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Lavoro stagionale 2023, 40 mila extracomunitari pronti alla vendemmia

Lavoro stagionale 2023, 40 mila extracomunitari pronti alla vendemmiaVia libera all’ingresso di 40mila lavoratori stranieri extracomunitari interamente impegnati nel lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero. Lo rende noto la Coldiretti nell’evidenziare la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del DPCM che integra i flussi stagionali proprio in occasione dell’avvio delle importanti campagne di raccolta delle mele e della vendemmia. I lavoratori stranieri occupati in agricoltura, come evidenza il sindacato, sono per la maggior parte provenienti da Romania, Marocco, India e Albania.

«Ma ci sono rappresentanti di un po’ tutte le nazionalità – continua Coldiretti – e si tratta soprattutto di lavoratori dipendenti a tempo determinato che arrivano dall’estero. Ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese, spesso stabilendo delle durature relazioni professionali oltre che di amicizia con gli imprenditori agricoli».

Sono molti i distretti agricoli dove i lavoratori immigrati sono una componente essenziale e bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso, della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte in Lombardia dove a svolgere l’attività di bergamini sono soprattutto gli indiani».

LAVORATORI STAGIONALI IN AGRICOLTURA: IL DPCM IN GAZZETTA UFFICIALE

Per accelerare le procedure, il DPCM riserva alle Associazioni datoriali 15 mila quote sulle 40 mila previste, che saranno utilizzate a scorrimento rispetto alle domande già presentate alla data di pubblicazione del DPCM. Le quote previste dal DPCM integrativo, precisa la Coldiretti, sono state già ripartite, con apposita circolare tra gli Ispettorati territoriali del lavoro, le Regioni e le Province autonome dalla DG-Immigrazione del Ministero del Lavoro.

Il tutto sulla base delle effettive domande pervenute agli Sportelli Unici per l’immigrazione e del fabbisogno segnalato a livello territoriale. In Italia, sottolinea ancora Coldiretti, un prodotto agricolo su quattro viene raccolto da mani straniere con 358 mila lavoratori regolari provenienti da ben 164 Paesi diversi, impegnati nei campi e nelle stalle. Secondo il Dossier Idos, i 40 mila stranieri pronti anche quest’anno a offrire le loro prestazioni nei campi forniscono più del 30% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore.

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Canelli Docg in Gazzetta ufficiale Ue: il Moscato bianco sarà anche Riserva


Come anticipato a maggio 2021 e lo scorso aprile, Canelli Docg è stata ufficialmente riconosciuta. Dopo la registrazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 166 del 30 giugno 2023 nasce dunque la Denominazione di origine controllata e garantita Canelli. Sempre sul fronte del Moscato piemontese, la notizia della nuova Docg ha anticipato di qualche giorno la bocciatura della richiesta di una Doc Langhe per il Moscato secco. Con Canelli Docg, il Piemonte raggiunge così 60 denominazioni vitivinicole, alle quali si aggiungono le 23 del comparto cibo.

Con la registrazione della nuova Docg Canelli, l’Italia raggiunge quota 527 Ig del Vino – 409 Dop, 118 Igp – alle quali si aggiungono 322 prodotti agroalimentari, per un totale di 849 denominazioni Dop Igp Stg. Considerando le 35 Ig delle Bevande Spiritose si raggiunge un totale di 884 Indicazioni Geografiche, primo Paese in Europa.

«Si chiude un percorso durato 24 anni – commenta Flavio Scagliola, vicepresidente del Consorzio dell’Asti Dop e sostenitore dell’iter attraverso l’Associazione dei produttori di Moscato di Canelli – che ha visto i produttori compatti verso questo obiettivo. Con questo riconoscimento esaltiamo ancora di più il valore qualitativo di questo vino che negli anni è sempre più apprezzato soprattutto nei mercati orientali, dove trova ottimo abbinamento con la tradizione culinaria. Permetterà quindi di fare da apripista al vino piemontese in generale».

CANELLI DOCG UFFICIALE, ANCHE RISERVA

Il Canelli DOCG viene prodotto con uve Moscato bianco di 17 comuni situati intorno a Canelli, punto di passaggio tra Langhe e Monferrato. La media rivendicata negli ultimi anni è di circa 100 ettari, per una produzione di quasi un milione di bottiglie. L’area offre tuttavia un potenziale molto più alto. In particolare, l’elaborazione di un vino aromatico, dolce, con una leggera sovrapressione e una bassa gradazione saranno i tratti distintivi del Canelli Docg nella tipologia Riserva, che sarà immessa sul mercato non prima di 30 mesi.

La coltivazione della vite e del Moscato, in particolare, è dominante nell’area di Canelli fin dal 1300. I comuni interessati dalla Denominazione di origine controllata e garantita Canelli sono Calamandrana, Calosso, Canelli, Cassinasco, Coazzolo, Bubbio, Castagnole Lanze, Costigliole d’Asti, Loazzolo, Moasca. E ancora: San Marzano Oliveto in provincia di Asti, Castiglione Tinella, Santo Stefano Belbo, Cossano Belbo, Neive, Neviglie e Mango in provincia di Cuneo.

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Green Pass, privacy e visite in cantina: cosa prevede il decreto legge valido dal 6 agosto 2021

Serve il Green Pass per le visite in cantina? La risposta arriva dal Decreto legge n. 105 del 23 luglio 2021 che determina i criteri di accesso da parte di visitatori ed enoturisti, pubblicato in Gazzetta ufficiale (n.175  23 luglio 2021) e valido dal 6 agosto 2021. Il provvedimento varato dal Governo riguarda, più in generale, le “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche”.

SERVE IL GREEN PASS PER VISITARE LE CANTINE ITALIANE?

La risposta ai tanti winelovers, ma anche ai professionisti del settore del vino interessati a visitare le aziende, sono racchiuse all’articolo 3 del Decreto legge. Il testo in vigore recepisce alcune modifiche al DL 22 aprile 2021, n. 52, a sua volta ritoccato dalla legge 17 giugno 2021, n. 87.

Le cantine non vengono menzionate esplicitamente, ma il provvedimento riguarda attività assimilabili. In sostanza, si rende obbligatorio l’«impiego di certificazioni verdi Covid-19» per le aree chiuse, anche in cantina. L’ingresso «è consentito in zona bianca esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi Covid-19».

Le attività menzionate sono i «servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio, per il consumo al tavolo, al chiuso; spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi; musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre; piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso; sagre e fiere, convegni e congressi».

GREEN PASS IN CANTINA ANCHE IN ZONA GIALLA, ARANCIONE E ROSSA

E ancora: «Centri termali, parchi tematici e di divertimento; centri culturali, centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, compresi i centri estivi, e le relative attività di ristorazione; attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò; concorsi pubblici».

Le disposizioni si applicano anche nelle zone gialla, arancione e rossa, «laddove i servizi e le attività siano consentite e alle condizioni previste per le singole zone». Come recita ancora il Decreto legge n. 105 del 23 luglio 2021, «le disposizioni non si applicano ai soggetti esclusi per età dalla campagna vaccinale e ai soggetti esenti sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute».

GREEN PASS E PRIVACY

Capitolo a parte quello della privacy dei clienti delle attività, comprese le cantine italiane, ai tempi del Green Pass. «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con i Ministri della salute, per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, e dell’Economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali – recita ancora il DL – sono individuate le specifiche tecniche per trattare in modalità digitale le predette certificazioni, al fine di consentirne la verifica digitale, assicurando contestualmente la protezione dei dati personali in esse contenuti».

Nelle more dell’adozione del predetto decreto, per le finalità di cui al presente articolo possono essere utilizzate le certificazioni rilasciate in formato cartaceo. I titolari o i gestori dei servizi e delle attività sono tenuti a verificare che l’accesso ai predetti servizi e attività avvenga nel rispetto delle prescrizioni».

Le verifiche delle certificazioni verdi Covid-19 (Green Pass) sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10. Il Ministro della salute, mediante ordinanza, può infine «definire eventuali misure necessarie in fase di attuazione del presente articolo».

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Promozione Dop e Igp all’estero, fondi anche per i Consorzi. Origin Italia: «Vittoria per il comparto»

Anche i Consorzi di Tutela potranno beneficiare dei fondi per la promozione di Dop e Igp all’estero. Sono state accolte le richieste di Origin Italia, principale organismo di rappresentanza del sistema agroalimentare certificato.

«Si tratta di una vittoria importante per l’intero comparto – esulta il presidente Cesare Baldrighi – perché consente ai Consorzi di Tutela di avere la possibilità di usufruire di un ulteriore, e quanto mai opportuno, strumento finanziario per la promozione e la tutela all’estero delle Indicazioni Geografiche, sempre più spesso al centro dei fenomeni legati alla frode agroalimentare».

IL DECRETO 31 MAGGIO 2021 IN GAZZETTA UFFICIALE

Ad allargare ai Consorzi di Tutela la platea dei beneficiari è il decreto del 31 maggio 2021 sulle modalità di concessione del contributo diretto a sostenere la promozione all’estero dei marchi collettivi e di certificazione.

Il decreto del Ministero dello Sviluppo economico, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, prevede anche l’incremento della dotazione finanziaria da uno a 2,5 milioni di euro per anno. Aumenta infine l’importo massimo dell’agevolazione, da 70 mila a 150 mila euro per anno.

CONTRASTO ALL’ITALIAN SOUNDING

Un provvedimento che dimostra quanto fossero giuste nel merito le segnalazioni di Origin Italia riguardo all’inclusione legittima dei Consorzi di Tutela, così come previsto dalla Legge di Bilancio 2021», conclude Baldrighi.

Sul fronte del contrasto all’italian sounding interviene oggi anche Andrea Sartori: «È opportuno contrastare il dilagare sul mercato di prodotti falsi e di bassa qualità. È quindi di vitale importanza tutelare il Made in Italy e la qualità dei prodotti italiani grazie anche al sostegno delle istituzioni».

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Cervim: servono misure a favore della viticoltura eroica

Sostegni e misure per i viticoltori eroici pesantemente colpiti dalla pandemia, ma anche l’attuazione del decreto della viticoltura eroica. Sono questi in sintesi i temi al centro dell’incontro fra il Cervim e il sottosegretario alle Politiche agricole Gian Marco Centinaio, che ha visto anche la partecipazione del coordinatore e dello staff dell’assessore all’Agricoltura e Risorse naturali della Regione autonoma Valle d’Aosta.

«Un confronto molto proficuo – commenta il presidente Cervim, Stefano Celi – sulle forme di sostegno che potranno essere messe in atto per consentire alla viticoltura eroica di sopravvivere e permettere ai viticoltori di mantenere il loro indispensabile presidio sul territorio».

«C’è la necessità – sottolinea il sottosegretario Centinaio – di aiutare economicamente gli agricoltori eroici in quanto necessitano di interventi mirati, dati alti costi di gestione, per evitare lo spopolamento delle aree rurali montane. Questa pandemia ha praticamente bloccato il turismo ed il canale Horeca, che sono i maggiori mercati di riferimento di questa filiera”.

“Altro tema – prosegue il sottosegretario – la necessità di riconoscere ulteriormente il grande lavoro fatto dal Cervim anche a livello ministeriale e infine una veloce regolamentazione del registro dei vigneti eroici e storici per dare un riconoscimento all’importanza di chi ha creduto in un certo tipo di agricoltura».

Secondo il Cervim servono azioni di promozione sui mercati, anche esteri, specificatamente pensati per le caratteristiche delle piccole aziende eroiche nonché un sostegno per la realizzazione e manutenzione di tutte le infrastrutture necessarie per la coltivazione e mantenimento dei terreni caratteristici della viticoltura eroica.

«Il Cervim – aggiunge il presidente Celi – auspica che possano essere assunti specifici provvedimenti a tutela di questo settore. Misure specifiche che tengano conto delle ridotte produzione e dell’alto valore dei vini eroici. Inoltre sostegni adeguati e proporzionati al valore delle produzioni e finanziamenti a tasso agevolato specifici per la peculiarità delle aziende a viticoltura eroica».

Il Cervim inoltre attende l’attuazione del decreto per la salvaguardia dei vigneti eroici e storici entrato in vigore dopo la pubblicazione a fine settembre sulla Gazzetta Ufficiale.

«Il decreto – spiega Roberto Gaudio, del Cda Cervim – rappresenta un punto di partenza, un riconoscimento che deve tradursi in un’azione concreta di rilancio. I viticoltori eroici svolgono un ruolo insostituibile per la sorveglianza e il mantenimento del territorio.

“Con la manutenzione di tutte le infrastrutture di sostegno dei terreni – conclude Gaudio – a partire dai muretti a secco, patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’Unesco, e dalla regimazione delle acque i viticoltori contribuiscono alla prevenzione di fenomeni di dissesto idrogeologico e di degrado dei territori, a vantaggio dell’intera comunità nazionale».

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Morellino di Scansano Docg: ok ufficiale a “Toscana” in etichetta

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n° 68 del 19 marzo 2021, la possibilità di poter inserire la dicitura “Toscana” sull’etichetta dei vini a denominazione di origine controllata e garantita “Morellino di Scansano” è ora ufficiale e pienamente operativa. L’iter che ha portato alla modifica del disciplinare di produzione per poter aggiungere questa indicazione facoltativa in etichetta è iniziato poco più di un anno fa con il voto favorevole da parte dell’assemblea del Consorzio Tutela del Vino Morellino di Scansano.

«La modifica del disciplinare è stata frutto di un intenso lavoro portato avanti dal nostro Consorzio di concerto con Regione Toscana, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e Avito, l’Associazione Vini Toscani Dop e Igp – afferma Bernardo Guicciardini Calamai, presidente del Consorzio Tutela del Vino Morellino di Scansano – Ora tutti i produttori che lo desiderano potranno sfruttare la grande forza del brand “Toscana”, molto conosciuto ed apprezzato sui mercati internazionali».

Il Morellino di Scansano è una denominazione storica, Doc dal 1978 e Docg dal 2007. Con la modifica del disciplinare di produzione il nome geografico “Toscana” dovrà seguire la denominazione Morellino di Scansano ed essere riportato al di sotto della menzione specifica tradizionale denominazione di origine controllata e garantita oppure dell’espressione dell’Unione europea denominazione di origine protetta.

Inoltre, i caratteri del nome “Toscana” dovranno avere un’altezza inferiore a quella dei caratteri che compongono la denominazione Morellino di Scansano e avere lo stesso font (tipo di carattere), stile, spaziatura, evidenza, colore e intensità colorimetrica.

«Abbiamo accolto fin dal primo momento, come Regione, la proposta di modifica al disciplinare di produzione del Morellino di Scansano Docg, che oggi trova finalmente compiuta definizione – dice la vicepresidente della Regione Toscana e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi – Si tratta di un altro tassello che contribuirà a comporre quell’articolato mosaico che rappresenta il futuro di una delle più importanti filiere regionali».

«Un futuro – prosegue Saccardi – che dovrà confrontarsi con le nuove sfide di sostenibilità ambientale e di resilienza ai cambiamenti climatici. Anche in questo senso il brand Toscana può rappresentare un formidabile driver per promuovere nei mercati di tutto il mondo la straordinaria ricchezza e l’agrodiversità dei nostri vini, e il Morellino di Scansano è uno di questi gioielli».

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Valdobbiadene, rivoluzione del Prosecco con lo Chardonnay? Meglio Verdiso, Bianchetta e Perera


EDITORIALE –
Articolo 2, comma 1 e 2. Articolo 5, comma 3. Tocca scomodare il Decreto del 12 luglio 2019, inerente le “Modifiche al disciplinare di produzione della Denominazione di origine controllata dei vini ‘Conegliano Valdobbiadene – Prosecco” per capire quanto, realmente, i produttori di Valdobbiadene abbiano perso un’occasione d’oro per “distinguersi” – al di là dell’etichetta – dal Prosecco Doc prodotto in pianura (anche in Friuli Venezia Giulia) e non solo sulle colline patrimonio Unesco.

L’8 agosto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il provvedimento con cui il Ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo ratifica le richieste presentate il 29 marzo dal Consorzio di Tutela della Docg veneta.

Positiva la valorizzare della tipologia “Rive”, per la “qualità superiore delle uve provenienti da vigneti in forte pendenza, che richiedono un lavoro manuale più lungo e faticoso da parte dei viticoltori” e utile a “distinguere i diversi territori all’interno della Denominazione”. Una sorta di zonazione.

Commovente la “salvaguardia del legame con la tradizione, rendendo ufficiale la tipologia spumante ‘Sui Lieviti’ di Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, che sta a cuore da generazioni ai produttori del territorio”.

Costruttivo “rispondere, con l’introduzione della tipologia ‘Extra Brut’, al gusto contemporaneo dei consumatori che hanno dimostrato un apprezzamento speciale per il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg”.

Manca solo un dettaglio. Quello definito, appunto, dagli articoli 2 e 5, e relativi commi. La base ampelografica dei vini “Conegliano Valdobbiadene Prosecco” è sì costituita dalle uve provenienti dai vigneti del vitigno Glera.

Possono concorrere, in ambito aziendale, fino ad un massimo del 15%, le uve Verdiso, Bianchetta trevigiana, Perera e Glera lunga. Ma anche quelle dei vitigni Pinot bianco, Pinot nero, Pinot grigio e Chardonnay, “usate da sole o congiuntamente”.

Una “tradizionale pratica correttiva di aggiunta di vini” ottenuti da varietà internazionali, il cui utilizzo è consentito anche nel disciplinare del Prosecco Doc. Ma non ci si poteva (doveva) distinguere?

Se da un lato è sacrosanto che i vini (specie quelli buoni) non si fanno coi disciplinari, dall’altro, da parte dei produttori e del Consorzio, poteva arrivare un segnale importante, sul fronte della base ampelografica.

Gli esempi di Denominazioni che stanno puntando tutto sull’autoctono, in Italia si sprecano. Basti pensare alla Franciacorta, con il Consorzio concentrato nella valorizzazione e diffusione dell’autoctono bresciano Erbamat.

La necessaria corsa ai ripari dei produttori franciacortini, alle prese con il surriscaldamento globale e i conseguenti cali di freschezza delle basi di Pinot Nero, Chardonnay e Pinot Bianco, si è trasformata in un motivo di promozione del territorio, che porterà presto alla nascita della tipologia Franciacorta “Mordace” e al conseguente aumento delle percentuali di Erbamat ammesse nella cuvée del Metodo classico (ora ferme al 10%).

Hanno storia e storicità anche gli autoctoni divenuti ormai una rarità sulle colline di Conegliano e Valdobbiadene. Le prime testimonianze sul Verdiso risalgono al 1788 e sono legate ai coloni dell’Abbazia di Follina (TV). Il vitigno ha una buona vigoria e si adatta a molti tipi di terreno.

Anche le prime notizie della Bianchetta trevigiana risalgono al Settecento. Si suggeriva l’appassimento, per produrre vini dolci. In epoca più recente ha dimostrato il perfetto carattere alla spumantizzazione, tanto da risultare per decenni il vitigno più coltivato in una quarantina di comuni della Provincia di Treviso.

Varietà storica della zona di Conegliano e Valdobbiadene anche la Perera, nota anche come “Pevarise”. Santo Stefano e San Pietro di Barbozza (TV) le due zone in cui era più presente e riconoscibile, per la sua forma a “pera rovesciata”.

Apprezzata per le sue caratteristiche fruttate, fu decimata dalla fillossera ed ora è rara da reperire. Tre vitigni, insomma, non uno. Già in disciplinare. Chi ci crede, in Consorzio e tra i produttori, alzi la mano. Cin, cin.

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Il Chianti Docg cambia il disciplinare

FIRENZE – Un cambiamento importante, che permetterà alle aziende di adeguarsi alle normative europee e produrre vini di alta qualità e allo stesso tempo in grado di venire maggiormente incontro ai gusti dei mercati stranieri, soprattutto statunitensi, sudamericani e orientali. E’ l’obiettivo della modifica sulle caratteristiche al consumo del disciplinare del Vino Chianti Docg pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’8 agosto 2019 e diventata quindi realtà in ambito nazionale.

La modifica interessa il residuo zuccherino massimo e arriva dopo un lungo lavoro di istruttoria che ha visto in prima fila il Consorzio Vino Chianti come portavoce delle aziende toscane e della loro necessità di allinearsi alle normative europee. Un processo di riqualificazione e riposizionamento sui mercati internazionali che segue la tendenza manifestata già da altre denominazioni in Europa.

“Dopo lungo lavoro che ci ha visti impegnati per tanto tempo, il Ministero ha approvato la richiesta di modifica del disciplinare – ha dichiarato il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi – Un processo di adeguamento alle normative europee che garantisce maggiore competitività e una maggiore capacità del vino Chianti docg di allinearsi ai gusti dei consumatori che inevitabilmente si modificano nel tempo.”

“Ciò permetterà alle aziende interessate – Prosegue Busi – di poter presentare dei vini secchi, sempre di altissima qualità ma più graditi al palato dai mercati prevalentemente orientali e americani. Un passaggio atteso da tante aziende che, se vorranno, potranno adeguarsi a questi nuovi standards. Ci aspettiamo dunque un aumento delle vendite su mercati esteri, che già presentano grandi potenzialità e su cui ci sono più ampi margini di sviluppo”

Il Consorzio ha già inviato una circolare a tutte le aziende con i dettagli delle modifiche e i riferimenti legislativi completi. Da un punto di vista tecnico, l’allineamento del valore del residuo massimo zuccherino ai parametri comunitari previsti per i vini secchi consentirà di avere un parametro massimo pari a 4 g/l, oppure entro 9 g/l purché il tenore di acidità totale, espresso in grammi di acido tartarico per litro, non sia inferiore di oltre 2 grammi al tenore di zucchero residuo.

Al momento la modifica è introdotta solo a livello nazionale, a partire dalla campagna vendemmiale 2019/2020 e per i vini atti a diventare DopChianti” provenienti dalle campagne 2018/2019 e precedenti, a patto che siano in possesso dei requisiti stabiliti nel disciplinare consolidato. Prima di essere applicabile nel territorio dell’Unione europea e nei Paesi terzi, la modifica al disciplinare dovrà essere pubblicata sulla Gazzetta dell’Unione Europea.

La pubblicazione è prevista entro tre mesi dalla data di trasmissione della domanda da parte del Ministero alla Commissione Europea avvenuta lo scorso 25 luglio 2019. Quindi, solo dopo tale passaggio, i vini Chianti Docg con il nuovo limite del residuo zuccherino massimo potranno liberamente circolare anche al di fuori dell’Italia.

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Vittoria dei distillatori italiani: la farina di vinaccioli disoleata nella lista combustibili


La farina di vinaccioli disoleata è ufficialmente nella lista dei combustibili. Il decreto ministeriale DM MATTM n. 74 del 29 maggio 2019, voluto dal Ministro dell’Ambiente di concerto con il Ministro della Salute e il Ministro dello Sviluppo Economico, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 agosto. Entra in vigore oggi, 21 agosto 2019.

Dopo lungo tempo di attesa – commenta il direttore di AssoDistil, Sandro Cobror – registriamo con soddisfazione la pubblicazione del Decreto Ministeriale MATTM 29 maggio 2019, che sancisce definitivamente la possibilità di utilizzare i vinaccioli come fonte di combustibili rinnovabili e sostenibili”.

“Il settore distillatorio, da sempre attento alla efficienza delle proprie produzioni, trova in questo modo un’altra modalità per valorizzare un tipico sottoprodotto del comparto. Un passo avanti verso la piena applicazione dell’economia circolare“, conclude il dirigente dell’Associazione dei Distillatori Italiani, che riunisce oltre 50 imprese industriali del settore.

L’inserimento della farina di vinaccioli disoleata nell’elenco delle biomasse combustibili è frutto di accertamenti e studi scientifici, che hanno dimostrato “la compatibilità del provvedimento sotto il profilo ambientale e di tutela contro l’inquinamento atmosferico”.

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Consorzio Doc Sicilia: il Catarratto diventa Lucido

I produttori siciliani avranno la possibilità di etichettare con il sinonimo “Lucido” i vini ottenuti dalle varietà Catarratto Bianco Comune e Catarratto Bianco Lucido coltivate nel territorio della Regione Sicilia.

La decisione arriva dopo due anni di trattative portate avanti a livello regionale e nazionale dal Consorzio di tutela vini Doc Sicilia. Interpretando le esigenze dei produttori vinicoli siciliani, il Consorzio si è fatto carico della necessità di trovare un’alternativa al nome “Catarratto”, che risultava, specie nei mercati internazionali, di scarso appeal o difficilmente pronunciabile. Da qui la scelta di fare ricorso a “Lucido”, termine usato anticamente in Sicilia per indicare entrambe le varietà di Catarratto.

“Siamo orgogliosi dell’ufficialità arrivata dal Ministero – commenta Antonio Rallo, Presidente del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia – Come Consorzio abbiamo cercato di dare voce ad una necessità manifestata non solo dai produttori della nostra denominazione, ma da tutta la regione e per questo siamo felici di sapere che la misura sarà messa a disposizione di tutte le altre Doc e Igp della Regione Siciliana che producono Catarratto. Il via libera del Ministero è un segnale che siamo sulla buona strada, il nostro dialogo con il Ministero continuerà ad essere proficuo. È infatti in discussione in questo periodo la modifica del nostro Disciplinare di Produzione che speriamo arrivi nel più breve tempo possibile”.

Così, come da Decreto del 21 novembre 2018 – “Modifiche ed integrazioni al registro nazionale delle varietà di vite” (18A07626) – pubblicato in Gazzetta Ufficiale (Serie Generale n.279 del 30-11-2018) si stabilisce che le varietà Catarratto Bianco Comune e Catarratto Bianco Lucido, iscritti al registro nazionale delle varietà di vite rispettivamente ai numeri 058 e 059, possono essere etichettate con il sinonimo Lucido “ai soli fini della designazione dei vini provenienti dalle uve raccolte nella Regione Sicilia”.

Le due varietà di uva, Catarratto Bianco Comune e Catarratto Bianco Lucido, con rispettivamente 16.659 e 14.125 ettari rappresentano insieme circa il 30 per cento della superficie regionale vitata e, alla luce di questi numeri, la ratifica del Ministero non solo ripaga l’impegno del Consorzio ma lo conferma quale interlocutore chiave nelle richieste e trattative di interesse regionale con il Ministero.

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