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Export e consumi fuori casa primi 9 mesi 2023: inflazione uccide voglia di festeggiare

Export e consumi fuori casa primi 9 mesi 2023 inflazione uccide la voglia di festeggiareUn quadro sul quale pesano le incertezze legate alla limitata crescita del PIL e al trend dell’inflazione, che mette a rischio la resilienza dei comparti cardine della Federazione. È la fotografia generale che emerge dall’analisi dei dati della nuova release dell’Osservatorio Federvini a cura di Nomisma e TradeLab, che rileva come il flebile segno più del prodotto interno lordo nazionale (+0,7% nel 2023 con previsione di +0,8% per l’anno prossimo) sia di fatto neutralizzato dal trend inflattivo (+1,8% sul 2022). Scenario in chiaroscuro che ha influenzato il clima di fiducia di imprese e consumatori: dopo una parziale stabilità nel primo semestre dell’anno, si registra una flessione a partire dall’estate.

«Dopo un 2022 caratterizzato da una forte ripresa post pandemia, l’andamento di quest’anno era in larga parte previsto, anche alla luce di un quadro caratterizzato da tensioni geopolitiche e dal rallentamento più marcato nell’Eurozona – dichiara Micaela Pallini, Presidente Federvini – I dati del nostro Osservatorio evidenziano nel complesso la capacità di resilienza del settore dei vini, degli spiriti e degli aceti italiani che si conferma un pilastro fondamentale dell’agroalimentare nazionale».

«Oggi più che mai – sempre secondo Pallini – è il momento di fare sistema di fronte alle sfide internazionali. La posizione dell’Italia in difesa di uno dei suoi settori più rappresentativi dovrà trovare costanza e continuità, non solo a partire dalla discussione sulla proposta di regolamento imballaggi, che torna in agenda il prossimo 18 dicembre al Consiglio UE dopo un primo esito positivo al Parlamento europeo, ma anche nel corso di altri processi normativi quali quelli relativi a etichettatura e QR Code».

LEGGERA FLESSIONE PER I VINI, SOFFRONO GLI ACETI. RALLENTANO GLI SPRIRITS

Sul fronte delle esportazioni dei vini, l’Italia registra nei primi otto mesi del 2023 una flessione pari allo 0,7% a valore ma una tenuta sul fronte dei volumi (+0,8%). Un dato che in ogni caso va ponderato alla luce del record registrato nel 2022, anno in cui si è concretizzata una forte ripresa dopo il periodo pandemico, tanto è vero che rispetto alle esportazioni pre-Covid (2019), l’incremento nelle quantità risulta vicino al +4%. Inoltre, se guardiamo agli altri grandi Paesi esportatori, solo la Nuova Zelanda mostra una “flebile” tenuta, mentre la Spagna perde il 2,5% a valore, l’Australia il 16%, gli USA il 23,4% e il Cile in decisa picchiata con -25,5%.

Positivo il trend delle esportazioni in quantità di vini italiani in Francia (+15,5%) mentre flettono gli altri mercati di riferimento quali Stati Uniti (-11,5%), Regno Unito (-1,9%) e Giappone (-16,3%). Nota confortante dagli spumanti che crescono in Francia (+24,8%) e Svezia (+20,8%). Luci ed ombre per il mondo degli spirits, con una crescita a valore del 5% rispetto al 2022 con un peso complessivo superiore al miliardo di euro, ma con flessioni in volume (-2,4%).

I liquori crescono marginalmente in valore negli USA con un +1,4% mentre perdono qualcosa a volume (-0,7%). Infine, l’export totale di Grappa che si contrae a volume di oltre il 12%, a fronte di una riduzione a valori del 6%. Quanto agli aceti, l’export nei primi otto mesi dell’anno si riduce in modo particolare negli Stati Uniti, il principale mercato di sbocco (-19% a valore e -28% a volume). A volume si registra una dinamica positiva in Austria (+92%), Regno Unito (+7,5%) e Germania (+2,7%).

VINO: RALLENTAMENTO DEI VOLUMI AL SUPERMERCATO

Nei primi nove mesi del 2023, il vino registra un +3,3% sul 2022 per un ammontare superiore ai 2 miliardi di euro. Sul totale delle vendite la categoria dei fermi e frizzanti ricopre la quota più ampia (77%) seguiti dagli spumanti (21,8%) e dal vermouth (0,7%). Positivo il trend di vendita degli spumanti (+6,2% a valori) con la categoria dei fermi e frizzanti che cresce del 2,6% a valore, sostenuta dal gradimento dei vini a marchio Igp (+3,5% a valore) e Dop (+2,7% a valore).

Segno più per gli spiriti italiani (+2,6%) rispetto allo scorso anno con un valore di circa 900 milioni di euro. Tra le categorie i distillati e le acquaviti rappresentano il 44,9% del totale, seguono liquori dolci (19,8%), aperitivi alcolici (19,1%) e amari (16,3%). Grappa e whisky si attestano tra i prodotti più venduti in GDO. Quanto ai liquori dolci in testa il limoncello, la sambuca e i liquori cremosi. Spicca la crescita dei prodotti a base d’uovo (+12,5% a valori) e al caffè (+9,9% a valori). Tra gli aperitivi, si evidenzia un vero e proprio boom per gli alcolici pre-miscelati (+25% a valori e +23,8% a volumi).

+2,7% per gli aceti sul 2022 per un valore totale di 105 milioni di euro nei primi tre trimestri dell’anno. L’aceto di vino è il più consumato (46,7% del totale), con l’Aceto Balsamico di Modena IGP al 34,3% e l’aceto di mele al 19%. Quanto al trend di vendita in GDO, l’aceto di mele si mette in luce (+5,9% a valori) ed è l’unica categoria che tiene anche a volumi (+0,6%) insieme all’aceto di vino (+1,5%).

APERTIVI E DOPO CENA: È CRISI DEL “FUORI CASA” IN ITALIA

Il trend evidenziato dall’approfondimento a cura di TradeLab nell’ambito dell’Osservatorio Federvini rivela un incremento di spesa di 2,5 miliardi di euro rispetto all’anno scorso (+4,3% in termini di valore del mercato). In totale è aumentato anche il numero di visite (+0,7%). Nel periodo tra gennaio e settembre in dettaglio gli aperitivi serali crescono del 3% in termini di presenze e del 5% a valore, la cena vede un +1% di presenze e un +4% a valore, mentre crollano le occasioni dopocena e notturne (-14% in presenze e consumi).

Numeri che cambiano se guardiamo esclusivamente ai mesi estivi: il trimestre luglio-settembre del 2023 si è chiuso infatti con un dato di contrazione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il trend negativo (-6% a visite e -4% a valore) è il risultato di più fattori concomitanti quali il quadro economico e inflattivo sfavorevole, il benchmark molto positivo del 2022, le condizioni meteo altalenanti durante la stagione nonché l’aumento del numero degli italiani che hanno scelto di trascorrere le vacanze all’estero.

In termini di consumazioni le bevande alcoliche hanno rappresentato il 12% del totale dei consumi (1,1 miliardi di consumazioni di vino e spiriti nel corso dei primi tre trimestri dell’anno). Il consumo di vino e dei cocktails alcolici è cresciuto dell’1%, quello delle bollicine del 9%. Riscontro al ribasso invece per amari (-7%) e spiriti lisci (-11%).

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Aumenta il costo della vita ma gli italiani non rinunciano al vino fuori casa

Nonostante l’aumento del costo della vita, per il 60% degli amanti del vino uscire per mangiare e bere fuori casa rimane una priorità. Il vino fermo traina la categoria: lo scelgono infatti 3 consumatori su 4 (75%). Seguono vino frizzante (44%) e vino da dessert (28%). In Italia il consumatore di vino è alto-spendente, paga mensilmente una cifra media di 103€ per mangiare e bere fuori casa e appartiene alla fascia d’età degli over 55 (44%).

Tra i cultori del vino, più di un terzo (37%) indica la qualità del prodotto come caratteristica imprescindibile per la scelta del proprio drink. Gli italiani (88%) sono i primi consumatori a livello mondiale a prediligere vini del proprio Paese, seguiti da Nuova Zelanda (85%) e Francia (78%).

È quanto emerge dall’ultima ricerca di CGA by NielsenIQ relativa allo scenario italiano del consumo di vino nel fuori casa. Un prodotto di gran successo nel nostro Paese, con il 40% degli italiani che dichiara di preferirlo ad altre categorie di bevande. L‘identikit dei “winelovers” italiani arriva in un momento difficile per il vino italiano, con l’export che rallenta e le vendite di vino al supermercato che stanno subendo pesanti battute d’arresto, anche per le denominazioni più note.

Prosecco, Chianti Classico e Nero d’Avola, profondo rosso in Gdo: volano spumanti generici e Igt

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Assemblea Federvini: vini, spirits e aceti italiani valgono oltre 20 miliardi di euro


Vini, Spirits e Aceti italiani valgono oltre 20 miliardi di euro di fatturato e rappresentano il 21% dell’export complessivo Food & Beverage italiano. Ha preso avvio da questa fotografia, illustrata da Nomisma, l’Assemblea Generale di Federvini svoltasi oggi a Roma, che ha ospitato gli interventi dei Ministri dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida, degli Esteri Antonio Tajani, delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso e del Presidente dell’Agenzia ICE Matteo Zoppas. Nel corso dell’Assemblea sono state presentati e diffusi i dati emersi dalle ricerche dell’Osservatorio Federvini in collaborazione proprio con con Nomisma e TradeLab.

ANDAMENTO DELL’EXPORT 

Cresce nel 2022 rispetto all’anno precedente l’export di vino italiano nel mondo, con le eccezioni di Germania e Cina. Tra i mercati più ricettivi quello britannico (+46,5%) e giapponese (+25%). Record delle esportazioni di spirits nazionali che lo scorso anno hanno prodotto un fatturato di 1.650 milioni di euro, +25% sul 2021. Bene anche l’aceto balsamico, con segno più a doppia cifra (+15% in valori rispetto al 2021) nei principali mercati di destinazione tra cui Stati Uniti e Germania.

FUORI CASA, CERTIFICAZIONI DI QUALITÀ

Notizie positive anche sul fronte dei consumi fuori casa, in ripresa dopo il periodo pandemico (+19% delle visite rispetto al 2021), che genera nel complesso un fatturato 93 miliardi di euro. Le survey sul ruolo delle certificazioni di qualità e sulle campagne di consumo responsabile. Focus, poi, sempre durante l’Assemblea Generale di Federvini svoltasi oggi a Roma, sull’opinione hanno gli italiani dei marchi di qualità dei prodotti. Dall’indagine realizzata da Nomisma per Federvini emerge un quadro che vede i cittadini del Belpaese piuttosto avvezzi al tema delle certificazioni di qualità.

La survey ha rivelato come il 53% del campione dichiari di conoscere il significato delle sigle DOP e IGP e li consideri una garanzia di qualità, mentre un terzo degli intervistati, pur ammettendo di non sapere, si dice interessato alla materia. Il 78% associa invece maggiore qualità ai prodotti certificati, il 74% alla tracciabilità del prodotto e il 68% alla sicurezza e ai controlli. Quale invece il livello di consapevolezza su vino, spirits e aceti certificati? Il 62% dei consumatori ritiene che i vini DOC/DOCG/IGT rispettano specifiche caratteristiche qualitative e particolari metodi di produzione. Una percentuale che si attesta al 28% per gli spirits certificati e al 47% per l’Aceto Balsamico di Modena IGP).

CONSUMO RESPONSABILE

Quanto al comportamento dei consumatori di vino e spirits, tracciato dalla survey “Analisi sul consumo responsabile delle bevande alcoliche” a cura di TradeLab, gli italiani si distinguono per un consumo virtuoso delle bevande alcoliche, quasi sempre associato al cibo e a momenti di convivialità. Nove su dieci consumano alcolici con moderazione (solo il 14% del campione dichiara di esagerare a volte). Il 78% li abbina sempre ai pasti. Ma che cosa si intende con l’espressione “consumo responsabile”?

Il 60% degli intervistati associa il concetto alla sicurezza, il 48% all’abbinamento al cibo e il 30% all’amicizia. Inoltre il 74% pensa alla capacità di evitare l’abuso di alcol e il 72% alla conoscenza delle problematiche e alle conseguenze correlate al consumo eccessivo. La ricerca rivela infine una sensibilità diffusa sull’argomento, con l’85% degli italiani che sente il tema vicino (il 60% delle persone tra i 18 e i 34 anni dichiara anche di volerne sapere di più). Sul profilo della comunicazione, il 64% del campione più giovane under 35 ritiene che sia un aspetto molto importante in termini di sensibilizzazione, percentuale che sale al 71% tra gli adulti (35-54 anni).

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AssoBirra, Assobibe e Mineracqua: “Riaprire prima in sicurezza e sostenere la filiera”

Il lungo periodo di Lockdown con la chiusura di tutti i locali ha di fatto azzerato la liquidità lungo tutta la filiera Horeca. Con la riapertura dei locali alla data ipotizzata del 1° giugno la perdita secca lungo tutta la filiera è stimata a 20 miliardi di euro. La filiera Horeca, con il suo indotto di almeno un milione e duecentomila occupati, 320 mila pubblici esercizi, 5000 aziende di distribuzione e centinaia di produttori, è letteralmente in ginocchio.

Come per altri settori, è necessario anticipare la riapertura con le doverose misure di protezione e di distanziamento sociale, nonché pensare come aiutare una Fase 2 che, senza turismo e limitazioni varie, rischia di non produrre benefici economici, ma solo costi.

Alla luce di questo inevitabile tracollo, le principali Associazioni fra i produttori di birra, bevande e acque minerali (AssoBirra, Assobibe e Mineracqua) destinate al canale Horeca e la Federazione Italgrob rappresentativa della categoria dei distributori del Food & Beverage, pongono all’attenzione del Governo le gravi criticità e allo stesso tempo chiedono:

TORNARE A LAVORARE:

  • anticipare al 18 maggio l’apertura dei locali Horeca (Bar e Ristoranti), con protocolli di sicurezza e misure di distanziamento a tutela di lavoratori e clienti.

AIUTARE LE IMPRESE SU COSTI e LIQUIDITA’ con:

  • l’aumento del plafond per il credito d’imposta legato alla sanificazione dei luoghi e degli strumenti di lavoro;
  • l’estensione a 20 anni del periodo per la restituzione dei finanziamenti previsti dal Decreto Liquidità;
  • un indennizzo a fondo perduto pari al 50% del fatturato dei mesi di lockdown (marzo, aprile e maggio) oppure del 20% del fatturato dell’anno precedente;
  • Prevedere un credito di imposta per i crediti inesigibili derivanti dalla crisi COVID-19

SOSTENERE LA RIPRESA:

  • con una riduzione dell’aliquota IVA dal 22% al 10%, sui prodotti Beverage del fuori casa, al fine di incentivare i consumi nei prossimi mesi.

 

Il mercato del fuoricasa italiano che a fine 2019 ha sviluppato un giro di affari complessivo di 86 miliardi, pari all’8% dei consumi totali delle famiglie (Alimentari non alimentari e servizi), è uno degli assi portanti dell’economia del Paese, un emblema del made in Italy, fattore di attrazione turistica al pari del grande patrimonio architettonico paesaggistico, artistico e culturale che vanta il nostro Paese.

È un dovere di tutti proteggerlo e rilanciarlo, Assobirra, Assobibe, Mineracqua e Italgrob insieme alle aziende che rappresentano, sono pronte ad attuare ogni possibile azione per sostenere il settore. Un settore che tra distribuzione e pubblici esercizi da lavoro a circa 1,2 milioni di persone a cui si aggiungono le decine di migliaia di posti di lavoro delle aziende di produzione del Food & Beverage.

Posti di lavoro estremamente a rischio se non si interviene con misure urgenti ed adeguate. In questo difficilissimo momento è necessario l’intervento concreto dello Stato per superare la crisi in atto e rilanciare le prospettive di un settore vitale, sia dal punto di vista economico che sociale.

Michele Cason, Presidente di AssoBirra, sottolinea come “il settore birrario sostiene con forza la richiesta dell’intera filiera dell’industria delle bevande, di anticipare il prima possibile, naturalmente nel rispetto dei protocolli di sicurezza, la riapertura del canale della ristorazione, non oltre il prossimo 18 maggio. Contestualmente, nell’ambito della forte pressione fiscale che già oggi il comparto birrario subisce e su cui grava anche in aggiunta la più alta delle aliquote Iva, chiede che almeno per quanto riguarda i prodotti del settore bevande del canale Ho.Re.Ca. l’aliquota possa essere ridotta dall’attuale 22 al 10%, per incentivare la ripresa dei consumi”.

“Il fuori casa per il settore bevande analcoliche rappresenta ca il 40% del fatturato del settore – evidenzia Vittorio Cino, Presidente di AssoBibe – pertanto preoccupa molto il perdurare del blocco di questo canale e delle difficoltà che si ripercuotono nella filiera. Servono rassicurazioni subito per poter ripartire, con le dovute precauzioni per la sicurezza di tutti, e per affrontare una realtà che non sarà normale per un lungo periodo. Non possiamo permetterci una visione di breve periodo sulle attività economiche che, ricordo, generano posti di lavoro. Auspichiamo quindi interventi fiscali che liberino risorse per imprese e consumatori, lavorando anche sulle aliquote Iva che per la maggior parte degli alimenti è al 4 o 10% rispetto al 22% del beverage”.

Vincenzo Caso, Presidente di Italgrob sottolinea “come la prolungata chiusura del mercato Horeca abbia di fatto azzerato la liquidità lungo la filiera, dove gli operatori più danneggiati sono proprio i distributori impossibilitati ad incassare anche i crediti pregressi al lockdown. Far riaprire i locali è una priorità, ma nel rispetto di quella sicurezza che comunque imporrà nuovi e pesanti costi. È pertanto assolutamente necessario – ribadisce Caso – che vengano riconosciuti adeguati crediti di imposta, sia per gestire i nuovi protocolli di sicurezza, ad esempio per la sanificazione degli impianti spina, sia per recuperare in parte crediti oramai inesigibili. Se il Governo non interviene prontamente sono a rischio chiusura almeno 500 aziende di distribuzione, un danno incalcolabile per tutto il sistema HoReCa”.

Enrico Zoppas, Presidente di Mineracqua chiede che, nel rispetto dei protocolli di sicurezza, possano essere concesse misure eccezionali e contingenti per rilanciare i consumi “fuori casa” delle acque minerali naturali, emblema del made in Italy, e nel contempo dare adeguate garanzie occupazionali ai lavoratori della filiera.

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