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È morto Gaetano Bertani, uno dei padri dell’Amarone della Valpolicella

Uno dei padri dell’Amarone della Valpolicella, Gaetano Bertani, è morto ieri all’età di 84 anni. Proprio nell’anno della sua nascita, il 1936, nelle cantine di famiglia veniva coniato il termine “Amarone”, legato ancora oggi a uno dei vini più noti e prestigiosi d’Italia.

A dare la notizia della scomparsa è stata la famiglia, attraverso un posto sui social a firma della moglie Bianca, dei figli Giovanni e Guglielmo, di Romina, Skylar e dei piccoli Giovanni e Gaetano: “Gaetano Bertani ci ha lasciati. Con immenso dolore annunciamo la morte improvvisa di Gaetano Bertani fondatore e titolare di Tenuta Santa Maria nonché patron per moltissimi anni della Cav. G. B. Bertani”.

Gaetano oltre all’amore per la sua famiglia, si è dedicato fin dalle primissime annate di Amarone negli anni cinquanta ai vini di eccellenza, sua grandissima passione in cui non accettava compromessi.

Negli anni ’90 ha fondato Tenuta Santa Maria, il personale progetto vitivinicolo con cui ha ulteriormente sviluppato sua filosofia produttiva con vini come il Decima Aurea, il Torre Pieve e naturalmente l’Amarone Classico Riserva”.

I funerali si terranno martedì 1 dicembre, alle ore 10:30, presso la basilica di Santa Anastasia di Verona. Gaetano Bertani, bisnipote del fratello fondatore Gaetano, insieme ai figli Giovanni e Guglielmo portava avanti la tradizione e la filosofia della famiglia con l’azienda Tenuta Santa Maria di Negrar (VR).

Durante gli ultimi anni del 1900, Bertani è stato uno dei pochi vignaioli in Italia ad utilizzare metodi di impianto ad alta densità, applicando tecniche di produzione riconosciute internazionalmente e creando nuove etichette d’eccellenza, nel segno dell’equilibrio tra lo stile classico della famiglia Bertani e le novità in campo enologico.

Sono nati così vini come il Merlot Decima Aurea, lo Chardonnay Torre Pieve, il Soave Lepia Doc e Pràgal, accanto ai classici della Valpolicella, come il Ripasso Superiore e l’Amarone.

I figli di Gaetano Bertani – sesta generazione – condurranno ora Tenuta Santa Maria, che annovera vigneti in tre diverse valli del territorio veronese: Valpolicella, Val d’Illasi e Valpantena, con due sedi principali di attività vinicola, vinificazione, invecchiamento e imbottigliamento nelle tenute di Colognola ai Colli e alla Villa di Negrar in Valpolicella.

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Sicilia, addio a Diego Planeta, fondatore di Settesoli. Lunedì i funerali a Menfi

Diego Planeta si è spento ieri all’età di 80 anni. Lo storico fondatore di Cantine Settesoli si trovava nella sua Menfi, comune della Provincia di Agrigento che lunedì 21 settembre ospiterà i funerali.

Nato a Palermo nel 1940, Diego Planeta ha curato dal 1960 l’amministrazione delle aziende di famiglia, impegnate da diverse generazioni in attività agricole nelle province di Agrigento, Ragusa e Siracusa.

Nel 1958 ha conseguito il diploma in viticoltura ed enologia e nel 1960 ha lasciato gli studi universitari per occuparsi dei centinaia di ettari di proprietà. Col pallino delle varietà autoctone, trasforma vigneti e oliveti e avvia la produzione di vini e olio di alta qualità, esportati in oltre 30 paesi.

Nel 1964 ha partecipato alla costituzione di Cantine Settesoli, di cui è diventato presidente nel 1972. Negli anni Sessanta, Settanta e Duemila è stato presidente dell’Unione Provinciale Agricoltori di Agrigento.

Nel 1967 ha costituito a Vittoria la SIS, società per azioni che opera nel campo dei servizi per l’agricoltura, specializzata nelle attività di protezione e disinfestazione dei suoli. L’azienda, oggi presente sull’intero territorio nazionale, è attiva anche in produzioni specializzate, oltre che nella fornitura di assistenza tecnica per la produzione agricola e di servizi di marketing.

Dal 1985 al 1992 è stato presidente dell’Istituto Regionale della Vite e del Vino, di cui ha rivoluzionato l’assetto strutturale e organizzativo. Componente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino e del Consiglio della Confederazione Italiana della Vite e del Vino, dal 2001 ha ricoperto il mandato di vice-presidente di Assovini Sicilia.

Dal 2002 ha fatto parte del Consiglio Scientifico di Agrinnova (Università di Torino) e dal 2003 della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare (Università di Parma). Per il contribuito al processo di internazionalizzazione della Sicilia, nel 2003 è stato insignito del Premio Florio, oltre alla nomina a cavaliere del lavoro.

A compimento di una straordinaria carriera nel mondo dell’agricoltura, nel 2004 è stato nominato membro aggregato dell’Accademia dei Georgofili e gli è stata conferita la laurea honoris causa in scienze agrarie dall’Università di Palermo.

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È morto Giacomo Bulleri. Addio a un simbolo della ristorazione italiana

Si terranno lunedì 9 settembre alle 14.45, nella Chiesa di Santa Maria della Passione di via Conservatorio a Milano, i funerali di Giacomo Bulleri, morto ieri notte all’età 94 anni. Se ne è andato un uomo simbolo della grande ristorazione italiana.

Nel 2017 il New York Times intitolava a piena pagina “The man who cooked for Italy”. Giacomo, l’uomo che cucinava per l’Italia, e non solo, dati gli innumerevoli personaggi internazionali che si sono avvicendati per più di sessant’anni nei suoi locali.

Nato a Collodi, in Toscana nel 1925, si trasferisce giovanissimo a Torino, dove inizia a lavorare “a bottega” e a carpire i segreti della maestria della cucina italiana. Nel 1958 apre a Milano il suo primo ristorante, Trattoria Da Giacomo in via Donizetti, in cui prende forma la sua visione filosofica di un’arte culinaria che, basandosi sulla tradizione italiana, si arricchisce di spunti ogni volta diversi, avendo sempre come fulcro essenziale la qualità della materia prima. In questo luogo si sono avvicendate figure quali la Callas, Kissinger, Versace, Mondadori, Montanelli, Letizia e Gianmarco Moratti.

L’incontro con l’architetto Mongiardino, avvenuto lì in quegli anni, segna una svolta per un nuovo slancio creativo nella filosofia di Giacomo. Sancisce l’importanza del connubio tra la sua ormai riconosciuta visione della cucina e l’importanza della cura e dell’estetica del luogo che l’accoglie. Due universi distinti che devono dialogare insieme per creare un‘ armonia perfetta.

Così dal 2009 sorgono a poco a poco in un connubio fecondo tra la figlia di Giacomo Tiziana e il genero Marco Monti con lo Studio Peregalli, altri ristoranti che, come li definisce il NYT “the most exquisite restaurants in Milan, if not the world”, confermano e proseguono la sua visione. Giacomo in questi luoghi è sempre stato presente.

Non era raro quindi incontrarlo intento a osservare ogni dettaglio con spirito critico e scambiare battute sagaci con figure come Franca Sozzani, Mike Bongiorno, Michelle Obama, Woody Allen, Maradona, Morgan Freeman, Mick Jagger, Madonna, Rania di Giordania diventati ormai amici.

Il carattere di Giacomo Bulleri e la sua passione per la cucina, con una attenzione maniacale per ogni particolare, che lo portava a redarguire anche negli ultimi tempi i cuochi dei suoi locali senza alcuna concessione, ha portato la sua filosofia a trasformarsi in un universo che si è espanso sul territorio creando altri luoghi di incontro nella città fino a segnare la sua presenza nella sua Toscana, l’anno scorso, nella città d’arte Pietrasanta.

La sua fedele amica Elisabetta Sgarbi nel 2013 ha voluto consacrare la sua filosofia e i suoi luoghi con un libro dal titolo “Ricette di vita”. Il mondo di Giacomo, applaudito e riconosciuto a Milano con l’Ambrogino d’oro e l’insegna di Negozio Storico della Regione Lombardia, continua con passione e maestria attraverso l’opera di Tiziana Bulleri e Marco Monti e rappresenta una sorta di eccezione nel panorama della ristorazione con una gestione che rimanendo saldamente famigliare e italiana ha una forte risonanza nel mondo.

“Coloro che desiderassero visitare la salma – fa sapere la famiglia – potranno recarsi presso la casa funeraria di Piazza Mistral 9 a Milano, domenica 8 settembre dalle 9 alle 18 e lunedì mattina dalle 9 alle 12”.

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