A quanto emerge dal monitoraggio di Assoenologi l’ondata di gelo che ha investito l’Italia nei giorni successivi alla Pasqua ha avuto conseguenze difformi, a seconda dei territori, su tutto il territorio nazionale. La situazione appare oggi distribuita a “macchia di leopardo“, ma si evidenzia che a soffrire di più l’evento meteorologico sono state le zone di media collina e di fondovalle, con danni specifici su quelle varietà precoci che avevano già emesso i primi germogli.
Si rilevano zone particolarmente colpite in Toscana e Umbria, ma ad essere interessate dalle gelate sono anche alcuni territori dell’Emilia-Romagna e del Veneto, oltre a tante altre zone dove non si rilevano, fortunatamente, particolari ricadute specialmente nelle regioni del sud che sono quelle a più alta potenzialità produttiva.
«La preziosa attività di monitoraggio Assoenologi – ha detto il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella – sull’intero territorio italiano è finalizzata a fornire un contributo importante ai tanti produttori che, sempre più spesso, devono fare i conti con il fenomeno del cambiamento climatico».
Da questo primo monitoraggio, salvo eccezioni, non si prevedono, a oggi, riduzioni significative del potenziale produttivo nazionale. Anche se una valutazione effettiva sui reali danni alla produzione potrà essere effettuata solamente tra una decina di giorni, quando le “gemme cotonose” passeranno allo stadio successivo e si apriranno e, al tempo stesso, avremo superato altre giornate in cui si prevedono nuovamente cali termici importanti.
Di seguito il report, regione per regione, di Assoenologi realizzato grazie agli oltre 5000 soci che quotidianamente svolgono un ruolo di sentinella e attento monitoraggio sui territori in cui sono chiamati a operare.
TRENTINO ALTO ADIGE
Le zone alte non sono state colpite, nelle altre zone si rilevano lievi danni anche se non quantificabili sulle gemme cotonose e da valutare al germogliamento, in quanto sono state registrate temperature molto basse. In alto Adige il ritardo vegetativo ha fatto sì che non si evidenzino danni.
FRIULI VENEZIA GIULIA
La gelata ha colpito prevalentemente il vitigno Glera nella zona della pianura pordenonese. Si potrebbe parlare di un 5-7%, ma resta da verificare. Il ritardo del ciclo vegetativo della vite, a causa della prolungata siccità, ha evitato danni maggiori in quanto solo la Glera e lo Chardonnay avevano iniziato il germogliamento. Il freddo è stato più incisivo soprattutto nella zona pianeggiante dove, a chiazze, ha colpito le gemme già sviluppate e di fatto, procurando i maggiori danni.
VENETO CENTRO ORIENTALE
La zona maggiormente colpita è stata quella bassa, nell’areale di Venezia, ma è difficile quantificare gli eventuali danni. In collina nessun problema in quanto il germogliamento era in ritardo. Eventuali danni completi potranno essere valutati solo tra qualche settimana, in quanto le temperature basse potrebbero aver creato danni anche sulle gemme non ancora aperte.
VENETO OCCIDENTALE
I danni sono stati evidenziati solo su Glera e Chardonnay in alcune zone di Vicenza e Padova e solamente sulle viti che erano in fase avanzata di germogliamento con la prima gemma. Molti vigneti non hanno ancora germogliato e si sono salvati, come la zona lago, Valpolicella, Soave e Bardolino, indietro sullo sviluppo fenologico, come anche il Pinot Grigio in pianura. È impossibile quantificare ora i danni reali, ma si può ipotizzare limitate perdite di prodotto su queste varietà.
LOMBARDIA
Solo in Franciacorta si riscontra qualche scottatura sulle punte delle gemme, ma niente di preoccupante al momento. Le altre zone sono tutte indietro, anche a causa della siccità. In Oltrepò il danno ad oggi è irrilevante, perché nessun vigneto era in fase di germogliamento in fondovalle. Qualche minimo danno sui vigneti di pianura, ma si parla di circa il 5% di tutta la produzione della zona.
PIEMONTE
I vigneti quest’anno sono in ritardo vegetativo di circa 10 giorni e va verificato successivamente il danno sulle gemme cotonose. Qualche problema potrebbe riscontrarsi sul vitigno Nebbiolo che non ha la seconda gemma produttiva, con ricadute su Barolo e Barbaresco. I danni da gelo sono comunque riscontrati sulle gemme basse e in particolare nei vigneti alle quote inferiori e sulle barbatelle al primo e secondo anno. Si può ipotizzare un danno del 15%, ma la produzione non sembra compromessa.
EMILIA
Si riscontra un danno piuttosto diffuso, ma su alcune varietà non si può ancora quantificare e in alcune zone si è in ritardo. Da evidenziare i danni sui vigneti di Lambrusco Grasparossa (che costituisce 1/3 della produzione della provincia di Modena), che quest’anno è in anticipo col germogliamento e dove si rileva un danno all’incirca del 70%.
ROMAGNA
In questo momento si può parlare solo di aree interessate alle gelate tardive e non di percentuale di mancata produzione. Non si rilevano problemi nelle zone collinari, ma un 50/60% della provincia di Bologna e della provincia di Ravenna è stata interessata dalla gelata. Si stima che 8.000/10.000 ettari di superficie vitata su 25.000 ettari delle province di Bologna, Ravenna, Forlì e Cesena, Rimini e Ferrara possano essere stati interessati dalle gelate. Le province meno coinvolte sono Forlì e Cesena, mentre la provincia di Rimini non è stata per nulla coinvolta.
TOSCANA
Tutta la regione è stata interessata dalle gelate, con punte di -7/-8 °C nella zona dell’aretino e danni probabilmente ingenti. Quantificarli è difficile ora, ma il vitigno che ha subito maggiori conseguenze è il Sangiovese, che aveva già germogliato, mentre è quasi indenne la Vernaccia, indietro nello sviluppo fenologico. Le zone alte del Chianti Classico per ora non rilevano danni, criticità rilevate a Montalcino e Montepulciano nei vigneti di fondovalle e pianura. La Maremma è, invece, quella più colpita. Si stimano danni intorno al 40%, con punte anche superiori.
UMBRIA E LAZIO
L’Umbria è stata duramente colpita, soprattutto su Chardonnay, Grechetto e Merlot, praticamente intoccato il Trebbiano (il vitigno bianco più diffuso in regione) in quanto in ritardo vegetativo. Nel Lazio la situazione è simile, soprattutto nella provincia di Viterbo.
MARCHE Non ci sono danni rilevanti perché la ripresa vegetativa è ritardata. Qualche danno nei fondovalle dell’area del Piceno, soprattutto su Sangiovese e Pecorino. Nella zona del Verdicchio danni molto circoscritti a qualche vigneto, da valutare i danni sulle gemme che erano in fase di rigonfiamento. Nella provincia di Pesaro, rappresentata principalmente dal Bianchello, non ci sono particolari criticità, fatta eccezione per alcuni vigneti di fondovalle.
ABRUZZO E MOLISE Nessun danno consistente rilevato. Alcune criticità emergono dalla provincia de L’Aquila sulle uve precoci Chardonnay e Pecorino. Il Montepulciano si è salvato perché in ritardo vegetativo. La provincia di Chieti, che rappresenta il 70% della produzione, non ha subito danni se non in qualche vigneto di fondovalle.
PUGLIA
La situazione non appare preoccupante sui Primitivi che sono in ritardo vegetativo, con danni molto circoscritti su Negroamaro e Malvasia nera, con maggiore estensione nella valle d’Itria. Mentre, tra le province di Foggia e di Bari, colpita qualche area discontinua con vitigni precoci.
CAMPANIA – BASILICATA – CALABRIA E SICILIA
In queste regioni dove normalmente non si rilevano problemi da gelate, si rilavano, invece, lievi danni seppur di modesta entità in Campania nel basso Beneventano e in Sicilia su barbatelle e vitigni precoci nei fondovalle.
SARDEGNA
I danni maggiori si riscontrano nel nord-ovest, soprattutto ad Alghero, e nel nord-est in Gallura, comunque a “macchia di leopardo”. Si rilevano danni da gelata anche nell’alto Oristanese, sul vitigno Vernaccia. Al sud, qualche piccolo danno su vigneti di fondovalle e varietà precoci come il Moscato, ma bisognerà attendere ancora qualche giorno per una valutazione più precisa.
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Una doccia fredda, anzi gelata, dopo le gelate notturne delle scorse ore. È quanto starebbero subendo i produttori del Consorzio di Tutela del Lambrusco, a fronte di «polizze assicurative strutturate in maniera tale per cui anche i produttori di uve che hanno effettuato la copertura assicurativa contro gelo e brina hanno in ogni caso una franchigia del 30% che l’assicurazione non risarcisce».
Parole del presidente Claudio Biondi, che aggiunge: «Il massimale indennizzabile è pari al 50% del valore assicurato». Il Consorzio si attiverà dunque con la Regione Emilia Romagna e con le autorità preposte, «per valutare come richiedere misure di sostegno adeguate».
D’altro canto, come riferisce l’ente, «molte compagnie assicurative non hanno neanche assunto il rischio della copertura gelo-brina». «La copertura diventa attiva solo dopo 12 giorni dalla sottoscrizione della polizza stessa – evidenzia ancora Biondi – e i tempi dilatati certamente non aiutano. Per questo anche i viticultori che si erano attivati a suo tempo per effettuare la copertura non hanno poi avuto la disponibilità immediata di alcune compagnie assicurative».
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I danni delle recenti gelate, secondo le stime del Consorzio, «potrebbero arrivare sino all’80% della produzione». I dati ufficiali potranno tuttavia arrivare solo all’inizio della prossima settimana.
«Le alte temperature di fine marzo – commenta Claudio Biondi – hanno favorito il germogliamento e il risveglio della vite. Nelle scorse notti però le piante sono state sottoposte a un terribile shock termico, con effetti allarmanti sulle produzioni.
L’ente di tutela è già al lavoro per raccogliere i riscontri dai produttori, sia nelle aziende di Modena che di Reggio Emilia. Per ora risulta che le zone più colpite sono quelle del Grasparossa, con le varietà più precoci. Tuttavia anche i soci delle altre aree produttive «potrebbero essere in grande difficoltà».
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Un “ventolone” di 7 metri, capace di ripiegarsi su se stesso quando non è in funzione, scomparendo tra i vigneti. È entrata in funzione qualche giorno fa l’ultima innovazione tecnologica introdotta alla Arnaldo Caprai, storica azienda di Montefalco, in Umbria. Si tratta della prima ventola installata in un vigneto italiano, per difendere le piante dalle gelate primaverili e dalla brina. Il raggio d’azione è molto vasto: circa 5-6 ettari.
“Il problema delle gelate primaverili – spiega Marco Caprai – è ormai molto frequente. In Umbria è un problema molto più importante della grandine. Questa ventola è una grande elica retrattile che, una volta programmata, parte automaticamente quando i livelli di temperatura scendono sotto la soglia impostata”.
“Abbiamo già avuto modo di testarla durare un paio di notti in cui a Montefalco abbiamo registrato un forte abbassamento della temperatura – spiega Caprai – che ha raggiunto circa – 2 °C. Nell’area in cui abbiamo posizionato il ‘ventolone’, siamo riusciti a innalzare la temperatura di 5-6 °C”.
La ventola anti gelate primaverili ha un degno alleato, nella terra di uno dei più grandi vini rossi italiani, il Sagrantino di Montefalco. “Abbiamo acquistato anche un cannone spara-nebbia – annuncia Caprai – che potremmo dire svolga la stessa azione delle candele antigelo, ma in modo molto più pratico e veloce”. Se i risultati di nuovi test confermeranno il successo del ventolone, l’azienda ne installerà altri 5 nei prossimi anni.
Si tratta solo dell’ultima innovazione prevista nell’ambito del progetto New green revolution, lanciato da Marco Caprai nel 2008 assieme ad altre 8 aziende del Consorzio di tutela dei vini di Montefalco (Adanti, Antonelli, Antano, Colleallodole, Perticaia, Scacciadiavoli e Tabarrini), al Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie dell’Università degli Studi di Milano e al Parco Tecnologico ed Agroalimentare dell’Umbria.
“Le rivoluzioni non si fanno in un giorno – sottolinea Caprai – e per fare la vera sostenibilità bisogna creare una sorta di ventaglio di soluzioni per portare a perfetta maturazione l’uva. Oggi l’ultima arrivata è la ventola antibrina per prevenire le gelate, ma è solo uno degli ingredienti di quello che facciamo in vigneto”.
Alla Marco Caprai sono presenti dei sensori per il controllo della quantità idrica disponibile per la pianta, che in caso di “stress” distribuiscono acqua alle piante, nei mesi di giugno e luglio.
“Oltre a questo – aggiunge l’imprenditore umbro – abbiamo un sistema di raccolta dati attraverso il quale possiamo avere anche la mappatura delle diverse malattie a cui è soggetta la vite, in modo da abbattere la pressione fitopatologica utilizzando meno trattamenti possibili”.
“La sostenibilità è il driver del futuro“, sostiene da sempre Marco Caprai: “Da quando abbiamo iniziato a fare sostenibilità a oggi, l’esperienza ci ha portati a modificare il nostro percorso. Quello che dieci anni fa conoscevamo e gli strumenti che avevamo erano diversi da quelli di oggi. Ora in agricoltura c’è la possibilità di attingere a piene mani alla rivoluzione digitale e a degli strumenti che alcuni anni fa erano inimmaginabili”.
Un modello di viticoltura 4.0, quella dell’azienda agricola Arnaldo Caprai, che si traduce non solo in una sostenibilità ambientale a 360 gradi, ma ha anche in effettivi risparmi economici: “Abbiamo i dati di ormai una ventina di vendemmie – fa sapere Caprai – e i risultati sono evidenti: siamo passati da 600 ore di lavoro all’ettaro a 250-300 ore, e la qualità dell’uva è probabilmente migliorata”.
A dare ragione alle scelte dell’azienda umbra, anche i dati di “Grape assistence” e “Smart meteo” che consentono una riduzione di 1/3 di utilizzo di fitofarmaci in campagna (con punte di -60% in stagioni favorevoli) rispetto agli standard medi di buone pratiche.
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Dopo l’allarme lanciato da Coldiretti e la richiesta, da parte di Fivi, di una conta dei danni ufficiale, è Assoenologi a delineare il quadro delle conseguenze dell’ondata di freddo che si è abbattuta sulle vigne italiane. Il gelo, proveniente dal Nord Europa, ha colpito il Belpaese tra martedì 18 e venerdì 21 aprile. Un “nuovo inverno” per le viti di mezza penisola, in piena maturazione.
“Spesso siamo preda dell’ossessione del clima che cambia – commenta Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi -. Le gelate tardive sono una costante che ha accompagnato le vicende della viticoltura europea fin dalle sue origini. Ma in effetti la gelata dello scorso aprile non può essere considerata il risultato di un fenomeno meteorologico normale. Lo dimostra la dimensione europea dell’evento e la gravità del danno. Molto raramente, infatti, si associano gli effetti di un raffreddamento dovuto allo spostamento di grandi masse fredde dall’Artico, con quelli della perdita di calore dal suolo per irradiamento e, in molti casi, per la caduta di aria fredda lungo le pendici verso le zone più basse. La situazione – precisa Cotarella – è stata poi aggravata dall’avanzato sviluppo dei germogli per le favorevoli condizioni del mese di marzo”.
LA CONTA DEI DANNI
Dalle prime stime, secondo le rilevazioni effettuate da Assoenologi, i danni sembrerebbero ingenti. Si tratta di vigneti colpiti a macchia di leopardo, soprattutto nei terreni a fondovalle e in quelli pianeggianti, oltre che i nuovi impianti, particolarmente sensibili. “Come è facile prevedere – ha detto Cotarella – le conseguenze per la viticoltura italiana saranno, sul piano produttivo, molto gravi, anche perché sono stati colpiti alcuni distretti viticoli i cui vini sono destinati soprattutto all’esportazione. Il risultato degli interventi agronomici per il recupero della produzione dell’annata in corso si prospettano molto aleatori e potranno essere valutati solo dopo la risposta delle piante, tra qualche settimane. È opportuno invece che le scelte dei viticoltori si orientino verso il ripristino della struttura produttiva per la prossima annata”.
LA SITUAZIONE PIEMONTE. In tutto il Piemonte si stima un 5-8% di ettari di vite colpiti dalle gelate e una perdita media del 3-5% della produzione. Nella zona del Gavi i danni sono a macchia di leopardo e sembra che siano stati colpiti il 10-15% degli ettari ma con differenti problematiche, dal 5 al 100%. Mediamente la perdita complessiva non dovrebbe essere di oltre il 7-10% della produzione.
Nei comuni di Nizza, Agliano, Mombaruzzo, zona tipica del Barbera d’Asti, le gelate hanno interessato, in alcuni casi, i vigneti sino a metà collina. La prima stima dà un danno dall’8 al 10% della produzione totale. Per la zona del Barbaresco preoccupante è stata la grandinata del 16 aprile su una parte del comune di Neive.
Le gelate hanno colpito il fondovalle, mentre le posizioni ben esposte, da Nebbiolo, non sono state colpite o solo marginalmente. Stima del danno 5-7% della produzione. Anche nella zona del Barolo le gelate hanno colpito a macchia di leopardo. (Enol. Alberto Lazzarino – Presidente Sezione Piemonte Assoenologi).
LOMBARDIA. In generale i vigneti della Lombardia posizionati in zone pianeggianti o comunque con poco ricircolo d’aria sono state maggiormente penalizzate. Per effetto di inversione termica sono stati molto più limitati i danni in zone collinari e comunque sempre in forme di allevamento con capo a frutto più distante da terra. La Franciacorta è probabilmente la zona più colpita vista la precocità dei vitigni e la posizione.
Si stima dal 40 al 50% di germogli colpiti in particolare in zone pianeggianti e su tutti e tre i vitigni. Sorte migliore ai vigneti allevati a Sylvoz e in prossimità del lago d’Iseo. Per le vigne Lugana e Garda, la vicinanza del lago ha molto limitato i danni che vengono stimati in circa 15/20% dei germogli in particolare sulle varietà a bacca bianca e rossa precoce. Nel comune di Botticino, essendo quasi esclusivamente uve rosse danni limitati a un 10-12%, mentre in Valcalepio sono sati pochi i danni e limitati a posizioni particolari di fondovalle o esposizioni poco soleggiate.
In Oltrepò la situazione risulta molto difforme sia per posizione che per vitigno. Le gelate hanno causato un danno sui germogli pari a circa 20% Ad essere colpiti sono stati in particolare vigneti nelle vallate dove il danno arriva anche al 90- 95%. In Valtellina pochi se non nulli i danni e comunque limitati a posizioni particolare o esposizioni poco soleggiate. Pochi danni anche in Liguria in prossimità di fondovalle: stima 10-15% di germogli persi (Enol. Alessandro Schiavi – Presidente Sezione Lombardia Liguria Assoenologi).
TRENTINO. Nella notte tra il 19 e il 20 aprile si è verificata una gelata che ha colpito varie zone del vigneto Trentino. Dei 10500 ettari vitati in provincia di Trento, ne sono stati in vario modo colpiti circa 2400, di essi circa 1000 hanno avuto danni più importanti. L’entità del danno alla produzione risulta comunque di difficile stima in questa fase, poiché la gelata ha colpito vigneti con stadi fenologici diversificati per zona e varietà.
Si ritiene che in parte dei vigneti colpiti vi sia una ripresa vegetativa anche grazie alle piogge cadute negli ultimi giorni e alla ripresa delle temperature. Attualmente si stima un danno consistente almeno su 1000 ettari pari a circa il 10% della superficie totale. Le zone più colpite sono state il basso Trentino con Ala, la piana di Rovereto, qualche zona della Valle dei Laghi, danni minori a nord di Trento e in Valle di Cembra dove risultano colpiti i vigneti a gouyot rispetto alla tradizionale pergola trentina. (Enol. Goffredo Pasolli – Presidente Sezione Trentino Assoenologi).
ALTO ADIGE. In Alto Adige la superficie colpita dal gelo è di circa il 10% della superfice vitata (5.350 ettari), cioè circa 530 ettari. I danni qualitativi e quantitativi sono attualmente stimabili dal 5-8%. Le zone più colpite sono l’alta Val Isarco e la zona Oltreadige, con qualche zona vicino a Ora (Bassa Atesina). (Enol. Stephan Filippi – Presidente Sezione Alto Adige Assoenologi).
VENETO CENTRO ORIENTALE. Nel Veneto Centro Orientale le basse temperature dell’ultima decade di aprile hanno determinato in alcuni casi solo un arresto della vegetazione, in altri anche danni da gelo a carico dei germogli. La diffusione dei veri e propri danni gravi, ha comunque colpito a macchia di leopardo il territorio, prova ne è che all’interno dello stesso appezzamento si trovano zone con filari con viti danneggiate mentre altre con una vegetazione normale, questo sia in collina che in pianura. In collina risultano colpite solo alcune viti dei filari di fondovalle mentre quelli lungo il crinale risultano indenni.
Le viti allevate con vari sistemi di allevamento sono state indifferentemente colpite, l’unico sistema di allevamento su cui sembra non si segnalano problemi risulta essere il Bellussi probabilmente per la sua forma molto espansa e arieggiata. Quantificare gli eventuali danni da gelata è oggi prematuro, perché il ciclo vegetativo è ancora molto lungo e la vite ha ancora tempo per recuperare, importante sarà l’andamento delle temperature nelle prossime settimane. (Enol. Celestino Poser- Presidente Sezione Veneto Centro Orientale Assoenologi).
VENETO OCCIDENTALE. Dal 1984 non avvenivano gelate , questo ha contribuito a far piantare vigneti in zone poco vocate alla viticoltura specialmente “viti nane” alte 60 cm da terra, la meccanizzazione ha favorito questi sistemi d’impianto, dimenticando che la vite è una pianta rampicante. Danni: a prima vista sembrava un danno enorme, dopo 6 giorni, si nota che la vite riprende la cacciata, siamo ancora in aprile, e sono convinto che oltre a salvare il capo a frutto per l’anno prossimo si riuscirà a fare una vendemmia non di quantità, ma certamente di qualità, con leggero ritardo di maturazione.
Le zone più alte e le colline di tutte le Province di Verona e Vicenza sono intatte e la pioggia di questi giorni è stata una vera manna. Per essere sintetici delle zone colpite, Valpolicella solo parte della bassa, Soave solo parte la pianura a est, e zona Arcole, Vicentino; parte zona nord di Lonigo e Meledo, Brendola, Montebello. Fra 15 giorni si potrà meglio giudicare che il danno non è così enorme di come poteva apparire giorni fa. (Enol. Luigino Bertolazzi – Presidente Sezione Veneto Occidentale Assoenologi).
FRIULI VENEZIA GIULIA. Dobbiamo ritornare al 20 aprile 1981, lunedì di Pasqua, per trovare una gelata così importante in Friuli Venezia Giulia (-2°/3° C). La superficie interessata è stata di oltre duemila ettari, pari al 10% dell’intero “Vigneto Friuli”. Fortunatamente, questo grande freddo, ha colpito i vigneti a macchia di leopardo diluendo i danni sull’intera superficie vitata regionale.
In Friuli l’inverno è stato mite e siccitoso mentre, le alte temperature nelle prime due decadi di aprile, hanno sviluppato anticipatamente l’apparato fogliare della pianta evidenziando, soprattutto nelle varietà precoci, i giovani germogli.
Da qui l’importante danno causato dal gelo improvviso in particolare nelle zone del fondo valle e nelle pianure lungo i corsi d’acqua e nelle varietà di Pinot Grigio, Glera, Refosco e Verduzzo. Occorre attendere sia la ripresa vegetativa della vite, ancora oggi bloccata dalle basse temperature, che lo sviluppo vegetativo del futuro grappolo. (Enol. Rodolfo Rizzi – Presidente Sezione Friuli V. G. Assoenologi).
EMILIA. Il danno medio in Emilia è stimabile tra il 20 e il 30% della superficie vitata. Le varietà più colpite sono l’Ancellotta e le uve bianche in generale. Il 90% dei danni hanno riguardato impianti a spalliera con filo di banchina dai 90 ai 120 cm. Pochi invece sui sistemi a Belussi e a doppia cortina con filo di banchina maggiore di 180 cm. Anche nella pianura del bolognese i danni sono significativi, ma manca ancora una stima attendibile. (Enol. Sandro Cavicchioli – Presidente Sezione Emilia Assoenologi).
ROMAGNA. L’avvio di stagione aveva offerto una primavera da manuale in Romagna, con fioriture splendide e anticipi di vegetazione, anche se la siccità iniziava a dare qualche preoccupazione. Poi l’acqua è arrivata, ma con lei anche i guai: tra il 15 e il 17 aprile si sono manifestati due importanti eventi grandinigeni in Emilia-Romagna, che hanno avuto ripercussioni anche sul vigneto. I danni più importanti partono dalla collina faentina (Zattaglia, Casola Valsenio in particolare) per continuare verso quella imolese, fino a devastare le vigne tra Castel San Pietro e Ozzano, scendendo verso la pianura bolognese.
Nell’Imolese si parla di circa 700 ettari coltivati (non solo vite) interessati dall’evento. Come se non bastasse, si è poi assistito ad un ribasso delle temperature che nelle mattine del 20 e 21 aprile sono scese anche leggermente sotto zero. La situazione in merito ai vigneti è variegata: si può supporre che su una superficie vitata di circa 27 mila ettari, compreso l’Imolese, almeno 4 mila ettari siano stati interessati da grandinate e gelate tardive, ma l’incidenza di questi eventi sugli esiti produttivi di questa vendemmia sono tutti da determinare.
Cosa sia successo dentro questi grappolini al momento non è dato saperlo e si attende con ansia il momento della fioritura, ma soprattutto dell’allegagione. (Enol. Pierluigi Zama – Presidente Sezione Romagna Assoenologi).
TOSCANA. Anche la Toscana è stata colpita duramente dal gelo degli ultimi giorni. Si evidenziano danni a macchia di leopardo su tutta la regione, in particolare nei fondovalle mentre si sono salvati i vigneti posizionati in zone più collinari. In alcuni areali i germogli colpiti sono stati completamente “bruciati” compromettendo in modo significativo la produzione 2017 anche se la speranza è nelle gemme di sottocchio.
Fenomeni contenuti si sono registrati nel litorale ( Bolgheri- bassa Maremma). Alcuni dati: Zona Chianti 25-30%; Zona Chianti Classico 20%; Zona San Gimignano 20%; Zona Montalcino 10-15%; Zona Montepulciano 20-25%. (Enol. Ivangiorgio Tarzariol – Presidente Sezione Toscana Assoenologi).
MARCHE. Nelle Marche i danni nelle vigne sembrano piuttosto limitati con una situazione piuttosto variegata. Nel Pesarese/Urbinate non si rilevano danni di rilievo, così come nell’Anconetano, nelle zone del verdicchio e del Conero quantificabile, al massimo, intorno al 10%.
Nel comune di Matelica, le gelate notturne dei giorni scorsi, dopo un marzo eccezionalmente caldo che ha fatto sviluppare in anticipo le gemme, hanno danneggiato in maniera variabile a seconda delle zone, fino ad un 40%. Nel Fermano/Ascolano, qualche danno si è registrato su giovani germogli soprattutto nel fondo valle delle zone più interne dove, in qualche caso, sono stati ingenti, con perdite fino al 50% nella porzione di vigneto adiacente alla valle.
A livello regionale è emerso che questi abbassamenti repentini delle temperature hanno influito sul germogliamento delle varietà tardive (Montepulciano, Trebbiano T. e Passerina) in cui si assiste a livello generale ad un germogliamento disforme, oltre ad un rallentamento vegetativo generalizzato. (Enol. Luigi Costantini – Presidente Sezione Marche Assoenologi).
LAZIO E UMBRIA. Nel Lazio e in Umbria le giornate del 20 aprile e poi del 22 aprile sono state caratterizzate da mattinate con temperature inferiori allo zero e venti freddi. Nella provincia di Latina si ipotizzano danni che vanno da un 10% al 40-50% nelle zone più colpite specie nei fondovalle. Nell’areale dei Castelli Romani si ipotizza in maniera molto generale una perdita del 10-15% anche se i tecnici sono fiduciosi su un possibile recupero, anche per le vigne più colpite. In quest’area infatti, le varietà autoctone, generalmente più tardive, si trovano in una fase fenologica anticipata rispetto ad altre varietà.
In Umbria, ci sono stati ingenti danni sui vigneti di fondo valle e pianura dove si stimano perdite anche oltre il 60% e verosimilmente le varietà a bacca bianca sono le più penalizzate; meglio le zone di media e collina che sono scampate ai danni anche se nella zona di Montefalco (notoriamente più fredda del perugino) alcuni vigneti di Sagrantino, seppur a 300-350 m s.l.m, hanno subito perdite anche oltre il 30%. Si segnala anche una forte difformità dei danni nell’ambito dello stesso vigneto o filare. (Enol. Riccardo Cotarella – Presidente Sezione Lazio Umbria Assoenologi).
ABRUZZO. Poiché in Abruzzo l’andamento vegetativo della vite risulta essere in ritardo di circa 10-12 giorni, a causa di un inverno rigido e temperature al di sotto della media stagionale, i danni da gelo sono stati circoscritti nelle zone del fondo valle e sulle sole varietà precoci: Chardonnay, Pinot Grigio, Pecorino, Passerina. Sul Trebbiano e Montepulciano i danni, nella maggior parte della regione, non sono significativi.
La provincia dell’Aquila e parte dell’entroterra Pescarese, che già lo scorso anno nello stesso periodo hanno avuto danni da gelo molto importanti, hanno subito lo stesso abbassamento di temperatura (-3°C/-5°C) ma con danni minori perché la schiusura delle gemme è avvenuta con ritardo. Occorrerà però aspettare il completo germogliamento per definire eventuali cali di produzione. (Enol. Nicola Dragani – Presidente Sezione Abruzzo Molise Assoenologi).
CAMPANIA. L’inizio del 2017 in Campania è stato contraddistinto da temperature di circa 1°C, inferiori rispetto alla media del periodo e piogge abbondanti. Ciò faceva ben sperare in una campagna vendemmiale “nella norma” e cioè non contrassegnata da altalenanti e disattesi cambiamenti climatici.
Ma non è stato così perché già negli ultimi tre giorni di gennaio si sono registrate impennate termiche anomale con giornate piuttosto calde e soleggiate. Temperature miti (non in linea con le medie stagionali) hanno caratterizzato anche i successivi mesi di febbraio e marzo. Queste condizioni, sull’intero territorio regionale, hanno favorito un germogliamento della vite leggermente anticipato di qualche giorno, nella prima decade di aprile. Nel fine settimana tra il 18 e il 21 aprile pesanti gelate notturne hanno gravemente condizionato le prime fasi vegetative della vite in quasi tutti gli areali di produzione.
L’eterogeneità delle prime fasi di sviluppo dei germogli ha limitato fortunatamente il danno, interessando buona parte dei germogli già accresciuti e risparmiando così le gemme che appena si aprivano. Nei vigneti più giovani la gelata ha fatto più danni. Le viti più vecchie invece hanno mostrato una maggiore resistenza. Al momento si può stimare mediamente un danno pari al 15-20%. (Enol. Roberto Di Meo – Presidente Sezione Campania Assoenologi).
PUGLIA. In Puglia l’accrescimento regolare dei germogli è stato incentivato da alcune giornate di caldo intenso dei primi quindici giorni di aprile. Improvvisamente però, un’ondata di gelo nelle date del 20-23 del mese ha interrotto la crescita della vegetazione, in alcuni casi stroncandola. Di difficile analisi il fenomeno, per la forte eterogeneità delle condizioni territoriali.
Il forte sbalzo termico e le basse temperature hanno colpito in particolare la zona della Valle d’Itria, con un danno sui vigneti stimabile al 40-50%; l’areale compreso tra Cerignola e Minervino Murge, con un danno sui vigneti stimabile al 10- 20% e il Nord Puglia fino ai confini regionali, con un danno sui vigneti stimabile del 5-10%. Il resto della regione è stato sostanzialmente trascurate dal fenomeno, con qualche sporadica eccezione data da zone più fredde o esposte a correnti. In Basilicata e Calabria i danni sono stati molto limitati.
SICILIA. In Sicilia si registrano piccoli focolai in poche zone particolari. Nulla di grave, si è nell’ordine dell’1% di danni (Enol. Giacomo Salvatore Manzo – Presidente Sezione Sicilia Assoenologi).
foto da lanuovasardegna.it
SARDEGNA. L’ondata di mal tempo anomalo, con un improvviso abbassamento delle temperature di molti gradi, con sbalzi di 22-23 C°, hanno danneggiato gravemente i vigneti, dove sono andati distrutti completamente i giovani germogli fruttiferi.
Danni a partire dai fondovalle da 25 m.s.l.m ai 650 m.s.l.m.i che hanno interessato gran parte della Sardegna in modo particolare la Gallura patria del Vermentino Docg, per arrivare alle vigne di Cannonau dell’Ogliastra, Orgosolo, Dorgali, sino ad arrivare ai 650 metri di Mammoiada, nell’Oristanese casa della Vernaccia , nel Sulcis-Inglesiente terra del Carignano.
Danni che arrivano al 100% della produzione sino ad un 20- 50% nelle aree meno colpite . Un vero e proprio bollettino di guerra , che ha messo in ginocchio molte aziende vitivinicole. Ad oggi si stanno stimando ancora i danni che potranno essere più precisi fra una quindicina di giorni, quando la vite ricaccerà e si potrà stimare la nuova produzione. In tutti i casi si ipotizza che siano oltre 3000 gli ettari interessati dal flagello del gelo. (Enol. Andreino Addis – Presidente Sezione Sardegna Assoenologi).
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La FIVI chiede la conta dei danni delle gelate tardive che hanno colpito a macchia di leopardo i vigneti di quasi tutta Italia nelle scorse settimane. Ad oggi infatti non si ha ancora una percezione precisa della percentuale dei vigneti colpiti dal gelo che metterà a rischio l’annata 2017 in molti territori vinicoli del nostro paese.
“Ci aspettiamo che gli organi preposti facciano i controlli sul territorio per ricalibrare le effettive produzioni per un’annata che si presenta davvero difficile – dichiara la Presidente FIVI Matilde Poggi – anche se la vera conta dei danni sarà possibile solo a luglio, prima della vendemmia. Noi abbiamo molte testimonianze di nostri associati, ma non abbiamo ancora visto comunicazioni ufficiali sul fenomeno”.
Salvo qualche esempio, come il Consorzio Franciacorta, o le stime delle associazioni di categoria, non ci sono infatti notizie ufficiali in merito e la stima dei danni pare ad oggi possibile solo attraverso le tante discussioni che si rincorrono sui social. Molti sono stati i Vignaioli Indipendenti colpiti dall’insolito fenomeno atmosferico, che rischia di mettere in seria difficoltà le aziende artigiane che vivono del prorpio lavoro e delle proprie uve.
Un fenomeno di cui non si ha ricordo a memoria d’uomo, almeno in queste proporzioni. Un nuovo segnale preoccupante che il clima sta cambiando e che le aziende agricole si devono preparare ad affrontare nuove sfide. Ora si tratta di vedere come proseguirà la stagione, ma i Vignaioli sono già al lavoro in vigneto per cercare di mettere in condizioni le piante di riprendersi dai danni e di stimolarle a sviluppare nuove gemme.
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Il 30% dei vigneti lombardi è stato danneggiato dal maltempo e dalle gelate tardive e problemi ci sono anche per alcune semine del mais, per i frutteti dell’Oltrepò pavese e gli ortaggi nella zona del Comasco e della Brianza.
E’ quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti Lombardia alla vigilia della nuova perturbazione che sta per colpire nel centro nord con rovesci e temporali, localmente forti e accompagnati da grandine e neve sulle Alpi sopra i 1.300 metri ma quota in calo fin sopra i 1.000 metri nella notte. Una situazione che rischia di aggravare la situazione dei vigneti e che preoccupa gli agricoltori.
LE ZONE A RISCHIO
Secondo le rilevazioni di Coldiretti Lombardia: nelle ultime due settimane è stato colpito il 15% della superficie vitata di Bergamo con danni fra il 60% e il 90%, in provincia di Brescia si stima una riduzione di circa il 30% nella produzione in Franciacorta e di circa il 20% per la zona Valtenesi, mentre nell’area del Lugana i danni sono stati più distribuiti a macchia di leopardo. Danni notevoli, continua la Coldiretti Lombardia, sono stati registrati anche sui vigneti nell’alto e basso Mantovano nelle zone del Lambrusco, con punte anche del 50% sulle singole produzioni. A Pavia, la superficie dell’area colpita può essere stimata, in questa prima fase, tra il 20% e il 25% dell’intera superficie vitata dell’Oltrepò Pavese. Infine in Valtellina hanno “pagato dazio” le zone più fredde con problemi su circa il 10% delle superfici.
“I cambiamenti climatici – spiega Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Lombardia – negli ultimi dieci anni hanno provocato danni per 14 miliardi di euro in Italia. Ormai dobbiamo fare i conti con eventi sempre più estremi sia sul fronte delle temperature che su quello delle precipitazioni. Tanto che nelle ultime due settimane, più che primavera sembrava di essere in inverno”.
SETTORE CHIAVE
La preoccupazione per la produzione vitivinicola è giustificata anche dal fatto che il settore occupa oltre 9 mila persone alle quali vanno però aggiunte quelle impiegate nell’indotto e gli stagionali, mentre sono più di tremila le aziende attive: 1.573 a Pavia, 614 a Brescia, 305 a Sondrio, 207 a Bergamo, 169 a Mantova, 162 a Milano, 28 a Varese, 21 a Monza e Brianza, 18 a Como, 18 a Lecco, 10 a Lodi e anche 9 a Cremona.
Alle produzioni DOCG, DOC e IGT la Lombardia dedica quasi il 90% del suo vino. Fra i Doc, l’aumento delle produzioni negli ultimi cinque anni è stata di oltre 45mila ettolitri e fra essi il Lugana è cresciuto del 43% superando i 76mila ettolitri nel 2016. In crescita anche le IGT (fra i quali troviamo i lambruschi mantovani e i vini delle colline di San Colombano) con un incremento di 34mila ettolitri rispetto al 2012 per superare l’anno scorso i 513mila ettolitri totali. Inoltre negli ultimi 15 anni le esportazioni in valore dei vini lombardi sono passati da 153 a 258 milioni di euro con un incremento di quasi il 69% con una forte crescita, accanto alle tradizionali piazze americane e nord europee, anche della Cina, di Hong Kong, della Spagna, del Regno Unito, della Russia e della Francia.
IL RESTO DEL PAESE L’arrivo di un nuovo vortice aggrava i danni nelle campagne di una pazza primavera segnata da nubifragi, siccità e gelate fuori stagione che hanno decimato i raccolti in frutteti, vigneti e nelle coltivazioni orticole, tanto che dal Piemonte al Veneto è stato chiesto lo stato di calamità, con la situazione che è comunque drammatica anche nelle regioni del Centro Italia.
Il gelo si è accanito sui vigneti dalla Val d’Aosta alla Lombardia, dal Veneto al Lazio, dalla Toscana alle Marche, dalla Campania fino alla Sardegna. Dai monitoraggi emergono i gravissimi danni subiti da alcune produzioni tipiche e di qualità come i radicchi veneti, le pere mantovane, le ciliegie di Vignola (Modena), i kiwi laziali e le mele annurca della Campania, ma anche i forti problemi che stanno incontrando le piante di acacia in Piemonte, importantissime per il lavoro delle api, e gli ulivi in Campania per i quali gli effetti delle gelate, dovranno essere valutati in seguito.
Una situazione che conferma i cambiamenti climatici in atto che in Italia si manifestano con ripetuti sfasamenti stagionali ed eventi estremi anche con il rapido passaggio dalla siccità all’alluvione, precipitazioni brevi e violente accompagnate anche da grandine con pesanti effetti sull’agricoltura italiana che negli ultimi dieci anni ha subito danni per 14 miliardi di euro a causa delle bizzarrie del tempo.
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Neve, ghiaccio, gelate. Hanno fatto il giro del mondo le immagini delle condizioni meteorologiche del Sud Italia, in questi giorni sotto la morsa del freddo record. Da anni non si ricordavano nevicate di tale portata, capaci di creare non pochi disagi nei piccoli borghi, ma anche nelle città e sulle vie di comunicazione. Il meteo non ha fatto sconti neppure a Puglia e Molise, come al resto dell’Italia del vino del Sud.
Le peggiori condizioni si sono verificate, per motivi logistici, in Molise. Cantine isolate dalla mancanza di fornitura di corrente elettrica, soprattutto. Ma il mal tempo non ha risparmiato nemmeno l’alta Murgia, con problemi anche qui di isolamento.
Partendo da nord, è emblematico quanto racconta il direttore della cantina Valtappino, Luciano Cirucci, che parla di “una nevicata record” che ha generato “dubbi sullo stato attuale delle vigne, in quanto le strade per raggiungerle sono impraticabili e coperte da oltre un metro di neve”. “Una stima dei danni – continua Cirucci – non è ancora possibile, ma vedendo il lato positivo la pianta è in uno stato vegetativo dormiente, quindi non dovrebbero esserci ingenti danni”.
Situazione nettamente migliore invece nel Foggiano, dove abbiamo intervistato Marika Maggi e Giovanni Losito, responsabili delle rispettive cantine La Marchesa di Lucera – produttori di Cacc’e mmitte e di Catine Losito – Terre del Gargano. Entrambi confermano che “non ci saranno interventi particolari dopo il gelo polare di questi giorni”. “Tranne qualche piccolo problema di condutture esplose per il gelo”, di buon grado hanno visto queste sporadiche nevicate, in quanto “migliorative per lo stato di salute delle piante e garanzia di risorse idriche”.
NEVE? NO PROBLEM
La neve, sempre secondo i produttori, avrebbe la funzione di “sanificare le piante, riducendo la possibilità di attacchi patogeni endemici al naturale risveglio vegetativo, in primavera”. I viticoltori, addirittura, non nascondo “fiducia in uno stato di salute migliore delle uve nella prossima vendemmia”. Allo stesso tempo, “solo in primavera sarà possibile constatare eventuali danni attualmente invisibili”.
Proseguendo sul nostro percorso arriviamo sui Colli della Murgia. Il quadro è quello dipinto dalle cantine Colli della Murgia e L’archetipo. Entrambi confermano “una condizione di disagio con cantine isolate e qualche ritardo nella tabella di marcia, come imbottigliamenti e altre operazioni di ordinaria amministrazione”. Saverio Pepe di Colli della Murgia parla di “disagio logistico”. Ma, come i colleghi de L’Archetipo, conferma che “questi 70 centimetri di neve probabilmente saranno propedeutiche per un annata qualitativamente migliore”.
Insomma: la neve al Sud Italia, dal punto di vista enologico, non può che far sperare in una vendemmia 2017 all’insegna della qualità. Da secoli, infatti, le cantine che operano a ridosso delle montagne appenniniche e alpine si trovano ad affrontare nevicate molto più abbondanti e frequenti di quelle vissute al Sud. Senza per questo registrare cali drastici nella produzione di vini di qualità.
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