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degustati da noi news news ed eventi vini#1

Ritratti Cantina La-Vis: nuove etichette e svolta Horeca per i 6 vini Trentino Doc

Ritratti La-Vis nuove etichette per Horeca ecosistema trentino» artista Margherita Paoletti direttore generale Ezio Dellagiacoma trentino doc chardonnay sauvignon blanc gewurztraminer pinot nero lagrein cabernet sauvignon
Ritratti cantina LavisEclettica e spensierata. Romantica e riflessiva. Generosa e dolce. O, ancora: elegante e raffinata. Riservata e misteriosa. Decisa e dinamica. Sono le “personalità” raffigurate sulle nuove etichette della gamma di vini Ritratti di Cantina La-Vis. Ognuna a sintetizzare l’animo, anzi l’anima, di altrettanti vitigni allevati sulle colline avisane, alle porte di Trento, tra i 250 e i 550 metri di altitudine. Rispettivamente: Sauvignon Blanc, Chardonnay, Gewürztraminer. Pinot Nero, Cabernet Sauvignon e Lagrein. Tutti vendemmia 2023 i bianchi; 2022 i rossi. Una gamma rigorosamente Trentino Doc.

DALLA GDO ALL’HORECA: IL SALTO DEI RITRATTI DI CANTINA LA-VIS

Un passo in avanti che, per la cooperativa trentina, significa evoluzione. In primis nel cambio di rotta commerciale. I 6 nuovi vini, prodotti in quantità limitate – 100 mila bottiglie potenziali – e solo su una porzione selezionata – circa 100 ettari – dei 400 ettari a disposizione degli (altrettanti) soci della cantina, saranno infatti destinati in esclusiva al canale Horeca (enoteche, wine bar, ristoranti, hotel). Le annate precedenti erano invece commercializzate (anche) in Gdo, ovvero al supermercato. Il “rebranding” della linea Ritratti parte dall’estetica, con la scelta di rinnovare le etichette. Non più i dipinti di fine Ottocento del pittore trentino Giovanni Segantini, tra i massimi esponenti della corrente divisionista italiana. Ma le opere di un’artista contemporanea, di origini marchigiane, che ha scelto di vivere a Trento ormai da 10 anni: Margherita Paoletti. https://www.margheritapaoletti.it/

MARGHERITA PAOLETTI E LE ETICHETTE DEI RITRATTI CANTINA LA-VIS

Sull’etichetta del Sauvignon Blanc ecco dunque “Salvia fredda“, opera caratterizzata da tinte verdi che simboleggiano i tratti organolettici del vitigno di origine francese. Il calore del giallo sullo Chardonnay, con “Dorata“. “Aria d’estate” è il titolo del quadro raffigurato sul Gewürztraminer. Il Pinot Nero vede protagonista “Nebbia sospesa”. Cabernet Sauvignon e Lagrein, infine, “Alba e rugiada” e “Viola umana“. L’artista Margherita Paoletti, selezionata da cantina La-vis fra oltre 300 potenziali candidati, è stata accompagnata nei vigneti dove nascono i vini della linea Ritratti. Ne ha toccato la terra. E si è lasciata coinvolgere da colori e profumi. Solo dopo questa «esperienza immersiva» ha dato vita alle 6 creazioni che oggi sono raffigurate sull’etichetta e che saranno esposte in una sala dedicata della cooperativa, nella sede di La-vis. https://www.mart.tn.it/

RITRATTI LA-VIS: VINI SINTESI DEL LORO ECOSISTEMA

«La linea Ritratti di Cantina La-vis – ricorda il direttore tecnico Ezio Dellagiacoma – è nata nel 1988 ed ha saputo distinguersi, sin dagli esordi, per la qualità dei vini e per le etichette che ritraevano i dipinti di Segantini. Con l’annata 2023 dei bianchi e 2022 dei rossi abbiamo voluto rendere il progetto più attuale, coinvolgendo il Mart di Rovereto e scegliendo un’artista contemporanea che condividesse i nostri valori. In questo senso, Ritratti ha compiuto un passo in avanti nel simboleggiare il forte legame di questi 6 vini con l’ecosistema in cui nascono, ovvero le colline avisane. Ed entro la fine del 2025 presenteremo un’altra novità: una cuvée dei vitigni a bacca bianca, già imbottigliata ma, a differenza dei monovarietali, bisognosa di sostare in vetro, prima di essere commercializzata». Già pronti per essere stappati i tre bianchi e i tre rossi. Tutti vini fedeli alla varietà. Con un denominatore comune assoluto: l’agilità di beva e la gastronomicità, che li rendono – trasversalmente – ottimi alleati del segmento Horeca. https://la-vis.com/

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degustati da noi vini#02

Südtirol Alto Adige Doc Gewurztraminer Passito 2021 “Cresta”, Rottensteiner


Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Südtirol Alto Adige Doc Gewurztraminer Passito 2021 “Cresta”, Rottensteiner (10%).

Fiore: 9
Frutto: 9.5
Spezie, erbe: 8.5
Freschezza: 8.5
Sapidità: 7
Tannino: 0
Percezione alcolica: 5.5
Armonia complessiva: 10
Facilità di beva: 8.5
A tavola: 9.5
Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Hofstätter, 2024 da incorniciare: due nuovi cru e futuro luminoso con Niklas Foradori


Due nuovi vini da cru: il Pinot Nero 2022 Barthenau Vigna Herbsthöfl e il Gewürztraminer 2022 Vigna Castello Rechtenthal. Ma soprattutto una nuova certezza, che sa di futuro luminoso: il definitivo ingresso in azienda di Niklas Foradori, 27 anni, accanto al padre Martin, alla madre Beatrix e alla sorella Emma. Tenuta J. Hofstätter, una delle cantine più iconiche dell’Alto Adige, sta per chiudere un 2024 da incorniciare. Un anno che vede consacrato su larga scala, dal Consorzio vini regionale, un approccio produttivo che da sempre appartiene ad Hofstätter. Quello legato alla valorizzazione dell’espressione della singola vigna e della singola zona, in particolare per i vini prodotti con le varietà bandiera Pinot Nero e Gewürztraminer. La recente approvazione delle Unità geografiche aggiuntive (Uga) da parte dell’ente presieduto da Andreas Kofler va proprio nella direzione intrapresa dal compianto Paolo Foradori, padre di Martin. Sin dal 1987.

IL PINOT NERO 2022 BARTHENAU VIGNA HERBSTHÖFL

Si parla ancor prima di vigna, che di varietà, al cospetto dell’ultimo vino rosso di Tenuta J. Hofstätter. Con il Pinot Nero 2022 Barthenau Vigna Herbsthöfl, la cantina fa un ulteriore passo in avanti nella profilazione del vitigno, in chiave moderna. Anzi, un passo in alto. Le uve provengono esclusivamente dalla parte più alta della Tenuta Barthenau, chiamata appunto Vigna Herbsthöfl. Un appezzamento situato a un’altitudine compresa tra i 430 e i 460 metri sul livello del mare.

Pinot Nero d’élite, frutto di una selezione massale avviata oltre 20 anni fa, a partire dal materiale genetico di Vigna Roccolo: il più antico vigneto di “Noir” dell’Alto Adige, impiantato nel 1942 e allevato a pergola. Barthenau Vigna Herbsthöfl 2022 richiama, per finezza e stratificazione, proprio il Barthenau Vigna Roccolo. Ma la maggiore escursione termica e la presenza di ghiaia calcarea nella base argillosa del terreno rendono il sorso ancora più teso e slanciato. La precisione è millimetrica, dal naso alla succosa persistenza.

Vino fresco come una lama, sostenuto da una spina dorsale minerale, veste un rosso leggermente più scarico dei “fratelli” Barthenau Vigna Roccolo e Barthenau Vigna S. Urbano. Segnale visivo di una direzione chiara, che punta a confermare Mazon non solo come la culla del Pinot Nero altoatesino, ma anche come la sua casa perpetua. Capace di resistere anche alle sirene dei cambiamenti climatici. Un vino, il Barthenau Vigna Herbsthöfl di Hofstätter di sicura longevità.

GEWÜRZTRAMINER 2022 VIGNA CASTELLO RECHTENTHAL

Cambia la varietà ma non cambia l’approccio con il Gewürztraminer 2022 Vigna Castello Rechtenthal. Cru, vigna, selezione, precisione tornano ad essere parole chiave al cospetto di un bianco prodotto, in precedenza, solo nella versione passito (lo Spätlese “Joseph”) da una parte del medesimo appezzamento. Una novità che prende vita in un “cru estremo”, con pendenze del 60%, situato a monte del cosiddetto “Rio Inferno” di Termeno, con esposizione sud. Siamo a 400 metri sul livello del mare. Non così lontano dalla Vigna Kolbenhof, altro cru di Gewürztraminer di Tenuta J. Hofstätter.

Qui le uve maturano molto lentamente, caricandosi di precursori per via dell’escursione termica elevata tra il giorno e la notte e per la presenza di correnti ventose fredde, lungo l’infernale canalone. Tutti elementi che condizionano il risultato finale, in positivo. Non un cambio di rotta, quello di Hofstätter con il Gewürztraminer 2022 Vigna Castello Rechtenthal. Piuttosto, un vino in linea con il generale trend di snellimento della varietà tipica dell’Alto Adige. Che, qui, fa fiera mostra di una freschezza affilata, pur nel contesto di un sorso che non rinuncia a peso specifico e leggiadra concentrazione aromatica.

IL FUTURO NELLE MANI DI NIKLAS FORADORI: PINOT NERO E DEALCOLATI

Non ha “messo le mani” sui due nuovi vini da cru di famiglia. Ma che Niklas Foradori abbia la stoffa e la voglia di mettersi sulle spalle l’azienda, è chiaro sin dallo sguardo. Ventisette anni da compiere il prossimo 20 novembre e un curriculum che fa invidia a molti coetanei italiani, con vendemmie in Germania (Rheingau e Baden), Francia (Borgogna), Stati Uniti (Oregon) e Sudafrica, oltre che nel Chianti Classico. Due quelle “in casa”, nel 2021 e proprio nel 2024, anno della sua definitiva consacrazione a Termeno.

È dopo gli studi classici (come il nonno) che il figlio di Martin Foradori lega a doppio filo il suo futuro alla viticoltura e all’enologia, arrivando a laurearsi a Geisenheim. Due grandi passioni: il Pinot Nero e Die Roten, la squadra di calcio tedesca Bayern di Monaco. Con netta prevalenza del primo, viste le tappe internazionali scelte per farsi le ossa: quasi tutte patrie del Noir. Giovanissimo, ma già capace di indirizzare la Tenuta. «Se abbiamo iniziato con i vini dealcolati della linea Steinbock Alcohol Free Sparkling, la nostra innovativa bollicina senza alcol base Riesling, è solo grazie a lui», ammette Martin Foradori Hofstätter.

E le novità arrivano anche su questo fronte, con l’ormai prossimo lancio sul mercato di un nuovo spumante dealcolato, prodotto ancora una volta con uve Riesling, ma da una base Kabinett. Il basso contenuto alcolico del vino base e il residuo zuccherino della categoria (circa 45 g/l naturali), più alto rispetto a quello del già noto “Steinbock Selection Dr. Fischer” (39 g/l da mcr), regalano uno dei dealcolati più preziosi reperibili in Italia. Un segmento in crescita, al palo della burocrazia italiana, su cui giovani come Niklas Foradori scriveranno certamente capitoli interi. Senza scordare il Pinot Nero, of course.

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degustati da noi Food Lifestyle & Travel news news ed eventi vini#02

Rottensteiner principe di abbinamenti d’alta cucina al Sissi di Andrea Fenoglio

Se ogni principessa ha il suo principe, Sissi ha trovato Rottensteiner. Almeno per un pranzo, d’alta cucina. Lo scorso weekend, al noto ristorante di Merano è andato in scena l’abbinamento gourmet tra i vini della Tenuta di Bolzano, fondata nel 1950 da Hans Rottensteiner, e i piatti dello chef Andrea Fenoglio. Un matrimonio andato ben oltre i canoni classici del riuscitissimo wine pairing. A “sfidarsi”, tra il calice e le forchette, ecco diverse annate di Pinot Bianco, Schiava, Lagrein, Santa Maddalena e Gewürztraminer. Tutti vini con un comune denominatore: il porfido. La roccia rossa di origine vulcanica che caratterizza gran parte del suolo dei vigneti di Rottensteiner si tramuta in vini dal netto profilo sapido-minerale, tesi e al contempo profondi. Certamente longevi.

Il porfido è una caratteristica intrinseca allo stesso cognome che identifica la Tenuta: dal tedesco “Rot” significa “Rosso” e “Steine” vuol dire “Pietre”. Ma l’occasione è di quelle che spostano l’attenzione dal particolare al generale. Il pranzo dimostra l’estrema versatilità dei vini dell’Alto Adige nell’abbinamento con ingredienti e piatti della tradizione italiana – come trota salmonata, vitello tonnato, guancia di vitello, pollo e Strudel di mele – rivisitati con richiami orientaleggianti (wasabi, Dashi, Katsuobushi) e intriganti connotazioni fumé (tuberi e radici affumicate). Non certo una prova semplice quella a cui si sono sottoposti i vini di Rottensteiner. Un po’ come studenti volontari per l’interrogazione del lunedì, che risultano promossi a pieni voti. Sia da soli che nel pairing.

I VINI DI ROTTENSTEINER ALLA PROVA DELL’ALTA CUCINA

Ad aprire le danze ecco un classico del ristorante Sissi: la “Pizza liquida“, abbinata a una bollicina. Manca uno spumante nella gamma di Toni, Hannes, Judith ed Evi Rottensteiner, dunque la scelta ricade su una certezza assoluta per il Metodo classico dell’Alto Adige: Arunda. Un messaggio chiaro, quello della famiglia di produttori altoatesini, in accordo con lo chef Andrea Fenoglio: la produzione vinicola dell’Alto Adige è giunta a punte di qualità tali da poter consentire l’esordio a tavola con uno Champenoise locale, al posto uno Champagne o di qualsiasi altro Metodo classico italiano; proseguendo poi con bianchi e rossi, per finire con un passito. Tutto “Made in Bolzano“.

Con l’antipasto del Sissi “Avanti con il Vitello Tonnato” la sfida inizia a entrare nel vivo. Nel calice ci sono due annate del Pinot Bianco “Carnol”, la 2022 e la 2012. Neppure a dirlo, è la vendemmia con qualche anno sulle spalle a convincere di più nell’abbinamento. Il colore è ancora splendido, d’un giallo paglierino intenso con riflessi dorati. Rintocchi leggeri di idrocarburo aprono il naso insieme a note mentolate e di erbe come timo e verbena.

Ma è al palato che si gioca la partita perfetta per il piatto, grazie a una componente glicerica che ne sostiene il sapore deciso e sapido, legandosi alla consistenza cremosa data dalla parziale lavorazione del vino in barrique. Carnol 2022 è giovane e di gran prospettiva. Freschezza, agrumi, balsamicità e una gran sapidità lo rendono già bevibilissimo, consigliando però di tenere da parte qualche bottiglia in attesa di una sicura, positiva terziarizzazione degli aromi.

ROTTENSTEINER DAL PRIMO AL DOLCE: GLI ABBINAMENTI GOURMET DEL SISSI

Il primo del Sissi, Trota salmonata con Dashi e Katsoubushi, è il piatto della svolta. L’abbinamento Rottensteiner-Fenoglio giunge a livelli di piacevolezza estremi, grazie all’Alto Adige Schiava Doc Vigna Kristplonerhof 2022. Tendenza umami e wasabi si legano alla spezia dosata della Schiava, con i suoi tannini sottili e la sua slanciata sapidità. Ma quel che sorprende è la perfetta concordanza tra la croccantezza e la pulizia estrema delle note fruttate del vitigno e i sapori delicati del pesce, ben diffuso in fiumi, torrenti e laghi altoatesini. Fondamentale nella buona riuscita del pairing è la temperatura di servizio della Schiava, leggermente fresca.

Fascino assoluto anche con i “Tuberi e Radici affumicate” dello chef del ristorante Sissi, a sposarsi con due annate (2022 e 2016) dell’Alto Adige Santa Maddalena Classico Doc Vigna Premstallerhof. Il pairing funziona alla perfezione con entrambi i vini, ma sono la maggiore densità e peso specifico della straordinaria annata 2016 ad avere la meglio al traguardo, al fulmicotone, controbilanciando divinamente il carattere sapido e fumé del piatto.

Più didattici, ma comunque ottimamente riusciti, gli abbinamenti dell’Alto Adige Santa Maddalena Classico Doc Vigna Premstallerhof Select 2022 con il “Pollo di Vigna, Maionese allo zafferano, Salsa alla liquirizia e peperone crusco” (qui il Paradiso è assicurato anche dal contrasto tattile tra le consistenze cremose e croccanti con quella “liquida” del nettare targato Rottensteiner) e dell’Alto Adige Lagrein Gries Riserva Doc Select 2021 e 2010 con la Guancetta di Vitello al Lagrein proposta da Andrea Fenoglio (ottimo il pairing con entrambe le vendemmie). Indiscutibili, infine, lo Strudel di Mele moderno e i “Dolci a caso” accostati a uno dei vini simbolo di Rottensteiner, l’Alto Adige Gewürztraminer Passito Doc Cresta 2020. E vissero tutti, felici e contenti.

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Esteri - News & Wine news news ed eventi

Anteprima Vini Alsazia: svettano 4 cantine a Millésimes Alsace 2023


L’Anteprima Vini Alsazia, Millésimes Alsace 2023, si chiude tra conferme e novità. Ottime impressioni dai Riesling – e c’era ovviamente da aspettarselo – tra cui svettano tre nomi in particolare: Domaine Paul Kubler, Allimant Laugner e Paul Gaschy. Segue a ruota il tanto vituperato Gewürztraminer, nel suo habitat naturale in Alsazia. Superlativo, ancora una volta, quello di Kubler e di Allimant Laugner, questa volta in compagnia di Domaine Hurst.

Sopra le righe anche il Sylvaner di Domaine Paul Kubler. A preoccupare è tuttavia la forma dei Pinot Noir 2020 e 2021 in degustazione, soprattutto per un tenore alcolico ingombrante nel calice. Fa eccezione, tra i Noir, la sorpresa Domaine Hurst, che a Turckheim gestisce il proprio vigneto secondo i dettami della viticoltura biodinamica: suo un Pinot Nero 2019 molto centrato. Ecco tutti gli assaggi con i rating in centesimi.

FRANCIS BECK & FILS

AOC ALSACE RIESLING 2018 HERTENSTEIN CUVÉE LOUIS

Giallo paglierino intenso, con riflessi dorati. Naso agrumato e minerale, che fa presagire una certa tensione, freschezza al sorso. Non mancano note gentili di mela e pesca gialla, perfettamente mature. Più in sottofondo, ricordi di erbe aromatiche. Sono le note dolci dei frutti più maturi, a polpa gialla, a ripresentarsi al centro del sorso, accompagnando dall’ingresso alla chiusura, ben tesa e minerale, equilibrata. Vino di struttura piuttosto importante, che si esprime su un ottimo equilibrio tra le tante componenti e mostra evidente potenziale in termini di ulteriore affinamento. 15% molto ben integrati. 92/100

AOC ALSACE RIESLING 2019 HERTENSTEIN CUVÉE LOUIS

14%, uno in meno della vendmemia 2018. Giallo paglierino intenso, dai riflessi dorati. Primo naso su una purezza assoluta del frutto, che definire “aromatico” non è errato. Pesca, mela gialla, mandarino, si uniscono a leggere venature mentolate e a un profilo minerale pietroso. Palato in perfetta corrispondenza, connotato da una corroborante freschezza e salinità, a fare da spina sorsale rispetto alla generosità del frutto. Vino molto giovane, di prospettive. 93/100

AOC ALSACE PINOT NOIR 2019 BARRIQUES

Bel colore rubino. Bel naso, tra il frutto croccante, a bacca rossa e nera, e ricordi mentolati. Al palato un’acidità viva, di ribes e agrumi, controbilancia le note tostate dei terziari. Tannini fini, eleganti, in centro bocca e chiusura leggermente sapida. Buona gastronomicità. 90/100

AOC ALSACE GEWÜRZTRAMINER 2018 L’ELIXIR

Alla vista di un bell’oro luminoso. Naso e palato in perfetta corrispondenza, su note di frutta esotica molto matura. L’acidità controbilancia l’opulenza del frutto e una bella vena di erbe aromatiche rinfresca naso e sorso. Sorso che non nasconde una certa potenza, per un vino che è divertente immaginare su abbinamenti audaci. 92/100


DOMAINE CLAUDE ET CHRISTOPHE BLEGER

AOC ALSACE RIESLING 2021 COEUR DE CRU BIO

Giallo paglierino, vaghi ricordi verdolini. Primo naso su un netto profilo minerale, accompagnato da elegantissimi ricordi di erbe aromatiche. Componente fruttata bianca e gialla, di perfetta maturità, ben più centrale in ingresso di bocca. Dal centro alla chiusura una freschezza vibrante, d’agrume e mela verde, con nette reminiscenze sapide. Lunga persistenza per un vino all’inizio del suo cammino. 89/100

AOC ALSACE RIESLING 2020 L’INOUBLIABLE BIO

Giallo paglierino intenso, che inizia a mostrare riflessi dorati. Naso piuttosto stratificato, tra la frutta piuttosto matura, i risvolti iodico-minerali e il floreale. A fare da fil rouge, dall’attacco alla chiusura di bocca, sono proprio le note gessose, attorno alle quali danza un frutto che si conferma succoso, pienamente maturo. L’acidità regge il gioco e il finale è lungo e piacevole, nell’equilibrio fra tutte le componenti che non nasconde le prospettive del nettare. 90/100

AOC ALSACE PINOT NOIR 2020 L’INOUBLIABLE BIO

Rubino carico. Naso ricco, intenso, che oltre ai classici frutti rossi rivela anche un profilo agrumato e note terziarie tostate piuttosto ingombranti sui primari. Il tutto si ripresenta al palato, in un quadro stropicciato però da un’alcolicità fuori gamma, respirabile (14% vol). Un Pinot Noir puledro, scalpitante, giovane, da attendere per una migliore “amalgama” di tutte le sue ricche componenti. 88/100

AOC ALSACE GEWÜRZTRAMINER 2018 COEUR DE CRU BIO

Campione non recensito per difetto nel re-imbottigliamento in formato “mignon”.


DOMAINE CELINE METZ

AOC ALSACE GRAND CRU WINZENBERG RIESLING 2019

Giallo paglierino intenso, con riflessi dorati. Al naso un profilo fruttato e floreale piuttosto fresco, con accenni minerali. Al palato è intenso, teso, piuttosto strutturato e caldo. Vino all’inizio del suo percorso di affinamento, ma già piuttosto godibile. 89/100

AOC ALSACE RIESLING 2019 VIEILLES VIGNES

Giallo tendente all’oro. Naso intenso, su ricordi mela verde e sottofondo minerale e vagamente speziato, con ricordi di pepe bianco, mentuccia ed erbe aromatiche. Palato sorprendentemente morbido in ingresso, con la frutta matura a polpa gialla a dominare il sorso. Vino che si tende in centro bocca su una vena sapido-minerale, oltre che sulla freschezza. Vino nel complesso generoso, gastronomico. 90/100

AOC ALSACE PINOT NOIR 2020 VIEILLES VIGNES

Rubino mediamente penetrabile, alla vista. Bel naso elegante, su note di ciliegia ancor più che di fragola, lampone e ribes perfettamente maturo. In bocca una bel profilo materico per la componente fruttata, controbilanciata da una elegante spalla fresco-tannica. Non solo: piacevolissimo il filo di sapidità che si allunga dal centro bocca al retro olfattivo, a rendere il quadro ancor più leggiadro e goloso, chiamando il sorso successivo. Tra i Pinot Nero più immediati, godibili e meno “disturbati” dall’alcol dell’annata in degustazione, peraltro con ottime prerogative di ulteriore affinamento in bottiglia. 91/100

AOC ALSACE PINOT GRIS 2021 RESERVE DE LA DIME BIO 

Alla vista si presenta di un giallo paglierino molto intenso. Naso sul frutto: agrumi, pesca gialla, mela. Sorso piuttosto lineare, sul frutto controbilanciato da una buona freschezza. 88/100


DOMAINE EDMOND RENTZ

AOC ALSACE RIESLING 2021 LES COMTES

Paglierino, riflessi dorati. Naso e palato delicati, precisi, giocati sull’eleganza del floreale e di un frutto polposo, ancora croccante, più che sui risvolti minerali del riesling alsaziano. Vino che premia la beva, non senza mostrare ottime doti di abbinamento. 89/100

AOC ALSACE GRAND CRU SONNENGLANZ RIESLING 2021

Giallo paglierino, luminoso. Naso goloso, che abbina le tipiche note minerali “alsaziane” a un frutto polposo, di buccia gialla più che bianca. In sottofondo un profilo mentolato, talcato, balsamico. In bocca la beva è agile e fresca, ben avvolta nella vena glicerica. Un’interpretazione di Sonnenglanz che premia la beva, senza troppi fronzoli. 88/100

AOC ALSACE PINOT NOIR 2020 PIÈCE DE CHÊNE

Rubino mediamente penetrabile alla vista. Frutta rossa matura che tinge anche di scuro, con ricordi di prugna disidratata sulla fragola, il lampone e la ciliegia matura. Ben presenti anche note tostate, terziarie. Al palato l’alcol graffia (15%) e tinge di amaro l’esuberanza del frutto. Retro olfattivo sotto spirito, eleganza del vitigno perduta. Vino fuori dai tempi. 82/100

AOC ALSACE GEWÜRZTRAMINER 2021 ROTENBURG

Giallo paglierino intenso, alla vista. Bel profilo aromatico al naso, aromatico e senza sbavature. Frutta esotica che si ripresenta in perfetta corrispondenza al palato, controbilanciata da una freschezza viva, ma slegata. Ancor più solitario l’alcol: 14% in volume “respirabili” uno ad uno nel retro olfattivo. 84/100


SIPP MACK VINS D’ALSACE

AOC ALSACE GRAND CRU ROSACKER RIESLING 2020 BIO

Giallo paglierino. Vino dal profilo vibrante, sin dal naso in cui freschezza e frutto di perfetta maturità hanno il sopravvento sulla mineralità, pur netta. Agrume, mela, pesca gialla si alternano sul palco anche al palato, golose. Lavora bene sulla vena glicerica la matrice sapida del nettare, regalando un sorso giocato su piacevolezza ed equilibrio. Vino che chiude asciutto, minerale, chiamando il sorso successivo. Buona prova, anche in prospettiva. 90/100

AOC ALSACE RIESLING 2019 VIEILLES VIGNES BIO

Bel giallo paglierino luminoso. Naso che abbina sensazioni agrumate e minerali verticali a terziari rotondi, composti. Splendida concentrazione del frutto a polpa gialla. Vino di buona struttura, di perfetta corrispondenza gusto olfattiva. Giovanissimo, come conferma l’acidità viva. Lungo e asciutto il finale, su tinte agrumate e leggermente sapide. 91/100

AOC ALSACE PINOT BLANC 2021 TRADITION BIO

Bel giallo paglierino, con leggeri riflessi verdolini. Naso tipico del vitigno, con richiami esotici. Palato in perfetta corrispondenza, per un vino che premia la morbidezza, nonostante il profilo fresco-balsamico. 88/100

AOC ALSACE PINOT GRIS 2021 TRADITION BIO

Giallo paglierino, leggerissimi riflessi ramati. Naso conturbante nel bel gioco tra le classiche note fruttate del vitigno e un bel corredo d’erbe aromatiche e spezie. In bocca una perfetta corrispondenza, per un vino di un certo carattere e di sicura piacevolezza. 89/100


DOMAINE VINCENT SPANNAGEL

AOC ALSACE RIESLING 2020 CUVÉE HUGO

Giallo paglierino. Fiori, frutto e mineralità “pietrosa” si dividono il palco al naso. Più spazio al frutto (agrumi canditi, mela, ma anche pesca gialla) in ingresso di palato. Centro bocca fresco, minerale. Chiusura di sufficiente persistenza, su ritorni di mandarino maturo. Vino che, con le sue caratteristiche, risulta piuttosto immediato, premiando la beva senza discostarsi dalla tipicità del terroir alsaziano. 89/100

AOC ALSACE GRAND CRU WINECK-SCHLOSSBERG RIESLING 2020

Giallo paglierino intenso. Naso che esprime una buona concentrazione delle note fruttate, avvolte in un profilo minerale. In bocca verticalità controbilanciata dal frutto maturo e dalla vena glicerica. Chiude nel gioco tra mineralità e accenni mielati, in un quadro di gran piacevolezza. Vino di ottima prospettiva. 91/100

AOC ALSACE GRAND CRU WINECK-SCHLOSSBERG MUSCAT 2019

Giallo paglierino. Naso aromatico, come nelle migliori aspettative. Alle note fruttate golose e ai ricordi di salvia abbina terziari composti e ricordi minerali. Vino che si conferma di gran gastronomicità al palato, nella capacità di riproporsi al contempo aromatico e teso, grazie a una bella spalla fresco-acida e ai richiami salini che contraddistinguono la chiusura. Attenzione al potenziale d’invecchiamento: ha tutto per evolversi e regalare grandi sorprese negli anni a venire. 91/100

AOC ALSACE GRAND CRU WINECK-SCHLOSSBERG GEWÜRZTRAMINER 2020

Bel giallo dorato, luminoso. Bella prova in termini di espressione dell’aromaticità del vitigno, senza eccessi. Anzi, il retro olfattivo, dai richiami leggermente fenolici, aiuta la beva e chiama il sorso successivo. Un nettare che punta tutto sulla piacevolezza e su un’esecuzione golosa del Gewürztraminer. 90/100


ALLIMANT LAUGNER

AOC ALSACE GRAND CRU PRAELATENBERG RIESLING 2019

Giallo paglierino. Vino che abbina, in un quadro di perfetta corrispondenza naso-bocca, ricordi agrumati e di frutta fresca a polpa gialla (pesca) a un profilo minerale e fresco di buona vivacità. Chiude su una vena sapida e su un frutto goloso in gran equilibrio, capaci di chiamare il sorso successivo. 92/100

AOC ALSACE GRAND CRU PRAELATENBERG RIESLING 2014

Bel giallo oro, luminoso. Primo naso su una netta vena agrumata, freschissima, tanto da distogliere l’attenzione dal fatto che si tratti di un vino di quasi 10 anni. Naso che continua ad aprirsi e che chiama il tempo per lasciarsi capire. Ecco il frutto farsi più ricco, così come spezia e balsamicità farsi sempre più profonde, in un contorno che spazia dallo iodico all’idrocarburo, sino a vaghi ricordi di fumé e di pietra bagnata. Ancor più in sottofondo, fiori secchi di camomilla.

Il palato esalta, in un tutt’uno, tutto quanto anticipato dal naso. Riecco i contorni agrumati, la polpa gialla in tutta la sua succosità. Riecco anche la vena sapida, iodica, minerale, a fare da spina dorsale al sorso insieme a una freschezza invidiabile. Allungo deciso, elegantissimo, verso tinte balsamiche. Vino che, a dispetto dell’età, ha ancora una gran vita davanti. Manifesto d’Alsazia. 95/100

AOC ALSAZIA GEWÜRZTRAMINER 2020

Splendida interpretazione del vitigno, all’insegna di un’eleganza assoluta che non rinuncia a mostrare e amplificare tutte le singole caratteristiche del Gewürztraminer: dai fiori di sambuco e di rosa al litchi e alla salvia, dal corredo di frutta esotica che si allarga ad ananas, mango e papaia a una freschezza inebriante, sul filo di una sapidità  golosissima. Vino manifesto del vitigno che mostra quanto si possa affermare un concetto e aver ragione, senza gridarlo. Un Gewürztraminer che sprizza tipicità da tutti i pori, senza uscire dai binari di una compostezza straordinaria. 95/100

AOC ALSAZIA PINOT NERO 2020

Rubino piuttosto intenso, alla vista, pur penetrabile. Naso delicato, oltre al frutto (amarena più che ciliegia, con ribes nero e fragolina) presenta note tostate. Le stesse che si ripresentano al palato, sotto forma di un tannino leggermente polveroso, su ritorni di cioccolato e biscotto. Vino, al momento, da aspettare, ma su cui scommettere per una positiva evoluzione. 90/100


LES FRERES ENGEL

AOC ALSAZIA RIESLING 2020 BIOLOGICO

Giallo intenso, tendente al dorato. Naso sulla mela gialla e sugli agrumi, in particolare sul mandarino maturo. Attacco di bocca piuttosto secco e fresco, prima che il frutto riprenda in mano il timone del sorso. Chiude fresco, leggermente sapido, chiamando il sorso successivo. 88/100

AOC ALSACE GRAND CRU PRAELATENBERG RIESLING 2019 BIOLOGICO

Giallo paglierino, con qualche riflesso verdolino. Naso teso, verticale, con le sue note agrumate e di mela verde appena matura e ricordi umami. Al palato presenta un corredo di frutta matura ben controbilanciata dalla vena asciutta tipica del suolo, roccioso (gneiss). Vino con buone prospettive. 90/100

AOC ALSAZIA PINOT GRIGIO 2021 BOCKSBERG BIOLOGICO

Giallo paglierino. Nel naso per questo Pinot Grigio, di gran carattere. Alle note di frutta matura, a polpa bianca e gialla (pesca, pera, mela) abbina una sferzante venatura mentolata e speziata. In bocca è altrettanto generoso nell’espressione del frutto e mostra una certa struttura. Vino molto giovane, da attendere oppure godere oggi nella sua esuberanza fruttata. Unico neo: un alcol importante che si percepisce nel retro olfattivo, disturbando l’equilibrio. 89/100

AOC ALSAZIA PINOT NERO 2021 BIOLOGICO

Bel rubino alla vista. Naso sulla frutta fresca, a bacca rossa: ribes, lampone, ma ancor più fragola matura. In sottofondo ricordi fumé e un floreale di rosa. Sorso in perfetta corrispondenza, pur meno “goloso” in termini di maturità della frutta rossa: concetto stressato ancor più da una freschezza viva, controbilanciata da un alcol che si potrebbe controllare meglio. 86/100


PAUL GASCHY

AOC ALSAZIA RIESLING 2016 EGUISHEIM BIOLOGICO

Giallo dorato. Naso teso, su ricordi minerali e di frutta matura. Non mancano venature di spezie orientali, calde, in contrapposizione con note fresche, mentolate. Anche il palato è in equilibrio grazie ai contrasti: alla texture burrosa risponde una freschezza invidiabilissima, per un vino vivo, ancora in evoluzione. Ottima la persistenza, così come il gradiente di gastronomicità. 94/100

AOC ALSACE GRAND CRU EICHBERG RIESLING 2015 BIOLOGICO

Giallo dorato, alla vista. Naso generoso, su note floreali fresche e frutta a polpa bianca e gialla, matura. Più in sottofondo note sapide e minerali e ricordi di idrocarburo. Palato in perfetta corrispondenza: alle precisissime note di frutta matura rispondono una freschezza vibrante e ritorni minerali che costituiscono la vera spina dorsale del sorso. Vino di terroir, profondamente legato all’Alsazia, all’annata e al suolo. 94/100

AOC ALSACE GRAND CRU EICHBERG PINOT GRIGIO 2019 BIOLOGICO

Giallo paglierino intenso. Un altro vino di gran carattere e con qualche anno sulle spalle per questa cantina, che dimostra di avere un approccio singolare all’Alsazia e ad ognuna delle sue varietà simbolo, ben oltre il Riesling. Il risultato è un Pinot Grigio burroso e dominato dal frutto, eppure fresco e “nervoso” nel profilo acido. Buon allungo, sulla piacevolezza del frutto. 90/100

AOC ALSAZIA GEWÜRZTRAMINER 2016 FRONENBERG BIOLOGICO

Campione non recensito per difetto nel re-imbottigliamento in formato “mignon”.


CAVE VINICOLE DE HUNAWIHR

AOC ALSACE GRAND CRU ROSAKER RIESLING 2021

Giallo paglierino, riflessi dorati. Naso dal profilo aromatico oltre che minerale. La frutta è particolarmente matura, addirittura esotica: netta la banana, su ricordi di ananas, papaia. Perfetta corrispondenza in ingresso di bocca, poi il nettare si tende su acidità e leggera vena sapida, prima di chiudere asciutto. Un progilo giovane generoso per questo vino, che sembra improntato alla beva. 87/100

AOC ALSAZIA RIESLING 2021 MÜHLFORST

Giallo paglierino intenso, alla vista. Al naso si rivela intenso sul frutto, una mela gialla matura, oltre all’agrume. Più in sottofondo la tipica nota minerale, che si fa comunque sempre più avanti con l’ossigenazione. Perfetta corrispondenza in ingresso di bocca, poi il nettare si tende sulla freschezza prima del finale sapido, minerale. Vino giovane, improntato sulla piacevolezza di beva. 89/100

AOC ALSAZIA PINOT NERO 2019 CUVÉE 8

Bel colore, rubino luminoso, penetrabile alla vista. Profilo fruttato intenso al naso, con note di uvetta passa e prugna disidratata accanto a ciliegia matura, lampone e fragola. Al palato un’acidità viva controbilancia l’opulenza del frutto. Ben usato il legno, che aggiunge carattere e note a un vino tutto sommato sottile in sua assenza. Buone chance a tavola in termini di gastronomicità. 88/100

AOC ALSACE GRAND CRU ROSAKER GEWÜRZTRAMINER 2020

Giallo dorato. Perfetta la corrispondenza gusto olfattiva. Bel naso e sorso goloso, tra la frutta polposa, matura, una mineralità gessosa e una freschezza viva, che contribuisce a rendere elegante il nettare. 89/100


DOMAINE HURST

AOC ALSACE RIESLING 2021 VIEILLES VIGNES (VINO BIODINAMICO)

Giallo paglierino intenso, riflessi dorati leggeri. Naso su chiare tinte d’agrume e frutta perfettamente matura, a polpa gialla e bianca. Leggero accenno di idrocarburo, quasi impercettibile ma presente, se si presta particolare attenzione. In bocca abbina alla morbidezza del frutto una freschezza e una mineralità viva. Entra piuttosto setoso, per poi tendersi dal centro bocca al lungo finale. Vino molto giovane, all’inizio della sua vita. 92/100

AOC ALSACE RIESLING 2019 BOLAND (VINO BIODINAMICO)

Giallo paglierino, alla vista. Naso e bocca in gran corrispondenza, su note burrose e agrumate, con sottofondo minerale tipico. Palato che risulta altrettanto equilibrato, senza nascondere una certa struttura. Buon potenziale. 90/100

AOC ALSACE GEWÜRZTRAMINER 2020 VIEILLES VIGNES (VINO BIODINAMICO)

Giallo dorato, alla vista. Naso e palato in perfetta corrispondenza, anche con lo stile di questa cantina che riesce, come poche, ad abbinare cremosità e carattere in tutti i suoi vini. Concentrazione degli aromi gestita con grande maestria, controbilanciandola con una vena fresco-acida decisa e una trama vagamente tannica che invita al sorso successivo. Bella la chiusura, asciutta, capace di chiamare il sorso successivo. 92/100

AOC ALSACE PINOT NOIR 2019 COEUR DE DRAGON (VINO BIODINAMICO)

Bel rubino mediamente carico. Vino che ha bisogno di aria per esprimersi al meglio, al naso. Poi ecco frutta e suolo, nel consueto gioco che ama tanto Samuel Tottoli. Oltre all’atteso apporto di frutti rossi come le fragoline di bosco, il ribes e il lampone appena maturo, ecco ricordi agrume rosso e tamarindo su un sottofondo balsamico, talcato, mentolato.

La leggera punta selvatica, che ricorda l’espressione di Pinot Noir di altre zone francesi, non disturba un quadro fortemente legato al vitigno. Riecco al sorso proprio quella nota, che si tinge di brace e fumé, senza però disturbare l’incedere di un frutto polposo, preciso, croccante, goloso. Sorso scorrevole, al contempo caratteriale, per un Pinot Nero che chiude su ricordi di liquirizia dolce, sul filo di una sottile trama tannica. 94/100


DOMAINE PAUL KUBLER

AOC ALSACE RIESLING 2020 LES PIERRIERS

Giallo tendente all’oro, alla vista. Vino che si apre con l’ossigenazione, risultando piuttosto timido appena versato. Si fa avanti con una certa decisione, quindi, la nota pietrosa, minerale, su un frutto di bella aromaticità che spazia dalla pesca gialla all’agrume. Più in sottofondo, una leggera venatura burrosa e una speziatura delicata, orientale.

In bocca è più teso di quanto il naso lasci trasparire, ma le note si ripresentano tutte, in un quadro di gran stratificazione. Agrumi, mela verde danzano con i ricordi di spezie in un palato giocato sull’essenziale espressione di ogni nota, in un quadro complesso e di una certa potenza. Vino giovanissimo, da dimenticare in cantina e riscoprire negli anni a venire. 93/100

AOC ALSACE RIESLING 2019 BREITENBERG

Bel giallo paglierino, piuttosto intenso. Naso di gran stratificazione, che si allarga dalle precise e conturbanti note minerali a un frutto aromatico, di gran precisione. Nel mezzo, note erbacee e speziate che aggiungono verve, vitalità ed elettricità, oltre una certa caratterizzazione balsamica, talcato-mentolata.

Ingresso di bocca sulla piacevolezza della frutta a polpa gialla, perfettamente matura. Dal centro bocca il nettare di tende come un arco su un’acidità d’agrume e su ritorni minerali gessosi. È la vittoria del suolo, nel calice. Grandissimo carattere per questo Riesling che lascia il segno in batteria. Gran vita davanti. 96/100

AOC ALSACE SYLVANER 2018 GRAND Z LA PETITE TÊTE AU SOLEIL

Alla vista di un giallo paglierino luminoso, con riflessi verdolini. Naso ampio e stratificato, come di rado accade ai Sylvaner. Alle tipiche note fresche, di erbe aromatiche, risponde una speziatura elegante e un frutto a polpa bianca (mela), croccante. In bocca è sapido, teso, eppure al contempo goloso grazie al frutto perfettamente maturo (più che al naso) e alla verve che il sapiente utilizzo del legno riesce a conferire al nettare. Splendido allungo, elegantissimo, su note di burro salato e ritorni di spezie. Un’interpretazione galattica del vitigno. 93/100

AOC ALSACE GRAND CRU ZINNKOEPFLE GEWÜRZTRAMINER 2020

Bel paglierino luminoso, piuttosto intenso, che non vira tuttavia ancora in maniera poi così decisa sul dorato, lasciando presagire una certa gioventù del nettare. Al naso è golosissimo, eppure senza la minima sbavatura dolciastra (rischio dietro l’angolo per i vini prodotti con questa varietà). Tutt’altro: alla frutta matura a polpa gialla si contrappone una bella vena fresca, mentolata, con ricordo netto di salvia appena colta dal giardino.

L’ossigenazione, consigliatissima, libera anche accenni di liquirizia. In bocca è un Gewürztraminer opulento. Nel segno di una perfetta corrispondenza col naso, non sbava. Anzi, riecco freschezza e una leggera vena sapida a riequilibrare il sorso, unita a quel ricordo delicato di radice di liquirizia, già avvertito al naso. Trionfo di eleganza e gusto, per un altro vino manifesto della “mano” del produttore. 94/100

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Cantina Tramin chiude l’anno solare con un +30%

Il bilancio 2021 di Cantina Tramin raggiunge per la prima volta quota 15 milioni di euro di vino imbottigliato. La crescita complessiva si attesta sul +30% rispetto al 2020 e sul +9% in rapporto al 2019. A trainare le vendite si conferma come prima varietà il Gewürztraminer, per un introito che rappresenta il 27% del fatturato totale. Segue lo Chardonnay, cresciuto del 26% rispetto al 2019.

«Siamo molto soddisfatti del traguardo raggiunto – sottolinea Wolfgang Klotz, direttore commerciale di Cantina Tramin -. In particolare, tengo a sottolineare la performance di Glarea, la nuova interpretazione di Chardonnay alpino presentata lo scorso ottobre. Nei primi tre mesi di messa in commercio, infatti, le vendite hanno superato il 63% della produzione. Risultato che conferma la qualità del lavoro svolto intorno a questa varietà».

IL TREND

La crescita di Cantin Tramin sorprende ancora di più considerando il -10% registrato a livello regionale a causa della mancata stagione invernale del 2021, calo che ha toccato soprattutto i vini rossi autoctoni come il Lagrein. Il trend positivo ha riguardato anche il mercato estero, con le esportazioni cresciute del +35% rispetto al 2019.

Le premesse per il 2022 sono altrettanto favorevoli in termini di qualità di prodotto, con una flessione tuttavia per quanto riguarda la quantità, dovuta alla scarsità vendemmiale dell’ultima annata.

L’evento più atteso di Cantina Tramin del 2022 sarà la presentazione di Epokale 2015., conico Gewürztraminer vendemmia tardiva che affina sette anni al buio della miniera di Ridanna Monteneve, a oltre 2.000 metri di altitudine.

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Vini al supermercato

Südtirol Alto Adige Doc Gewürztraminer 2020, Kellerei Meran

(5 / 5) Massimo dei voti, ovvero cinque “cestelli della spesa” su cinque, per il Südtirol Alto Adige Doc Gewürztraminer 2020 di Kellerei Meran. Non a caso figura nella Guida Migliori Gdo 2022 di Vinialsuper.

Il vino della cantina cooperativa di Merano si presenta di un giallo paglierino luminoso. Naso dai tratti tipici del vitigno, con le sue note tropicali e di litchi. Ottima la risposta anche al palato.

Il Südtirol Alto Adige Doc Gewürztraminer 2020 di Kellerei Meran si rivela fresco e fruttato, equilibrato. Chiusura leggermente amaricante che invoglia il sorso successivo.

Acquistabile presso: supermercati Aspiag, Unicom, Europa, Ali, Emisfero

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Cantine e Ospitalità news news ed eventi visite in cantina

Rottensteiner e quel Maso appeso al cielo di Bolzano, tra le vigne del passito Cresta

Si chiama Maso Kristplonerhof ed è il perfetto connubio tra “ospitalità” e “dolcezza”. Non tanto per la particolare cura assicurata agli ospiti di uno dei più antichi “masi” altoatesini, le cui prime tracce risalgono all’anno Mille. Quanto perché le finestre del moderno boutique hotel da esso ricavato si affacciano sul vigneto che dà vita a un passito di Gewürztraminer tra i più interessanti (e qualitativamente costanti) dell’Alto Adige: il “Cresta“, che figura nella Top 100 Migliori Vini italiani di WineMag.it 2021.

Il “miracolo” si compie in località Guncina, proprio sopra Bolzano. Merito di una famiglia che ha saputo dividersi i compiti, quasi genealogicamente. Mentre papà Toni, il figlio Hannes Rottensteiner e la moglie Judith si occupano della cantina, Evi ha preso in mano le chiavi dell’ospitalità di Maso Kristplonerhof.

«I lavori di risanamento per la realizzazione di tre appartamenti nel vecchio fienile – spiega – si sono conclusi sul finire del 2019. La struttura era di proprietà del vescovo di Trento, motivo per cui la zona ancora oggi viene chiamata “Welschwinkel”, ovvero “Angolo italiano”».

Probabilmente il nome deriva dalla formulazione latina “Cresta piana“, che rimanda alla posizione del Maso, davanti al quale il vigneto scende leggermente, creando una stretta terrazza sul quartiere Gries di Bolzano.

Non solo Gewürztraminer tra le varietà allevate. Oltre al passito “Cresta”, nasce infatti qui l’omonima Schiava “Vigna Kristplonerhof”. La storia di Maso Kristplonerhof, peraltro, è tutta al femminile: passa di madre in figlia ormai da tre generazioni.

«Lo ho ereditato dai nonni materni – racconta Evi Rottensteiner – mia madre Rosl, primogenita di sei sorelle, col matrimonio si trasferì a Bolzano, nel maso Hofmannhof di proprietà di mio padre. Qui abitano ancora i miei genitori ed è il luogo dove hanno costruito insieme la cantina, gestita oggi da mio fratello Hannes. Anch’io sono nata e cresciuta là, trasferendomi al Kristplonerhof quando sono nati i miei figli Jan e Nora».

L’attuale “boutique hotel” è da sempre circondato da pascoli, vigneti e frutteti. A partire dal 1930 la famiglia ha deciso di dedicarsi esclusivamente alla viticoltura, per produrre il vino da vendere direttamente nella trattoria di proprietà.

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Non essendoci più il bestiame, il fienile, tutelato dai beni culturali, è stato riconvertito in agriturismo, ma senza modificarne troppo l’aspetto, così da mantenerne intatto l’antico fascino. Sono stati ricavati tre appartamenti la cui progettazione e realizzazione è stata oggetto di particolare cura.

Ogni unità si trova su 2 piani, per una totale di 38 metri quadrati (quindi ideale per 2-4 persone) ma due unità sono collegate internamente e possono ospitare dalle 4 alle 8 persone.

Tutti i balconi sono esposti a sud, con vista sulle Dolomiti e sulla città di Bolzano, nonché sul vigneto tanto caro a Tenuta Rottensteiner, che si estende per 3,4 ettari. All’esterno è a disposizione degli ospiti un giardino molto curato.

Frutta e verdura vengono coltivate per uso privato, ma anche per gli ospiti che abbiano il desiderio di dedicarsi alla raccolta delle erbe e di vari tipi di verdura. Nel punto vendita ricavato in quella che era la cantina del maso, sono in vendita prodotti fatti in casa come marmellate, sciroppi, succhi, tisane, sale aromatizzato alle erbe, sughi e pesto.

E gli animali non sono scomparsi: ci sono gatti, conigli e galline che producono ottime uova per la colazione, punto di forza del Kristplonerhof. Il cestino del risveglio, preparato con cura in base alle preferenze dei singoli ospiti, è composto di pane fragrante, caffè o tè, latte, nonché dei prodotti del maso e della regione.

Prelibatezze locali come burro, marmellata, miele, uova, yogurt, succo di frutta e frutta fresca di stagione, vengono posizionate all’alba all’interno di una cassapanca, all’esterno dei tre appartamenti, pronte per essere consumate a colazione.

Giocoforza Maso Kristplonerhof è anche il punto di partenza di gite, passeggiate, escursioni in alta montagna, itinerari in mountain bike, equitazione e wellness, nonché della visita guidata e degustazione dei vini della Tenuta Rottensteiner.

ROTTENSTEINER: TRE VINI DA NON PERDERE

Alto Adige Doc Pinot Bianco 2019 “Carnol”
Due vigne contribuiscono all’assemblaggio delle uve di Pinot Blanc. La prima si trova a 850 metri, l’altra a 650 metri sul livello del mare. Vino che esalta il terreno ricco di porfido, la sapidità. Entra dritto come una lama e chiude fresco, con un accento di pietra bagnata e fil rouge sulla salinità, ben accostata alla pienezza del frutto.

Alto Adige Doc St. Magdalener Classico 2019 Vigna Premstallerhof
Rosso rubino, bellissimo nella sua brillantezza. Naso di frutti rossi, fiori di rosa freschi, lampone, e tocco di spezia. Perfetta corrispondenza in bocca. Allungo amaricante che invoglia la beva.

Alto Adige Doc Gewurztraminer 2018 “Cresta”
Giallo dorato. Naso freschissimo, sorso pure. Grandissima precisione sia nella parte olfattiva che gustativa. Frutta tropicale matura, miele, crema pasticcera che cedono il passo ad una beva scorrevole e soddisfacente. L’assaggio delle vecchie annate conferma la straordinarietà di questo nettare.

La 2017 conferma gran equilibrio acido-zuccherino, mentre la 2009, dopo qualche minuto di ossigenazione nel calice, sfodera con grande generosità le note tipiche del vitigno. La vena dolce, da annata calda, è esuberante. Ma la freschezza la controbilancia ancora una volta in maniera ineccepibile.

Il primo naso di Cresta 2004 è invece più diretto, molto franco: conserva le venature di frutta sciroppata e porta in dote una nota di caramello accompagnata da un tocco fumé. Vira poi su frutta secca, noci, arachidi, vivo e pieno.

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degustati da noi vini#02

Cinque vini dolci per Natale dalla Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it

Cinque vini dolci per Natale dalla Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it, la Guida Vini edita dalla nostra testata indipendente, grazie a una rigorosa degustazione alla cieca.

  • Alto Adige Doc Gewurztraminer Passito 2018 “Cresta”, Rottensteiner
    Giallo dorato. Naso freschissimo, sorso pure. Grandissima precisione sia nella parte olfattiva che gustativa. Frutta tropicale matura, miele, crema pasticcera che cedono il passo ad una beva scorrevole e soddisfacente.
  • Colli Orientali del Friuli Docg 2012 Picolit, Valentino Butussi
    Se sai dove “andrà a finire” negli anni, con l’evoluzione, non lo bevi oggi. Il consiglio, dunque, è quello di acquistare più di una bottiglia, per valutarne i positivi effetti del lungo affinamento. Perfetto oggi, con le suadenti note dolci ed equilibrate, grandioso domani, quando inizierà a virare su note ben più complesse.
  • Moscato d’Asti Docg 2018 Vigna Manzotti “Matot”, Simone Cerruti
    Un Moscato tipico. Identitario. Elegante ed equilibrato, non si concede agli eccessi in nessun verso, rimanendo fedele a se stesso e alla terra unica in cui nasce. Sorso affilato che asseconda la dolcezza, senza nasconderla.
  • Toscana Igt Passito rosso biodinamico “Sine Felle”, Podere Casaccia
    Vino che si distingue, accendendo la luce sui vini dolci. Si aggiunga il recupero di vecchi cloni di Sangiovese e Canaiolo da parte dell’azienda guidata da Roberto Moretti, per la produzione (in sole 600 bottiglie) di un nettare che sa di fico maturo, di dattero e – soprattutto al naso – si comporta come un rosso secco. In bocca, la freschezza risulta perfettamente integrata con la dolcezza e suggerisce abbinamenti avventurosi.
  • Marsala Vergine Riserva Doc 1995 “La Villa Araba”, Martinez
    Un pezzo di storia di Marsala nel calice, in tutti i sensi. La cantina di Carlo Martinez è uno degli emblemi della grandezza eterna di Marsala, che con questo vino tiene alta la bandiera di una denominazione sciaguratamente snobbata. Rapporto qualità prezzo eccezionale.

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Covid-19 in Alto Adige, giù le rese del vigneto. Ritoccati anche Pinot Grigio e Schiava

“Meno uva, più qualità”. Anche l’Alto Adige riduce le rese in vigneto per la vendemmia 2020, a partire dai vitigni più coltivati nella regione: Pinot Grigio e Schiava. A deciderlo è stata l’Assemblea generale del Consorzio Vini Alto Adige con oltre il 70% di voti a favore, dopo il consulto con il Südtiroler Beratungsring, il Centro di Consulenza per la fruttiviticoltura. Il taglio, voluto anche per arginare le conseguenze di Covid-19 sul settore vitivinicolo altoatesino, si assesta su una percentuale compresa tra il 15 e il 30%, a seconda del vitigno.

In particolare, tra le varietà a bacca bianca, il Pinot Grigio passa dal da 130 a 115 quintali per ettaro (- 12%). Il Gewürztraminer subisce una riduzione del 25%, passando da 120 a 90 quintali. Per il Pinot Bianco un calo del 19%: si passa da 130 a 105 quintali ettaro. Stessa percentuale di decrescita (- 19%) per lo Chardonnay: da 130 a 105.

Quanto alle rese dei vitigni a bacca rossa, per la Schiava è stato deciso un taglio dell’11%, ovvero da 140 a 125 quintali per ettaro. Tra i vitigni che subiranno un “taglio” più marcato in vigneto per la vendemmia 2020 c’è il Pinot Nero: riduzione del 25% per il pregiato rosso dell’Alto Adige, che passa da 120 a 90 quintali ettaro.

“La riduzione delle rese – spiega il Direttore del Consorzio Vini Alto Adige Eduard Bernhart – ha un duplice effetto perché, se da una parte viene da anni già portata avanti autonomamente da moltissime cantine del territorio”.

Le aziende hanno compreso l’importanza di un calo della produzione allo scopo di ottenere vini di maggiore qualità, dall’altra ci aspettiamo possa dare respiro a tutte quelle realtà che a causa del Covid-19 hanno registrato un calo importante del mercato“.

Per far fronte a questa situazione, il Consorzio altoatesino ha deciso di guardare all’esempio di altri territori. “Ci siamo messi anche in ascolto di altri territori – evidenzia Bernhart – e abbiamo avanzato questa proposta di riduzione delle rese per la vendemmia 2020 che si inserisce quindi in un momento di forte cambiamento dei mercati. Era necessario agire in maniera rapida e proattiva, per sostenere i viticoltori altoatesini nel particolare contesto che stiamo vivendo”.

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Approfondimenti

Vendemmia 2019 in Alto Adige: un’ottima annata per i vini bianchi


“Dopo un periodo di crescita e maturazione delle viti scandito da eventi atmosferici estremi, a fine estate 2019 sono arrivate condizioni meteorologiche ideali, che hanno propiziato una buona vendemmia con uve di qualità promettente”. Con queste parole il direttore del Consorzio Vini Alto Adige, Eduard Bernhart, commenta la vendemmia 2019 nella regione del nord Italia.

Cosa aspettarsi nel calice? “Vini bianchi ricchi di aromi freschi e fruttati – riferisce Bernhart – con una spiccata acidità, struttura elegante e un ottimo potenziale d’affinamento, soprattutto per i vini provenienti dalle quote più elevate”. Quanto ai rossi, sono da aspettare in cantina per poter godere appieno del loro potenziale.

L’ANDAMENTO ATMOSFERICO NEL VIGNETO

L’inverno 2018/19 è trascorso con temperature insolitamente calde, a tratti già quasi primaverili, e se si eccettuano le nevicate copiose dei primi giorni di febbraio, si è trattato di un anno piuttosto asciutto.

Dopo un marzo altrettanto avaro di precipitazioni e più caldo delle medie stagionali, in aprile e maggio è prevalso, invece, un clima piuttosto umido accompagnato, soprattutto in maggio, da temperature troppo basse per la stagione.

Parallelamente, la primavera ha visto imperversare fenomeni meteorologici estremi, tanto che già in aprile si sono verificate le prime grandinate, e vari periodi freddi hanno aumentato il rischio di gelate tardive.

Per questi motivi nel 2019 la fioritura è cominciata in ritardo e ha dovuto fare i conti con un tempo assai variabile, caratterizzato da temperature decisamente inferiori alla media, soprattutto in maggio. Questo ritardo si è ripercosso sull’inizio della maturazione, che rispetto alle medie pluriennali è arrivato con una sfasatura di 10-14 giorni.

Dopo la vendemmia anticipata per la raccolta delle uve base per lo spumante avvenuta intorno alla fine di agosto e ai primi di settembre, la vendemmia 2019 vera e propria in Alto Adige è cominciata a metà settembre, con un ritardo di circa due settimane rispetto al 2018.

Pinot bianco, Pinot grigio, Chardonnay e Sylvaner si distinguono sia per la loro acidità, fresca e gradevole, sia per la loro struttura elegante. Il Gewürztraminer si presenta elegante e con note fruttate mature, mentre il Sauvignon dei vigneti più pregiati sfodera un’acidità accattivante, accompagnata da un ventaglio aromatico molto tipico.

Anche la Schiava del 2019 ha una tipicità molto marcata; fruttata, sapida, ben strutturata, elegante e di piacevole beva. Pinot nero, Lagrein, Merlot e Cabernet in quest’annata hanno avuto parecchie difficoltà. Sempre secondo il Consorzio, !”avranno bisogno di più tempo per affinare bene in cantina, sviluppando tutto il loro potenziale”.

Per il Lagrein, a causa delle violente grandinate abbattutesi sugli appezzamenti classici nella conca di Bolzano, purtroppo si è registrato un calo della resa che in alcuni casi ha sfiorato il 70%.

In Valle Isarco e in Val Venosta, i vini dell’annata 2019 fanno risaltare caratteristiche di freschezza e acidità, accompagnate da note fruttate intense e da una gradazione alcolica inferiore agli anni passati. In tutto l’Alto Adige, il totale delle uve vendemmiate ha fatto segnare un calo del 10-15% rispetto alla media.

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Cento di questi Caldiff! Un nuovo distillato di mele per gli 80 anni di Andreas Roner

Caldiff 80 è un distillato di mele Gravensteiner, invecchiato in barrique per 17 anni, di cui due nelle botti di Rum. Ma è soprattutto il modo col quale Andreas Roner ha voluto festeggiare i suoi 80 anni spesi tra gli alambicchi della distilleria di Termeno (BZ), in Alto Adige.

L’assaggio in anteprima è avvenuto proprio durante le celebrazioni. Al naso, Caldiff 80 è delicato e ricco di sfaccettature, con intense note di mele mature che si intrecciano ai morbidi profumi conferiti dal legno, capaci di ricordare i Caraibi. Ma è al palato che questo distillato si esprime al massimo, con intense e variegate note fruttate, sentori di prugne secche e uva sultanina.

La visita con il mastro distillatore Helmut Oberhofer offre l’opportunità di degustare anche gli altri prodotti della gamma della distilleria Roner. Come le grappe, ottenute da vinacce che fermentazione a 20° gradi, con un lievito australiano.

  • Grappa Gewürztraminer. Invecchiata per un anno in recipienti inox è floreale al naso con note di rosa, geranio, accenni di litchi. All’assaggio è speziata dato dalla varietà di uva e aromatica.
  • Grappa Weissburgunder invecchiata. Le vinacce di Pinot Bianco, grazie all’amicizia con Andrea Moser, enologo di Kaltern – cantina di Caldaro, provengono dalla vinificazione delle uve destinate alla selezione Vial.

Invecchiata con 2 passaggi in barrique di rovere e botti di legno di ciliegio esordisce con la frutta, tra cui la tipica mela. Poi un tocco di vaniglia e tabacco, sostenuto dalle nuance riccamente fruttate del legno di ciliegio, per poi divenire floreale. Al gusto è amabile, rotonda e piena.

  • Grappa Gewürztraminer Riserva. Affinata da un minimo di 2 sino a 5 anni in botti di quercia americana da 500 litri. Ogni 12 mesi è controllata dall’ente preposto. I profumi sono speziati con note di cannella e vaniglia sontuose, seguite da note floreali. Al gusto è rotonda, piena.
  • Grappa Blauburgunder. Invecchiata in botti di rovere e di legno di ciliegio. All’olfatto è floreale e fruttata, con note di mele sostenute dalle nuance del legno di ciliegio. Al gusto è amabile, rotonda e piena.

Passiamo poi all’acquavite di Pera Williams, di cui Roner realizza tre versioni. La prima, invecchiata per un anno in recipienti inox, è fruttata, con ricordi netti di pera matura. Al gusto è amabile, con un tocco amarognolo e una lieve nota tostata sul finale.

Segue l’acquavite ottenuta da un alambicco in rame a doppia distillazione. Si tratta di William Luisa, invecchiata per un anno in recipienti inox. Un’acquavite di pere della Val Venosta: 40° per una versione in chiave moderna, in una speciale bottiglia rame. All’olfatto è fruttata, con un gusto amabile, pulita, fine.

Chiude la terna la Williams Reserv. Ancora una volta all’olfatto risulta fruttata, con ricche note di pera matura e un leggero tocco amarognolo, che ricorda i semi. All’assaggio è rotonda, piena.

Il tasting prosegue con l’assaggio di Alpine Gin Z44 di Roner: bottiglia trasparente e decorata da serigrafie floreali, una chicca per i collezionisti. L’etichetta, entrata in produzione 7 anni fa, è realizzata con l’estratto delle pigne di Pinus Cimbra. La loro raccolta sul Corno Bianco, ad altitudini che vanno da 1400 a 2 mila metri, dura 4 settimane prima che le bacche diventino troppo coriacee.

I processi di distillazione sono accurati, grazie ad alambicchi continui e discontinui, sino ad arrivare a 82°. L’acqua purissima delle sorgenti delle vette alpine è l’ingrediente essenziale, assieme alle pigne di pino cembro, alle bacche di ginepro, al coriandolo, alla radice d’angelica, all’achillea, alla lavanda, alle scorze di arancia, al pompelmo e a diverse spezie.

Di colore limpido e cristallino, Alpine Gin Z44 ha profumi intensi di pino cembro, con delicate note speziate e note di violetta, di fiori di campo, d’erbe alpine. Il gusto è ricco e speziato, con ritorni balsamici, mentolati.

Come spiega Helmut Oberhofer, il gin è stato una conquista delle nuove generazioni: “All’inizio, chi era al vertice dell’azienda non era d’accordo con la scelta di fare il gin, proprio perché Roner è da sempre associato al mondo della grappa. Eppure noi, in silenzio, ci abbiamo provato lo stesso”.

“Abbiamo insistito e quando abbiamo avuto l’ok dalla dirigenza abbiamo immediatamente presentato il nostro prodotto finito. La scelta di chiamare questo gin ‘Z44‘ sta nel fatto che volevamo distaccarci dal nome Roner. Z44 mostra comunque un forte legame con l’azienda, dato che riprende il nome della via Josef-von-Zallinger, 44 dove è prodotto a Termeno. In cantiere abbiamo un nuovo Gin, che presenteremo a settembre”.

“Da 75 anni – aggiunge Andreas Roner – il nostro nome è sinonimo di qualità ed eccellenza. La gente si fida del nostro marchio per l’amore e la dedizione con cui ci dedichiamo al nostro lavoro, che si riflette nei colori scelti per il marchio aziendale: rosso, come la passione con cui ci dedichiamo all’arte della distillazione; e oro, elegante e prezioso come i nostri distillati. E questo lo garantisco finché questa distilleria porterà il nome della mia famiglia”.

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Leo Tiefenthaler, plebiscito a Cantina Tramin: “Assieme faremo grandi cose”

TERMENO – Leo Tiefenthaler è stato riconfermato nel ruolo di presidente di Cantina Tramin. Le elezioni hanno registrato una partecipazione record nella storia della cooperativa di Termeno. Oltre al presidente Tiefenthaler, ai vertici di Tramin dal 2004, l’Assemblea dei soci ha rinnovato la fiducia al vicepresidente Franz Scarizuola.

“Una sola persona non fa nulla in una cooperativa, ma tutte insieme possono realizzare grandi cose“, ha affermato Leo Tiefenthaler (nella foto, a destra) commentando la conferma. Un risultato, quello espresso dalle “urne”, che sottolinea la volontà dei soci di proseguire nel percorso di crescita e successo tracciato dall’attuale gestione.

Dalla parte di Tiefenthaler, tra l’altro, la chiusura di bilancio nettamente positiva, presentata all’Assemblea dei soci di Cantina Tramin dall’amministratore delegato Stephan Dezini. Tra gli obiettivi centrati nel 2019, come sottlineato dal direttore vendite Wolfgang Klotz, la valorizzazione del Gewürztraminer.

“Il 2019 è stato un anno molto intenso per Cantina Tramin – ha sottolineato l’enologo Willi Stürz – ringraziamo i soci per il lavoro svolto e invitiamo tutti a proseguire la strada della viticoltura di qualità, anche nel segno dei temi ambientali relativi al consumo dell’acqua, alla protezione delle colture, alla vita del suolo e alla tutela della biodiversità”.

Gli altri membri del Consiglio direttivo confermati dal precedente mandato sono Anton Kieser, Alois Tengler, Dr. Manfred Huber, Hermann Franzelin e Helmut Kofler, mentre i nuovi entrati sono Josef Amort, Erich Mayr, Patrick Pernstich e Greta Oberhofer.

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Il vino della Valle Isarco è una “cultura di dettagli”


“È una cultura di dettagli”. Con questa frase Christophe Roumier definì la Borgogna, ma le stesse parole possono descrivere anche un altro territorio: la Valle Isarco. Siamo in Alto Adige (o per meglio dire in SudTirol) lungo quella valle, percorsa per l’appunto dal fiume Isarco, che da Nord a Sud va dal Brennero a Bolzano.

Circa 80 km in tutto. La zona vitivinicola parte più a sud, presso Bressanone, per terminare all’altopiano del Renon sopra Bolzano. Circa 400 ettari vitati. Esposizioni che variano dalla destra alla sinistra orografica della valle a seconda dell’andamento della stessa.

Conformazioni geologiche che variano dalla fillade quarzifera al porfido quarzifero, al “dioride di Chiusa“, dal pietrisco glaciale ai sedimenti fluviali depositatisi fra le glaciazioni. Grandi escursioni termiche giorno-notte, scarse precipitazioni, molte ore di esposizione solare.

Quota dei vigneti che varia dai 300 ai 970 metri sul livello del mare, dove si coltivano 10 vitigni a bacca bianca (Kerner, Sylvaner, Muller Thurgau, Gewurztraminer, Riesling, Gruner Veltliner, Pinot Grigio, Weissburgunder, Sauvignon, Chardonnay che danno il 90% della produzione) e quattro a bacca rossa (Zweigeilt, Portugieser, Vernatsch/Schiava, Pinot Nero/Blauburgunder).

Diciannove produttori con una media di 1,5 ettari per vitati per azienda agricola. Circa 2.200.000 bottiglie/anno, il 75% commercializzato in Italia, con una media di 31.500 bottiglie a vignaiolo. Questi i numeri.

Questo il perché della “cultura dei dettagli” e del paragone con l’illustre Borgogna. Parliamo di un territorio fatto di equilibrio fra le differenze, dove ogni vitigno torva la sua parcella d’elezione, dove ogni vignaiolo può leggere ed interpretare il suo singolo pezzo di terra nel rispetto del terroir, dove lo stesso vitigno coltivato più a nord o più a sud, più “di qui” o più “di là”, da risultati differenti.

A raccontare questo incredibile mosaico enologico è EisaktalWein, associazione nata del 2015 che raccoglie oltre ai 19 produttori (17 vignaioli più la cooperativa Cantina Valle Isarco e la storica Abbazia di Novacella) anche strutture di accoglienza e promozione per favorire l’interscambio fra i vari attori e far conoscere la realtà “Valle Isarco” al pubblico.

Ed il modo migliore per iniziare ad esplorare una tale complessità è “al calice”. Fermarsi. Sedersi. Chiacchierare con chi quel territorio lo vive e lo conosce. Assaggiarne i vini. Capirne le differenze. In un mondo in cui la comunicazione sempre più passa attraverso canali social fatti di “mordi e fuggi”, di immagini belle ma fugaci che depauperano i contenuti in nome dell’apparire, occorre prendersi il tempo di percorrere idealmente la Eisacktal attraverso la degustazione di vitigni ed areali.

Ecco quindi l’idea di una cena proprio nel cuore della “città social”, Milano. Più di 20 vini a rappresentare “i dettagli” e ad accompagnare le preparazioni dello chef Stefano Caffarri che dall’aperitivo al dolce ha voluto omaggiare il patrimonio gastronomico italiano proprio a dimostrare la grande versatilità dei vini isarchesi.

Prosciutto di Parma, salame di Nero, gnocco fritto, piadina, spuma d’acciughe, mazzancolle, orecchiette allo zola, plin, sgombro, risotto al graukase, sbrisolona.

Giusto per citare alcune delle preparazioni. Ad esse in abbinamento i Sylvaner, i Kerner, i Gruner Veltliner, i Muller Thurgau, i Riesling, i Pinot Grigio, i Sauvignon. Sempre serviti in coppia da due sotto zone diverse, a mostrare caratteri differenti e differente versatilità nel “paring”.

Non ultima la sfida del tempo. Tre vecchie annate presentate. Weissburgunder 2013 di Ebner; la freschezza che non ti aspetti tanto al naso quanto in bocca.

Riesling Praepositus 2013 di Abbazia di Novacella; perfetto equilibrio fra la frutta matura e l’idrocarburo, fra il “nord” teutonico ed “sud” italiano, un calice nel quale lasceresti il naso ab aeterum. Sylvaner 2010 di Cantina Valle Isarco; si signori, un Sylvaner con quasi 10 anni sulle spalle. Complessità di miele e frutta surmatura, fiori secchi e fieno. Perfettamente godibile al sorso. Sfida vinta!

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Quello che gli enotecari non dicono

Scusa, ce l’hai il Bricco del Pisellone?
Dell’Uccellone! Bricco dell’Uccellone!
Sì, quello! Bravo!

Tutto ciò che avreste sempre voluto sapere del lavoro in enoteca, ma nessuno vi ha mai confessato. Sotto Natale, complici i regali e i vari pranzi e cene da organizzare, gli avventori nei wine shop aumentano. E non tutti i clienti sono “tecnicamente” preparati sul tema “vino”. Anzi, sono proprio i meno esperti a rivolgersi al personale delle enoteche. In cerca di aiuto e consiglio.

Ecco quindi volare gli strafalcioni e le richieste assurde, confessate a WineMag da un enotecario di Milano. L’impreparazione sui prezzi del cliente occasionale pare andare per la maggiore.

Vorrei un Amarone, possibilmente sotto i 10€. Vorrei fare un pensierino…

Ha Sassicaia 2015?
No guardi, è finito da un po’. Se vuole un supertuscan ho Tignanello, siamo sui 75€
No no! Così caro no!
????

Seconda classificata l’impreparazione tecnica. Dalla signora che afferra una bottiglia di Barolo e chiede “Ma è un vino fermo? Ah sì? Ed è secco?“. Fino al signore che chiede: “Vorrei un Gewurztraminer. Bianco mi raccomando”. “Guardi, bianco il Gewurz l’ho proprio finito. Se vuole ce l’ho rosso, va bene lo stesso?”.

C’è poi la ragazza che cerca una “bollicina morbida” per brindare col fidanzato. E dopo aver sentito (ma non compreso) la differenza tra Franciacorta e Franciacorta Saten chiede dubbiosa: “Ma è comunque vino?“.

Per non parlare di quella che il confidente enotecario di WineMag definisce “presunzione di sapere” in merito agli abbinamenti cibo-vino. L’esempio più palese?

Vorrei un bianco da abbinare al pesce
L’enotecario chiede come si intende cucinare il pesce e formula una proposta, che viene rifiutata. Formula allora una seconda proposta, anch’essa puntualmente rifiutata. Quindi una terza, alla quale il cliente risponde così: “No, no. Meglio di no. Sa cosa faccio? Mi prendo un bel Lambrusco!“. Fai come vuoi!

QUELLO CHE GLI ENOTECARI NON DICONO
Quello che gli enotecari non dicono è che, sotto sotto, gli strafalcioni enologici dei clienti sono uno spasso ed aiutano a sorridere in giornate di lavoro oggettivamente intenso. A volte, più il cliente la spara grossa e più la cosa è occasione per una battuta fra colleghi ed amici.

Quello che gli enotecari non dicono è che non è l’impreparazione dei clienti a dar fastidio. Ci sta che un cliente sia impreparato sull’argomento, così come noi lo siamo su altre questioni e chiediamo aiuto a negozianti e commessi.

Quello che infastidisce è la presunzione di taluni. Soprattutto sui “grandi nomi” del vino, senza avere effettiva consapevolezza di cosa si stia parlando. Quelli che basta spendere. Quelli che arrivano col telefonino in mano e controllano le recensioni e i punteggi di Vivino, ad ogni proposta dell’enotecario.

È questa sorta di arroganza, data da non si sa ben cosa, ad indispettire chi fa del vino una passione ed una professione. Ma è davvero il cliente il problema? Pensiamo di no.


LA CULTURA DEL BERE

Se nel 2019 l’enotecario si sente chiedere “un prosecchino di Franciacorta“, o se quando propone un Chianti Classico o un Brunello gli viene chiesto “Ma è rosso?“, se spiega la differenza fra Barolo e Amarone per le esigenze di abbinamento espresse del cliente, sentendosi dire “Ma il rosso non è semplicemente un rosso? Non son tutti uguali?“, la colpa non è del cliente. La colpa è nostra.

Enotecari, produttori, sommelier, wine journalist, blogger e influencer. Siamo noi a dover raccontare il vino (ed in generale il mondo del buon bere) nel modo più semplice e comprensibile. Siamo noi, giorno dopo giorno, proposta dopo proposta, articolo dopo articolo, post dopo post, degustazione dopo degustazione, a dover fare cultura.

A educare chi il vino lo consuma semplicemente, anche se condizionato da vaghe pretese e mode, legate ai nomi “di grido”. Troppo spesso ci si dimentica che la cultura del bere si diffonde lentamente. Molto lentamente.

Che diffondere cultura del vino non vuol dire attirare l’attenzione su di sé, ma porre il vino stesso al centro, rendendolo accessibile (e comprensibile) a tutti. Pronti per la sfida? Buon 2019 alla comunicazione del vino, da noi di WineMag.

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I vini della Valle Isarco in 60 assaggi delle 19 cantine. E’ l’Alto Adige da scoprire


BRESSANONE –
Immaginate un lungo e stretto canalone dai fianchi ripidi, che lascia poco spazio all’uomo e tanto alla natura più selvaggia. Rotta solo dalle geometrie precise dei vigneti, fin sopra gli 800 metri d’altezza. Sarà capitato anche a voi di finire imbottigliati nel traffico della Valle Isarco, sull’arteria autostradale che collega Bolzano all’Austria.

E’ la legge del contrappasso di una delle terre del vino meno conosciute d’Italia. Tanto toglie in quel po’ di pianura concessa all’uomo, tanto regala sui clivi mozzafiato, grazie all’opera laboriosa di un gruppo ristrettissimo di viticoltori. Diciassette piccole cantine e due cooperative.

Sono loro l’anima della Valle Isarco. Forti e uniti in un’unica voce, in cui si distinguono le sfumature dei differenti terroir. Vignaioli che sanno di non essere né a Termeno né a Caldaro. Né a Cortaccia né a Santa Maddalena.

Ma non per questo in un territorio meno unico o meno meritevole di essere raccontato, “dalla montagna al calice”. Un’unione sancita da EisacktalWein, che dal 2015 ha fatto suo questo slogan.

E’ nato così un Consorzio che riunisce 19 produttori di vino della Valle Isarco e diverse strutture di accoglienza, ristorazione e promozione, “con l’intento di incoraggiare lo sviluppo del territorio favorendo i contatti interni tra i diversi soci e lo scambio di esperienze e informazioni”. Quando si dice “fare rete“.

A presiederla c’è il giovane Armin Gratl, già direttore generale di Eisacktaler KellereiCantina Valle Isarco, una delle due cooperative sociali della zona (l’altra è Kloster-Neustift, l’Abbazia di Novacella). Da soli, i due colossi controllano poco più della metà degli ettari vitati complessivi della Valle Isarco (400).

Un’area dall’anima bianchista, vista la predominanza dei vitigni a bacca bianca (89,25% contro i 10,75%). Tra questi gioca un ruolo dominante il Kerner (82 h – 20,5%), seguito da Sylvaner (69 h – 17,25%), Müller Thurgau (59 h – 14,75%), Gewürztraminer (51 h – 12,75%), Riesling (28 h – 7%) e Grüner Veltliner (25 h – 6,25%), seguiti a ruota da Pinot grigio (Grauburgunder), Pinot bianco (Weissburgunder), Sauvignon e Chardonnay.

Sul podio dei vitigni a bacca rossa lo Zweigelt (17,0 h – 4,25%), seguito da Blauer Portugieser (10 h – 2,5%), Schiava / Vernatsch (8 h – 2 %) e Pinot nero / Blauburgunder (8 h – 2%). Le bottiglie prodotte sono 2,2 milioni, con l’Italia che resta il mercato principale (75%) seguito da Europa (Germania e Svizzera in primis) e Paesi terzi quali Usa e Giappone (10%).

Si parla ovviamente di vini destinati all’Horeca, con le cooperative impegnate solo marginalmente nella Grande distribuzione organizzata, con cifre che sfiorano il 10% del totale prodotto. Del resto, lo stato di salute finanziaria delle “big” è buono.

Cantina Valle Isarco segna quest’anno un +6,5% sul fatturato, passando da 5,9 a 6,3 milioni di euro. Bene anche la cantina dell’Abbazia di Novacella: bilancio a 7,5 milioni, su un giro d’affari complessivo di 10,5.

Interessanti i progetti di sviluppo delle due cooperative. Cantina Valle Isarco punterà ancor più sulla specializzazione della produzione, attraverso la micro vinificazione in acciaio delle singole parcelle dei 135 conferitori.

Novacella, sotto la guida dell’enologo Celestino Lucin, ha inaugurato da poco la nuova cantina e mira a un incremento fino a 1 milione di bottiglie. Tra le novità del 2019 potrebbe esserci anche un’etichetta di Pinot nero vinificato in anfora.

I MIGLIORI ASSAGGI CON PUNTEGGI

Complessivamente alto il livello dei vini proposti in degustazione durante il nostro tour in Valle Isarco. Promettono bene anche i nettari ancora in vasca, o in affinamento in botte.

E le vecchie annate danno la misura del gran lavoro delle 19 cantine aderenti al circuito EisacktalWein, impegnate nel costante innalzamento qualitativo della Denominazione.

I fari della Valle Isarco, oltre alle due cooperative, sembrano essere ben definiti tra i vignaioli. Su tutti colpisce l’eclettico Florian Unterthiner, alla guida di Weingut Ebner. Benissimo anche Günther Kerschbaumer di Köfererhof Weingut.

Splendida tutta la linea di Markus Prackwieser (Gumphof): vero genio, in grado di produrre vini visionari, di grande longevità. Manni Nössing è invece il re del Kerner. E Bessererhof, grazie al duo Otmar e Hannes (padre e figlio da poco in cantina) regala il miglior Chardonnay della vallata.

Tra le sorprese, da assaggiare il Blaterle 2017 di Rielinger. E c’è anche la “bollicina” che non t’aspetti: sensata, verticale, minerale e “di terroir”, nel segno dei migliori Charmat italiani: il Brut “Isaras” di Cantina Valle Isarco, base Müller Thurgau e Sylvaner.

KERNER
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner 2017, Manni Nössing: 96/100
Südtirol Alto Adige Doc Kerner 2006 “Praepositus”, Kloster-Neustift – Abbazia di Novacella: 95/100
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner 2017, Köfererhof Weingut: 94/100
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner 2016 “Sabiona”, Eisacktaler Kellerei – Cantina Valle Isarco: 91/100
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner Passito 2016 “Nectaris”, Cantina Valle Isarco: 90/100

SYLVANER
Südtirol Alto Adige Doc Valle Isarco Sylvaner 2017 “Lahner”, Taschlerhof: 96/100
Südtirol Alto Adige Doc Valle Isarco Sylvaner 2017, Taschlerhof: 94/100
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Sylvaner 2010 “Sabiona”, Eisacktaler Kellerei – Cantina Valle Isarco: 90/100
Südtirol Alto Adige Doc Valle Isarco Sylvaner 2017, Weingut Garlider: 88/100
Südtirol Alto Adige Doc Valle Isarco Sylvaner 2017 “Gols”, Griesserhof: 86/100

MÜLLER THURGAU
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Müller Thurgau 2017 “Sass Rigais”, Manni Nössing: 88/100

GEWÜRZTRAMINER
Igt Mitterberg Gewürztraminer Kerner Passito 2015 “St. Cyrill”, Villscheider: 90/100

RIESLING
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Riesling 2016, Köfererhof Weingut: 96/100
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Riesling 2009, Köfererhof Weingut: 95/100
Südtirol Alto Adige Doc Riesling 2013 “Praepositus”, Kloster-Neustift – Abbazia di Novacella: 92/100
Igt Mitterberg Riesling 2017 “Viel Anders”, Rockhof – Weingut Rock: 90/100
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Riesling 2016, Rielinger: 89/100

GRÜNER VELTLINER
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Grüner Veltliner 2017, Weingut Ebner: 95/100
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Grüner Veltliner 2017 “Gail Fuass”, Rockhof – Weingut Rock: 92/100
Südtirol Alto Adige Doc Grüner Veltliner 2016 “Praepositus”, Kloster-Neustift – Abbazia di Novacella: 91/100
Igt Mitterberg Grüner Veltliner 2016 “Muga Selection”, Spitalerhof: 88/100

PINOT GRIGIO / GRAUBURGUNDER
Südtirol Alto Adige Pinot Grigio Doc 2017, Wassererhof: 90/100

PINOT BIANCO / WEISSBURGUNDER
Südtirol Alto Adige Pinot Bianco Doc 2017, Weingut Ebner: 94/100
Südtiroler Alto Adige Pinot Bianco Doc Riserva 2016 “Fellis”, Bessererhof: 94/100
Südtirol Alto Adige Pinot Bianco Doc Riserva 2012 “Renaissance”, Gumphof – Markus Prackwieser: 94/100

SAUVIGNON BLANC
Südtirol Alto Adige Sauvignon Blanc Doc 2014 “Praesulis”, Gumphof – Markus Prackwieser: 92/100

CHARDONNAY
Südtiroler Alto Adige Chardonnay Doc Riserva 2016 “Fellis”, Bessererhof: 94/100
Südtiroler Alto Adige Chardonnay Doc Riserva 2004 “Fellis”, Bessererhof: 90/100

PINOT NERO / BLAUBURGUNDER
Südtirol Alto Adige Pinot Nero Doc 2016, Weingut Ebner: 92/100

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Spirit Experience: al Merano Wine Festival sbarcano i distillati

Il Merano Wine Festival 2018 è stato anche Spirit Experience. Per la prima volta all’interno della Gourmet Arena ha fatto mostra di se una selezione di distillati, masterclass dedicate e preparazioni dei bartender presenti.

Il mondo del vino, in uno dei suoi appuntamenti più prestigiosi, ha aperto le porte al mondo degli spirits. Per la prima volta, i “distillati” hanno messo la punta del piede all’interno del mondo del vino.

Un binomio, quello fra vino e spirits, che in realtà è da sempre ben presente nella testa dei consumatori, ma che ha sempre visto contrapposti i due mondi. Quasi non ci fosse interesse reciproco. Quasi che un bevitore di spirits o di mixology non sia intenditore di vino e viceversa.

E così, mentre a Milano si teneva il Milano Whisky Festival (di cui vi abbiamo raccontato la scorsa edizione), ecco spuntare nella Passerpromenade di Merano bottiglie di superalcolici, amari e vermouth.

Non moltissime, per la verità, e con un forte sbilanciamento al “bere mescolato” piuttosto che al consumo “in purezza”. Ma per essere la prima occasione decisamente un grande successo.

LE TIPOLOGIE, GLI ASSAGGI, LA COCKTAIL COMPETITION

Qualche “incursione” dall’estero, ma sono prodotti e produttori italiani a guidare il gioco alla Spirit Experience. Primo fra tutti il più italico degli spiriti: la Grappa. Protagonista non solo dei banchi d’assaggio ma anche di una masterclass a lei dedicata.

Dalla bianca di Nardini, che propone Extrafina per i 240 della distilleria, alla bianca aromatica di Roner, monovitigno di Gewurztraminer ricca del suo varietale. Sempre Roner propone la ottima Weissburgunder (da noi già degustata a al Milano Rum Day), mentre interessanti sono le due ambrate: Selezioni, edizione limitata di Marzadro ricca di terziari legnosi e Fuoriclasse, riserva 7 anni di Castagner, che non snatura i profumi primari.

Italia che tiene banco anche sul fronte del Gin. Seven Hills stupisce per la freschezza erbacea del suo Dry mentre Greedy Gin, dal veneto, è più profondo e balsamico con note di lavanda e thè verde. Dalla Calabria è Vecchio Magazzino Doganale a sorprendere con un Gin dai sentori affumicati, mentre Gin del Professore gioca su note agrumate e Roner mette i boschi dell’Alto Adige in un Gin che profuma di pino cirmolo.

Italia che si confronta anche sugli altri spirts internazionali. Stock presenta qui il suo Brandy Riserva 20 anni per i 130 di attività, saranno 5000 bottiglie non ancora confezionate (ma abbiamo la possibilità di assaggiare una campionatura): uno spirito di gran corpo ricco di note erbacee e con un leggero tannino probabilmente dovuto ai legni dell’invecchiamento, sapido e persistente chiude in modo leggermente amaricante.


Puni
porta l’intera gamma dei suoi Whisky fra cui spicca Vina, 5 anni di invecchiamento in botte ex Marsala vergine: secco e verticale ricco di note vinose e di frutta secca. Roner tiene alta bandiera del Rum col suo R74: morbido e dolce dai sentori fruttati.

Grande carrellata di liquori della tradizione come Limoncello, Nocino, Cedro, Rabarbaro, Anice e liquori a base di frutta ma è la grande qualità dei Vermouth a cogliere l’attenzione. Martini Riserva Ambrato gioca sul dolce-amaro di miele e rabarbaro.

Roner con GW utilizza il Gewurztraminer come vino base arricchendolo con le botaniche ma senza perderne la caratteristica nota fruttata.

Gamondi (Toso) col suo Vermouth di Torino Superiore Rosso si rifà alla tradizione piemontese dove arancia amara e china donano intensità e freschezza.

Originali le due proposte di Tomaso Agnini. Vermouth al mallo di noce, più morbido e dolce, e Vermouth all’aceto balsamico, più fresco. Ottima l’intera linea di Del Professore: Bitter, Aperitivo ed i Vermouth Classico, Chinato, di Torino e di Torino Superiore.

Aziende italiane che si distinguono per la loro produzione e costante presenza nelle ricette dei bartender di tutto il mondo, come Luxardo, che oltre al famoso Maraschino qui porta anche Bitter, Sangue Morlacco ed il proprio Triple Sec, o come Varnelli coi proprio liquori, amari e distillati.

E proprio Varnelli, per la celebrazione dei 150 anni di attività, è stata la protagonista della Cocktail Competition tenutasi il 12 novembre alla Spirit Experience.

Nove giovani emergenti Bartender italiani si sono sfidati nella preparazione e presentazione di cocktail da loro ideati a base “Varnelli”. Una gara che ha visto vincitore il giovanissimo Alessandro Governatori del Bar Torino di Ancona con la sua ricetta “La merenda di nonno Italo“:

La merenda di nonno Italo
30 ml di Varnelli Anice Secco Speciale
30 ml di Vermouth uvaggio rosso
30 ml di Amaro dell’Erborista
Top Cedrata
5 ml Caffè Moka Varnelli

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La notte delle cantine: serata di degustazioni da Tramin

Sabato 9 giugno 2018 dalle 17 alle 24, Cantina Tramin apre le porte al pubblico per La Notte delle Cantine. La manifestazione, organizzata dalla Strada del Vino dell’Alto Adige, coinvolge insieme a Termeno le altre località del vino altoatesine Caldaro, Cortaccia, Cortina, Salorno, Montagna, Ora e Vadena.

La Sala Rossa di Cantina Tramin ospiterà una degustazione verticale di Loam, vino a base di uve Cabernet e Merlot della linea Selezioni, che sarà il vero protagonista della serata, presentato nelle diverse annate 2002, 2003, 2010, 2011, 2012, 2013, 2014 e 2015. L’occasione per scoprire un vino particolarmente apprezzato in Alto Adige, ancora poco conosciuto nel resto d’Italia.

Inoltre, durante la serata si potranno assaggiare tutti i vini di Cantina Tramin, disponibili in degustazione all’interno della Cantina Rossa. Al pubblico sarà anche data la possibilità di conoscere la cantina con esclusive visite guidate notturne.

Oltre al vino, spazio anche al cibo e all’artigianato locale, che rivive le antiche tradizioni altoatesine. Nella Sala Nussbaumer, con vista panoramica sui vigneti, i visitatori potranno assaggiare diverse proposte culinarie a cura del ristorante Gretl am See del vicino Lago di Caldaro. In abbinamento ai vini della Cantina si potranno gustare assaggi gastronomici sudtirolesi e italiani. Uno degli accostamenti particolarmente piacevoli sarà il Risotto allo Zafferano proposto insieme a un calice di Gewürztraminer. Inoltre, durante la serata sarà possibile assaggiare i cioccolatini di Oberhöller Finest Gourmet Chocolate, come le Praline realizzate con un ripieno a base di Terminum Gewürztraminer e i formaggi di latte crudo vaccino di produzione locale del Maso Eggemoa, disponibili in diversi angoli culinari.

Inoltre, nel foyer della cantina si svolgerà una dimostrazione artistica a cura di dieci contadini artigiani selezionati da Gallo Rosso – associazione che raggruppa circa 1600 masi in Alto Adige – che per la prima volta si riuniranno insieme per presentare le loro opere fatte a mano.
Oggetti decorativi, lavori di intreccio e di intaglio realizzati con materie prime che provengono al 100% dai masi altoatesini.

L’esposizione delle opere create nel corso della serata proseguirà nelle due settimane successive, secondo gli orari di apertura della cantina (dal lunedì al venerdì: 09:00-19:00, il sabato: 09:00-17:00).
L’evento è ad accesso libero e gratuito, i piatti e le degustazioni potranno essere acquistati a parte. Il trasferimento è affidato ad un servizio navetta che riunisce le cantine della Strada del Vino dell’Alto Adige.

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Tramin, nuova missione: il Gewürztraminer deve sfidare il tempo

TERMENO – Proporre il Gewurztraminer come vino di prospettiva. Di lungo affinamento. Come fosse una Vernaccia o un Gavi, per citare altri bianchi noti per la loro positiva evoluzione in bottiglia.

Questa la missione che si prefigge da qualche anno Tramin, cooperativa fondata nel 1898 dal parroco Christian Schrott, che oggi raccoglie 290 viticoltori altoatesini.

Un’idea rivoluzionaria, che sta iniziando a condizionare le scelte d’abbinamento di alcuni attenti sommelier, nell’alta ristorazione. Ma l’obiettivo è più che altro “culturale”. E potrebbe generare un nuovo approccio al vitigno (collaterale, non certo alternativo) da parte dei produttori.

Dopo essersi imposta sul mercato come “Casa del Gewurztraminer”, la cantina di Termeno (BZ) punta insomma a stravolgere il modo di pensare al re dei vitigni a bacca bianca dell’Alto Adige.

Non solo come a un vino di pronta beva, forte della sua caratteristica principale: l’aromaticità. Ma anche come a un vino bianco da dimenticare in cantina per anni. Concretamente, Tramin ha iniziato a proporre ai propri clienti etichette di Gewurztraminer di annate passate, in parallelo con le nuove vendemmie.

“Nei primi anni dall’imbottigliamento – conferma Willi Stürz, direttore tecnico di Cantina Tramin – il Gewürztraminer regala note armoniche, spesso dovute alla concentrazione. Lasciato lì, il vino assume un nuovo carattere. Per sviluppare questo concetto abbiamo realizzato un piccolo magazzino all’interno della cantina, dove custodiamo uno stock delle vecchie annate”.

LA SFIDA
“In alcuni ristoranti – spiega ancora Stürz – riusciamo a proporre ‘pacchetti’ di verticali di Gewürztraminer da 12 bottiglie complessive, attorno alle quali chef e sommelier costruiscono abbinamenti diversi, in base all’annata. E’ un modo nuovo per valorizzare il vitigno che è la ragion d’essere di Tramin”.

Non a caso l’ultima etichetta capolavoro della cantina altoatesina, “Epokale”, è un vendemmia 2009. E non a caso, all’ultimo Vinitaly – dove abbiamo incontrato Willi Stürz e il pr & Communication Günther Facchinelli – oltre all’annata 2016 del Gewürztraminer “Nussbaumer”, ci è stata proposta la 2011, in seguito a “Selida”.

Il futuro di Tramin, dunque, pare connesso sempre più alle sue radici. Già, perché la cantina di Termeno sembra meno concentrata di altre, in Alto Adige, nello sviluppo dell’ultima frontiera della viticoltura: i vitigni Piwi (pilzwiderstandfähig), resistenti agli attacchi fungini.

“Abbiamo due impianti di Piwi – commenta Willi Stürz – uno di Bronner e l’altro di Souvignier Gris, ma nonostante la grande attenzione, anche mediatica, attorno al tema dei vitigni resistenti, crediamo non siano ancora maturi i tempi per proporre con convinzione i vini sul mercato. Aspetteremo ancora qualche anno, seguendo da vicino il progresso della scienza in materia”.

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I migliori assaggi a Vinitaly 2018

VERONA – Vinitaly in versione “Fast and Furious” quest’anno per la nostra redazione, al termine di una settimana di degustazioni in giro per mezza Italia (visita alle tre Tenute Lunelli, poi ViniVeri e VinNatur, prima della domenica d’apertura della Fiera veronese).

Tutti momenti che vi racconteremo quanto prima. Oggi è il turno dei migliori vini scovati a Vinitaly 2018. Eccoli di seguito, nel consueto ordine: dalle “bollicine” ai rossi.

SPUMANTI
Spumante Millesimato Pas Dosè 2016, Tenuta Sarno 1860. Sua maestà il Fiano di Avellino, in una versione spumantizzata degna delle geometrie di Kandinsky. Punto, linea e superficie, tutte in un sorso.

Si parte di fatto da un’ottima base. Quella del vigneto “Giardino”, a Candida (AV), il più alto in Irpinia destinato a varietà a bacca bianca (650 metri sul livello del mare). Per la produzione dello spumante, Maura Sarno e il suo entourage scelgono il versante nord ovest, meno esposto al sole rispetto a quello destinato al Fiano fermo.

Punto, linea e superficie si incontrano così in un calice che si veste d’un giallo luminoso, rinvigorito da un perlage fine e vivace, glitterato. Il naso cattura con i suoi richiami agrumati e taglienti di lime e bergamotto.

La balsamicità espressa dalle note di salvia dà un tono ancora più fine, assieme a misurate tinte di miele d’acacia. In bocca la corrispondenza è pressoché totale, con una nota di pesca a iniziare un valzer di sensazioni verticali, con nota minerale salina netta.

Un Pas Dosè godurioso, gastronomico (nel senso nobile del termine), ben fatto. Settemila bottiglie prodotte per l’annata 2016 (12 mesi sui lieviti), non prodotto lo scorso anno per via del caldo eccessivo.

 

Metodo Classico Brut “N1”, Azienda Agraria Moretti Omero. Trenta mesi sui lieviti (vendemmia 2015) per uno spumante insolito, prodotto con uve Trebbiano Spoletino biologiche allevate a 400 metri sul livello del mare, a Giano dell’Umbria, in provincia di Perugia.

Giallo paglierino, perlage fine e persistente. Naso a metà tra il fruttato e il floreale, con pregevole risvolto sulle erbe di campo e un tocco (che non guasta, in questo caso) di crosta di pane. Liqueur ben dosata, non snaturante, e pregevole sbuffo leggero di pepe bianco.

Bello il gioco, in bocca, tra le fresche note agrumate (lime), quelle più morbide di pesca e la chiusura sulla nocciola. Il tutto avvolto da una “bollicina” cremosa. Ottimo compromesso per chi cerca l’equilibrio tra croccantezza, rotondità e freschezza nello stesso calice di spumante. Prezzaccio (in cantina): solo 14 euro!

VINI BIANCHI
Colline Laziali Igt Bianco 2017, L’Avventura Società Agricola. In attesa della versione “non filtrata”, che si preannuncia ancora più interessante, ecco un bianco da uve Frascati dall’eccezionale rapporto qualità prezzo (4,50 euro agli operatori).

Si tratta infatti del vino “d’ingresso” de L’Avventura, la recente scommessa di Stefano Matturro e consorte a Paliano, in provincia di Frosinone. Un prodotto senza solfiti aggiunti. A colpire è un naso giocato a metà tra le noti verdi, erbacee, e la frutta esotica. Bella beva, di semplicità solo apparente.

Umbria Igt Grechetto 2017 senza solfiti aggiunti, Vini Di Filippo. Protocollo biodinamico per il Grechetto senza solfiti aggiunti della cantina Di Filippo. Siamo a Cannara, in provincia di Perugia.

Qui i vigneti sono lavorati da Roberto Di Filippo con l’ausilio di cavalli, oche e mezzi artigianali di legno e ferro prodotti dallo stesso viticoltore, in pieno stile Agro forestry.

Ecco dunque l’Amish dei Grechetto. Un vino che si stacca nettamente dalla media di tanti altri bianchi del Centro Italia. Giallo dorato nel calice, dove il nettare presenta leggere velature naturali.

Naso bellissimo, ed è già un successo: fiori secchi, frutta a polpa bianca e gialla matura, un tocco minerale e un rintocco speziato. Un vino da aspettare e riannusare per apprezzarne tutti i profumi.

Come quello di radice di liquirizia, dapprima timido, poi quasi impetuoso. Al palato un filo di tannino rende il quadro ancora più interessante, su note corrispondenti all’olfatto. Davvero un bell’unicum.

Alto Adige Gewürztraminer Doc 2016 “Nussbaumer”, Cantina Tramin. Tra tutti i prodotti di cantina di Cantina Tramin, segnaliamo questo: un “must” per chi non l’avesse ancora testato.

Un Gewürztraminer capace di incollare letteralmente naso e bocca al calice, un passo sopra il (seppur ottimo) Gewürz “base” 2017 di Tramin, “Selida” (sempre se di “base”, con Tramin di mezzo, si possa parlare).

Straordinaria, a Vinitaly, la prova della longevità di questo vitigno con l’assaggio della vendemmia 2011 di Nussbaumer, concessa a vinialsuper dal direttore tecnico Willi Stürz e da Günther Facchinelli, Pr & Communication di quello scrigno altoatesino chiamato Cantina Tramin.

Un aspetto, questo, che approfondiremo presto attraverso un altro articolo, con l’intervista esclusiva ai due rappresentanti della cooperativa di Termeno.

Friulano (Jakot) 2016 “t.f.”, Valter Sirk. In Vino Valter. Potrebbe suonare così la sintesi dei nostri assaggi di tutta la linea di Valter Sirk a Vinitaly 2018. Siamo tra Dobrovo (italianizzato “Castel Dobro”) e il piccolo villaggio di Višnjevik, nel cuore pulsante del Collio Sloveno. Dieci minuti dal confine italiano.

Valter Sirk e il suo socio Giuseppe Aldé paiono Stanlio e (C)Ollio. Vinitaly, in fondo, può essere una festa se le cose ti girano bene. E allora tutti invitati. Tanto il vino lo portano loro. E che vino. Non ce n’è uno che delude in tutta la linea. Ma a noi tocca scegliere.

Potremmo parlarvi del superlativo Pinot Bianco 2011 della linea “Contea”. Invece vi suggeriamo la tipicità di Jakot, corrispettivo sloveno di “Friulano” (“t.f.” sta proprio per “Tocai Friulano”: provate a leggere “Jakot” al contrario). Un nettare che matura per l’80% in acciaio e, per la restante parte, in acacia.

Il naso è di un’ampiezza rara: si incontrano una buona vena minerale, profumi di erbe, frutta a polpa bianca e fiori. In bocca la sapidità è evidente, ma è solo una dei convitati.

La vinificazione in acciaio valorizza i primari dell’uva e l’acacia non li snatura. E dunque ecco una bella vena fresca, rinvigorita da sbuffi di pepe bianco. La chiusura è più che mai tipica, sulla mandorla amara. Ottimo vino, oggi. Domani ancor di più, per chi ha il coraggio di aspettarlo.

VINI ROSSI
Oseleta 2016, Corte Archi. A nostro avviso uno dei vitigni a bacca rossa meno noti, eppure più interessanti, dell’intero panorama del Veneto. Non a caso, da sempre, è tra le varietà che compongono (seppur in percentuali minime) l’Amarone della Valpolicella.

Proprio in Valpolicella opera Corte Archi, per mano di Fernando Campagnola e consorte. In questa Oseleta si trovano splendidamente mixati tutti i tratti tipici del vitigno: la vena animale, grezza, quella vegetale speziata, oltre a pennellate di frutto raffinato che conferiscono eleganza al quadro.

Un vino capace di coniugare potenza, persistenza, complessità e lunghezza. Tra l’altro, con evidenti potenzialità d’invecchiamento.

Cannonau di Sardegna Doc 2016, Antonella Corda. Fate largo in cantina per un Cannonau sui generis, che ci piace definire con un neologismo: Pinotnau.

Se avete in mente la potenza imperscrutabile e l’alcolicità spinta di tanti (troppi) Cannonau, ecco un’interpretazione elegantissima del re dei vitigni a bacca rossa Made in Sardegna.

Un vino che assomiglia tanto ad Antonella Corda, donna dai modi eleganti che nel 2010 ha preso in mano l’azienda di famiglia a Serdiana, poco lontano da Dolianova (CA), assieme al compagno Christian Puecher, venuto dal lontano Trentino.

Un Cannonau che, nel calice, pare un Pinot Nero. Sin dal colore. Un luminoso rosso rubino, dal quale si spigionano note raffinate di piccoli frutti a bacca rossa che ritroveremo anche al palato, assieme a tannini di velluto e un tocco speziato che non guasta.

Ad accompagnare verso un finale lungo sono le note minerali, che ben si coniugano con quelle fruttate. Un vino dall’alcolicità sostenuta (14%) ma tutt’altro che percettibile. Tanto da far pensare a un perfetto consumo anche d’estate, leggermente raffreddato.

Il segreto del Cannoau “Pinotnau” di Antonella Corda consiste nel mix tra una macerazione delicatissima delle uve, in grado di non snaturare il varietale, e l’utilizzo sapiente di botti di non tostate di rovere francese. Chapeau.

Trentino Marzemino Superiore d’Isera Doc 2015, De Tarczal. “Mr Marzemino” sta a Isera e di nome fa Ruggero dell’Adami De Tarczal. Il piccolo borgo alle porte di Trento, a un passo dalla cittadina di Rovereto, custodisce cantine ancora tutte da scoprire, come De Tarczal.

Una storia antica quella della famiglia di Ruggero, che oggi può contare sull’apporto delle due figlie (una in cantina, l’altra impiegata nell’annesso ristorante-vineria) e sulla mano di giovane ed ottimo enologo, Matteo Marzari, che dal 2003 sta valorizzando in maniera esemplare il patrimonio viticolo dei De Tarczal.

Tra i rossi preferiamo il Marzemino Superiore 2015 (vino, tra l’altro, dall’ottimo rapporto qualità prezzo). Naso elegante, tutto giocato sulle note tipiche di un vitigno da altri (troppi) bistrattato e scialacquato.

E dunque ribes, lamponi, marasca, un tocco di mora e viola mammola. Con l’inconfondibile risvolto speziato. Un nettare che evidenzia la giusta corrispondenza al palato, con l’apporto di pregevoli venature minerali.

E in effetti è la mineralità il fil rouge che lega i vini di De Tarzal (provare per credere anche il blend Manzoni Bianco-Pinot Bianco “Belvedere” 2013 e lo Chardonnay in purezza “Felix” 2016). Chiusura altrettanto raffinata, con rintocchi di liquirizia dolce. Il Marzemino in cravatta.

Chianti Classico Docg 2015 Borgo Scopeto. E’ il Chianti Classico che ha ottenuto il punteggio maggiore (94 punti) in occasione della degustazione alla cieca effettuata a Vinitaly 2018 in collaborazione con il Consorzio Chianti Classico (qui tutti i punteggi). Un vino prodotto dall’omonima azienda agricola di Castelnuovo Berardenga, in provincia di Siena.

Una cantina che collabora con la catena di supermercati a insegna “Iper La Grande i” per il progetto di private label “Grandi Vigne” e che, per questo, è stata inserita nella blind tasting.

Un risultato – il primo posto assoluto – che dimostra il grande lavoro fatto in Italia dall’agenzia Think Quality di Cuneo, assieme al buyer di segmento di Iper (ve ne abbiamo già parlato qui) per la selezione di incredibili referenze “qualità prezzo” da proporre a scaffale.

I vigneti da cui si ottiene l’omonimo Chianti Classico si trovano a un’altezza compresa tra i 350 e i 420 metri (70 ettari complessivi).

Si tratta del prodotto d’entrata della cantina toscana, che produce anche una Riserva (“Vigna Misciano”), un Supertuscan (“Borgonero”) e lo storico “Vin Santo”, oltre a grappa ed olio (non presenti in Gdo).

Il Chianti Classico Docg 2015 “Borgo Scoperto” (campione cieco numero 10), colpisce sin da subito per il suo colore luminoso, limpidissimo. Al naso la gran finezza espressa dalle note di piccoli frutti di bosco, degne di un grande Pinot Noir.

Un’eleganza che si ripropone con prorompente determinazione anche al palato, lunghissimo. Il frutto è di pulizia cristallina e il tannino è molto ben integrato. Un vino pronto, dall’equilibrio straordinario. Ma anche di chiara prospettiva.

VINI DA DESSERT
Alto Adige Gewürztraminer Doc 2009 “Epokale”, Cantina Tramin. Torniamo a Termeno per raccontare quell’angolo di paradiso in terra che Cantina Tramin ha deciso di racchiudere in bottiglia, chiamandolo non a caso “Epokale”.

In realtà il nome è dovuto all’annata straordinaria in Alto Adige, la 2009 appunto, che ha consentito la produzione di questa vendemmia tardiva di Gewürztraminer. Nel calice il colore giallo oro è di per sé invitante.

La sorpresa (una conferma assoluta per chi conosce il modus operandi di Tramin) è il perfetto, divino, equilibrio tra note dolci, acidità e mineralità.

Frutto non solo di un’annata da ricordare, ma anche del coraggio di aspettare il momento giusto per l’immissione in commercio di questo raro Gewürz.

Si comincia della cernita dei migliori acini di due vigneti, vicino a Maso Nussbaumer, tra i 420 e i 440 metri sul livello del mare. Dopo un’attenta vinificazione, la fase delicata di affinamento in piccoli contenitori d’acciaio, a contatto continuo con i lieviti per otto mesi.

Dopo l’imbottigliamento, avvenuto nell’agosto del 2010, “Epokale” è stato portato nella miniera di Monteneve, in Val Ridanna (2 mila metri di quota).

Qui è stato stoccato per quasi sette anni al buio, a 4 chilometri dall’imbocco della galleria, a una profondità di 450 metri sotto la montagna. Temperatura e umidità costanti hanno consentito al nettare di trasformarsi, oggi, in pura poesia nel calice.

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Vini al supermercato

Alto Adige Doc Gewurztraminer 2016, Elena Walch

(4,5 / 5) Il Gewurztraminer è uno dei vini più amati, per la sua aromaticità, dalle donne. Uno dei più richiesti al ristorante. Sotto la lente di vinialsuper finisce oggi l’Alto Adige Doc Gewurztraminer 2016 di Elena Walch.

Un’etichetta che si discosta (in positivo) dalla media dei Gewurz presenti al supermercato. Giustificando così il prezzo superiore e consacrando la cantina tra i riferimenti assoluti dell’Alto Adige del vino al supermercato.

LA DEGUSTAZIONE
Giallo dorato luminoso, limpido. La vista invitante precede un “naso” che costituisce la componente migliore del Gewurztraminer di Elena Walch: esotico intenso di papaya, ananas, litchi, pesca gialla matura, marzapane.

Sentori erbacei che sfiorano il balsamico e floreali di rosa rendono complesso l’olfatto, assieme a chiari richiami minerali iodici che ricordano la salsedine. Non manca una spolverata di pepe bianco, piacevolissima.

In bocca il vino entra quasi in punta di piedi, sul filo della glicerina (14%). Poi si accende di un’acidità appagante, che attenua le note dolci della frutta già avvertita al naso.

Il gioco è fatto: un Gewurztraminer che seduce e avvolge inizialmente, per poi farsi più serio e potente, chiudendo sui tasti neri di un immaginario pianoforte, con un’improvvisa svolta amaricante.

Un vino completo, anche nell’abbinamento: perfetto come aperitivo, si presta ad accompagnare alla perfezione piatti della cucina asiatica e indiana, speziati e saporiti. Ottimo con i crostacei, ma anche con portate di terra come foie gras e patè.

LA VINIFICAZIONE
Prima della fermentazione, il Gewuztraminer di Elena Walch macera 6 ore sulle bucce. Le uve vengono poi pressate in maniera soffice. Il mosto subisce poi una chiarifica statica, utile a illimpidire il nettare.

Successivamente viene fermentato in serbatoi d’acciaio a una temperatura controllata di 18 gradi, per preservarne li aromi. Il vino successivamente affina per alcuni mesi sui propri lieviti, in contenitori inox.

La storia della cantina Elena Walch inizia 150 anni fa a Tramin (Termeno), in provincia di Bolzano. Una struttura storica che è stata ampliata nel 2015, nel segno dell’avanguardia tecnologica e ambientale.

Prezzo: 13,90 euro
Acquistato presso: Iper, La grande i

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Approfondimenti

Trentino Alto Adige: al via il 2° concorso sui vini del territorio

Un concorso enologico vero e proprio che valorizza i vitigni del territorio, ma caratterizzato da una notevole valenza didattica visto il coinvolgimento degli studenti della Fondazione Edmund Mach.

Centoundici etichette in gara, 55 cantine della regione Trentino Alto Adige-Südtirol, quattro tipologie di vino ovvero Teroldego, Marzemino, Traminer aromatico e Gewürztraminer, tre commissioni e una trentina di esperti tra enologi, enotecnici, sommelier e giornalisti del settore. Sono i numeri della seconda edizione del Concorso “ENOtecnico valorizzazione VINI territorio” autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che si è aperto oggi a San Michele all’Adige.

I vincitori saranno premiati lunedì 16 aprile, alle ore 12.30, presso lo stand FEM al Vinitaly di Verona (Padiglione 3, stand F2). La manifestazione è promossa e organizzata dal Centro Istruzione e Formazione in collaborazione con i comuni della Piana Rotaliana, San Michele all’Adige, Mezzolombardo e Mezzocorona e conta sul supporto delle due sezioni Assoenologi di Trentino ed Alto Adige.

Obiettivo del concorso è far conoscere le unicità delle produzioni enologiche di territorio: vitigni autoctoni o interpretazioni territoriali di vitigni internazionali. Quest’anno i vini protagonisti saranno Teroldego Rotaliano DOC, Trentino DOC Marzemino, Trentino DOC Traminer aromatico e Südtirol – Alto Adige DOC Gewürztraminer.

“Questo concorso – ha spiegato in apertura il dirigente del Centro Istruzione e Formazione , Marco Dal Rì, intervenuto con gli organizzatori Salvatore Maule e Andrea Panichi – raccoglie l’eredità della rassegna vini territorio e sta assumendo una notevole rilevanza. L’iniziativa risulta inserita all’interno del corso post diploma per enotecnico e gli studenti sono stati coinvolti sia nella parte organizzativa che di degustazione all’interno di una giuria altamente qualificata. Per loro sarà una esperienza molto importante”.

Il concorso si propone come opportunità didattica per gli studenti del Corso Enotecnico per iniziare a prendere confidenza con i vini prodotti nel territorio Trentino – Alto Adige/Südtirol e con le aziende produttrici. Gli studenti potranno osservare come gli esperti del settore enologico valutano i vini e a loro volta essere guidati nelle degustazioni al fine di acquisire una corretta metodica di attribuzione di un valore ai vini del territorio.

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Vini al supermercato

Quando il prezzo conta più del territorio: la storia del Gewurztraminer ungherese di Md

BOLZANO – Logiche che solo all’apparenza possono sembrare “illogiche”, quelle di (una certa) Grande distribuzione organizzata.

Fatto sta che un gruppo storico della provincia di Bolzano come Schenk Italian Wineries (lì, a Bolzano, dal 1960) si presenta sugli scaffali dell’hard discount Md con un Gewurztraminer ungherese. Mica altoatesino o trentino.

Parliamo del Gewurztraminer Oem Matrai della linea Cantina Clairevue, private label con cui Schenk opera all’interno dei discount Md, già Lillo Group S.p.A. (linea che Luca Maroni premia con alte valutazioni, che non riguardano tuttavia questa etichetta).

Scappa più di un sorriso a pensare che il sito web di Md tenga a sottolineare che “la storia della Società s’identifica con quella del suo fondatore, Patrizio Pondini, nato a Bolzano, attivo nel mercato della Gdo fin dagli anni ’60”.

E’ la stessa Schenk, pungolata da vinialsupermercato.it, a chiarire i contorni di una vicenda che ha del paradossale. Almeno quanto risulta paradossale, per un imprenditore italiano, la convenienza di investire all’estero.

“UNGHERESE MA DI QUALITA'”
“Si tratta di una linea ‘private label’ realizzata per Md Italia, secondo le esigenze espresse dal cliente – evidenzia il gruppo bolzanino – che chiedeva un vino con un ottimo rapporto qualità-prezzo. Vista l’annata difficile del 2017, soprattutto per gli aromatici, risultava arduo mantenere tale rapporto sotto una certa soglia, utilizzando un vino Alto Adige”.

“Il prodotto in questione – continua Schenk Italian Wineries – è un Gewurztraminer Ungherese di ottima qualità, ma non è una Doc Alto Adige come invece è ‘Kellerei Auer’, nostra linea di punta. Auspicando, nei prossimi due anni, vendemmie quantitativamente e qualitativamente corrette, Schenk Italian Wineries sarà in grado di proporre vini italiani per la soddisfazione di Md”.

Piutost che nient l’è mei piutost, sintetizzerebbero a Milano. Il vino in questione, tuttavia, si lascia tutto sommato apprezzare. Soprattutto nell’ottica qualità prezzo. “Oem” sta per “Oltalom alatt álló eredetmegjelölés”, l’equivalente, in Ungheria, delle nostre Dop. “Mátrai” identifica “Mátra”, zona collinare dell’Ungheria settentrionale, dove si produce vino.

(4 / 5) Giallo paglierino scarico e velato per il Gewurztraminer Oem Mátrai 2016 Cantina Clairevue. Naso di litchi, pesca, esotico maturo (ananas), una punta minerale. Bocca corrispondente, non elegantissima, con chiusura su note posate di miele d’acacia.

Beva facile, zucchero non stucchevole. Dopo l’ingresso morbido, questo Gewurz ungherese svela un bel risvolto acido, che accompagna fino a un finale speziato, di pepe bianco. Un vino che fa della facilità di beva (e del prezzo: 2,99 euro) la sua arma vincente.

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degustati da noi vini#02

Valle Isarco Doc Grüner Veltliner 2015 Praepositus, Abbazia di Novacella

Il Grüner Veltliner è la varietà di vitigno più coltivato in Austria, ma al di fuori del territorio austriaco è poco noto e diffuso.

In Italia è allevato soprattutto in Valle Isarco (BZ). All’interno dell’omonima Doc si è guadagnato la menzione di vitigno in etichetta. Assaggiamo oggi proprio il Grüner Veltliner prodotto dall’Abbazia di Novacella, linea “Praepositus”, annata 2015.

LA DEGUSTAZIONE
Colore paglierino carico, riflessi dorati. Fresco ed al contempo complesso al naso. Da subito si sente una piacevole nota agrumata di pomplemo che invoglia ad una beva immediata e spensierata.

Ma prontamente ecco arrivare bei sentori di frutta matura, come mela golden e melone che arricchiscono lo spettro olfattivo.

Seguono sentori erbaceo-floreali, di erbe aromatiche o “di campo”, ed una speziatura di pepe bianco. Sul finale avvertiamo una leggera nota fumè che completa un quadro intrigante e ci fa sospettare una piacevole longevità di questo vino.

In bocca è caldo, forte dei suoi 14 gradi dichiarati in etichetta, ma anche ben scorrevole grazie alla fresca acidità. La sapidità non manca in un sorso di grande mineralità. Un vino ricco, pulito e dalla buona persistenza.

Ottimo bevuto oggi, a tre anni dalla vendemmia, siamo curiosi di riassaggiarlo fra qualche tempo, sicuri che il tempo gli donerà ulteriore profondità.

L’ABBAZIA DI NOVACELLA
Fondata nel 1140 dal Beato Hartmann, monaco Agostiniano eletto Vescovo di Bressanone, a pochi chilometri dalla cittadina, l’Abbazia Agostiniana di Novacella (Augustiner Chorherrenstift Neustift) produce vini sin dal 1142.

I possedimenti introno all’abbazia, con la loro altitudine compresa fra i 600 ed i 900 metri, il clima fresco ed i terreni ricchi di minerali, costituiscono un ottimo territorio per le varietà a bacca bianca (Sylvaner, Müller Thurgau, Kerner, Gewürztraminer, Veltliner), mentre le varietà a bacca rossa (Lagrain, Schiava, Pinot Nero, Moscato Rosa) vengono coltivate più a sud, nell’area fra Bolzano ed Appiano.

Passata attraverso vicissitudini alterne, dal periodo di massimo splendore nel XVI secolo fino ai saccheggi durante le rivolte Alto Atesine, alla devastazione delle tre guerre di coalizzazione contro la Francia  (1792-1805), finanche alla secolarizzazione nel 1807, l’Abbazia di Novacella fu rifondata nel 1812.

Tornata ai sui antichi splendori è oggi non solo un punto di riferimento nell’enologia Atesina, ma col suo complesso badiale anche uno dei più bei monumenti della regione.

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I migliori assaggi al Merano Wine Festival 2017

Due giorni di degustazioni al Merano Wine Festival 2017. E l’imbarazzo della scelta nello stilare una “classifica” dei migliori assaggi. Si è chiusa martedì pomeriggio in grande stile, al Kurhaus, con Catwalk Champagne (100 etichette di 40 aziende francesi tra le più note e prestigiose) l’edizione 2017 del “salotto bene” del vino italiano.

Organizzazione pressoché impeccabile nelle varie location che hanno ospitato il ricco calendario di eventi. Tanti professionisti, pochi curiosi. Biglietti da visita che finiscono in poche ore, tra un assaggio e l’altro.

Perché il Wine Festival di Helmuth Köcher, per il vino italiano, sta al business quasi quanto il Prowein di Dusseldorf. Per le sale, a caccia di “chicche”, tanto importatori, distributori ed enotecari quanto buyer della Gdo (segnalata la presenza, tra gli altri, dell’attento buyer di Coop).

Peraltro, con un occhio alla sostenibilità delle pratiche agricole in vigna, visto l’ampio spazio dedicato ai vini naturali, biologici, biodinamici e Piwi dall’evento d’apertura “Bio&Dynamica”. Una classifica, quella dei migliori vini degustati al Merano Wine Festival 2017 da vinialsuper, che tiene conto anche di questo aspetto.

I MIGLIORI SPUMANTI
1) Riserva Extra Brut Alto Adige Doc 2011 “1919”, Kettmeir. Sul podio una bollicina altoatesina da vertigini. A produrla è Kettmeir, azienda del gruppo vinicolo Santa Margherita di stanza in via Cantine 4, a Caldaro.

Sessanta ettari complessivi, per una produzione che si aggira attorno alle 400 mila bottiglie: 120 mila sono di spumante, di cui 70 mila metodo classico. Il progetto, come spiega l’enologo Josef Romen, è quello di incrementare ulteriormente gli sparkling nei prossimi anni, “senza perdere territorialità”.

Naso fine ed elegante per la Riserva Extra Brut 2011 “1919”, tra il candito d’arancia e l’arnica. Il blend di Chardonnay (60%) e Pinot Nero (40%) funziona, al palato, al ritmo di una bollicina che esalta nuovamente note d’agrumi, questa volta in grado di ricordare la buccia del lime. E una balsamicità tendente alla spezia.

Il Pinot Nero, raccolto in un vigneto circondato dai boschi, a 700 metri sul livello del mare, ci mette i muscoli e la “zappa” sulla lingua. Lo Chardonnay la cravatta e il savoir-faire. Immaginate una Ricola buttata in un bicchiere d’acqua e sale: eccolo lì, questo tagliente Extra Brut. Sul gradino più alto del podio. “E’ una prova – chiosa Romen – per capire fino a dove possiamo arrivare”. Di questa cantina se ne sentirà parlare bene e a lungo. Purché si decida a cambiare colore alla Riserva in questione: sembra quella di uno spumante rosè.

2) Blanc de Blanc Extra Brut Franciacorta Docg 2011 “Elite”, Mirabella. Interessante realtà della Franciacorta “alternativa”, la cantina Mirabella. Si presenta ai banchi di Merano con un “Senza Solfiti” che ti sfida sin dall’etichetta, essenziale ma pretenziosa, con quel nome di fantasia che chiama i tempi dei cavalieri. Ma è una dama dalla chioma bionda, l’export manager Marta Poli, a servire la sfida nel calice.

Sboccatura 2016, 48 mesi sui lieviti per questo Chardonnay in purezza. “Elite” si presenta di un giallo invitante. Al naso crema pasticcera, burro, arancia candita, liquirizia. Palato pieno, secco, corrispondente nei sentori. Chiusura di gran pulizia su una bocca di pompelmo, prima del nuovo capolino della crema pasticcera. A colpire è l’evoluzione di questo spumante nel calice, sensibilissimo alle temperature di servizio.

Gioca col termometro questo figlio della Franciacorta che avanza, giovane e dinamica. Scaldandosi, libera note di erbe aromatiche e di macchia mediterranea. E la crema pasticcera, mista a quella speziatura dolce di liquirizia, diventa crème brûlée: la parte alta, quella col caramello elegantemente bruciacchiato. Chapeau.

Aggiungi al curriculum che si tratta di un “Senza Solfiti” (fra 3 e 6 mg/l). Che è il frutto di 10 anni di sperimentazioni da cui sono scaturite quatto tesi universitarie. Che è il “primo metodo classico italiano Docg senza solfiti e senza allergeni”. E il quadro è davvero completo.

3) Alto Adige Doc Extra Brut 2012 “Cuvée Marianna”, Arunda. Sessanta mesi sui lieviti per questo metodo classico altoatesino della nota casa di Molten (Meltina, BZ), 4 g/l di dosaggio: 80% Chardonnay elaborato al 100% in barrique (dal primo al quinto passaggio), più un 20% di Pinot Nero vinificato in bianco, che fa solo acciaio.

Vini base da Terlano e Salorno, vendemmie 2009, 2010 e 2011. E’ lo sparkling dedicato a “Marianna”, moglie di Joseph Reiterer: i due decidono assieme come bilanciare la cuvée, prima di metterla in commercio. Cinque, massimo 6 mila bottiglia totali.

Giallo dorato nel calice, naso di frutta a polpa gialla (albicocca non matura), lime, bergamotto. Non manca una vena balsamica, che porta il naso tra le montagne: in particolare ai sentori mentolati tipici dei semi dell’angelica. Una gran freschezza, insomma, che al palato si tramuta in un gran carattere: buccia di arancia, ricordi di menta, una punta di liquirizia.

Piacevolmente tagliente il gioco tra l’acidità e la sapidità spinta. Poi, d’un tratto, “Cuvée Marianna” sembra ammorbidirsi: siamo tra il finale e il retro olfattivo, che assume tinte di vaniglia bourbon. Un signor spumante, dal rapporto qualità prezzo eccezionale.

Segnalazioni
Bianco dell’Emilia Igt Frizzante Secco 2016 “L’Ancestrale nativo”, Terraquila:
Sboccatura à la volée per questo frizzante di Terraquila. Siamo in Emilia Romagna, per un blend di Pignoletto e Trebbiano che non può mancare nella cantina degli amanti dei vini dritti, diretti, “salati”.

Moscato Giallo Igt Veneto 2016, Maeli: Vino frizzante dei Colli Euganei, più esattamente ottenuto sui Colli di Luvigliano, tra le Dolomiti e Venezia. Una realtà, Maeli, che punta tutto sul Fior d’Arancio, nome locale del Moscato Giallo che, nell’occasione, si presenta in un calice capace di sfoderare note sulfuree, di grafite e fruttate di nettarina matura. Corrispondente al palato, tra il sale e la frutta.

VINI BIANCHI
1) Vigneti delle Dolomiti Igt 2008 “Julian”, Weingut Lieselehof. E’ l’edizione del Merano Wine Festival che segnerà la definitiva consacrazione sul mercato di molti vini Piwi, acronimo di Pilzwiderstandfähig, riferito alle “viti resistenti” a malattie come oidio, peronospora e botrite, tutte originate da funghi.

Weingut Lieselehof, cantina della famiglia Werner Morandell situata a Caldaro, in Alto Adige, è all’avanguardia da questo punto di vista. E sul podio dei vini bianchi di viniasuper finisce proprio “Julian”, vendemmia 2008: un blend tra due varietà Piwi qualità hyperbio: Bronner (60%) e Johanniter (40%).

Se il Bronner, per certi versi, ricorda lo Chardonnay, è il Johanniter a dare l’impronta (soprattutto olfattiva, ma anche gustativa) del Riesling. Un sinonimo di longevità che ritroviamo appunto anche nella degustazione del blend Julian, straordinariamente vivo. A partire dal colore: un giallo dorato stupendo.

Alle note di idrocarburo fanno eco richiami di erbe di montagna, camomilla e miele. Di primo acchito, al naso, questo bianco di casa Lieselehof sembra aver fatto barrique. In realtà è solo chiuso e necessita tempo per aprirsi, scaldandosi un poco tra le mani.

Acidità ancora viva (rinvigorita da ricordi di agrumi come il pompelmo, ingentiliti da quelli della pesca matura) per un vino destinato a durare ancora a lungo nel tempo. Lungo il retro olfattivo, tutto giocato sul rincorrersi di freschi sentori di erbe mediche.

2) Secondo posto nella nostra speciale classifica per due vini, pari merito. Li elenchiamo in ordine di assaggio. Il primo è il Grillo Terre Siciliane Igt Canaddunaschi 2016, della Società agricola Le sette Aje di Cannata Rosalia e S.lle. Biodinamico non certificato per questa piccola cantina di Santa Margherita di Belice, in provincia di Agrigento, che utilizza i principi dell’omeopatia in vigna, sottoponendo le piante a veri e propri “vaccini” contro le malattie.

Una realtà tutta al femminile, presa sotto l’ala “protettiva” da una delle donne del vino simbolo della regione: Marilena Barbera, presso la quale avviene la vinificazione delle uve Grillo de Le Sette Aje, in vasche d’acciaio di proprietà. Il risultato è eccezionale. Tremilacinquecento bottiglie in totale per l’annata 2016. Qualcuna di più per la 2017.

Giallo dorato ammaliante e naso intrigante, tutto giocato sulle erbe aromatiche. Macchia mediterranea in primo piano, ma anche mentuccia. In bocca è una vera e propria esplosione: un Grillo pieno, ricco, carico, caldo: corrispondente al naso per le sensazioni che conferiscono una freschezza e un corpo da campione, assieme a una bilanciata sapidità.

Chiude lungo, riuscendo a sorprendere ancora nello sfoderare inattese note di burro e crema pasticcera. Un contrasto interessantissimo tra le durezze e le morbidezze, che regala un sorso unico. A 15 euro circa (al consumatore) uno dei migliori bianchi in circolazione in Italia, per l’annata 2016.

Gli mettiamo accanto un altro vino difficile da dimenticare. Per farlo saliamo dalla Sicilia alla Campania. Raggiungiamo il beneventano per il racconto della Falanghina 2016 “Donnalaura” di Masseria Frattasi. Siamo nella terra d’elezione della Falangina, a Montesarchio, dove la cantina coltiva il biotipo campano e un altro clone, ancora più raro, dotato di una vena acida ulteriormente accentuata. Siamo poco sotto i 920 metri sul livello del mare, per un vino estremo, di “montagna”.

Donna Laura è la nonna di Pasquale Clemente, patron di Masseria Frattasi a cui è dedicato questo bianco dalle caratteristiche uniche. Si tratta infatti di una Falanghina da vendemmia tardiva. Le uve restano sulla pianta fino al 15 novembre, concentrando così zuccheri e aromi. Vengono poi vinificate in acciaio e, prima dell’imbottigliamento, passano 6 mesi in barrique nuove di rovere francese.

Una scommessa perfettamente riuscita quella di compensare con la concentrazione su pianta la vena tipicamente acida della Falanghina. Il risultato è un vino che si presenta di un giallo paglierino molto carico. Naso eccezionalmente fine e “montano”: arnica, resina di pino, liquirizia, una lieve nota dolciastra che ricorda per certi versi quelle della veneta Glera e un richiamo sottile di vaniglia, assimilabile al legno della barrique.

In bocca, l’ingresso è di quelli tipici dell’uvaggio: caldo, acido, quasi tagliente. Una sensazione accentuata dal sollevarsi delle note balsamiche già percepite al naso, che rinfrescano ulteriormente il sorso. Grande lunghezza per un retro olfattivo che fa emergere note delicate di surmaturazione, con ricordi di miele d’eucalipto.

3) Frühroter Veltliner 2015, Schmelzer Weingut. Ci spostiamo in Austria per questo “orange” capace di regalare vere e proprie emozioni. Più esattamente a Gols, piccolo Comune a sud est di Vienna, non lontano dai confini con Slovacchia e Ungheria.

Il vitigno in considerazione è il Frühroter Veltliner, autoctono austriaco nato dall’incrocio spontaneo tra Grüner Sylvaner (Silvaner verde) e Roter Veltliner (Veltliner Rosso). Solo una delle ottime etichette prodotte da Georg ed Elisabeth Schmelzer, in stretto regime biodinamico.

Cinque settimane di fermentazione in barrique di rovere aperte, con batonnage due volte al giorno. Il succo viene poi trasferito in altre barrique, a riposare per un anno. Quindi, il Frühroter Veltliner di Schmelzer viene imbottigliato. Ne risulta un orange velato, che sprigiona sentori pieni, intensi, di zenzero e arancia candita, ma anche di frutta tropicale matura: ananas, papaya.

Bocca corrispondente, ma con bella vena sapida: le note agrumate dominano il palato, ben bilanciate da quelle dolci, esotiche. Un vino gastronomico di grande interesse. Rimanendo tra i “bianchi” di casa Schmelzer, ottimo anche il Gruner 2016, con le sue note di fiori secchi e una vena sapida, rude.

4) Trentino Doc Gewurztraminer 2016, Cantina Endrizzi. Medaglia di “legno” per il coraggio di questa cantina di San Michele all’Adige. Capace di andare controcorrente, proponendo sul mercato un Gewurztraminer dal taglio serio, senza la stucchevolezza “piaciona” in voga tra i tanti competitor (grandi nomi compresi). Per di più, il rapporto qualità prezzo è eccezionale.

E’ ottenuto dai vigneti Masetto e Maso Kinderleit, situati in zona collinare, attorno alla cittadina della provincia di Trento. Un Gewurz, quello di Endrizzi, che conserva tutta l’aromaticità tipica del vitigno, svestita di qualsiasi risvolto pacchiano. Gran pienezza in un sorso che risulta caldo, visti i 14 gradi, tutti di “sostanza”, quasi di “materia tattile”, e non della morbida lascivia dello zucchero. Un bianco che non stanca mai.

Segnalazioni
Langhe Doc Nascetta 2013 “Se'” e 2016, Poderi Cellario: le potenzialità di “invecchiamento” dell’autoctono piemontese sono evidenti nella mini verticale proposta da Fausto Cellario, appassionato vignaiolo che sa trasmettere entusiasmo e amore per la propria terra;

Bianco fermo 2016 “89-90”, La Piotta: si discosta in maniera elegante dalla media dei vini bianchi passati in barrique questo vino bio e vegan dell’Azienda Agricola La Piotta. Utilizzo ineccepibile del legno sullo Chardonnay, a smorzare le asperità del Riesling. Luca Padroggi è un giovane che farà parlare (bene) dell’Oltrepò pavese, a lungo.

Lugana Dop Bio 2016, Perla del Garda: “Cru” di 4 ettari per dare vita a una Lugana potente, tanto piena e intensa quanto fine, con fresche note di mentuccia ad accostare la vena tipicamente sapida.

Vernaccia di San Gimignano Docg 2016, Fattoria di Pancole: Come molte delle aziende presenti al Merano Wine Festival 2017, Fattoria di Pancole fa Gdo (per l’esattezza con Conad in Toscana, 25 mila bottiglie l’anno). Si presenta al banco con la Vernaccia top di gamma, capace di esaltare appieno le caratteristiche del vitigno, presentando ottimi margini di affinamento futuro.

Igt Marche Bianco 2016 “Corniale”, Conventino: Non poteva mancare la segnalazione di un vino bianco quotidiano. Per farlo voliamo nella zona Nord delle Marche, da Conventino. Siamo a Monteciccardo, in provincia di Pesaro e Urbino. Semplice ma tutt’altro che banale il suo Corniale 2016. Acidità al rintocco di sentori di kiwi, mela verde, lime e pompelmo, ben calibrati con una bocca beverina, giustamente sapida. Davvero un bell’Incrocio Bruni 54.


VINI ROSSI
1) Beneventano Igt Aglianico 2015 “Kapnios”, Masseria Frattasi. Di nuovo questa straordinaria cantina campana sul podio del Merano Wine Festiaval 2017 di vinialsuper. Il miglior rosso è ottenuto da uve Aglianico amaro del Taburno in purezza, allevate nella zona di Montesarchio, Tocco e Bonea, a un’altitudine compresa tra i 500 e i 600 metri sul livello del mare.

Le uve, raccolte a metà novembre, vengono appassite in due modi: in parte appese e in parte su graticci, all’interno di un piccolo caseggiato coperto da tegole di terracotta. Passaggio in rovere nuovo, prima dell’ulteriore affinamento in bottiglia, per un anno.

Ne scaturisce un vino dal rosso rubino intrigante, sgargiante. Il naso è di quelli che ti fanno innamorare del bordo del calice: piccoli frutti a bacca rossa e nera, erbe di montagna, ginepro, miele d’eucalipto. Un’infinità di sentori, pronti a spuntare di minuto in minuto. E il palato non delude: caldo, esageratamente pieno, di frutta fragrante e liquirizia dolce, ma anche di caffé tostato. Un vino di cui innamorarsi.

Straordinario – ancor di più in ottica futura – anche il Cabernet Sauvignon 2015 “Kylyx” di Masseria Frattasi. Viti appositamente innestate su portinnesto debole: se ne portano in cantina solo 2 grappoli. Mille bottiglie in totale per la vendemmia 2015 (2016 non prodotto).

Acciaio prima e barrique di rovere francese poi (14 mesi) per questo Cab ottenuto dal recupero di un terreno abbandonato, circondato dal bosco. Naso che esalta appieno le caratteristiche del vitigno, con la sua vena sia vegetale sia piccante. Tannini e acidità di immensa prospettiva, ben corroborati da una mineralità unica.

2) Alto Adige Doc Pinot Nero 2007 “Villa Nigra”, Colterenzio Schreckbichl. Cornell è la linea dei “cru” di cantina Colterenzio, dalla quale peschiamo l’argento della nostra speciale classifica dei migliori vini degustati al Merano Wine Festival. In particolare, a colpire, è il Pinot Nero vendemmia 2007 ottenuto – come tutti i vini della “Selezione” Schreckbichl (Colterenzio) – da vigneti che godono di particolari condizioni d’eccellenza: altitudine di 400 metri, esposizione a sud ovest su terreni ghiaiosi e calcarei di origine morenica, con microclima fresco. Resa di 35 ettolitri per ettaro.

Nel calice, il Pinot Nero 2007 di Colterenzio di presenta ancora come un giovincello: il classico rubino di buona trasparenza, tipico del re degli uvaggi altoatesini a bacca rossa. Un naso finissimo di mirtillo e fragolina di bosco, ma anche di ciliegia, con una punta leggerissima di pepe, anticipa sentori più evoluti tendenti al dolce (miele d’acacia), senza mai trascinare il quadro olfattivo in disomogenee percezioni di marmellata.

Nel calice c’è il bosco. E lo si capisce anche dai richiami “vegetali” al muschio e alla menta. In bocca, questo Pinot Nero è più che corrispondente: la spalla acida è ancora muscolosa, il tannino levigato ma ancora in grado di dire la sua. A completare il quadro, richiami minerali salini che contribuiscono a chiamare il sorso successivo. Beva eccezionale per questo vino che ha ancora davanti diversi anni sulla cresta dell’onda.

3) Vigneti delle Dolomiti Igt Teroldego 2012 “Gran Masetto”, Cantina Endrizzi. Conquista il podio, dopo la medaglia di “legno” tra i vini bianchi, Cantina Endrizzi con il suo prodotto di punta: un Teroldego fatto alla maniera dell’Amarone, col 50% delle uve diraspate e sottoposte per circa tre mesi ad appassimento in celle refrigerate, alla temperatura di 10 gradi.

Uve raccolte nello storico vigneto di Masetto, tra i Comuni di Mezzolombardo e Mezzocorona, in provincia di Trento. Il risultato è un vero e proprio Teroldego alla seconda. Colore rosso purpureo, impenetrabile. Naso tipico, rinvigorito dai sentori affascinanti del parziale appassimento, che non coprono la fragranza della ciliegia e della prugna per il quale si fa apprezzare il re dei vini rossi trentini.

Grande pulizia ed eleganza anche in un palato corrispondente, arricchito da preziosi richiami di polvere di cacao. Un vino che fa venir voglia d’aver davanti un piatto di selvaggina. O, perché no? Un buon libro.

Segnalazioni
Toscana Igt “Argena”, Orlandini Aziende Agricole Forestali (verticale). In degustazione le annate 2000, 2001, 2003, 2004, 2005 e 2006. Un vino unico, prodotto dalla famiglia Orlandini da un vecchio vigneto di Sangiovese con piccole quantità di Cabernet Sauvignon. Un microclima particolare, circondato da boschi, sulle colline situate tra il Castello di Gargonza ed il Castello del Calcione, a metà tra Arezzo e Siena.

Tutte le annate di Argena conservano le caratteristiche dell’annata, a riprova del metodo col quale opera la famiglia Orlandini, che non ama “uniformare” al gusto comune i propri gioielli. Anzi. Tra tutte le etichette, segnaliamo quelle di Argena 2004 e 2005: “nasi” pregevoli, tra la frutta (ciliegia) e la macchia mediterranea (rosmarino) e sapore armonico, corroborato da tannini tutt’altro che mansueti.

Barbera d’Alba Doc Superiore 2015 Vigna Serraboella, Rivetti Massimo. Siamo a Neive, in provincia di Cuneo, Piemonte. L’azienda agricola Massimo Rivetti sfodera due Barbaresco 2013 diversi ma ugualmente meritevoli di attenzione: il primo, Froi, è di “easy” e di “pronta beva”; il secondo, “Serraboella”, ottenuto da un cru sulla stessa collina di “Froi”, è incredibilmente fine e presenta tannino e acidità di gran prospettiva.

Ma è l’outsider Barbera d’Alba Superiore 2015 “Serraboella” a fare davvero centro nel cuore. Si tratta di una selezione ottenuta da una singola vigna di 75 anni, la più vecchia dell’azienda, nel cru “Serraboella”. Due anni in barrique di rovere francese 1/3 nuove e 2/3 di secondo passaggio. Naso da campione, tra il frutto rosso e la liquirizia dolce, con un accenno di cuoio e un sottofondo di erbe di montagna. Corrispondente al palato, dove si conferma una Barbera destinata ad essere molto longeva.

Zweigelt 2015, Schmelzer Weingut. Abbiamo già incontrato questa cantina austriaca tra i migliori vini bianchi. Tra tutti i vini proposti in degustazione, a colpire c’è anche un rosso: lo Zweigelt. Si tratta di un incrocio tra St. Laurent con il Blaufränkisch, noto anche con il nome di Blauer Zweigelt, Rotburger e Zweigeltrebe.

In sintesi? Un vino da provare, destinato al pubblico (sempre più vasto) degli amanti dei vini naturali. Colore rosso rubino poco trasparente, ovviamente velato, trattandosi di un non filtrato. Alle note di piccoli frutti a bacca rossa, risponde al naso una vena di iodio che ritroveremo al palato: more mature, ribes nero maturo, una nota amarognola tipica di erbe come il rabarbaro. Tannino vigoroso, sapidità straordinariamente bilanciata col resto dei descrittori. Un “vino wow”.

Nebbiolo d’Alba “Il Donato”, La Torricella di Diego Pressenda. Vino di grande prospettiva questo Nebbiolo prodotto a Monforte d’Alba da La Torricella. Frutti rossi, frutta secca, pepe, tabacco dolce. Tannino equlibrato, ma in chiara evoluzione. Ottimo anche il Barolo 2013.

PASSITI E VINO COTTO
1) Bronner “Sweet Claire”, Weingut Lieselehof. Si tratta di un passito da Bronner, vitigno Piwi di qualità hyperbio. E siamo sempre in casa Lieselehof, già premiata tra i bianchi per lo strepitoso “Julian 2008”.

In questo caso, uve Bronner in purezza essiccate in inverno e pressate a febbraio. Giallo oro luccicante, note di agrumi (lime e limone), pesca e albicocca sciroppata, una punta di idrocarburo. In bocca c’è corrispondenza, arricchita ulteriormente dalla freschezza di note di menta piperita pressata, quasi concentrata. Stra-or-di-na-rio.

2) Erbaluce di Caluso Doc Passito 2009 “Alladium”, Cieck. Cieck è sinonimo di Erbaluce di Caluso, uno dei grandi vini bianchi piemontesi, capaci di prestarsi a un ottimo invecchiamento. Sul podio di vinialsuper finisce nella categoria passiti con “Alladium”. Deliziosamente avvolgente al naso, con le sue note agrumate e candite. Caldo e freddo allo stesso tempo, come quando si mette il naso nel talco. Corrispondente al palato, con un finale fresco.

3) Vino Cotto Stravecchio “Occhio di Gallo”, Cantina Tiberi David. Vera e propria “chicca” al Merano Wine Festival 2017, prossimamente tra i banchi del Mercato dei Vini e dei Vignaioli Fivi 2017. Parliamo della cantina Tiberi David di Loro Piceno (MC), patria del “vino cotto”, localmente chiamato “lu vi cottu”.

Un vino dalle origini nobili, che questa bella realtà a conduzione famigliare (nella foto sopra Emanuela Tiberi con il figlio Daniele Fortuna) è riuscita a far apprezzare nei salotti del Kurahus, con la stessa genuinità del prodotto. Tipico colore “occhio di gallo” (ambra) nel calice per le annate 2003 e 2005, ottenute dalla “cottura” di uve Verdicchio, Trebbiano, Montepulciano e Sangiovese.

Grande complessità in un naso e in un palato corrispondenti, con note di frutta passita e spezie calde. Perfetto accompagnamento per una vasta gamma di dessert, ma anche per i formaggi.

Fotogallery dei migliori assaggi al Merano Wine Festival 2017, compresi fuori classifica

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vini#1

Gewurztraminer 2014, Weingut Abraham

Martin Abraham è un vignaiolo atipico, schivo, definirlo timido è quasi un eufemismo. Quando lo si incontra, che sia in cantina, che sia al banchetto di una fiera pare sempre meravigliato.

È come se non si rendesse conto dell’immensa bellezza dei suoi vini, ma non si può non restarne folgorati. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper, il Gewurztraminer di Weingut Abraham, annata 2014.

LA DEGUSTAZIONE
Il Gewurztraminer di Weingut Abraham ha un colore giallo dorato carico, limpido e trasparente.

Il naso è al primo impatto di frutta tardiva ed essiccata come albicocca, papaya, con una punta di agrume candito, arancio. Parte poi immediatamente un sentore speziato meraviglioso, zenzero , anice stellato e cardamomo.

Ma è al palato che spiazza maggiormente: non ha un  residuo zuccherino stancante, ma è secco elevato alla seconda con 1,3 g/l di zucchero.

Caldo e morbido, come si addice al vitigno e anche in parte al  minimo passaggio in rovere grande  è un vino estremamente complesso. Perfetto come da accompagnamento a piatti asiatici e con uno straordinario  rapporto q/p.

LA VINIFICAZIONE
Il vitigno dal quale provengono le uve utilizzate è un clone locale di Traminer, chiamato Laimburg 14. Allevato su terreno morenico, misto a pietrisco vulcanico ricco di minerali come porfido e quarzo è stato piantato nel 2000.

Dopo la vendemmia tardiva, con uva parzialmente attaccata da botrite nobile segue fermentazione spontanea sulle bucce per quattro settimane. Dopo la pressature soffice avviene la fermentazione normale, la malolattica ed un affinamento in botti di rovere.

Weingut Abraham si trova ad Appiano (Bz) sulla strada del vino. La filosofia dell’azienda si basa sul riconoscimento della sapienza e della creatività dei propri avi da trasmettere ai propri figli secondo il principio della sostenibilità: umiltà, senso di responsabilità e libertà di pensiero.

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Approfondimenti

A Cantina Tramin la Notte degli Aromi

Sabato 12 agosto, dalle 18 alle 24, Cantina Tramin propone la “Notte degli Aromi”: una grande festa dei sapori sotto il cielo di Termeno, in provincia di Bolzano.

La Casa del Gewürztraminer aprirà le proprie porte per offrire una proposta di specialità gastronomiche e una selezione di vini abbinati ad ogni piatto con un ristorante all’aperto che proporrà un menu speciale preparato con prodotti di mare e di montagna.

A ciascun piatto sarà abbinato un vino di Cantina Tramin: Moriz Pinot Bianco 2016 con insalata di pesce di mare con funghi, mela e chips di polenta; Blauburgunder Pinot Nero 2016 con tartare di vitello, mela Kanzi e pane integrale; Selida Gewürztraminer 2016 con gnocchetti di patate con gamberi, verdura e salsa piccante; Schiava Freisinger 2016 con ravioli di farro ripieni all’anatra su funghi misti; Pepi Sauvignon 2016 con salmone Alaska su crema di piselli, olio alla menta e patate croccanti; Cuvée Cabernet-Merlot Rungg 2015 con medaglione di cervo con nocciole, crema di sedano e frutti di bosco e per finire Roen Gewürztraminer vendemmia tardiva 2015 con Strudel di mela, mousse alla panna agra, cioccolato e uva secca al rum.

Ad accompagnare la serata musica Jazz/Soul con Jenni Williams & The Experince, dal tramonto a mezzanotte. Il costo di partecipazione è di 9,50 euro a piatto, compreso l’abbinamento con il vino degustato; 6 euro senza vino. Sarà inoltre possibile degustare tutti i vini della cantina al costo del singolo calice.

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Da Praga a Valtice: tour tra vini e vigneti della Repubblica Ceca

Prima i Celti, poi i Romani e le popolazioni Slave. La storia della viticoltura in Repubblica Ceca ha radici profonde duemila anni. E anche se oggi siamo abituati a pensare a Praga come la destinazione perfetta per gustare ottime birre (Staropramen e Pilsner Urquell per citare solo le più celebri) la capitale ceca è ricca di scorci mozzafiato legati proprio al mondo del vino.

Vigneti a picco sulla città boema e intere colline in Moravia, nel Sud del Paese. E’ questo lo spettacolo che offre la Repubblica Ceca agli amanti del nettare di Bacco. Un piacere per gli occhi che poi diventa magia nel calice, con produzioni degne di grande attenzione a livello europeo e internazionale. E’ il caso dei Riesling della Moravia, dove si concentra il 96% del vigneto ceco, tagliato dal 49° parallelo, al pari dell’Alsazia.

Ma la Repubblica Ceca è anche terra di ottimi Pinot Noir, ottenuti soprattutto nella sottozona morava di Velkopavlovická, non a caso la più calda e soleggiata della nazione. Non ultimi i vitigni a bacca bianca come la Palava (incrocio tra Traminer e Muller Thurgau super resistente alle malattie e alla botrytis cinerea), e i rossi il più delle volte semplici – ma mai banali – prodotti da Modrý Portugal (Blue Portugal) e, soprattutto, Blaufränkisch o Frankovka modrá (Franconia), dal bel tannino elegante.

DOVE BERE VINO IN REPUBBLICA CECA
Se state pianificando un wine tour in Repubblica Ceca e la vostra “base” è la città di Praga, un must è il Vinograf di Senovazne Square, 23. “In wine we trust” il claim che dice tutto. Più di 700 vini (50 al calice) sulla “carta” di quello che è molto più di un wine bar o di un’enoteca, grazie anche ai piatti dello chef Milan Horejš. Saranno invece Pavel Nikl e il suo staff a guidare la degustazione dei vini cechi più rappresentativi. Ecco quelli che abbiamo degustato.

  1. Pinot Noir Claret 2014 Brut Nature, Vinařství Pod Chlumem: Giallo dorato, perlage sottile. Particolarmente minerale al naso. Spuma bianca corposa che in bocca si scioglie dolcemente. Conferma grande mineralità anche al palato, dove si rivela persistente, lungo: pesca, ananas, papaya. Finale tra l’ammandorlato e il salino. Sensazione, quest’ultima, che cresce di sorso in sorso.
  2. Ryzlink Vlassky 2015, Vinarstvi Ilias. Giallo paglierino. Naso spiccatamente fruttato, con una punta di idrocarburo che diventa sempre più preponderante nel calice. In bocca mediamente caldo, fruttato di pesca. Mineralità che permette comunque di definire rotondo il nettare. Persistente.
  3. Palava 2016, Regina Coeli. Giallo dorato. Naso di frutta matura, pesca, albicocca. Vegetale di fieno. In bocca esplode, caldo, pieno, secco. La frutta matura rispunta nel finale, ben compensata da una buona mineralità. Piuttosto morbido. Persistente. Con l’ossigenazione e guadagnando qualche mezzo grado in più di temperatura sembra assumere tinte balsamico, d’arnica.
  4. Cuvee Quatre 2014, Dobra Vinice. Giallo quasi ambrato, naso che vira dalla vaniglia al miele, con una punta di vegetale. Bocca calda, piena: caramello, peperone giallo, pepe bianco. Morbido ma pungente. Bella acidità. Un vino dai contrasti in perfetto equilibrio.
  5. Pinot noir 2014, Kocarik. Rosso rubino piuttosto trasparente, unghia tendente al rosato. Tipico al naso con i suoi frutti rossi, ma di un’avvolgenza incredibile. Sembra yogurt ai frutti rossi. In bocca sfodera una bella acidità di ribes e lamponi, su sottofondo di vaniglia bourbon. Vinificazione in botti grandi di acacia, metà nuove e metà di secondo e terzo passaggio.
  6. Shisar Cuveé 2012 (magnum), Zapletal. Interessante blend di Merlot (40%), Rulandské modré – Pinot noir (40%) e Cabernet Sauvignon (20%). Quindici mesi di legno. Rosso granato impenetrabile. Il Pinot nero al naso è riconoscibile per l’eleganza, così come la note di peperone del Cab. Più nascosto, l’erbaceo tipico del Merlot. Una bella parte minerale, che si compensa con l’acidità. Perfetto l’abbinamento con il Grana di latte moravo.
  7. Pinot noir ‘The best of Jaroslav Springer’ 2012, Stapleton & Springer. Cantina relativamente giovane (2004) fondata dall’ex ambasciatore americano Craig Stapleton, dall’avvocato Benjamin Stapleton e dal produttore ceco Jaroslav Springer. Una realtà focalizzata interamente sul Pinot Noir di alta qualità. ‘The best of Jaroslav Springer’ si presenta di un rosso rubino trasparente. Un Pinot Noir dalle note fruttate di eccezionale pulizia, “disturbate” da una vena di rabarbaro e pan di zenzero (amaro e ‘dolce piccante’ in splendido contrasto). Non manca una parte vegetale, sottile. In bocca caldo, strutturato, fresco per acidità. Frutti rossi e vaniglia conferita da un legno tutt’altro che invadente. Sempre al palato riecco una parte vegetale (peperone verde) che conferisce una certa piccantezza. Lungo nel retro olfattivo.

LE VIGNE DI PRAGA
Chi lo avrebbe mai detto? La capitale della Repubblica Ceca conserva antichi vigneti e impianti più recenti che ancora oggi producono vino. Il più pittoresco è senza dubbio il vigneto di San Venceslao, raggiungibile a piedi dalla fermata della metropolitana Malostranská (linea A, verde), proprio sulle pendici del castello di Praga. I vini qui prodotti sono sulla carta del lussuoso ristorante Villa Richter, situato proprio tra i filari. Ma la proprietà non ha previsto la possibilità di degustazioni ad hoc dei vini. Non resta dunque che scegliere tra i vini al calice, per una cifra totale che si aggira attorno ai 35 euro.

Vale la pena comunque anche solo passeggiare nella vigna, le cui prime notizie ufficiali risalgono al X secolo dC. Secondo La leggenda è uno dei vigneti più antichi dell’intera Boemia, dove il “vigneto del Signore” (“Lord’s vineyard”) era curato da Venceslao, santo patrono della Repubblica Ceca. Il vigneto ristrutturato presenta un totale di 2500 piante delle varietà Pinot Noir e Riesling Renano. Il Pinot Noir è un ricordo del sacro imperatore Carlo IV, colui che portò questa varietà in Boemia dalla Francia. Si iniziò invece a coltivare il Riesling, originario della zona tedesca del Reno, in una fase successiva. Lungo il percorso che collega Villa Richter al castello di Praga è possibile ammirare anche altre varietà di vite coltivate in Repubblica Ceca.


Ma c’è un altro luogo incantevole legato all’antica viticoltura praghese. E’ il vigneto Grébovka (vinohrady Grébovka), parte integrante del grande Havlíčkovy sady, un parco incontaminato dove scorrazzano simpatici scoiattoli, lontani dal caos dei turisti che affollano la capitale ceca, dominato da Villa Gröbe, splendida dimora estiva in stile neo rinascimentale. Siamo a Praga 2. Una volta raggiunta l’area verde (fermata del tram Krimská), è possibile ammirare il vigneto attorno all’imponente caseggiato. Per degustare i vini prodotti nel vigneto Grébovka occorre tuttavia sedersi ai tavolini di Vinicni Altan, l’Altana Vinicola o “Gazebo della vigna”, una struttura in legno immersa tra i filari.

Le varietà coltivate sono Müller Thurgau, Riesling, Pinot Grigio, Hibernal, Pinot Noir, Blau Portogallo, Dornfelder e Neronet, su una superficie di 1,6 ettari. Vengono tutte vendemmiate e vinificate a Praga dalla cantina Sklep Grébovka di Iveta Bulánková e Pavel Bulánek. Moglie e marito gestiscono sia il vigneto che le attività del wine bar Vinicni Altan, divenuto luogo di incontro e dibattito sul mondo del vino, sede di mostre e ritrovo per molti artisti praghesi, nonché incantevole location per cerimonie private e matrimoni.

Tra i vini, ottimo il loro Müller Thurgau 2016, molto profumato, come nelle migliori attese. In bocca buona struttura e, al contempo, morbidezza e mineralità. Corrispondente al naso e in bocca su note di pesca, regala un tocco di pepe bianco che impreziosisce la beva. Semplice, ma non banale, la cuveé di rossi Frankovka e Modrý Portugal.


Terza ma non ultima meta per i winelovers in viaggio a Praga è il vigneto di Santa Clara. In questo caso bisogna spostarsi fuori dal centro della metropoli, raggiungendo il Giardino Botanico (Botanická zahrada Praha). Siamo nel quartiere di Troja, a Praga 7. Lo si raggiunge agilmente con il tram 112 (fermata Kovárna), dalla fermata della metropolitana Nádraží Holešovice (linea C, rossa).

Qui incontriamo Eliška Muchnová (nella foto), direttrice dello store ove è possibile acquistare i vini prodotti direttamente dal vigneto di Santa Clara. “La vigna e la sua cantina – spiega – sono parte integrante del giardino botanico praghese. Coltiviamo principalmente Riesling e Pinot Noir, le due varietà più tipiche del nostro territorio, su una superficie totale di 3,5 ettari. Una storia iniziata nel 2004, con la prima vendemmia”. E che dura sino ad oggi, con una produzione complessiva di 16 mila bottiglie l’anno che si arricchirà, presto, di una nicchia di distillati.

Eliška guida la degustazione dalle vasche d’acciaio della vendemmia 2016 (prossimamente in bottiglia), alla scoperta delle altre varietà allevate: Gewurztraminer, Pinot Grigio, Sauvignon e Moscato. Un tasting dagli evidenti tratti territoriali, con il comune denominatore di un elevato residuo zuccherino. Risultato? Una produzione piuttosto standardizzata sulle rotondità, sulle morbidezze e sulla facilità della beva.

Il Riesling 2016 stacca di netto gli altri bianchi, anche se non brilla in quanto a mineralità e la tipica nota di idrocarburo sia leggermente offuscata dalle note fruttate mature. La vera gemma è il Pinot Noir, con la 2015 (tuttora a riposo in barrique) che si prepara a diventare piacevolissima entro 4-5 anni dall’imbottigliamento. Di assoluto valore il Pinot Nero 2012, altro prodotto longevo, da assaporare al top entro i prossimi 3-4 anni.


LA MORAVIA
Tappa imprescindibile di un wine tour in Repubblica Ceca è la Moravia. Per chi ha poco tempo per visitare cantine e vigneti, il luogo adatto è il Salone dei Vini della Repubblica Ceca. Siamo a Valtice, nella Moravia centrale, quasi al confine con l’Austria. A due ore e 45 minuti da Praga e 50 minuti dalla città di Brno, nota nel mondo per il circuito del Gran Premio Motociclistico del motomondiale.

Scelta vincente e lungimirante quella delle istituzioni ceche, che hanno deciso di collocare nel Castello di Lednice Valtice il centro vinicolo nazionale (Národní Vinarské Centrum). Un complesso barocco dotato di una preziosa cantina, nella quale sono disposti i 100 migliori vini cechi dell’anno. I visitatori hanno la possibilità di degustare da un minimo di 16 alla totalità delle etichette presenti, avvalendosi se necessario della guida di alcuni sommelier. Come il giovane Vojtech Vaculík.

“Ogni anno – spiega – arrivano 400 campioni alla commissione di degustatori del castello di Valtice. Accedono alla finale 200 vini, tra i quali vengono decretati i 100 migliori. I vini sono suddivisi per tipologia, dai bianchi ai rossi agli spumanti, passando per i passiti e per gli ice wine. Ogni vino è corredato da un pannello con le caratteristiche organolettiche e con il profilo dell’azienda produttrice, in lingua ceca e in inglese”.

Sul pannello c’è proprio tutto: dalla percentuale di alcol in volume al residuo zuccherino, passando per l’uvaggio al numero di bottiglie prodotte per quella determinata vendemmia. “Per arrivare a competere alle fasi finali – continua Vaculík – le cantine devono superare diversi step a livello regionale, sia in Boemia, nelle due sottozone Litomerichá e Melnická, sia in Moravia, dove le sottozone sono quattro: Znojemská, Mikulovská, Velkopavlovická e Slovácká”. Circa 1200, dunque, i vini tra i quali vengono scelti i 100 presenti al Salone Nazionale di Valtice, diretto da Pavel Krška. Ecco quelli che più ci hanno colpito.

  1. Chardonnay 2015 Velkopavlovická, Vinarství U Kaplicky Sro. Nettare di colore giallo dorato, con riflessi verdolini. Ai sentori di frutta si affiancano quelli,  netti, di idrocarburo. Al palato un’esplosione, tutta giocata sul contrasto tra morbidezze e durezze, tra il caramello e le spezie. Acidità da campione, per un vino bianco dalla longevità eccezionale.
  2. Chardonnay & Rulandské sedé 2013, Sonberg. Blend di Chardonnay e Pinot Grigio dal naso stupefacente, giocato tra l’idrocarburo, il burro e la soluzione salina (avete presente la salamoia d’oliva?). In bocca un’acidità quasi balsamica. Lungo il finale, sulla sapidità e la scorza d’agrumi. Altro vino di grandissima longevità.
  3. Ryzlink Rýnský 2013, Vinselekt Michlovský As. Tra i tanti Riesling selezionati dalla giuria, questo è uno di quelli che ci convince di più. Bouquet caratteristico al naso, cui si sommano miele, frutti tropicali e fiori. Al palato una leggera spezia piccante, che si diverte a dominare su note di vaniglia.
  4. Gewurztraminer  2015, Miroslav Volarik. Un Gewurztraminer splendido, che unisce aromaticità e mineralità. Finale lungo e deciso, sul pepe bianco.
  5. Frankovka 2013, Vino Botur. Un vino rude, agricolo. Che fa pensare subito all’accostamento, in cucina, con la selvaggina. O con il goulash. Naso intenso di prugne secche e ciliegia. In bocca, confettura ai piccoli frutti a bacca rossa su sfondo tannico.
  6. Skale Family Reserve 2011, Vinarství Springer. Il gioiello di famiglia di questa cantina di 5 ettari, dislocati a Čtvrtě e Skale, a metà tra Brno e Valtice. Blend tra Cabernet Sauvignon e Merlot da incorniciare.
  7. André 2012, Vinselekt Michlovský As. Vitigno autoctono della Moravia, l’André si esprime in maniera molto convincente in questa vendemmia 2012 di Vinselekt Michlovský. Per intenderci, nel calice ricorda un Pinot Noir: dal colore, rosso trasparente, al naso di piccoli frutti di bosco. Sentori puliti, freschi, accattivanti. Al palato una nota elegante di cioccolato, stesso sentore sul quale chiude, lungo. Gran bel prodotto.
  8. Rulandské Modré Barrique 2013, Stepan Manák. Un Pinot Nero barrique dritto, diretto, senza fronzoli. Sentori “grassi” di frutti rossi, che ricordano la marmellata, senza mai stancare.
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Live Wine 2017: percorso “anarco-emozionale” tra i vini artigianali

Chiudono oggi a Milano i battenti di LiveWine 2017, salone mercato dei vini artigianali giunto alla sua terza edizione. Evento diventato tappa obbligatoria per winelovers alla ricerca di emozioni nuove nel bicchiere, non sempre positive, talvolta omologate – checché se ne dica – e a volte davvero sconvolgenti. Difficile, per esempio nei panni dei neofiti, approcciare un percorso “lineare” tra i banchi d’assaggio presi d’assalto già dalle prime ore del mattino della prima giornata, sabato 18 febbraio.

“La vite è una pianta anarchica, va assecondata”, parole di Aurelio del Bono di Casa Caterina che intercettiamo al suo banco. Ed è assolutamente anarchico il nostro viaggio a LiveWine. “Via tacchi e taccuini” è il nostro motto della giornata: facciamoci trasportare dall’intuito.

Cominciamo il nostro tour con il vino del momento, il Prosecco. Non quello da spritz e aperitivo pre-serata.  Il nostro entrée è un Prosecco fuori dal comune, che tutti quelli che amano Prosecco dovrebbero provare per capire il tipo di evoluzione e la longevità che può avere l’uva Glera. Si tratta del Prosecco Colfondo di Casa Belfi. Vino bianco frizzante prodotto con uve glera 100% fermentato in acciaio con lieviti indigeni ed imbottigliato in primavera secondo il calendario biodinamico di Maria Thun. Una sorta di vinho verde “Made in Veneto“, ma non da consumare entro l’anno, tutt’altro.

 

 

 

 

 

 

Il colore è intenso  come il naso, esplosione di frutti e fiori con accentuate note sulfuree. In bocca discreto. Troviamo più interessante la versione in anfora, il naso è ancora più sulfureo e minerale e con invitanti sentori di crosta di pane. Per questa versione, l’uva diraspata viene posta in anfore di terracotta con macerazione  sulle bucce per 8 giorni cui segue pressatura soffice e fermentazione, sempre in anfora, a contatto con i propri lieviti fino a primavera . Il fascino dell’anfora fa la sua parte, ma in bocca risulta più equilibrato e godibile. Una buona spalla acida ed un corpo più  in carne del precedente.

Passiamo dal Veneto alla vicina Slovenia e raggiungiamo il banco di Movia azienda di ventidue ettari al confine con l’Italia. Stare lì davanti è come partecipare ad uno show. Polona, ammaliante presenza femminile al banco, maneggia con destrezza gli originali decanter. I calici col fondo sembrano crema whisky. Tre i vini proposti in degustazione. Il primo è un Lunar 2008 Ribolla, prodotto con uve da vendemmie tardive, raccolte a mano e messe a macerare ed affinare sulle bucce per otto mesi in botti di rovere.  Il secondo uno Chardonnay, stesso tipo di vinificazione.

Il terzo vino è uno spumante. Si tratta di “Puro”, blend di Ribolla e Chardonnay. Il vino base, viene fatto maturare 4 anni in barrique, ma a differenza dei metodo classico tradizionali, il liquer de tirage è semplicemente mosto. Una volta imbottigliato, Puro, nasce e vive a contatto con i suo lieviti fino alla sboccatura che viene fatta al momento di bere. E al dègorgement live, che si fa a testa in giù, con il collo della bottiglia nell’acqua e con l’ausilio di una specie di piede di porco da spumante (anche con l’aiuto di una mano maschile che non guasta) assistiamo. Per i vini di Movia non ci sono parole, schede a punti e parametri. Unici. Da provare.

 

 

 

 

 

 

Dirottiamo verso uno stand piemontese. Scegliamo Ezio Cerruti, piccolo produttore conosciuto in particolare per il suo Moscato Passito. Cerruti produce anche una versione di moscato secco e fermo. L’Asti Spumante e il Moscato d’Asti non gli piacevano, ci racconta, e con la stessa uva ha deciso di produrre qualcosa di diverso. Ha iniziato a produrlo nel 2012  non avendo idea di quanto durasse nel tempo. Ha scoperto recentemente che è anche un vino longevo. Ha prodotto 18 bottiglie per il suo consumo personale durante l’anno e, “pur non volendo bestemmiare”, sostiene che il 2012 che ha appena aperto “rieslingheggia”.

Scherziamo con Ezio Cerruti sul naso del Fol Moscato, che nonostante evidenti note minerali è assolutamente varietale. “E voglio ben vedere – ci risponde – se no sarebbe uno Chardonnay”. Il Moscato Fol di Cerruti in bocca è assolutamente gradevole. Una buona acidità sostiene una beva non banale. In versione passita ammalia con il suo colore ambrato intenso. Il naso è frutta secca pura. In bocca per niente stucchevole, fresco e con un finale ammandorlato e persistente.

 

 

 

 

 

 

Il nostro viaggio anarchico, da nord a sud, approda in Sicilia. Vicini di casa, anche qui agli stand due grandi aziende sicule. Marco De Bartoli di Contrada Samperi a 14 km da Marsala e Nino Barraco, altra contrada, sempre a Marsala. Il primo vino che degustiamo è il Grillo Terre Siciliane Igt di De Bartoli, in parte affinato in anfora. Un vino giovane e fragrante dal colore intenso e dalla spiccata mineralità. Tanta salinità, note iodate e agrumate: una grande freschezza a dispetto dell’alcolicità. Il secondo assaggio lo Zibibbo Terre Siciliane Igt.

Prodotto da vigneti allevati ad alberello pantesco, affina in fusti di rovere francese per almeno dieci mesi sulle fecce fini tenute in sospensione. Al naso “stende” con la sua complessità: note dolci di frutta, pesca ed albicocca disidratata in primis, seguiti, in bocca,  da una sferzata sapida e salmastra per un finale dalla persistenza disarmante. Emozionante,  in una sola parola. Quasi impossibile acquistarlo, sono in crisi al banco di De Bartoli per accontentare i winelovers.

Prima di spostarci dal vicino Barraco, un goccio del Vecchio Samperi del quale si è già detto tutto quanto si possa dire. Sublime al naso e al palato: caffè, tabacco, caramello, fichi, un gusto ed una finezza inimitabili. Ma non possiamo esimerci dall’esprimere anche due parole su Bukkuram. Un signor vino passito da uva zibibbo. Sontuoso al naso con sentori di miele, datteri, fichi secchi e marmellata di albicocche. Una complessità indubbia che viene confermata in bocca dove stravince per la morbidezza e con la spinta data dall’ottima acidità che bilancia il notevole residuo zuccherino. Persistente fino alla morte. Un vino da abbinare alla piccola pasticceria e dolci tipici siciliani. Dato il grande livello, un vino perfetto con formaggi stagionati oppure da abbinare al “nulla”, ergo,  da assaporare in maniera “contemplativa”.


“Seconda stella a destra questo è il cammino…”. E alla destra di De Bartoli troviamo l’azienda Nino Barraco. Non basterebbe un articolo intero per descrivere tutti i suoi vini. A Live Wine si presenta con una squadra e un modulo di gioco da finale di Champions League. Un crescendo di emozioni dai vini bianchi, nei quali sono eccellenti, ai rossi. L’idea aziendale di Barraco non è quella del vino “perfetto”, ma di un vino riconoscibile per personalità, in cui le note dissonanti partecipano prepotentemente alla caratterizzazione dello stesso. Missione compiuta.

Dal primo all’ultimo giocatore, ognuno ha la sua personalità. Il Catarratto in purezza 2015 al naso fonde perfettamente la pesca, l’albicocca, l’arancia e lo zolfo risultando ancora più intrigante al palato. Il Pignatello al naso è un mazzolino di timo e rosmarino. L’apice lo raggiungono due esperimenti, Si tratta di due rossi prodotti in purezza da vitigni autoctoni siciliani riscoperti recentemente del quale Barraco ha già intuito le potenzialità. Si chiamano Vitrarolo e Orisi. All’assaggio il Vitrarolo è una spremuta di liquirizia sostenuta da un buon corpo (molto meglio del Nero d’Avola). Impressionante la facilità della beva. Altrettanto speziato, con sentori di chiodi di garofano e pepe nero  l’Orisi. Una beva altrettanto facile, ma un corpo leggermente più debole. Rimandano a Pinot Nero e Nebbiolo per eleganza e finezza. Chapeau. Un battaglione fiero di vini eccellenti.


Tappa imprescindibile di LiveWine è Principiano, azienda tra Langhe e Monferrato. Cominciamo il nostro giro con una bollicina da uve Barbera, di nome“Belen”, Niente a che vedere con le farfalline, Belen è il nome della moglie. Si tratta di uno spumante rosè metodo classico prodotto da uve Barbera di Serralunga e Monforte. Per la presa di spuma viene utilizzato mosto delle stesse uve. Un prodotto tutto centrato sulle durezze. Acidità e mineralità di piacevole freschezza. Il secondo vino è il  Nebbiolo che fa solo acciaio. Prodotto dalle uve allevate sulle parti più basse, non vocate per il Barolo. Un Barolo declassato a Nebbiolo. Molto fresco e beverino, con note di rosa e frutti rossi. Buona qualità in un corpo medio.

Ma il prodotto top di Principiano è sicuramente il Barolo. Assaggiamo il Barolo Serralunga 2013: il classico Barolo con un ottimo rapporto qualità prezzo. Prodotto senza inoculo di lieviti e senza solforosa per circa un mese, l’affinamento di ventiquattro mesi avviene in botti di 20 e 40 ettolitri e successivamente nelle circa 20.000 bottiglie prodotte. Ad un prezzo al pubblico di circa 25 euro, Ferdinando Principiano lo ha pensato anche per la coppia giovane che al ristorante vuole prendere un Barolo senza “svenarsi”. Prezzo abbordabile, ma prodotto non banale. Di altra stoffa il Barolo Boscareto 2012,  fratello maggiore.

Nel bicchiere il colore è classico del Nebbiolo, di bella trasparenza e luminosità. Il profilo aromatico è di maggiore complessità rispetto al Serralunga 2013. Naso tutto giocato sulla frutta matura, in bocca è energia pura ed agilità pur mantenendo spessore. Un beva ben diversa da quella del Boscareto di annate precedenti, da quando Ferdinando ha cambiato il metodo di vinificazione, utilizzando uve con tutti i raspi. Barolo pronto, ma con ampia prospettiva.

 

 

 

 

 

 

Non possiamo non spendere due parole anche per Thomas Niedermayr, artigiano del vino che si crea addirittura i vitigni. La sua azienda si trova a San Michele Appiano.  Con il suo accento altoatesino ci introduce al suo mondo fantascientifico. I suoi sono vini da vitigni Piwi, acronimo tedesco che indica vitigni resistenti contro i crittogami.  Si tratta di incroci tra vitis vinifere e viti selvatiche. In etichetta il nome è l’anno di messa in produzione dell’impianto. Il nome, un codice, apparentemente freddo cela invece vini caldi. Tutti semi aromatici che rimandano a tanti vini. Sono tra loro simili eppure diversi per complessità.

Alcuni hanno principalmente rimandi fruttati esotici, spezie dolci. Tra il Gewurtztraminer, il Riesling, il Pinot, indefinibili, ma tutti con una bella cremosità. Molto bevibili, difficile scegliere il migliore. Dopo tutti questi bianchi non possiamo andare via senza Pinot Nero. Lo chiediamo a Thomas che ci guarda stralunato. Gaffe. Per noi il Pinot Nero sta all’Alto Adige come il Lambrusco al salame. Invece il rosso in degustazione è un’altra combinazione misteriosa di vitigni Piwi. Leggero e fruttato, un po’ in fondo ci sembra il Pinot Nero, sarà suggestione, fatto sta che ci conquista.

 

 

 

 

 

 

Non basta una sola giornata al Live Wine. Nel pomeriggio aumenta notevolmente la folla e diventa difficile avere informazioni dai produttori o solo ascoltare per il gran brusio nella sala. Ci vorrebbe una “seconda puntata”, per raccontare tutti i 138 vini che abbiamo degustato. Due appunti sull’organizzazione dobbiamo farli però. Il primo è che non è prevista tasca porta bicchiere, un po’ scomodo portarsi il bicchiere in mano. Prossima volta si porta da casa.

Secondo appunto sul salone-mercato. Di fatto sono pochissimi i produttori a vendere, nonostante il carrello verde indicato su tutti i banchetti (errore di stampa?). La povera Polona di Movia tenta in modo un po’ artigianale di comunicare anche visivamente che non vende.

Quelli che hanno capito tutto del salone mercato sono i francesi del Sauternes. I loro banchetti sembrano la cassa della sala scommesse,  addirittura dotati di Pos. Troppo avanti. Chi chiede un’annata a destra, chi a sinistra. I prezzi sono davvero competitivi. 25 euro per una Demi bouteille del 1975: quando ci ricapita a noi italiani?

 

 

 

 

 

 

Vino e cibo vanno di pari passo. Per fare “fondo” ai vini degustati merita una menzione speciale la parte street food di Live Wine. E per noi ha vinto lui su tutto, anche sui vini, il panino alla barese polpo e patate di Pantura.

 

 

 

 

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