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Fivi incontra Lollobrigida su semplificazione burocratica e futuro vino italiano

Fivi incontra il Ministro Lollobrigida su semplificazione burocratica e futuro vino italiano. II Conferenza FAO sulle prospettive globali delle Indicazioni Geografiche
Un incontro strategico per il futuro del mosaico della viticoltura italiana. Nella giornata di ieri, una delegazione della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi), rappresentata dalla presidente Rita Babini e dal membro dell’ufficio di presidenza Ludovico Botti, ha tenuto un incontro con il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida. Il meeting, avvenuto a Roma, è stato l’occasione per ribadire il ruolo fondamentale dei vignaioli indipendenti all’interno del panorama vitivinicolo nazionale. Realtà produttive di medie e piccole dimensioni, le aziende aderenti a Fivi rappresentano un modello di produzione artigianale e territoriale, occupandosi in maniera diretta di tutte le fasi del processo. Dalla cura della vigna alla vinificazione, fino alla commercializzazione dei propri vini.

LE PRIORITÀ DEI VIGNAIOLI INDIPENDENTI

Durante l’incontro, la Presidente Babini ha messo in evidenza alcune criticità che oggi gravano sulle aziende indipendenti, sottolineando come sia indispensabile un intervento mirato per garantire la sostenibilità economica e burocratica di queste realtà. Tra i temi affrontati, la necessità di una semplificazione degli adempimenti amministrativi, un nodo che spesso ostacola il lavoro quotidiano dei vignaioli, sottraendo tempo e risorse alla produzione. Un altro punto fondamentale della discussione ha riguardato l’accesso alle misure dell’Ocm Vino (Organizzazione Comune del Mercato del Vino), che per le piccole aziende rappresenta un’opportunità spesso difficile da cogliere a causa della complessità delle procedure di richiesta e gestione dei fondi.

FIVI, DIALOGO APERTO CON IL MINISTRO

Non meno importante il tema della rappresentatività nella filiera vitivinicola. I vignaioli indipendenti chiedono maggiore spazio nei tavoli decisionali, affinché la loro voce possa avere un peso maggiore nelle scelte strategiche per il comparto vitivinicolo italiano. «La disponibilità del Ministro Lollobrigida ad ascoltarci – ha dichiarato la Presidente Babini al termine dell’incontro – è un segnale positivo per il nostro settore. Il comparto vitivinicolo sta attraversando una fase di profonda trasformazione e per affrontare le sfide del futuro è necessario che tutti gli attori della filiera collaborino attivamente, nessuno escluso».

IL MASAF E LE INDICAZIONI GEOGRAFICHE

Sempre ieri a Roma la II Conferenza FAO sulle prospettive globali delle Indicazioni Geografiche (IG). Un appuntamento internazionale che ha riunito oltre 350 partecipanti da 52 Paesi. Al centro del dibattito, il tema “Innovazione per la sostenibilità”, l’obiettivo è rafforzare la cooperazione tra ricerca, istituzioni e imprese per valorizzare le IG – comprese quelle del vino – come «strumento di sviluppo sostenibile e tutela delle tradizioni agroalimentari».

L’evento, co-organizzato dalla Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO) e dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, ha offerto una piattaforma di confronto tra accademici, operatori della filiera e rappresentanti istituzionali, in linea con le priorità discusse durante il vertice dei Ministri dell’Agricoltura del G7 nel settembre 2024.

L’Italia è leader mondiale grazie ad oltre 890 filiere a Indicazione Geografica, con un sistema che genera oltre 20 miliardi di euro di valore e rappresenta il 21% del totale europeo. Un modello di successo riconosciuto a livello globale che garantisce qualità, sicurezza alimentare e crescita economica. L’impegno del Ministero continua con azioni concrete: finanziamenti dedicati alla promozione, contrasto al falso Made in Italy e accordi internazionali per proteggere le eccellenze agroalimentari.

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Il Nero d’Avola del futuro? Non sarà senz’alcol, ma in anfore di terracotta

Che il Nero d’Avola fosse sotto la lente di ingrandimento dei produttori siciliani, impegnati a coltivarlo e vinificarlo con tecniche utili a contenerne il grado alcolico, favorendone la facilità di beva e venendo incontro alle pressanti richieste del mercato, è risultato chiaro – anzi chiarissimo – all’ultima edizione delle anteprime siciliane, Sicilia en Primeur 2024. Sensazioni che trovano conferme nel progetto InnoNDA, presentato il 21 gennaio a Palermo e avviato ad aprile 2024. Protagonista l’associazione viticoltori Assovini Sicilia, che ha annunciato l’avvio di una «ricerca pioneristica» in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano. L’obiettivo? In estrema sintesi, definire i tratti del Nero d’Avola del futuro. Che non sarà senz’alcol. Piuttosto, vinificato in anfore di terracotta.

PROGETTO innoNDA: NERO D’AVOLA SOTTO LA LENTE DI INGRANDIMENTO ASSOVINI

Partner del progetto innoNDA sono le cantine della costellazione Assovini Sicilia Dimore di Giurfo (CT), Feudi del Pisciotto (CL), Tenute Lombardo (CL) e Tenuta Rapitalà (PA). Al loro fianco i laboratori ISVEA e tecnici del settore come Leonardo La Corte, enologo ed Innovation Broker, esperto di tecnologie emergenti. Focus sarà l’indagine delle tecniche agronomiche ed enologiche che permettono di ottenere vini con una gradazione alcolica più bassa, mantenendo al contempo l’intensità aromatica e il gusto distintivo che caratterizza la varietà Nero d’Avola, il più celebre tra i vitigni autoctoni siciliani a bacca rossa.

Il progetto InnoNDA include inoltre «attività volte alla diversificazione della produzione, mediante l’impiego di anfore di terracotta e alla valutazione delle diversità del vitigno Nero d’Avola nel territorio siciliano. La ricerca è basata su un approccio scientifico che prevede l’utilizzo di tecnologie e strategie fermentative non applicate in precedenza per la vinificazione dell’uva Nero d’Avola. Più concretamente, ricercatori e tecnici sono al lavoro per sperimentare una fermentazione alcolica condotta da ceppi di lievito Saccharomyces e non-Saccharomyces e per la generazione di lieviti non-geneticamente modificati (non-OGM) a ridotta resa in etanolo. Sarà indagata la gestione della durata della macerazione, così come sarà avviata un’indagine su diverse anfore per la produzione di vino Nero d’Avola. 

NERO D’AVOLA IN ANFORA: MACERAZIONE E AFFINAMENTO

Diversi gli aspetti che emergono dalla presentazione del progetto. La differenziazione della produzione è un aspetto di crescente interesse per rispondere ad alle esigenze degli stakeholder e dei consumatori. Seppur la vinificazione in anfora sia un approccio antico, l’evoluzione del vino Nero d’Avola prodotto e affinato in tali vasi vinari non è stato indagato in precedenza. Il terroir e l’età del vigneto possono svolgere un ruolo importante sulle caratteristiche dell’uva e, di conseguenza del vino. Inoltre, vigneti più vecchi potrebbero essere più resilienti agli stress climatici. Un aspetto che richiede ulteriori indagini specifiche anche in Sicilia. Pertanto, InnoNDA «apre la strada a un futuro dove la qualità del vino è correlata alla complessità e all’espressione del terroir, nonché all’esaltazione delle caratteristiche varietali».

PROGETTO innoNDA: MENO ALCOL NEL NERO D’AVOLA

Ottenere un Nero d’Avola con meno alcol, tenendo presente che il tenore alcolico è condizionato da vari fattori tra cui il clima, è uno degli obiettivi primari del progetto innoNDA. Un modo per rispondere alle richieste di un numero crescente di consumatori. Allo stesso tempo, le caratteristiche sensoriali dovranno rispondere alle attese, senza stravolgere il profilo originario di uno dei vini italiani più apprezzati e bevuti nel mondo. «I cambiamenti climatici e le legittime attese dei consumatori e delle autorità – sottolinea Lilly Fazio, vicepresidente di Assovini Sicilia – ci stimolano ad approfondire le tecniche agronomiche e di produzione vinicola, in particolare del Nero d’Avola, il vitigno a bacca rossa più diffuso dell’isola».

Questo studio innovativo compiuto in partnership con l’Università di Milano, e sostenuto grazie all’indispensabile aiuto dell’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea, permette di comprendere il mondo, migliorare la qualità della vita, la sostenibilità produttiva e affrontare le sfide globali. Investire nella scienza – conclude Lilly Fazio – significa credere nelle soluzioni che ancora non conosciamo, promuovendo una società più preparata per le generazioni a venire. Ringraziamo per il sostegno anche IRVO, Isvea e le nostre quattro aziende, Tenuta Rapitalà, Dimore di Giuro, Feudi Del Pisciotto e Tenute Lombardo».

IL RUOLO DELL’UNIVERSITÀ DI MILANO NEL PROGETTO innoNDA

«Il progetto InnoNDA – spiega Daniela Fracassetti, docente dell’Università di Milano e responsabile scientifico del progetto – intende apportare innovazione mediante approcci e strategie di vinificazione non applicate in precedenza per il Nero d’Avola. Fornendo, così, evidenze scientifiche atte a supportare i produttori per la crescita più consapevole del settore vitivinicolo». «Il laboratorio ISVEA, coinvolto in numerosi progetti nazionali e internazionali come laboratorio accreditato – aggiunge l’enologo Leonardo La Corte – ha sposato con grande interesse un progetto sulla riduzione del grado alcolico e sulla diversificazione della produzione per dare una nuova identità ad un vitigno simbolo del Made in Sicily in tutto il mondo». https://innonda.org/photo-gallery/

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Prowein Business Report 2025 tra futuro vini Premium, novità e trend del biennio


Futuro dei vini Premium, novità e trend del biennio 2025-2026 sono i temi affrontati dal Prowein Business Report 2025. Ieri la presentazione, con l’intervento, tra gli altri, del produttore campano Piero Mastroberardino. Secondo i dati emersi sul campione di ospiti internazionali della Prowein di Düsseldorf – oltre 30 Paesi coinvolti – l’industria del vino premium e super-premium continua a evolversi, nonostante le difficoltà del periodo a livello internazionale. Il focus crescente dei fine wines, con prezzi superiori a 50 euro, riguarda qualità, sostenibilità e innovazione. I dati del ProWein Business Report 2025, realizzato in collaborazione con Hochschule Geisenheim University, rivelano le strategie e i trend chiave per conquistare i consumatori di oggi e di domani.

FATTORI DI SUCCESSO PER I VINI PREMIUM

Secondo gli esperti, la reputazione del marchio rimane il pilastro fondamentale per il successo di un vino premium, con il 70% degli intervistati che lo considera un elemento cruciale. L’esclusività e la capacità di creare un senso di rarità seguono a ruota (67%), mentre il marketing esperienziale, che include visite personalizzate alle cantine ed eventi di degustazione immersivi, raggiunge il 60%. Altri fattori significativi includono la valorizzazione del patrimonio e del retaggio storico (53%) e l’adozione di pratiche sostenibili (53%). Dimostrato così come la narrazione legata alla tradizione e alla sostenibilità (sociale ed ambientale) sia essenziale per attirare consumatori consapevoli. Punti, questi, toccati proprio dall’intervento di Piero Mastroberardino, a capo di una delle cantine italiane di maggior successo e prestigio nel mondo.

LE OPPORTUNITÀ DELLA PREMIUMISATION

Nonostante le sfide globali, la premiumisation rappresenta una strategia a lungo termine. Circa il 53% degli esperti ritiene che le vendite di vini premium siano resilienti alle crisi economiche. Tuttavia, i prezzi dei super-premium stanno raggiungendo livelli insostenibili (45%), limitando le opportunità di crescita futura. Un dato interessante emerge dalla necessità di adattare il marketing per coinvolgere le nuove generazioni di consumatori. Il 67% degli esperti sottolinea l’importanza di strategie mirate ai giovani, che iniziano ad apprezzare i vini premium man mano che crescono in età e reddito.

IL VINO FRA TREND E NOVITÀ DI PRODOTTO NEL BIENNIO 2025-2026

In un mercato del vino che si sta evolvendo rapidamente, rispecchiando i cambiamenti nelle preferenze dei consumatori e le nuove dinamiche globali, il ProWein Business Report 2025 individua anche trend e novità di prodotto per il biennio 2025-2026. I vini bianchi e gli spumanti, inclusi Champagne e Prosecco, continueranno a guidare la crescita del settore nei prossimi anni, con rispettivamente il 73% e il 71% delle preferenze tra gli esperti intervistati.

Sta inoltre emergendo una forte richiesta per vini a basso contenuto alcolico, che raggiungono un notevole 65%, e per prodotti completamente privi di alcol. Una chiara inclinazione verso opzioni più leggere e salutari. Anche i vini rosati mantengono una posizione rilevante nel mercato, sostenuti dalla loro versatilità e crescente appeal tra i giovani consumatori. Meno rilevante appare, invece, il futuro di categorie più tradizionali come i vini fortificati o quelli aromatici, che insieme occupano solo una piccola fetta delle proiezioni di mercato.

PACKAGING E PRESENTAZIONE DEI VINI: I DATI DEL PROWEIN BUSINESS REPORT 2025

L’innovazione non riguarda solo le tipologie di prodotto ma anche il modo in cui i nuovi vini e le alternative vengono concepiti e presentati. La confezione gioca un ruolo fondamentale: il 76% degli esperti sottolinea l’importanza di un packaging accattivante e memorabile, che non solo catturi l’attenzione sullo scaffale, ma trasmetta anche l’identità del brand. La sostenibilità emerge come un altro pilastro centrale, con il 69% degli intervistati che privilegia l’utilizzo di ingredienti naturali e pratiche rispettose dell’ambiente.

Accanto a ciò, il prezzo rimane un fattore chiave per catturare un pubblico ampio, così come la capacità di presentare un’immagine giovane e dinamica del brand. Fattore apprezzato dal 67% del campione. Altri elementi importanti per il successo dei nuovi prodotti includono l’offerta di sapori unici, che rispondano ai gusti in evoluzione dei consumatori. E una distribuzione capillare, che assicuri la presenza del prodotto sia nei canali retail sia nella ristorazione. Meno determinante, ma comunque significativo nell’ottica di presentazione, è il contenuto alcolico ridotto. Una caratteristica che continua ad attrarre segmenti di mercato più attenti alla salute.

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Tappo a vite, quanto mi costi: perché il futuro dello Stelvin non è in mano ai vignaioli


EDITORIALE – Non è passata in sordina, nel settore, l’iniziativa di cinque produttori di vino uniti per promuovere insieme la “cultura” del tappo a vite. L’iniziativa di Franz Haas, Graziano Prà, Jermann, Pojer e Sandri e Walter Massa, alias “Gli Svitati“, non ha tuttavia smosso di un centimetro le coscienze dei consumatori. Tantomeno lo ha fatto con quelle dei colleghi vignaioli del quintetto, tra cui già non mancavano diversi convinti sostenitori del tappo a vite (al pari di qualche detrattore). La mia idea è che – su temi come questo – non serva a nulla “parlarsi addosso”, tra addetti ai lavori. Il futuro dello Stelvin in Italia (Stelvin è il nome del brand più noto a livello internazionale, divenuto negli anni sinonimo di “tappo a vite”), a differenza di altre battaglie, non è in mano ai vignaioli ma ai grandi gruppi del mondo del vino, come le cooperative. Il “canale” per cambiare i connotati dei consumatori e dare l’auspicata dignità al tappo a vite non è l’Horeca, ma la Gdo: il mondo dei supermercati.

Per capirlo basta entrare in uno dei punti vendita delle tante insegne presenti in Paesi come l’Inghilterra (da Tesco a Lidl, passando per Aldi e Waitrose) invase da decine di vini tappati con lo Stelvin che i clienti acquistano senza alcun timore. Si tratta principalmente di etichette provenienti dalla Nuova Zelanda e dall’Australia, base Sauvignon Blanc e Syrah / Shiraz, segnale di quanto i due Paesi oceanici abbiano iniziato ormai da decenni a dare importanza al tappo a vite. Vini prodotti principalmente da grandi gruppi e adatti a tutte le tasche, in molti casi addirittura con un rapporto qualità prezzo invidiabilissimo (il che non significa costino necessariamente poco!). Tutto tranne che “vini spazzatura”, insomma.

I COSTI DEI MACCHINARI PER LA TAPPATURA A VITE

L’investimento sui macchinari per la tappatura Stelvin, di fatto, non è alla portata dei vignaioli e delle piccole cantine. A confermare come siano pochi i colleghi degli “Svitati” Franz Haas, Graziano Prà, Jermann, Pojer e Sandri e Walter Massa a potersi permettere un tale investimento sono le aziende produttrici di questi macchinari, interpellate su suggerimento di alcuni vignaioli italiani.  Esemplificativo l’intervento di Mirella Simonati, business growth manager di PMR System Group di Bovisio Masciago (MB). «Gli impianti che progettiamo e realizziamo – spiega – partono da soluzioni semi-automatiche da banco per basse produzioni (500/600 pz./h.) ad un costo intorno ai 4 mila euro, fino ad arrivare a soluzioni completamente automatiche, installate in linea, con caricatore automatico dei tappi e una produttività anche superiore ai 4000 pz/h. Si tratta di sistemi che vanno oltre i 100 mila euro».

Walter D’Ippolito di Alfatek Bottling Plants Srl, azienda di Albano Laziale (RM) precisa come esistano «varie tipologie di tappo a vite per il vino, dal tappo vite basso, al tappo Stelvin, fino ad arrivare al tappo Stelvin Lux, soluzione più elegante e moderna. Le macchine automatiche raggiungono una produttività di 2500/2800 bottiglie per ora e il loro costo può variare dai 30 ai 45 mila euro». Conferme sui costi ingenti dei macchinari per la tappatura a vite arrivano anche da Paolo Lucchetti, tra i massimi sostenitori dello Stelvin tra i vignaioli italiani. «Una macchina semplice, con tappo raso, 12 rubinetti, è introvabile al giorno d’oggi a meno di 60, 70 mila euro. Con la doppia chiusura si arriva ad almeno 80 mila euro. Un investimento che non è alla portata di tutti, ma nel prossimo futuro, se questa chiusura prenderà sempre più piede sul mercato nazionale, i costi potrebbero abbattersi».

LE COOPERATIVE VITIVINICOLE E IL FUTURO DEL TAPPO A VITE

E il conto terzi? Anche questa soluzione, secondo diversi vignaioli interpellati, non è praticabile dalle piccole cantine. Le aziende che offrono il servizio di imbottigliamento “a domicilio” offrono questo servizio a partire da 20 mila bottiglie, quantità che inizia ad essere impegnativa per una singola cantina artigianale. «Per quantità inferiori alle 20 mila bottiglie ma superiori alle 10 mila – riferisce un piccolo produttore del Sud Italia – chiedono il doppio del prezzo. Sarebbe utile, come è stato fatto in Piemonte, prendere un macchinario in condivisione, ma mettere d’accordo le varie anime di un territorio non è semplice, così come portare avanti politiche di marketing comuni».

Diventa così ancora più fondamentale l’apertura al tappo Stelvin da parte dei grandi gruppi del settore vitivinicolo italiano. «Siamo favorevoli – commenta Luca Rigotti, Coordinatore Settore Vino di Alleanza Cooperative Agroalimentari – alla possibilità di differenziare e adeguare l’offerta con chiusure e materiali alternativi come il tappo a vite. Un’opzione, quest’ultima, che consente alle imprese vitivinicole di dare risposta alle crescenti richieste del mercato che, in particolare all’estero, come nei paesi del Nord Europa, compresa la Germania e il Regno Unito, è particolarmente apprezzata dai consumatori».

Si tratta di un approccio che deve tenere conto delle esigenze dei mercati e, specie nell’attuale congiuntura, delle voci di costo delle materie prime e degli imballaggi, e che quindi dovrebbe riguardare, oltre alle chiusure, anche i contenitori di capacità inferiore ai 2 litri, per i quali attendiamo un’apertura rispetto all’utilizzabilità, anche per i vini Doc, di materiali alternativi al vetro. Un’apertura comunque ragionata, tenendo conto che, come per altri requisiti, spetterebbe ai disciplinari l’ultima parola e la possibilità di poter prevedere, rispetto alla regola generale, regole più restrittive».

IL TAPPO STELVIN IN GRANDE DISTRUBUZIONE

Della stessa idea Benedetto Marescotti, direttore Marketing di Caviro. «Il tappo a vite o “Stelvin” registra consensi sempre maggiori tra i consumatori dei mercati che frequentiamo, specie in quelli  internazionali. Siamo una filiera, impegnata la massimo nel preservare la qualità del prodotto, dalla vite all’imbottigliamento, per cui non abbiamo certo remore nei confronti di qualsivoglia contenitore o sistema di chiusura, purché di garanzia per mantenere la qualità dei nostri vini, che siano bottiglie classiche nella forma e chiusura col sughero, o con chiusure a vite, sebbene considerate da alcuni meno “tradizionali”».

Ne imbottigliamo già decine di milioni con questa chiusura, pratica e qualitativa al contempo, molto richiesta, se non necessaria, nei mercati anglosassoni in primis. Del resto, se non fossimo “laici” sul confezionamento noi, che abbiamo inventato il vino in brick (Tavernello, ndr), ci sarebbe da stupirsi. Il must è valorizzare i vini delle nostre cantine socie e garantirli fino alla tavola, una sorta di filiera lunga, per la quale anche il tappo in questione ha le carte in regola».

Eppure, la strada è ancora in salita. Dai dati riportati da Stelvin e Guala Closures, oggi quattro bottiglie su dieci sono imbottigliate con tappo a vite, con una percentuale che in Europa Occidentale, storicamente più tradizionalista, è passata dal 29% nel 2015 al 34% nel 2021. L’Italia, ferma al 22%, può contare solo su cooperative – e buyer Gdo – per crescere.

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Emergenza siccità, Città del Vino: «Piwi e micro invasi per il futuro della viticoltura»


«Un ettaro di vigneto consuma mediamente circa 500 millimetri di acqua a stagione, cinquemila metri cubi pari a 5 milioni di litri. Occorre fare rete tra comuni limitrofi agendo insieme, dando priorità anche al problema della dispersione dell’acqua». È
 quanto sottolinea il presidente Città del VinoAngelo Radica, alla vigilia del Vinitaly (2-5 aprile Veronafiere), dove l’Associazione nazionale che rappresenta 430 comuni sarà presente con 11 eventi in programma, fra cui la presentazione dei dati dell’Osservatorio del Turismo del Vino, con un focus di 145 comuni italiani. Il tema della siccità in viticoltura sarà centrale.

È drammatico per il futuro dei territori del vino italiano – prosegue Radica – constatare che riusciamo a raccogliere solo l’11 % dell’acqua piovana a causa di una rete infrastrutturale non adeguata, mancanza di piccoli invasi e perdite idriche del 42%.

Oltre agli investimenti già previsti per 3,9 miliardi di euro (di cui 2,9 mld dal PNRR) per rendere efficienti, sicure e durature nel tempo le infrastrutture idriche; occorre investire in ricerca ed innovazione, valorizzando il ruolo dei vitigni “antichi” resistenti alla siccità, ma anche sperimentarne di nuovi che siano resistenti e che abbiano bisogno di minore risorsa idrica. Sempre con una gestione intelligente dell’acqua».

IL RUOLO DEI COMUNI NELLA GESTIONE IDRICA

Il riferimento, molto chiaro, è dunque anche ai vitigni Piwi, resistenti alle malattie fungine e anche a condizioni meteo estreme: dal gelo al caldo torrido e alla siccità. Sempre secondo Città del Vino è «necessario programmare strategie sul breve e lungo periodo, facendo sinergia fra Comuni, Governo, Regioni, Università e centri di ricerca». «In occasione dell’ultima vendemmia – sottolinea il presidente Radica . l’emergenza idrica ha avuto risvolti estremi in alcuni areali, per certi versi drammatici. Questo impone nuove strategie di gestione delle risorse idriche».

Su questo tema i sindaci sono chiamati a svolgere «un ruolo strategico», attivando «nuove iniziative per una gestione più intelligente e condivisa della risorsa acqua». La s0luzione è sul tavolo dell’Associazione nazionale Città del Vino. «In molte aree – spiega Angelo Radica – sarebbero utili dei micro-invasi per una più regolare distribuzione nei periodi estivi».

Per risolvere l’emergenza siccità in viticoltura, bisogna anche «attivare tutte le sinergie per il recupero delle acque reflue, che non devono più essere considerate un problema ma una risorsa». Inoltre, sempre secondo Città del Vino, «i comuni possono favorire, compatibilmente con gli strumenti di pianificazione regionale, una minore burocrazia ed uno snellimento delle autorizzazioni nei casi in cui non c’è un chiaro impatto paesaggistico ed ambientale».

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Siccità, nubifragi, grandine, Confagricoltura: «Gestione rischio climatico nel futuro agricoltura»

La gestione del rischio climatico è ormai una questione primaria nel mondo dell’agricoltura. A sottolinearlo è il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, intervenuto oggi sulla concentrazione di fenomeni meteorologici che stanno interessando tutta la Penisola. Siccità, nubifragi, grandine, trombe d’aria, ma anche incendi, spesso di natura dolosa – forti dubbi su quello che ha devastato Pantelleria nelle ultime ore – hanno «conseguenze devastanti per il settore primario». Tanto da «mettere a rischio la tenuta delle imprese agricole», ricorda la Confederazione.

«È evidente – dichiara Giansanti – che la gestione del rischio climatico è diventata una questione di primo piano per il futuro dell’agricoltura italiana, ma anche europea. I danni sono pesanti e la disponibilità finanziaria dell’apposito fondo ristori è inadeguata, nonostante l’aumento di 200 milioni disposto dal governo con il DL Aiuti Bis».

La normativa in vigore risulta inadeguata, troppo complessa e lenta. Gli interventi pubblici devono essere più veloci per assicurare, oltre all’indennizzo dei danni, la ripresa dell’attività produttiva. Quest’anno abbiamo registrato eventi climatici eccezionali che in passato capitavano nell’arco di un decennio. E la situazione si è registrata anche in altri Stati europei».

«INTELLIGENZA ARTIFICIALE IN AUSILIO ALL’AGRICOLTURA»

Il presidente di Confagricoltura ricorda che «non si tratta più di episodi sporadici». «È necessario – sottolinea ancora – un nuovo approccio alla questione, che comprenda la cura e la gestione del territorio con tutti i soggetti coinvolti, sfruttando anche le ricerche in materia di intelligenza artificiale e di elaborazione sempre più puntuale di modelli previsionali per contrastare, anche con forme di difesa attive, i fenomeni meteorologici estremi».

Il quadro, tuttora in evoluzione, evidenzia danni ingenti in Toscana, Liguria, Emilia Romagna, Sardegna, Lazio, Veneto e Friuli, concentrati in alcune province dove i nubifragi hanno spazzato via frutteti, sradicato piante, allagato campi, scoperchiato serre, stalle e danneggiato gravemente le strutture.

La pioggia tanto attesa, laddove caduta, è arrivata in quantità abbondante in troppo poco tempo, senza permettere ai campi di essere assorbita. Raffiche di vento e grandine hanno dato il colpo di grazia.

Confagricoltura, sottolinea in una nota l’organizzazione, è al lavoro per monitorare gli eventi, segnalando le criticità che necessitano di interventi straordinari, «anche alla luce della situazione di difficoltà che sta vivendo il settore primario, a causa della siccità e dell’aumento dei costi produttivi». [foto di copertina ig pantelleria]

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Esteri - News & Wine news news ed eventi

«Il futuro dei vini pregiati? Nei vitigni resistenti». Parola di Oliver Bernard (Domaine de Chevalier)

«Se i vini pregiati hanno un futuro, sarà vicino alla natura». Parola di Oliver Bernard, direttore di Domaine de Chevalier di Bordeaux. Tra le soluzioni indicate, l’allargamento dei disciplinari ai vitigni resistenti per i vini a denominazione, oltre al sostegno alle aziende agricole per il passaggio alla viticoltura biologica e biodinamica.

Sempre secondo Oliver Bernard, sarà fondamentale l’adeguamento delle tecniche di gestione dei vigneti. Interrogato sul palco del simposio “Act for Change“, organizzato da Vinexposium il 20 e 21 giugno 2022 alla Cité du Vin, il direttore di Domaine de Chevalier di Bordeaux ha espresso «un misto di entusiasmo e realismo».

Bernard è sicuro si debba «reagire immediatamente alle questioni ambientali». Ha inoltre ribadito la sua «fiducia nei consumatori e nelle generazioni future, che rendono onore i vini pregiati».

BORDEAUX HA GIÀ I SUOI “VITIGNI RESISTENTI”. E L’ITALIA?

Il simposio “Act for Change” ha riunito esperti internazionali in rappresentanza di 17 Paesi, per una serie di discussioni incentrate sul futuro dei vini e degli alcolici da qui al 2030, nell’ambito della Bordeaux Wine Week.

Sul fronte dei vitigni resistenti ai cambiamenti climatici, la posizione di Oliver Bernard non si discosta da quella del Consorzio Vini di Bordeaux, che nel 2021 ha concluso gli studi – durati 10 anni – su 6 nuove varietà da inserire nell’Aoc.

Quattro sono a bacca rossa: Touriga Nacional,Castets, Marselan e Arinarnoa. Due i “Piwi” a bacca bianca: Alvarinho e Liliorila. In Italia è il prof Attilio Scienza a suggerire di utilizzare i vini a Indicazione geografica protetta (Igp) come «palestra per i vitigni resistenti», intendendo in questo caso i Piwi, da inserire poi nelle Doc del vino italiano.

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Quali sono i vini del triennio 2020-2023? Risponde lo studio Nomisma Wine Monitor

Nel triennio 2020-2023, i vini con maggiori potenzialità di crescita sono quelli da vitigni autoctoni per i consumatori italiani, i domestic wines per gli statunitensi e i vini sostenibili per i tedeschi. È quanto emerge da una ricerca Wine Monitor.

I vini bio seguono a ruota in tutti e tre i mercati. Per gli italiani, i vini sostenibili sono ancora qualcosa di “indefinito” a differenza di tedeschi e americani, mentre gli spumanti non sembrano ancora aver esaurito la loro corsa.

“Più preoccupante – commenta Denis Pantini di Wine Monitor – la ‘riscoperta nazionalista’ dei propri vini di tedeschi e statunitensi, in un momento di dazi e rallentamento economico come quello attuale”. Il questionario di circa 20 domande è stato sottoposto ad un campione di oltre mille consumatori, stratificati per genere, età e reddito.

Negli Usa il campione di 1.500 consumatori ha interessato solo gli stati della California e New York, i due principali bacini di consumo dell’intera nazione, mentre per Italia e Germania il campione è rappresentativo dell’intera popolazione.

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Il futuro della vitivinicoltura dell’Emilia Romagna in convengo

BOLOGNA –Il futuro della vitivinicoltura dell’Emilia Romagna tra cambiamenti climatici e innovazione” è il titolo del seminario organizzato a Bologna da Regione Emilia Romagna ed Enoteca Regionale Emilia Romagna.

Appuntamento lunedì 12 febbraio alle ore 10 (Sala Poggioli, Terza Torre – Viale della Fiera, 8). Aprirà i lavori Pierluigi Sciolette, Presidente di Enoteca Regionale, con un intervento dal titolo “Il sistema vitivinicolo regionale”.

Seguiranno i contributi di Mauro Catena, consulente Enoteca Regionale “Base ampelografica e adattamento ambientale per una viticoltura competitiva e sostenibile”; Stefano Poni, Docente Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, su “Innovazione per la difesa e l’incremento di competitività della viticoltura regionale”.

Il convegno sul futuro della vitivinicoltura dell’Emilia Romagna proseguirà con gli interventi di Claudio Biondi, Presidente Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena, e Giordano Zinzani, Presidente Consorzio Vini di Romagna, che parleranno di “Un’evoluzione coerente con esigenze di tutela della qualità e del reddito dei produttori”.

Roberta Chiarini, Dirigente Servizio Organizzazioni di Mercato e Sinergie di Filiera Regione Emilia-Romagna, parlerà invece di “Programmi e opportunità a sostegno del settore”.

Dopo il dibattito, le conclusioni saranno affidate a Simona Caselli, Assessore Agricoltura della Regione Emilia-Romagna. Modera il seminario Mario Montanari, Dirigente Servizio Innovazione, Qualità, Promozione e Internazionalizzazione del Sistema Agroalimentare Regione Emilia Romagna.

La partecipazione al seminario è gratuita, ma per una migliore organizzazione è gradita l’iscrizione al seguente indirizzo: https://agri.regione.emilia-romagna.it/giasapp/agrievents/iscrizione/evento/172.

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Gianluca Morino: lettera aperta all’Italia del vino. Dagli States

Ogni produttore di vino italiano dovrebbe venire come minimo una volta all’anno qui negli States e cercare di frequentare il meno possibile i vari gruppi a tema sui social come Facebook – dove ho avuto recenti diverbi – oppure certe degustazioni o presentazioni fatte da sprovveduti per tirar su “due lire”, tanto per arrivare a fine mese.

Il mondo si muove ad un’altra velocità rispetto al nostro orticello che, spesso, retrocede per scarse competenze e preparazione sulla “materia vino” e la sua interazione con la società moderna. Va bene ciò che succede sui mercati della Francia, dell’Italia, o della Spagna, insomma dei principali produttori di vino a livello mondiale, ma è in altri ambiti che si sta giocando il futuro del vino italiano di qualità nel mondo.

Sicuramente gli americani, che noi spesso pensiamo distanti, sono quelli che più stanno influenzando il mondo del vino e non solo per essere il mercato numero 1 del pianeta.

E non importa se ieri, nella migliore pizzeria di Harlem, un bel vino rosso italiano lo si beveva in un tumbler, non importa se c’erano 8 vini rossi e 7 bianchi al bicchiere, e non importa se, quando ho chiesto il bicchiere tulipano, mi hanno guardato e detto “ah italiano” sorridendo.

Quel sorriso era un mix di venerazione per l’importanza che diamo al vino ma anche di consapevolezza di chi con il vino fa business, mentre noi siamo sempre troppo ancorati alla forma ed alle troppe parole. Non importa se spesso i buyer assaggiano il tuo vino nei bicchieri di plastica: “Cazzo me ne frega? Io voglio quel fottuto spazio in quello scaffale”, penso tra di me. E poi sono loro che acquistano e pagano il mio lavoro.

Non importa se spesso gli americani non fanno caso agli abbinamenti, non fanno caso se ha o meno il tappo a vite o se ha una bottiglia da 1,5 kg. Ciò che importa è che sia buono e che nei locali che frequentano sia disponibile e che ci sia al bicchiere. Chiuso.

Loro sono diversi da noi, molto più cordiali e aperti, soprattutto nei posti pubblici, ed intorno ad un bicchiere di vino, al bancone di un ristorante, puoi parlare e conoscere chiunque. Perché il vino è apertura mentale e fisica, predisposizione a qualcosa di bello. E poi sorridono e fanno domande quando gli dici che sei un italian wine producer.

IL FUTURO
Una cosa interessante sarà il futuro del vino in USA, che per anni è rimasto ancorato a una classe sociale di bianchi con un buon indice di scolarizzazione mentre, ora, generazione dopo generazione, stanno entrando nuovi attori.

Gli afro americani e gli ispanici, soprattutto millennials, si stanno avvicinando al vino ed iniziano a consumarne ma, attenzione, spesso hanno gusti, palato e abitudini diverse, per cui chissà che evoluzioni porteranno al mercato amando soprattutto vini dolci o con un finale morbido quasi dolce.

In mezzo a tutte queste cose tu ti ritrovi a vendere Barbera d’Asti che, al di fuori di alcune isole felici come NYC, è difficile da proporre perché semplicemente non la conoscono.

E qui c’è il fulcro del discorso perché, mancando comunicazione e marketing, il vino si ritrova solo in balia delle onde e, quando trovi un’attività interessata a proporla, comunque la Barbera deve essere vicina a standard gustativi minimi prossimi di una certa omologazione del gusto internazionale.

Per quello che non si può più pensare di andare avanti così, ma bisogna affrontare il trade senza paura e cavalcare, con comunicazione, marketing e web, il mercato con le sue esigenze, debolezze, punti di forza ed opportunità. La grande differenza con la Francia sta tutta qui: con fatturati in crescita in USA e con una qualità percepita notevolmente più alta della nostra.

Con parole come Bordeaux e Bourgogne, veicolate da grandi e famosi vini, loro riescono ad ottenere ottimi posizionamenti anche con gli entry-level, spesso più scarsi dei nostri pari italiani. Qui la carta vini di un famoso locale di Miami, dove potrete vedere l’esiguità della presenza italiana.

LA COMUNICAZIONE
Sia alla degustazione di Omniwines che poi girando con gli agenti per enoteche e ristoranti, è ormai chiaro quale sarà la tendenza del vino su New York, in Texas o in California: sarà necessario arrivare a comunicare DIRETTAMENTE con il cliente finale, per accompagnarlo nella sua scelta finale che per il momento, causa leggi federali, sarà ancora fatta nei wineshop e non nelle ecommerce.

I ragazzi leggono sempre meno le testate storiche e sempre di più cercano tutto online, dove vige sempre il mio motto: se ci sei, ci sei. Ma se non ci sei, non ci sei. Negli States delle poche, mal fatte e rade iniziative di Consorzi o Associazioni di Produttori, arriva ben poco; esiste una comunicazione privata di alcuni grandi nomi fatta dai relativi importatori ma nulla di più.

Qualcosa di questa comunicazione traborda, come dal tavolo del ricco Epulone, ma non è sufficiente a generare interesse e massa critica come vorrei ci fosse su #Barbera o #Nizza ad esempio. Ce la faremo? Non lo so. Per ora no di sicuro e la Francia ci sta schiacciando in maniera prepotente. Cambieremo? Temo proprio di no.

Gianluca Morino

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Food and Wine in Progress: alla Leopolda l’eccellenza agroalimentare

Dai migliori sommelier ai migliori chef italiani, passando per i barman e per i produttori di eccellenze enogastronomiche. Si presenta così la seconda edizione di Food and Wine in Progress, il grande evento promosso dall’Unione regionale cuochi toscani (Urct), dall’Associazione italiana sommelier Toscana e da Cocktail in the world, che questo anno si svolgerà ancora alla Stazione Leopolda di Firenze domenica 27 e lunedì 28 novembre con tante novità. A partire dagli organizzatori: andranno infatti ad affiancare le tre associazioni appena citate, anche la Confcommercio e la Coldiretti Toscana, due realtà che raccolgono il resto delle eccellenze toscane del settore dell’enogastronomia.

GLI OBIETTIVI
Fortemente voluto da AIS Toscana ed Unione Regionale Cuochi Toscani dopo l’esperienza positiva del 2015 in occasione del congresso Fic, Food & Wine in Progress si candida ad essere nel 2016 un progetto di promozione ed aggregazione delle eccellenze toscane tout court, in cui i produttori attraverso momenti di presentazioni, parlano di produzioni agricole, di vino, di alimenti, di qualità e di innovazioni, come denota l’utilizzo del termine “in progress” nel titolo dell’evento a testimoniare una volontà reciproca di aprirsi all’innovazione e allo sviluppo di nuove idee. In due giorni sono attesi 5 mila visitatori che potranno incontrare oltre centinaia di cuochi, tra i quali anche chef rinomati, oltre 130 aziende vitivinicole in esposizione e altrettante legate ai settori del beverage e del food. Inoltre  dibattiti, convegni e approfondimenti per avvicinare il consumatore al mondo dell’agroalimentare italiano con una formula mai sperimentata prima.

CUOCHI “IN PROGRESS”
Ricco il programma promosso dall’Urct che si snoderanno nel grande palco dedicato ai cooking show, che a rotazione durante l’arco di tutta la giornata si alterneranno sul palco centrale, tra cui chef stellati ai quali verrà consegnato il premio di “Ambasciatore della Cucina Italiana”. Ad alternare questi momenti, alcuni interventi di operatori del settore, produttori, ristoratori, che si alterneranno nel corner degli speach, parlando per pochi minuti di come con la loro esperienza hanno apportato un miglioramento al settore dell’enogastronomia di questo paese. Nel programma è previsto anche un momento dedicato alla Nazionale italiana cuochi, la squadra della Fic che ogni anno trionfa nei più importanti campionati di cucina a livello internazionale.

L’Associazione Italiana Sommelier Toscana, che ad oggi conta 4 mila soci e centinaia  di corsisti di cui circa il 40% donne, promuoverà all’interno di Food&Wine in Progress l’evento più significativo promosso durante l’anno, ”Eccellenza di Toscana” che prevede degustazioni guidate da Sommeliers Ais dei migliori vini delle 150 Aziende Vinicole Toscane facenti parte della Guida 2017 di Ais Toscana, a cui si aggiunge un ricco programma di incontri, come l’Ais Wine School per avvicinarsi al mondo dei sommelier, i tanti wine tour promossi durante la due giorni e i momenti di approfondimento e di degustazione sul futuro del vino toscano.

L’ESPOSIZIONE
Nei due giorni di Leopolda saranno presenti anche molti prodotti di nicchia che rappresentano l’eccellenza della toscanità in Italia e nel mondo nel rispetto della piramide alimentare. Quest’area esclusiva sarà riservata ai consorzi IGP, DOP, ecc. e ad  aziende medio/piccole che  rappresentano la qualità sia nel prodotto che nell’intera filiera. Inoltre ci sarà un’esposizione di piccoli macchinari ed attrezzature tecnologiche moderne per operatori del settore Food&Wine. Lo spazio di Italian Barman Style ospiterà eventi ispirati all’abbinamento tra cocktail e cibo, Barman Show a cura di Cocktail in the World, dimostrazioni di preparazioni classiche e nuove tendenze a cura di Mixology,  verrà altresì svolta attività di promozione del bere responsabile. Il programma dettagliato e tutte le informazioni per partecipare sono disponibili sul sito http://www.foodandwineinprogress.it/.

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Luca Gardini, spot per i vini del discount Eurospin: l’intervista

Il miglior sommelier del mondo presta il volto per pubblicizzare i vini di un discount. Non è una barzelletta. Succede per davvero. A 6 anni dal prestigioso riconoscimento della Worldwide Sommelier Association, Luca Gardini si rimette in gioco. E lo fa con Eurospin. La nota catena di discount italiani ha sottoposto al 35enne di Cervia una serie di assaggi. “Alcuni – spiega Gardini – mi hanno piacevolmente sorpreso al primo sorso. Su altri ci siamo confrontati e siamo giunti alla selezione finale. Da lì il progetto di realizzare una linea ‘garantita’, ma in pieno spirito Eurospin, senza brand per contenere i prezzi”. Così, il ‘mezzobusto’ del sommelier emiliano finisce dritto sulla home page del sito web del colosso di San Martino Buon Albergo (Verona). E sui volantini cartacei. Tra una confezione di prosciutto di San Daniele e quattro cotolette agli spinaci a prezzo stracciato, of course.

“Vini Doc, Igt e Docg integralmente prodotti in alcune delle più vocate zone viti-vinicole italiane”, quelli selezionati da Luca Gardini per Eurospin. Si passa dal Barbera D’Asti Docg Superiore a 2,39 euro al Nero D’Avola Terre Siciliane Igt a 1,85. Spazio anche per i vini bianchi. Come il Muller Thurgau Vigneti delle Dolomiti Igt a 2,99 euro, o il Fiano del Sannio Dop a 4,29 euro. Senza dimenticare rosati come quello del Salento, a 1,99. O vini frizzanti come il Pignoletto del Reno Igt a 2,29 euro, o il Verduzzo del Veneto Igt a 1,69. Gardini si materializza in persona in brevi video, sempre sul web, e ne presenta le caratteristiche. Consigliando gli abbinamenti. E tra un bicchiere e l’altro, trova il tempo per rispondere alle domande di vinialsupermercato.it.

Luca Gardini, miglior sommelier del mondo 2010, presta la sua figura per pubblicizzare i vini di un “discount”: com’è nata l’iniziativa?
Credo che tutti abbiano il diritto di bere vino e, anche se non possono o non sono disposti a spendere molto, debbano avvicinarcisi informati, consapevoli, incuriositi

Il miglior vino della cantina Eurospin nel rapporto qualità-prezzo? Nei mesi scorsi, noi abbiamo scovato un buon Aglianico del Salento
A voi la scelta, sono tutti vini che raccontano territori diversi, non ne esiste un preferito, ma di sicuro c’è il preferito per ogni occasione. Potrei comunque fare quello politicamente scorretto e scegliere il Lambrusco della mia Romagna.

Il vino e la Gdo moderna: qual è la sua opinione?
Il tempo a disposizione è sempre meno e poter trovare tutto ciò di cui abbiamo bisogno in un unico luogo, il supermercato per l’appunto, è un vantaggio di questi tempi moderni. La Gdo sta crescendo e non si interessa di vini solo a buon mercato, ma è sempre più attenta alla qualità e alla cura del cliente. Quest’esperienza ne è stato un esempio

In Italia esistono ancora vini “da discount” o “da supermercato”, nell’accezione negativa del termine?
Esisteranno sempre, ovunque. Penso sia per questo che figure come la mia vengono interpellate

Come si sceglie un buon vino al supermercato?
Documentandosi senza dubbio, e poi “sperimentando”. Ognuno ha il suo palato e va rispettato, non finirò mai di ripeterlo. Importantissimi sono anche la presentazione e lo stato di conservazione del vino o del prodotto alimentare che sia

Luca Gardini acquista vini al supermercato? Se sì, quali?
Confesso di avere poco tempo per andare al supermercato. Per fortuna ho qualcuno che ci va al posto mio, ma quando sono in viaggio mi soffermo sempre a guardare quali vini (e come) supermercati e Autogrill propongono al pubblico in giro per l’Italia e per il mondo

Vino e marketing: quanto conta oggi l’immagine e quanto la sostanza?
Quando l’immagine è sinonimo di garanzia non faccio distinzioni. Ricordiamoci che stiamo parlando di prodotti alimentari, la sicurezza prima di tutto. E poi, senza sostanza, l’immagine sarebbe bidimensionale. Non so se mi spiego…

Lo stato di “salute” del vino in Italia: una fotografia di Luca Gardini. Quali prospettive per il vino italiano nel mondo?
Il vino italiano nel mondo non ha ancora la posizione che merita. Dobbiamo collaborare tra italiani, produttori – giornalisti – testimonial, e unire le forze per farlo conoscere sempre di più. Perché chi lo prova, poi non torna più indietro

L’area vitivinicola più sottovalutata d’Italia? Quella, invece, più sopravvalutata
Sottovalutata forse la Sicilia. Ho bevuto grandi Nero d’Avola negli ultimi anni. Con mio grande piacere uno è anche arrivato al 4° posto della classifica Tws-Biwa, di cui sono fondatore con Andrea Grignaffini, che vede premiati i 50 migliori vini italiani da parte di una giuria di esperti internazionale. Sopravvalutata non saprei: amo troppo il vino per dire che qualcosa è “troppo”.

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Food Lifestyle & Travel

All’ex convento dell’Annunciata gli “chef del futuro”. Parola di Carlo Cracco

Hanno dai sedici ai 18 anni i giovani studenti degli Istituti Alberghieri della Lombardia selezionati da Carlo Cracco, presidente dell’Associazione Maestro Martino promotrice del progetto Ambasciata del Gusto – Annunciata Milano, sviluppato in collaborazione col Comune di Abbiategrasso e  il Parco del Ticino, con il patrocinio  del Ministero degli Affari Esteri, Regione Lombardia, Milano Città Metropolitana e Camera di Commercio di Milano.

Il progetto trova piena ispirazione nel Food Act 2016 firmato a marzo dai migliori chef italiani e dal Governo per attuare un piano di azione per valorizzare la cucina italiana e le sue eccellenze enogastronomiche nel mondo.

L’obiettivo è quello di formare cuochi con una spiccata conoscenza del territorio del Parco del Ticino e della filiera agricola lombarda attraverso un modello didattico che coniuga una parte teorica a diverse ore di laboratorio e di esperienze pratiche di cucina realizzate sotto la pressione di eventi gastronomici che vengono organizzati nell’ex Convento dell’Annunciata di Abbiategrasso, sede dell’evento.

Ambasciata del Gusto – Annunciata Milano rappresenta per il territorio un vero  e proprio progetto pilota finalizzato a comprenderne la valenza in termini didattici, promozionali e di valorizzazione del territorio, sia a livello culturale che economico. Il progetto didattico è completamente gratuito per gli studenti: dodici diplomandi di cucina degli istituti alberghieri lombardi oltre ad uno studente dell’università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo con un obiettivo formativo di tipo gestionale.

IL CALENDARIO
In aggiunta all’attività didattica, tra maggio e ottobre 2016, saranno organizzate delle iniziative domenicali, aperte al pubblico (dei veri e propri test per produzione di grandi quantità di piatti) nelle quali i protagonisti saranno i giovani cuochi insieme a docenti, agricoltori e agli Chef Ambassador dell’Associazione Maestro Martino.

Dieci domeniche dedicate alla scoperta del territorio del Parco del Ticino grazie anche alla possibilità di utilizzare gratuitamente (su prenotazione e fino a esaurimento) le belle biciclette del marchio storico milanese Doniselli, partner del progetto, disponibili presso l’Ambasciata del Gusto per coloro che volessero acquistare il cesto da pic nic con le offerte gourmet della settimana (il tutto a sole 15,00 Euro).

Ad arricchire l’offerta dedicata al pubblico, lezioni di cucina, degustazioni e show cooking. I giovani studenti sono stati selezionati tra circa duecento candidati, indicati dai presidi degli istituti e scelti dall’associazione.

Si tratta di ragazzi che si sono distinti all’interno della loro scuola per impegno e serietà e provengono dai seguenti istituti: Mantegna di Brescia, Cossa di Pavia, Ballerini di Seregno, Falcone di Gallarate, Vespucci di Milano, San Pellegrino di Bergamo e Pollini di Mortara.

Il percorso formativo è partito il 14 maggio con il supporto di Toni Sarcina, famoso gastronomo italiano, la chef Lucia Tellone, e gli esperti del Parco del Ticino e i produttori a Marchio Parco del Ticino. Domenica 15 maggio ha rappresentato quindi il primo appuntamento aperto al pubblico con quasi trecento cestini da pic nic distribuiti sia per il pranzo sull’erba del magnifico chiostro del 1500 dell’ex Convento dell’Annunciata sia da asporto.

Le venti bici Doniselli sono state tutte utilizzate durante l’intera giornata per escursioni nelle zone limitrofe. Tutto esaurito invece per le lezioni della scuola di cucina aperta al pubblico. I prossimi appuntamenti estivi vedono come protagonisti il 4 e 5 giugno Daniel Canzian e la cucina a vapore, l’11 e il 12 giugno Dario Guidi e la sua cucina creativa e il 25 e 26 giugno Sabrina Tuzi e i segreti di un fritto perfetto. A settembre si ripartirà con Andrea Provenzani, Lorenzo Lavezzari, Sara Preceruti, Antonio Colombo, Fabiana Scarica e Matteo Monfrinotti.

L’EX CONVENTO DELL’ANNUNCIATA
La location del progetto è l’ex Convento dell’Annunciata di Abbiategrasso, un complesso voluto da Galeazzo Sforza nel 1472. I lavori di ristrutturazione hanno riportato alla luce importanti affreschi rinascimentali. Proprio nella chiesa è ricomparso un intero ciclo di affreschi di Scuola Leonardesca.

La struttura dell’Ambasciata del Gusto – Annunciata Milano è stata attrezzata con le migliori tecnologie e attrezzature italiane: i Cooking Chef by Kenwood, i forni professionali di Unox e la linea abbattitori e conservatori di Irinox. Abbiategrasso s’inserisce nel Parco del Ticino, il più antico Parco Regionale Italiano e confina con il Parco Agricolo Sud di Milano; territorio ricco di storia, tradizioni e di vie d’acqua, tra tutte l’Alzaia Naviglio Grande, il luogo ideale per trascorrere una domenica all’insegna del gusto e della natura.

La partecipazione agli showcooking è libera e gratuita. Le cooking class (lezioni di cucina) sono su prenotazione e a pagamento al costo di euro 15 comprensivo di degustazione. Infoline: 340 8377991 – email eventi@freedot.it. Per prenotare visite guidate all’ex Convento dell’Annunciata contattare la Pro Loco Abbiategrasso, all’indirizzo email info@prolocoabbiategrasso.it o al numero 348.74.25.163.

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Unione italiana vini a Poderi del Nespoli, Zonin: “La qualità non basta più per competere”

“Dobbiamo fare più sistema con tutti i soggetti del territorio: aziende, ristoranti, enoteche, sommelier, distribuzione organizzata, per condividere e promuovere un processo culturale univoco che premi sia il mondo del vino sia i consumatori. Il consumo di vino al ristorante nei prossimi due anni è stimato possa crescere di oltre 8% con una predilezione verso i vini locali o regionali (94,5% degli intervistati), a suffragare il concetto dell’importanza del territorio, e con una forte tendenza a consumare vini al bicchiere (94% degli intervistati), indice del fatto che la modalità di consumo è cambiata e che dobbiamo muoverci per trovare le formule opportune per essere al passo col tempo. La cultura della qualità e del territorio, anche per la distribuzione moderna, saranno il focus su cui concentrare gli sforzi nei prossimi anni”. Con queste parole Domenico Zonin, Presidente Unione Italiana Vini, ha chiuso oggi i lavori della Tavola Rotonda dal titolo “Mercato interno del vino: quali le prospettive del 2016?”, organizzata presso Poderi dal Nespoli (Nespoli, FC) da Unione Italiana Vini, in collaborazione con Foragri, con l’obiettivo di fornire una panoramica complessiva sullo status e sulle prospettive del comparto vitivinicolo per il 2016, dialogando con le istituzioni e con i più autorevoli esponenti del mondo vitivinicolo nazionale, i rappresentanti della Gdo, della ristorazione, delle enoteche, con il supporto dei dati forniti dall’Osservatorio del Vino. “La reputazione dei nostri prodotti – precisa Simona Caselli, assessore Agricoltura Regione Emilia Romagna – si fa qui, sul territorio. Sono la qualità prodotto, il luogo di produzione, la relazione con la gente, che ti fanno riconoscere. La nostra gastronomia sta ottenendo risultati straordinari, costruendo attenzione sui nostri prodotti e trainando il turismo. Però dovrà sempre più essere unita al mondo del vino, dovranno viaggiare insieme per portare soddisfazione maggiore per tutti. Il lavoro sulla qualità va spiegato e serve attenzione complessiva affinché non diventi fuori portata per i consumatori. Serve equilibrio e la ristorazione in questo è molto importante. Di deve ragionare, in sintesi, in termini di sistema”.

“LA QUALITA’ NON BASTA PER COMPETERE”
“La cosa certa, almeno così i dati di Fipe ci dicono – spiega Zonin – è che dobbiamo insistere sul tema della cultura perché, se ben l’85% dei consumatori intervistati ritiene di non conoscere il vino, significa che da qui dobbiamo partire per promuoverlo attraverso un marketing della conoscenza, per il quale siamo disposti ad investire”. “La qualità non basta più per essere competitivi – conclude il presidente Zonin – ma deve essere supportata da un processo di crescita culturale da parte sia delle aziende sia del consumatore. Il territorio e la tradizione sono fattori prioritari per raccontare il nostro vino e sempre più dobbiamo imparare ad insistervi per far capire la complessità e l’unicità che siamo capaci di esprimere attraverso i nostri prodotti. Aiuteremo così anche il consumatore a recepire il vino non come semplice bevanda ma come il prodotto finale di un sistema responsabile, appassionato e ricco di professionalità. Questo farà la differenza per crescere in primis sul mercato interno e poi sul mercato estero, grazie a una migliorata percezione che deriverà proprio da questa nuova cultura”.

PODERI DEL NESPOLI

L’importante conferenza si è tenuta ieri proprio a Poderi del Nespoli, cantina romagnola che dal 1929 produce vino di qualità, tra l’alto già finito anche sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it: qui le nostre recensioni del Rosso Poderi del Nespoli e del Bianco Poderi del Nespoli, in vendita sugli scaffali della grande distribuzione organizzata. Una realtà di riferimento nel panorama enologico della Romagna, grazie all’impegno della famiglia Ravaioli, che piantò i filari del primo podere acquistato nel borgo di Nespoli, a cui negli anni si è affiancata la concezione imprenditoriale della famiglia Martini, che ha saputo guardare lontano e portare il nome di Poderi dal Nespoli e della Romagna nel mondo. Oggi, infatti, Poderi dal Nespoli unisce la storia e la tradizione con le tecnologie all’avanguardia, il rispetto per l’ambiente con la promozione dell’enoturismo come efficace modo di avvicinare il pubblico al vino. Sistemi di produzione moderna, sperimentazioni e ricerca, infatti, si accompagnano a un modello di imprenditorialità basato sull’esperienza diretta da parte del consumatore, che qui può scoprire e conoscere l’intera filiera produttiva, dal vigneto alla cantina, dall’imbottigliamento alla commercializzazione, fino al calice.

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