Categorie
Food Lifestyle & Travel

Polpette di lenticchie: la cucina vegan strizza l’occhio al sapore

ricetta polpette di lenticchie abbinamenti vino
Mai pensato di utilizzare un legume come le lenticchie, tipico delle festività, in gustose polpette? Non c’è problema: ecco la ricetta per realizzarle, “In cucina con Fede”. Si tratta di un piatto capace di accontentare i palati di tutti, anche se attribuibile alla cucina tipicamente vegana. Una volta servite, non sarete più in grado di smettere di mangiarle: una polpetta di lenticchie… tira l’altra! La spesa da affrontare per l’acquisto degli ingredienti per quattro persone è di circa 6 euro.

Quantità per: 4 persone
Realizzazione: abbastanza difficile
Vino in abbinamento: Barbera dell’Oltrepò Pavese; Freisa D’Asti; Syrah; Gewurztraminer

TI SERVE

  • 500 gr di lenticchie
  • 3 cm di zenzero fresco
  • Succo di mezzo limone
  • Un mazzetto di coriandolo fresco
  • 1 cipolla bianca
  • 1 cucchiaio di cumino
  • 3 cucchiai di farina
  • 1 cucchiaino di bicarbonato
  • Olio per friggere

PREPARAZIONE

1. Metti le lenticchie in un contenitore abbastanza grande da contenerle tutte e aggiungi l’acqua fino a ricoprirle. Lasciale così per almeno 3 ore, in questo modo velocizzerai il tempo di cottura.

2. Cuoci le lenticchie in una casseruola con la cipolla, il sale e un po’ d’acqua (o per avere più sapore utilizza del brodo vegetale). Ci vorrà almeno mezz’ora.

3. Una volta che le lenticchie sono morbide mettine metà nel frullatore con lo zenzero, il coriandolo, il succo del limone, il cumino, la farina e il bicarbonato e riduci il tutto in purea. L’altra metà delle lenticchie tienile da parte come contorno alle polpettine.

4. Forma le polpette e mettile a raffreddare nel frigo per mezz’ora.

5. Scalda l’olio in una padella. Quando raggiunge i 175° (se non hai un termometro da cucina capisci che l’olio è pronto quando comincia a fare delle bollicine) butta le polpette 2 o 3 per volta e cuocile finché non si dorano.

Categorie
visite in cantina

Piemonte, alla Erede di Chiappone Armando rivive il vitigno autoctono Freisa d’Asti

Dall’alto della collina, sulla terrazza panoramica di Cascina San Michele, lo spettacolo è di quelli che mozzano il fiato. Vigneti che si perdono a vista d’occhio, baciati da un Sole che abbraccia l’intero arco alpino. Siamo in provincia di Asti, lungo strada San Michele, sopra Nizza Monferrato. Un antico borgo dove il tempo sembra essersi fermato, se non ci fosse il campanile di una piccola chiesetta a scandirlo di rintocchi.

Qui, il vignaiolo ed enologo Daniele Chiappone ha raccolto il testimone dello zio Armando, classe 1908, fondatore di quella che oggi è l’azienda vitivinicola Erede di Chiappone Armando. Una piccola realtà, che nel mondo globalizzato odierno si potrebbe ascrivere alla fantascienza.

Già, perché accanto a Daniele ci sono solamente il padre e la madre Diliana, oltre alla sorella Michela. In quattro, a dividersi la fatica e il sudore (ma anche le grandi soddisfazioni) di 10 ettari di vigneti di proprietà più 2 in affitto, situati nel circondario di Cascina San Michele.

Dodici ettari di passione, e una bella fetta di coraggio. Alla Erede di Chiappone Armando, mezzo ettaro è dedicato infatti a un vitigno autoctono piemontese, sempre più raro e prezioso: il Freisa d’Asti. Un uvaggio poco noto al ‘grande pubblico’, che regala tuttavia vini rossi fermi di grande carattere e pregio.

Nulla a che vedere, insomma, con quelli che giungono sulle tavole degli italiani grazie alla grande distribuzione organizzata, dove il Freisa è presente nella sua versione vivace (vedi il Duchessa Lia), rinfrescante e di facile beva. Sanpedra è il nome di fantasia che Daniele ha voluto dare alla sua Freisa d’Asti Doc.

Di colore rosso rubino con riflessi granati e viola, regala al naso sensazioni floreali e di erba, ben bilanciate con quelle di spezia. In bocca è un vino rotondo, di gran carattere, con tannini eleganti ed equilibrati. A guidare alla degustazione è praticamente l’intera famiglia Chiappone, nella sala ad hoc di Cascina San Michele.

L’annata di questo splendido Freisa è la 2009, dotata di gran carica alcolica: 14,5%. Delizioso l’accostamento di questa bottiglia alla selvaggina, ma anche alla carne cruda del posto, come l’incomparabile salsiccia di Bra battuta al coltello.

“La filosofia aziendale – spiega Daniele Chiappone – è quella di voler produrre vini di elevatissima qualità e personalità, che rispecchino le caratteristiche di tipicità del territorio. Questo in pratica si traduce in un lavoro meticoloso e tempestivo nella gestione del vigneto e nelle operazioni di vinificazione in cantina. Così facendo si vuole avere sempre il massimo di qualità nel vigneto, in modo da poterlo poi ritrovare in bottiglia”.

Il progetto per il futuro è quello di ampliare la superficie vitata, ma senza snaturare la filosofia ormai più che centenaria dell’azienda. “Seguiamo e seguiremo per la gestione della lotta ai parassiti vegetali e animali della vite un piano agroalimentare regionale di lotta integrata – spiega Daniele Chiappone – che prevede un continuo controllo sull’uso e sui quantitativi dei prodotti di sintesi da parte della stessa Regione Piemonte”.

Alla Erede di Chiappone Armando, oltre al fiore all’occhiello costituito dal Freisa d’Asti, tra l’altro segnalato dalla stessa associazione Slow Food per l’alto livello di qualità raggiunto, si coltivano principalmente Barbera, Dolcetta e Favorita.

Ottimo il Barbera d’Asti superiore Nizza Doc “Ru”, un vino nuovo dal momento che la sottozona di produzione Nizza è nata nel 2000, raggruppando 18 territori comunali con caratteristiche viticole omogenee. La Erede di Chiappone Armando produce poi “Brentura”, un Barbera d’Asti piacevole, con note di frutta fresca e acidità ben bilanciata, in cui spicca la “fruttosità” dei migliori Barbera. Anche il Dolcetto D’Asti “Mandola” è fruttato e presenta la tipica sensazione di mandorla, che conferisce morbidezza alla bevuta.
C’è poi il Monferrato bianco doc “Valbeccara”, che ricorda il Cortese e la Favorita. Ed è possibile trovare anche l’inconsueto rosso da tavola “Stagera”, un passito di Barbera: le uve, dopo un primo appassimento in vigna, vengono raccolte e fatte appassire ancora in cascina.
Ne scaturisce un vino di grande struttura, ottimo per l’abbinamento con i formaggi e la pasticceria. “San Michele” è il nome del vino aromatizzato Barbera Chinato, dolce e amaricante. Chiude il quadro la grappa di Barbera d’Asti Nizza, ottenuta per affinamento di vinacce Barbera Nizza in rovere francese: incredibilmente morbida, al naso regala frutta fusa a note di cacao dolce e vaniglia.
Exit mobile version