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Barolo En Primeur, l’asta benefica fa il bis a Grinzane Cavour

Barolo En Primeur, l'asta benefica fa il bis a Grinzane Cavour

Dopo l’ottimo debutto del 2021660 mila euro raccolti grazie alle donazioni di 15 benefattori – torna l’asta del Barolo En Primeur. L’appuntamento è per il 28 ottobre 2022 al Castello di Grinzane Cavour. Ancora 15 barrique, questa volta della vendemmia 2021, verranno assegnate a chi deciderà di sostenere uno dei progetti solidali già individuati, oppure un progetto scelto dallo stesso donatore.

Lo scorso anno, l’asta internazionale battuta da Christie’s in contemporanea tra Grinzane e New York, ha destinato a 17 progetti no-profit il ricavato della vendita di 300 bottiglie di Barolo della Vigna Gustava, annata 2020. A firmare l’etichetta, il celebre artista Giuseppe Penone.

Il progetto è promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, insieme alla Fondazione CRC Donare e al Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani. I donatori riceveranno le bottiglie dell’annata 2021 al termine dei 4 anni di affinamento, curato dall’enologo Donato Lanati.

LE NOVITÀ DI BAROLO EN PRIMEUR 2022

Novità Barolo en Primeur 2022 è la partecipazione all’asta dei produttori del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani. Le cantine, unite sotto il nome del Comune di produzione, metteranno in asta lotti composti dalle loro più pregiate bottiglie di Barolo e Barbaresco dalla vendemmia 2021.

Con questa operazione, unica nel suo genere – commenta Ezio Raviola, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo – realizziamo una gara di beneficenza di livello nazionale e internazionale, mettendo al centro un territorio, le sue bellezze e peculiarità, dando vita ad un evento innovativo, in grado di generare importanti ricadute sociali».

«L’evento benefico “Barolo en primeur” ha non solo una grande importanza storica e sociale, ma è anche fortemente significativo per il comparto enologico del Barolo, proiettato a livello internazionale», aggiunge Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani.

«L’evento Barolo en primeur – conclude l’enologo Donato Lanati – rappresenta un’iniziativa di alto valore scientifico, educativo e umano in grado di coniugare diversi aspetti: la valorizzazione del territorio viticolo, di cui il vigneto è il vero protagonista, la ricerca con la didattica sul campo e le importanti finalità sociali portate avanti dalla Fondazione CRC».

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Barolo en Primeur 2021: all’asta 15 barrique di Vigna Gustava

“Barolo en primeur” sarà il primo grande evento ad unire la solidarietà al prestigio di un vino in affinamento. Un modo per ribadire l’importanza di fare sistema come mezzo per la promozione delle Langhe. Un progetto che ha l’ambizione di diventare un modello innovativo di valorizzazione del territorio enologico italiano.

Dalle uve di nebbiolo da Barolo della vigna storica Gustava, vigneto di quasi 4 ettari sotto il Castello di Grinzane Cavour e menzione geografica aggiuntiva ufficiale, sono state prodotte 15 barrique da collezione. Queste barrique, protagoniste di “Barolo en primeur 2021“, saranno battute in un asta di beneficienza il prossimo 30 ottobre.

L’evento benefico è promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, in collaborazione con la Fondazione CRC Donare e con il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani. Un progetto enologico che ha l’ambizione di diventare un modello innovativo di promozione e valorizzazione del territorio.

Ciascuna barrique ancora in affinamento, e che sarà battuta in collaborazione con Christie’s e in collegamento simultaneo da New York, è associata a un progetto no-profit nel campo della salute, della ricerca, delle arti e della cultura, dell’inclusione sociale e della salvaguardia del patrimonio culturale.

LA VIGNA GUSTAVA

Il progetto si è posto l’intento di valorizzare la complessità degli elementi che compongono il vigneto storico Gustava, parte di un territorio Patrimonio Unesco. La conseguenza di questa eterogeneità è che le 15 barrique hanno ognuna caratteristiche uniche e diverse dalle altre. Nella vigna, suddivisa in quattro macro particelle in funzione dell’altitudine e dell’esposizione, sono stati adottati due differenti criteri per la raccolta delle uve.

Da un lato la distinzione tra i ceppi storici impiantati oltre 50 anni fa e quelli più giovani. Dall’altra quella tra le microzone interne, dovuta al differente dialogo delle radici delle viti con i microorganismi, i microelementi e le sostanze organiche presenti nelle diverse porzioni di terreno.

Vinificare in maniera separata queste uve ha permesso così di ottenere barrique dotate, ognuna, di una sua personalità. In questo progetto è coinvolto il Laboratorio Enosis Meraviglia di Donato Lanati. A Lanati è stato affidato l’incarico di guidare l’intero percorso tecnico, dalla maturazione delle uve alla vinificazione e al successivo affinamento.

È stato inoltre istituito un Comitato Scientifico di Indirizzo presieduto da Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe Dogliani. Nel comitato anche Vincenzo Gerbi, professore emerito dell’Università di Torino, e Vladimiro Rambaldi, amministratore unico dell’Agenzia di Pollenzo S.p.A,. Al progetto ha inoltre collaborato la ricercatrice Anna Schneider del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante.

LE ETICHETTE

Le circa 300 bottiglie che si ricaveranno da ogni barrique a partire da gennaio 2024, al termine del periodo obbligatorio di affinamento, saranno numerate e vestite da un’etichetta creata in esclusiva da Giuseppe Penone. Le creazioni dell’artista, protagonista dell’Arte povera e tra gli scultori più importanti e riconosciuti a livello mondiale, ribadiranno l’importanza e la qualità del Barolo Gustava 2020.

Inoltre a ogni barrique sarà annesso un NFT (Non Fungible Tokens). Un certificato di autenticità digitale garantito tramite blockchain, coniato da Antonio Galloni, critico enologico di fama mondiale e Ceo di Vinous,.  Galloni sarà presente il 30 ottobre da New York e presenterà in video le singole caratteristiche e differenze delle 15 barrique.

I PROGETTI NO-PROFIT

L’asta di beneficienza (base d’asta 30 mila euro) su 14 delle 15 barrique si terrà il 30 ottobre. Tra gli scopi benefici ci sono il progetto di educazione attraverso l’arte e la ricerca dell’uguaglianza di genere in Cina del Forum filantropico Est-Ovest (EWPF). La piattaforma di collaborazione interculturale sui temi del cambiamento climatico, conservazione, sostenibilità, istruzione, leadership femminile.

Il progetto di avvicinamento all’arte contemporanea e alla sostenibilità per bambini e famiglie promosso dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Il restauro e valorizzazione del Cantinone del 1600 di Villa Arconati, alle porte di Milano, da parte di Fondazione Augusto Rancilio, ente con finalità di studio e ricerca nei campi dell’Architettura e Design.

La promozione e recupero dei saperi e del paesaggio dell’Alta Langa del Parco Culturale Alta Langa, ente non-profit per la promozione dell’Alta Langa finalizzato allo sviluppo socioeconomico, culturale, turistico del territorio.

Infine il progetto Thesaurus Monviso che intende mettere a sistema l’impegno dei giovani in ambito socioculturale e ambientale nel territorio delle Valli del Monviso. Realizzato dall’Associazione b612lab di Saluzzo, realtà internazionale di promozione delle politiche giovanili.

La gara di solidarietà per l’ultima barrique si terrà il 14 novembre durante l’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba, sempre dal Castello di Grinzane Cavour e in live streaming con Hong Kong. Il ricavato sarà donato alla charity internazionale “Mother’s Choice” che opera dal 1987 in favore dei bambini orfani e delle giovani donne in difficoltà.

L’evento di beneficenza del 30 ottobre avrà come Madrina Evelina Christillin, Presidente della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino e past president dell’ENIT, Agenzia Nazionale del Turismo. Sarà condotto e moderato da Valeria Ciardiello, giornalista impegnata da anni in confronti tematici legati al tema della Corporate Social Responsibility. A battere l’asta Cristiano De Lorenzo, direttore di Christie’s Italia.

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Tutto quello sappiamo sul Nebbiolo

Genitori sconosciuti, qualche fratello “di sangue”. Ma anche diversi “fratellastri” sparsi per il Nord Italia. Oltre a un paio di dettagli che gli impediscono di diventare un vitigno mainstream, coltivato con successo anche fuori dall’Italia: è difficile non solo da coltivare, ma anche da vinificare. È in estrema sintesi tutto ciò che sappiamo (per ora) sul Nebbiolo.

Ne ha parlato l’ampelografa dell’Istituto per la Protezione sostenibile delle piante (Ipsp) Anna Schneider, in occasione del primo dei due seminari online organizzati dal Consorzio Albeisa, dal titolo “La famiglia del Nebbiolo e le relazioni genetiche con altri vitigni del nord-ovest d’Italia”.

Un focus proveniente da una più vasta ricerca condotta da Schneider assieme ai colleghi dell’Ipsp-Cnr Stefano Raimondi, Giorgio Tumino, Paolo Ruffa, Paolo Boccacci e Giorgio Gambino.

Lo studio chiarisce innanzitutto l’origine “molto probabile” del Nebbiolo nel Nord Italia, nella fascia che va dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia. In particolare, dal momento che la prima traccia scritta del vitigno risale al 1266, alle porte di Torino, si può affermare con ottime probabilità che il Nebbiolo sia piemontese.

FRATELLI E “FRATELLASTRI” DEL NEBBIOLO
Eppure, individuare i genitori della nobile cultivar che dà vita ad alcuni tra i vini italiani più rinomati al mondo, come Barolo e Barbaresco, è quasi una mission impossibile.

«Dopo molte analisi – ha rivelato Anna Schneider – abbiamo buone ragioni di ritenere che entrambi siano ormai scomparsi. Ma il Nebbiolo ha molti fratelli, come Nebbiolo rosé e Pignola e Rossola Nera. Nonché “mezzi fratelli”, cioè varietà che condividono uno solo dei genitori, come Refosco, Teroldego, Marzemino, Ortrugo e Spergola».

Il Nebbiolo ha dato origine a due gruppi di vitigni, tra “discendenti diretti” e “fratelli-fratellastri”. «Il primo gruppo fa capo al Piemonte – ha precisato l’ampelografa – il secondo in Lombardia, in particolare in Valtellina, dove è noto come Chiavennasca, nella zona Nord Est con Teroldego, Refosco e Marzemino e a nord degli Appennini, con Spergola e Orsanella». Di quest’ultima uva si parla anche in Oltrepò pavese, così come sui Colli Piacentini.

Tra i “figli del Nebbiolo” anche vitigni conosciuti come Vespolina e Freisa. Ma risulta abbia dato origine anche ad Arneis e Grignolino, attraverso un genotipo forse ormai istinto che li renderebbe suoi “nipoti”.

IL METODO
La ricerca è partiti dall’analisi di circa 200 varietà tradizionali presenti nel Nord Ovest dell’Italia. Dapprima gli studiosi hanno cercato di identificarne le correlazioni.

In seguito lo studio è stato allargato ad oltre 600 vitigni presenti in Europa, nella fascia che va dalla Spagna all’Ungheria e all’areale balcanico, con l’idea che qualcuno di questi avesse contribuito a germoplasma di regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Attraverso l’analisi delle relazioni genitore-figlio, ma anche delle relazioni full-sibling (ovvero tra fratelli) e half-sibship (quelle tra “fratellastri”) il team di cui ha fatto parte Schneider ha potuto stabilire un vasto network di vitigni, che comprende molti in abbandono o prossimi alla scomparsa.

È così emerso che «tutto sommato pochi vitigni hanno danno origine a molti altri, costruendo appunto il netwotrk noto oggi». Un patrimonio ampelografico che comprende vitigni come Baratuciat, Slarina e Malvasia Moscata, già messi in produzione da alcuni coraggiosi produttori piemontesi, con ottimi risultati e potenziale dal punto di vista dell’analisi gusto-olfattiva (ne è vietata comunque la menzione in etichetta).

A supportare il Cnr e le attività di recupero di queste rare varietà è il “vigneto-collezione” di Grinzane Cavour, che su una superficie di 1,2 ettari comprende oltre 450 cultivar rare, in particelle di 5 piante ciascuna.

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Prima dell’Alta Langa 2019: migliori assaggi di una Docg che sa dove andare


GRINZANE CAVOUR –
 Una Denominazione relativamente giovane, che sa perfettamente dove andare. Questa l’impressione che regala l’Alta Langa, Doc dal 2002 e Docg dal 2011, alla Prima dell’Alta Langa 2019 in corso al Castello di Grinzane Cavour (CN) fino alle ore 19.

Al banco di assaggio 23 produttori (5 in più dello scorso anno) con 50 etichette di spumante Metodo Classico base Pinot Nero e Chardonnay, nelle tipologie bianco, rosato, riserva e grandi formati. Qualità media più che buona, ma a colpire è un altro aspetto.

I “big” dell’Alta Langa, tra cui figurano aziende orientate al mercato di massa come Gancia e Tosti (rispettivamente 28 e 32 milioni di bottiglie complessive) risultano orientate alla qualità assoluta, al pari dei “piccoli produttori”.

E tra questi ultimi sono diverse le aziende che si sono affacciate per la prima volta sull’Alta Langa, con risultati stupefacenti. Grandi e piccoli, dunque, nella stessa direzione: un elemento raro da riscontrare nell’Italia del vino.

Ad oggi il Consorzio riunisce 105 produttori, per 280 ettari complessivi di vigneto, cresciuti in maniera regolare negli anni, a partire dai 40 ettari originari (Banfi, Giulio Cocchi, Enrico Serafino, Fontanafredda, Gancia e Tosti i fondatori).

Chiara la strada, da queste parti. Ma chiaro anche l’obiettivo da centrare nel futuro. Fra tre anni gli ettari complessivi saranno 350 e le bottiglie potenziali 3 milioni. “Venderle tutte è l’obiettivo che ci siamo prefissi”, commenta con un pizzico di orgoglio il presidente del Consorzio, Giulio Bava, al secondo mandato consecutivo.

Numeri che chiariscono bene il ruolo dell’Alta Langa nel panorama delle Denominazioni spumantistiche italiane. Ovvero quello di “nicchia”, con l’1,5 milioni di bottiglie attuali, a fronte degli oltre 17 milioni della Franciacorta e dei 10 milioni del Trento Doc.

Più vicino, geograficamente e numericamente, l’Oltrepò pavese (circa 1,5 milioni di bottiglie), territorio che però soffre dell’annoso “M.S.S.”: il “Morbo di Se Stesso”, malattia rara e, forse, davvero incurabile.

L’Alta Langa è un gioiellino – evidenzia il presidente del Consorzio Giulio Bava – oltre a costituire un pezzo di storia del Piemonte. I grandi utilizzano questa Denominazione come tale. E le piccole aziende costituiscono il vero fiore all’occhiello della Denominazione”.

“Non sta a me dirlo – continua il presidente – ma in Alta Langa è tutto buono e tutto di qualità. Un aspetto che è nel Dna stesso della Denominazione. Alta Langa è un Metodo Classico solo millesimato, con un minimo di 30 mesi di affinamento in bottiglia”.

“Se non avesse qualità e non fosse buono, questo vino, dopo 3 anni, non avrebbe spazio sul mercato. La chiarezza su quello che vogliamo essere è una delle chiavi del nostro successo: il nostro è uno spumante riconoscibile per rigore e per classe”, conclude il presidente del Consorzio.

I MIGLIORI ASSAGGI ALLA PRIMA DELL’ALTA LANGA 2019

Alta Langa Docg Brut 2014, Azienda Agricola Matteo Giribaldi: 91/100
Prima volta con l’Alta Langa per l’azienda. E il ciak dice chiaramente: “Buonissima la prima”. Strepitoso, tra l’altro, il rapporto qualità prezzo.

Trentasei mesi sui lieviti, 60% Pinot Nero, 40% Chardonnay, sboccatura 2019 e dosaggio attorno ai 6-7 grammi litro.

Colore giallo paglierino carico, dal quale si libera un naso balsamico, di mentuccia e macchia mediterranea. Non manca il frutto, a polpa gialla. Lo squillo dello Chardonnay, prima che il muscolo del Noir torni a fare il prepotente, pur sempre in cravatta. Lunga persistenza, calcarea e salina.

Alta Langa Docg Pas Dosé 2015 “Psea”, Pecchenino: 90/100
Sboccatura recentissima (03/2019) eppure questo spumante è già in grado di mostrarsi per quello che sarà: basta guardare oltre alla gioventù, immaginandolo adulto, formato, fatto e finito. Bellissima espressione di Chardonnay (70%) e Pinot Nero (30%) per questa azienda alla seconda “prova” con l’Alta Langa.

Note di agrumi, pietra bagnata e fumè impreziositi da un legno (9 mesi di barrique usate) utilizzato magistralmente. Ottima anche la Magnum, millesimata 2014 (sboccatura ottobre 2018) dai toni freschi e sapidi, quasi “alpini”.

Alta Langa Docg Rosé 2014 “Tenuta il Cascinone”, Araldica: 90/100
Pinot Nero in purezza, così come tutti gli Alta Langa di Araldica. Sboccatura avvenuta a fine 2018. Un rosé croccante e consistente, che gioca col palato a stringere e ad allargare le papille gustative, tra richiami di buccia d’arancia e di miele. Divertente e serio allo stesso tempo. Certamente gastronomico.

Alta Langa Docg Pas Dosé 2012, Giulio Cocchi: 89/100
Settantadue mesi sui lieviti per questo Metodo classico 100% Pinot Nero (biotipo Champagne) che è l’emblema dell’equilibrio tra verticalità salina e polpa del frutto rara da trovare in un non dosato. Un fifty-fifty garantito anche da una “bollicina” che in bocca si fa sentire in termini di grana, ma senza disturbare: contribuisce, anzi, a fare da bilancia tra il nerbo delle durezze e il “grasso” del frutto.

Alta Langa Docg Extra Brut 2015, Roberto Garbarino: 88/100
Seconda volta con l’Alta Langa per l’azienda. Trenta mesi sui lieviti e sboccatura effettuata il 2 novembre 2018 per questa cuvée composta al 60% da Chardonnay e per il 40% da Pinot Noir. Strepitoso rapporto qualità prezzo.

I vigneti a 480 metri d’altitudine sono vocatissimi e il calice parla chiaro. Un Alta Langa di gran personalità, capace come pochi (li abbiamo assaggiati tutti) di condensare bevibilità, verticalità, sale e frutto. Accenni di macchia mediterranea al naso, che in bocca si fanno balsamici, ricordando la mentuccia. Chiusura su un salino leggero.

Alta Langa Docg Riserva 2012 “Zero”, Enrico Serafino: 88/100
Ottimo il “base” di Serafino, noto per il suo ottimo rapporto qualità prezzo. Ma il prodotto icona, da quel punto di vista, è il Pas Dosè. Buona verticalità con lo Chardonnay (15% della cuvée) nel ruolo del comprimario audace.

Agrumi e fiori di campo al naso. In bocca scheletro e muscoli, ma anche una certa capacità di riempire il palato, sfoderando un ottimo equilibrio col frutto rosso, tendente al croccante.

Alta Langa Docg Blanc de Blancs Pas Dosé 2014 “For England”, Contratto: 88/100
Chardonnay in purezza, dunque, di cui il 30% affina in legno. Naso di grande intensità e pienezza, con impronta dei terziari che contribuisce a generare complessità, al posto di appesantire. Lo stesso avviene al palato, dominato dal frutto impreziosito da una nota di pietra bagnata e fumè.

Chiusura salina, quasi salmastra, lunga e scalare, in cui fa capolino, oltre alle note di tostatura già avvertite al naso, anche uno zafferano preciso. Vino complesso, gastronomico, che non stanca mai la beva.

Alta Langa Docg Extra Brut 2015, Ettore Germano: 87/100
I vini di Ettore Germano hanno uno stile preciso, un’eleganza giocata su un filo sottile. Una consistenza e un corpo mai gridato, mai ostentato, mai aggressivo. Eppure mai taciturno, timido o sommesso. Vini a metà tra l’essere grandi e urlarlo al mondo intero. E l’essere grandi senza saperlo.

Vini come questo Alta Langa (80% Pinot Nero, 20% Chardonnay), 30 mesi sui lieviti, sboccatura novembre 2018. Eleganza e verticalità che con un po’ più di struttura a sostegno sarebbero da sballo vero.

Alta Langa Docg Extra Brut Riserva 2011, Coppo: 86/100
Vino che si ama o si odia, per la netta intromissione del legno, in cui il vino base fermenta. Oggettivamente, però, un Alta Langa riconoscibile tra tutti quelli della Denominazione per lo stile improntato sull’assoluta gastronomicità.

La cuvée è composta per l’80% da Chardonnay e per il 20% da Pinot Nero, 60 mesi sui lieviti e dosaggio a 3 grammi litro. Lo Chardonnay, assieme al legno, ammorbidisce il muscolo del Pinot Nero, comunque ben in evidenza.

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Prima dell’Alta Langa: 40 etichette in degustazione a Grinzane Cavour

GRINZANE CAVOUR – La Prima dell’Alta Langa, l’evento annuale organizzato dal Consorzio Alta Langa e riservato su invito a operatori, ristoratori, enotecari e giornalisti torna lunedì 1° aprile al Castello di Grinzane Cavour (Cuneo).

Dopo il successo della scorsa edizione, il grande tasting coinvolgerà quest’anno 24 produttori – 6 in più dell’anno passato – e tutte le rispettive cuvée per un totale di oltre 40 etichette tra bollicine di Alta Langa bianche, rosate, riserve, grandi formati, in degustazione dalle 10 alle 19.

Ci saranno le case storiche che hanno dato vita al progetto Alta Langa ormai tre decadi fa (Banfi, Giulio Cocchi, Enrico Serafino, Fontanafredda, Gancia, Tosti) ma anche i produttori che hanno unito le forze in questi anni contribuendo con il loro lavoro a strutturare sempre di più la denominazione.

Si tratta di Avezza, Bera, Paolo Berutti, Agricola Brandini, Bretta Rossa, Colombo Cascina Pastori, Roberto Garbarino, Germano Ettore,Giribaldi, Pianbello, Contratto, Marcalberto) insieme alle “new entry” Araldica, Ca’ du Sindic, Coppo,Pecchenino, Rizzi, Tenuta Carretta.

“La Prima dell’Alta Langa è l’evento di punta organizzato dal Consorzio – commenta il presidente Giulio Bava -. Un appuntamento atteso per un vino che sta facendo parlare di sé in Italia e all’estero. L’Alta Langa Docg, con il suo milione e 300mila bottiglie dalla vendemmia 2018, è entrata a pieno titolo tra le denominazioni di riferimento per le bollicine nazionali”.

I NUMERI DELL’ALTA LANGA
L’Alta Langa è un vino che non permette speculazioni né tantomeno numeri giganti: tutto parte dal vigneto ed è lui a comandare.  Oggi i soci del Consorzio sono poco più di 100: viticoltori, 25 produttori che già vendono Alta Langa, altri che stanno per uscire con le loro cuvée.

Il vigneto cresce nelle superfici in modo regolato: 40 ettari originali provenienti dalla sperimentazione ai quali si sono aggiunti nel tempo nuovi impianti per arrivare al dato aggiornato a oggi di 280 ettari di vigneto suddiviso in 130 ettari in provincia di Asti, 130 in provincia di Cuneo e 20 in provincia di Alessandria.

Sono il risultato di una crescita ordinata e condivisa; nella scorsa vendemmia sono stati prodotti 1.500.000 chilogrammi di uva pari a 1,3 milioni di bottiglie. Con i nuovi impianti in produzione e con quelli previsti nei prossimi due anni si avrà un vigneto totale di 350 ettari, pienamente produttivo entro il 2022.

IL CONSORZIO ALTA LANGA
Quello dell’Alta Langa Docg è oggi un Consorzio molto attivo: conta più di 100 soci complessivamente tra famiglie di viticoltori e produttori attivi e coinvolti nello sviluppo di un vino, di una denominazione e di un territorio.

Tutti legati da una grande scommessa: quella di un vino che non sarà pronto prima di sei anni dall’impianto e che per questo deve necessariamente essere un vino importante.

I soci del Consorzio hanno avviato e difendono una viticoltura sostenibile e armonica al delicato, biodiverso tessuto dell’Alta Langa e dei suoi valori, rispettandone i ritmi naturali.

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