Nicola Finotto e Michele Vitale, in arte Menat, ne hanno fatta di strada dopo l’inserimento nella Top 100 Migliori Vini italiani di WineMag.it, nel 2019. I loro vini calabresi in anfora georgiana (qvevri) prodotti a a San Nicola dell’Alto, in provincia di Crotone, sono ora distribuiti in diversi Paesi d’Europa e del mondo.
Un progetto a cui ha contribuito come conferitore anche Gianni Lonetti, che nel maggio 2020 ha fondato la propria azienda, incentrato sulla vigna vecchia in contrada Fragalà di Melissa. Un terreno di 1 ettaro e mezzo, da cui hanno preso vita i primi vini di punta di Menat: “Ji Jian” e “Greko”, base Gaglioppo e Greco Bianco. Le uve tipiche della zona.
Nonostante la rottura con Lonetti, il progetto originario di Menat – vocabolo che significa “Domani” nella lingua della comunità arbëreshë locale – non cambia. La convinzione resta quella che il vino debba essere “naturale, senza la minima aggiunta di chimica, ma senza difetti e di grande bevibilità”.
La prova del calice convince appieno. Il Calabria Igt rosato “Menate Zero” dice tutto sin dal nome: un vino agile, di grande beva, che si apre con l’ossigenazione su ricordi di fiori di rosa e note di frutti di bosco, agrumi e una spezia leggera, dosatissima. Il classico rosato da bere ‘a secchiate’.
La Riserva “Ji Jian”, ottenuta da mosto fiore di Gaglioppo maturato 8 mesi in anfora georgiana, si presenta di un color mattone e sfodera un naso talcato, balsamico, con ricordi di arancia rossa, anice, mentuccia. Tannino disteso ed ennesimo vino dalla beva instancabile, sapida e di lunga persistenza.
Infine il Greco Bianco macerato “Greko”, ottenuto mediante contatto di 7 mesi con le bucce e una doppia torchiatura. Colore splendido e naso che segue a ruota, tra ricordi di zenzero candito, curcuma, fiori di sambuco e albicocca matura.
Bassa l’acidità e bassa la percentuale d’alcol in volume per questo vino bianco calabrese del tutto singolare e unico, la cui spina dorsale è rappresentata dalla piacevole percezione “tannica”, conferita dalla lunga macerazione.
Le prime tre etichette di Menat, che produce circa 4 mila bottiglie l’anno, sono finite non a caso in mezza Europa e nel mondo. Una storia di successo, che in realtà ne cela un’altra. Quella di Gianni Lonetti che, dopo la rottura con i due fondatori, sta costruendo il suo futuro accanto a uno dei vignaioli calabresi più in vista: Francesco De Franco di A’ Vita – Vignaioli in Cirò.
“In attesa che la mia cantina venga realizzata – spiega Lonetti a WineMag.it – ho vinificato la mia prima etichetta a casa di un maestro del vino calabrese, come De Franco. Il vino, ottenuto proprio dalla vigna di contrada Fragalà da cui nascevano i vini di punta di Menat, è un uvaggio di Gaglioppo (70%) e Magliocco (30%): si chiama ‘Juru‘, vendemmia 2019“.
Per il momento, Gianni Lonetti ha abbandonato le qvevri georgiane. “Ma quando potrò tornare a vinificare in proprio – spiega – tornerò alla terracotta. Non a quella georgiana: sto pensando alla spagnola o, ancora meglio, all’italiana”.
Il giovane vignaiolo di San Nicola dell’Alto sta sperimentando le Tinajas, ma sembra preferire il tricolore, in particolare quello dell’azienda leader mondiale nella produzione di vinificatori in terracotta: “Mi stanno convincendo particolarmente le anfore di Artenova – ammette – prodotte a Impruneta, in Toscana”.
Le novità non finiscono qui. Il vignaiolo Lonetti potrà contare su ulteriori 5 ettari di vigneto, in una posizione particolare, ovviamente sempre in Calabria. “Per via dei cambiamenti climatici – rivela a WineMag.it – ho deciso di spostarmi dalla costa verso l’entroterra, con altri 5 ettari di vigneto a Pallagorio, altro paese di tradizione arbëreshë, non lontano da San Nicola dell’Alto”.
Una scelta di campo importante. Il Comune – poco più di mille abitanti – si trova sempre in provincia di Crotone, ma a ridosso dei monti della Sila: “Per l’esattezza – spiega Lonetti – pianterò Gaglioppo e Greco Bianco, a 554 metri sul livello del mare“. Insomma, c’è tanta carne al fuoco tra le nuove leve del vino calabrese.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Le ruote della Fiat Panda sbattono violentemente sui grossi massi della strada sterrata. Seconda marcia ingranata, in salita. Il motore urla, tra una botta e l’altra. Si arriva in cima tra lo stralunato e il divertito. Come dopo un giro in giostra. Tra una buca e l’altra, schivate d’un soffio, tocchi terra e ti senti Cristoforo Colombo. Dietro, solo la polvere.
“Eccolo. Lì c’è il più grosso, lo vede?”. Scende serafico dalla sua auto-carro armato il professor Orlando Sculli, abituato com’è ad arrampicarsi tra le mulattiere del Reggino. Col dito indica qualcosa costruito con la pietra scura, nascosto dalla sterpaglia ingiallita dal sole.
Uno straordinario palmento, sotterrato dalle erbacce secche. Qualcosa che, dopo due settimane di peregrinazioni tra vigneti e viticoltori calabresi, pare sintetizzare al meglio lo stato di fatto della Calabria del vino.
L’immagine più fulgida di una terra dagli immensi tesori nascosti, coperti dalla noncuranza, dall’incapacità di fare sistema. Dalla timidezza imprenditoriale “suggerita” dalla presenza della ‘ndrangheta.
Tesori a disposizione di tutti, che è possibile scoprire solo “per caso”, dopo aver percorso strade impervie e costellate da segnali inquietanti. Come le cancellate improvvisate dai pastori, lungo le strade pubbliche, nelle campagne del circondario di Ferruzzano (RC).
Proprio lì si “nascondono” oltre 700 palmenti abbandonati. Un calcolo a cui è giunto proprio il temerario professor Sculli, dopo anni di studi autofinanziati e chilometri percorsi a rincorrere il proprio amore per la verità e la storia.
Fil di ferro e barriere sulle strade di tutti (in realtà di nessuno). Là in mezzo ai campi, le numerose testimonianze di quanto la Calabria sia stata “culla della viticoltura” italiana, sin dai tempi antichi.
Lo sa bene il vignaiolo Santino Lucà, che venti chilometri più a nord di Ferruzzano sta combattendo un’eroica battaglia, pressoché solitaria. “Prima qui c’erano tutte vigne – dice col finestrino abbassato, indicando le aspre colline del Comune di Bianco – ora invece tutti si danno al bergamotto, molto più redditizio”.
Un’onda verde, quella dell’agrume utilizzato in profumeria per il suo pregiato olio essenziale, che si solleva da Villa San Giovanni, 13 chilometri a nord di Reggio Calabria, e raggiunge Monasterace, interessando tutta la costa meridionale della Calabria. Per oltre 150 chilometri.
“C’è troppo lavoro da fare in vigna rispetto ai campi di bergamotto – evidenzia Lucà – e poi qui i vini vengono forti. Il trend mondiale, ai giorni nostri, è quello di vini a bassa gradazione. Per questo tutti stanno abbandonando il vigneto. Un vuoto che diventa terra fertile per l’industria del bergamotto”.
Attorno a Santino Lucà lavorano incessantemente ruspe, escavatori e rulli, utili a preparare il terreno per i nuovi impianti di Citrus bergamia. Ma Lucà resiste, nel labirinto di Cnosso della sua Bianco. Anzi, rilancia: ha in programma nuove acquisizioni e la realizzazione di una sala degustazione e accoglienza, tra i vigneti.
“La tradizionale produzione di Greco di Bianco o Mantonico passito – spiega – è messa a dura prova. Il futuro della viticoltura in quest’area si deciderà nell’arco dei prossimi 20 anni, un po’ come in tutta la Calabria”.
Eppure, di vini e di esempi di viticoltura eroica è piena questa terra baciata dal sole, in cui convivono il più aspro e asciutto e il più montano e rigoglioso dei paesaggi. Dalle vigne a picco di Palizzi (RC), sulla punta meridionale della regione e del continente Europa, si vede il mare all’orizzonte.
Bisogna essere un po’ geni e un po’ “folli”, come Nino Altomonte, per pensare di mettere le radici tra le “timpe”, i pericolosi costoni su cui affondano le radici i vigneti. “Sono il re delle timpe“, scherza Altomonte, mentre mostra le piante di Nerello Mascalese, Nerello Calabrese, Inzolia, Malvasia e Moscato Bianco. È qui che si produce uno dei vini di maggiore qualità dell’intera Calabria: il Palizzi Igt.
Vitigni resi celebri dal fenomeno Etna, come il Nerello, si trovano anche in provincia di Catanzaro. Lo sa bene Vittorio Corasaniti, collaboratore di Santino Lucà che tra le montagne di Davoli, in località Ziia, ha individuato un vigneto storico, con piante ad alberello di 70 anni, a piede franco.
“Si tratta dell’eredità di un vignaiolo di 92 anni, scomparso di recente”, spiega Corasaniti. Evidente il filo invisibile che segna una continuità morfologica e ampelografica tra il vulcano siciliano e il sud della Calabria. “In 25 minuti di elicottero saremmo sull’isola”, sottolinea Corasaniti.
L’origine del terreno è differente, così come il microclima. Ma pare davvero di essere sulla “Muntagna”, mentre si cammina tra le piante antiche di Nerello, Greco Bianco, Guardavalle, Greco nero (Magliocco) e “Castiglione”, noto anche come Tsirò (Gaglioppo). Veri e propri monumenti naturali, salvati dalla scomparsa.
COSTA TIRRENICA E COSENTINO IN FERMENTO
Ma non è solo la Costa Ionica calabrese a riservare sorprese. C’è gran fermento nella zona tirrenica, in provincia di Vibo Valentia. Si chiamerà Costa degli Dei la nuova Doc pronta a nascere per iniziativa di Cantine Artese, Casa Comerci, Marchisa, Cantine Benvenuto e Cantina Masicei.
Poco meno di 400 gli ettari complessivi. Il cuore della nuova Denominazione sarà il Comune di Nicotera, con 167 ettari (63,67 rivendicabili). Segue Drapia, con 105 ettari, di cui 61,65 rivendicabili. Terzo gradino del podio per Limbadi, con 52,46 rivendicabili sui 105 complessivi.
Sono ben 38, tuttavia, i Comuni vibonesi potenzialmente interessati dalla nuova Doc del vino calabrese. Si punterà tutto sul Magliocco Canino per i rossi e sullo Zibibbo per le varietà a bacca bianca. “Quello che speriamo di ottenere – spiega Cosmo Rombolà di Cantina Masicei – è uscire da questa sorta di anonimato che contraddistingue la parte tirrenica della regione, nota più che altro per la bellezza delle sue spiagge”.
E a crescere, con un numero sempre maggiore di aziende capaci di imporsi sui mercati (non solo nazionali) con etichette di qualità, è anche la provincia di Cosenza. Merito di vignaioli come Dino Briglio, che con L’Acino Vini sta portando San Marco Argentano in tutto il mondo.
“In particolare – spiega Briglio – è il Giappone che sta dando grandissime soddisfazioni non solo per il Magliocco, vitigno principe di questa zona, ma anche per le altre varietà”. Stesso imprinting per Masseria Perugini, il regno di Giampiero Ventura, che conduce l’azienda assieme alla compagna Daniela De Marco e al socio Pasquale Perugini.
“L’idea – spiega Ventura – è portare avanti un’idea di Calabria costruita sui capisaldi delle origini. Non vorremmo andare avanti, ma tornare indietro, per raccontare in maniera autentica la nostra terra, nel calice”. Ecco spiegata la scommessa Guarnaccino, vitigno autoctono su cui sta puntando moltissimo Masseria Perugini, reimpiantandolo.
Sempre nel Cosentino, per l’esattezza a Malvito (CS), Tenute Pacelli pare invece un’isola a metà tra la Toscana e la Calabria, con qualche contaminazione campana. Agli originari Sangiovese, Canaiolo e Malvasia vengono affiancati Barbera, Trebbiano toscano e Vermentino.
Poi Calabrese, Syrah, Fiano, Magliocco, Cabernet Sauvignon e Greco di Bianco. Eppure, uno dei simboli di questa cantina calabrese “al femminile” è il Riesling. Un vitigno in cui credono molto Carla e Laura, figlie di Clara (di origine istriane) e dell’ex avvocato Francesco.
Ottimi i risultati ottenuti con il Metodo classico, da un vigneto dedicato. Ad accogliere i visitatori, lungo la stradina che conduce alla cantina, è infatti il cru di Riesling che prende il nome dall’erede della famiglia, Zoe.
Una realtà, Tenute Pacelli, in fase di profondo ammodernamento e ampliamento, che toccherà il suo apice al termine dei lavori di realizzazione delle nuove “ali” dell’elegante casa coloniale, immersa tra i vigneti, a due passi dalla cantina.
Punta tutto su Magliocco e Greco bianco un’altra cantina al passo coi tempi, nel Cosentino: Tenuta Celimarro, non lontana da Castrovillari (CS). Un’azienda che ha beneficiato dell’impulso del giovane enologo Valerio Cipolla, che nel 2013 ha cambiato le sorti dell’azienda, dando vita a un brand fondato su “Arte, Amor, Vino e Bellezza”.
CIRÒ, EMBLEMA DEL VINO CALABRESE
Gli investimenti sui vitigni internazionali, accostati alla valorizzazione degli autoctoni e alle continue sperimentazioni in vigna, trovano pieno compimento in una realtà divenuta sinonimo di Calabria, che proprio a Cirò Marina ha sede, dagli anni Cinquanta. Si tratta di Cantina Librandi.
La cittadina della costa ionica, nonché la pittoresca Cirò, situata in posizione più elevata rispetto alla “sorella” baciata dal mare, può essere il punto di arrivo o quello di partenza di un tour del vino calabrese.
Tra le tappe da non perdere, proprio la vinicola dei Librandi, la cui storia ha inizio alla metà dello scorso secolo e continua oggi, con Nicodemo Librandi al timone assieme ai figli Raffaele e Paolo e ai cugini Francesco e Teresa, figli dello scomparso Antonio Librandi, fratello di Nicodemo.
Sono ormai diventate 6 le tenute di proprietà della famiglia, per un totale di circa 350 ettari: 232 vitati, 80 a uliveto e i restanti boschivi. Dal primo imbottigliamento dei vini a base Gaglioppo e Greco Bianco, nel 1953, la piccola cantina di via Tirone si è allargata a macchia d’olio. Con essa la popolarità del vino calabro.
L’acquisto nel 1955 dell’azienda Duca Sanfelice, in località Ponta, all’interno della Doc Cirò, anticipa l’inaugurazione del nuovo stabilimento produttivo in Contrada San Gennaro, nel 1975.
Il Duca Sanfelice Cirò Rosso Riserva fa il suo debutto sul mercato nel 1983, anno in cui si comincia a parlare davvero di vino calabrese nel mondo, grazie proprio a questa etichetta.
Nel 1985 i Librandi inglobano l’azienda Critone, a Strongoli. E nel 1988 escono le prime annate di “Gravello“, “Critone” e “Terre Lontane“: altri tre vini che hanno fatto la storia dell’azienda e della Calabria vitivinicola.
Nel 1997 il portafogli si allarga all’azienda Rosaneti, dove si concretizza la svolta sui vitigni autoctoni, idea da subito condivisa da Donato Lanati, al quale l’anno successivo viene affidata la conduzione tecnica della cantina.
Ma se oggi Cirò è presente sulle carte dei vini dei migliori ristoranti del mondo, lo si deve anche ai vignaioli della Cirò Revolution, autori di una sferzata decisiva alla Doc costituita nel 1969. Il profondo rispetto per il Gaglioppo lega i produttori aderenti a un movimento compatto e tenace, ormai internazionalmente riconosciuto.
In ogni calice della Cirò Revolution – cui ha contribuito in maniera determinante ‘A Vita di Francesco Maria De Franco – c’è l’essenza del vignaiolo che la produce. Si va dai vini coraggiosi e scalpitanti di Mariangela Parrilla (Tenuta del Conte), alle interpretazioni millimetriche di Cataldo Calabretta. Due modi diversi di rappresentare l’anima più vera del Gaglioppo.
Espressioni condensate nei vini di Sergio Arcuri, autore di uno dei rosati migliori d’Italia, “Il Marinetto“. Non a caso c’è tanta Calabria (e tanta Cirò) nella “Top 100” 2019 stilata da WineMag.it.
La Calabria ha tutte le carte in regola per guadagnare ulteriore spazio nella geografia enologica italiana e internazionale, proprio per la capacità di accostare il savoir-faire di grandi e piccoli produttori.
Tra i migliori assaggi nella regione anche quelli di Ippolito 1845, cantina che – come Librandi – ha saputo rimanere al passo coi tempi e interpretare bene, nell’ottica della qualità, i differenti canali di vendita (Gdo e Horeca).
Regina della Grande distribuzione, nell’areale di Cirò, è Caparra & Siciliani, capace di firmare bianchi e rossi dall’invidiabile rapporto qualità prezzo, nel rispetto del vitigno e nel segno della responsabilità sociale. La stessa filosofia che contraddistingue Cantine Zito, a Cirò Marina.
Accanto ai “big”, ecco le nuove leve. Come Francesco Esposito (Esposito Vini) che si districa bene tra vitigni internazionali ed autoctoni e ha dato un’impronta moderna all’azienda di famiglia. Un vero e proprio vulcano di idee, Francesco, che con competenza porterà la cantina a crescere e a posizionarsi meglio sul mercato, nei prossimi anni.
Così come è destinata a imporsi anche un’altra realtà di Cirò Marina: Cantina Enotria, che da 3 anni ha iniziato un nuovo corso della propria storia, con importanti investimenti e l’ingresso nel team dell’enologo Tonino Guzzo.
Interessante la gestione delle linee Igt e Doc. La prima, nel segno della tradizione e dei vitigni autoctoni, esprime appieno il territorio. La seconda guarda all’estero, ma senza snaturare la tipicità del Gaglioppo e del Greco.
IL VINO CALABRESE IN QVEVRI GEORGIANE
Ma la vera e propria ventata di novità nel vino calabrese soffia poco lontano da Cirò, a San Nicola dell’Alto (KR). Qui, Michele, Gianni e Nicola realizzano vino in qvevri della Georgia, ovvero in anfore interrate. Il nome scelto per questo curioso progetto, non a caso, è Menat: “Domani” nella lingua della comunità locale arbëreshë.
Quella del 2019 è stata la seconda vendemmia per il trio di giovani. Solo Gaglioppo e Greco Bianco da vigneti dell’areale di San Nicola dell’Alto, Comune di 800 anime arroccato sopra Cirò e Melissa.
Spettacolare l’ettaro e mezzo in contrada Fragalà, località nota per l’eccidio del 1949. “Qui i contadini si sono guadagnati la terra col sangue”, ricordano i promotori di Menat.
Tanti progetti per il futuro e la convinzione che il vino debba essere “naturale, senza la minima aggiunta di chimica, ma senza difetti e di gran bevibilità”. La prova del calice convince su tutta la linea di questa nuova cantina (tre etichette), che registra una produzione complessiva inferiore alle 2.500 bottiglie.
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***DISCLAIMER*** Si ringraziano le aziende per l’ospitalità assicurata in Calabria a WineMag.it, utile a coprire solo in parte la realizzazione del reportage. I commenti espressi su cantine e vini sono comunque frutto della completa autonomia di giudizio della nostra testata, nel rispetto assoluto dei nostri lettori
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
VERONA – In un mondo del vino ormai global, dove l’autoctono colpisce troppe volte il pubblico e la critica più che altro in quanto tale (che sia italiano o cinese, a quel punto, non conta più di tanto) restano poche certezze. Una di queste è senza dubbio il Cirò Doc, il vino rosso calabrese da uve Gaglioppo che si appresta a diventare Docg (il disciplinare è già stato approvato dal Consorzio di Tutela guidato da Raffaele Librandi – nella foto sotto).
Ieri, a Vinitaly, una delle massime celebrazioni mai realizzate di questo immenso patrimonio della viticoltura del Bel Paese: la più profonda degustazione di Gaglioppo della storia, per celebrare i cinquant’anni della Doc Cirò.
Un tasting che ha visto protagoniste le cantine che hanno fatto la storia della Denominazione calabrese così come le nuove generazioni di vignaioli, chiamati al compito di traghettare dalla dimensione locale a quella internazionale il vino simbolo della Calabria.
Dunque Ippolito 1845, Caparra & Siciliani, Librandi, Zito, Senatore Vini, Sergio Arcuri e Cataldo Calabretta, rispettivamente con le annate 1969, 1973, 1985, 1999, 2007, 2011 e 2013. Strepitosa la performance delle annate d’antologia, in un’emozionante degustazione condotta da Walter Speller, corrispondente dall’Italia di Jancis Robinson.
LA DEGUSTAZIONE
Cirò Rosso Classico Riserva 1969, Ippolito 1845
Rosso granato con riflessi d’ambra. Naso stupefacente: uvetta, fumè, cuoio, arachidi, richiami ematici uniti a note mielose. Un’ossidazione gentile, che conferisce complessità all’olfatto al posto di appiattirlo. In bocca tannini dolci e lunghi nella loro trama.
E una sapidità che, unita alla stupefacente freschezza, è ancora in grado di far salivare e chiamare il sorso successivo. Un vino monumento al Diavolo, con cui deve aver stretto un patto d’eterna gioventù. Senza però vendere l’anima, ancora in bella vista.
Cirò Rosso Classico Superiore Riserva 1973, Caparra & Siciliani
Rosso granato che evidenzia l’età del vino. Naso profondo, di zenzero, di arancia candita, di erbe officinali. Un’idea di Vermut. In bocca piuttosto lineare nella sua evoluzione, scandita dal ritmo di tannini sabbiosi.
Cirò Rosso Classico Superiore Riserva 1985 “Duca Sanfelice”, Librandi
Granato alla vista. Naso tra il cielo e la terra, tra il fumo e la radice, tra il morbido e sfuggente e il duro e l’indomito e selvaggio. Accenni di zenzero a impreziosire l’olfatto, oltre a costituire il trade union capace di garantire (ancora oggi, ebbene sì) la corrispondenza gusto olfattiva.
Cirò Rosso Classico 1999 “Alceo”, Zito
Rosso rubino che si stacca dal resto dei colori della degustazione organizzata per celebrare i 50 anni della Doc calabrese, e non solo. Si stacca anche dalle caratteristiche del Gaglioppo, varietà non certo ricca di antociani, le sostanze che determinano il colore più o meno carico dell’uva.
Legno che si percepisce sia al naso che al palato, con una vena tostata netta, che diventa brace con l’ossigenazione. Vaniglia bourbon, terra, funghi secchi. In bocca rivela ancora una buona freschezza e tannini vivi.
Cirò Rosso Classico Superiore Riserva 2007 “Arcano”, Senatore Vini
Rosso che sta virando sul granato. Naso di frutta tendente al maturo, accenni fumè, carne cruda, erbe di montagna. Un vino giovane, al netto della Denominazione di appartenenza. In bocca il frutto è presente, ricordando quasi quelli di bosco. Preciso il tannino, che accompagna una chiusura balsamica, talcata e mentolata.
Cirò Rosso Classico Superiore Riserva 2011 “Più Vite”, Sergio Arcuri
Rosso granato. Al naso nota evidente di catrame, che ricorda lontanamente anche l’idrocarburo da Riesling. Note che spingono un principio ossidativo più che mai sotto controllo, capace di rendere ancora più fascinoso e largo il quadro olfattivo, arricchito anche da un frutto rosso preciso.
Merito della macerazione di 15 giorni e del successivo passaggio in cemento, dove il vino riposa prima dell’ultimo sforzo dell’imbottigliamento. Spezia, minerale e tannino la triade che descrive un sorso ricco, materico e per certi versi concettuale. Vino manifesto della Cirò Revolution.
Cirò Rosso Classico Superiore 2013, Cataldo Calabretta
Inizio di granato alla vista. Naso minerale, ma anche ematico, di macchia mediterranea e di frutto croccante. Accenni di un salino salmastro, che gioca con la buccia d’agrume. Buona la corrispondenza al palato, dove sfodera una beva sorprendente, di matrice fruttata, pur senza rinunciare alla verità di un tannino che parla di futuro.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
PIACENZA – Che non si tratti di una degustazione di Château d’Yquem al Marina Bay Sands di Singapore, lo si intuisce dal colpo d’occhio iniziale.
E’ un pannello di plexiglass marrone, con la scritta a pennarello “Ingresso Sorgentedelvino Live”, ad accogliere una cinquantina di persone. Un freddo lunedì 12 febbraio segna le ultime 6 ore di fiera, a Piacenza Expo.
Il pannello, poggiato a terra, davanti alla cancellata che si spalanca a mezzogiorno in punto, la dice tutta sulla tre giorni che ha visto protagonisti 150 vignaioli (circa 800 vini) provenienti da ogni angolo d’Italia, oltre che da Austria, Croazia e Francia. Conta più la sostanza della forma.
E di “sostanza” ne troviamo tanta nei calici dei produttori, accomunati dal credo in un’agricoltura “biologica, biodinamica e sostenibile”. “Vino che si affida alla natura, per arrivare dall’uva alla bottiglia”, come piace definirlo agli organizzatori Paolo Rusconi, Barbara Pulliero e Francesco Amodeo, con l’astuzia linguistica di chi ha visto crescere Sorgentedelvino Live sin dalla prima edizione del 2008, 10 anni fa.
Quattromilacinquecento gli ingressi quest’anno, rende noto l’ufficio stampa. Cinquecento in più, nel 2018, rispetto all’edizione precedente. Una manifestazione che cresce. Come cresce l’interesse, in Italia, per i vini cosiddetti “non convenzionali”.
I MIGLIORI ASSAGGI
Ecco, dunque, i nostri migliori assaggi. Parte del leone la fa la Calabria, regione posta appositamente sugli scudi dagli organizzatori di Sorgentedelvino Live 2018. Buona rappresentanza anche per l’Oltrepò Pavese, che si conferma culla lombarda di una viticoltura alternativa, tra i colli del miglior Pinot Nero spumantizzato d’Italia.
Segnaliamo l’attento lavoro di recupero di due autoctoni in Toscana, da parte di una produttrice che, di “autoctono”, ha ben poco (ed è anche questo il bello). Poi qualche realtà emergente che saprà certamente imporsi dalle parte di Soave, in Veneto, ma non solo.
E una conferma assoluta in Liguria, con uno dei produttori più interessanti dell’intero panorama nazionale dei vini naturali. Infine, uno straordinario assaggio in Sardegna. Quello dal quale vogliamo partire per raccontare i migliori calici di Sorgentedelvino Live 2018.
1) Barbagia Igt 2016 Perda Pintà, Cantina Giuseppe Sedilesu. Giallo luminoso come una spada laser il Perda Pintà di Giuseppe Sedilesu, ottenuto dal vitigno autoctono di Mamoiada, paesino 2.500 anime in provincia di Nuoro: la Granazza, allevata ad alberello.
Un vitigno che non risulta ancora classificato ufficialmente. I Sedilesu lo hanno riscoperto e valorizzato, unendo il frutto di alcune viti presenti tra i filari di Cannonau. Al naso un’esplosione di macchia mediterranea, unita a sentori aromatici e avvolgenti che, poi, caratterizzeranno il palato.
L’avvolgenza è quella dei 16 gradi di percentuale d’alcol in volume, che rendono Perda Pintà perfetto accompagnamento per formaggi stagionati e piatti (etnici) speziati, come per esempio un buon pollo al curry o i dei semplici granchietti al pepe.
2) Azienda Agricola I Nadre. Degustare i vini della vitivinicola I Nadre, significa compiere un tuffo nel calcare, sino a respirarlo. Siamo in provincia di Brescia, più esattamente in località Muline, a Cerveno, Val Camonica. Il terroir calcareo e sassoso dei 2 ettari vitati conferisce un fil rouge di grande salinità a tutti gli assaggi di questa cantina.
Ottimo il Riesling che degustiamo in apertura, seguito dall’ancora più sorprendente Metodo Classico Vsq millesimato 2012 “A Chiara”: Chardonnay in purezza, dosaggio zero (tiraggio giugno 2013, sboccatura 19 settembre 2016).
A giugno 2018 sarà messo in commercio il millesimato 2015 e conviene prenotarsene almeno un cartone. Interessante anche la Barbera Igt Vallecamonica Le Muline 2015 “Vigneti della Concarena”, anche se appena imbottigliata.
3) Igt Toscana spumante rosato 2016 “Follia a Deux”, Podere Anima mundi. Altro assaggio memorabile e forse irripetibile. Già, perché Marta Sierota – l’elegante padrona di casa franco polacca di Podere Anima mundi – lo commercializza solo in cantina, per pochi intimi.
Il resto finisce in alcuni wine bar ben attrezzati di Roma, Bologna e della stessa Casciana Terme Lari, paese che ospita la cantina, in frazione Usigliano (Pisa). Centocinquanta bottiglie in totale per questo sparkling, su un totale di 10-15 mila circa complessive per Podere Anima Mundi.
Si tratta di uno spumante metodo ancestrale (non filtrato e non sboccato) base Foglia Tonda, autoctono a bacca rossa che qualche lungimirante produttore sta tentando di valorizzare, nella Toscana dei tagli bordolesi alla vaniglia. Un vino da provare a tavola, per il bel gioco che sa creare al palato tra frutto e salinità.
Di Podere Anima Mundi, interessante anche il Foglia Tonda 2015 “Mor di Roccia”, lunghissimo in bocca. Non delude neppure l’altro autoctono, il Pugnitello: “Venti” 2015 è ancora giovane ma di ottime prospettive, mentre la vendemmia 2014 sfodera una freschezza e una mineralità da applausi, unite a un tannino presente, ma tendente al setoso.
4) Calabria Igt Magliocco 2013 Toccomagliocco, L’Acino. Tutto da segnalare dalle parti di Dino Briglio Nigro. Siamo sulla Piana di Sibari, tra lo Jonio e il Tirreno, tra il Pollino e la Sila. Meglio non perdersi neppure un’etichetta di questo fiero produttore calabrese.
Da Giramondo (Malvasia di Candia) ad Asor (“rosa”-to di Magliocco e Guarnaccia nera) passando per Cora Rosso e Toccomagliocco, il Magliocco in purezza che costituisce la punta di diamante di questa cantina.
Grande pienezza sia al naso sia al palato, per un vino che riesce a esprimere – oltre a classiche note di frutta rossa e rosa – anche curiosi sentori di arancia a polpa rossa matura. Non mancano richiami speziati e minerali e un tannino che lo rende perfetto accompagnamento per piatti a base di carne.
5) Cirò Riserva 2012 “Più vite”, Vini Cirò Sergio Arcuri. Altro giro, altra giostra. Sempre in Calabria. Salire su quella di Sergio Arcuri è come catapultarsi a Cirò. Tra le vigne ad alberello di quel grande vitigno del Meridione d’Italia che è il Gaglioppo, sino ad oggi fin troppo offuscato dalla lucentezza dell’Aglianico.
Se “Aris 2015” è il campione di domani, il Cirò Riserva 2012 “Più vite” è il fuoriclasse di oggi. Ottenuto dal cru Piciara, costituisce la materializzazione in forma liquida della terra argillosa, quasi appiccicosa, della vigna più vecchia di casa Arcuri.
Un vino che ha tutto e il contrario di tutto: frutto, sapidità, tannino (quest’ultimo quasi scontato, presente ma dosato). Un rosso pronto, eppure di grande prospettiva. In definitiva, uno di quei vini da avere sempre in cantina.
Un po’ come il rosato da Gaglioppo “Il Marinetto”: splendido, per la sua grande consistenza acido-tattile al palato. E, non ultimo, per il suo colore vero, carico del sole di Calabria più che della nebbia di Provenza ormai tanto in voga tra i rosè.
6) Bonarda Oltrepò pavese Doc 2012 Giâfèr, Barbara Avellino. Forse il vino dal miglior rapporto qualità prezzo degustato a Sorgentedelvino Live 2018 (8,50 euro in cantina). Ma non immaginatevi il classico “Bonardino” dal residuo zuccherino piacione.
Giâfèr sta tutto nel nome: giovane, fresco, vivace. Un Bonarda dell’Oltrepò pavese che sfodera un naso e un palato corrispondenti, sulla trama che accompagna i tipici frutti rossi e i fiori di viola: un’esplosione di erbe di campo e liquirizia dolce in cui si esalta il blend di Croatina (85%), Barbera e Uva Rara.
Ma brava e coraggiosa Barbara Avellino non si ferma qui. Ha ancora in cantina qualche bottiglia di Metodo Classico 2005 “I Lupi della Luna”, base Pinot Noir con un 10% di Chardonnay. Uno spumante non sboccato (tiraggio 2008) interessantissimo, la cui commercializzazione è stata avviata solo dal 2014. Più di 110 i mesi sui lieviti.
Naso di erbe (ebbene sì, ancora loro) e palato appagante per corpo e complessità, giocata su tinte balsamiche e elegantemente mielose. Buona anche la persistenza. Le uve utilizzate per questo sparkling provengono dai terreni di Roberto Alessi de “Il Poggio” di Volpara (PV).
7) Pinot Nero Provincia di Pavia Igt “Astropinot” 2013, Ca’ del Conte. Uno di quei Pinot d’Oltrepò che fanno rima con chapeau. Paolo Macconi, titolare con la moglie Martina dell’azienda a condizione famigliare Ca’ del Conte di Rivanazzano Terme (PV) è uno che i vini li sa fare e anche vendere.
Non a caso va forte in Giappone, dove si vanta di vendere “vini che arrivano in perfetto stato, nonostante l’assenza di solforosa aggiunta e 40 giorni di nave”. E “Astropinot” 2013 è tutto tranne che un autogol.
Bellissima l’espressione del frutto “Noir” che riempie di gusto il palato, mentre l’anima animale del Pinot si fa largo con le unghie, espresse (anche) dal tannino vivo ma ben amalgamato. Un cru ottenuto dal vigneto “Il Bosco”, capace di rende merito al meglio della produzione vitivinicola dell’Oltrepò pavese.
Di Ca’ del Conte (azienda che fa delle lunghe macerazioni un credo, con un media di 90 giorni per le annate precedenti alla 2016) ottimi anche i bianchi. Segnaliamo il Riesling renano con un riuscitissimo tocco di Incrocio Manzoni, ma sopratutto lo Chardonnay 2013 Fenice: strepitoso. E aspettiamo il prossimo anno, quando sarà messa in commercio la prima vendemmia (2017) di Timorasso.
8) Insolente Vini. Lo dicevamo all’inizio: “sostanza” più che “forma” a Sorgentedelvino Live. Ecco una giovane cantina che riesce a coniugare entrambi gli aspetti: la sostanza dei vini di Insolente è pari alla loro forma.
Ovvero all’estetica, accattivante e moderna, delle etichette elaborate da Luca Elettri, pubblicitario prestato all’azienda di cui sono titolari i tre figli Francesca, Andrea e Martina. Il risultato sono 6 vini (3 bianchi, due rossi e uno spumante) elaborati in uno dei Comuni roccaforte del Soave Classico, Monteforte d’Alpone (VR).
Per l’esattezza: Bianco PR1, bianco macerato LE1, frizzante RM1 2016, rosso FC1, rosso jat AE1 e spumante ME1 2016, tutti alla prima vendemmia assoluta (2016). Garganega per i bianchi. Tai Rosso, Cabernet e Merlot per i rossi. Ma tra tutti, oltre al Tai, risulta molto interessante la “bollicina” di Durella, da vigneti vocati a Brenton di Roncà (VR), situati a 400 metri sul livello del mare.
Seicento bottiglie in totale, per uno spumante fresco, croccante. Una di quelle bottiglie che non stancano mai. Una bella espressione di uno strepitoso terroir, che sta conquistando sempre maggiore credibilità. E che ora può contare su un altro interprete. Giovane. Ma soprattutto Insolente.
9) Gewurztraminer 2016, Weingut Lieselehof. Una vecchia conoscenza di vinialsuper, già segnalata tra i migliori assaggi del Merano Wine Festival 2017, per lo strepitoso Piwi Julian 2008 e per il passito Sweet Claire (100% Bronner).
A Sorgentedelvino Live 2018 le strade si incrociano per un altro cavallo di battaglia di Weingut Lieselehof: il Gewurztraminer. Uno di quelli da provare, perché si discostano dalla media. Tipico più in bocca che al naso, dove sembra assumere note che lo avvicinano di molto al Moscato Giallo. La spiccata acidità al palato rende questo vino davvero speciale
10) Tra i migliori vini passiti degustati, due calabresi dominano la scena: il Moscato di Saracena di Cantine Viola, vendemmia 2014, è uno di quei vini che riescono ad andare al di là di un calice assoluto valore. Attorno alla riscoperta del Moscato di Saracena, Luigi Viola e la sua famiglia sono riusciti a creare un mondo.
Una sorta di indotto, costituito dalla recente fondazione di una cinquantina di cantine nella provincia di Cosenza. A raccontarlo è lo stesso Alessandro Viola, col garbo dei grandi uomini di vino.
Ottimo anche il Greco di Bianco passito dell’Azienda agricola Santino Lucà di Bianco (Reggio Calabria). Un passito dalle caratteristiche più classiche rispetto al Mantonico passito proposto in degustazione dalla stessa cantina, a Sorgentedelvino Live 2018.
Chiudiamo con un classico per i lettori di vinialsuper: il vino cotto Stravecchio Marca Occhio di Gallo della Cantina Tiberi David. Un unicum nel suo genere, che ancora attende (a differenza del Moscato di Saracena di Cantine Viola) il riconoscimento di “presidio Slow Food” per la definitiva consacrazione. Un aspetto che vi racconteremo presto, in un servizio ad hoc. Straordinaria l’espressione della vendemmia 2003 in degustazione.
Letteralmente “fuori concorso” il Pigato 2003 in versione “Armagnac” di quel santuario ligure che è Rocche del Gatto. A presentarlo è il guru Fausto De Andreis, che nella sua Albenga (SV) è artefice di vini immortali, a base Pigato e Vermentino.
Fausto ha chiamato questa “bevanda spiritosa” da 33% “Oltre Spigau 03”. Un altro passo avanti verso la battaglia irriverente di un vignaiolo d’altri tempi e senza tempo. Come i suoi vini.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Di vino non si parla mai abbastanza a Milano, capitale del “bere bene” e, soprattutto, del “bere internazionale”. Ma di “vino calabrese” non si parla quasi mai, né a Milano né altrove.
Eppure la Calabria ha tantissimo da offrire al panorama enologico italiano. Avete letto bene: la Calabria.
A Milano, un calice di Cirò sulla tavola imbandita di un residente, lo trovi – con buona probabilità – solo dalle parti di Buccinasco. Dove di “autoctoni trapiantati” ce n’è a bizzeffe.
A fare da portabandiera del “bere calabrese” nel capoluogo lombardo ci pensa allora Fisar, la Federazione italiana sommelier, albergatori e ristoratori.
Una delegazione di provincia, quella di Bareggio, è riuscita nella grande impresa di portare “al Nord” Francesco Maria De Franco (nella foto). Con la sua cantina ‘A Vita – 8 ettari nei pressi del Km 279,8 della Statale 106 di Cirò Marina, in provincia di Crotone – De Franco è grandioso interprete del Gaglioppo, l’uva dalla quale si ottiene lo straordinario vino denominato Cirò. Un volto noto, tra l’altro, ai lettori più attenti di vinialsuper (qui il nostro articolo in occasione del Mercato dei Vini Fivi 2016).
Appuntamento il 2 novembre, alle ore 21, all’Hotel Diamante di via S. da Corbetta, 162, a Corbetta (MI). In degustazione Cirò Rosso Riserva 2010, Cirò Rosso Classico 2012, Cirò Rosso Riserva 2013 e Cirò Rosso Superiore 2014 (20 euro per i soci Fisar, 25 per i non soci; iscrizione obbligatoria versando la quota mediante bonifico bancario all’Iban IT87O0503432470000000000044 entro il 25/10/17 e inviando copia alla mail bareggio@fisar.com; posti limitati).
IL CIRO’ DI ‘A VITA “Francesco Maria De Franco di ‘A Vita – evidenzia Raffaele Novello (nella foto), segretario della delegazione Fisar Bareggio – è uno di quei produttori che ho avuto la fortuna di conoscere quand’era ancora sconosciuto. Alla grande platea è tuttora poco conosciuto, ma chi si intende di vino lo conosce benissimo. Infatti sta iniziando ad accumulare soddisfazioni e riconoscimenti”.
“Portare il Cirò a Bareggio e, dunque, a Milano e in Lombardia – continua Novello – è una proposta che fortemente caldeggio da oltre un anno. Ho una gran voglia di far conoscere a tanti veri appassionati di vino un vitigno, il Gaglioppo, che non ha nulla da invidiare ad altri più conosciuti e blasonati. Parlo dei vari Sangiovese o Nebbiolo. Un vino, il Cirò, che se fatto bene può essere longevo. Lo racconterà sicuramente il nostro gradito ospite: può arrivare tranquillamente a 15-20 anni, mantenendo tannino e acidità di rilievo”.
“Un vignaiolo, Francesco de Franco – aggiunge il segretario Fisar Bareggio – che fa bio in Calabria da quando gli altri non sapevano nemmeno cosa fosse il biologico. Un vignaiolo che vuole cambiare il modo di comunicare il vino e che dice basta alla storia del Cirò offerto alle Olimpiadi, in Grecia. Iniziamo piuttosto a comunicare il vino come Dio comanda”.
“Un vignaiolo – conclude Raffaele Novello – che dichiara sui social d’aver fatto solo tre trattamenti in occasione dell’ultima vendemmia. Uno che sostiene la valenza di terroir, vento, terra, contro oidio e peronospora. Voglio far conoscere, soprattutto ai nuovi bevitori di vino, passatemi il termine, un vino e una zona che non possono e non devono più essere trascurati: se non conosci il Cirò non puoi dire che conosci il vino”. Appuntamento (e occasione) imperdibile per i milanesi all’ascolto.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Celebrare i 50 anni di “esperienza comune” tra le famiglie Caparra e Siciliani. Questa l’origine del nome di 50th Anniversary 1963 – 2013, Cirò Rosso Classico Superiore Doc di Caparra & Siciliani. Il trionfo, aggiungiamo noi, di un vitigno sottovalutato, che merita quantomai di essere valorizzato e proposto ad appassionati e intenditori: il Gaglioppo calabrese.
Nel calice, Anniversary si presenta di un rosso rubino pieno, poco trasparente, con riflessi granati. Al naso è intenso e di grande finezza. A dominare la scena, al primo impatto, sono i sentori di frutta rossa matura, tendenti alla confettura (ribes, lampone). Non manca l’apporto di terziari come il tabacco, oltre a un accenno di radice di liquirizia.
In un palato caldo e morbido, ecco di nuovo la frutta rossa a dominare la scena in ingresso, prima dell’apporto di note di caffè tostato, che rendono più complessa la beva, adeguandola in cucina all’abbinamento con piatti complessi: questo rosso è perfetto, per esempio, con la selvaggina. Tannini e acidità, di fatto, mostrano il carattere dei vini capaci di sfidare anche il tempo con eleganza.
LA VINIFICAZIONE Sul vitigno, nessun segreto: Anniversary 1963 – 2013, Cirò Rosso Classico Superiore Doc di Caparra & Siciliani è prodotto al 100% da uve Gaglioppo, vitigno a bacca rossa autoctono della Calabria. A portalo in quella che oggi è la sua patria, Cirò Marina, furono i Greci. Ed è proprio qui, in provincia di Crotone, che la cantina Caparra e Siciliani seleziona e raccoglie i migliori acini di Gaglioppo, sotto la vigile guida da noto (e apprezzato) enologo Fabrizio Ciufoli.
Anniversary affina in piccole botti di rovere Allier, scelte appositamente per conferire a questo particolare Cirò un carattere aromatico, più che tannico. Una scelta precisa nei confronti di un consumatore alla ricerca – pensiamo noi – di un vino dalla beva tutto sommato facile, ma allo stesso tempo complessa.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Difficili. Aristocratici. Semplici. Contadini. Cinque calici. Numero dispari. Dentro, solo Gaglioppo. E’ una “verticale obliqua”. Black out. Come d’improvviso, il Mercato dei Vini Fivi sembra assumere le forme di una delle opere di Escher. Un labirinto. Prima mentale, visivo. Poi, gusto olfattivo. Tutto sembra studiato per confondere, a quel festival dell’ossimoro che è stata la degustazione con il produttore Francesco De Franco di ‘A Vita – Vignaioli a Cirò.
Specie se quei vini li hai appena degustati – fuori temperatura – al banchetto dell’azienda produttrice. E non t’hanno fatto una buona impressione, lontano dall’ambiente ovattato della Sala degustazioni dei padiglioni fieristici di Piacenza.
L’ultimo dei quattro “appuntamenti con il vignaiolo” sul calendario degli organizzatori, tra sabato 26 e domenica 27 novembre. Qui, il vino viene servito a gradazione perfetta. E fa il suo: sconvolge. In positivo. Per armonica contrapposizione di note stonate. Per quella capacità di mettere d’accordo tutti. Mostrando con semplicità mille sfaccettature diverse. Ma nello stesso quadro.
LA DEGUSTAZIONE
Calabria Igp Rosato 2015, Cirò Doc Rosso Classico 2012, Cirò Doc Rosso Classico Superiore 2013, Cirò Doc Riserva 2008 (Magnum), Cirò DOC Riserva 2010 (Magnum). Questa la batteria, raccontata da Francesco De Franco assieme all’amico e collega campano Bruno De Conciliis. Il vignaiolo di Prignano Cilento, Salerno, ricorre alla musica per descrivere il Gaglioppo di De Franco. E fa benissimo. Perché quelle di ‘A Vita non sono “etichette”. Sono spartiti. Riproduzioni fedeli dell’incoscienza. Dell’autore. E di Madre Natura.
Due elementi, uomo e terra, sembrano incontrarsi nei calici che assumono le fatture d’un girone dantesco. Al primo sguardo. Alla prima olfazione. Al primo sorso. Si finisce sempre più risucchiati verso l’ignoto. “Cerco di raccontare un territorio sconosciuto e le potenzialità del Gaglioppo”, dice al tavolo dei relatori un timido Francesco De Franco, quasi nascondendosi dietro all’asta bassa e stretta del microfono. Annuisce, facendosi ancora più piccolo, mentre il collega De Conciliis ne decanta l’opera. Non è un animale da palco, De Franco. Ma da campagna, sì.
IL RITRATTO
Basta sentirlo mentre parla della sua terra. La Calabria. Mentre racconta di quelle “vigne fronte mare”, a 300 metri dalla riva, sembra di sentire lo scrosciare delle onde dello Ionio sui muri freddi dei padiglioni Expo Piacenza. Chiudi gli occhi, mentre parla di quella “stretta pianura con i mari sui due lati, di terra d’argilla e calcare”. Anche perché, mentre De Franco illumina del sole calabrese la Sala degustazioni, in bocca ci sono i suoi vini. Iodio allo stato puro. Vini tesi, tra l’asprezza dei paesaggi disegnati a parole. E la viscosità marina, simile a quella dell’olio d’oliva. Tannini e frutta a bacca rossa si giocano le parti in grassetto sullo spartito, in ognuno dei cinque vini di ‘A Vita in batteria. E così, il Rosato 2015 pare “un piccolo, giovane guerriero” dai muscoli d’acciaio. Destinato a conquistare il mondo.
Nel 2013 le note di china e rabarbaro sono evidenti. Drogano l’olfatto. T’incollano il naso al calice. Il 2012 è pura follia. “Un vino che non vederò mai”, ammette d’aver pensato il viticoltore mentre lo imbottigliava. Poi, un’evoluzione inattesa in bottiglia. Che, oggi, porta le note grevi a farsi (relativamente) più morbide. Come la china, che si tramuta in zenzero. E’ la storia, in sintesi, di tutta una produzione. Il primo anno (vedi Rosato 2015) il tannino sembra costituire un elemento a sé nei vini di ‘A Vita. “Io li chiamo ‘vini del sorriso'”, ammette. Vini disturbanti, che al posto di dissetare, asciugano. Tolgono linfa vitale al succo. Ma dal secondo anno in poi, mineralità e acidità tornano a prevalere, a conti fatti. Bagnando e rinfrescando un tannino da elisir di lunga vita.
Un continuo rimando a leggerezza e pesantezza. Vini musicali, appunto. Da sincope. Come il 2008. Quello che assume le tinte più profonde. Grevi, al naso: rabarbaro (ancora lui), ma anche liquirizia e cuoio. Macerazione sulle bucce lunga 20 giorni e successivo affinamento in legno nuovo non tradiscono. Alcol attenuato da un’annata non caldissima, tannini pure. E’ il vino di più “facile” beva di ‘A Vita. Quello che esprime note quasi “dolci” al palato. Un Cirò Riserva aperto a note minerali, fresche. Deliziose. Così come appagante è la freschezza vegetale del Cirò Riserva 2010. Tutto giocato su frutta rossa, timo e mirto.
Il bello è che De Franco fa sembrare tutto semplice. Come lui. Come l’incedere di un quattro quarti su un metronomo appena tarato. “Non cerco nessun tecnicismo – spiega – piuttosto il mio obiettivo è quello di raccontare il Gaglioppo e Cirò, con le caratteristiche che assume di annata in annata, a fronte delle condizioni climatiche”. I vini di ‘A Vita sono vini fatti in casa. “Non ho rifermenti in zona o modelli da seguire – continua il vignaiolo Fivi – perché a Cirò ci sono grandi cantine o contadini che producono per sé e per le loro famiglie. Per questo sono libero di esprimere, semplicemente, quello che offre la terra”. “Mi piacerebbe che i miei vini fossero ricordati nel tempo perché raccontano la vera Cirò”. Grazie per il viaggio, Francesco De Franco.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Quattrocentocinquanta espositori tra cantine e aziende produttrici di attrezzature professionali e commerciali di prodotti alimentari. Questo e molto altro è stata Cosmofood, manifestazione svoltasi dal 12 al 15 novembre a Vicenza, di cui vinialsupermercato.it è stata partner. Un pubblico di 42 mila persone ha è stato coinvolto in un ricco programma di oltre cento eventi e corsi semi professionali. Senza dimenticare degustazioni e seminari con ospiti illustri del mondo del food, come Ernst Knam.
Ma partiamo nel nostro raccontò tra le varie aziende di vino e non, addentrandoci nel mondo della birra. Due le realtà degne di nota tra quelle “industriali” e “garage”: il birrificio Engel e Tum. Il birrificio Engel, naturalmente di nazionalità tedesca, ha una produzione industriale che definiremmo “limitata”: la grande richiesta di questa birra di qualità ne limita la disponibilità. Un birrificio molto ricercato e in crescita, che sfodera interessanti Pils, Bock, Hell, oltre alla pluripremiata Gold.
L’azienda agricola Tum, di provenienza piemontese, più precisamente di Cavour, in provincia di Torino, si presenta con una base birra molto chiara e acida, sulla tendenza di birre antiche. Ma con un concetto giovanile e versatile: miscelare questa birra con vari sciroppi e aromatizzazioni.
Finito questo piccolo passaggio nel mondo delle birre ci avviciniamo naturalmente a ciò che più cattura il nostro interesse: il vino e i suoi produttori. Un viaggio che non poteva che iniziare da una bollicina, tra le più rappresentative della regione ospitante, il Veneto. Ci troviamo nello stand dell’azienda San Gregorio in Valdobbiadene, che produce Prosecco e non solo da generazioni. Un’azienda che ben si distingue con una sorpresa di ottima fattura. Una Docg ferma, ai più sconosciuta: la denominazione Prosecco Tranquillo, vino 100% Glera che si presenta al naso con tutte le caratteristiche olfattive di un Prosecco, ma che esalta la parte gustativa spesso celata, nel Prosecco “tradizionale”, dalla carica invasiva di anidride carbonica.
Superata la parte delle bollicine Charmat, ci avviciniamo a una delle bollicine italiane più in voga del momento: quella Franciacorta. Anche qui, ecco la sorpresa: quella di un’azienda che propone un ‘Metodo Solera’ per la produzione dei propri vini. Parliamo di Riva di Franciacorta. Naturalmente produttori delle varie declinazioni di Franciacorta, ben si fa apprezzare il Satén.
Ci spostiamo poi nel cuore dell’enologia italiana. Siamo in Umbria per conoscere la storia del Montefalco Sagrantino e delle cantine Rialto. Una realtà attiva dagli anni Cinquanta, che con passione coltiva non un vitigno ma una pianta definita ‘Sacra’, il Sagrantino appunto, capace di dare vita a una versione passita tradizionale, per poi essere “trasformata” anche nella classica versione secca.
Il viaggio enologico prosegue poi in Calabria, regione sempre poco citata, ma che produce ottime varietà, incontrando iGreco: azienda di qualità, si è fatta conoscere e premiare per i propri vini sul palcoscenico nazionale. Originaria di Cariati, in provincia di Cosenza, si presenta con diverse etichette tra cui spiccano alcuni spumanti di Greco bianco e Gaglioppo, oltre alle declinazioni classiche di bianco fermo di Greco e Nero di Calabria. Questa interessante azienda calabrese produce anche una versione di Gaglioppo che entra nel marchio WRT- Wine Researcher Team, un protocollo di vini con un regime rivolto alla naturalezza e alla chimica ridotta all’osso, sia in vigna che cantina.
Concludiamo il nostro tour al cospetto di sua maestà, l’Amarone. Vino della tradizione veneta, ma vinialsupermercato.it ama stupire. Segnalando questa volta un’azienda con uno sguardo rivolto al futuro di questo vino. Parliamo de Le Calendre, produttori in Valpolicella che si rendono protagonisti di un concetto di vino fresco e moderno, ma allo stesso tempo con la voglia di riscoprire vitigni antichi, che possono differenziare la produzione. Una riscoperta che punta a integrare uvaggi come la Corbina, la Croatina e la Turchetta, vinificati in cemento vetrificato e sottoposti a leggeri filtraggi, solo nel pre imbottigliamento.
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Sabato 26 e domenica 27 novembre 2016 a Piacenza Expo la sesta edizione del Mercato dei vini dei Vignaioli Indipendenti. Le quattro degustazioni in programma quest’anno saranno condotte come l’anno scorso direttamente dai vignaioli e racconteranno quattro aziende che nel mondo del vino hanno lasciato il segno, in un simbolico viaggio tra diverse regioni italiane. Dal Trentino di Pojer & Sandri al Collio friulano di Edi Keber, dal lombardo Oltrepò Pavese di Lino Maga alla Calabria di Francesco De Franco: ogni terra si racconterà attraverso i vini del suo interprete d’eccellenza. Il primo sarà Mario Pojer, sabato 26 novembre alle ore 14.00.
Attraverso i suoi vini il vignaiolo trentino parlerà dell’avventura iniziata più di quarant’anni fa con Fiorentino Sandri, tra ricerca e sperimentazione, che li ha portati ad essere interpreti privilegiati del loro territorio. Alle 17.00 Kristian Keber, che affianca il padre Edi nella conduzione dell’azienda di famiglia, racconterà la scelta coraggiosa e controcorrente di produrre un unico vino, il Collio. Domenica 27 novembre alle ore 14.00 Lino Maga condurrà il pubblico alla scoperta del suo Barbacarlo, “poesia della terra” come lo definisce lui, raccontandone le evoluzioni e la tenuta nel tempo. Nell’ultima degustazione, domenica alle ore 17.00, Francesco De Franco proporrà cinque vini differenti di cinque diverse annate, ma prodotti dallo stesso vitigno, il Gaglioppo. Vini capaci di raccontare e restituire la complessità del territorio calabro. Per iscriversi alle degustazioni: http://www.mercatodeivini.it.
LE DEGUSTAZIONI
Sabato 26 novembre 2016, ore 14.00: Pojer & Sandri Una storia lunga più di quarant’anni quella di Mario Pojer e Fiorentino Sandri, interpreti e sperimentatori di un territorio incantevole e variegato come quello trentino. Una storia di ricerca e impegno che ha portato a vini di grandissima personalità ed estremamente longevi. Due vini in degustazione, uno bianco e uno rosso, che sono a tutti gli effetti un pezzo di storia trentina. Conduce la degustazione insieme a Mario Pojer: Gaetano Morella (vignaiolo in Puglia)
La famiglia Keber, vignaioli in Friuli Venezia Giulia da generazioni, ha deciso a un certo punto della propria storia di produrre un solo vino. Una e una sola denominazione: Collio. Kristian Keber, impegnato oggi in azienda in prima linea a fianco del padre Edi, ci racconta il coraggio, la visione e i perché di questa scelta. Le annate in degustazione sono cinque, si scende fino al ’99. Conduce la degustazione insieme a Kristian Keber: Mario Pojer (vignaiolo in Trentino)
Lino Maga e la sua idea di Oltrepò Pavese, la ricerca della qualità, il coraggio e la tenacia che servono a far diventare il Barbacarlo quello che deve essere secondo lui: “Poesia della terra”. Cinque diverse vendemmie, tutte comprese nei primi dieci anni di questo nuovo millennio, raccontano le evoluzioni e la tenuta nel tempo di questo vino incredibile. Conducono la degustazione insieme a Lino Maga: Andrea Picchioni (vignaiolo in Oltrepò Pavese) e Walter Massa (vignaiolo in Piemonte). Parteciperà all’incontro Valerio Bergamini, autore del libro “Lino Maga anzi Maga Lino. Il signor Barbacarlo”.
Domenica 27 novembre, ore 17.00: ‘A Vita Vignaioli a Cirò
In pochi anni Francesco de Franco è riuscito a far diventare il suo nome sinonimo di Cirò. I suoi vini rispecchiano la sua terra, sono pieni di carattere e identità, naturali perché figli di un’agricoltura attenta e rispettosa, non interventista, ma anche perché sembrano una naturale prosecuzione della vigna, capaci di raccontare e restituire il complesso territorio da cui trovano origine. Cinque diversi vini per cinque diverse annate, ma il vitigno resta lo stesso: Gaglioppo in purezza. Conduce la degustazione insieme a Francesco de Franco: Bruno de Conciliis (Vignaiolo in Campania).
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(3 / 5) Un vino di facile beva, fresco e duttile negli abbinamenti. E’ il Cirò rosato Doc della cantina Caparra e Siciliani, degustato per l’annata 2014.
LA DEGUSTAZIONE Nel calice si presenta limpido, trasparente, tinto di rosa chiaretto brillante. Scorrendo denso, libera all’olfatto note piuttosto intense di fragola e ciliegia, rivelando al contempo una certa alcolicità. I tredici gradi si avvertono di fatto già al naso: la vinosità è piuttosto pronunciata, come del resto la presenza di note speziate, ben bilanciate dalla frutta a polpa rossa.
Si avverte la stessa sensazione al palato. Le note fruttate ingentiliscono l’assaggio e anticipano un finale lungo, marcato, dominato dalle note vinose e speziate. Si beve fresco, a una temperatura di 12 gradi come aperitivo, ma si può abbinare a primi piatti come minestre, secondi di pesce o carne rigorosamente bianca, consumandolo a una temperatura più elevata (comunque non superiore ai 18 gradi, come consiglia lo stesso produttore).
LA VINIFICAZIONE Il Cirò rosato Doc Caparra e Siciliani è il risultato della lavorazione in purezza di uve del vitigno rosso Gaglioppo, autoctono della Calabria, lasciate a macerare sul mosto fino all’ottenimento del colore rosato. Segue la fase di affinamento, in vasche d’acciaio. Il disciplinare consente la produzione del Cirò rosato esclusivamente nei Comuni di Cirò, Cirò Marina, Melissa e Crucoli, tutti situati in provincia di Crotone. Ed è proprio in questa zona esclusiva che operano le famiglie Caparra e Siciliani, che raccolgono dal 1963 le uve tra i 213 ettari di vigneti di proprietà dei soci della cooperativa, con sede a Cirò Marina, sotto la guida dell’enologo Fabrizio Ciufoli.
Prezzo pieno: 4,99 euro
Acquistato presso: Il Gigante
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4 / 5) Non sarà la Bibbia, ma ci sarà un motivo se l’applicazione Vivino Scanner per il vino colloca il Cirò Doc rosso classico superiore riserva di Caparra e Siciliani tra i migliori 20 vini italiani nel rapporto qualità prezzo. Un giudizio scaturito grazie ai voti ottenuti dalle migliaia di utenti e appassionati del settore, col quale vinialsupermercato.it si trova esattamente in linea. Per poco meno di 7 euro, portarsi a casa dal supermercato una bottiglia così è davvero eccezionale. In particolare, l’assaggio si concentra sull’annata 2012. Di colore rosso rubino intenso, il Cirò Doc rosso classico superiore riserva di Caparra e Siciliani presenta al naso note molto eleganti di legno, terra bagnata e frutta. Si avvertono ciliegia matura, mora e piccoli frutti di bosco. L’assaggio è esaltante per equilibrio. La compattezza e finezza dei tannini, unite all’ottima persistenza ricordano, anche se il paragone può risultare ardito e assolutamente fuori tema, certi giovani Barolo. Velluto e carattere allo stesso puro, abbinati alla perfezione. L’uvaggio utilizzato è il Gaglioppo in purezza, che nulla a che fare col Nebbiolo. Originario probabilmente della Grecia, è il vitigno più diffuso attualmente in Calabria, col quale – in base al disciplinare – è consentita la produzione del Cirò rosso calabrese. La vinificazione avviene con metodo tradizionale, cui fa seguito un periodo di affinamento in botti di rovere e un invecchiamento di almeno due anni. La produzione del Cirò rosso riserva è consentita esclusivamente nei Comuni di Cirò Marina, dove opera appunto Caparra e Siciliani, nonché a Cirò, Melissa e Crucoli, tutti situati nella provincia di Crotone. Il Cirò Doc rosso classico superiore riserva si abbina alla perfezione con le carni, da quelle poco cotte all’arrosto, sino alla selvaggina. Si consiglia di stappare la bottiglia almeno un’ora prima di consumarla. In distribuzione esiste anche una versione bianca del Cirò Caparra e Siciliani.
Prezzo pieno: 6,29 euro
Acquistato presso: Il Gigante
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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