Categorie
news news ed eventi

Osservatorio Uiv-Vinitaly: mercato Usa tra gioie e dolori

Osservatorio Uiv-Vinitaly mercato Usa tra gioie e dolori

L’inflazione galoppa anche negli Stati Uniti (+7,9%, al livello più alto da 40 anni). Conseguentemente il vino italiano rischia di fermare la propria corsa nel primo mercato al mondo. È quanto previsto dagli operatori del mercato enologico statunitense intervistati nell’indagine Iwsr/Wine intelligence presentata dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly.

Secondo il trade statunitense, la congiuntura produrrà danni importanti alle importazioni di vino. Il 38% prevede un decremento generalizzato dei volumi in entrata, mentre il 37% pensa a uno stop al processo di premiumizzazione. Ne risentirà anche alla domanda di prodotto tricolore di qualità che ha fatto la fortuna del Belpaese (2,26 miliardi di dollari l’import Usa del 2021). Solo 1 intervistato su 4 non immagina alcun impatto dall’escalation dei prezzi.

«L’attuale percezione da parte dei professionisti del settore è sicuramente condizionata da una congiuntura che non aiuta – dice il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani -. A prescindere da questo il vino italiano, i suoi produttori e i suoi strumenti di promozione e marketing hanno il dovere di prevedere le mosse di un mercato che si preannuncia sempre più fluido. E agire di conseguenza».

I GIOVANI E IL CONSUMO DI VINO

Altro campanello di allarme arriva dalla migrazione verso altre bevande da parte dei consumatori giovani, in particolare dai maggiorenni della Generazione Z e dai Millennials. Secondo l’Osservatorio Unione italiana vini e Vinitaly, l’88% dei rispondenti prevede infatti una possibile riduzione dei consumi tradizionali di vino delle fasce interessate.

Tra i drink sostitutivi, in testa appaiati con il 60%, i Ready to drink (bevande pronte al consumo soprattutto a base di vodka o rum), i cocktail, i vini a basso contenuto di alcol e gli hard seltzer (drink frizzanti lievemente alcolici e aromatizzati).

La birra è ferma al 40% delle opzioni. Tra le motivazioni che spingono i giovani a consumare il vino, al primo posto il lifestyle, seguito dal benessere. Il vino come simbolo identitario, quindi, che a giudizio del mercato sarebbe apprezzato molto di più se accompagnato dal marchio di sostenibilità.

IL MERCATO AMERICANO

Come per l’evoluzione delle importazioni mondiali, anche per gli Usa la ripresa dalla crisi pandemica è stata sin qui più vigorosa e immediata rispetto all’uscita dalla crisi dei subprime. Due anni buoni per ritornare ai valori pre-bolla, con innesco del fenomeno conosciuto come “premiumization”.

E l’Italia, lo dicono anche le elaborazioni dall’Osservatorio su base Nielsen presentati nel focus sul mercato d’Oltreoceano, ha giocato un ruolo da attrice protagonista. A fine 2021 le vendite nel canale off-premise (grocery store, liquor shop) sono lievitate a valore del 23% rispetto al 2019. Pari ad un totale di circa 2 miliardi di dollari.

Nel dettaglio, le performance italiane nel biennio sono di crescita sia sul lato vini fermi (+18%, con +24% per i rossi), sia, e in maniera strabordante, sul lato spumante (32%), con il solo Prosecco attestato a valore a +44% e l’Asti a +16%.

Tra i prodotti bandiera, oltre al Prosecco (22% del totale mercato sparkling, con 520 milioni di dollari), il Chianti-Chianti Classico (115 milioni di dollari) rappresenta mediamente il 16% delle vendite di vini rossi italiani, con punte del 30% a New York. Il valore generato dal Pinot grigio (554 milioni di dollari) lo rende quasi monopolista ovunque, con il totale sulle vendite italiane di vini bianchi al 77% e punte superiori all’80% in Florida e New York.

La torta italiana del mercato off premise è composta a valore per il 27% da Pinot grigio, il 25% da Prosecco, il 34% da rossi, in particolare toscani e piemontesi.

Categorie
news news ed eventi

Riaperture e revenge spending spingono le vendite di vino italiano

Riaperture e revenge spending determinano un nuovo record storico per le vendite di vino italiano. L’Italia figura tra i top 12 Paesi buyer esteri nel primo semestre 2021. Con le importazioni segnalate in crescita a valore del 7,1% sul pari periodo 2020. Cifra che sale al + 6,8% rispetto al 2019, in regime pre-Covid. Lo rileva l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor.

Si tratta degli ultimi dati doganali sulle importazioni dei 12 principali mercati mondiali della domanda di vino, che assieme valgono circa i 3/4 del totale export made in Italy. Per il vino del Belpaese, lo scatto di questo primo semestre rappresenta il trend di incremento più netto degli ultimi anni. Ma soprattutto controbilancia lo stop forzato del 2020. Con gli interessi.

Tra i 12 Paesi buyer di riferimento bene anche la domanda globale di vino, in crescita nell’ultimo anno dell’8,1%. La Francia vola a +26,2%. Ma, rispetto all’ultimo periodo pre-Covid (primo semestre 2019), è l’Italia che vince sulle principali piazze: +6,8%, a quasi 2,6 miliardi di euro, contro la Francia a +2% (oltre 3,3 miliardi di euro). Importazioni totali di vino, invece, ancora in terreno negativo: -1,7%, pari a quasi 10 miliardi di euro.

MANTOVANI (VERONAFIERE): «MERITO AGLI OPERATORI»

«Il settore è uscito, si spera definitivamente, da una crisi senza precedenti – evidenzia il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani – grazie ai fondamentali dei suoi operatori, alla loro organizzazione commerciale e alla forza del brand tricolore».

Oggi, in particolare con i nostri vini simbolo, siamo al centro del fenomeno legato ai ‘consumi di rivalsa’ post-Covid: un effetto traino da intercettare e da cui ripartire consolidando ancora di più le quote di mercato».

PANTINI (NOMISMA WINE MONITOR):«REVENGE SPENDING SU FASCIA MEDIO-ALTA»

«Dall’analisi dei dati – ha detto il responsabile di Nomisma-Wine Monitor, Denis Pantini – emerge una sorta di ‘revenge spending’ che sta trainando il commercio mondiale di vino e che interessa i vini di fascia medio-alta, come desumibile anche dai prezzi medi all’import».

Una conferma a questa tesi arriva analizzando l’export dei Dop italiani e francesi, con i rossi Dop del Piemonte a +24% o i rossi Dop toscani a +20%. Tendenza ancora più evidente per i rossi a denominazione francesi, con il Bordeaux a +61% e il Borgogna a +59%, ma anche per gli sparkling d’Oltralpe, Champagne in primis, che volano a +56% nel mondo e a +70% negli Usa».

Quanto alle importazioni di vini tricolori nelle 12 principali piazze, sul 2020 l’Italia sovraperforma rispetto al mercato in Cina (+36,8%), in Germania (+9,3%) e in Russia (+29,4%), mentre è sotto la media negli Usa (+1%, ma sul 2019 l’incremento è di quasi il 6%), Uk (-0,4%) e Canada (+2,5%). Crescono le importazioni dei vini fermi (+6,9%, con il prezzo medio salito a +5,9%), mentre gli sparkling incrementano le vendite dell’11,1%, con una riduzione del prezzo medio del 4,8%.

Categorie
news news ed eventi

Vinitaly conferma le date 20-23 giugno. Veronafiere: «Un evento per la ripartenza»

«Un evento per la ripartenza nel segno del business, di respiro internazionale e altamente profilato che chiama a raccolta il mondo del vino, in un’area espositiva sicura di 300 mila metri quadrati». Con queste parole Veronafiere conferma le date di Vinitaly 2021 (20-23 giugno 2021 a Verona) e sintetizza i perché del sì alla kermesse.

Una «sintesi progettuale», quella della 54ª edizione di Vinitaly, che avrà come prologo il decennale di OperaWine, previsto per il 19 giugno. «Un’edizione focalizzata sul rilancio del settore e sulla ripresa delle relazioni commerciali in presenza», sostiene ancora Veronafiere.

Prolungate dunque le tempistiche per l’adesione alla rassegna: c’è tempo fino al 12 aprile, quasi un mese e mezzo in più rispetto all’ultimatum precedente, che fissava il termine ultimo al 1 marzo.

Al vaglio, secondo rumors di WineMag.it, un programma per la gestione in sicurezza degli spazi: ingressi contingentati a un massimo di 45 mila persone al giorno e misure pratiche per il distanziamento. Consentita, sempre secondo rumors, una persona ogni 4 metri quadrati agli stand.

Un aspetto che dovrebbe convincere diversi attori (vedi i Consorzi Toscani di Avito, nonché la Federazione italiana vignaioli indipendenti – Fivi) a non sbilanciarsi ulteriormente in queste settimane, lasciando (presumibilmente) la porta aperta a Vinitaly 2021.

«Sarà un Vinitaly unico – commenta il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese – in cui ognuno sarà chiamato a fare la propria parte per richiamare la centralità del vino italiano nel mondo: organizzatori, imprese, istituzioni, media che vorranno parteciparvi lo potranno fare nella consapevolezza dell’importanza di partecipare a un evento live».

Veronafiere, che continua a osservare l’evoluzione degli scenari sui mercati di riferimento attraverso la rete dei propri partner e rappresentanti esteri. I contatti con le autorità preposte «sono costanti».

Nodo delicatissimo è quello degli incoming di buyer e operatori. Vinitaly, in partnership con Ice Agenzia, sta mettendo in campo ingenti investimenti su «un progetto flessibile, modulabile in base agli scenari e in grado di intercettare tutti i cambiamenti sul fronte internazionale che potranno verificarsi nei prossimi 4 mesi».

Vinitaly 2021 ha infatti come obiettivo primario «una importante azione di incoming di operatori e buyer dai principali paesi target dell’area Ue». Focus anche sulla ripresa del mercato interno con il coinvolgimento di buyer e di stakeholder delle filiere strategiche per la vendita e il consumo di vino italiano.

«Vinitaly 2021 resta fortemente focalizzato sul b2b – ribadisce il Ceo di Veronafiere, Giovanni Mantovani – opportunamente selezionato e invitato. L’Italia e l’Europa sono i mercati di maggior produzione e consumo al mondo. Se le condizioni saranno favorevoli, siamo già pronti a intervenire anche sulla domanda extra europea, a partire da quella Usa.

È già iniziata la programmazione con ICE per l’incoming e l’obiettivo è quello di assicurare la presenza di buyer e operatori alla manifestazione. Tutto il mese di marzo sarà dedicato a incontri con le aziende ed allo sviluppo delle relazioni con i mercati».

In quartiere e tra gli stand, riferisce Veronafiere, «la parola d’ordine è e sarà sicurezza, in totale osservanza delle disposizioni previste dal protocollo elaborato da Aefi (Associazione esposizioni e fiere italiane) adottato da tutti i soggetti fieristici e ulteriormente integrato e rafforzato dalla Spa di viale del Lavoro».

Anche il layout di Vinitaly 2021, da quello di manifestazione fino agli stand delle singole aziende, risponderà ai criteri stabiliti dai protocolli safety care. È stato attivato per gli espositori, inoltre, un servizio gratuito di consulenza e assistenza con un team di architetti per la progettazione in sicurezza degli spazi e delle aree espositive, anche con modalità innovative.

La sanificazione continua dei padiglioni e delle attrezzature, 400 telecamere di sorveglianza e monitoraggio anti-assembramento collegate a una centrale operativa, un presidio medico diagnostico in tempo reale e dotato di tutti i servizi necessari, garantiscono la presenza fisica nell’area espositiva in sicurezza. Infine, è stato integrato tecnologicamente il sistema di climatizzazione che permette il controllo di temperatura, umidità su tutta l’area espositiva interna, con ricambi d’aria gestiti secondo i migliori standard.

Categorie
news news ed eventi

Nomisma Wine Monitor, export 2020: Italia -4,6%, Francia -17,9%

L’analisi a cura dell‘Osservatorio Vinitaly- “Focus mercati – consumi e previsioni import 2020” presentata oggi al wine2wine di Veronafiere, nel corso dell’evento di confronto della filiera con i vertici delle associazioni di rappresentanza e l’Ice, mostra come la pandemia condiziona il commercio mondiale di vino.

Per l’Italia, che nel 2020 chiuderà il proprio export con un -4,6% a valore (6,1 miliardi di euro) sull’anno precedente, gli effetti saranno complessivamente più leggeri rispetto al trend globale (-10,5%) e ancora di più sul principale player del settore, la Francia, costretta a rinunciare al 17,9% delle proprie esportazioni.

Un quadro confortante se si considera l’aumento delle quote di mercato guadagnate dal vigneto Italia; allarmante se si considera l’asimmetria di un dato generale che cela forti ribassi in diverse fasce, a partire dalle piccole imprese ad alto tasso qualitativo.

Il dato generale – ha dichiarato il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani – sulle stime previsionali dimostra come l’Italia sia stata in grado di opporre anticorpi efficaci alla crisi. Il rapporto qualità-prezzo, una più variegata diversificazione dei canali di vendita e lo scampato pericolo dei dazi aggiuntivi negli Stati Uniti hanno consentito di ridurre le perdite all’estero”.

“Il rovescio della medaglia è fatto di tante piccole e medie aziende del vino che, al contrario delle altre, hanno perso i propri riferimenti commerciali, in particolare dell’horeca, e stanno pagando uno scotto molto più rilevante della media. È questo segmento, decisivo per il nostro made in Italy, che occorrerà salvaguardare sin da subito”.

In termini assoluti, la contrazione del valore delle importazioni mondiali di vino stimata (su base doganale) sarà di oltre 3 miliardi di euro rispetto al 2019, soprattutto per effetto delle mancate vendite per oltre 1,7 miliardi di euro del suo market leader, la Francia. Il forecast sull’Italia si ferma invece a -300 milioni di euro, complice anche il boom (+15%) delle esportazioni nel primo bimestre dell’anno, che ha attenuato il passivo.

ITALIA, TIPOLOGIE A CONFRONTO: SPARKLING PEGGIO DEI FERMI DOPO 11 ANNI
Tengono, e talvolta incrementano, le aziende italiane maggiormente presenti sui canali di vendita della Gdo, spesso imprese di dimensioni medio grandi con numeri importanti. Calano invece, anche oltre il 50%, le medio-piccole orientate sui canali retail e nell’horeca. E gli sparkling, (-5,7%) simbolo del fuori casa e della festa, fanno peggio dei fermi (-4,5%) per la prima volta dopo 11 anni (2009). Giù il prezzo medio all’export dell’intera categoria di oltre il 9%, mentre i fermi perdono il 2%.

Uno dei principali rischi – sottolinea il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini – che derivano dalla riduzione delle importazioni nei top mercati di sbocco, unito alla diminuzione della domanda sul mercato nazionale, è quello di un decremento dei prezzi di vendita dei nostri vini che vanificherebbe tutti gli sforzi messi in campo in questi anni per un miglior posizionamento di prezzo delle nostre produzioni, con effetti a catena su tutte le imprese e denominazioni”.

“Un rischio concreto, se si pensa che quasi 2 aziende intervistate su 10 nell’indagine qualitativa hanno dichiarato che per contrastare la riduzione degli acquisti e delle forniture stanno pensando a sconti/promozioni per attirare la clientela”.

I TREND PER PAESE
Il -4,6% a valore per il vino italiano è frutto delle stime previsionali sui principali mercati del commercio mondiale del vino, oltre ai focus realizzati in alcuni tra i principali Paesi buyer analizzati (Usa, Germania, Uk, Cina, Giappone, Russia e Australia).

Il Belpaese riuscirà a contenere le perdite e a incrementare sensibilmente le quote di mercato nei suoi 2 principali mercati chiave, gli Stati Uniti (-2% a valore, a 1,7 miliardi di euro) e la Germania (-3%, a 918 miliardi di euro). Un risultato che rappresenta una mezza vittoria se si considera che il calo generale delle importazioni statunitensi (-10,1%, con la Francia a -23%) è di 5 volte superiore al dato italiano, mentre per la Germania la variazione media dell’import è del -7,7%.

Stop significativo invece nel Regno Unito, sempre più lontano dalle forniture europee, con i produttori di Italia e Francia che perderanno rispettivamente il 12,1% e il 16,7%, a fronte di una variazione positiva della domanda sul “Nuovo mondo” di quasi il 5%.

Prosegue la contrazione del mercato cinese (-32% sul prodotto Italia, -29% la variazione totale) e di quello giapponese, che vira in negativo (-15,1%) dopo l’exploit del 2019, così come il Canada (-7,7%). Giù anche la domanda australiana (-3,8%) e russa, che con un valore previsto di 279 milioni di euro segnerà un calo per il vino tricolore del 7,5%.

La performance italiana risulta infine generalmente meno deficitaria rispetto ai competitor grazie alla tenuta di alcune piazze di peso, come la Svizzera (+4,3%) e la Svezia (+2,2%) tra le pochissime a presentare luce verde.

Categorie
Approfondimenti

Wine2wine, indagine Vinitaly-Nomisma: cresce solo un’azienda su dieci nel 2020

Solo un’azienda vitivinicola italiana su 10 aumenterà il proprio business nel 2020, mentre per oltre 7 su 10 le vendite totali vireranno in negativo. È quanto emerge dall’indagine dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor presentata nel corso del Summit internazionale “Il futuro del vino: visioni differenti, unica prospettiva“.

È difficile commentare dati le cui cause non riflettono il reale stato di salute del vino italiano – afferma il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani – ma un’epidemia mondiale in cui tra l’altro il vino italiano sta pagando la metà delle perdite rispetto ai propri competitor. Il nostro settore avrà tutti i fondamentali per ripartire, a patto che le scelte siano corali e si attui una promozione di bandiera all’altezza della notorietà globale del brand tricolore. Una comunicazione istituzionale cui abbinare eventi italiani legati al trade del vino nel mondo”.

Secondo l’indagine, svolta su un panel di 165 aziende (4 miliardi di euro il fatturato cumulato, di cui 2,5 miliardi relativi all’export, circa il 40% del totale Italia), la generale difficoltà delle imprese è il combinato dei cali nei canali horeca – in rosso nel 91% dei casi -, nel dettaglio specializzato – per 3 produttori su 4 -, dell’export – per il 63% delle aziende – e della vendita diretta in cantina, il cui gap è generato anche dalla fortissima contrazione degli arrivi enoturistici stranieri, in diminuzione per l’87% degli intervistati.

A fare da parziale contraltare, le vendite nella Gdo italiana – in crescita per il 51% dei rispondenti – e il boom dell’online, riscontrato da 8 operatori su 10. Il quadro dell’export, nonostante l’Italia abbia sofferto meno dei propri competitor, è comunque a tinte fosche: il 63% vede rosso, mentre le aziende in crescita sono solo il 18%.

Tra i top 10 mercati maggiormente in difficoltà, Regno Unito e Stati Uniti sono le aree più critiche, in contrazione per il 60% del campione. A seguire, Giappone, Australia, Cina, Germania, Canada, Russia e Svizzera, in uno scenario globale che vede 9 piazze su 10 in negativo, con la sola Svezia a luce verde.

La pandemia ha ulteriormente messo in luce le problematiche strutturali e dimensionali di cui soffre il nostro sistema produttivo – dice il responsabile dell’sservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini – Con la chiusura dell’Horeca e la ridotta diversificazione dei mercati e dei canali di vendita, sono soprattutto le imprese vinicole più piccole a pagare il conto più salato di questo scenario di crisi dominato dall’incertezza”.

“Un conto che non è certo più leggero anche per le imprese più dimensionate, ma che tuttavia potendo contare su strutture commerciali, finanziarie e patrimoniali più robuste, dimostrano una resilienza indubbiamente più elevata”.

Stando all’analisi del campione, rappresentativo per fatturato ed export, sono infatti le piccole imprese (sotto il milione di euro) a scontare gli indicatori peggiori, con vendite in rosso nell’81% dei casi e con export (74% delle risposte), horeca (95%) e dettaglio specializzato (86%) in contrazione.

Categorie
news news ed eventi

Indagine Vinitaly-Nomisma: la pandemia accelera l’innovazione delle aziende vinicole

Il mondo italiano del vino guarda oltre l’anno nero 2020 e cambia fisionomia al proprio business. È quanto rileva l’indagine “Il wine business nell’era post Covid-19” presentata oggi a Veronafiere dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor nel corso del Summit internazionale di avvio dell’evento online wine2wine Digital (22-24 novembre).

Fra i nuovi strumenti Wine Club fondati sull’economia delle relazioni, pensati per condividere enopassioni e inviare ai soci prodotti ad personam, piattaforme proprietarie di e-commerce, potenziamento dei servizi di delivery, vendite multicanale. E tanta condivisione delle wine experience, rigorosamente online e segmentate per target.

Era importante – ha dichiarato il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani – fotografare lo stato dell’arte attraverso la voce diretta delle imprese. Il risultato, se da una parte conferma le difficoltà sui mercati già riscontrate dal nostro Osservatorio, dall’altra dimostra una grande vitalità delle aziende, impegnate sin da subito in una transizione epocale del proprio modo di fare business sotto il profilo commerciale, del marketing e della comunicazione.”.

L’indagine, svolta su un panel di 165 aziende (che rappresentano 4 miliardi di euro il fatturato cumulato, di cui 2,5 miliardi relativi all’export, circa il 40% del totale Italia), ritrae quindi un settore che ha vissuto il 2020 come uno spartiacque, in cui in pochi mesi sono state spazzate via decenni di certezze.

Innovazione è la parola d’ordine, non tanto nella presenza sui social già attiva nella quasi totalità delle imprese, quanto nella necessità di attivare sempre più strumenti crossmediali, di intensificare il rapporto diretto, di prestare maggiori servizi all’utente e di profilare pubblici di consumer da affezionare negli anni.

Per fare degli esempi, nel 2019 i wine club erano uno strumento di nicchia (11% del panel), mentre tra qualche mese la quota salirà al 57%. Lo stesso vale per le degustazioni a distanza, professionali e non, che passeranno dal 16% all’84%. Quasi un plebiscito anche per la vendita diretta attraverso l’attivazione di un canale e-commerce: dal 55% all’87%.

Ma la svolta, per la verità più marcata tra le grandi aziende, non finisce qui. Le nuove consapevolezze per controbattere alla crisi congiunturale si concretizzano nelle vendite multicanale (74,1%), nella maggior diversificazione dell’export (74,1%), nella brand awareness, nella maggior condivisione con importatori e distributori, nell’accelerazione delle strategie di coinvolgimento sui social.

E anche sulle principali strategie post-Covid i produttori parlano una lingua nuova per un settore che sino a oggi si è evoluto più in campo e nel bicchiere che negli uffici. In primo piano, il giusto mix di presenza (alle fiere internazionali), l’ulteriore potenziamento dei canali online e dell’enoturismo, l’ingresso nel canale gdo e le immancabili masterclass online.

La certezza generale è che nei prossimi 2-3 anni cambierà tanto (solo 1% dichiara che tutto tornerà come prima), mentre le opinioni più diffuse prevedono riduzioni, in Italia e all’estero, del numero di locali e dei consumi fuori casa, a cui contrapporre l’impatto positivo dato dall’incremento delle vendite online e dall’aumento della domanda di vini autoctoni, biologici, sostenibili.

Tra le misure di sostegno richieste alle istituzioni per far ripartire il settore, al primo posto figurano i fondi dell’Ocm promozione da poter utilizzare non più solo sui Paesi extra-Ue ma anche sui mercati europei (65%). Una istanza, questa, a sostegno dei mercati di prossimità, che stanno soffrendo più di altri. A seguire, le campagne istituzionali, gli incentivi alla digitalizzazione e rilancio degli eventi fieristici.

Categorie
news news ed eventi

Veronafiere: al via Wine to Asia con oltre 200 espositori presenti a Shenzhen

Duecento espositori, otto paesi rappresentati, dodici masterclass due forum e buyer provenienti da tutte le principali città della Greater Bay Area cinese. Questi in numeri di Wine to Asia, la start up di Veronafiere al debutto venerdì 20 e sabato 21 novembre all’Intercontinental hotel di Shenzhen.

Una manifestazione che si aggiunge alla ventennale esperienza di Veronafiere in Cina iniziata con il fuori salone a Chengdu e con l’attività di roadshow in città di prima e seconda fascia che per questo 2020 ha toccato Shanghai e Xiamen.

Organizzato dalla società Shenzhen Baina International Ltd controllata di Veronafiere in partecipazione con Pacco Communication, Wine to Asia è un evento b2b. Proprio a Shenzhen infatti hanno sede oltre alle molto conosciute aziende big tech, anche il 30 per cento degli importatori cinesi di vino e la vivacità della città è in grado di influenzare i trend della zona che va da Hong Kong a Guangzhou.

Ad esporre a Wine to Asia anche diverse collettive tra le quali quella italiana organizzata da Ice Agenzia (la più rappresentata con circa 70 espositori), Wines of Chile, Rioja e una delle regioni emergenti della produzione del vino in Cina, l’Huailai.

“Un particolare merito va ai produttori – commenta il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani – che hanno osservato la quarantena imposta dal governo cinese ai passeggeri in arrivo dall’estero per essere presenti in prima persona”.

Questa prima edizione – prosegue Mantovani – che ha rischiato più di ogni altro evento di non tenersi, si presenta ai nastri di partenza con numeri oltre ogni aspettativa con più di metà aziende dall’Italia. Non solo, sono sold out tutti gli eventi in programma e questo la dice lunga sull’attesa di un evento in presenza anche su un mercato fortemente orientato al digitale e all’online”.

La Cina è il quinto Paese al mondo per consumi di vino in volume, alle spalle di Stati Uniti, Francia, Italia e Germania con la quota di mercato dell’Italia che si attesta intorno al 7 per cento. Il vino ha dunque un grande spazio di crescita, e quello italiano ha degli assi in più da giocare, grazie alla varietà dei vitigni autoctoni e ai valori che il Made in Italy porta con sé.

“Il mercato cinese – spiega Simone Incontro, responsabile di Veronafiere per l’Asia – è in continua evoluzione con i gusti dei consumatori che pian piano si stanno affinando. Certamente la pandemia da Coronavirus ha avuto un impatto sul mercato e molti distributori hanno chiuso o hanno visto una drastica riduzione dei fatturati, tuttavia stiamo riscontrando un’evoluzione dei consumi con la richiesta di nuovi prodotti. È il caso appunto dei vini naturali che vedremo esposti nell’area Living Wine, i quali stanno comparendo sempre di più nei portafogli di importatori e distributori”.

La sezione Living Wine, area dedicata ai vini biologici e biodinamici, è la più grande mai vista prima sui vini naturali in una fiera internazionale con 100 etichette e 30 aziende. Iniziative online, poi, affiancano l’evento business fisico grazie a live streaming e flash sale con il gigante online PinDuoDuo, in collaborazione con Ice. Espositori e visitatori, inoltre, possono contare sulle funzionalità della mini-app Wechat di Wine to Asia.

Infine, ristoranti, wine bistro e locali della zona, in occasione della Greater Bay area wine week, offrono menu speciali in abbinamento al vino.

Categorie
Approfondimenti

Wine2Wine Exhibition 2020: edizione 100% digitale per la start up di Veronafiere

Wine2Wine Exhibition, la start up di Veronafiere dedicata al settore vitivinicolo in programma dal 21 al 24 novembre, si terrà in forma integralmente digitale sulla già attiva piattaforma dedicata “VeronaFiere Plus“. Un cambio necessario dopo il Dpcm emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri domenica 24 ottobre, che ha sancito la cessazione di ogni attività fieristica in presenza fino al 24 novembre.

“Abbiamo messo a punto la massima interazione possibile – afferma il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani – per un evento che, giocoforza, si è dovuto trasferire online. A ciò si aggiunge un palinsesto di contenuti e di presenze business di altissima qualità. Un evento di servizio pensato a supporto del settore, per questo ringraziamo i numerosi partner che con noi stanno scommettendo compatti per la ripartenza del vino italiano”.

“wine2wine – aggiunge – sarà anche in grado di colmare la distanza tra operatori da tutto il mondo, grazie a incontri b2b, webinar, workshop e all’ampliamento del palinsesto di wine tasting degustazioni in remoto da Europa, Cina, Stati Uniti, Giappone e Brasile”.

Gli eventi, nati per aggregare business, contenuti, incontri, formazione e idee si trasferiscono quindi online, senza però venire meno all’obiettivo di sostenere il rilancio del mercato vitivinicolo e del sistema-Italia.

Categorie
news news ed eventi

Vino: ‘semestre Covid-19’ il peggiore di sempre per l’export

Il ‘semestre Covid-19‘ (marzo-agosto) pesa anche sul commercio mondiale di vino, con una contrazione senza precedenti nella storia moderna del settore. Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor su base dogane nei Paesi extra-Ue gli scambi complessivi di vino nel semestre considerato hanno subito un calo a valore del 15,2%, con una perdita equivalente di circa 1,4 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

In tutto ciò il vino italiano, pur registrando il peggior risultato degli ultimi trent’anni, riesce a contenere le perdite e a chiudere il semestre di emergenza sanitaria a -8,6%, dopo un eccellente avvio di anno. Nel primo bimestre il trend segnava infatti +14,5%.

In un altro periodo – dichiara Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – l’export in calo di quasi il 9% significava crisi, oggi è una mezza vittoria se si guardano i competitor, ma il bicchiere rimane comunque mezzo vuoto e la congiuntura non aiuta”.

“Il nostro osservatorio – prosegue – evidenzia uno scenario sempre più asimmetrico all’interno del comparto, e a pagare sono soprattutto le piccole e medie imprese di qualità, asse portante del made in Italy. A wine2wine exhibition & forum (22-24 novembre) faremo il punto sul settore e sulle alternative commerciali direttamente con gli attori internazionali del mercato”.

IMPORT DA ITALIA E FRANCIA: PARIGI PIANGE (-27,7%) MA ROMA NON RIDE (-8,6%)
Il semestre ha inciso notevolmente in termini di quote di mercato nell’extra-Ue tra i due market leader, con la Francia che perde 5 punti e scende al 29,3% mentre l’Italia sale al 23,5%.

Il semestre marzo-agosto – dichiara Denis Pantini responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor – ci consegna una pesante diminuzione nelle importazioni di vino dei mercati terzi dove l’Italia sembra soffrire meno rispetto alla Francia alla luce di una distribuzione dei propri vini più equilibrata tra on e off trade”.

“I pessimi segnali che stanno giungendo sulla seconda ondata della diffusione del Covid-19 – prosegue – rischiano tuttavia di appesantire ulteriormente la perdita, considerando che solitamente l’ultimo trimestre arriva ad incidere per circa il 30% sull’export complessivo dell’anno”.

Stati Uniti e Svizzera, rispettivamente la prima e la terza destinazione per il prodotto tricolore, sono i Paesi che hanno contribuito a rendere meno amaro il calice italiano. Da una parte negli Usa (-8,1%) la performance è stata meno drammatica di quella francese (-40,1%) stroncata dai dazi aggiuntivi; dall’altra la Svizzera è addirittura andata in terreno positivo (+7,5%).

La differenza nel computo finale del semestre tra le 2 superpotenze produttive mondiali sta anche nella Cina, che segna un piano sempre più inclinato (-38%) per entrambe ma i cui pesi, e relative ripercussioni, sono ben differenti. Per l’Italia infatti il deficit si traduce in 26 milioni di euro; per la Francia in 122 milioni di euro.

In crisi anche il mercato del Regno Unito, su cui si addensano anche le nubi della Brexit: -9,5% per il Belpaese e -21,6% per i transalpini, con gli sparkling in netta controtendenza sugli ultimi anni, in particolare per Parigi (-41,9%, Roma a -17,4%). Ed è proprio questa tipologia a calare di più anche in termini assoluti, con un crollo del 38,5% delle bollicine francesi e del 12% per gli spumanti italiani.

IMPORT DA MONDO: I SEI MESI PIÙ DIFFICILI DELLA STORIA DEL VINO
È di 7,7 miliardi di euro il valore delle importazioni di vino nei Paesi terzi nel ‘semestre Covid-19’ a fronte di 9,1 miliardi di euro registrati nel pari periodo del 2019. A perdere, 8 tra i 10 top buyer considerati e tutti i primi 5 principali importatori extra-Ue: Usa (-20,7%), Uk (-6,8%), Cina (-35,5%), Canada (-7,9%) e Giappone (-17,5%).

A farne maggiormente le spese proprio la tipologia che è cresciuta di più negli ultimi anni: gli sparkling pagano infatti con un -28,8% e trend negativo in tutte le piazze della domanda, con quella statunitense che paga oltre 1/3 delle vendite in valore. Perdono la metà rispetto alle bollicine i fermi imbottigliati (-14,7%), a partire dalla Cina (-35,8%), con cali sopra la media anche da parte di Usa e Australia.

In generale, la vistosa contrazione del prezzo medio è da addurre a 2 fattori: le grandi difficoltà del canale horeca e di conseguenza dei vini a maggior valore e le condotte speculative lungo la filiera.

Categorie
news news ed eventi

Vinitaly roadshow: il primo evento internazionale in presenza per il settore

Cresce l’attività del sistema Paese in Cina che mette a servizio dell’export made in Italy la lunga esperienza di Veronafiere in Asia con Vinitaly, di Ice tramite “I Love ITAlian Wines” e dell’intera Rete della Farnesina per la terza edizione, al via oggi, del Vinitaly roadshow, il b2b organizzato dalla Spa veronese in collaborazione con il partner Pacco Communication Group.

Tre le città cinesi interessate: Shanghai (14 settembre), Xiamen (16 settembre) e Chengdu (18 settembre), per le cui tappe è stata intessuta una fitta rete di relazioni commerciali e partnership che includono Design Shanghai del gruppo Clarion Events, Xiamen Valued Show, Chengdu Bucciano, la Camera di commercio italiana in Cina, Grapea e gli esperti formati dalla Vinitaly International Academy, Florentia Village, Campari Group e De Longhi Caffè.

È un passo importante e un momento significativo per l’attività del Gruppo Veronafiere in un anno segnato a livello mondiale dalla pandemia – sottolinea Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – Ripartiamo dall’Asia, in Cina, con un evento di sistema che prevede la presenza fisica a supporto del vino, uno dei prodotti di punta del made in Italy che, come altri, sta risentendo degli effetti del lockdown internazionale. Il road show di Vinitaly servirà anche da leva per promuovere Wine To Asia, la rassegna internazionale per il vino che Veronafiere, tramite la società compartecipata Shenzhen Baina International Ltd., organizza dal 9 all’11 novembre a Shenzhen”.

Nell’ambito del road show, sarà promossa anche l’attività della Fondazione Arena di Verona. Nella città di Shanghai è stata inoltre organizzata dal 13 al 19 settembre la prima settimana del vino italiano – “Italian Wine Week” – in 20 wine bar e bistro e la più grande piattaforma di e-commerce dedicata ai vini naturali, Bruto, nella stessa settimana, aprirà una sezione speciale dedicata ai produttori italiani.

All’edizione 2020 prendono parte 65 aziende espositrici (10 in più della edizione precedente) e 700 etichette di vini italiani. Tra le numerose iniziative, sono previsti: incontri b2b per importatori e canale horeca, sia in forma fisica, sia digitale; iniziative rivolte a titolari di gallerie d’arte, wine bar, ristoranti fine dining, studi di architettura.

Inoltre walk-around tasting e masterclass dedicate al tema “donne cinesi e vino italiano“, curata dal Premio Internazionale Vinitaly 2019 Leon Liang e dalla prima Via Academy Expert, Lingzi He, e al tema del “vino italiano e ristorazione cinese”, tenuta dall’unico Master of Sommelier cinese, Yang Lv.

È prevista, infine, anche la presenza di buyer e formatori del vino con la partecipazione delle più importanti scuole di educazione al vino in Cina delle province del Sichuan, di Guizhou e dalla Municipalità di Chongqing.

Come lo scorso anno, a supporto di tutte le iniziative di promozione pre-evento e durante lo stesso, è stata realizzata una miniapp su WeChat che, insieme a collaborazioni mirare con i principali media e influencer tra cui Julie Tu, la più importante Kol degli spirits in Cina, contribuisce a creare un engagement mirato e profilato di partecipanti alle tre iniziative.

 

“Siamo particolarmente lieti di dare avvio al ciclo di eventi di promozione del vino italiano in Cina – dichiara Gianpaolo Bruno, direttore ufficio Ice Pechino e coordinatore uffici ICE in Cina e Mongolia – primo appuntamento successivo all’emergenza Covid-19, che si svolgeranno a Shanghai, Xiamen e Chengdu, grazie alla consolidata collaborazione tra Agenzia Ice e Veronafiere-Vinitaly, con il supporto dei Consolati di Shanghai, Chongqing e Canton”.

“Tale eventi – prosegue – prevedono la realizzazione di corsi di formazione e cicli di degustazione di prodotti enologici di qualificate cantine italiane, destinati a importatori, distributori e media specializzati di settore con l’obiettivo di favorire la conoscenza delle eccellenze vitivinicole del nostro paese e sostenere la proiezione dei marchi italiani sul mercato cinese nell’attuale fase di rapida accelerazione dei consumi interni”.

Una presenza, quella di Vinitaly in Cina con Ice, che ribadisce la forte attenzione della Spa veronese anche in una difficile congiuntura del mercato, determinata in particolare dall’emergenza sanitaria. Secondo le analisi dell’Osservatorio Unione Italiana Vini su base dogane, nei primi 6 mesi di quest’anno il Dragone ha infatti registrato un forte calo delle importazioni enologiche made in Italy sia nei fermi imbottigliati (-29,4%), che negli sparkling (-36,2%). Dati questi in linea con le importazioni complessive di vino in Cina: nel primo semestre i fermi sono a -32,4% (oltre 750 milioni di dollari) sul pari periodo 2019, mentre gli sparkling perdono il 30,8%.

Categorie
news news ed eventi

Vino italiano, Germania e Regno Unito riducono le importazioni causa lockdown

Lockdown amaro per gli scambi di vino nelle due principali piazze europee per l’Italia, Germania e Regno Unito. Lo rivela l’analisi dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, su base dogane. Le importazioni a valore dei due top buyer sono calate nel primo quadrimestre rispetto al pari periodo 2019 dell’8,9% in Germania e del 13,3% nel Regno Unito, con un aprile ancora più nero: -19,7 per i primi, -17,5% per i secondi.

Un dato, quello relativo al mercato tedesco, confermato anche dallo studio Nielsen commissionato dal German Wine Institute (Dwi) per monitorare i consumi di vino in Germania. Nel primo trimestre del 2020, i tedeschi si sono sempre più affidati ai vini prodotti in Germania, facendo salire del 4% il volumi e del 2% il fatturato, rispetto al primo trimestre del 2019.

I tedeschi si bevono la Germania: vendite di vino locale in crescita nel 2020

Profondo rosso ad aprile, invece, per la Francia, che cede a valore circa il doppio della media: -40,2% in Germania e -38,6% nel Regno Unito. Un decremento confermato anche nel quadrimestre, con Parigi a -19,8% nell’import teutonico e -24,9% nella domanda Uk. Va meglio invece alla Spagna e alla Nuova Zelanda, quest’ultima in crescita nel Regno Unito dove raggiunge il terzo posto tra i Paesi produttori a scapito dell’Australia e nel quadrimestre segna luce verde in entrambi i Paesi.

Tornando invece al Bel paese, come nel report relativo ai Paesi terzi, anche in Europa l’Italia sconta perdite consistenti ma limita i danni, a dimostrazione di un assortimento dell’offerta più variegato, in particolare sul canale della gdo. Nei 4 mesi il Belpaese cede infatti a valore l’1,3% in Germania e il 15,6% in Gran Bretagna, mentre in aprile il calo è rispettivamente del 12,8% e del 6,5%.

Secondo l’Osservatorio, a una situazione innegabilmente difficile data non solo dal trend delle registrazioni doganali ma anche dal prezzo medio in discesa e dalle più che probabili scorte maturate nei magazzini di distributori e importatori, fa da contraltare una maggior capacità di tenuta rispetto al principale competitor, la Francia.

Ne consegue una crescita delle quote di mercato in Germania (dal 36,8% al 39,9%) e una sostanziale tenuta delle stesse in Uk. L’allarme, al di là dei volumi commercializzati, arriva però dal prezzo medio: -18% in Gran Bretagna e -7% in Germania ad aprile rispetto al trimestre precedente.

“La pressione sui prezzi è preoccupante – evidenzia il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini – a testimonianza del fatto che i retailer stanno facendo pressione sui produttori anche alla luce dei primi segnali di recessione che si stanno delineando in questi Paesi e che giocoforza andranno ad incidere pure sugli acquisti di vino”.

“È determinante non interrompere il dialogo con i nostri interlocutori di mercato – sottolinea Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – e a questo serve wine2wine Exhibition&Forum, un evento dinamico e innovativo basato sull’interazione b2b digitale e fisica che comincia ora e termina in fiera a Verona il 22-24 novembre”.

Categorie
news news ed eventi

Vigneto Italia, aprile difficile per export vino extra Ue. Francia in caduta libera

Soffre ma resiste, per ora, il vigneto Italia all’attacco del Covid-19 sul fronte dei mercati extra Ue. Al contrario del suo principale competitor, la Francia, in caduta libera. Il quadro del mercato del vino nel primo quadrimestre 2020, rilevato oggi dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor (a fonte dogane), è sempre più spezzato in 2 parti: il primo bimestre da record, il secondo da dimenticare. Con un aprile in pieno lockdown globale e tra i peggiori di sempre.

Nel complesso, andando a misurare le performance a valore del periodo nei top 10 Paesi importatori (che valgono il 50% dell’export del Belpaese), l’Italia segna a sorpresa +5,1% sullo stesso periodo dell’anno precedente, grazie all’ottima prestazione negli Stati Uniti (+10,8%, nei primi 2 mesi il dato era a +40%) e in Canada (+7,1%). Profondo rosso invece sul vino francese (-10,1%), in ritirata nelle sue piazze chiave sia in Oriente che in Occidente.

Il crinale, già sconnesso a marzo, si fa però quasi proibitivo ad aprile, dove per i fermi imbottigliati italiani si registrano pesanti cali in tutti i mercati considerati a eccezione di Canada, Russia e Corea del Sud. Si va dal -5,2% (a valori) del Giappone al -12,5% degli Usa (+6,8% gli sparkling), dal -26% della Svizzera al -48% della Cina, per un deficit complessivo sull’anno precedente del 7,2%, contro però il -22,2% francese.

Nei prossimi mesi, secondo l’Osservatorio, la crisi peserà ancora su un bene voluttuario come il vino, alle prese con un minor potere di acquisto della domanda, oltre allo smaltimento dell’invenduto nella ristorazione e nei magazzini degli importatori. Senza considerare il trend della domanda Ue ad aprile, che si preannuncia con un segno negativo più marcato.

Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: “È un momento decisivo per il futuro del vino italiano; la crisi globale impone di fare ora scelte importanti che influiranno anche sul lungo periodo. Perciò Vinitaly ha moltiplicato i propri punti di osservazione e in questi mesi che precedono il Wine2Wine Exhibition&Forum di novembre condurrà sempre di più le aziende e le istituzioni in un percorso di lettura condivisa e multicanale delle dinamiche di mercato del nostro vino nel mondo”.

Ma la perdita italiana potrebbe continuare a rivelarsi più contenuta rispetto ad altri Paesi produttori: “I dati di aprile – rileva il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini – parlano di un mercato made in Italy che ovviamente cala ma sembra rispondere alla crisi in maniera più efficace dei propri competitor”.

Il mancato crollo nel mercato statunitense, complici i dazi aggiuntivi sulla Francia, la maggior presenza del prodotto tricolore nella Gdo d’oltreoceano, un miglior rapporto qualità-prezzo, assieme all’ottimo risultato in Canada, rendono meno amaro il calice italiano in tempo di Covid-19, evidenzia Pantini.

Secondo l’analisi, il potenziale rimbalzo potrebbe arrivare nel medio periodo dagli Stati Uniti – già in fase di ripresa dell’occupazione – e forse anche dalla Cina, che pur uscendo per prima dalla pandemia nell’ultimo mese ha dimezzato le proprie importazioni probabilmente a causa di una forte flessione economica accentuata dal conflitto commerciale con gli Stati Uniti.

Nel frattempo, in piena crisi da Covid-19 l’Italia guadagna nelle quote di mercato in quasi tutti i Paesi importatori, con incrementi consistenti in Svizzera (dal 33,1% al 37,7%) e negli Usa (dal 31,4% al 34,2%). Da marzo ai primi di maggio, negli States, si sono impennate del 31% le vendite nell’off trade, in particolare nelle fasce medie di prezzo (11-20 dollari), segmento in cui l’Italia è molto presente e competitiva.

APRILE 2020 vs APRILE 2019 VALORI APRILE 2020 (Euro) TREND
IMPORT TOTALE VINO Italia Francia Italia Francia
Stati Uniti 135.726.139 114.342.387 -7,5% -38,4%
Canada 34.226.637 36.704.566 20,1% -6,1%
Svizzera 23.537.361 20.553.740 -23,1% -47,8%
Russia* *18.299.627     12.872.716 5,0% 15,0%
Giappone 14.589.206 84.130.702 -5,0% 18,2%
Norvegia 11.168.558 10.899.345 1,0% -17,4%
Cina 5.672.727 28.890.501 -51,7% -32,5%
Corea del Sud 3.421.688 5.095.982 3,8% -19,5%
Australia 3.245.210 14.914.842 -28,7% 22,6%
Brasile 2.076.331 1.517.274 -5,5% -50,7%
TOTALE TOP 10 MKT TERZI 233.663.857 329.922.055 -7,2% -22,2%
 * stime
Fonte: Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor su dati doganali

PROGRAMMA VERONAFIERE WINE&FOOD II SEMESTRE 2020

EVENTO CITTA’ DATA
Bellavita Expo Bangkok 9-12 settembre
Vinitaly China Road Show Shanghai, Xiamen, Chengdu 14-18 settembre
Wine South America Bento Gonçalves 23-25 settembre
Vinitaly International Russia Mosca 26 e 28 ottobre
Vinitaly International Hong Kong Hong Kong 5-7 novembre
Wine to Asia Shenzhen 9-11 novembre
Wine2Wine Forum&Exhibition Verona 22-24 novembre
B/Open Verona 23-24 novembre

(calendario suscettibile di variazioni)

Categorie
news news ed eventi

Vinitaly-Nomisma Wine Monitor: dazi e inizio covid-19 decisivi su export extra-ue nel trimestre

 

Marzo spartiacque per il commercio mondiale del vino, con l’Italia protagonista in positivo nei primi 2 mesi del 2020 ma in ritirata a marzo, dopo la fine delle scorte anti-dazi statunitensi e in corrispondenza con l’inizio del lockdown da Coronavirus. È quanto rileva l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor nel focus rilasciato oggi sulle vendite di vino nei Paesi extra-Ue nel primo trimestre 2020.

Nel complesso, le elaborazioni svolte su base doganale segnano un andamento globale a due facce tra i top buyer mondiali. Con gli Stati Uniti che, in previsione dell’aumento dei dazi aggiuntivi, fanno precauzionalmente incetta di prodotto e chiudono il trimestre con le importazioni dal resto del mondo a +10,9% a valore, mentre la Cina – in piena emergenza Covid-19 – segna un decremento delle importazioni che sfiora il 20% rispetto al pari periodo 2019.

Segue, stabile, la domanda mondiale di vino da Canada e Giappone e, in rosso, dalla Svizzera (-10,8%). In tutto ciò l’Italia perde di meno in Cina (-13,3%) e guadagna di più negli Usa (+16,8%), con le vendite in Canada e Giappone ancora in terreno positivo dopo gli exploit del 2019, e con la domanda svizzera stabile.

“Due fattori esogeni come i dazi e la pandemia hanno prima favorito e poi penalizzato la crescita delle nostre esportazioni di vino – ha detto il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani – Basti pensare come negli Stati Uniti si sia passati da un incremento record a valore del 40% del primo bimestre a una contrazione del 17,4% a marzo”.

“Nei prossimi mesi – ha proseguito Mantovani – l’impatto della pandemia sui mercati internazionali sarà ancora più evidente, ma auspichiamo che questo autunno l’Italia possa essere la prima a ripartire proprio in Cina, laddove è iniziato con effetto domino il lockdown sull’on-trade del vino. In programma, la prima edizione del Wine to Asia di Shenzhen (9-11 novembre), oltre agli eventi di Vinitaly Hong Kong (5-7 novembre), e Chengd”.

Per il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini “Le vendite di vini fermi italiani nell’off-trade (gdo e liquor store) statunitense hanno raggiunto i 94 milioni di litri, che rappresentano solo il 40% delle importazioni totali della tipologia. Ora il quesito si pone su che fine farà l’altro 60% di vino fermo italiano e soprattutto se l’on-trade sarà in grado di ripartire con i ritmi precedenti. Da qui la necessità, specie per la fascia premium che è maggiormente penalizzata, di lavorare su un mix di canali che vedano protagonisti anche quelli dell’e-commerce, in forte crescita non solo negli Usa”.

E sono proprio i vini di qualità superiore che sembrano accusare maggiormente la variazione negativa di marzo: in Svizzera il lockdown della ristorazione ha infatti portato a una contrazione del prezzo medio all’import del 14,6% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, negli Stati Uniti un calo del 10,5%, nella Cina del 9,5%, in Norvegia dell’11,5%. Una tendenza al ribasso, come riscontrato anche nella gdo italiana con la recente analisi voluta da Vinitaly, che vede in crescita i vini di fascia medio-bassa allo scaffale ma un progressivo ridimensionamento del valore medio alla bottiglia.

Quanto ai competitor, se l’off-trade è un terreno di agguerrita concorrenza con i vini australiani, cileni e statunitensi, la market leader Francia sembra accusare la congiuntura con maggiori difficoltà rispetto all’Italia, complice l’acuirsi delle difficoltà in Cina (-37,2% nel trimestre), la forte perdita in Svizzera (-24,6%) e la virata in negativo del Giappone. Bene invece, grazie agli sparkling, negli Usa, dove il timore dei dazi al 100% ha fatto lievitare le importazioni di Champagne a +93%.

Categorie
Gli Editoriali news news ed eventi

Il bipolarismo dei “bookmakers” del vino ai tempi del Covid-19

EDITORIALE – Neppure 24 ore. Non è passata neppure una giornata intera dalle parole apocalittiche del direttore generale dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (Oiv) che qualcuno, in Italia, lo ha smentito. In videoconferenza con la stampa internazionale, Pau Roca (nella foto) ha definito le conseguenze di Covid-19irreversibili per il comparto del vino mondiale“.

“Qualcosa di paragonabile – sempre a detta di Roca – alle conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, per l’economia europea”. Dichiarazioni, tra parentesi, che mi hanno convinto ancor più che un “Patto sul vino di qualità” tra Gdo e Horeca, in altri tempi giudicabile come una boutade, sembri oggi un po’ meno utopistico.

Fatto sta che, meno di 24 ore ore dopo, è arrivato l’invito alla presentazione (in videoconferenza su Zoom, ieri alle ore 17) di una survey dal titolo emblematico: “Gli effetti del lockdown sui consumi di vino in Italia“.

A moderarla, il Ceo di Bertani Domains, Ettore Nicoletto. Relatori: il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani e il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini. Il bello è che “i consumatori italiani, ovvero l’85% della popolazione, si dichiara fedele alle proprie abitudini già a partire dalla fase 2, compatibilmente con la disponibilità finanziaria”.

L’indagine, commissionata da Vinitaly a Nomisma Wine Monitor, ha confermato quanto il lockdown abbia  “frenato i consumi degli italiani”, ma in maniera tutt’altro che “irreversibile”, almeno secondo la survey: “Nel post Covid tutto tornerà come prima, portafoglio permettendo”.

La ricerca, realizzata dal 17 al 22 aprile, ha coinvolto circa 1000 consumatori di vino italiani. Tre su 10 intervistati hanno ridotto il consumo di vino in quarantena. Il 14-15% dichiara di consumare più vino in questi giorni, come evidenziato dal questionario di WineMag.it e Vinialsuper.it, che ha coinvolto circa 300 lettori in 3 giorni.

Chi consuma meno? “Le persone abituate a consumare vino al ristorante – ha risposto Denis Pantini – ma la categoria che conferma di continuare a rinunciare al vino tra le mura domestiche è quella dei Millennials“.

“Dai dati – ha sottolineato Giovanni Mantovani – emerge una gran voglia di ritorno alla normalità. Abbiamo discusso lungamente se finiranno le fiere del vino così come concepite sin ora, in favore del digital. Le prime esperienze arrivate dal post lockdown cinese dicono che tutte le fiere si sono svolte tradizionalmente, a dimostrazione che le persone hanno voglia di vedersi e confrontarsi direttamente. La voglia di tornare alla normalità è forte”.

“Nelle risposte alla survey di Vinitaly e Nomisma Wine Monitor – ha evidenziato Ettore Nicoletto – è evidente il condizionamento del fattore emotivo. Del resto continua ad essere forte l’appeal della marca, del brand, che ha confermato il ruolo determinante nelle scelte d’acquisto, anche durante il lockdown”.

“Gli italiani – ha aggiunto Denis Pantini – si mostrano più prudenti rispetto ad altri intervistati. Una nostra survey negli Usa evidenzia come gli americani rientreranno nei ristoranti a prescindere dalle misure precauzionali che saranno prese, mentre in Italia la prudenza la farà da padrona”. La stessa che servirebbe per tornare a pensare positivamente al futuro, reversibile per definizione. A meno che non si creda nel fato.

Categorie
Approfondimenti

Indagine Vinitaly-Nomisma: lockdown frena i consumi, ma nel post covid tornerà come prima

“Nulla sarà come prima”, il refrain post-emergenza, non vale per il popolo del vino: i consumatori italiani (l’85% della popolazione) si dichiarano infatti in buona sostanza fedeli alle proprie abitudini già a partire dalla fase 2, compatibilmente con la loro disponibilità finanziaria.

Lo afferma l’indagine – la prima a focus emergenza a cui ne seguiranno altre nei prossimi mesi – a cura dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor Gli effetti del lockdown sui consumi di vino in Italia“, realizzata su 1.000 consumatori di vino della popolazione italiana.

La presentazione della survey, moderata dal Ceo di Bertani Domains, Ettore Nicoletto, è in programma questa sera alle 17 nel corso della diretta streaming di “Italian wine in evolution” a cui parteciperanno il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani e il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini.

Per il dg di Veronafiere,Giovanni Mantovani: “Se poco sembra modificarsi nelle abitudini al consumo – e questa è una buona notizia – le imprese del vino sono invece chiamate a profondi cambiamenti, alle prese con la necessità di reagire alle tensioni finanziarie e allo stesso tempo di difendersi dalle speculazioni”.

“Il mercato e i suoi nuovi canali di riferimento saranno le principali cure per un settore che oggi necessita di un outlook straordinario sulla congiuntura e di un partner in grado di fornire nuovi orizzonti e soluzioni. Come Veronafiere – ha concluso Mantovani – da qui ai prossimi mesi vogliamo prenderci ancora di più questa responsabilità a supporto del settore”.

Nel frattempo, non è come prima la dinamica dei consumi in regime di lockdown: il bicchiere è più mezzo vuoto che mezzo pieno, e la crescita degli acquisti in Gdo non compensa comunque l’azzeramento dei consumi fuori casa. E se il 55% dei consumatori non ha modificato le proprie abitudini, tre su dieci affermano invece di aver bevuto meno vino (ma anche meno birra) in quarantena, a fronte di un 14% che indica un consumo superiore.

Il “dopo” sarà come “prima” per l’80% dei consumatori. O più di prima, con i millennials che prevedono un significativo aumento del consumo in particolare di vini mixati (il 25% prevede di aumentarne la domanda), a riprova della voglia di tornare a una nuova normalità con i consueti elementi aggreganti, a partire dal prodotto e dai suoi luoghi di consumo fuori casa (ristoranti, locali, wine bar), che valgono una fetta di 1/3 del campione in termini di volume (il 42% tra i millennials).

Il vino – evidenzia l’indagine – non può dunque prescindere dal suo aspetto socializzante, se è vero che la diminuzione riscontrata è da addurre in larga parte (58%) al regime di isolamento imposto dall’emergenza Covid-19 che ha cancellato le uscite nei ristoranti, le bevute in compagnia e gli aperitivi. Per contro, chi dichiara un aumento ha scelto il prodotto enologico quale elemento di relax (23%, in particolare donne del Sud), da abbinare alla buona cucina di casa (42%), specie tra gli smart worker del Nord.

In generale la quarantena sembra aver appiattito anche gli stimoli alla conoscenza, con la sperimentazione delle novità di prodotto in calo sul pre-lockdown (dal 73% al 59%), la preferenza verso i piccoli produttori (dal 65% al 58%), i vini sostenibili (dal 65% al 61%) e gli autoctoni (dall’81% al 76%). Tendenze queste che a detta degli intervistati torneranno identiche a prima nel post quarantena. Ciò che è cambiato, ma è da verificare se lo sarà anche in futuro, è la preferenza del canale di acquisto online, balzata dal 20% al 25%.

Per il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini: “Per quanto il lockdown abbia cambiato modalità di acquisto e consumo di vino da parte degli italiani, il desiderio di ritornare ‘ai bei tempi che furono’ sembra prevalere sull’attuale momento di crisi e su comportamenti futuri che giocoforza saranno improntati ad una maggior precauzione e distanza sociale. Si tratta di un asset molto importante in termini di fiducia sulla ripresa e che va preservato soprattutto alla luce della imminente fase 2, anche perché il crollo stimato sul Pil italiano per i mesi a venire rischia di avere impatti sui consumi in considerazione di una domanda rispetto al reddito che nel caso del vino risulta elastica, e come tale, a rischio riduzione in virtù della recessione economica”.

[metaslider id=”47890″]

Categorie
news news ed eventi

Vinitaly 2020, il fronte del no è vasto (e agguerrito): “Pronto un gruppo Facebook”

“Uno schiaffo morale a tutto il comparto vinicolo italiano”. Il fronte del no a Vinitaly 2020 commenta così la lettera inviata l’11 marzo dal direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, nella quale si fissa ai primi giorni di aprile la deadline utile all’effettiva conferma delle nuove date (14-17 giugno 2020).

Tra i promotori del fronte del no a Vinitaly 2020 c’è il produttore piemontese Luca Ferraris, che annuncia la creazione di un gruppo Facebook ad hoc, utile a far pressione sugli organizzatori. “Penso obiettivamente che questo sia anche il pensiero di molti colleghi”, si legge ancora nella mail di risposta alla missiva di Mantovani.

La mia figura di imprenditore, in questo periodo, mi porta a valutare tutte le misure di risparmio per poter mantenere in piedi la struttura, ed insieme ad essa, tutte le famiglie che ne dipendono”.

“In tutta onestà – aggiunge Luca Ferraris – mi auguro che valutiate al più presto lo spostamento di Vinitaly al 2021, anche e soprattutto in segno di rispetto a tutti quegli uomini che da 54 anni vi sostengono sempre. Certo di una sua riflessione in merito, le porgo i miei più distinti saluti”.

Dal Veneto la risposta a Veronafiere di un altro produttore, Umberto Cosmo Casagrande, espositore a Vinitaly dal 1988. “Gentilissimo Dott. Danese, gent.mo Dott. Mantovani, vi scriviamo per manifestarvi la nostra preoccupazione riguardo un possibile insuccesso di pubblico professionale per il prossimo Vinitaly, nel momento in cui la manifestazione si realizzasse davvero durante il prossimo mese di giugno”.

In questi ultimi due mesi abbiamo avuto molte e crescenti indicazioni da parte dei nostri maggiori distributori, abituali frequentatori di Vinitaly, riguardo alla loro intenzione di partecipare alla manifestazione: nessuno, a parte un piccolo importatore russo, ci ha manifestato intenzione di venire a Verona a giugno”.

“Oltretutto, vorremmo anche farvi presente che le decisioni in merito al mercato 2020 sono già state prese dai nostri importatori – continua l’imprenditore veneto – e la fiera in giugno sarebbe quindi inutile per molti di loro. Vogliamo forse una fiera frequentata da ‘appassionati’?”.

Per quanto ci faccia piacere dialogare con chiunque e avere feedback sui nostri prodotti anche da persone non direttamente coinvolte nel circuito commerciale o da semplici consumatori, vi facciamo notare che l’investimento importante che facciamo in quella che forse è la maggiore tra le fiere del vino al mondo non sarebbe assolutamente giustificabile”.

“Neppure, crediamo, lo sarebbe per Veronafiere – continua Casagranda – i cui sforzi per rendere Vinitaly una vera fiera professionale ci sono ben noti e abbiamo apprezzato sempre di più negli anni: si rischierebbe di tornare indietro, ai tempi in cui molti la consideravano una sorta di Festa del Vino, piena dei noti problemi che fortunatamente ci siamo lasciati alle spalle”.

“Siamo certi che vorrete invitarci a ‘scommettere’ su un risultato positivo, ma ci preme sottolineare che le ‘scommesse’ non sono parte del Dna di un imprenditore. Un’impresa investe, a volte rischia a ragion veduta, ma non scommette mai”, conclude Casagrande.

Categorie
news news ed eventi

Coldiretti: “Vinitaly 2020 strategico, può segnare la riscossa del vino italiano”

Al centro di accese polemiche tra i produttori, Veronafiere trova un alleato in Coldiretti per la conferma di Vinitaly 2020. Per la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza degli agricoltori italiani, l’evento di Verona “può segnare il momento della riscossa del Made in Italy nel mondo, una volta superata l’emergenza Coronavirus, dopo il record storico fatto segnare dalle esportazioni di vino che hanno raggiunto i 6,43 miliardi nel 2019″.

Coldiretti esprime “apprezzamento per la volontà di Veronafiere di mantenere l’appuntamento del Vinitaly al 14-17 giugno”. “Un segnale di ottimismo per il settore – continua l’associazione – che è un importante elemento di traino per l’intero Made in Italy”. Proprio nei giorni scorsi la lettera con la quale il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, chiede fiducia al settore.

Quella di Vinitaly – ricorda Mantovani – non è una leadership di cassa, ma di mercato, di progetti, di comunanza d’intenti, con un’imprenditoria vivace ed intraprendente, portabandiera del Made in Italy, con la quale abbiamo il privilegio di dialogare da 54 anni. Non vogliamo che questo filo si interrompa, e con noi non lo vuole il sistema promozionale italiano”.

“Il vino nel 2019 si classifica come il prodotto agroalimentare più esportato nel mondo – chiosa Coldiretti – con un aumento del 3,1%. Bisogna ricostruire un clima di fiducia nei confronti del marchio Made in Italy, che rappresenta nell’alimentare una eccellenza riconosciuta sul piano qualitativo a livello comunitario ed internazionale”.

Proprio in questo quadro, sempre secondo Coldiretti, sarebbe importante confermare Vinitaly 2020, “appuntamento fieristico dell’agroalimentare italiano più atteso e partecipato da istituzioni, stakeholder e operatori di mercato”.

Categorie
news news ed eventi

Vinitaly, lettera di Mantovani (Veronafiere) agli espositori: “Attendiamo insieme”

Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, ha indirizzato quest’oggi, 11 marzo 2020, una lunga lettera a tutti gli espositori di Vinitaly 2020, utilizzando la newsletter dell’ente fieristico veronese. La preghiera, in estrema sintesi, è quella di “attendere gli sviluppi” dell’emergenza Coronavirus (Covid-19) sino al 3 aprile.

“Prima di Pasqua – scrive Mantovani – verificheremo le condizioni generali di svolgimento della manifestazione, con l’obiettivo concreto e prioritario di salvaguardare e mettere a frutto gli investimenti di tutte le Aziende espositrici. Ti ringrazio sin d’ora della disponibilità, dell’attenzione e della fiducia”.

Veronafiere attende dunque la fine del mese di marzo per prendere una decisione ufficiale su Vinitaly 2020, rimandato al 14-17 giugno. Di seguito riportiamo l’intera lettera di Giovanni Mantovani, inviata proprio nel giorno in cui l’ente fieristico di Verona ha dovuto incassare la richiesta di Fivi di rimandare Vinitaly al 2021.

Caro Espositore di Vinitaly, stiamo vivendo, non solo in Italia, ma a livello globale, una situazione di pericolo e di incertezza che nessuno di noi avrebbe mai immaginato di dover vivere. Il nostro mondo fatto di incontri, di viaggi, di relazioni è oggi “congelato”: la parola d’ordine è “stop alla mobilità fisica” e improvvisamente ci rendiamo conto di quanto sia difficile e faticoso (e innaturale..) vivere fermi.

I calendari delle fiere, in tutto il mondo, stanno subendo drastici stravolgimenti, con cancellazioni e spostamenti di data: anche Vinitaly ha seguito lo stesso inevitabile percorso, riposizionandosi nel mese di giugno.

I cambiamenti repentini di scenario, il bombardamento di informazioni, anche contrastanti, che riceviamo quotidianamente, la nostra natura di imprenditori che ci spinge comunque a pianificare e programmare, corrono davvero il rischio di farci perdere la bussola: non si può vivere alla giornata, ma non si possono neanche cambiare i piani ad ogni flash di agenzia.

C’è un termine che aiuta tutti, ed è quello del 3 aprile indicato dall’ultimo Decreto del Governo: in questo lasso di tempo è chiesto a tutti noi di adoperarci per il contenimento della diffusione del virus.

Per questo insieme di motivi, di concerto con i principali attori del nostro settore e con le Istituzioni preposte, stiamo tenendo ferma la data del 14-17 giugno per Vinitaly e procediamo con le attività organizzative, anche di tipo straordinario, che stiamo mettendo in piedi per garantire la massima efficacia possibile alla manifestazione.

Vorremmo rendere ancora più chiaro un concetto: Vinitaly è la nostra manifestazione più significativa e più importante; lo è non tanto in termini economici, ma in quanto promuove, rappresenta ed in alcuni ambiti guida da decenni il settore enologico italiano nel mondo.

Non è una leadership di cassa: è una leadership di mercato, di progetti, di comunanza d’intenti con un’imprenditoria vivace ed intraprendente, portabandiera del Made in Italy, con la quale abbiamo il privilegio di dialogare da 54 anni. Non vogliamo che questo filo si interrompa, e con noi non lo vuole il sistema promozionale italiano.

Veronafiere Spa ha varato un piano industriale ambizioso, ha ottenuto un aumento di capitale importante, sta investendo in infrastrutture fisiche e digitali, in progetti di internazionalizzazione anche societari: abbiamo le spalle solide per sostenere investimenti davvero importanti anche per il Vinitaly.

Noi stiamo lavorando al massimo delle nostre capacità per garantirti un’edizione in linea con gli standard già conquistati, in grado di soddisfare le tue aspettative, con molte aree di innovazione e con un forte impegno sul fronte del business.

Un’attività, questa, svolta in piena condivisione e collaborazione con il sistema promozionale nazionale. Stiamo lavorando ad un Vinitaly “straordinario” in un tempo “straordinario”.

Se le cose andranno come tutti speriamo, il mese di giugno, con la concomitanza di altri importanti eventi italiani di caratura internazionale, sarà il momento in cui i riflettori si riaccenderanno sul nostro Paese, e noi ci saremo, insieme a te.

Attendiamo dunque gli sviluppi sino al 3 aprile e, prima di Pasqua, verificheremo con te e tutti gli espositori le condizioni generali di svolgimento della manifestazione con l’obiettivo concreto e prioritario di salvaguardare e mettere a frutto gli investimenti di tutte le Aziende espositrici. Ti ringrazio sin d’ora della disponibilità, dell’attenzione e della fiducia”.

Categorie
news news ed eventi

Ufficiale: Vinitaly 2020 rinviato al 14-17 giugno per Coronavirus

Vinitaly 2020 è stato rinviato al 14-17 giugno 2020. Confermati telefonicamente da Veronafiere Spa a WineMag.it i rumors delle ultime ore, che davano traballanti le date originarie della 54° edizione della più importante fiera del vino italiano, dal 19 al 22 aprile a Verona. Le rassicurazioni dei giorni scorsi da parte del Cda di Veronafiere e del governatore del Veneto Luca Zaia non sono servite a placare le perplessità dei buyer italiani e internazionali.

Numeri impressionanti quelli in gioco: oltre 4.600 aziende espositrici, più di 40 Paesi produttori400 eventi in quattro giorni: degustazioni tecniche, verticali, walk around tasting e focus sui principali mercati. Tutto rimandato, come ProWein 2020 (date non ancora ufficiali, maggio il mese più probabile).

Pressioni per un rinvio di Vinitaly 2020 sarebbero giunte soprattutto dagli Usa, in seguito alla decisione delle compagnie aeree di tagliare i voli con l’Italia. Pesanti anche le dichiarazioni del vice presidente americano Mike Pence, che ha annunciato controlli a tappetto su tutti gli italiani che riusciranno a sbarcare negli Stati Uniti. Timori, quelli d’Oltreoceano, che sarebbero giustificati da 103 contagi e 6 morti.

Per capire che quella di Veronafiere non è stata una decisione semplice, basta osservare la cronologia delle conferme e dei rinvii degli altri eventi in programma a Verona. Tra il 25 e il 27 febbraio 2020, Veronafiere ha indicato “sicurezza e salute” come “priorità assolute” per rimandare Model Expo Italy, Elettroexpo e Innovabiomed.

Il giorno successivo, il 26 febbraio, nel confermare per il 19/22 aprile Vinitaly 2020 – attraverso un ampio comunicato stampa che ospitava anche le dichiarazioni di Zaia – il Cda annunciava il cambio di date per Samoter, LetExpo, Asphaltica e B/Open.

Oggi, 3 marzo, l’ufficialità del rinvio di Vinitaly, mentre in Veneto cerca di tornare alla normalità anche Vo’, il Comune alle porte di Padova divenuto celebre per il più ampio focolaio di Coronavirus in Italia. Da ieri, come riportato da WineMag.it, ha infatti riaperto il Consorzio Tutela Vini Colli Euganei, su avallo del prefetto.

IL COMUNICATO UFFICIALE

“In considerazione della rapida evoluzione della situazione internazionale che genera evidenti difficoltà a tutte le attività fieristiche a livello continentale, Veronafiere ha deciso di riposizionare le date di Vinitaly, Enolitech e Sol&Agrifood dal 14 al 17 giugno 2020, ovvero nel periodo migliore per assicurare a espositori e visitatori il più elevato standard qualitativo del business”.

Così Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere in chiusura del Consiglio di amministrazione della Spa, riunitosi oggi. “Vinitaly, insieme ad OperaWine – ha proseguito il direttore generale –, si svolgerà quindi in un contesto temporale in cui grandi eccellenze del made in Italy, quali Cosmoprof e Salone del mobile, per esempio, avranno il compito di rilanciare con forza l’attenzione dei mercati internazionali e l’immagine dell’Italia. In questo frangente ringraziamo le aziende per la fiducia che ci stanno dimostrando”.

La decisione è stata frutto di un’attenta analisi dei dati disponibili oltre che dell’ascolto delle posizioni degli stakeholder del mercato, incluse le principali associazioni di settore: Unione Italiana Vini, Assoenologi, Federvini, Federdoc, Federazione vignaioli indipendenti e Alleanza delle Cooperative settore vitivinicolo.

“Lo spostamento a giugno di Vinitaly e di altre importanti manifestazioni internazionali nelle città di Milano e Bologna – spiega Maurizio Danese, presidente di Veronafiere – è un segnale che il made in Italy scommette su una pronta ripresa economica nei settori chiave del sistema-Paese. Auspichiamo quindi che il nuovo calendario fieristico nazionale possa generare una rinnovata fiducia ed essere strumento con cui capitalizzare la ripartenza del nostro Paese”.

Veronafiere attiverà una task force per assistere i propri clienti in ogni ambito necessario alla riorganizzazione delle manifestazioni posticipate e in stretta collaborazione con le associazioni di riferimento predisporrà tutte le azioni di incoming necessarie a garantire la presenza di buyer e operatori professionali qualificati. Sulle nuove date, inoltre, Confcommercio Verona e Cooperativa Albergatori veronesi hanno espresso massima disponibilità per favorire lo spostamento delle prenotazioni.

Nel 2021 Vinitaly sarà in calendario nelle sue date consuete (18-21 aprile); date che sono frutto dell’accordo con l’Union dei Grandi Cru di Bordeaux (UCGB) col quale dal 2013 c’è un accordo nato per incontrare le esigenze dei protagonisti del mondo del vino, buyer e stampa internazionale in particolare.

LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE
Ernesto Abbona, presidente Unione italiana Vini (Uiv): “Condividiamo in pieno le scelte di Veronafiere, sia per quanto riguarda la decisione presa, sia per la relativa collocazione temporale insieme ad altri grandi eventi come Cosmoprof di Bologna e il Salone del Mobile di Milano, che daranno un segnale importante per la ripresa del Paese”.

Sandro Boscaini, presidente presidente Federvini: “Occorre dare un messaggio forte al Paese. Se agiamo uniti nel contesto dello spostamento di data, non solo di Vinitaly, ma di altri grandi eventi internazionali che si svolgeranno in Italia a giugno, potremo contribuire in modo corale al rilancio dell’immagine positiva che merita il made in Italy”.

Riccardo Cotarella, presidente di Assoneologi: “La decisione assunta da Veronafiere su Vinitaly e supportata dalle associazioni della filiera, deriva da considerazioni intelligenti e imprenditoriali. Non si può immaginare un Vinitaly fiore all’occhiello del settore vitivinicolo italiano, nonché evento che tutto il mondo ci invidia, ridimensionato più o meno fortemente nelle presenze di operatori che al momento danno previsioni non soddisfacenti. Questo significa tutelare l’operatività dei nostri produttori e allo stesso tempo proteggere l’immagine del vino italiano e di Vinitaly nel mondo”.

Matilde Poggi, presidente Federazione italiana vignaioli indipendenti: “Siamo d’accordo con Veronafiere sulla necessità di modificare le date in calendario di Vinitaly. Giugno è l’ultima data utile per un evento sul vino. Come Fivi siamo comunque pronti ad un grande impegno per partecipare, dal momento che questo mese è dedicato tradizionalmente alle lavorazioni in vigna”.

Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdoc: “La nostra posizione è di non dare messaggi negativi al mercato, specie in un momento cruciale per il sistema Paese e per il settore. La situazione negli ultimi giorni è stata diversa da quella sperata e per questo ci sentiamo di condividere la scelta di Veronafiere e di stare sulla stessa linea di Vinitaly, pur consapevoli che ci sarà molto da fare”.

Luca Rigotti, coordinatore settore vino di Alleanza Cooperative: “Condividiamo la scelta di Veronafiere per lo spostamento delle date di Vinitaly. Ora lavoriamo assieme alla fiera affinché il mondo del vino possa dare un messaggio positivo all’economia nazionale”.

Categorie
news news ed eventi

Coronavirus: Vinitaly 2020 si farà. Veronafiere conferma le date, come ProWein

Vinitaly 2020 si farà, nonostante l’allarme Coronavirus. Come confermato 6 giorni fa in esclusiva a WineMag.it da Messe Dusseldorf per Prowein 2020, Veronafiere ha confermato oggi le date della 54ª edizione di Vinitaly. La più importante fiera del vino italiano andrà in scena a Verona dal 19 al 22 aprile 2020.

La decisione, frutto anche di un’attenta analisi dei dati disponibili oltre che dell’ascolto delle posizioni degli stakeholder e del mercato – incluse le principali associazioni di settore –, è stata adottata oggi pomeriggio dal consiglio di amministrazione di Veronafiere.

Si tratta di una decisione concertata, inoltre, con il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia e con il sindaco di Verona, Federico Sboarina.

“Il mondo del vino italiano – sottolinea il direttore generale Giovanni Mantovani – già in passato ha dato un segnale positivo di svolta. Veronafiere è convinta che, anche in questa occasione, il settore potrà contribuire alla ripresa della nostra economia e a rilanciare un clima di fiducia nel Paese.

Veronafiere, nel mantenere alta l’attenzione, ha programmato in tempi brevi un incontro con i rappresentanti della filiera per attivare tutte le risorse e le azioni di incoming e promozione sui mercati internazionali.

“Siamo consapevoli – aggiunge Mantovani – delle difficoltà del momento e dell’immagine distorta dell’Italia percepita all’estero, ma siamo persuasi che l’emergenza rientrerà consentendoci di organizzare regolarmente la manifestazione, che rappresenta il traino per il vino italiano nel mondo”.

Categorie
news news ed eventi

Vino (Vinitaly – Nomisma): mercato USA nel caos per i dazi

VERONA – I dazi aggiuntivi statunitensi mettono nel caos l’export del vino. E a farne le spese, a dicembre, non sono solo i Paesi penalizzati in dogana ma anche l’Italia. È quanto rilevato dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che ha elaborato i nuovi dati delle dogane Usa sui 12 mesi del 2019.

Secondo l’Osservatorio, la guerra commerciale Usa-Ue ha creato negli ultimi mesi una serie di dinamiche negative, e a farne le spese è stata anche l’Italia che a dicembre ha perso il 7% a valore rispetto al pari periodo dello scorso anno, con un -12% per i suoi vini fermi.

In questo circuito vizioso i produttori Ue segnano il passo, con la Francia che negli ultimi 2 mesi vede i propri fermi cadere a -36% e la Spagna a -9%. Per contro, volano le forniture da parte del Nuovo Mondo produttivo, con la Nuova Zelanda che sale a +40% a valore e il Cile, a +53%.

“Assistiamo a un mercato confuso – ha detto il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani – contrassegnato prima da una corsa alle scorte e poi da grandi incertezze. Un clima che certo non giova agli scambi, fin qui molto positivi, e che speriamo possa cambiare il prima possibile”.

“Per questo confidiamo nell’odierna missione negli Usa del commissario al Commercio, Phil Hogan – prosegue Mantovani – e nell’ottimismo rappresentato in questi giorni dal commissario all’Economia, Paolo Gentiloni. La speranza è poter arrivare al prossimo Vinitaly in un rinnovato regime di pace commerciale con il nostro storico partner”.

Secondo il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini “Ciò che emerge è uno scenario di forte incertezza sui principali mercati mondiali della domanda di vino, e questo è un fattore chiave da affrontare nell’anno in corso”.

“Gli Stati Uniti – conclude Pantini – ci consegnano un mercato che nel 2019 è aumentato nell’import globale, probabilmente anche più di quanto sia la reale crescita dei consumi, per effetto di aumento scorte a scopo precauzionale. Anche l’Italia chiude in crescita, sebbene continui a mantenere un prezzo medio nei fermi più basso della media, e con un traino forte degli spumanti”.

È di 5,55 miliardi di euro il valore complessivo del vino importato dagli Usa nel 2019, in crescita del 5,7% sull’anno precedente grazie alla corsa della domanda di spumanti (+11,1%). Tra i principali fornitori, è sempre testa a testa tra la Francia, a 1,92 miliardi di euro (+7,7%), e l’Italia (+4,2%) a 1,75 miliardi di euro, mentre è ottima la performance della Nuova Zelanda anche nei 12 mesi (+11,9).

Tra le tipologie, faticano ancora i fermi&frizzanti italiani, in positivo dell’1,7% mentre sono convincenti una volta di più gli sparkling tricolori, anche lo scorso anno in doppia cifra a +13,7%.

Categorie
Approfondimenti

Dazi, Mantovani (Veronafiere): “Diplomazia scongiuri agguato commerciale”

VERONA – “Ci auguriamo che la missione del Commissario al Commercio, Phil Hogan in programma da oggi negli Stati Uniti, possa scongiurare ciò che riteniamo essere un vero e proprio agguato commerciale ai danni dell’agroalimentare italiano ed europeo.”

Lo ha detto oggi il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, a commento della procedura di consultazione dell’Ustr, che minaccia di allargare la lista dei prodotti a potenziale dazio aggiuntivo includendo tra gli altri anche vino, olio e pasta italiani.

“L’eventuale lista allargata espressa dal dipartimento del Commercio americano (Ustr) – prosegue Mantovani – non sarà infatti esecutiva prima di metà di febbraio: per questo è necessario che l’Unione europea dia riscontro alle istanze contenute nella lettera della ministra alle Politiche agricole alimentari e forestali, Teresa Bellanova, recapitata nei giorni scorsi al Commissario Hogan”.

“Inutile dire – ha aggiunto Mantovani – come per il comparto vino la preoccupazione sia enorme: basti pensare che, complici anche le scorte accumulate nei mesi precedenti, i vini fermi francesi sottoposti all’extra-dazio del 25% hanno registrato un calo di vendite negli Usa del 36% a valore nel solo mese di novembre rispetto alla stessa mensilità sul pari periodo 2018.”

“Contestualmente, secondo il nostro Osservatorio Vinitaly Nomisma Wine Monitor – prosegue – l’Italia ha chiuso il mese con una crescita di quasi il 10%. Ora, con la calamità delle possibili imposte aggiuntive la produzione interna non sarà in grado di soddisfare la domanda e l’Europa rischia così di perdere quote di mercato difficilmente recuperabili in futuro, a tutto vantaggio del Nuovo Mondo produttivo.”

“Da parte nostra – ha concluso il direttore generale di Veronafiere – proseguiamo nella nostra attività di supporto del settore nel principale mercato mondiale, anche con una task force operativa in grado di ampliare del 20% la presenza di operatori statunitensi ospiti già a partire dal prossimo Vinitaly e al tempo stesso di accelerare sulle nuove frontiere commerciali di un comparto ancora troppo legato agli sbocchi tradizionali.”

Secondo l’Osservatorio Vinitaly Nomisma Wine Monitor (fonte: stime su dati doganali), l’Italia nel 2019 chiuderà le vendite verso gli Usa in crescita di circa il 5%, per un corrispettivo record che sfiorerà 1,8 miliardi di euro.

Si tratta di un’incidenza di quasi il 28% sull’export globale di vini made in Italy, molto più del suo competitor francese – che pur è il principale fornitore a valore – la cui quota non arriva al 20% per effetto di una più ampia e organica scacchiera dei mercati di riferimento.

Gli Stati Uniti hanno infine registrato nell’ultimo quinquennio il maggior incremento tra i 5 top mercati mondiali per il vino italiano, con un +38,6% a valore.

Categorie
Approfondimenti

Accordo Veronafiere-Hong Kong Trade Development Council per International Wine&spirits Fair


VERONA –
Il Gruppo Veronafiere consolida la propria presenza in Asia in collaborazione con l’Hong Kong Trade Development Council (HKTDC). È di oggi a Milano la firma dell’accordo che prolunga al 2021 la partnership con HKTDC.

Attraverso le rassegne Vinitaly e Sol&Agrifood si rafforza così la presenza italiana alla manifestazione Hong Kong International Wine & Spirits Fair, che copre un mercato dove il vino e l’olio extravergine di oliva made in Italy hanno ancora importanti margini di crescita.

Hong Kong possiede un notevole vantaggio competitivo nel commercio del vino. Dopo l’abolizione dei dazi nel 2008, ha svolto infatti un ruolo importante come hub di vini duty-free in Asia. Questo, assieme alle misure di agevolazione doganale tra Hong Kong e la Cina continentale, fa di Hong Kong una perfetta via di accesso all’enorme mercato continentale per produttori internazionali di vino.

Di conseguenza, i legami commerciali tra Hong Kong e l’Italia sono particolarmente significativi. L’Italia nel 2018 ha rappresentato il quinto fornitore di prodotti enologici di Hong Kong. Nello stesso anno importazioni globali di vino nella regione hanno superato il valore di 1,37 miliardi di euro.

Per il Direttore dell’HKTDC Benjamin Chau: «Collaboriamo con il Gruppo Veronafiere da oltre un decennio, ospitando il Vinitaly Pavilion presso la nostra Wine & Spirits Fair”.

È possibile creare ancora più sinergie rafforzando la collaborazione tra HKTDC e Veronafiere come organizzatori di importanti fiere nel settore del vino e non solo. Sono sicuro – prosegue Chau – che il rinnovo della cooperazione siglata oggi rafforzerà la nostra alleanza strategica e definirà l’ambito della nostra collaborazione in corso per portare ancora più produttori leader di vini italiani a Hong Kong”.

“Il rinnovo triennale della partnership con l’HKTDC per la realizzazione di “The Vinitaly Pavilion” e del “Sol Intl’EVO Oil Show” nell’ambito dell’Hong Kong International Wine & Spirits Fair – sottolinea il Direttore Generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani – rientra nelle linee di sviluppo definite dal piano industriale di Veronafiere. Secondo gli analisti Hong Kong, che non a caso si trova al centro delle nuove infrastrutture intermodali, continuerà ad essere uno snodo fondamentale nelle relazioni commerciali con la Cina e l’Asia”.

Con l’accordo di oggi si consolida ulteriormente il rapporto con l’HKTDC, una partnership a sostegno della piattaforma di internazionalizzazione che Veronafiere mette a disposizione delle aziende del made in Italy, in particolare attraverso i propri brand-asset come Vinitaly e Sol&Agrifood per promuovere la cultura del vino e dell’olio extravergine d’oliva, ma soprattutto favorendo l’ingresso e il posizionamento sui mercati asiatici e nei canali horeca”.

“Da questa lunga esperienza possono originare, inoltre, anche altre collaborazioni strategiche per la promozione e la commercializzazione di altri prodotti del made in Italy, per i quali Veronafiere detiene e organizza già nel proprio quartiere espositivo rassegne leader internazionali”, conclude Mantovani.

La HKTDC Hong Kong International Wine & Spirits Fair (la prossima edizione è in programma dal 7 al 9 novembre 2019) rappresenta da oltre un decennio una piattaforma di riferimento per produttori, buyer e operatori per espandere le loro reti e scambiare opinioni. Nel 2018, la rassegna ha registrato 1.075 espositori provenienti da 33 Paesi, mentre hanno partecipato quasi 19.000 acquirenti commerciali provenienti da 73 Paesi e regioni.

Sempre in collaborazione con Veronafiere, l’edizione di quest’anno propone per la seconda volta “Sol Intl’EVO Oil Show”, iniziativa finalizzata a promuovere gli oli extravergine di d’oliva selezionati da Sol&Agrifood, la rassegna dell’agroalimentare di qualità che si svolge ogni anno a Verona in concomitanza con Vinitaly.

Categorie
news news ed eventi

Vino italiano verso il surplus commerciale: 6 miliardi di euro


VERONA –
L’Italia del vino italiano si appresta quest’anno a superare per la prima volta i 6 miliardi di euro di saldo di una bilancia commerciale strutturalmente attiva, sebbene nel primo semestre la crescita (+3,3%, a circa 3 miliardi di euro) sia meno vigorosa rispetto al passato e il prezzo medio registri un calo significativo, specie nell’area Ue.

Volano le vendite nei Paesi terzi oggetto di trattati di libero scambio (Giappone, Canada, Corea del Sud), mentre l’incremento negli Usa è inferiore rispetto alla media del mercato e in Cina si affacciano gli sparkling, unica tipologia segnalata in crescita nel Dragone.

È l’aggiornamento sul mercato del vino dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che ha analizzato i dati semestrali export a fonte Istat e le performance della domanda extra-Ue a base doganale nei primi sette mesi del 2019.

Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: “Il saldo commerciale del vino è quello che presenta la maggior incidenza positiva rispetto a tutti i comparti del made in Italy. Un record che va salvaguardato puntando ancora di più sui mercati esteri emergenti e sulla crescita della fascia premium”.

“Per questo – continua Mantovani – fatta salva l’indiscutibile qualità del prodotto, le tensioni al ribasso che riscontriamo su più livelli rappresentano un campanello di allarme che saremo in grado di silenziare solo attraverso la crescita delle dinamiche di business. I presidi ormai stabili di Vinitaly nei Paesi chiave dovranno servire anche a questo”.

EXPORT E PREZZO MEDIO – IL SEMESTRE (ISTAT)
Il pur positivo +3,3% a valore (base Istat) sottende un export italiano di vino che ha risentito nel primo semestre di una brusca frenata registrata nel mese di giugno (-7,6%), ma soprattutto di un prezzo medio in calo. Complice in particolare la caduta dello sfuso e la contemporanea minor contrazione dell’imbottigliato, il prezzo medio segna a livello globale un -5,1% sul pari periodo dello scorso anno, con punte del -7,9% per l’area comunitaria.

Giù tutte le principali piazze europee, in primis la top buyer Germania (-10,1%), la cui quotazione media si è fermata a 1,9 euro al litro.  Scende anche il prezzo di acquisto in Regno Unito, a -3,6% (-9,9% lo sparkling) e Francia (-9,4%), che detiene il primato del low cost (1,8 euro/l) anche per effetto dei maxi acquisti di sfuso.

Meno netta la situazione nei Paesi terzi, con Stati Uniti, Canada e Svizzera in leggera crescita, Norvegia e Russia stabili, mentre si deprezza in modo significativo il vino italiano in Giappone e in Cina. Nel complesso, il vino italiano nel mondo (sfuso compreso) è venduto in media a 2,9 euro/litro, nell’Ue a 2,3 euro/litro.

Per il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini: “Tra i top exporter mondiali, quella dell’Italia rappresenta la quarta miglior performance per il primo semestre, dopo quella della Nuova Zelanda (+13,2%), il cui export cresce sensibilmente in Usa e Uk, del Cile (+8,2%) e della Francia (+5,9%), quest’ultima in forte spolvero negli USA, Uk e Giappone con aumenti superiori al 10 per cento”.

EXTRA-UE: LE IMPORTAZIONI DI VINO NEI PRIMI 7 MESI (DOGANE)
Prosegue nei primi 7 mesi di quest’anno l’incremento del vino italiano nei Paesi terzi, seppur a ritmi meno decisi rispetto al recente passato. Le importazioni di bianchi e rossi made in Italy nei primi 10 Paesi buyer, che da soli valgono l’87% del mercato extra-Ue, sono infatti cresciute nel complesso del 2,8% a valore.

Meglio dei competitor (import da mondo a +0,9%), e in particolare della Francia che paga la pesante contrazione transalpina in Cina e a Hong Kong. L’analisi su base doganale dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che ha riguardato i principali buyer extra-Ue (ad esclusione della Russia), dimostra inoltre come il trend italiano sia sostenuto dai soliti sparkling, a +9,8%, e dagli incrementi registrati dalle aree oggetto di recenti trattati di libero scambio.

Il Giappone, in particolare, che avanza del 15% sullo stesso periodo dello scorso anno, ma anche il Canada, a +4,5% e ormai prossimo a raggiungere la Svizzera al secondo posto tra i top buyer extraeuropei.

Negli Stati Uniti (+3%) la crescita è dimezzata rispetto al valore delle importazioni totali di vino (+8%) e, ancora una volta, gli spumanti (+11,1%) indorano il dato italiano bloccato dal +1% dei fermi imbottigliati, questi ultimi timidi anche nel complesso della domanda extraUe (+1,6%).

Le importazioni cinesi, in gran parte bloccate nel primo quadrimestre di quest’anno a causa di un eccesso di scorte ma soprattutto di un rallentamento economico, riducono il trend negativo e chiudono, per l’Italia, a -7,3%. Mentre la sorpresa nel Dragone (come a Hong Kong) sono gli sparkling: +6,2% il dato italiano, +12,2% quello globale.

Nella seconda parte dell’anno Vinitaly farà tappa in Brasile, a Bento Gonçalves, con Wine South America dal 25 al 27 settembre, poi a Mosca e San Pietroburgo (28-30 ottobre), infine a Hong Kong (7-9 novembre).

IMPORT TOP MKT TERZI GENNAIO-LUGLIO 2019

Totale vino Import da Mondo Import da Italia
(€) var 19/18 (€) var 19/18
USA 3.234.240.842 8,0% 993.637.757 3,0%
Cina 1.314.956.971 -10,3% 84.862.176 -7,3%
Canada 966.821.420 3,6% 201.543.762 4,5%
Giappone 865.280.662 14,3% 105.654.683 15,0%
Hong Kong 598.686.068 -24,3% 18.024.564 -10,8%
Svizzera 597.839.182 4,9% 208.510.039 1,6%
Australia 247.030.234 -2,8% 30.627.324 -0,4%
Norvegia 218.809.711 -0,1% 64.547.041 -1,5%
Brasile 171.861.449 0,8% 18.056.573 -2,7%
Corea del Sud 135.281.829 15,1% 19.765.192 16,9%
Categorie
Approfondimenti

Il premier Conte in visita al Vinitaly 2019

VERONA “Vinitaly dal 1967 è un appuntamento fisso per gli operatori del settore e negli anni ha battuto molti record. Oggi è un momento celebrativo perché qui promuoviamo un’ottima produzione 2018 che ha superato i 20 milioni di ettolitri tra doc, rossi, bianchi e spumanti:andiamo fortissimi e le prospettive di incremento dell’export vitivinicolo italiano sono notevoli”.

Così il presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, in visita oggi alla Fiera di Verona nella giornata inaugurale della 53ª edizione di Vinitaly, il salone internazionale dei vini e dei distillati, in programma fino a mercoledì 10 aprile.

Il premier, accolto dal presidente e dal direttore generale di Veronafiere, rispettivamente Maurizio Danese e Giovanni Mantovani, ha fatto tappa allo stand della Regione Veneto. Qui, insieme al governatore Luca Zaia e al ministro delle Politiche Agricole, Gian Marco Centinaio, ha brindato con uno dei vini di “Bollicine solidali”, l’iniziativa benefica che sostiene la ricostruzione delle zone del Veneto devastate dal maltempo lo scorso ottobre.

“Il Veneto ha una forza trainante incredibile nella produzione vitivinicola – ha commentato il presidente Conte –. Complimenti, perché i record di questa regione vanno a vantaggio della filiera, dell’export e del Pil nazionale. Oggi si lavora non solo sulla quantità, ma anche sul valore perché quando si ragione di vino ci si riferisce ad un mondo che possiede una forte componente di identità culturale, legame con la terra e rispetto per la biodiversità”.

Categorie
Approfondimenti

Enovitis in campo CAMPO 2018: la fiera si conferma punto di riferimento per la viticoltura italiana

Verona – “Siamo davvero entusiasti per questa tredicesima edizione di Enovitis in campo, che ha superato i 6500 visitatori. Ad inorgoglirci ancora di più è stata la forte presenza di stranieri, con le due delegazioni bulgara e slovena e altri ospiti intervenuti in particolare da Algeria, Grecia, Romania, che conferma l’importanza di questa manifestazione per tutto il settore vitivinicolo tanto a livello italiano quanto internazionale. Grande successo hanno riscosso anche gli argomenti trattati nei workshop e nel convegno dedicato ai vitigni resistenti, al quale hanno partecipato importanti autorità scientifiche e politiche che hanno discusso e proposto soluzioni per il futuro del comparto.”

Con queste parole Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini, commenta i numeri raggiunti durante la 13° edizione di Enovitis in campo, manifestazione organizzata di UIV e Veronafiere, conclusasi tra i filari della Società agricola “Il Naviglio” di Fabbrico (Re) il 22 giugno.

“Anche quest’anno Enovitis in campo si è confermato un evento in grado di rappresentare in modo trasversale e completo l’innovazione applicata alle tecnologie dedicate al vigneto – spiega Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere – Si tratta di settore altamente specializzato che è un altro vanto della meccanica made in Italy e costituisce un driver di sviluppo sempre più necessario per il futuro del comparto vitivinicolo, in ottica di sostenibilità ambientale ed economica. L’edizione di quest’anno si è chiusa all’insegna della crescita sia dal punto di vista della qualità e dell’internazionalità dei buyer presenti, sia a livello di offerta espositiva e contenuti dei workshop: segno che la collaborazione tra Veronafiere-Fieragricola e UIV continua dare i suoi frutti all’insegna della concretezza”.

I visitatori sono arrivati da tutte le Regioni d’Italia, comprese le regioni del sud: a fare da capofila è stata l’Emilia Romagna con Reggio Emilia in testa, Modena e Ravenna, Bologna. Molte presenze dal Veneto – Verona, Treviso, Padova – e anche dalla Lombardia, in particolare da Brescia, Mantova, Pavia. Massiccia anche la compagine estera, soprattutto da Algeria, Grecia, Romania, Paesi Bassi e Serbia, Francia, Spagna e Ungheria, Pakistan e Turchia, oltre a Bangladesh, Georgia, Germania e Russia.

“C’è stata grande soddisfazione da parte delle realtà produttive locali per il risalto che questa edizione di Enovits in campo è riuscita a dare alla viticoltura emiliano-romagnola – commenta Corrado Casoli di Cantine Riunite & Civ. Moltissimi dei nostri soci iscritti hanno partecipato con entusiasmo alla manifestazione, apprezzando il livello tecnologico degli espositori e i momenti di confronto organizzati, che hanno saputo cogliere e affrontare tematiche calde per il settore”.

Categorie
Vini al supermercato

Lambrusco re dei vini al supermercato. La Gdo vale 2 miliardi in Italia

Lambrusco, Chianti e Montepulciano d’Abruzzo sul podio dei vini più venduti nei supermercati italiani. E’ quanto emerge dalla ricerca elaborata per Vinitaly dall’istituto di ricerca IRI sui consumi di vino nella Grande distribuzione nel 2017.

Gli italiani hanno acquistato 648 milioni di litri nella Grande distribuzione, il canale di vendita principale del vino, per un valore che vede il traguardo dei 2 miliardi di euro (1 miliardo e 849 mila milioni di euro), dati inclusivi dei Discount.

Vini bianchi fermi, vini a denominazione d’origine, vini regionali, spumanti secchi. Questi i vini preferiti nel 2017. I rossi più richiesti provengono da Toscana, Emilia Romagna, Piemonte. I bianchi da Veneto, Trentino, Sicilia.

I NUMERI
Tra i vini i cui acquisti crescono a doppia cifra: Grillo (Sicilia), Primitivo (Puglia), Ortrugo (Emilia Romagna), Ribolla (Friuli Venezia Giulia), Valpolicella Ripasso (Veneto), Cortese (Piemonte), Passerina (Marche), Chianti Classico (Toscana), Cannonau (Sardegna), Pecorino (Abruzzo/Marche), Falanghina (Campania). Mentre i campioni assoluti rimangono Lambrusco, Chianti e Montepulciano d’Abruzzo.

Le bottiglie da 0,75 a denominazione d’origine crescono nel 2017 del 2% rispetto all’anno precedente con 280 milioni di litri venduti. Gli spumanti (e champagne) aumentano del 4,9% con 68 milioni di litri. Da notare anche la performance del rosato frizzante che cresce del 3,9%.

Prosegue il trend negativo dei “bottiglioni” (fino a 2 litri) che perdono un ulteriore 2,5%, mentre i brick registrano una flessione dello 0,6%. In crescita il formato “bag in box”, ancora di nicchia: +5,4%.

In forte crescita le vendite di vino e spumante biologico che superano i 4 milioni di litri venduti, confermando un percorso che ha ancora ampi margini di crescita.

“Se la quantità di vino acquistato nella Grande Distribuzione è stabile da anni – spiega Virgilio Romano, Business Insight Director di IRI, coordinatore della ricerca – i consumatori mostrano di apprezzare le novità, accogliendo favorevolmente le proposte delle cantine”.

“I vini a denominazione d’origine vendono 5,5 milioni di litri in più nel 2017 – continua Romano – così come crescono bollicine e vini bianchi, inoltre aumentano le tipologie regionali che si fanno apprezzare ogni anno per i tassi di crescita. I Vini emergenti si fanno apprezzare per posizionamenti di prezzo non bassi (oltre la metà superiore a 4 euro) e questo è un aspetto positivo perché dimostra la disponibilità del consumatore a premiare novità e valore“.

IL FENOMENO SPUMANTI
“Il successo degli Spumanti ha spinto molte cantine a dedicarsi a questo prodotto – conclude Romano – ormai sulla via della destagionalizzazione nella versione Secco. Infine, i prezzi nel 2018 dovranno sostenere una sfida non banale a causa della vendemmia 2017 poco generosa ed al conseguente rialzo atteso”.

“La grande distribuzione organizzata si mantiene un canale di vendita molto importante per il mercato italiano – commenta Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere – capace di far emergere nuovi vini e territori e di assecondare nel tempo la richiesta di prodotti di maggiore qualità anche per il consumo quotidiano”.

“Un’evoluzione che Vinitaly sta seguendo negli anni, diventando il luogo di analisi e confronto tra Gdo e settore enologico e soprattutto proponendo alle cantine espositrici incontri B2B con i buyer delle insegne della distribuzione organizzata. Con l’International Packaging Competition Vinitaly da oltre venti anni promuove la cultura del comunicare con efficacia attraverso l’etichetta e la confezione il valore del prodotto”.

L’appuntamento a Vinitaly è per il 16 aprile, alla tavola rotonda di approfondimento sulle vendite di vino nella Gdo, con focus quest’anno sul mercato del vino italiano nei supermercati Usa. Il 16 e 17 aprile in calendario gli incontri B2B del Gdo Buyers’ Club.

Categorie
Approfondimenti

Vinitaly International sbarca a New York: vino italiano sotto i riflettori

È New York l’obiettivo principale del vino italiano per la fine di giugno, con due appuntamenti targati Vinitaly International. Si parte con il Summer Fancy Food Show (25-27 giugno) e il Wine bar realizzato da Vinitaly International nell’ambito del progetto di promozione supportato dal ministero dello Sviluppo Economico (Mise) e organizzato dall’ ICE (Italian Trade Agency).

Una quarantina le aziende made in Italy coinvolte in un matching del gusto con professionisti del settore e giornalisti. Sempre a New York saranno 33 i candidati Via (Vinitaly international Academy) impegnati dal 26 al 30 giugno a conseguire la certificazione di ‘Ambasciatori’ del vino italiano attraverso il brand Vinitaly.

Tra gli operatori del settore che parteciperanno ai corsi, anche otto professionisti del vino provenienti dal colosso della ristorazione italoamericana, Batali & Bastianich Hospitality Group. Tra gli importatori statunitensi presenti, anche Total Wine & More, Vias Import Ltd, Banfi Vintners, Domaine Select, LUX Wines, Horizon Beverage Company, Chambers street wines, International Wine Imports, Southport Wines LLC. Si tratta del primo corso di certificazione negli Usa e dell’avvio del tour mondiale dedicato ai corsi VIA diretti da Ian D’Agata, le cui prossime tappe (a settembre) saranno Shanghai e Pechino.

“UN MERCATO DA CONQUISTARE”
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani (nella foto): “Le dinamiche della domanda che registriamo negli Stati Uniti inquadrano un mercato tutt’altro che maturo, come osservato ieri anche da Sace che ha inserito gli Usa tra i 15 Paesi ad alto potenziale di crescita, con un tasso di incremento annuo delle nostre esportazioni del 5,5% da qui al 2020. E, nonostante la pausa di riflessione di questo primo quadrimestre, il vino italiano ha sino ad oggi fatto meglio dei propri competitor, con una crescita di circa il 27% nell’ultimo triennio”.

“Veronafiere con Vinitaly si sente un attore chiave per lo sviluppo del nostro export – conclude Mantovani – che persegue sia autonomamente che grazie a collaborazioni tra istituzioni, Ice e sistema fieristico, come nel caso del Fancy Food e del Piano per la promozione straordinaria del made in Italy, che oggi serve più che mai in ottica di incremento dei flussi commerciali”.

Secondo le elaborazioni Ice su base Census – Dipartimento del Commercio statunitense, nei quattro mesi di quest’anno le importazioni di vino italiano sono cresciute in valore dello 0,3% per un corrispettivo di 576,2mln di dollari. L’Italia si conferma market leader nel mercato Usa con una quota del 31,3%, seguita dalla Francia (in rimonta nel quadrimestre con +15,4% per 535,1 milioni di dollari), Nuova Zelanda, Australia e Spagna. Perdono terreno in termini di valore i bianchi (-1,7%) e i rossi (-0,9%) italiani mentre moderano la corsa gli sparkling – che lo scorso anno avevano guadagnato +33,7% -, con +6%.

“Questi dati – commenta Maurizio Forte, direttore dell’Agenzia ICE di New York – uniti alla rilevazione dei prezzi medi di vendita del vino italiano negli USA, rispetto a quelli dei concorrenti, in particolare la Francia, confermano l’importanza e la necessità del Progetto Vino USA che il Ministero per lo Sviluppo Economico e l’Agenzia ICE lanceranno nella seconda parte del 2017. È fondamentale elevare il posizionamento del nostro vino -conclude Forte – oltre a rafforzare la presenza nella aree interne del Paese ed allargare la conoscenza dei vitigni autoctoni e dei territori italiani”.

Categorie
Approfondimenti

Tuttofood: Vinitaly conferma ruolo guida con Wine Discover

Vinitaly protagonista unico per la promozione del vino nell’ambito del comparto agroalimentare. Lo hanno ribadito ieri a Milano il ministro per le Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina e il presidente dell’ICE Michele Scannavini nei rispettivi interventi di apertura a TuttoFood, dove Veronafiere organizza WineDiscovery by Vinitaly.

Il prodotto vitivinicolo con 5,6 miliardi di export nel 2016 rappresenta la punta di eccellenza per il fatturato e l’immagine di uno dei settori a maggior tasso di innovazione e rappresentativi del Made in Italy.

“UN PERCORSO VIRTUOSO”
Per il ministro per Le Politiche agricole Martina: “Le fiere italiane a maggior rappresentatività per il comparto devono massimizzare le potenzialità nel settore food, di cui Verona attraverso Vinitaly rappresenta l’espressione più completa per il settore a livello internazionale con un percorso virtuoso di partnership al servizio del made in Italy inclusa l’importante esperienza del Padiglione del Vino ad Expo 2015 e la grande focalizzazione sui mercati internazionali”.

“Con il Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy – ha detto il presidente dell’ICE, Michele Scannavini – abbiamo investito molto nel food perché esistono ampi margini di crescita per esportazioni, fatturato e immagine. Ci stiamo concentrando in particolare su due grandi mercati come quello degli Stati Uniti, dove il nostro export è aumentato del 24%, della Cina e del Sud Est Asiatico, dove però è necessario aumentare la cultura e la conoscenza del prodotto italiano. In questa strategia le fiere sono leve fondamentali e Vinitaly è quella designata per il vino”.

TUTTOFOOD MILANO
A TuttoFood, dall’8 all’11 maggio a Milano, per la prima volta è presente uno spazio dedicato al vino con WineDiscovery by Vinitaly, curato da Veronafiere: due “biblioteche del vino” per i bianchi e rossi di tutte le regioni italiane, con degustazioni ad accesso libero, un’enoteca con servizio di sommelier per le bollicine e soprattutto i seminari e la formazione con i wine expert e i wine ambassador diplomati alla Vinitaly International Academy.

Per Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere: “In questi giorni a Milano, come in occasione di Expo 2015 con il Padiglione sulla vitivinicola italiana, Vinitaly ribadisce il proprio ruolo guida nella promozione del vino all’interno del comparto food nazionale, mettendo il proprio know how a servizio di aziende, istituzioni e del sistema-Paese. Una mission che portiamo avanti sia in Italia sia all’estero, dove collaboriamo attivamente con Governo e ICE, in particolare sui mercati di Stati Uniti e Cina”.

Categorie
news ed eventi

Prosecco più forte della Brexit. Attesi a Vinitaly 400 buyer UK

La Brexit non scalfisce l’amore degli inglesi per il Prosecco. La Gran Bretagna è diventata nel 2016 il primo mercato mondiale di sbocco dello spumante italiano, con l’aumento record del 33% per un valore di 366 milioni di euro. Un record assoluto. E’ quanto emerge dall’analisi divulgata dalla Coldiretti su dati Istat relativi al 2016 in occasione dell’avvio della procedura per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Buone notizie arrivano anche dall’ente promotore di Vinitaly.

“Si sono già stati registrati 400 nuovi buyer del Regno Unito mai venuti a Vinitaly, che si aggiungono agli oltre 500 presenti ogni anno”, evidenzia il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani. “Ovviamente – prosegue – è presto per prevedere cosa sarà del nostro vino nel secondo Paese importatore al mondo, ma ritengo che i freni commerciali non convengano a nessuno. Il Regno Unito esporta verso l’Ue l’equivalente annuo di 2,1 mld di euro in liquori e distillati e importa dal Continente 1 mld di bottiglie di vino per 2,6 mld di euro”.

Un business, quello del vino Ue, che per la Wine and Spirit Trade Association (Wsta) britannica vale nel Regno Unito il 55% di un settore da quasi 20 mld complessivi di euro. “Confidiamo – conclude Mantovani – nella negoziazione da parte della filiera europea del vino, un prodotto che ha visto incrementare notevolmente i suoi consumi a scapito della birra”. Di Brexit si parlerà a Vinitaly (9-12 aprile), nel corso della tradizionale tavola rotonda su Vino e Gdo, con focus proprio sulle prospettive per il vino italiano nel canale della Grande Distribuzione in Gran Bretagna dopo l’uscita dall’Ue (lunedì 10 aprile, ore 10.30).

BREXIT E LEGISLAZIONE SFAVOREVOLE
Come sottolinea Coldiretti, in Gran Bretagna sono state spedite il 30% delle bottiglie esportate, in pratica quasi 1 su 3, nonostante il rapporto di cambio si sia fatto più sfavorevole con la svalutazione della sterlina. La Gran Bretagna è di fatto il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari nazionali Made in Italy, con un valore di ben 3,2 miliardi nel 2016, rimasto sostanzialmente stabile (+0,7%).  La voce più importante – sottolinea la Coldiretti – è rappresentata proprio dal vino e dagli spumanti seguiti dalla pasta, dall’ortofrutta, dai formaggi oltre un terzo dei quali è rappresentato da Parmigiano Reggiano e Grana Padano ma va forte anche la mozzarella di bufala campana.

A preoccupare della Brexit, come sostiene Coldiretti, “non è solo la svalutazione della sterlina che rende più oneroso l’acquisto di prodotti Made in Italy, ma anche il rischio che con l’uscita dall’Unione Europea si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole. A pagare un conto salato sono state per ora le esportazioni di olio di oliva Made in Italy che con l’esito del referendum sono crollate con una riduzione record del 9%, dopo essere aumentate del 6% nella prima metà del 2016. A pesare sugli acquisti di olio di oliva italiano è stato infatti anche il sistema di etichettatura a semaforo che la Gran Bretagna ha deciso indipendentemente di far adottare al 98% dei supermercati inglesi”.

Una certa preoccupazione viene espressa anche da Efow. “Il Regno Unito – evidenzia in una nota l’European Federation of Origin Wines, voce dei produttori di vini a denominazione con sede a Bruxelles – è attualmente una piattaforma globale per il commercio del vino, in particolare per la distribuzione di vino, lo stoccaggio e la riesportazione verso altri Paesi, in particolare verso l’Asia. In definitiva, il Regno Unito è il quinto più grande esportatore di vino in Europa e l’ottavo più grande in termini di volume. Le implicazioni della Brexit riguardano l’accesso al mercato del Regno Unito, compresi i futuri livelli di imposte e tasse, nonché la tutela delle denominazioni del vino in questo mercato”.

UIV: “L’ITALIA PUNTI SULLE SUE VARIETA'”
Sempre a proposito di export di vino italiano è intervenuto Antonio Rallo (nella foto), presidente di Unione Italiana Vini, durante la tavola rotonda del workshop organizzato da SDA Bocconi, School of Management e Wine Management Lab (WML), in collaborazione con ITA (Italian Trade Agency), dal titolo: “La via italiana per la leadership internazionale”. Tra gli altri relatori presenti Michele Scannavini, presidente Italian Trade Promotion Agency (ITA).

“Il vino Italiano – ha detto Rallo – è sempre più percepito come sintesi di stile, cultura, qualità. È un trend che però dobbiamo consolidare rafforzando l’impegno promozionale del nostro Paese all’estero. Fare sistema per valorizzare sui mercati internazionali le sfaccettature della nostra produzione e dei territori di origine, è la strada da percorrere se vogliamo conquistare un posizionamento migliore nei Paesi focus del nostro export”.

“Varietà, diversità e ricchezza dei nostri territori – ha proseguito Rallo – sono un patrimonio da proteggere e da promuovere che bisogna comunicare con molta attenzione. L’eccessiva frammentazione della proposta italiana di vini, infatti, rischia di creare confusione nel consumatore: la qualità espressa da ciascuno di essi, può pertanto risultare più difficile da comprendere. In questo contesto, ICE gioca un ruolo fondamentale grazie alle proprie competenze specifiche in strategie di marketing e comunicazione: attraverso azioni congiunte tra ICE e le aziende, contiamo di raggiungere nel medio termine risultati di assoluta soddisfazione”.

“È necessario – aggiunge Antonio Rallo – mettere a punto una strategia per creare maggiori sinergie tra gli investimenti del pubblico e del privato, tema sul quale il Consiglio Nazionale di UIV si è espresso in maniera chiara anche durante i lavori del ‘Tavolo del Vino’ tenutosi al MISE nelle scorse settimane. Alle istituzioni pubbliche spetta l’onere di finanziare attività di formazione e comunicazione del sistema ‘vino italiano’, alle imprese la responsabilità della promozione dei singoli brand. Solo così – ha concluso Rallo – potremo sviluppare attività realmente efficaci nel valorizzare sia i nostri vini sia i territori ricchi e variegati che l’Italia esprime e che, purtroppo, sono ancora spesso poco conosciuti all’estero”.

Exit mobile version