Categorie
news news ed eventi

Siamo sotto attacco e vi spieghiamo perché

EDITORIALE – Non ho mai pensato neppure per un secondo che cambiare le cose fosse una missione semplice o priva di rischi, anche dal punto di vista personale. Quando ho fondato la prima testata del network WineMag Editore, vinialsupermercato.it, sapevo perfettamente che avrei dovuto combattere con una schiera di enofighetti e fighetti disinformati, per affermare la dignità del vino in vendita nella Grande distribuzione e il diritto di ogni bevitore, esperto o meno, di poter bere una bottiglia dignitosa, senza spendere una fortuna.

Dopo qualche anno, a Vinialsuper si è affiancato WineMag.it, seconda testata interamente dedicata al mondo Horeca. Vinialsupermercato.it e WineMag.it costituiscono oggettivamente un unicum editoriale, a livello internazionale. Un successo di pubblico, di lettori fidelizzati a suon di credibilità e di scelte editoriali lineari e coerenti con i canoni dell’informazione libera, che fa paura a un “sistema” che o ci ignora, o ci odia.

Dobbiamo sprecare molto del nostro tempo a leggere qua e là, tra social e blog più vicini al gossip che all’enogastronomia, ingiuriosi commenti e interpretazioni psichedeliche (per non dire psichiatriche o quantomeno fantasiose) del nostro agire quotidiano nel mondo della comunicazione.

Veniamo tacciati di farci pagare per scrivere articoli; di farci pagare per inserire vini nelle nostre Guide; di odiare terre del vino che invece amiamo; di essere dei marchettari e dei calunniatori; viene (miseramente) messa in dubbio anche l’iscrizione delle testate in Tribunale e all’ordine dei giornalisti; chi più ne ha, più ne metta, insomma.

Il punto è sempre quello dell’incipit: cambiare le cose, in Italia, è rischioso, specie se chi ci sta provando non guarda in faccia a nessuno se non all’etica e alla deontologia e ha 34 anni, ma ne dimostra pure meno. Il “sistema” malato dell’informazione enogastronomica è talmente rodato da ammettere “intrusioni” esclusivamente allineate.

Il virus della mala comunicazione e della mala informazione è talmente in circolo, nel cadavere del giornalismo enogastronomico italiano, da aver generato anticorpi talmente potenti da far sembrare – almeno agli occhi dei meno esperti ed “introdotti” – il vaccino come una variante del virus stesso. La cura, una malattia più grave.

Lungi da noi, pur vivendo questa come una missione, voler passare per martiri (viventi, si spera ancora a lungo!) o salvatori della patria. Fatto sta che rifiutarsi di pubblicare comunicati stampa di carattere pubblicitario e non informativo, dire “no” a svariati enti e organismi del vino che pretendono spazio gratuito sulle nostre colonne per confondere i lettori a nostro nome, come abituati a fare su altre testate, ci sta costando caro. Carissimo.

Il nostro rifiuto tassativo di mescolare pubblicità e informazione, a tutela dei lettori, di chi ci conosce, di chi ci segue, di chi si fida di noi e dei nostri giudizi da anni, sta ingenerando una voragine d’odio che ci porta oggi ad uscire allo scoperto e dire, senza mezzi termini: «Siamo sotto attacco». Giusto che lo sappia, chi ci conosce e ci vuole bene.

In un mondo dell’informazione enogastronomica in cui contano più i follower comprati e due cuoricini su Instagram rispetto a un articolo di giornale scritto con coscienza ed etica; in un mondo dell’informazione enogastronomica dove sembra aver più potere decisionale un pr rispetto al titolare o al presidente di una cantina o di un Consorzio.

In un mondo dell’informazione enogastronomica in cui sei bravo se pubblichi gratis la pubblicità o “I tre vini per non sfigurare a San Valentino” che, casualmente, sono suggeriti dalla medesima agenzia di stampa, noi restiamo volutamente, fedelmente, ostinatamente, fieramente e garbatamente Diversi.

Piaccia o no a chi tenta di dipingerci per quello che non siamo – perché l’informazione libera fa paura – noi restiamo quelli che eravamo all’inizio: lontani dai personalismi, lontani dall’ego, lontani dalla voglia di apparire davanti al calice, davanti a una bottiglia.

Noi, quelli dietro ai riflettori, quelli più imitati e copiati senza citare la fonte (e poi querelati per aver sputtanato i copioni, lesa maestà degli appartenenti al “sistema”!), quelli che si guardano allo specchio con dignità. La stessa di quando siamo nati.

La stessa che ci accompagnerà sempre, fino a quando riusciremo a resistere, anche grazie a chi crede in noi e ci supporta, alla luce del sole. Chiunque abbia dubbi sul nostro modo di agire nel mondo del giornalismo enogastronomico ci/mi scriva. Saremo/sarò lieto di rispondere. Prosit. (Image: copyright 2019, Eric Drooker, http://www.drooker.com/illustrations)

Categorie
Gli Editoriali

Il Panzale e il grave stato di salute della comunicazione italiana

EDITORIALE – Che la comunicazione e il giornalismo in Italia versino in una condizione di salute imbarazzante, non sono io il primo a dirlo o l’unico a pensarlo. Ma quanto è successo negli ultimi giorni attorno a un comunicato stampa a sfondo “enologico”, merita di essere raccontato e conosciuto come vera e propria, nonché drammatica, “case history“.

In data 5 febbraio, l’ufficio stampa di una nota cantina sarda (zona Dorgali) diffonde un comunicato stampa dal titolo sibillino: «Vino, la Regione Sardegna riconosce ufficialmente la varietà di Panzale».

Dalle prime righe è ben noto che l’obiettivo sia tutt’altro: pubblicizzare l’etichetta di tale cantina, che produce un Panzale in purezza. Fosse vero che la Regione abbia recentemente approvato la varietà nell’elenco dei vitigni coltivabili, allora, un fondo di “notizia” – ovvero di informazione utile per i lettori – ci sarebbe.

Figlio della cronaca come sono e sarò finché campo, mi metto ad approfondire la questione. Non trovando dettagli, decido di chiamare direttamente la Regione Sardegna. Mi risponde dapprima un dipendente in smart working, molto gentile. Prende nota delle mie domande, mi chiede un contatto e poi mi fornisce un numero di telefono da contattare.

Chiamo così un altro interno della Regione. Questa volta la risposta arriva dalla sede dell’ente. Da una prima ricerca del disponibilissimo impiegato, non risulta alcuna determina d’approvazione del Panzale nell’elenco delle varietà allevabili in Sardegna. La riunione della Giunta si è svolta pochi giorni prima, eppure nessun documento è stato approvato in merito al raro vitigno autoctono.

Non mi resta che ricontattare direttamente l’ufficio stampa della cantina. Ebbene, sul fondo del comunicato, alla ventesima riga scritta in font New Serif da appena 10 punti, il comunicato precisa che l’approvazione è avvenuta nel 2019. A confermalo è la delibera ufficiale della Regione.

A esplicita domanda, l’addetto stampa ammette di aver “usato” quella notizia (ormai vecchia e ritrita) come “gancio” per sponsorizzare l’etichetta della cantina sarda, prodotta proprio con il Panzale. Un modo per ammantare il marchettone, per intenderci.

Il fatto che abbia usato proprio quel titolo per il comunicato, ovvero «Vino, la Regione Sardegna riconosce ufficialmente la varietà di Panzale», non lo scagiona dalle proprie responsabilità, se non altro dal punto di vista etico.

Ma l’informazione e il giornalismo enologico italiano versano in condizioni disastrose, come detto sopra e da molti altri prima di me, non certo a causa di un addetto stampa che fa (o prova a fare) il “furbetto”, evidentemente conscio di trovare terreno fertile, dall’altra parte della “penna”. Ebbene, la cosa grave è un’altra.

Basta farsi un giro sul web per scovare almeno una decina di articoli di testate più o meno accreditate, anche generaliste, che senza procedere alla minima verifica della notizia (un dovere deontologico) l’hanno riportata come tale, con tanto di titolo spiccicato. Un po’ come se Regione Sardegna avesse approvato a febbraio 2021 il Panzale e non lo scorso anno, come effettivamente avvenuto.

Del resto, tutto il contenuto del comunicato (pubblicitario) si ritrova su ognuna delle testate, copiato e incollato “paro-paro”: bingo per l’ufficio stampa e per la cantina che si è affidata a tale servizio (vogliamo credere senza dolo). E allora, per l’ennesima volta, non resta che berci su. E pensare che, forse, ognuno ha l’informazione che merita. Cin, cin.

Categorie
Gli Editoriali news news ed eventi

Lettera aperta di un sognatore

In questo periodo difficile per tutti, noi di WineMag.it e Vinialsuper.it abbiamo scelto di confermare in maniera ancora più ferrea la nostra linea di rispetto assoluto nei confronti dei lettori, che si manifesta da sempre nella netta differenziazione tra pubblicità e informazione.

Riteniamo questo punto fondamentale per dare il nostro contributo a un settore, quello della stampa enogastronomica, che soffre di una crisi di autorevolezza e credibilità – al di là della congiuntura economica – proprio a causa del progressivo svilimento etico e deontologico, che genera inaccettabili commistioni tra pubblicità e giornalismo.

Tutti lo sanno, nessuno ne parla: ebbene, abbiamo deciso di rompere il ghiaccio, costi quel che costi, sperando di essere seguiti da altri e di non rimanere soli con le spalle al muro, come spesso capita in Italia a chi alza la mano per primo. In ogni caso, è un rischio che deve assumersi chi ha a cuore l’informazione prima del portafogli.

Non intendiamo dunque partecipare ad alcun “tasting online”, “Splashmob”, “degustazione virtuale” proposta dagli uffici stampa in questi giorni alle nostre testate. Crediamo che qualsiasi cantina che intenda parlare, attraverso i nostri canali, con i nostri lettori, debba consentirci di veicolare correttamente tali attività codificandole come “pubblicità”, al posto di mascherarle da “informazione”.

Non sappiamo come arrivino a fine mese molti colleghi. Di certo, noi di WineMag.it e Vinialsuper.it non siamo in grado di vivere grazie ai campioni gratuiti che le aziende (generosamente) sono abituate ad elargire a testate e blog vari, grazie alla mediazione di uffici stampa lautamente retribuiti.

Intendiamo dunque interrompere il cordone ombelicale, consci che questa scelta ci costerà ulteriori problemi in un settore che vive di ripicche e vendette trasversali, specie nei confronti di chi non cede al paradigma del “do ut des”. Cordiali saluti

Davide Bortone, direttore responsabile WineMag.it -Vinialsuper.it

Categorie
Food Lifestyle & Travel news news ed eventi

Food Bag obbligatoria nei ristoranti: petizione del Festival del Giornalismo Alimentare

Food bag obbligatoria nei ristoranti. Nella giornata nazionale contro gli sprechi, il Festival del Giornalismo Alimentare lancia una petizione su Change.org. Ma perché un festival giornalistico promuove una campagna per rendere obbligatoria una scatola per portare a casa gli avanzi di cibo pagati?

Perché in Italia meno del 20% dei frequentatori dei ristoranti, delle fiere e delle mense richiede un contenitore per portare a casa gli avanzi di cibo che ha pagato, che, così, vanno sprecati. E perché molte ricerche di mercato dicono che i consumi di cibo fuori casa aumenteranno nel prossimo decennio.

In Francia da 4 anni è in vigore una legge che obbliga i ristoranti a consegnare il cibo avanzato dai clienti se questi lo richiedono. In Italia noi ci vergogniamo a chiederlo e il ristoratore non ce lo propone: così buttiamo via soldi e alimentiamo la piaga degli sprechi alimentari.

La petizione vuole spingere una vera proposta di legge del Parlamento per introdurre in tutta la ristorazione l’obbligo di consegnare al cliente una food bag con materiali adeguati al contatto con gli alimenti e al trasporto che mostri, stampato, un decalogo per la corretta conservazione del cibo. Il decalogo è un forte richiamo all’educazione antispreco e all’educazione alla sicurezza alimentare.

L’oggetto fisico Food bag – nella foto sopra, quella che sarà distribuita a tutti i partecipanti al Festival del Giornalismo Alimentare, in programma dal 20 al 22 febbraio al Centro Congressi Lingotto di Torino – rappresenta di per sé “un formidabile strumento di comunicazione di una buona pratica: quella di mettere da parte per un altro pranzo il cibo avanzato nel piatto”.

Ma anche perché la scatola della Food bag si presta ad essere veicolo di informazione, in particolare per la corretta conservazione dei cibi (in questo caso dei cibi avanzati). L’hashtag è #foodbagobbligatoria.

Categorie
news ed eventi

Vino e cronaca: due mondi inconciliabili?

E’ arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza. Perché dai commenti che si leggono in giro, soprattutto ad opera dei tanti leoni da tastiera che abitano le “tane” chiamate “social”, pare di intuire il palesarsi di una contraddizione che non ha senso di esistere.

E’ possibile fare cronaca giornalistica nel mondo del vino? Noi di vinialsuper crediamo di sì.

Cosa intendiamo per “cronaca”? Il racconto reale, oggettivo, non solo di un calice di un vino. Di una degustazione. Ma anche delle “notizie” legate al mondo del vino.

All’uscita dell’articolo su Josko Gravner siamo stati subissati di critiche pubbliche e di complimenti privati. Già, perché l’Italia è quel Paese dove si ha paura – in 9 casi e mezzo su 10 – di schierarsi apertamente con qualcuno, specie se si tratta di una posizione “scomoda”.

Ma in privato, via Whatsapp, o via Messenger, è tutto un fioccare di complimenti e incoraggiamenti: “Avanti tutta”. Tra chi ti manda al macello con una spinta e chi ti critica per partito preso, senza neppure conoscerti, non so chi preferire.

E allora, a qualcuno, servirà sapere che vinialsupermercato.it è diventata per scelta, dal luglio 2017, una testata giornalistica registrata in tribunale. Trasformandosi da un comune “wine blog” a qualche cosa di più, giuridicamente riconosciuto.

A qualcuno servirà sapere che da allora abbiamo collezionato almeno 5 minacce di querela per gli scomodi articoli pubblicati, due delle quali si sono tramutate in realtà: procedimenti in corso di cui vi terremo aggiornati, a tempo debito.

Possiamo solo dirvi che si tratta di articoli documentati con tanto di registrazioni e testimonianze. E aggiungere che, in Italia, qualsiasi testata seria deve fare i conti con querele e minacce: perché non viviamo in un Paese dove la stampa viene tutelata a dovere dalle istituzioni.

E la querela, in certi casi, vale quanto una pallottola: stordisce il giornalista, lo intimidisce, gli fa perdere la voglia di lottare per la verità, nel nome del rispetto nei confronti dei lettori.

Ecco il punto: il rispetto nei confronti di chi ci legge è l’unico paletto che vige nella redazione di vinialsuper. Un rispetto che vogliamo garantire tanto nelle recensioni dei vini quanto nel racconto dei “fatti di cronaca del vino” di cui siamo testimoni.

E allora basta accusarci di essere “di parte” perché la testata si chiama “vinialsupermercato.it”. Basta accusarci di esserci a caccia di like. A noi non frega niente fare gli “influencer”: lo lasciamo fare ad altri, molto più bravi di noi a “influenzare” (verbo orribile per chi intende fare pura informazione).

Ma ditecelo voi: stiamo sbagliando qualcosa nel tentativo di portare la cronaca giornalistica nel mondo del vino? E’ un approccio troppo “violento” e “aggressivo” nei confronti di un mondo che troppo spesso vive di “edonismo”? Vino e cronaca sono due mondi conciliabili? Una cosa si sappia: a noi piace stare scomodi.

Exit mobile version