Già. Quando c’è sparare sui supermercati e sulla Grande distribuzione organizzata, i soloni di Slow Wine sono in prima fila. Con il solito stuolo di enofighetti al seguito.
Quando è Slow Wine a combinarla grossa, tutto tace. Tutti tacciono. Noi no. Ecco i fatti.
LA CRONISTORIA
La notizia è di settimana scorsa. Il 23 marzo, “La Redazione” di Slow Wine affronta in un articolo lo scandalo che ha investito, in Francia, lo storico gruppo vitivinicolo Raphaël Michel.
Una frode di ingenti dimensioni, che interessa un potenziale di 66 milioni di bottiglie di vino sfuso. Si parla anche di una seconda indagine delle autorità francesi, che avrebbero scoperto un altro milione di bottiglie contraffatte da Grands Vins de Gironde (GVG), azienda di proprietà della famiglia Castéja.
Rodano e Bordeaux nell’occhio del ciclone, insomma. Nel giro di pochi giorni. Giusto che Slow Wine ne parli. Peccato che il titolo (poi modificato) reciti, testualmente, così: “Scandalo in Francia: 66 milioni di bottiglie false in Rodano e un milione a Bordeaux! Peggio del nostro Oltrepò…”.
Avete riso? Noi no. Immediata, da parte nostra, la segnalazione dell’articolo al direttore del Consorzio di Tutela Vini Oltrepò pavese, tirato in ballo in maniera subdola dagli enofighetti di Slow Wine, pronti a sparare a zero su un territorio che – evidentemente – non conoscono a fondo.
Pronta la risposta di Emanuele Bottiroli, in un messaggio audio che riportiamo integralmente di seguito.
Sono rimasto esterrefatto di fronte alla lettura di un articolo in cui la redazione di Slow Food, e non un giornalista ben preciso, affianca il nome dell’Oltrepò pavese a fatti avvenuti in Francia, che nulla hanno a che vedere con l’Oltrepò.
In questo articolo – e nel post Facebook che lo ha accompagnato e presentato – nonché nel titolo sparato sull’Oltrepò, vedo vilipesi gli sforzi di tanti produttori che nulla hanno a che vedere con un’inchiesta giudiziaria che ancora deve vedere esprimersi i giudici in primo grado.
Vedere associato chi proprio non ha nessuna attinenza né con i fatti dell’Oltrepò né con i fatti avvenuti in Francia, vuol dire dare in pasto un Oltrepò pavese in cui operano 1700 aziende vitivinicole, per di più medio piccole. Gente che si sacrifica, produttori che sono recensiti nella guida Slow Wine e premiati ai massimi livelli.
Buttare tutto assieme perché bisogna suscitare sensazione parlando anche di Italia, quando questa volta l’Italia non c’entra, beh dispiace. Dispiace molto perché in questi 3 anni da direttore del Consorzio ho visto un Cda puntare forte sulle regole. Dal primo aprile comincerà un nuovo corso per la nostra Doc, con il contrassegno di Stato.
Una scelta che per la Docg è obbligatoria, ma sulla Doc è facoltativa: ciò si traduce in massima tracciabilità, massima prevenzione, massima garanzia a tutela dei consumatori e dei buyer. E poi ci sono tante aziende che stanno lavorando per fare qualità e portare in alto il nome del territorio.
Ecco, questo articolo è proprio pesante, perché nega degli sforzi che si sono dimostrati in concreto quando diversi modelli aziendali e diversi titolari di impresa hanno votato per regole più restrittive, per la qualità, per un abbassamento delle rese persino delle Igt, nell’ambito delle ultime riunioni utili alle modifiche dei disciplinari.
Questo articolo è veramente un’onta, è un modo sbagliato di dare delle notizie e un modo che ravvisa un preconcetto nei confronti di un territorio che è da conoscere e da scoprire.
E mi sorprende che sia proprio Slow Food a rendersi protagonista di questo articolo: l’associazione che più di tutte dovrebbe avere a cuore i modelli aziendali famigliari e qualitativi, che in Oltrepò pavese rappresentano circa l’85 per cento del totale! Non ce l’aspettavamo: è stata una grande delusione e spero che Slow Wine vorrà porvi rimedio.
LA NOSTRA PROPOSTA
Parole da condividere alla virgola, altro che alla lettera. Ma si potrebbe fare di più:
boicottare la prossima guida Slow Wine (2019)
E’ quello che la nostra redazione invita a fare a tutti i produttori dell’Oltrepò offesi in maniera così vigliacca da Slow Wine. Un modo, peraltro, per risparmiarsi delle spese. Da reinvestire sulla promozione della propria azienda e del proprio territorio.
Magari proprio affiancando un Consorzio che sembra aver imboccato – specie negli ultimi round della tornata condotta da Michele Rossetti – il giusto cammino verso l’affermazione nazionale (e internazionale) della più sottovalutata (e stuprata) tra le aree vitivinicole d’Italia: l’Oltrepò pavese, per l’appunto.
Chiudiamo con del simpatico amarcord. In un articolo del 19 luglio 2017, Giancarlo Gariglio della Redazione di Slow Wine elencava (ovviamente ironicamente) i “5 motivi per non dare il vino alle guide. L’ultimo è davvero surreale. Scoprite qual è!”.
Articolo che oggi andrebbe aggiornato – almeno quanto il titolo sparato sull’Oltrepò, oggi scomparso dalla rete – col motivo numero 6: il più grave e il più credibile. Offerto direttamente, ai produttori, dalla stessa redazione di Slow Wine. Nonché da Slow Food Editore.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.