“Napule è mille culure” cantava Pino Daniele. Definizione che si addice perfettamente alla vendemmia 2023 nelle denominazioni campane. Il quadro presentato presso Tenute del Gheppio a Dugenta (Benevento) da Assoenologi durante Campania Stories 2024, evento organizzato come ogni anno da Miriade&Partners, descrive una vendemmia eterogenea in tutta la regione. L’andamento climatico incerto e caratterizzato da eventi climatici estremi, come negli ultimi anni, ha determinato significative differenze nella qualità e quantità delle uve, anche in territori fra loro limitrofi. Una produzione mediamente più bassa, in quantità, rispetto al 2022, ma di alta qualità. Con punte di eccellenza.
LA VENDEMMIA 2024 IN CAMPANIA
Una stagione invernale mite e siccitosa con temperature sopra la media, dovute ad un anticiclone africano nel Mediterraneo, seguita da ampie precipitazioni nel periodo aprile-giugno che hanno azzerato il deficit pluviometrico dei mesi precedenti. Repentini abbassamenti della temperatura fra marzo ed aprile hanno portato ad un ritardo della ripresa vegetativa, in vista della vendemmia 2023 in Campania. Le forti ondate di calore a luglio hanno causato un recupero dei tempi di invaiatura e maturazione.
In generale, le condizioni climatiche avverse hanno creato una forte pressione per la peronospora. Un’annata che, a fronte di un clima mutevole ed incerto, ha dato vita ad una vendemmia 2023 con rese decisamente inferiori in Campania, ma di buona qualità. Con le uve bianche dall’aromaticità meno pronunciata, ma di grande freschezza e sapidità. Ed uve rosse dalla buona maturità fenolica e grande concentrazione.
LE DEGUSTAZIONI A CAMPANIA STORIES 2024
Se davvero “Napule è mille culure” i vini della regione sembrano invece andare in una direzione molto più monocromatica. Sono infatti i bianchi, in grande spolvero nelle annate presentate, a segnare il passo con particolare nota di merito per Falanghina e Greco. Più affaticati i rossi, che risultano a tratti un po’ “pesanti” seppur con eccezioni degne di nota, come nel caso dei Piedirosso.
ANTEPRIMA CAMPANIA STORIES 2024: I MIGLIORI ASSAGGI
Campania Bianco Igp, Monseratto 1973, 2023. Naso fresco, con una balsamicità mentolata che torna anche al sorso accompagnando le note fruttate e floreali.
Falanghina del Sannio Dop, Mustilli, 2023. Naso floreale. In bocca rivela una mineralità che si fa ricordare.
Falanghina del Sannio Dop, Rossovermiglio, 2022. Nota minerale talcata la naso, grande sapidità al sorso.
Campi Flegrei Falanghina Dop Luce Flegrea, Cantine del Mare, 2022. Naso armonico. Fiori e frutta bianca. Sorso pulito, scorrevole, sapido e fresco.
Campi Flegrei Falanghina Dop Vigna Astroni Cru, Astroni, 2019. Tutta la mineralità di un vino vulcanico con qualche anno sulle spalle. Altro vino da annoverare tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.
Fiano di Avellino Dop, Colli di Lapio, 2023. Ricco ed aromatico al naso. Frutta e fiori di grande intensità. Sorso pulito ed avvolgente.
Fiano di Avellino Dop, Tenuta del Meriggio, 2015. Ottima prova di tenuta nel tempo per questo fiano datato 2015.
Fiano di Avellino Riserva Dop Colle del Cerri, Di Meo, 2008. Il bianco più “vecchio” presentato nella cieca di Campania Stories 2024 regge bene il confronto con “ragazzini” della stessa denominazione mostrando grande capacità di invecchiamento.
Paestum Greco Igp Calpazio, San Salvatore 1988, 2023. Godibile, fresco. Un vino che invoglia ed invita al sorso successivo.
Greco di Tufo Dop, Vesevo. 2023. Naso quasi “didattico” ed un sorso avvolgente. Di lunga persistenza.
Greco di Tufo Riserva Dop 888, Le Otto Terre, 2021. Grande verticalità ed una freschezza da vino d’annata.
Greco di Tufo Riserva Vittorio, Di Meo, 2010. Come il suo “fratello” Colle del Cerri nasconde meravigliosamente i suoi anni a Campania Stories 2024, mostrando un’agilità ed uno slancio invidiabili.
Galluccio Bianco Dop Petratonda, Porto di Mola, 2022. Note di agrume e frutta bianca. Sorso pieno ma con un’acidità tagliente che rende il sorso straordinariamente agile. Tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.
Sannio Coda di Volpe Dop, Fattoria la Rivolta, 2023. Naso intenso, fiori e frutta. Pesca e Albicocca. Fresco in bocca ma al contempo rotondo.
Catalanesca del Monte Somma Igp Summa, Cantine Olivella, 2022. Naso semplice e piacevolmente intenso su note floreali. Succoso in bocca.
Ischia Biancolella Dop, Casa D’Ambra, 2023. Naso timido, ma al sorso ripaga con una sapidità degna di nota.
Costa d’Amalfi Furore Bianco Dop Fiorduva, Marisa Cuomo, 2022. Naso ricco, sapido, rotondo in bocca eppur verticale. Già bella da bere questa etichetta “abbonata” alla Guida Top 100 Migliori vini italiani, da annoverare anche tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.
Falerno del Massico Bianco Dop Arianna, Tenute Bianchino, 2020. Quattro anni e non sentirli. Profumi freschi e frutto ancora croccante, grande verticalità in bocca.
Lacryma Christi del Vesuvio Rosato Dop Munazei Rosato Bio, Casa Setaro, 2023. Naso che gioca fra piccoli frutti rossi e fiori come violetta e geranio. Sorso pulito e scorrevole.
Campania Rosato Igp Rosa di Sera, Tenute Bianchino, 2022. Colore cerasuolo carico che preannuncio un naso ricco e goloso. Avvolgente al palato ma che resta agile in virtù della spiccata acidità.
Campania Piedirosso Igp Sabbia Vulcanica, Agnanum. Naso croccante di piccoli frutti rossi. Sorso pulito e persistente.
Campi Flegrei Piedirosso Dop, Agnanum, 2023. Più sapido e minerale di “Sabbia Vulcanica”, altrettanto piacevole in bocca. Altro Piedirosso tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.
Pompeiano Rosso Igp Agathos, Bosco De’ Medici, 2022. Frutta fresca, prugna, ciliegia, ribes. Sorso fresco e tannini ben addomesticati.
Campi Flegrei Piedirosso Dop Ichnos, Cantavitae, 2022. Composto, ordinato, elegante. Un Piedirosso in abito da sera che si concede un leggera “sbavatura” minerale.
Campi Flegrei Piedirosso Dop, Contrada Salandra, 2020. Naso balsamico e mentolato con fresca nota di agrume, arancia rossa. Sorso agile e coinvolgente.
Costa d’Amalfi Ravello Rosso Riserva Dop Selva delle Monache, Ettore Sammarco, 2019. Rosso pieno e di corpo che profuma di mare.
Campania Aglianico Igp Core Rosso, Montevetrano, 2021. Giovane, quasi “arrogante”, ma che promette un’evoluzione non trascurabile. Da annoverare tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.
Sannio Aglianico Dop, Rossovermiglio, 2019. Naso di frutta e di spezie che introducono ad un sorso fresco dove con tannini non invasivi.
Aglianico del Taburno Riserva Dop Terra di Rivolta, Fattoria la Rivolta, 2017. Elegante, ordinato, preciso. Vino nel pieno della sua evoluzione con un tannino morbido ed avvolgente.
Irpinia Aglianico Dop Generoso, Delite, 2017. Fresco e pulito tanto al naso quanto al sorso, convince per eleganza e beva e si merita un posto tra i nostri migliori assaggi a Campania Stories 2024.
Taurasi Dop Bosco Faiano, I Capitani, 2019. Il naso che strizza l’occhio ad un frutto fresco e croccante nasconde in realtà un centro bocca pieno ed importante. Un vino che chiama l’abbinamento gastronomico.
Taurasi Riserva Dop Principe Lagonessa, Amarano, 2015. Grande freschezza per un vino che nasconde i suoi anni tanto al naso, con terziari appena accennati, quanto in bocca, con un’agilità non scontata.
Benevento Falanghina Passito Igp Malaca, Terre Stregate, 2019. Frutta matura, note mielate ed un sentore tostato, quasi di brace, che rendono particolarmente accattivante. Piacevolissimo il sorso.
SANT’AGATA DE’ GOTI – Usava indebitamente la parola “vigna” in etichetta. Nei guai il titolare di una cantina di Sant’Agata de’ Goti, nel Beneventano, in Campania. L’operazione, condotta nei giorni scorsi dai carabinieri del Reparto Tutela Agroalimentare (R.A.C.) di Salerno, guidati dal tenente colonnello Giorgio Borrelli, ha consentito il sequestro preventivo di un totale di 2.250 bottiglie di vino rosso e bianco Doc.
Si tratta di Piedirosso, Aglianico del Sannio e Greco, per 1.700 litri complessivi. Circa 20 mila euro il valore dello stock. I militari escludono qualsiasi problema legato alla salubrità dei vini. Il sequestro amministrativo è stato accompagnato da tre sanzioni, per un totale di 10.500 euro (3.500 euro l’una).
Alla cantina di Sant’Agata de’ Goti è stata contestata la presenza in etichetta di indicazioni non consentite dal Testo unico sul Vino (legge 238/2016 sulla “Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino”).
Il titolare della cantina avrebbe dichiarato ai carabinieri di non essere a conoscenza della normativa. Avrebbe inoltre aggiunto di non sapere che la “vigna” menzionata in etichetta non fosse presente tra i toponimi registrati.
Il vino potrà essere rietichettato correttamente e rimesso sul mercato. Non è la prima volta che i carabinieri intervengono su violazioni legate alle menzioni geografiche.
Nei guai, negli anni scorsi, anche Gerry Scotti, con l’etichetta originaria del vino prodotto in Oltrepò pavese. Un caso segnalato proprio dall’altra testata del nostro network, Vinialsuper.it, che ha costretto il noto conduttore ad eliminare dalle etichette la scritta “Nato in una Vigna“.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
“L’ho detto tante volte: prendiamone meno. Meno! Ma che sia vino. A me mi bastano due dita. Magari un dito solo: un mignolo! Ma che sia un mignolo di vino”. Quando nel 1956 Totò recitava ne “La banda degli onesti”, diretto da Camillo Mastrocinque, non immaginava certo che, un giorno, la sua immagine stilizzata potesse finire sull’etichetta di un vino. Anzi due.
https://www.youtube.com/watch?v=l9Fi61_qE3E
Un tuffo dal set al bicchiere reso possibile dal “Progetto‘A Livella” di Claudio Quarta Vignaiolo – Cantina Sanpaolo, in collaborazione con la nipote di Totò, Elena Anticoli De Curtis. Nascono così “Totò Bianco” e “Totò Rosso”, due vini dall’anima partenopea. Dall’etichetta al calice.
Per produrli sono state infatti utilizzate uve autoctone della Campania. Fiano e Greco per il bianco, vendemmia 2018 (6.650 bottiglie già imbottigliate su circa 13 mila potenziali), Piedirosso e Casavecchia per il rosso, vendemmia 2017 (6.650 bottiglie complessive).
“Abbiamo pensato di dare vita a due vini, un rosso e un bianco – spiega Claudio Quarta – per rappresentare plasticamente le maschere che ha saputo incarnare Totò. Quella dualità che ha accompagnato la sua esistenza e il percorso artistico: miseria e nobiltà, lacrime e risate, ironia amara come mezzo lieve per descrivere le difficoltà di una società ed un periodo duro”.
“Siamo felici ed emozionati per essere i primi nel mondo del vino a celebrare l’immensa eredità culturale che ci hanno consegnato il ‘Principe della risata’ e la sua famiglia, con un progetto autentico e identitario”, aggiunge Alessandra Quarta, che ha seguito il padre nel progetto enologico.
“Ho trovato in Alessandra il mio stesso amore per la cultura del buon cibo e del buon vino – commenta Elena Anticoli De Curtis – che entrambe abbiamo raccolto dalle nostre famiglie. Questo elemento ha caratterizzato il nostro impegno nella realizzazione del progetto, che ho subito accolto per la simpatia e la piacevolezza che trasmette nel celebrare la memoria del nonno”.
Nel portare in tavola il vino Totò mi piace immaginare il sentimento affettuoso dello stare insieme, quello stato di felicità che, come diceva lui, è fatta di attimi di dimenticanza“, conclude la nipote del grande artista partenopeo.
Le due etichette d’autore sono state realizzate da Efrem Barrotta, illustratore del laboratorio creativo “Big Sur”. Due diverse espressioni della maschera facciale di Totò, ottenute attraverso il semplice spostamento di linee. Il frutto di un unico studio che mette in evidenza la poliedricità dell’artista, capace come pochi di essere tanto popolare quanto aristocratico.
LA DEGUSTAZIONE
Bianco Campania Igp 2018 “Totò bianco”
Giallo paglierino con riflessi verdolini. Naso su fiori, frutti a polpa gialla e mineralità, impreziosite da una vena erbacea appena accennata. In bocca il vino ha una buona consistenza, giocata su una gran salinità compensata da una vena glicerica riequilibrante. Un bianco piacevole e capace di chiamare l’estate e i suoi momenti di giovialità.
Rosso Campania Igp 2018 “Totò Rosso”
Rosso rubino intenso. Al naso piccoli frutti rossi e neri. Richiami minerali e di liquirizia accompagnano la macchia mediterranea. In bocca il tannino è sottile e prende per mano tutto il sorso. Fino a una chiusura salina e leggermente amaricante, con ritorni di spezia. Vino decisamente più complesso del bianco, perfetto con primi strutturati e carne.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Quattrocentocinquanta espositori tra cantine e aziende produttrici di attrezzature professionali e commerciali di prodotti alimentari. Questo e molto altro è stata Cosmofood, manifestazione svoltasi dal 12 al 15 novembre a Vicenza, di cui vinialsupermercato.it è stata partner. Un pubblico di 42 mila persone ha è stato coinvolto in un ricco programma di oltre cento eventi e corsi semi professionali. Senza dimenticare degustazioni e seminari con ospiti illustri del mondo del food, come Ernst Knam.
Ma partiamo nel nostro raccontò tra le varie aziende di vino e non, addentrandoci nel mondo della birra. Due le realtà degne di nota tra quelle “industriali” e “garage”: il birrificio Engel e Tum. Il birrificio Engel, naturalmente di nazionalità tedesca, ha una produzione industriale che definiremmo “limitata”: la grande richiesta di questa birra di qualità ne limita la disponibilità. Un birrificio molto ricercato e in crescita, che sfodera interessanti Pils, Bock, Hell, oltre alla pluripremiata Gold.
L’azienda agricola Tum, di provenienza piemontese, più precisamente di Cavour, in provincia di Torino, si presenta con una base birra molto chiara e acida, sulla tendenza di birre antiche. Ma con un concetto giovanile e versatile: miscelare questa birra con vari sciroppi e aromatizzazioni.
Finito questo piccolo passaggio nel mondo delle birre ci avviciniamo naturalmente a ciò che più cattura il nostro interesse: il vino e i suoi produttori. Un viaggio che non poteva che iniziare da una bollicina, tra le più rappresentative della regione ospitante, il Veneto. Ci troviamo nello stand dell’azienda San Gregorio in Valdobbiadene, che produce Prosecco e non solo da generazioni. Un’azienda che ben si distingue con una sorpresa di ottima fattura. Una Docg ferma, ai più sconosciuta: la denominazione Prosecco Tranquillo, vino 100% Glera che si presenta al naso con tutte le caratteristiche olfattive di un Prosecco, ma che esalta la parte gustativa spesso celata, nel Prosecco “tradizionale”, dalla carica invasiva di anidride carbonica.
Superata la parte delle bollicine Charmat, ci avviciniamo a una delle bollicine italiane più in voga del momento: quella Franciacorta. Anche qui, ecco la sorpresa: quella di un’azienda che propone un ‘Metodo Solera’ per la produzione dei propri vini. Parliamo di Riva di Franciacorta. Naturalmente produttori delle varie declinazioni di Franciacorta, ben si fa apprezzare il Satén.
Ci spostiamo poi nel cuore dell’enologia italiana. Siamo in Umbria per conoscere la storia del Montefalco Sagrantino e delle cantine Rialto. Una realtà attiva dagli anni Cinquanta, che con passione coltiva non un vitigno ma una pianta definita ‘Sacra’, il Sagrantino appunto, capace di dare vita a una versione passita tradizionale, per poi essere “trasformata” anche nella classica versione secca.
Il viaggio enologico prosegue poi in Calabria, regione sempre poco citata, ma che produce ottime varietà, incontrando iGreco: azienda di qualità, si è fatta conoscere e premiare per i propri vini sul palcoscenico nazionale. Originaria di Cariati, in provincia di Cosenza, si presenta con diverse etichette tra cui spiccano alcuni spumanti di Greco bianco e Gaglioppo, oltre alle declinazioni classiche di bianco fermo di Greco e Nero di Calabria. Questa interessante azienda calabrese produce anche una versione di Gaglioppo che entra nel marchio WRT- Wine Researcher Team, un protocollo di vini con un regime rivolto alla naturalezza e alla chimica ridotta all’osso, sia in vigna che cantina.
Concludiamo il nostro tour al cospetto di sua maestà, l’Amarone. Vino della tradizione veneta, ma vinialsupermercato.it ama stupire. Segnalando questa volta un’azienda con uno sguardo rivolto al futuro di questo vino. Parliamo de Le Calendre, produttori in Valpolicella che si rendono protagonisti di un concetto di vino fresco e moderno, ma allo stesso tempo con la voglia di riscoprire vitigni antichi, che possono differenziare la produzione. Una riscoperta che punta a integrare uvaggi come la Corbina, la Croatina e la Turchetta, vinificati in cemento vetrificato e sottoposti a leggeri filtraggi, solo nel pre imbottigliamento.
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Entri a Zymè. E le lancette dell’orologio sembrano impazzire. I vini che hanno fatto la storia della Valpolicella classica, ben ordinati nelle teche di vetro. Tutt’attorno, un contesto architettonico moderno. Al limite del futuristico. E’ il rendez vous della memoria col progresso. Dell’uomo, con la natura. Una scommessa piazzata quasi 15 anni fa da Celestino Gaspari, sul tavolo da gioco della Valpolicella classica. Oggi, Zymè rappresenta una delle migliori espressioni (di sempre) del vino veneto. Di certo la più eclettica. Un magnifico esemplare di husky precede Gaspari di qualche gradino, al piano ‘alto’ di Zymè, a forma di pentagono. Un saluto agli ospiti venuti dalla Russia, dalla Polonia e dall’Alto Adige per visitare la cantina. Poi, il silenzio del suo ufficio. “Zymè – spiega il viticoltore – nasce come aspirazione a vini di ricerca, di sperimentazione. Vini, se vogliamo, anche di provocazione. Sono partito da Harlequin, poi è arrivata l’Oseleta, poi Kairos. E i classici solo in secondo momento, in un’interpretazione che sappia di passato”. Una filosofia a metà tra l’istinto di conservazione e la voglia di ribellione.
Gaspari, oggi 53enne, sposa la figlia di Giuseppe Quintarelli, compianto re dell’Amarone a cui deve tanto, umanamente e professionalmente: “Undici anni da mio suocero nel segno del bando alle tecnologie, t’insegnano che ciò che vale davvero è l’esperienza da una parte, e la materia prima dall’altra, qualitativamente”. Per Celestino Gaspari anche due anni alle Cantine Bertani, come consulente: “L’occasione per fare un passo all’indietro nel tempo, nella storia, degustando vini fino al 1926. Ma anche per cogliere altre informazioni da quella che è l’azienda storica della Valpolicella, con 250 anni di vendemmie alle spalle, capace da sempre di dare un’interpretazione molto interessante all’Amarone: aristocratica”. Guai, dunque, a chiamare “innovativi” i vini di Zymè. “L’ho letto addirittura sul Decanter, ma non è vero niente”, chiosa Celestino Gaspari. “Chiamiamola piuttosto una rivisitazione del metodo e del blend storico in chiave moderna, attuale”. Perché a Zymè, tutto sommato, si parla ancora di uvaggio classico, di lievito indigeno, di temperatura naturale, di vinificazione in cemento. Di tempi di criomacerazione e fermentazione che vanno oltre i tre mesi. E di botti gradi di rovere di Slavonia. Di rendez vous tra passato e presente.
L’HARLEQUIN COME PROVOCAZIONE
Una cosa è certa. A Celestino Gaspari, l’appetito è venuto mangiando. Anzi, sorseggiando il primo ‘morso’ di Harlequin. L’Igp Veneto Rosso che ha sparigliato le carte, ottenuto dal blend di un minimo di 15 vitigni: Garganega, Trebbiano toscano, Sauvignon Blanc, Chardonnay, Corvina, Corvinone, Rondinella, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Syraz, Teroldego, Croatina, Oseleta, Sangiovese e Marzemino. “A me hanno insegnato a scuola che chi copia arriva secondo – commenta Gaspari – e quindi è molto più soddisfacente prendersi dei rischi ma cercare di percorrere una strada nuova. Così, se hai fortuna, crei un distinguo nel tempo. E rendi dura la vita, se non impossibile, a chi prova a copiarti. Ricordo che da Quintarelli, le uve che usavamo non erano tanto diverse da quelle di altri produttori. Quello che cambiava era ciò che avveniva dal momento in cui veniva staccato il grappolo, lavorato e messo in bottiglia: macerazione, metabolismo naturale, affinamenti lunghi che stabilizzano il prodotto e portano in bottiglia aromi diversi dagli altri”. Lasciare spazio a Madre Natura non solo in vigna, ma anche in cantina, è uno dei segreti di Zymè. “Ma devi avere certezza che la cosa funzioni”, precisa Gaspari. “Noi facciamo un solo passito bianco, solo nelle annate migliori. Pigiamo le uve a fine gennaio ed effettuiamo una decantazione statica, per effetto del freddo. Poi prendiamo il mosto, lo mettiamo in barrique da 100 litri di rovere di Slavonia, sigilliamo e per tre anni non lo apriamo più. Cosa succede nel frattempo? Per rispondere a questa domanda serve solo una cosa: l’esperienza. Il tempo fa tutto. Anche in un mondo dominato dalla fretta”.
E in effetti, la storia di Zymè è anche quella di una coscienziosa attesa del risultato migliore. Oggi il paradiso di Celestino Gaspari conta 30 ettari totali di terreno vitato, in gran parte in affitto, nella Valpolicella classica. Altri vigneti sono situati nelle zone limitrofe a Verona, nonché a Vicenza: più esattamente a Lonigo, Colli Berici, dove è in atto dal 2006 una partnership con la cantina Puntozero della famiglia De’ Besi, divenuta nel 2015 una realtà autonoma. Nel gioco perpetuo tra storia e presente sembrano lontani, eppure ancora così vicini, i tempi di “un ufficietto e 10 barrique”, che segnano l’inizio del sogno ad occhi aperti di Celestino Gaspari. Un aspetto che non dev’essere sfuggito a Moreno Zurlo, giovane architetto di Padova cui è stata affidata la realizzazione della cantina Zymè, così come la vediamo oggi. “Una felice alleanza tra natura e cultura”, come piace definirla al padrone di casa. L’edificio sorge su una cava di pietra calcarea risalente al 1400 d.C. Una cavità carsica domina la scena, accanto a decine di barrique, raggiungibili sotto il livello del terreno grazie a un ascensore a forma di tappo. Il suono di una piccola cascata e di un ruscello culla il prezioso nettare (nel video), a cui viene assicurata assenza di luce solare e una straordinaria stabilità termica naturale. Vista dall’alto, la struttura della cantina ricorda la forma a pentagono di una foglia di vite, il logo di Zýmē (dal greco “lievito”, vera genesi dell’enologia tutta). Natura, uomo, tempo. Coerenza. Quella del filosofo vignaiolo, Celestino Gaspari.
NO AL BIO. GDO, PERCHE’ NO? Una dottrina, quella del viticoltore di San Pietro in Cariano, scevra da qualsiasi formalismo e preconcetto. Perché chi guarda alla qualità, può fregarsene del puro marketing: quello di facciata. “Il biologico? Non mi interessa”, dichiara perentorio. “E’ una macchia nera nella viticoltura – precisa Gaspari – perché molti hanno iniziato a produrre in regime biologico solo per logiche di ‘moda’, di mercato e di marketing. Le scienze hanno regalato all’uomo la possibilità di curarsi dalle malattie: in nome di cosa non dovrei curare una vite malata, o meglio prevenire le potenziali malattie? Resta il fatto che a Zymè concimo con stallatico, uso solo minerali se devo intergrare (solfato di potassio o magnesio, ndr), rame di miniera, zolfo di miniera, bacillus thuringiensis per prevenire botrytis o tignoletta. Però, se mi capita un anno come il 2014 in cui hai delle fasi critiche per via di un meteo instabile, preferisco difendermi in vigna piuttosto che portare in cantina porcheria. Fa più male un frutto malsano o il fatto che abbia eseguito due trattamenti per prevenire eventuali malattie?”. Un altro motivo per cui Gaspari ammette di rinunciare al “vino biologico” è la burocrazia.
“Non nascondo che negli scorsi mi era passata per la testa l’idea di una certificazione green della produzione. Mi dicevano che sarebbe stato semplice. Ma quando ho approfondito la questione, mi sono reso conto che avrei avuto bisogno di assumere una persona da impegnare esclusivamente alla compilazione di scartoffie varie. Sono nato nell’epoca in cui non esisteva la chimica e tutte le operazioni, in vigna, venivano eseguite in base all’esperienza. Biologico e biodinamico, al giorno d’oggi, sono ancora in fase sperimentale: con tanti errori e passaggi generazionali, forse, un giorno, saremo tutti pronti a questa grande conversione”. Mentre Gaspari parla, l’occhio cade sull’orto realizzato alle sue spalle. Proprio sul tetto della “hole” della cantina. “Coltivo piselli, rapanelli, carciofi, patate, insalata. La terra in cui affondano le radici è stata prelevata a 1,40 metri di profondità, a Romagnano, per evitare contaminazioni”.
Non disdegna invece la Gdo, il vignaiolo Fivi Celestino Gaspari. “Siamo già presenti in alcune catene – evidenzia – come i supermercati Rossetto (8 province tra Veneto, Emilia e Lombardia, per un totale di 24 punti vendita, ndr) oltre a Famila ed Esselunga. Pur essendo i rapporti discreti, credo che a questi gruppi non interessi tanto vendere il mio vino, quanto averlo in assortimento, come una sorta di ‘specchietto per le allodole’. Ma un motivo per il quale sostengo la Gdo sono i ricarichi applicati dalla ristorazione e dall’horeca in generale, che arrivano fino al 2-300%. Tutto ciò è assurdo. Un ristorante che meriti di chiamarsi tale dovrebbe guadagnare sul piatto, al posto di speculare sul vino dei produttori. Anche perché, i ristoratori, mi pagano a 60 giorni. Ma al cliente del ristorante presentano il conto al termine esatto della cena”. Celestino Gaspari, schietto e senza peli sulla lingua, rivolge poi una richiesta al mondo dei buyer della gdo e all’e-commerce: “Seguite l’esempio di Signorvino, che nella sua catena di wine shop e ristoranti fa pagare il vino esattamente quanto lo si pagherebbe in cantina, andandolo a prendere direttamente dai produttori. E, per la cronaca, io non sono un loro fornitore”.
LA DEGUSTAZIONE Igp Veneto bianco From black to white (13%): Blend ottenuto da Rondinella Bianca (60%), Gold Traminer (15%), Kerner (15%) e Incrocio Manzoni (10%). Gaspari trova in una vigna in stato di abbandono quello che scoprirà essere un clone bianco del vitigno Rondinella, diverso tuttavia da quello utilizzato per la produzione dell’Amarone. Decide di allevarlo. Oggi può contare su circa 3 ettari vitati di Rondinella Bianca, inserita di recente nella lista delle varietà autoctone. E’ la base di questo blend, cui conferisce grande aromaticità, sia al naso sia al palato. Eccellente come aperitivo, From black to white accompagna tutto il pasto, in particolare piatti a base di asparagi.
Valpolicella Dop Reverie (11,5%): E’ il classico “vino rosso di tutti i giorni”, adatto in particolare al periodo estivo per la sua facilità di beva e per il basso tenore alcolico. Ottenuto al 40% da Corvina, 30% di Corvinone, 25% di Rondinella e 5% di Oseleta, vinificate in acciaio. Può essere conservato anche in frigorifero e accostato a primi leggeri di pasta.
Valpolicella Classico Superiore Dop (13,5%): Ennesimo blend di Corvina (40%), Corvinone (30%), Rondinella (25%) e Oseleta (5%). La fermentazione avviene a cavallo tra i mesi di settembre e ottobre a temperature naturali. A gennaio una seconda fermentazione sulle bucce dell’Amarone con il tradizionale metodo del “Ripasso”, per una durata di 14 giorni. L’affinamento avviene in botti grandi di rovere di Slavonia per almeno 3 anni. Sei mesi in bottiglia anticipano l’immissione in commercio. Vino che colpisce per la grande freschezza regalata da una spiccata acidità, per l’utilizzo di un “Ripasso” volto a conferire carattere e fragranza alla beva, al posto della classica morbizzezza e rotondità. Molto persistente. Un Valpolicella Classico Superiore perfetto con salumi, formaggi a media stagionatura, minestre e carni bianche.
Igp Veneto Rosso Cabernet 602020 (15%): Cabernet Sauvignon 60%, Cabernet Franc 20%, Merlot 20%. Ecco servito il taglio bordolese alla veneta di Zymé, ottenuto dai vigneti situati a Lonigo, Vicenza, Colli Berici. La vendemmia avviene in maniera manuale tra la terza decade di settembre e la prima di ottobre. Le uve atte alla produzione del 602020 sono le ultime a essere raccolte. Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon vengono pigiati in giornata, mentre gli acini di Merlot vengono riposti in piccole casse a riposare per circa 20-30 giorni, concentrando così gli zuccheri. La vinificazione avviene in vasche di cemento a temperatura naturale e lievito indigeno, per 40 giorni circa. L’affinamento è affidato a barriques nuove, per minimo 24 mesi. Un ulteriore anno in bottiglia prima della commercializzazione. Questo Igp Veneto è una delle sorprese più piacevoli di Zymè. Vino avvolgente, rotondo, eppure austero. La perfezione nei contrasti crea un equilibrio memorabile tra le note di confettura (prugna, lampone, more) e il tannino vivo, ma elegante. Nel finale una vena speziata, accompagnata dai classici sentori vegetali del Cabernet. Da abbinare a carne grigliata, arrosti e a formaggi a media stagionatura.
Igp Veneto Syrah Virgola (14,5%): Appassimento di un mese in cassetta per le uve 100% Syrah che costituiscono Virgola, più due anni in barrique nuove. Ne risulta un rosso potente, ma estremamente elegante. Dalle grandi potenzialità di invecchiamento. Particolare la mineralità che riesce a esprimere il vitigno nei Colli Berici. Ottimo con carni rosse, selvaggina e formaggi di grande personalità. O a fine pasto, con cioccolato e frutta secca.
Igp Provincia di Verona Oseleta 2009 (13,5): Mentre la 2010 affina ancora in vetro, prima della commercializzazione, degustiamo la vendemmia 2009 di questo straordinario autoctono riscoperto e valorizzato al meglio da Celestino Gaspari. Zymè, di fatto, è la prima azienda a produrlo in purezza. Perché? Occorre il raccolto di due piante per produrre una singola bottiglia. La resa, di fatto, si assesta dui 60 quintali per ettaro. Tre anni in barrique completano un quadro già di per sé idilliaco. L’Oseleta di Gaspari è un vino che oseremmo definire “tattile”, in cui il tannino è grande protagonista. Anche perché, prima ancora, ammalia al naso con i suoi richiami alla frutta rossa di sottobosco. Spezza gli induci in ingresso, al palato, mostrando i muscoli d’un gigante. Il vino perfetto da dimenticare in cantina. Sfoderandolo, poi, al cospetto di pesce grasso, bolliti, carni grigliate, arrosti e formaggi a media stagionatura.
Igp Veneto Rosso Kairos (15%): Vino ottenuto da un minimo quindici vitigni, 4 bianchi e 11 rossi: Garganega, Trebbiano toscano, Sauvignon Blanc, Chardonnay, Corvina, Corvinone, Rondinella, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Syraz, Teroldego, Croatina, Oseleta, Sangiovese e Marzemino. Per l’intera vendemmia possono occorrere fino a 40 giorni. Le uve, colte ognuna in epoche di diverse, a seconda della perfetta maturazione, riposano nel frattempo in plateaux, “per il solo tempo necessario a concludere l’intera raccolta”. E’ il rosso di Gaspari in cui risulta più ‘accentuata’ la percezione zuccherina (zuccheri residui 5 g/l, acidità totale 5,7 g/l, estratto secco 33 g/l, pH 3,50). Al naso confettura di frutta rossa, fiori e spezie: tutte note di grande pulizia. Al palato, attendibile, una grande morbidezza che conferma le attese.
L’etichetta, realizzata come tutte quelle di Zymè da Lucia, figlia maggiore di Celestino Gaspari, “mostra il legame col progetto dell’Harlequin: il vestito di Arlecchino è fatto di pezze di molti colori, così come il vino è fatto con 15 uve diverse, ciascuna con le proprie caratteristiche. In greco antico Kairos significa ‘conveniente, opportuno, per il momento giusto’. L’aggiunta della meridiana e dell’orologio esprimono il concetto del tempo esatto”. Tempo, appunto. Un elemento che torna sempre, prepotentemente, a Zymè. E il tempo di Kairos, in cucina, è quello dei piatti importanti ma delicati di carni bianche e rosse, con salse robuste e speziate. Ottimo con formaggi saporiti, stagionati, e cacciagione.
Amarone Classico della Valpolicella Dop Riserva “La Mattonara” (16%): Ottenuto da uve provenienti da vigneti di età compresa tra i 20 e i 50 anni, delle varietà Corvina (40%), Corvinone (30%), Rondinella (15%), Oseleta (10%) e Croatina (5%). L’annata in degustazione, in particolare, è la 2004. Nove anni in botte grande per questo straordinario Amarone, prodotto solo in annate “straordinarie”. La vinificazione prevede l’appassimento naturale (senza l’uso di deumidifi catori) per circa 3 mesi. Segue la pigiatura, nel mese di gennaio. Vinificato “rigorosamente secondo il metodo tradizionale in vasche di cemento”, per almeno 2 mesi a contatto con le bucce. La fermentazione avviene con lievito indigeno, a temperature naturali.
Dopo la svinatura, “La Mattonara” riposa come detto per circa 9 anni in botti grandi e tonneaux di rovere di Slavonia e viene imbottigliata al suo decimo anno di età. Il lungo invecchiamento favorisce un’ulteriore riduzione degli zuccheri residui. Segue l’affinamento in bottiglia per minimo 1 anno. Una Riserva in grado di assicurare, ancora, la piacevolezza delle note fruttate, unita a una straordinaria vena balsamica e speziata (cacao, liquirizia, pepe). Autentico vino da meditazione, accompagna egregiamente piatti importanti a base di carne (selvaggina, cacciagione) ma anche formaggi come Parmigiano Reggiano e Grana padano.
Igp Veneto Rosso Harlequin 2008 (15%): L’etichetta per Kairos, il nome per Harlequin, a indicare il mix tra un numero incredibile di uvaggi. Ben 15 quelli che compongono il blend: Garganega, Trebbiano toscano, Sauvignon Blanc, Chardonnay, Corvina, Corvinone, Rondinella, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Syraz, Teroldego, Croatina, Oseleta, Sangiovese e Marzemino. E’ il vino top di gamma di Gaspari. Raccolte a mano grappolo per grappolo, le uve vengono selezionate personalmente dall’enologo e riposte in plateaux da 0 a 40 giorni, secondo il momento della raccolta, in ambiente naturale, senza ausilio di macchine per la ventilazione forzata o per la deumidificazione.
Vengono dunque pigiate tutte insieme, senza diraspatura. Le uve fermentano in vasca di cemento con lievito indigeno per circa 30 giorni. Seguono follature, delestages “e soprattutto il controllo visivo, olfattivo e uditivo da parte dell’uomo”. Si procede poi alla svinatura e alla decantazione per circa 10 giorni. Segue un duplice processo di affinamento per un totale di 30 mesi utilizzando barriques nuove di rovere francese da 225 litri (200%), senza alcun travaso. Il vino viene imbottigliato senza effettuare chiarifica e subisce un ulteriore affinamento in bottiglia per almeno due anni.
Il risultato è un vino di unica avvolgenza, che inebria ancor prima d’essere condotto al naso: frutta rossa matura, spezie, liquirizia, cuoio. Una complessità straordinaria che si ritroverà poi al palato, dove Harlquin si conferma caldo, pieno, morbido, avvolgente. Il punto forte? La definizione di ogni singolo dettaglio. Una fotografia scattata alla massima risoluzione, ad ogni singola percezione. Una perla, nel mare luminoso dei migliori vini italiani ed internazionali.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Sarà una vendemmia da ricordare quella del 2016 per la Grecia. Alla Douloufakis Vineyards di Creta le operazioni di raccolta delle uve sono iniziate il 4 agosto, con “ottime prospettive”. Lo rende noto Nikos Douloufakis, titolare di una delle cantine più rinomate dell’isola greca. “Quest’anno – spiega Douloufakis, formatosi come enologo ad Alba, in Piemonte – il tempo è stato molto favorevole per la coltivazione della vite. Abbiamo avuto un’estate relativamente fredda, finora. Nel mese di luglio, i venti freschi provenienti da nord hanno mitigato le temperature. Pertanto le uve hanno raggiunto un buon livello di maturazione e il mosto dovrebbe essere di ottima qualità”. La sfida più difficile e stimolante, per i viticoltori dell’isola del Minotauro, è stata la scelta del giorno in cui iniziare la vendemmia. “Qui da noi – spiega Nikos Douloufakis – controlliamo costantemente i livelli di zucchero, acidità e maturità fenolica delle uve. Livelli che si sono mostrati sorprendenti, tanto da farci pensare di scegliere la data del 4 agosto per l’inizio delle operazioni di raccolta delle uve. Prima di qualsiasi altro anno”. La vendemmia è iniziata dalle varietà Chardonnay e Moscato Bianco di Spina (Moscato Spinas, che prende il nome dall’omonimo villaggio della prefettura di Heraklion). “Successivamente – annuncia Nikos Douloufakis – procederemo con Malvasia di Candia, Sauvignon Blanc e Liatiko. A seconda del grado di maturità, continueremo con Vidiano, Vilana, Kotsifali, Syrah e Cabernet Sauvignon. Il raccolto di quest’anno dovrebbe essere completato con la varietà Mandilari”. In Grecia, dopo Creta, l’isola di Santorini. Il 9 agosto sono iniziate le operazioni per la raccolta del prezioso Assyrtiko.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
”La gelata tardiva che martedì 26 aprile ha colpito l’Irpinia ha arrecato danni ingentissimi ai vigneti, in particolar modo a quelli ubicati nelle vicinanze dei torrenti d’acqua, nelle conche e nelle zone più basse. Danni ingentissimi acuiti dalla stagione anticipata che vede le piante giunte nella fase fenologica di ”grappoli separati” e pertanto maggiormente vulnerabili alle gelate. Non potendo più fruttificare, la produzione è compromessa.” Parole scritte da Angelo D’Agostino, deputato di Scelta Civica, al Ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina. ”Secondo gli esperti del settore i danni si ripercuoteranno anche sull’annata successiva: per le varietà allevate a guyot, difficilmente si potrà ottenere un tralcio fruttifero; per le varietà allevate a cordone, molti speroni non emetteranno germogli” continua D’Agostino che prosegue con il suo appello: ”Chiediamo al Ministro delle politiche agricole quali iniziative intenda adottare a sostegno dei tanti viticoltori irpini così duramente colpiti dalla gelata tardiva dello scorso 26 aprile. Auspichiamo, infine, che anche il Governo regionale valuti l’opportunità di provvedimenti a tutela di un settore fondamentale per l’economia irpina e campana”. Numerosi i comuni colpiti nella zona del Taurasi, Bonito, Castelfranci, Castelvetere sul Calore, Fontanarosa, Lapio, Luogosano, Mirabella Eclano, Montefalcione, Montemarano, Montemiletto, Paternopoli, Pietradefusi, S. Angelo all’Esca, S. Mango sul Calore, Torre le Nocelle e Venticano. Danni anche ai vigneti del Fiano: Avellino, Lapio, Atripalda, Cesinali, Aiello del Sabato, S. Stefano del Sole, Sorbo Serpico, Salza Irpina, Parolise, S. Potito Ultra, Candida, Manocalzati, Pratola Serra, Montefredane, Grottolella, Capriglia Irpina, S. Angelo a Scala, Summonte, Mercogliano, Forino, Contrada, Monteforte Irpino, Ospedaletto D’Alpinolo, Montefalcione, Santa Lucia di Serino e San Michele di Serino. Anche le zone di produzione del Greco di Tufo non sono state risparmiate, danni ad Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni.
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(4 / 5) Dal sapore più “deciso” rispetto ad altri, il Cirò bianco DOP Senatore è sicuramente uno dei migliori prodotti made in Calabria distribuiti sugli scaffali dei supermercati italiani. L’accurata selezione delle uve dal vitigno Greco viene effettuata direttamente a Cirò, in provincia di Crotone, in località Corfù novu e San Lorenzo. Profumi e sapori ricordano chiaramente la terra d’origine, di natura sia argillosa sia calcarea. Ne risulta un gusto pieno, asciutto. Tendente nel finale all’aspro. Ottimo con piatti a base di pesce e crostacei ma anche con carni bianche, a una temperatura di servizio di 10-12 gradi. Dodici e mezzo, invece, il grado alcolico.Prezzo pieno: 6,99 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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