuni casi, che meritano un posto d’onore accanto a internazionali come Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Grüner Veltliner, Merlot, Moscato Bianco, Moscato Giallo (Sargamuskotály).

E ancora: Muscat Ottonel, Pinot Grigio, Pinot Nero, Riesling renano, Müller-Thurgau (Rizlingszilváni), Sauvignon Blanc, Syrah, Gewürztraminer (Tramini) e Zweigelt. Infine, ma non ultimi nel vasto catalogo dell’e-commerce – udite, udite – Sagrantino (l’uva di Montefalco) e Sangiovese (il vitigno che ha reso grande la Toscana, nel mondo).

Due le etichette che vedono l’Italia “protagonista”, con altrettante varietà simbolo. Il Sagrantino è allevato in Ungheria da un solo produttore, innamorato dell’Umbria: Heimann di Szekszárd, che lo utilizza in uvaggio nel portentoso “Franciscus” e nel giovane, dinamico e freschissimo “Sxrd” (a proposito di potenziali nuove frontiere per il Sagrantino di Montefalco).

Il Sangiovese è invece quello della cantina 2HA, finita nei guai con il Consorzio del Brunello (episodio raccontato qui da WineMag.it) per un sito web un po’ troppo “brunellofilo” per avere il dominio “.hu”, utilizzato per promuovere l’etichetta “Tabunello“, tuttora in vendita senza alcuna commistione con il re dei vini rossi della Toscana.

Tra le particolarità dell’e-commerce vinoungherese.it, anche la presenza del più popolare e apprezzato tra i produttori del cosiddetto vino naturale ungherese: si tratta di Hummel, vignaiolo tedesco che ha sparigliato le carte in una zona piuttosto “seduta sugli allori” e abituata all’auto-incensazione come Villány.

Non poteva mancare la cantina che, meglio di altre, sta cercando di raccogliere l’eredità di Hummel nel sud dell’Ungheria: Wassmann, il sogno divenuto realtà di un’altra coppia tedesca, Ralf Wassmann e Susann Hanauer, che opera in regime biodinamico. Chi ci segue nella scoperta? Cin, cin.

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Cantine degustati da noi Esteri - News & Wine news news ed eventi vini#02

“Piacere Italia, sono Mr Heimann e produco Sagrantino a Szekszárd, in Ungheria”

Szekszárd, Ungheria meridionale: 160 chilometri a sud di Budapest, giù in linea retta. Meno di un’ora di strada dal confine con Serbia e Croazia. È qui che Zoltán Heimann ha deciso di piantare un ettaro di Sagrantino. L’uva che ha reso noto in tutto il mondo il borgo medievale umbro di Montefalco si è adattata bene al microclima e al terreno ricco di loess della regione vitivinicola ungherese di Tolna, di cui Szekszárd è capoluogo.

Un groviglio di valli soleggiate, che si distende a mano aperta lungo il 46° parallelo. Lo stesso di Egna e Montagna, in Alto Adige. Della Borgogna, in Francia. O della Willamette Valley, nell’Oregon. Una delle zone più vocate alla produzione dei vini rossi ungheresi, che qui risultano eleganti, speziati, generalmente agili e “pronti”.


Il tannino del Sagrantino, unito alla sua capacità di dare vita a vini da lungo affinamento, fa da spalla alle varietà Cabernet Franc e Kékfrankos in “Franciscus” e in “Grand“, due delle etichette top di gamma di Heimann Családi Birtok.

Ma si trova anche in “Sxrd“, vino fresco e moderno che suggella il cambio generazionale in corso tra i coniugi fondatori della cantina, Zoltán e Ágnes, e il figlio enologo Zoltán Jr, artefice della nuova e accattivante linea “Heimann & Fiai” (vini in vendita anche in Italia dal 2021, sull’e-commerce vinoungherese.it, di cui WineMag.it è Media partner).

Il tutto grazie al consiglio del consulente francese della cantina ungherese, che agli esordi del progetto – nel 1998 – suggerì a Zoltán Heimann di piantare a Szekszárd anche mezzo ettaro del vitigno tipico dell’Umbria, oltre a qualche filare di Tannat.


A distanza di 18 anni dal primo impianto, avvenuto nel 2002 grazie alle barbatelle giunte dall’Alto Adige tramite i vivai ungheresi Teleki-Kober, entrerà in produzione un altro mezzo ettaro di Sagrantino, che andrà addirittura a sostituire una porzione di Syrah.

“Ho imparato a conoscere nel tempo questa varietà – racconta Mr. Heimann a WineMag.it – e l’occasione di assaggiare per la prima volta il vino di Montefalco è capitata a Lucca, all’inizio del Duemila. Entrai in una wine boutique del centro e chiesi una bottiglia di Sagrantino. Ricordo ancora lo stupore dell’uomo che si trovava dall’altra parte del bancone. Faticò non poco a trovare una, ma alla fine riuscì a soddisfarmi”.

Nel 2012, dopo aver prodotto diverse edizioni di “Franciscus” e la prima di “Grand”, Zoltán Heimann torna in Italia e fa tappa in Umbria. Sempre a caccia di nuovi assaggi di Sagrantino, sceglie due cantine dalle filosofie diametralmente opposte.


“La Arnaldo Caprai – spiega il produttore ungherese – dall’impronta moderna e internazionale, e quella più artigianale di Paolo Bea. Mi trovai molto più a mio agio con la versione meno opulenta del Sagrantino di Bea, che ancora oggi cerchiamo di proporre a Szekszárd, nell’uvaggio con Cabernet Franc e Kékfrankos. Con Marco Caprai ho avuto modo di confrontarmi ancora a ProWein, negli anni scorsi”.

Assaggi che hanno aiutato a trovare ben presto la quadra per la vinificazione del Sagrantino alla Heimann Családi Birtok. La raccolta avviene generalmente a metà ottobre. La fermentazione avviene senza raspi, in acciaio. I rimontaggi, due volte al giorno, aiutano l’estrazione ottimale dei polifenoli.

Il mosto riposa a contatto con le bucce per un periodo compreso fra 20 e 30 giorni. La malolattica, svolta in acciaio, anticipa il trasferimento in botti da 1000 litri. Dopo un anno di riposo viene effettuato il taglio con Cabernet Franc e Kékfrankos. Il nettare, dopo un ulteriore affinamento in legno di circa un anno, viene imbottigliato e messo in commercio.

LA DEGUSTAZIONE

Védett eredetű száraz vörösbor Szekszárd Pdo 2017 “Franciscus”: 92/100
Etichetta che sarà in commercio a partire dalla fine del 2020. Siamo di fronte alla migliore espressione assoluta di Sagrantino di Heimann Winery, in attesa di un’ancor più promettente vendemmia 2018 (94/100) e da una buona 2019 (entrambe degustate da botte, la prima a taglio già effettuato).

Il vino si presenta di un rosso rubino carico, luminoso. Prezioso il gioco tra fiori, frutto e spezia, al naso. Le note fruttate, molto precise e scandite, risultano ben amalgamate ai ricordi vegetali del Franc, con virata netta sullo stecco di liquirizia.

Il tannino del Sagrantino è vivo, ma elegante e integrato, pronto evidentemente ad addolcirsi ulteriormente, negli anni. Un bel modo di raccontare il terroir di Szekszárd tra potenza, eleganza e attitudine al lungo affinamento.

Védett eredetű száraz vörösbor Szekszárd Pdo 2016 “Franciscus” (13,5%): 88/100
Un rosso che abbina potenza e morbidezza, rispecchiando perfettamente il carattere di una vendemmia caratterizzata dalla pioggia, nel periodo della raccolta delle uve.

Manca un po’ di struttura e un po’ di materia nella componente fruttata, come rivelano i richiami verdi leggermente preponderanti del Franc. Nel complesso, un vino che si fa bere con sufficiente agilità, orfano del nerbo riscontrabile nelle altre annate.

Oltalom allat álló eredetmegjelölésű száraz vörösbor Szekszárdi Borvidék 2012 “Grand” (15%): 90/100
Nel 2012, l’uvaggio di “Franciscus” entra nel progetto di costruzione di un’etichetta in collaborazione con altri quattro produttori della zona: un blend in grado di elevare l’immagine dei rossi di Szekszárd. Il risultato è eccellente.

Un vino ungherese dall’anima internazionale, con la potenza del Sagrantino che si fonde con le note profonde del Cabernet Franc e il frutto elegante, preciso e croccante del Kékfrankos.

Oltalom allat álló eredet-megjelölésű vörösbor Szekszárdi Borvidék 2008 “Franciscus” (14,5%): 91/100
È la prova del nove per il Sagrantino di Szekszárd: quella della longevità. Il vitigno umbro dà carattere a un vino che risulta perfettamente intatto, uscito vittorioso dalla battaglia con le lancette, sin dal colore. Il risvolto più “selvatico” del Sagrantino fa capolino per la prima volta al naso, contribuendo ad allargare lo spettro di sensazioni.

Si passa dalla viola appassita a un frutto di bosco di gran precisione, attraverso preziosi richiami di liquirizia e accenti goudron. Perfetta la corrispondenza gusto olfattiva. Tannino perfettamente integrato e sorso piuttosto agile, ma tutt’altro che banale. Buono anche l’allungo, su una preziosa venatura salina che chiama il sorso successivo.

Cuvée 2017 “Sxrd” (13%): 85/100
Il Sagrantino figura in piccola misura nell’uvaggio di “sXRd”, modernissimo vino rosso ottenuto in prevalenza da Cabernet Franc, Merlot e Kékfrankos . Un “moderno”, anello di congiunzione tra lo stile tradizionale di Zoltán senior e consorte e quello nuovo di Zoltán Jr.

Siamo di fronte al classico rosso “da frigo”, di quelli da bere anche d’estate. A canna. È in questa dimensione che dà il meglio di sé, anche a tavola. Un vino che fa facilità di beva uno stile, a prescindere dal vitigno e dalla zona di produzione.

Etichette come questa, capaci come poche di incontrare il gusto dei Millennials internazionali e di introdurli piacevolmente al complesso mondo del vino, meriterebbero una “categoria” a sé, a livello internazionale.

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