È Cantina Santadi la Cantina dell’anno per la Guida Top 100 Migliori vini italiani 2024 di winemag.it (disponibile in prevendita a questo link). Cantina di Santadi si trova nel Sulcis, nella zona sud-occidentale della Sardegna, a pochi chilometri dalle meravigliose spiagge e dune bianche di Porto Pino. Nata nel 1960, assume un nuovo un nuovo volto con l’arrivo di un nuovo gruppo dirigente, che ne solleva le sorti sino a renderla un vanto non solo per la Sardegna, ma per l’Italia intera. Il vitigno Carignano è da allora al centro del progetto enologico, senza tuttavia trascurare i vitigni a bacca bianca tradizionali della Sardegna come Vermentino, Nuragus e Nasco.
Il desiderio di imporsi sui mercati con qualità è dimostrato dall’arrivo a Cantina Santadi dell’enologo di fama internazionale Giacomo Tachis, oggi compianto. Erano gli anni Ottanta. L’impronta lasciata dal creatore di vini icona dell’enologia italiana come Sassicaia, del Tignanello e del Solaia si fa ancora sentire a Santadi in vini come Terre Brune (primo vino barricato della Sardegna che in questa Guida si aggiudica 96/100, con l’annata 2019), Rocca Rubia, Noras, Araja, Grotta Rossa e Antigua, oltre che nei bianchi Villa di Chiesa, Cala Silente, Pedraia, Villa Solais e Latinia.
La cantina è presieduta dal 1976 da Antonello Pilloni, socio di Santadi dal 1974 e coadiuvato da un Cda che mira a dare all’azienda una forma «snella, dinamica e puntuale». Negli anni Duemila l’altra grande rivoluzione. Con l’obiettivo di produrre vini di maggior qualità viene costruito un moderno e funzionale laboratorio per le analisi, vengono implementati il reparto vinificazione, la sala barrique, il magazzino per il confezionato e vengono aggiunte una serie di vasche in cemento. Non viene mai dimenticato il rispetto e la tutela dell’ambiente e quest’ultima trance di lavori include un impianto fotovoltaico e un moderno depuratore. Cantina Santadi conta oggi 200 soci viticoltori che, insieme, coltivano 600 ettari di vigneto nell’areale del Sulcis.
Guida top 100 Migliori vini italiani - 2024
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Quello che vi proponiamo oggi è un viaggio virtuale attraverso la Toscana, regione che produce grandi vini che da sempre seducono il mondo. Siamo reduci proprio da una degustazione di grandi vini rossi di Toscana, tra cui alcuni Supertuscan, proprio a pochi giorni dalla scomparsa di Giacomo Tachis, direttore delle cantine Antinori per 32 anni che di alcuni è stato il padre. Supertuscan, ovvero vini realizzati da produttori che non hanno voluto sottostare alle rigide regole delle Doc, che hanno saputo sfruttare le caratteristiche del terroir toscano, lavorando in vigna con bassissime rese per ettaro, sperimentando uve indigene, adoperando botti differenti rispetto alle tradizionali per produrre quelli che non rientrando nelle denominazioni Doc e Docg, sono considerati vini da tavola. E che vini! Di una qualità eccezionale, prodotti di punta dell’enologia a livello mondiale. Saliamo dunque a bordo della navicella allestita dalla delegazione sommelier Fisar di Bareggio, alle porte di Milano. Il
nostro viaggio di degustazione parte dal primo Supertuscan della storia. Siamo nella zona del Chianti, a Greve in Chianti, nella tenuta Antinori con il celeberrimo Tignanello Igt di Toscana. Prodotto con uve Sangiovese 80%, Cabernet Sauvignon 25% e Cabernet Franc 5% nell’omonimo vigneto, viene prodotto solo in annate favorevoli anche se sono davvero poche quelle in cui non è stato vinificato, tra le più ‘recenti’ la 2002. La vendemmia che abbiamo degustato è la 2012. Nel calice ha mostrato subito di essere giovane con il suo colore rosso violaceo. Al naso sentori di ciliegia, prugna secca, viola, spezie come il pepe e i chiodi di garofano e note dolci di vaniglia. Di gusto pieno, acido, si è rivelato poco morbido per via di un tannino ancora pungente, ma con un finale lungo. Un vino quindi di pronta beva, ma con ampi margini di miglioramento, tra un paio di anni esprimerà al massimo le sue potenzialità. Il Tignanello Igt si abbina a ragù di carne, risotto, selvaggina, formaggi stagionati. Da Greve in Chianti ci spostiamo a Cortona. Meraviglioso borgo medievale in provincia di Arezzo, celebre anche per essere la città natale di Jovanotti. Il vino che abbiamo degustato è un Cortona Doc Syrah Il Bosco 2011 prodotto dai Tenimenti D’Alessandro. Si tratta di un Syrah 100% in purezza, vitigno particolare con il quale si producono vini simili al Lagrein o al Teroldego Rotaliano. Un vino prodotto con uve di vigneti messi a dimora nel 1993, 1995 e 1999 del quale vengono prodotte circa 13.000 bottiglie annue. Anche il Cortona Doc Syrah Il Bosco 2011 nel calice si è mostrato di colore violaceo, poco trasparente. Al naso complesso: pepe, tabacco, amarena, fondi di caffè e vaniglia. Un corpo pieno, acido, con un tannino avvolgente ed un finale persistente. Un vino che si abbina ad arrosti, selvaggina, formaggi stagionati.
IL VIAGGIO CONTINUA Andiamo verso il mare, ma ci fermiamo nell’entroterra della meravigliosa Bolgheri. Chi non ha in mente il lungo viale di cipressi che conduce al piccolo borgo? I cipressi sono stati piantati proprio da Guidalberto della Gherardesca, quadrisnonno di Nicolò Incisa della Rocchetta, creatore del Guidalberto della Tenuta San Guido di Bolgheri e figlio di Mario Incisa della Rocchetta, padre del Sassicaia. Il Guidalberto Igt è nato proprio dalla volontà di cimentarsi con un’uva mai utilizzata in precedenza, il Merlot, per offrire al consumatore un prodotto che potesse essere apprezzato più giovane. Il Guidalberto 2010 è quello che ci è stato offerto in degustazione: prodotto con uve Cabernet Sauvignon per il 60% e per il 40% Merlot si è presentato di colore rosso violaceo con spiccate note erbacee di macchia mediterranea, frutti rossi e note di caffè. Morbido, acido e con un tannino vivo, al palato lungo e persistente. Si abbina primi piatti a base di ragù di carne, selvaggina e formaggi stagionati. Da Bolgheri ci spostiamo di pochi chilometri per raggiungere idealmente il bellissimo borgo di Massa Marittima dove si trova MorisFarms. La famiglia Moris di origine spagnola pratica agricoltura in maremma da diversi secoli. Dalla fine degli anni 70 ha indirizzato l’azienda verso una viticoltura specializzata, intuendone le potenzialità. Oggi è considerata una delle più importanti realtà toscane e in degustazione abbiamo avuto la possibilità di provare il loro prodotto di spicco: Avvoltore Igt vendemmia 2007, vino nato nel 1988 e prodotto solo nelle migliori annate da uve Sangiovese 75%, Cabernet Sauvignon 20%, Syrah 5%. Rosso rubino con riflessi violacei al naso si apre con un bouquet complesso di sentori di pelle, cuoio, caffè e tabacco, ma anche note balsamiche, fave di cacao e infine la vaniglia. Morbido ed elegante con una struttura vellutata al palato. Si accompagna con carni arrosto.
IL BILANCIO
Il nostro viaggio si conclude con il vino più ‘invecchiato’ della serata. Pareto Rosso Igt prodotto dalla tenuta Nozzole Folonari a Greve in Chianti annata 1999. I meno giovani ricorderanno la pubblicità del Carosello dei vini Folonari precursori delle prime strategie di marketing dove si evidenziava la qualità dei vini Folonari che costavano “solo mezzo bicchiere in più”. Il Pareto Rosso Igt è prodotto con Cabernet Sauvignon in purezza. Al naso note olfattive speziate che riportano alla vaniglia, ma anche al cuoio, pellame, cacao e frutti rossi come la prugna. Al palato è risultato asciutto e persistente, il tannino aggraziato a renderlo un vino elegante. Adatto in accompagnamento a carni, brasati e cacciagione. Verrebbe naturale pensare che il prodotto più costoso sia risultato il più gradito, invece non è così. Il pubblico si è un po’ diviso. I vini più apprezzati sono stati l’Avvoltore 2007, il Pareto 1999, seguiti da Guidalberto 2010, Cortona Doc il Bosco e infine il Tignanello 2012 più o meno con lo stesso numero di preferenze. Alcuni di questi vini si trovano anche nella grande distribuzione, nelle catene che destinano generosamente qualche facing ai vini di enoteca. Il Tignanello 2012 è il vino più caro della serata con un prezzo medio che si aggira intorno ai 60 euro, tutti gli altri vini hanno prezzi più abbordabili, che oscillano tra i 30 ai 35 euro.
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Tre vini eterni, come la fama del loro padre e inventore. È morto venerdì notte a San Casciano Val di Pesa, in provincia di Firenze, il più noto fra gli enologi italiani: Giacomo Tachis. Malato da tempo, lascia la famiglia a 82 anni, a poco più di 6 anni dall’interruzione dell’attività lavorativa. I funerali sono stati celebrati oggi pomeriggio alle 15, nella chiesa di Santa Maria ad Argiano San Casciano. Di origini piemontesi, l’enologo Tachis è toscano d’adozione. Sarà ricordato per Sassicaia Bolgheri Solaia e Tignanello, vini unici prodotti nella zona del Chianti. Sulla scomparsa di Tachis è intervenuto il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina: “Il mondo del vino perde uno dei suoi più importanti maestri, protagonista indiscusso del rinascimento del vino italiano. Ha saputo reinterpretare il ruolo stesso dell’enologo. Un uomo di grandissima cultura che ha fatto della qualità una pratica quotidiana, diventando un punto di riferimento per le nuove generazioni di enologi. Se oggi il vino italiano è riuscito a raggiungere certi traguardi – ha aggiunto Martina – è anche per merito di uomini come Giacomo Tachis e Luigi Veronelli che, in anni duri, hanno saputo accompagnare il rilancio di questo settore. Dobbiamo fare in modo che la loro eredità possa essere uno stimolo a fare sempre meglio”. (foto Rainews.it)
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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