Torna Derthona Due.Zero, appuntamento centrale per i vini ottenuti dal vitigno Timorasso, in provincia di Alessandria. Sabato 29 marzo, domenica 30 marzo e, con una giornata esclusivamente dedicata agli operatori del settore, lunedì 31 marzo 2025, il Museo Orsi di Tortona ospiterà la quinta edizione dell’evento organizzato dal Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi. Un’occasione unica per conoscere e valorizzare il vitigno Timorasso, simbolo della rinascita vinicola di questo affascinante territorio. Oltre cinquanta produttori saranno presenti al banco d’assaggio, offrendo in degustazione l’annata 2023 in anteprima assoluta, insieme a una selezione di preziose Riserve che esprimono chiaramente il grande potenziale evolutivo del Derthona. https://www.collitortonesi.com/registrazione-operatori-del-settore
DERTHONA DUE.ZERO 2025: UN GIORNO IN PIÙ PER DEGUSTARE I TIMORASSO 2023 IN ANTEPRIMA
Quest’anno, per rispondere al crescente successo della manifestazione, il Consorzio ha scelto di estendere l’evento con una giornata aggiuntiva, il lunedì, dedicata esclusivamente ai professionisti. «Una decisione che rappresenta uno sforzo importante, ma essenziale, per rispondere con efficacia alle necessità di operatori, appassionati e stampa», commenta Gian Paolo Repetto, presidente del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi. «Derthona – aggiunge – continua a riscuotere sempre più consensi, confermandosi portabandiera della qualità e dell’identità dei vini dei Colli Tortonesi». La manifestazione prevede anche quest’anno appuntamenti di approfondimento con due masterclass, programmate sabato e domenica alle ore 16:00. Registrazioni sul sito web del Consorzio.
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Gavi Docg e Timorasso Doc Derthona per la prima volta insieme e a confronto con blasonati Chardonnay e Riesling da Borgogna, Mosella e Franken (Franconia). L’appuntamento da non perdere è Abaccabianca 2024, annuale edizione dell’evento organizzato dal 2016 da Ais Piemonte che andrà in scena sabato 11 e domenica 12 maggio a Villa La Bollina (via Monterotondo 60, Serravalle Scrivia – AL). Settanta i produttori delle due denominazioni coinvolti, con circa 150 etichette. «Gavi e Tortona – ricordano Maurizio Montobbio e Gian Paolo Repetto, rispettivamente presidente del Consorzio Tutela del Gavi e del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi – sono due territori separati geograficamente dal Torrente Scrivia. Abaccabianca costruisce un ponte tra le due denominazioni che, seppur con storie differenti, sono due eccellenze che esercitano un’importante influenza nel contesto enologico dei bianchi in Italia e nel mondo».
ABACCABIANCA, UN “PONTE” TRA GRANDI BIANCHI DEL PIEMONTE
«Con questo evento, grazie all’Ais Piemonte – concludono Montobbio e Gian Paolo Repetto – i due vini raccontano insieme la loro unicità, con la consapevolezza di una nuova forza identitaria che nasce dall’unione». Il Gavi, con il suo prestigio internazionale, è presente in oltre cento Paesi al mondo e punta a consolidarsi sul territorio nazionale. La recente rielezione del presidente Maurizio Montobbio dovrebbe poi portare il Gavi verso l’incremento del valore. Una mission da centrare anche grazie alle necessarie modifiche al disciplinare di produzione, che consentirebbero un aumento della produzione del Gavi Riserva, il vino al vertice della piramide qualitativa della denominazione, senza intaccarne la qualità.
Il Derthona è invece simbolo della rinascita di un vitigno dimenticato, il Timorasso, sempre più conosciuto e ricercato in Europa e nel mondo grazie al recupero della varietà avviato negli anni Novanta da un manipolo di produttori, tra cui Walter Massa. Sotto i riflettori di Abaccabianca 2024 ci saranno dunque due vini progonisti indiscussi dell'”isola bianca” del Piemonte, il comprensorio che abbraccia i Colli Tortonesi e le Terre del Gavi Docg, interamente incluso nella provincia di Alessandria, lembo meridionale della regione, incastonato tra Liguria e Lombardia. A Villa La Bollina, dimora gentilizia e resort a Serravalle Scrivia, è previsto un fitto calendario di degustazioni, assaggi e incontri sia sabato 11 – dalle 11.00 alle 19.00 – sia domenica 12 maggio, dalle 11.00 alle 18.00.
GAVI E TIMORASSO A CONFRONTO CON BORGOGNA, MOSELLA E FRANKEN
Sono inoltre in programma due masterclass che mettono a confronto Gavi Docg e Derthona Timorasso rispettivamente con alcuni Chardonnay e Riesling internazionali (sabato e domenica solo su prenotazione sul sito dell’Ais Piemonte). “Gavi e Chardonnay: longevità a confronto, tra Italia e Francia” è la prima delle masterclass: tra gli 8 vini in degustazione, ecco lo Chablis 1er cru Forêts 2018 di Patrick Piuze e lo Chassagne-Montrachet 1er cru Champgains 2016 di Domaine Fernand et Laurent Pillot.
“Così lontani, così vicini: il Timorasso sfida il Riesling del Reno” è la masterclass che metterà alla prova il Timorasso Derthona con il Riesling Trocken Sauer-Escherndorfer 2021 di Weingut Horst Sauer, Kreuznacher Kahlenberg Riesling Trocken 2021 di Helmut Donnhoff, Mosel QbA Riesling Kabinett Brauneberger Juffer 2020 di Fritz Haag e Riesling Mosel Kabinett Graacher 2018 di Dr. Loosen. L’ingresso al pubblico ad Abaccabianca 2024 ha un costo di 25 euro per il pubblico, mentre i soci dell’Associazione italiana sommelier potranno accedere al prezzo agevolato di 20 euro. Ingresso gratuito per gli operatori del settore Horeca, tramite prenotazione via email a eventi.aisasti@gmail.com.
Abaccabianca 2024
Villa La Bollina, via Monterotondo 60 – Serravalle Scrivia (AL)
Sabato 11 e domenica 12 maggio 2024
Ingresso: 25 euro per il pubblico; 20 euro soci Ais: gratuito per gli operatori Horeca
Ingresso masterclass e operatori Horeca su prenotazione
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Giovani ed alta ristorazione. Sono i due assi nella manica del Derthona, vino bianco ottenuto da uve Timorasso sui Colli Tortonesi. L’ultima edizione di DerthonaDue.Zero, in scena lo scorso weekend a Tortona, ha visto l’esordio ufficiale di Derthona Giovani, gruppo di 20 produttori vitivinicoli affiancati da 12aziende del settore food uniti per promuovere, comunicare e valorizzare il territorio dei Colli Tortonesi.
Il gruppo di giovani si impegnerà ad organizzare eventi che coinvolgano le associazioni e le diverse realtà locali, oltre ad assicurare la partecipazione ad eventi food and wine in Italia e all’estero e collaborazioni con enti scolastici e scambi culturali con altre associazioni giovani.
ENRICO CRIPPA AMBASCIATORE DEL DERTHONA 2023
Netto il legame del Derthona con la ristorazione (e con l’alta ristorazione) anche grazie alla nomina di Enrico Crippa, chef del ristorante 3 Stelle Michelin Piazza Duomo di Alba (CN), ad Ambasciatore del Derthona 2023. Un’iniziativa, quella promossa dal Consorzio dei Colli Tortonesi, voluta «per premiare il lavoro e la dedizione di quei professionisti del settore che ogni anno si impegnano a far conoscere questo territorio e il suo vitigno simbolo».
«Sin dall’inizio della loro storia, negli anni 2000 – ha spiegato il presidente del Consorzio, Gian Paolo Repetto – la famiglia Ceretto ed Enrico Crippa, hanno dato spazio al Timorasso, inserendolo all’interno di una delle carte dei vini più prestigiose d’Italia, donandogli al contempo anche una grande visibilità a livello internazionale».
Se il Timorasso è diventato così buono – ha commentato lo chef Enrico Crippa – è anche per merito delle persone che lo fanno. Oggi il livello è davvero altissimo. Noi abbiamo sempre creduto nei vini bianchi del Piemonte, ecco perché abbiamo inserito nei nostri percorsi anche il Timorasso come grande rappresentante di questa categoria».
LA CENA AL RISTORANTE ANNA GHISOLFI DI TORTONA
Grande spazio, in occasione di Derthona Due.Zero 2023, anteprima riservata alla stampa dedicata alla vendemmia 2021 del Timorasso, a un’altra grande protagonista della scena dell’alta ristorazione piemontese. La cena di sabato 12 marzo si è svolta nel ristorante della chefAnna Ghisolfi, allieva di Gualtiero Marchesi.
Location straordinaria – una chiesa sconsacrata nel centro di Tortona, con cucina a vista, senza barriere sui limitati posti a sedere – e piatti (in pieno stile “tapas”) all’altezza delle aspettative tra i «contrasti di sapori» e l’assoluta «eleganza visiva» che da sempre connotano lo stile misurato e distante da eccessi e manierismi della cucina di Anna Ghisolfi.
Abbinamento perfetto con le diverse etichette di Derthona Timorasso scelte per accompagnare i piatti. A presentarle sono stati i numerosi produttori presenti in sala per sottolineare un legame, quello con l’alta ristorazione, che ha tutto il sapore di un nuovo posizionamento per i Colli Tortonesi e per il loro vitigno principe.
Derthona Timorasso sempre più “bianco di Langa”: i 10 migliori 2021 in anteprima
Derthona Timorasso sempre più “bianco di Langa”: i 10 migliori 2021 in anteprima a Derthona Due.Zero 2023, verso i 3 milioni di bottiglie
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
EDITORIALE – Si legge “Piccolo Derthona“, si traduce “Timorasso” e porta la firma di Walter Massa l’ultima trovata del Consorzio Tutela Vini dei Colli Tortonesi. La nuova tipologia di vino bianco si colloca alla base della piramide della qualità del Derthona Timorasso. Una sorta di “denominazione di ricaduta”, grazie alla quale i produttori della Doc di Tortona, in provincia di Alessandria, potranno mantenere alta l’asticella della qualità (e dei prezzi delle uve) del Derthona “classico” e Riserva.
Il via libera ufficiale al Piccolo Derthona – nome coniugato da Massa strizzando l’occhio ai francesi del Petit Chablis e al nome storico della città di Tortona – è arrivato grazie alla recente modifica al disciplinare di produzione.
La nuova tipologia è stata quindi protagonista indiscussa del dibattito nella due giorni di Anteprima Vini Colli Tortonesi “Due.Zero”, andata in scena all’inizio del mese di aprile (qui i migliori assaggi). Ma del nuovo vino si parla, in realtà, dal 2010.
LA GENESI DEL PICCOLO DERTHONA
«In quell’anno – spiega Walter Massa a winemag.it – la Cantina sociale di Tortona mi chiese l’autorizzazione scritta per poter usare la parola “Derthona” anche sui suoi vini. Gliela concessi per due motivi: in primis perché il territorio aveva bisogno di crescere; poi, perché avevo iniziato a vedere sugli scaffali alcuni Timorasso venduti attorno ai 3,50 euro. Un prezzo troppo basso».
Grazie al dialogo con la dirigenza della cantina sociale – continua Massa – capii che i consumatori comuni vogliono vedere la parola “Timorasso” sulla bottiglia, senza svenarsi per mettere il vino in tavola.
Scrivendo quindi “Timorasso” su una nuova tipologia, da chiamare appunto “Piccolo Derthona”, avremmo potuto alzare il prezzo, la soglia, la percezione e la qualità del Derthona “classico”, dando al contempo al grande pubblico un altro prodotto, più immediato e di facile comprensione, pronto nei primi mesi successivi all’anno di vendemmia.
Quella che è nata come un’operazione commerciale, oggi è un’efficace strategia di promozione del territorio e della denominazione principale della zona. Senza dimenticare che a 7,50 euro al retail, il Piccolo Derthona è un vino bianco italiano Doc che ha pochissimi rivali, soprattutto nel rapporto qualità-prezzo».
DERTHONA TIMORASSO: DAL RISCHIO SVALUTAZIONE ALLA “DENOMINAZIONE DI RICADUTA”
Dal rischio svalutazione al colpo di spugna nei confronti di imbottigliatori e mediatori di uve, il passo è stato breve. Tutto merito dell’accordo raggiunto da Walter Massa dapprima con la cantina di Tortona, poi allargato agli altri produttori della Doc di Alessandria. Tutti i membri del Consorzio (e non solo) possono così fregiarsi del nome “Piccolo Derthona” in etichetta, per i loro vini d’entrata.
Un’operazione che consente al Derhona Timorasso di proteggersi da speculazioni che vedono protagonisti altri vini italiani, tra cui il vicino piemontese Gavi Docg. Il Piccolo Derthona equivale di fatto ad altre “denominazioni di ricaduta”, come il Langhe Nebbiolo del Barbaresco. O lo stesso Petit Chablis francese.
Tipologie che mancano come l’acqua ad altri territori del vino italiano, compresi quelli che puntano alla Docg. Su tutti, è il caso dell’Etna Doc, divenuto ormai elemento simbolo e calamita del business – soprattutto a livello internazionale – della viticoltura siciliana.
‘A Muntagna è sprovvista di una “denominazione di ricaduta” (potremmo chiamarla “Terre dell’Etna”) che aiuterebbe i produttori a mantenere alta l’attenzione sull’Etna Doc “classico”, nel percorso verso l’Etna Docg.
PICCOLO DERTHONA, MOLTO PIÚ DI UN’OPERAZIONE COMMERCIALE
«Il piccolo Derthona – spiega a winemag.it il presidente del Consorzio Tutela Vini dei Colli Tortonesi, Gian Paolo Repetto – può nascere dalle uve di una vigna nuova, che non hanno la struttura necessaria per supportare un Derthona “classico”.
«Oppure può prendere vita da una vigna più esposta, che tende a perdere un po’ di primari, perché l’uva si è scottata un filino. Una vasca di Derthona non è venuta esattamente come volevi, o l’annata è sfortunata? Il vino diventa un Piccolo Derthona», continua Repetto.
In questo modo la qualità del Derthona “classico” è sempre al massimo. Al contempo, il consumatore che fatica a scegliere un Derthona per questioni di prezzo, ha la possibilità di accedere a un prodotto 100% Timorasso, conveniente per lui e per la cantina che lo vende. Un vino bianco di qualità e struttura superiore alla media degli altri bianchi “standard” italiani».
Sul fronte dei prezzi retail, il Piccolo Derthona si assesta attorno ai 7-8 euro, finendo sullo scaffale a un minimo di 13-14 euro. Il Derthona “classico” parte invece da una media di 10 euro minimo all’Horeca. Il tutto senza intaccare le rese e la base ampelografica: 100% Timorasso, resa massima di 75 quintali per ettaro e bottiglia “green” da 600 grammi. Per entrambe le tipologie.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Trentadue campioni, di cui cinque da botte: ecco i migliori Derthona Timorasso 2020 all’Anteprima “Derthona Due.Zero” andata in scena ieri a Tortona. «Siamo ad Aprile 2022 – ha sottolineato Gian Paolo Repetto, presidente del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi – e ci sono ancora molti bianchi 2020 da imbottigliare. Questo sottolinea quanto il Timorasso sia un vitigno che trae vantaggio della lunghissima permanenza sulle fecce. Ma è anche il segnale della strada intrapresa dai nostri soci, nella sola direzione della qualità».
Il Derthona Timorasso è di fatto il vino bandiera dell’Alessandrino. Un angolo di Piemonte che può contare su una grande varietà di suoli. Il vitigno a bacca bianca riscoperto a fine anni Ottanta dai vignaioli Walter Massa, Andrea Mutti e Paolo Poggio è in grado di interpretarne le sfumature come nessun altro. Arrivando a somigliare, dopo anni di bottiglia, ai grandi Riesling internazionali.
DERTHONA TIMORASSO: IL (RIGIDO) DISCIPLINARE “DI COLLINA”
Il disciplinare, impostato sulla sola viticoltura di collina (banditi i vigneti di pianura) e su una resa massima di 75 quintali per ettaro, prevede anche una versione più immediata e di facile beva, il Piccolo Derthona, e una tipologia DerthonaRiserva.
A chiarire il profilo agronomico della vendemmia 2020, oggetto dell’Anteprima Derthona Due.Zero 2022, è stato Davide Ferrarese. «Poco inverno – ha sintetizzato il consulente tecnico del Consorzio Vini Colli Tortonesi – un’estate fresca e calda, un settembre estivo. Un’annata tutto sommato fresca».
I MIGLIORI DERTHONA TIMORASSO 2020
Colli Tortonesi Doc 2020 Derthona Timorasso, Vigneti Boveri Giacomo (Costa Vescovado – AL)
Giallo paglierino. Vino che si presenta sin d’ora molto pulito: floreale e frutto sono al massimo dell’espressione dei 32 campioni in degustazione. Il tutto unito alle venature minerali tipiche del vitigno. Palato ricco, goloso, intenso, per un vino di gran sapienza e savoir-faire sul vitigno, trattato coi guanti bianchi. Chiusura di ottima persistenza, su tinte mentolate.
Colli Tortonesi Doc 2020 Derthona Timorasso, La Colombera (Tortona, AL)
Giallo tendente al dorato. Mineralità sulfurea sul frutto pienamente maturo, pulitissimo, succoso, elegantissimo. Al palato ancora un po’ chiuso in questa fase, ma il potenziale (evidente) è quello di un cavallo di razza. Sale, frutto, mineralità tornano al palato, con particolare riferimento al frutto tipico del vitigno, carnoso. Lunghissimo il retro olfattivo.
Colli Tortonesi Doc 2020 Derthona Timorasso, Luca Canevaro (Tortona, AL)
Alla vista di un giallo paglierino pieno, luminoso. Bel fiore, frutto intenso, maturo, accenno minerale pronto a schiudersi meglio con l’ossigenazione. In bocca è corrispondente, pieno: il frutto avvertito al naso torna carnoso, su una pregevole ossatura sapida. Chiude fresco, mentolato, “salato”. Vino di territorio e di gran cura enologica, volta a preservare il varietale ed esaltarlo.
Colli Tortonesi Doc 2020 Derthona Timorasso, Cascina Gentile (Capriata d’Orba, AL)
Giallo tendente all’oro. Naso timido che si apre piano, sapendolo aspettare, rivelandosi tipico e preciso. Schietto e immediato, invece, al palato, dove la vena sapida gioca su un fruttato elegante. Ottima persistenza per un vino ambasciatore dei Colli Tortonesi. Giovane e di estremo potenziale.
Colli Tortonesi Doc 2020 Derthona Timorasso, Vignaioli Battegazzore (Tortona, AL)
Giallo paglierino, riflessi dorati. Frutto, fiore e note sulfuree tipiche del vitigno nel particolare microclima dei Colli Tortonesi. Convince per le venature fresco-balsamiche in grado di riequilibrare un frutto opulento, pieno. Chiude agrumato, teso, tipico. Vino non solo di territorio, ma anche di stile, che esalta la mano del vignaiolo.
Colli Tortonesi Doc 2020 Derthona Timorasso, Sassaia Soc. Agr. Srl (Capriata d’Orba, AL)
Giallo dorato. Vino di caratura internazionale, rimanda per certi versi alla Francia. Note di caramello salato sull’evidente mineralità e sulla frutta a polpa gialla e bianca, perfettamente matura. Slancio ammandorlato prima della chiusura fresca, balsamica, sapida.
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Dopo il grande successo della prima edizione, torna Derthona Due.Zero. Manifestazione ideata dal Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi per valorizzare e diffondere la conoscenza del vino bianco autoctono ottenuto con il vitigno Timorasso.
L’appuntamento si terrà a Tortona nella storica sede del Museo Orsi nei giorni di venerdì 1 e sabato 2 aprile. Saranno coinvolti i produttori appartenenti alla denominazione, che proporranno in anteprima all’interno di un grande banco di assaggio tutti i vini dell’annata 2020.
A programma un importante convegno dedicato alla sostenibilità. Previste inoltre due Masterclass per approfondire la conoscenza del territorio tortonese e la capacità evolutiva dei vini ottenuti con il Timorasso.
«Siamo entusiasti di poter tornare ad incontrare appassionati, operatori del settore ed esponenti della stampa, finalmente dal vivo – commenta Gian Paolo Repetto, presidente del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi -. A gennaio del 2020 la primissima edizione del nostro evento dedicato al Timorasso aveva riscosso un grandissimo successo».
«Tutti i produttori – aggiunge Repetto – sono desiderosi di poter continuare a far conoscere le peculiarità uniche di un vitigno che ha trovato il suo habitat perfetto solo in queste meravigliose valli, crocevia di quattro regioni come Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna».
IL TIMORASSO
Quasi scomparso dalla mappa della viticoltura italiana, il Timorasso, vitigno autoctono a bacca bianca coltivato nel comprensorio del tortonese sin dal Medioevo, a fine anni ’80 viene riscoperto grazie all’impegno e alla tenacia di un gruppo di giovani vignaioli locali.
Primi pionieri come Walter Massa, Andrea Mutti e Paolo Poggio, che ne riscoprono l’antica tradizione e intraprendono la strada del rilancio. Se nel 2009 la superficie vitata a Timorasso all’interno della denominazione era di soli 25 ettari, oggi questo prezioso vitigno ne occupa più di 200. Dimostrazione del grande interesse che ha suscitato nel corso degli anni.
DERTHONA
«Nel 2020 è stata presentata la nuova futura sottozona Derthona, antico appellativo della città di Tortona – dice Repetto –. Un solo nome, per identificare tutti i vini prodotti con il Timorasso, con l’obiettivo di unire il territorio, il vino e il vitigno che è diventato il simbolo del Rinascimento dei Colli Tortonesi».
«Contemplerà tre tipologie e consentirà di valorizzare la grande capacità che si porta in dote il Timorasso. Vale a dire quella di donare il meglio di sé con il trascorrere del tempo. Si tratta di un progetto molto importante per tutta la denominazione, in attesa di completare il suo iter per poter essere inserita all’interno del disciplinare di produzione».
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
MILANO – A distanza di quasi un anno da Vinitaly 2019, il Consorzio di Tutela dell’Ovada Docg ha riproposto ieri a Milano, in collaborazione con Ais, una degustazione di annate storiche non del tutto convincente. Se è vero che il Dolcetto “invecchia” bene dalle parti di Ovada, il reiterato tentativo di “somigliare“ al Barolo – con vini anni 90 al limite della potabilità – rischia di adombrare le doti (eccellenti) dell’Ovada “giovane”. Confondendo ancor più i consumatori, che hanno appena iniziato a “digerire” la manovra (dialettica) dal “Dolcetto” all’“Ovada”, tout court.
Ne ha tante di cose da raccontare il vino simbolo del Monferrato Ovadese, nei suoi primi anni di vita. Viene da chiedersi a chi giovi forzare la comunicazione di un Consorzio nato nel 2013 sulle doti da maratoneta di un atleta prezioso sin dai primi cento metri della “corsa”.
La chiamano #OvadaRevolution, ma sembra più #OvadaConfusion. Una sindrome del lungo affinamento a tutti i costi propagatasi forse dai vicini di casa del Gavi Docg, che sbandierano la longevità del Cortese senza avere scorte di vecchie annate in cantina. Cui prodest?
In zona, ovvero in quella fetta di Piemonte limitata all’Alessandrino, pare avere le idee chiare più di tutti il Derthona, illuminato dal genio più rinnovabile dell’energia green di Walter Massa e dalle scelte di un Consorzio guidato quasi sottovoce – ma con grande determinazione – da Gian Paolo Repetto.
Il punto è che le vicende e le storie delle varie Denominazioni dell’Alessandrino finiscono per mescolarsi ai banchi d’assaggio, come quello allestito ieri al The Westin Palace di Milano. L’Ovada Docg e il Dolcetto d’Ovada, accanto al Gavi e al Derthona, sono pezzi dello stesso puzzle che amplificano il rumore di scelte (forse) discutibili.
Difficile trovare Dolcetti capaci di far davvero gridare al Barolo o al “Barolino”, tra le vecchie annate in degustazione. Ecco una selezione degli assaggi più convincenti tra i 27 produttori presenti alla prima milanese dell’Ovada Docg.
Ovada Docg 2017 “1919”, Alvio Pestarino. Splendido frutto, freschezza balsamica, tannino di gran eleganza, gran persistenza. Un vino capace di rappresentare appieno l’eccellenza della Denominazione. Ottenuto da un “cru” aziendale, l’etichetta del giovanissimo enologo Andrea Pestarino (nella foto) celebra nel migliore dei modi i 100 anni della cantina di Capriata d’Orba (AL).
Ovada Docg 2018 “Du Sü”, Tenuta La Piria. Frutti rossi (ciliegia e mora) e fiori (violetta) esplosi nel calice, per un Dolcetto dalla gran bevibilità, rinvigorita da un finale ammandorlato e vagamente salino. Colpisce per la capacità di coniugare verticalità e polpa. Altro vino simbolo della Docg.
Ovada Docg 2018 “Celso”, Cascina Boccaccio. Un Ovada Docg giocato tutto sull’espressività del frutto, polposo e pieno: la leggera volatile porta al naso i profumi, senza disturbare. Tannino elegante per un vino da godere oggi, eppure di gran prospettiva.
Ovada Docg Riserva 2016 “Le parole servono tanto ma il cuore fa di più”, Cascina Gentile. Giovane e bravo Daniele Oddone, che si districa tra le varie denominazioni dell’Alessandrino con risultati sempre convincenti. Sotto i riflettori, in particolare, il suo impegno a Ovada in qualità di vicepresidente del Consorzio. Gran bel frutto per una riserva versatile e dall’eccellente bevibilità, in commercio da metà marzo.
Ovada Docg 2016, Castello di Tagliolo. Best of nell’utilizzo del legno per questa etichetta che coniuga una beva tonda, senza rinunciare ai piacevoli “spigoli” tipici del vitigno. Un vino che esalta il gran lavoro in vigna, assieme alla mano dell’enologo.
Ovada Docg 2016, Tenuta Elena. Terreni in parte tufacei per questa etichetta, che racconta una mineralità curiosa, al naso. Sorso agile, tannino elegante e di prospettiva. Frutto e balsamicità come cifra definitiva.
UNA DENOMINAZIONE IN CRESCITA
“È la prima volta che un gruppo così numeroso di aziende esce dai ‘cortili’ per presentarsi unito a Milano – commenta il presidente del Consorzio di Tutela dell’Ovada Docg, Italo Danielli, intervistato da WineMag.it – ed è proprio in città e in luoghi d’eccellenza come questo che la nostra Denominazione si vuole collocare”.
“Siamo tra i produttori dei grandi rossi piemontesi – continua il numero uno dell’ente – e vogliamo raccontarlo e ribadirlo nelle sedi opportune: oggi a Milano e presto a Vinitaly 2020. Mete importanti, che fino a poco tempo fa era difficile anche solo immaginare”.
“Il Consorzio è nato nel 2013 con 12 aziende, adesso siamo 37 e piano, piano stiamo creando una massa critica importante. I produttori stanno capendo che assieme, facendo un passo in avanti da colleghi e non da concorrenti, si possono raggiungere risultati importanti”.
Secondo i dati più aggiornati, riferiti al 2018, l’Ovada Docg ha superato quota 100 mila bottiglie. “Un numero esiguo – sottolinea Danielli – ma considerati gli imbottigliamenti del 2017, il 2018 ha registrato una crescita del 20%: numeri in controtendenza nel panorama italiano, che dimostrano quanto il territorio stia credendo nel progetto”.
Un disegno che riguarda anche la superficie vitata della Docg, oggi a quota 100 gli ettari complessivi. “Abbiamo un’opzione favorevole nell’ottica di crescita del peso specifico della Denominazione – evidenzia ancora il presidente del Consorzio – ovvero la possibilità di rivendicare la Docg sui terreni iscritti a Dolcetto d’Ovada Doc”.
Si tratta di altri 500 ettari vitati complessivi, già a disposizione dei produttori. “Ovviamente – precisa Dainelli – il disciplinare della Docg è più restrittivo e prevede, per esempio, rese massime di 70 quintali all’ettaro per il ‘base’ e 60 per la Riserva, mentre la Doc si assesta sugli 80 quintali per ettaro. Le nostre rese sono comunque attorno ai 50″.
“Raccolta delle uve, vinificazione e imbottigliamento devono avvenire all’interno del territorio della Denominazione – conclude Danielli – e non a caso stiamo puntando sul nome Ovada Docg per identificare il nostro Dolcetto: un modo per tutelare l’unicità della Denominazione, impossibile da garantire utilizzando semplicemente il nome del vitigno”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Un passo indietro, bello lungo. Sino al tempo dei Romani. Per farne cento avanti. Il Timorasso cambia nome (e disciplinare) e diventa Derthona. Un modo per legarsi a doppio filo col territorio d’appartenenza. Evocando l’antico nome di Tortona e blindando l’uvaautoctona Timorasso alla città dell’alessandrino e al suo circondario. Nel segno del claim “un vino, un territorio, un vitigno“.
Il Consorzio di Tutela Vini Colli Tortonesi, che attende entro la vendemmia 2020 il via libera dal Ministero per poter scrivere “Derthona” sulle bottiglie di Timorasso – oggi appare come “brand” – entra nella fase Due.Zero. Quella della consacrazione definitiva di un vino unico. Buono subito. Ottimo a partire dai 3 anni di vita.
Lo sa bene Walter Massa, il vignaiolo di Monleale (AL) che ha guidato la riscoperta del Timorasso, assieme a un manipolo di produttori piemontesi. Nel 1988, alla seconda prova di vinificazione, Massa si accorse che il vino dell’87 era più buono di quello appena messo in bottiglia. Stessa storia nell’89, con il vino dell’88. E così via.
Una propensione all’incomplessirsi, all’inspessirsi e a regalare emozioni nell’allungo che ricorda le volate di un ciclista simbolo dell’Alessandrino: l’Airone Fausto Coppi, nato nel tortonese e arrivato sul tetto del mondo come il Derthona, ormai presente sulle carte dei vini dei ristoranti stellati di mezzo pianeta. Da Milano a Shanghai.
Già, perché l’uva Timorasso dà vini “passisti”, capaci di arrampicarsi sulle lancette, in verticale, come Coppi sullo Stelvio. Belli da vedere e da bere dalla “borraccia”, da giovani. E da godere al cospetto di grandi piatti della tradizione italiana, con diversi anni sulle spalle. Un vino schietto, il Derthona. Che ai nastri di partenza mostra già dove vuole, anzi dove “può”, andare.
Poesia che si legge tra le righe e i tecnicismi dell’innovativo disciplinare, illustrato ieri al Museo Orsi di Tortona dal presidente del Consorzio, Gian Paolo Repetto. La sottozona Derthona è delimitata in verticale: “Conta l’altitudine per piantare, diversa per ogni Comune”, ha precisato Repetto.
Il grado alcolico minimo è di 12,5% per il “base” e di 13% per il Derthona Riserva. Il primo può essere messo in commercio dall’1 settembre dell’anno successivo alla vendemmia. Il secondo, invece, può essere venduto dall’1 marzo del terzo anno successivo alla vendemmia.
Incisivo il commento di Repetto su questa scelta: “Quando solitamente si smette di parlare di un bianco, considerandolo ormai seduto, il Derthona inizia il suo percorso per diventare più espressivo e complesso”.
Il nuovo disciplinare della sottozona Derthona guarda anche alla sostenibilità della produzione, con una bottiglia che non potrà superare i 600 grammi di peso. Così come “pesa”, in bocca, l’estratto secco: minimo 17 g/l per il base e 18 per la Riserva. Un bianco travestito da rosso. Passi avanti, dunque, per restare ai vertici.
Eppure sembra ieri quando, nel Tortonese, c’era solo mezzo ettaro piantato da Walter Massa. Era il 1987. Ci sono voluti 22 anni per arrivare a 25 ettari, nel 2009, anche grazie alla collaborazione dei Vivai Rauscedo. Oggi, i produttori di uva Timorasso sono ben 132 e allevano 175 ettari.
Una Denominazione, il Derthona, che ha registrato un vero e proprio boom nel 2018, con un +57% della superficie vitata. L’impianto di altri 100 ettari è in programma nei prossimi tre anni, sino alla cifra complessiva che non potrà superare i 350 ettari.
Tra le aree più in fermento dei Colli Tortonesi c’è la Val Borbera, rappresentata nel calice da Ezio Poggio: il “Walter Massa” della sottozona, denominata Terre di Libarna. Un territorio che sta trovando nella produzione degli spumanti la strada maestra – viste le altitudini maggiori, sino ai 600 metri sul livello del mare – ma in cui si registrano i bollori di alcuni giovani produttori, intenzionati a farsi largo sul palco dei cosiddetti “vini naturali“.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Cantina Isolabella della Croce di Loazzolo, gioiello dell’astigiano. Vendemmia 2013. Vasca numero 32: Sauvignon Blanc in purezza. Andrea Elegir, l’enologo, annusa e riannusa il nettare. Qualcosa non va. Non è profumato come all’inizio. Eureka. Bisogna evitare che il mosto entri in contatto con l’ossigeno, “bruciando” gli aromi. Nasce così Vinooxygen, la vasca di acciaio Inox da 30 ettolitri che ha rivoluzionato il Sauvignon di Isolabella. Rendendolo più profumato e più sano. Con meno solfiti di un rosso.
Il macchinario, brevettato e commercializzato da Andrea Elegir e dal fratello Luca (ingegnere meccanico), non promette miracoli. Più semplicemente, Vinooxygen consente di portare a termine l’intero processo di vinificazione senza travasi. Tutto avviene nella vasca. Dalla fermentazione alla stabilizzazione, fino all’unica “movimentazione” del vino, necessaria all’imbottigliamento.
“Rispetto al vino della stessa annata, vinificato col metodo tradizionale – precisa Andrea Elegir – si conserva il 30% in più dei profumi. Si dice che su cento aromi classici del Sauvignon, se l’enologo è bravo, riesce a preservarne il 60-65%. Grazie a Vinooxygen si sale al 90% di aromi preservati in bottiglia e, dunque, nel calice”.
“Misurando i composti solforati del Sauvignon Blanc – spiega il winemaker piemontese – si nota come ogni travaso del vino causi una perdita dal 6 all’8% degli aromi. Riducendo al minimo i travasi, si riduce anche la perdita aromatica”.
Senza ossigeno in vinificazione, inoltre, si evita di usare solfiti, se non al momento dell’imbottigliamento. “Andiamo in bottiglia con 60 mg/l – commenta Elegir, analisi alla mano – e la cosa positiva è che, a due anni dall’imbottigliamento, sul Sauvignon della vendemmia 2017, abbiamo riscontrato 54 mg/l di totale e 45 di solforosa libera. Il vino, a distanza di tempo, risulta dunque ancora protetto e fresco“.
Importante anche il riscontro del mercato. Il primo Sauvignon prodotto col metodo Vinooxygen, nel 2016, è stato venduto in quattro mesi. In precedenza, Borgo Isolabella della Croce impiegava un anno per finire le scorte dell’annata: circa 3.500 bottiglie.
“Ci è bastato farlo assaggiare ai clienti in occasione delle ultime edizioni di Vinitaly per venderlo tutto”, chiosa Andrea Elegir. Intanto, il macchinario ideato dall’enologo piemontese ha varcato i confini di Loazzolo.
Sarà presto in commercio il Timorasso 2018 prodotto col metodo Vinooxygen da Gian Paolo Repetto. Consensi anche nelle Marche, dove a utilizzare la speciale vasca è l’Azienda Vitivinicola Socci, per il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore.
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DERNICE (AL) – Fossimo su un campo di calcio, saremmo già a metà dell’opera. In panchina Walter Massa. Allenatore d’esperienza. A Ezio Poggio la fascia da capitano. Sinonimo di fedeltà pioneristica ai colori. Col numero 10 Maurizio Carucci. L’artista e uomo immagine. Dopo aver conquistato il mondo col Timorasso, il Basso Piemonte si prepara a sfornare un nuovo fenomeno, chiamato Val Borbera. La cantera è sempre la stessa. Sulle carte ufficiali figura come Terre di Libarna, dal 2011 sottozona della Doc Colli Tortonesi, assieme alla più nota Monleale, caput mundi del movimento tornato alle origini col nome Derthona (antico nome di Tortona).
Il “feudo” del vignaiolo Walter Massa è pronto a raccontarsi in una veste più ampia e con nuovi attori, molti dei quali giovani. Ne è un esempio Carucci, front man degli Ex-Otago “ma ancor prima agricoltore, tornato alle origini per fare vino” con Cascina Barbàn. O ancora Nebraie, la cantina di Andrea Tacchella.
All’appuntamento con lo spin-off dei Colli Tortonesi non vuole mancare la cooperativa Vallenostra, resa nota da Roberto Grattone più per il formaggio Montebore che per il vino. Altra realtà consolidata della valle è l’Azienda agricola di Gianluigi Mignacco, oltre alla cantina simbolo del territorio, la Vinicola Ezio Poggio.
Del resto, la sottozona ha tipicità del tutto esclusive, consegnate al calice da una valle selvaggia, che deve il nome al torrente Borbera, affluente dello Scrivia. Siamo nella parte meridionale della Denominazione. Sempre in provincia di Alessandria. Ma al confine estremo con la Liguria. In piena area appenninica.
Venerdì 15 novembre 2019 il primo ritrovo ufficiale del gruppo di vignaioli, a Dernice (AL). Tutti in un luogo simbolo: la Foresteria La Merlina, ristorante tipico e albergo cult gestito dai coniugi Luciana e Marco Pietranera, da cui si gode di una vista mozzafiato, immersi nella natura, tra daini, cerbiatti e lupi.
“I vini qui sentono il mare, ma ancor più la montagna – commenta Ezio Poggio, primo a credere nella Val Borbera con la sua cantina -. Il valore aggiunto della sottozona sono le condizioni microclimatiche, perfette per produrre spumanti, ma anche vini longevi, in linea col resto dei Colli Tortonesi”.
La differenza – continua Poggio, che a dicembre presenterà il suo primo Metodo Classico da uve Timorasso – risiede nei ph più bassi, condizione ottima per la spumantizzazione. I vigneti si trovano dai 400 ai 600 metri. La vendemmia in Val Borbera inizia circa un mese dopo rispetto al resto della Doc”.
Ci sono venti chilometri, in linea d’aria, tra la cantina di Walter Massa, a Monleale, e quella di Ezio Poggio, a Vignole Borbera. A dividerle, appunto, l’Appennino su cui insistono le Terre di Libarna. Qui i vini risultano meno alcolici. Nella maggior parte dei casi, meno strutturati. Ma eleganti e dalla beva più agile e profonda, balsamica.
“Con i cambiamenti climatici in corso – sottolinea Poggio – la Val Borbera si è dimostrata meno soggetta ai condizionamento delle estati torride. Inoltre beneficiamo delle piogge, che qui cadono con la giusta copiosità”.
Oltre a Vignole Borbera, i Comuni interessati sono Borghetto di Borbera, Rocchetta Ligure, Cantalupo Ligure, Roccaforte Ligure, Cabella Ligure, Albera Ligure, Mongiardino Ligure, Grondona, Stazzano, Carrega Ligure, Dernice e la sponda destra dello Scrivia, ad Arquata Scrivia.
“Per fortuna – commenta Walter Massa – in Val Borbera c’è un bel movimento e non posso che complimentarmi con chi sta contribuendo a far sentire la Val Borbera nel vino. Questa, secondo me, è la valle più bella che c’è in provincia di Alessandria. Ci appartiene ed è giusto che dica in maniera forte che c’è”.
“Oggi – aggiunge Massa – il sistema migliore per fare promozione del turismo è prendere una bottiglia, metterci sopra un’etichetta e farle fare il giro del mondo. Se nella bottiglia c’è un grande prodotto, ottenuto secondo natura e, come nel caso della Val Borbera, grazie a un’uva locale come il Timorasso, le persone arrivano”.
Oggi l’Italia non è più Chianti, Valpolicella, Collio e Langhe, ma va dalla Valtellina fino a Pantelleria e dalla Sardegna fino al Carso. In questo territorio non ci manca niente, né sotto il profilo gastronomico, né paesaggistico, né ambientale. Abbiamo queste uve che parlano in dialetto: ascoltiamole”.
Secondo Massa, la Val Bolbera ha tutte le chance per farsi conoscere – e riconoscere – per i suoi spumanti: “Finché campo, non farò mai una bollicina a Tortona: non ho il mesoclima per fare spumante. I grandi vignaioli di Borgogna, che coltivano Chardonnay e Pinot Nero, non si sognano di imitare i colleghi che fanno Champagne”.
Da Beaune a Eppernay ci sono circa 120 chilometri. Da Monleale a Vergagni c’è solo una cosa: una galleria nell’Appennino: ma vale i 120 chilometri che dividono la Borgogna classica dalla Champagne”.
“La sottozona Terre di Libarna – conclude Massa – se la può giocare su due fronti: quello degli spumanti e quello del Timorasso. Noi, al di là della galleria, andremo avanti con un grande bianco, sempre da uve Timorasso, e un grande rosso, da uve Barbera”.
Eppure non rinuncia ai rossi, la Val Borbera. Lo dimostra il Mostarino di Cascina Barbàn, vero e proprio asso nella manica di Maurizio Carucci. Stefano Raimondi, ricercatore del Cnr intervenuto alla Foresteria La Merlina, ne tratteggia il (raro) profilo ampelografico: “Si tratta della varietà principe della valle, assieme al Timorasso”.
“È presente anche nel Bobbiese, in Val Trebbia – continua Raimondi – ed è citata storicamente nelle zone alte dell’Oltrepò pavese. Si trovava inoltre a Novi, prima che sparisse la viticoltura. È una varietà strana, che invaia molto tardi e, una volta invaiata, matura presto. In questa zona la maturazione è più regolare, proprio per via del microclima più fresco. E forse, proprio qui, potrà dare risultati più interessanti”.
A credere nelle potenzialità della Val Borbera è anche il Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi. “La sottozona Terre di Libarna – sottolinea il presidente Gian Paolo Repetto (nella foto) – è stata per tanti anni piuttosto ferma, ma ora c’è gran fermento, con nuove realtà che si affacciano alla produzione”.
“Siamo qui per fare squadra e continuare a promuovere tutta la zona, in tutte le particolarità che la arricchiscono ulteriormente”, aggiunge Repetto. Nel frattempo, nel futuro del Consorzio c’è un progetto ambizioso, volto a blindare la Denominazione dal punto di vista qualitativo.
“Con l’approvazione del nome Derthona, ormai in dirittura d’arrivo – annuncia Repetto a WineMag.it – distingueremo l’alta valle dalla basse valle e a dirci che questa è la strada giusta è la stessa Val Borbera, dove sussistono differenze sostanziali tra le due aree”.
“Ogni comune – precisa ancora il presidente del Consorzio Vini Colli Tortonesi – avrà un’altitudine minima in cui si potrà impiantare il Timorasso. L’obiettivo è escludere tutte le zone non vocate, che impattano sull’uva sia per la quantità di acqua che drena verso il fondo, sia per l’umidità mattutina e le gelate. Un lavoro certosino, che ci porterà a definire come altitudine minima dai dai 150 ai 450 metri sul livello del mare per la Doc”.
Pronto anche un piano per governare gli ettari vitati. “I 150 attuali – spiega Repetto – potranno arrivare a un massimo di 350 ettari nel 2030, attraverso bandi d’impianto sostenibili. Avremmo corso un po’ troppo se ci fossimo lasciati condizionare dal grande interesse che c’è in zona. Ci fa piacere, ma dobbiamo essere capaci di non rompere il giocattolo”.
I VINI DELLA SOTTOZONA TERRE DI LIBARNA (VAL BORBERA)
– Mostarino 2018, Cascina Barbàn: 89/100
Il nome della varietà è dovuto alla generosità dell’uva in pressa, tale da regalare tanto “mosto”. La macerazione con le bucce per 40 giorni è l’intervento più “invasivo” (si fa per dire) che i quattro giovani di Barbàn (Maurizio Carucci, la compagna Martina Panarese e gli amici Pietro Ravazzolo e Maria Luz Principe) operano nelle cantine di Figino, recuperate per dar vita al progetto enologico.
“Nessun additivo e zero solforosa aggiunta – spiega il cantautore venuto alla ribalta a Sanremo 2019, con gli Ex-Otago – per noi il vino deve rispecchiare il territorio e non vogliamo aggiungerci nulla”. Mostarino si comporta piuttosto bene nel calice, specie dopo qualche minuto di ossigeno. Belle notte di frutto rosso maturo, al palato e grandissima bevibilità. Una bottiglia che rischia di finire in fretta, senza neppure accorgersene.
– Vino bianco “Bolle in Valle”, Nebraie: 87/100
Si tratta del Timorasso rifermentato dell’Azienda agricola condotta da Andrea Tacchella. Anche in questo caso la lavorazione avviene secondo canoni naturali, senza aggiunta di additivi e solforosa. Il vino, non filtrato, si presenta torbido.
Profuma di fiori freschi, agrumi, pesca e albicocca matura. Al palato gran beva, su note corrispondenti. Altra bottiglia che finisce in fretta, ma per il futuro c’è da aspettarsi una maggiore caratterizzazione del vitigno, al momento “coperto” dalla rifermentazione e dai marcatori dei lieviti.
– Colli Tortonesi Doc Spumante Brut Terre di Libarna 2018 “Lüsarein”, Ezio Poggio: 91/100
È il Martinotti (Charmat) di Ezio Poggio. Non un’etichetta a caso, bensì quella che ha dato avvio alla spumantizzazione in Val Borbera, che si evolverà nel Metodo Classico a partire da dicembre 2019. La vigna si trova a 600 metri sul livello del mare, in una posizione spettacolare dal punto di vista paesaggistico.
Nel calice, fa capire subito di che pasta è fatto, con un perlage fine e persistente. Al naso richiami netti di agrumi, tra la polpa e la buccia d’arancia, impreziositi da sbuffi minerali che ricordano la pietra bagnata.
In bocca gran eleganza: la bollicina si fa piuttosto cremosa e avvolgente: serve ad ammansire una freschezza e una sapidità dirette, tanto da riequilibrare alla perfezione il sorso. Finale di buona persistenza, molto asciutto.
– Vino bianco 2018 “Costa di Cesco”, Vallenostra: 84/100 Uve Timorasso completate da un Cortese che tende a fagocitare la scena. Un vino che tende più a Gavi che a Tortona.
– Colli Tortonesi Doc Timorasso Terre di Libarna 2015 “Archetipo”, Ezio Poggio: 95/100 Giallo paglierino di grande intensità, con riflessi dorati. Naso ampissimo, che tende all’infinito col passare dei minuti. Fa tutto tranne che scomporsi col passare dei minuti, quando qualche grado in più nel calice consente al nettare di esprimersi ancora meglio sul palco, proiettandolo (in senso assoluto) tra i migliori vini bianchi italiani.
Un concerto di agrumi, macchia mediterranea, menta, con rintocchi di idrocarburo netti che portano alla mente il Riesling. Non mancano le spezie, che conferiscono ulteriore balsamicità. Al palato sale e freschezza assoluta. Infinita persistenza. Il campione della serata. Al momento, il pezzo da novanta della Val Borbera e della sottozona Libarna.
– Timorasso 2018 “Pian del tè”, Cascina Barban: 89/100
Ricorda per stile, ovvero la lunga macerazione sulle bucce (ancora una volta 40 giorni), il Timorasso di un altro grande dei Colli Tortonesi, Daniele Ricci. Qui però c’è più frutto e materia e meno ricerca della finezza ossidativa. Ottima freschezza, che disegna i contorni del vitigno e dalla Val Borbera.
Scaldandosi, il vino esprime un sentore netto di liquirizia, che ben si coniuga ai ricordi esotici. Palato corrispondente, largo sul frutto e al contempo tagliente, con bella persistenza su una mineralità iodica e un accenno di idrocarburo.
– Colli Tortonesi Doc Timorasso Terre di Libarna 2018 “Battilana”, Gianluigi Mignacco: 91/100
Vigna a Cantalupo per questo Timorasso che racconta in maniera perfetta, didattica, la Val Borber dei vini fini ed eleganti, con grandissime prospettive di evoluzione. Migliacco, del resto, in un gruppo di giovani può essere considerato a pieno titolo tra i veterani della sottozona Terre di Libarna.
Il nonno era maestro bottaio, tradizione andata perduta in zona, assieme al decadimento della viticoltura. Giallo paglierino alla vista. Agrumi e menta a connotare un naso dritto, diretto, minerale, nonostante la buona presenza di frutto maturo. Un vino che potrebbe definirsi “alpino”, montano, destinato a migliorare ancora in profondità e balsamicità, più che in ampiezza.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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