Uno che mastica biancoazzuro da oltre un ventennio. E che di terroir e calici ne ha calpestati e annusati un’infinità, in giro per il mondo.
E’ una planata leggera nel cielo dell’Argentina quella che l’ormai ex winemaker di Bassano del Grappa ha offerto ieri al The Westin Palace di Milano, teatro del Malbec World Day.
L’evento più importante nel panorama enologico italiano per il re dei vini sudamericani, organizzato dall’importatore e distributore Via dell’Abbondanza in collaborazione con l’Associazione italiana sommelier (Ais).
Più di 60 etichette (25 cantine) rappresentate ai banchi di degustazione aperti al pubblico, accorso numeroso. Quaranta vini, invece, alla degustazione alla cieca condotta da una ventina di esperti che hanno decretato i tre migliori Malbec presenti sul mercato italiano.
Gradino più alto del podio per il Malbec 2009 di Bodega Yacochuya. Medaglia d’argento ad Apartado Gran Malbec 2013 di Rutini Wines. Bronzo, infine, per Antes Andes Viña Canota 2015 di Matervini, proprio la “cantina laboratorio” fondata nel 2008 da Roberto Cipresso e Santiago Achával.
Un progetto che guarda lontano. Anzi, in alto. Dal 1995, anno in cui per la prima volta Cipresso è atterrato a Buenos Aires, le cose sono cambiate in Argentina. Anche grazie a lui.
“E quando i produttori locali capiranno che il futuro è la pre-cordigliera, iniziando a impiantare vigneti in zone più eroiche rispetto alle attuali, l’Argentina diventerà la nuova, vera capitale del vino del mondo”, ha commentato Cipresso prima dell’inizio del blind tasting.
Non a caso Matervini è definita dagli stessi Cipresso e Achával “a dream of the Pre-cordillera“. E anche l’immagine dei due produttori che camminano in salita, con lo sguardo rivolto verso la cima della montagna, è emblematico, sul sito web della cantina.
“Il Malbec è una varietà che può contare su un ventaglio di elementi favorevoli straordinari – assicura Cipresso – come il piede franco, la presenza di vigneti centenari, l’assenza di umidità e un’irradiazione solare che, come in nessun’altra zona al mondo, è riuscita a modificare in positivo il metabolismo della vite”.
“Allo stesso tempo – ha aggiunto il produttore – il Malbec trova il suo punto debole nel terreno in cui affonda le radici. L’Argentina, dopo aver smesso di scimmiottare i vini del Cile, che a loro volta imitavano i californiani e la Napa Valey, ha puntato tutto sulla valorizzazione dei terroir”.
IL FUTURO DEL MALBEC
Il passo successivo, utile secondo il patron di Matervini a consacrare il Malbec nell’Olimpo mondiale dei vini, dovrà essere nel segno della viticoltura eroica. Una viticoltura che punti tutto sulla fascia pedemontana: la Precordillera delle Ande. Alla scoperta di territori ancora inesplorati, anche per le difficoltà nel raggiungerli.
“Oggi, la maggior parte dei vigneti in Argentina si trovano su terreni che hanno solamente 30 milioni di anni – spiega Cipresso – mentre la zona della Precordigliera ne vanta 300 milioni. Si tratta dunque di substrati da Pangea, da Deriva dei Continenti, ben più ricchi degli attuali e situati ad altezze davvero importanti, anche oltre i 2 mila metri”.
Un percorso che Matervini ha iniziato ormai da 10 anni, lasciando il segno nella viticoltura di un Paese che mostra enormi potenzialità enologiche.
Una luce oggi offuscata da vinificazioni in legno ancora troppo invasive, che hanno il difetto di offuscare (e in troppi casi seppellire, tout-court) la verità che vorrebbero raccontare tanti terroir d’Argentina.
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