Bordeaux è emerso come vincitore naturale nella classifica Liv-ex Power 100 2023. Bordeaux si conferma così porto sicuro per collezionisti di vini pregiati. È il mercato meno rischioso che esista, il meglio compreso; i collezionisti sanno cosa aspettarsi da questi vini, ovvero qualità a un certo prezzo e relativa liquidità. Lo dice chiaro l’ultimo rapporto del London International Vintner’s Exchange (Liv-ex). Nello stesso anno, per l’Italia, perde 33 posizioni il brand Masseto. Il Bel Paese se la cava meglio sul fronte del numero di vini commercializzati, specie tra i produttori del Piemonte.
Roagna, Rinaldi, Vietti e Gaja vedono un elevato numero di etichette, alcune delle quali offrono un buon punto di prezzo rispetto a Conterno e Bartolo, attirando gli acquirenti di valore. Vietti si è piazzato al 21° posto per numero di vini commercializzati e Roagna al 38°, aumentando la sua posizione complessiva dal 158° posto del 2022 al 46° del 2023. Anche Giuseppe Rinaldi figura nella lista dei maggiori incrementi complessivi, passando dall’85° al 15° posto.
Più in generale, l’Italia ha guadagnato un marchio con Vietti, che ha registrato una performance particolarmente positiva per quanto riguarda il numero di vini scambiati. Dominio de Pingus ha raggiunto Vega Sicilia come secondo marchio spagnolo nella Liv-ex Power 100 2023, grazie a una performance positiva dei prezzi e al valore e ai volumi scambiati in borsa, in particolare delle etichette PSI e Flor de Pingus. Anche un marchio svizzero è entrato in classifica, Gantenbein, che ha brillato per la sua performance di prezzo del 10,8%.
PERCHÈ BORDEAUX SBARAGLIA LA LIV-EX POWER 100 2023
«La debolezza del mercato – commenta Justin Gibbs, vicepresidente e direttore di Liv-ex – rende la classifica 2023 particolarmente interessante. I marchi che hanno guidato il mercato fino al suo picco dell’ottobre 2022 stanno ora risentendo maggiormente della correzione. Gli acquirenti hanno affinato la loro attenzione per riflettere una maggiore avversione al rischio: sono alla ricerca di marchi stabili e liquidi, che offrano un valore relativo e che favoriscano il Bordeaux rispetto alla Borgogna e alla California».
La Power 100 è un’istantanea del panorama in continua evoluzione del mercato secondario e la lista di quest’anno ha colto il mercato in piena correzione dei prezzi. Il numero di marchi che si sono qualificati per l’inclusione nella Power 100 è diminuito del 2,1% nel 2023. Il motivo? I collezionisti hanno ristretto la loro attenzione ai vini di qualità più elevata.
Nonostante la quota commerciale della California sia rimasta relativamente stabile, la regione ha perso cinque vini nella Liv-ex Power 100 2023 rispetto all’anno precedente. L’avversione generale al rischio e gli aumenti dei prezzi registrati in Borgogna hanno fatto sì che alcuni dei marchi più “recenti” della regione, che erano entrati nella Power 100 nel 2022, siano usciti dalla classifica, in quanto i collezionisti cercano sicurezza (e profitti) nelle etichette blue chip.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Quindici anni per ViniVeri 2018 – Vini secondo Natura. Compie tre lustri la prima storica manifestazione italiana di vini e prodotti alimentari ottenuti da processi naturali che, organizzata dal Consorzio Viniveri, si svolgerà da venerdì 13 a domenica 15 aprile all’Areaexp “La Fabbrica”, nel cuore della cittadina di Cerea, a pochi chilometri da Verona.
Oltre all’area espositiva, degustazioni guidate, due cene con chef di fama, nonché un convegno con illustri testimonianze, confronti e interventi tra vignaioli sullo stato di salute del vino e sull’etichetta trasparente, per fare il punto sull’odierna situazione del vino cosiddetto “naturale” e un bilancio di questi primi decenni di vini prodotti secondo natura. Infine, una preziosa enoteca riservata ai visitatori dove acquistare a prezzo di cantina.
IL TEMA DELL’EDIZIONE
L’amore per la natura e suoi cicli è il tema conduttore della 15esima edizione di ViniVeri 2018. Amore come arte del saper attendere, come “certezza che la natura non tradisce mai“ – sostiene il Presidente di ViniVeri Giampiero Bea – nel rispetto dei ritmi e delle risorse naturali. Amore, in un’epoca di standardizzazione e omologazione, per i frutti di un’agricoltura sostenibile che preserva ed esalta la ricchezza e l’unicità dei territori e della loro biodiversità.
Amore, natura, passione, ambiente, rispetto, sostenibilità, identità: valori condivisi dal gruppo di vignaioli-artigiani che si sono dati il nome di “ViniVeri”. Vagando per l’Europa prima, aggregandosi poi all’inizio degli anni 2000 attraverso “la Regola” (una sorta di regolamento che stabilisce le operazioni possibili e non, sia in vigna che in cantina), ViniVeri rappresenta il primo nucleo di vignaioli che ha inteso far conoscere la “viticoltura naturale”, escludendo ogni tipo di chimica di sintesi in vigna e ogni sostanza ammessa per uso enologico in cantina, scardinando convinzioni e convenzioni radicate.
Quindici anni dalla prima uscita ufficiale come “gruppo ViniVeri”, che hanno segnato e cambiato il mondo del vino. Con una filosofia pratica che è anche uno stile di vita.
Una via che il Consorzio ViniVeri continua con convinzione a perseguire al dì là di mode e tendenze contingenti. Mettendo al centro il vignaiolo, la vigna, la cantina, il rispetto dei cicli naturali, la tutela dell’ambiente, l’identità del territorio, la produzione eco-sostenibile, coniugando il tutto in un’opera di custodia e amore per ottenere vini di qualità unici, piacevoli e irripetibili testimoni del proprio ambito.
“ViniVeri2018” a Cerea (VR) dal 13 al 15 aprile 2018, è l’occasione annuale – aperta agli operatori e a tutti gli appassionati del vino – per incontrare, conoscere e confrontarsi con i “Vignaioli Custodi di identità che ricercano costantemente il miglior equilibrio tra l’azione dell’uomo e i cicli della natura”, come ama definirli il Presidente Bea, “che di fatto rappresentano una filosofia di vita”.
Presenti nei tre giorni di ViniVeri 2018, dalle ore 10 alle ore 18, insieme ai produttori del Consorzio Viniveri (Giuseppe Rinaldi, Ezio Cerruti, Ezio Giacomo Trinchero, Serafino Rivella, Eugenio Rosi, Casa Coste Piane, Castello di Lispida, La Castellada, Dario Princic, Zidarich, Vodopivec, Ronco Severo, Mlečnik, Slavček, Massa Vecchia, Podere Luisa, Carla Simonetti, Walter Mattoni, Oasi degli Angeli, Paolo Bea, Praesidium, PaneVino, Salvatore Ferrandes), oltre un centinaio di “Vignaioli del vino generato senza aggiunta di sostanze ammesse per uso enologico” (ad eccezione di modeste dosi di solfiti), italiani ed esteri, provenienti da Francia, Spagna, Austria, Slovacchia, Slovenia, Portogallo e Grecia.
A unirli la passione e la condivisione di una filosofia produttiva che va oltre la certificazione biologica europea: quella di generare vino senza pesticidi, senza l’uso della chimica di sintesi in vigna e senza l’uso di addizioni e stabilizzazioni forzate in cantina. Vini che non contengono addizioni di sostanze estranee alla frutta d’origine e al terroir che li ha generati, né fatti attraverso processi dominanti.
Le aziende vitivinicole presenti a ViniVeri 2018, hanno infatti tutte autocertificato, sotto la propria responsabilità, di seguire i dettami della “Regola” del Consorzio Viniveri: rispettosa dell’ambiente e della biodiversità, naturale e sostenibile. E tutti i loro vini sono stati sottoposti a una rigida valutazione terminata con un panel di degustazione prima di essere ritenuti idonei e quindi invitati a partecipare. Anche quest’anno su oltre cento nuove richieste di partecipazione, hanno ottenuto l’idoneità appena quindici nuove cantine.
Oltre ai vini ci sarà spazio anche per produzioni agroalimentari artigianali: dai formaggi al cioccolato eco sostenibile, dai salumi ai prodotti da forno.
La quindicesima edizione sarà impreziosita da tante iniziative come degustazioni guidate, cene con chef di fama e interventi sui temi della salute, dell’identità e della riconoscibilità dell’autenticità del vino, fino a uno dei cavalli di battaglia del Consorzio Viniveri, quella dell’etichetta trasparente del vino.
IL PROGRAMMA DEGLI EVENTI
Venerdì 13 alle ore 18.30 si svolgerà presso la sala convegni dell’Areaexp “La Fabbrica” il convegno-dibattito per un confronto e un bilancio di questi primi 15 anni di vini prodotti secondo natura. L’apertura dell’incontro prevede la testimonianza di Josko Gravner e a seguire le riflessioni di Sergio Circella del rinomato ristorante “La Brinca di Né (GE), di Sergio Rossi della storica “Enoteca Caffè Defilla” di Chiavari (GE) e di un noto Sommelier.
Non mancheranno le voci di rappresentanti di associazioni di produttori, italiane ed europee, per fare il punto dell’odierna situazione del vino secondo natura, dove si è passati dall’iniziale fase pioneristica all’attuale tumultuoso ingorgo di proposte, a volte improvvisate e strumentali, sull’onda di una maggiore consapevolezza “critica” dei consumatori.
Lo spazio ristorante dell’Areaexp “La Fabbrica” ospiterà invece due importanti eventi gastronomici: venerdì 13 la cucina di “VinVeri” vedrà protagonista Ivan Milani, il nuovo talentuoso chef de “Al Pont De Ferr” di Maida Mercuri. Lo chef torinese, da poco approdato nel rinomato ristorante sul Naviglio Grande di Milano, presenterà una cena con alcuni dei suoi piatti più rappresentativi come il tipico ‘Vitello tonnato’ e ‘Il tempo delle uova d’oro’. A seguire, ‘Risotto con aringa affumicata, polvere di capperi e caffè’, ‘Guancia di maiale iberico’ e un dolce creato con grano arso e mousse di formaggi di capra, mozzarella e rafano.
Per la cena di sabato 14, spazio alla creatività e tipicità friulana dello chef Ilija Pejic del “Ilija Ristorante” di Tarvisio (UD). Croato di nascita ma italiano di adozione, lo chef – dopo importanti esperienze in Spagna – dal 2007 è alla guida del ristorante aperto presso il Golf Club di Tarvisio, nella splendida piana del Priesnig, un contesto naturale di rara bellezza. Naturalità, stagionalità e raffinatezza scandiscono i menu ideati dallo chef.
In entrambe le serate, alle proposte degli chef, saranno abbinate le importanti selezioni di vini dei vignaioli di “ViniVeri”.
Torna anche quest’anno la ricercatissima Enoteca ViniVeri: la vetrina-bottega posta all’uscita degli spazi espositivi, dove sarà possibile acquistare a prezzo di cantina, solo nei tre giorni dell’evento, molte delle rare selezionate etichette presenti a ViniVeri.
Il ticket giornaliero di ViniVeri 2018 è di 30 € e include calice e libretto di degustazione. Previsti inoltre ticket per due giorni (a scelta) a 50 € e abbonamento per tutti i tre giorni a 60 €. Dal sito di www.viniveri.net è possibile l’acquisto anche on-line senza alcuna maggiorazione di prezzo rispetto alla biglietteria di Cerea.
L’Areaexp “La Fabbrica”, nel cuore della cittadina di Cerea, è facilmente raggiungibile dalla vicina Verona: la stazione ferroviaria di Cerea, distante appena 300 metri dall’Areaexp, offre numerosi collegamenti ferroviari diretti in entrata e in uscita dalla stazione di Verona Porta Nuova nell’arco della giornata.
Raggiungerla in automobile da Verona è ancora più semplice; è sufficiente immettersi nella strada provinciale 434 “Transpolesana” Verona-Rovigo e uscire a Cerea. L’area espositiva è dotata di un ampio parcheggio gratuito.
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La meta, stavolta, è “La Meta”: ovvero la Langa. Le idee sono chiare. Mix tra produttori emergenti poco noti e top di gamma. Il programma prevede il passaggio attraverso tre comuni della denominazione Barolo: Serralunga per visita all’azienda agricola Guido Porro, Castiglione Falletto alle Aziende agricole Sobrero Francesco e Giovanni Sordo, poi a Barolo per conoscere Giuseppe Rinaldi. E infine puntata a Barbaresco per incontrare Teobaldo Rivella. Questi ultimi due? Monumenti del territorio, memorie storiche della Langa. E vignaioli fino al midollo. Non per niente infatti iscritti al Consorzio ViniVeri.
AZ. AGRICOLA GUIDO PORRO La giornata inizia presto, si parte da Milano alle 7. La prima visita è fissata per le 9 del mattino. Ad aprire le porte dell’Azienda agricola Guido Porro è il papà Giovanni: batteria di vini al completo sul tavolo, insieme a un bel cestino di grissini. Guido è impegnato a imbottigliare l’annata nuova. Passerà più tardi per un saluto.
Giovanni racconta la storia dell’azienda e dei cru in possesso, tutti sul territorio di Serralunga. Il Gianetto la cui porzione è esposta a est/sud-est, con terreno caratterizzato da argilla e tufo ma con una componente sabbiosa in maggioranza.
Poi c’è il Lazzarito: terreni di sola argilla e tufo dai quali nascono i Baroli aziendali delle vigne Santa Caterina e Lazzairasco. Quest’ultimo è il Barolo premiato della casa. Il Cru Lazzarito è esposto a nord-ovest e prende sole tutto il giorno. Una balconata guarda il paese di Serralunga e la conca del Lazzarito. “Uno spettacolo – evidenzia Giovanni Porro, come se per lui fosse la prima volta – vedi… quel pezzo là dietro alla cascina rossa è il cru Gabutti. Mentre alle spalle del paese, là dietro, scende la Vigna Rionda”. Fantastico. Vedere coi propri occhi quello che avevi sempre e solo letto è emozionante.
LA DEGUSTAZIONE
Dolcetto 2016, 14%. Splendida beva, molto piacevole. Lontano dai Dolcetti tannici di Dogliani. Qui la frutta fresca rossa la fa da padrona, tannini morbidi e acidità bilanciata. Macerazione, veloci svinature e poco tempo in acciaio. Il vino è pronto in fretta. E’ quello che qui si beve tutti i giorni, a tavola.
Barbera d’Alba vigna Santa Caterina 2016, 15%. Tempi più lunghi di fermentazione e 20/22 giorni di macerazione. La freschezza e l’acidità spiccano, ma la componente fruttata è vasta e il tutto invita al sorso compulsivo. Tutto acciaio, niente legno. Fantastica.
Barbera d’Alba vigna Santa Caterina 2015 è la Barbera Perfetta. Ben bilanciata in tutte le componenti e la freschezza dell’annata le conferisce una miglior succosità e piacevolezza nel sorso. Un po’ piaciona forse. Di certo quella che fa meno fatica a risultare la preferita.
Nebbiolo 2016. 24/25 giorni di macerazione. In cantina si utilizzano vasche di acciaio di stampo più largo che alto. “In modo tale – spiega Giovanni – da avere un cappello più basso e più facile da rompere”. Due rimontaggi al giorno. Le uve arrivano quasi tutte dal Gianetto. Il vino è giovane, molto giovane. Al naso prevale una nota che rimanda a un’erba officinale poco gradevole al naso. In bocca va un po’ meglio, ma è ancora spigoloso e deve armonizzarsi.
Nebbiolo 2015. Decisamente meglio, la nota verde c’è ancora ma l’acidità è splendida e il sorso per niente scontroso. Un vino comunque da aspettare, in cantina. La stessa punta verde la trovo nel Barolo Gianetto 2013 anche se meno marcata. L’affinamento dei Baroli avviene in botti classiche di Rovere di Slavonia da 25 e 30 ettolitri con tempi da disciplinare classico.
Barolo Santa Caterina 2013. Tannino già morbido per essere stato messo in bottiglia da qualche settimana , componente fruttata leggera … un Barolo atipico si direbbe per queste parti. Meglio la 2012 con tannino marcato quanto basta e bel frutto classico con richiamo di viola . questo mi piace. Ne prendo 2 .
Lazzairasco 2013. E’ il Serralunga per antonomasia, quello riconoscibile. Austero, scontroso, tannico e duro ma allo stesso tempo elegante, molto elegante. Il 2012, con un anno in più di bottiglia, mostra già i primi equilibri tra le parti ma ha ancora tanta strada da fare. Sarà premiato anche il 2013? Vedremo.
Capitolo Vigna Rionda. La famiglia Porro, alla morte del cugino Tommaso Canale, divide con Ettore Germano e Giovanni Rosso la porzione del cru in possesso a Canale. La parcella migliore della Vigna Rionda, si dice in Langa. Giovanni Rosso riesce a recuperare la vigna piantata mentre Porro si trova davanti alla dura decisione di dover espiantare tutte le vecchie vigne e reimpiantarne di nuove.
La prima annata di produzione è la 2014, che uscirà solo nel 2018. Poter assaggiare tutti i campioni di botte in verticale (2014, 2015 e 2016) è una vera fortuna. Beh, questi sono vini eccezionali: eleganza pura, tannino suadente, morbido. Che accarezza il palato e lascia una pulizia sopraffina. Emozione pura quando nel fondo del calice della 2015, già vuoto, si sprigiona un sentore di chinotto mai sentito prima.
AZ. AGRICOLA FRANCESCO SOBRERO L’arrivo all’Azienda agricola Francesco Sobrero avviene attorno alle 10.40. Ad aspettarci Flavio Sobreo, classe 82. Capito bene? 1982. Dopo la scuola enologica di Alba, conduce adesso con le sorelle l’azienda di famiglia. La generazione è di quelle che farà strada in Langa. In quest’ultimo periodo la sferzata di gioventù è ottima e ha idee molto chiare.
Tornare all’origine, alla vinificazione che ha fatto la storia di questi paesi e agli affinamenti in botti grandi. Basta barrique. Come lui anche i nipoti della Palladino (azienda a Serralunga) stanno dando la stessa impronta giovane e fresca all’azienda di famiglia, con grandi risultati (prendere nota: Barolo Serralunga di Palladino, da assaggiare). Flavio è reduce dalla giornata precedente a Milano, per ritirare un premio. Altro che new entry.
Qui i cru aziendali sono Villero, Parussi, Valentino, Piantà, Rocche e Pernanno. C’è grande variabilità. Nessuno vicino all’azienda. Flavio usa l’acciaio solo per Dolcetto e Chardonnay, mentre fa fermentazione e macerazione lunghe in tini da 50 ettolitri a cappello sommerso solo per i grandi Cru di Nebbiolo. Per le Riserve i passaggi sono tino, vasche di cemento vetrificato e, infine, botte grande. Per i 2015 e 2016 le macerazioni sono durate anche 70 giorni.
LA DEGUSTAZIONE
Partiamo col Langhe Bianco, 100% Chardonnay. Le vigne hanno 32 anni e si trovano in paese, sul versante Nord di Castiglione Falletto. Meno sole, quindi più freschezza e acidità. Quello che serve a un bianco. Pressatura diretta, ovvero non si pigia: si mette subito in macchina. Un veloce passaggio in vasca per raffreddare il mosto e separare il sedimento, poi si va in fermentazione.
Il processo alcolico inizia sui 18°, ma Flavio abbassa lentamente la temperatura fino a 10°. Ma non si arresta così la fermentazione? “No – risponde Flavio Sobreo – va solo più lentamente e in questo modo la fermentazione dura anche 2 mesi. La permanenza sulla fecce dipende da come vanno le annate e di batonnage se ne fanno pochi”. Anche la malolattica non viene sempre svolta al 100% . “Sui bianchi – evidenzia Flavio – se deve avvenire, viene come vuole. Sui rossi il discorso è diverso e la mallolattica deve completarsi al 100%”.
Il colore è un giallo paglierino tenue, molto limpido e trasparente. Al naso il vino è fresco, classica frutta polpa bianca fresca, qualche fiore di campo. In bocca sapido e acido ma non tanto persistente. Piacevole, da aperitivo. Passiamo ai rossi. Qui di 2016 non ce ne sono ancora in bottiglia.
Dolcetto 2015. 7/8 giorni di macerazione, poi travasi e in vasca ad affinare. Colore rubino, quasi porpora. Un’esplosione di frutta giovane, fresca, con acidità esaltante ma con un tannino presente sulla mucosa.
Nebbiolo 2015. Venticinque giorni di macerazione sulle bucce, poi un anno in botte grande dai cru Valentino , Piantà e Pernanno. Qui il tocco di Flavio consiste nell’inserire un 10% di Barolo dell’annata declassato. In questo caso si tratta del Barolo 2013 Ciabot Tanasio (assemblaggio anch’esso dei cru Valentino, Piantà e Pernanno). Quindi siamo davanti ad un Nebbiolo con 10% di Barolo.
Naso e bocca da campione. E’ immediato ma ti riempie e non finisce mai. Acidità in ingresso, sentori classici di viola e piccola frutta rossa in centro bocca. E poi il tannino morbido e avvolgente a chiudere, pulire e chiamare il prossimo sorso. Bottiglia centrata, perfetta. Uno di quei Nebbioli di cui vorresti riempirti la cantina.
Barolo Ciabot Tanasio 2012. Valentino, Piantà e Pernanno. Le vigne vengono vinificate separatamente e poi assemblate. Trentacinque giorni di macerazione sulle bucce e poi trenta mesi di legno grande. Il naso è avvolgente: richiami floreali e fruttati freschi in prevalenza, che col tempo divengono quasi marascati. Un Barolo giovane, dai sentori freschi, non certamente evoluti, ma dolci, non pungenti. In bocca altra storia: il tannino scalpita e tiene il palato sul pezzo. Questo è Barolo. L’assemblaggio risulta piacevole e armonico. Il vino prende le caratteristiche singole dei vigneti e le armonizza.
AZ. AGRICOLA GIOVANNI SORDO Prima di pranzo, tappa obbligata da Giovanni Sordo, sempre a Castiglione Falletto. Altra azienda storica. In uscita quest’anno con ben 8 differenti cru. Tutti singolarmente. Solo qualche settimana fa, nell’enoteca di fiducia, avevamo scorto una bottiglia di Sordo con la menzione Monprivato. Come Monprivato?? Ma non era un monopole di Mascarello? Sì, fino a qualche anno fa. L’Azienda agricola Sordo è proprietaria, all’interno del cru, di una piccola parcella e vendeva le uve a Mascarello. Ma adesso, per qualche motivo, ha deciso di vinificarlo direttamente.
Interessante sapere cosa ne pensano da Mascarello, considerando il prezzo di uscita dell’etichetta di Sordo, nettamente inferiore. Ho avuto la fortuna di assaggiarlo e il vino è strepitoso. Qui a Castiglione Falletto, i Sordo hanno allestito un nuovissimo wine point con sala vendita e sala degustazione, enorme. Vetrate sulle vigne , architettura moderna. Sembra per un attimo di stare in Alto Adige, tanto per capirci.
Ad accoglierci è un commerciale. I cru aziendali in produzione spaziano in tutti i comuni della denominazione: Monprivato, Villero, Parussi, Rocche di Castiglione a Castiglione Falletto; Gabutti a Serralunga; Perno a Monforte; Ravera a Novello; Monvigliero a Verduno.
LA DEGUSTAZIONE Primo nel calce è il Pelaverga 2015, uva storica di Verduno da cui si vinifica questo meraviglioso vino. Sentori speziati in prevalenza, classici di questo vino, accompagnati da ottima spinta acida e succosità. E’ un vino sincero, distintivo di Verduno. Molto piacevole.
Passiamo poi ai cru, cercando di suddividerli per area: Villero, Monvigliero e Perno. Tutti 2013. Villero il più rotondo e lungo, Perno il più elegante e di corpo, il meno tannico dei tre, poi Monvigliero: ritrovo la spezia di Verduno e la frutta rossa.
AZ. AGRICOLA RIVELLA
Alle 14 siamo a Barbaresco. Il citofono di Teobaldo Rivella è il vero punto d’arrivo della giornata. Persona meravigliosa, semplice, vignaiolo con tante vendemmie sulle spalle (“cinquanta”, ci confida). In cantina, da Teobaldo, lavorano anche la moglie e un’aiutante per la vendemmia. Basta. Due vini: un Dolcetto e un Barbaresco. Tutte le uve sono nel cru Montestefano. Tremila bottiglie di Dolcetto, 8 mila di Barabresco.
La cantina è piccolissima, ci sono tre vasche di acciaio per il Dolcetto e 7 botti grandi per il Barbaresco. Sembra irreale a confronto con quanto visto prima. Allevamento a Guyot classico della Langa, vigne di 54 anni, terreni di argilla e tufo. Niente sabbia a Montestefano. La visita inizia dalla cantina dove vengono stoccate le bottiglie. Il luogo in cui la moglie, con pazienza, le etichetta una ad una. Non ci sono macchine industriali. Che meraviglia.
La sua riserva privata di Barbaresco consta di tutte le annate. Nella piccola saletta degustazione, sediamo uno di fronte all’altro. Novanta minuti di chiacchiere, sul più e sul meno. Della storia dell’azienda, del suo papà, di come non si sia mai certificato biologico perché “non serve”: “Il mio vino è genuino, niente chimica, solo poltiglia bordolese e qualche ramato”. Cura della vigna? “Quel che basta. Meno la tocchi, meglio è”. E poi cantina. Macerazioni di 34 giorni, 10 mesi in botti, poi in bottiglia per affinamento. “E ricorda: non è vino finché non ha fatto la malolattica”.
LA DEGUSTAZIONE
Dolcetto 2015. Shock! Pochi filari sulla sommità della vigna che Teobaldo produce solo perché piace a lui, altrimenti qui si pianterebbe esclusivamente Nebbiolo. 5/6 giorni di macerazione, poi acciaio. Ci rimane per un anno, prima di passare in bottiglia. Porpora, limpidissimo, naso splendido, carico già di sentori fruttati di sottobosco e di freschezza. Finale di bocca di mandorla di rara finezza e precisione. E’ il top del giorno, senza dubbio.
Barbaresco Montestefano 2012. Altro shock. Il miglior Barbaresco in circolazione. Il colore è carico ma siamo ancora sul rubino, il naso è esplosivo ma in bocca più gentile e composto rispetto alla 2011, provata in altre occasioni. Leggera spezia a chiudere. Tannino deciso ma levigato.
Barbaresco Montestefano 2009. Colore granato classico da Nebbiolo, naso mandorlato che nasconde note fruttate più aspre e decise, domate da una leggera tostatura ancora lontana.
GIUSEPPE RINALDI Il portone della Cantina di Rinaldi si apre su un altro mondo. Un luogo meraviglioso, un misto tra un museo di attrezzi agricoli grandi e piccoli e una stanza dove si custodiscono mobili di antiquariato. Tutto sembra tranne che una cantina. Ci accoglie Marta, la figlia di Giuseppe Rinaldi. Il “citrico” c’è. Ci scruta come fossi un personaggio tra il losco e il malandrino. “Cosa vuoi?”, chiede. Quasi intimorisce.
Interviene Marta: “Vieni, vieni”. Eccoci nella cantina vera e propria, dove una fila di 10, 15 tini e altrettante botti grandi e medie si fiancheggiano su due lunghi corridoi dalla luce soffusa, tendente al rosso, granato. Sembra di stare in mezzo al vino. Si respira qui, il vino.
Azienda agricola Giuseppe Rinaldi, 6,5 ettari vitati tutti a Barolo nei cru Ravera, Le Coste, Brunate e Cannubi San Lorenzo. Trentotto mila bottiglie circa all’anno. Brunate e Ravera caratterizzati da argilla e tufo e marne bluastre. Cannubi e Le Coste hanno percentuali di sabbia maggiori, che li rendono tratti più acidi ma con meno ricchezza. Ravera è il cru più tardivo, perché è in una posizione più arieggiata. La vinificazione è classica, le uve vengono fatte fermentare e macerare nei tini per 25-30 giorni, a cappello emerso con due rimontaggi al giorno e follature ancora manuali.
Si vinifica Freisa, Ruché, Dolcetto, Barbera e Nebbiolo. Il Ruchè e il Dolcetto affinano in acciaio, mentre il resto passa tutto in legno dopo aver fatto la malolattica, tranne il Nebbiolo. Una volta imbottigliati, tutti i vini affinano almeno un anno in cantina. I Nebbioli 3 anni, come vuole il disciplinare.
LA DEGUSTAZIONE
La Freisa 2016, dalla botte,conquista al primo sorso. Il vino perfetto da tutti i giorni, spensierato, tutto freschezza e “succo” di frutta. Cosi come la Barbera 2016 dove emerge l’acidità classica, accompagnata dal giovane frutto. Passiamo poi alle bottiglie. Marta porta il Nebbiolo 2015, incredibilmente “piacione” e già perfetto. In bottiglia da qualche settimana, sembra affinato da almeno 2 anni.
A seguire Barolo Tre Tine, ovvero Cannubi, San Lorenzo, Ravera e Barolo Brunate. Due Baroli immensi, più piacevole il Brunate. Spicca una tipicità unica, riconoscibile impronta di un vignaiolo d’altri tempi. Sarà per questo che ormai il Barolo di Rinaldi è diventato un prodotto mitologico, che dura un giorno in cantina e che è sempre più difficile reperire se non a prezzi stratosferici.
Medico per vocazione e sommelier per passione. Mi sono poi riscoperto medico per passione e sommelier per vocazione. Sostieni il nostro progetto editoriale con una donazione a questo link.
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