Movimenti e alleanze in corso in Europa sul fronte della viticoltura biodinamica. Demeter Austria e respekt-BIODYN, altra associazione che raggruppa vignaioli votati ai principi steineriani – tra cui gli italiani Foradori (Trentino) e Manincor (Alto Adige) – si sono presentate con un calendario di eventi comuni in occasione dell’ultima edizione di vino VieVinum di Vienna, tra gli eventi di punta del vino austriaco.
«L’obiettivo – spiega Niki Moser della tenuta Sepp Moser, portavoce di Demeter Austria (nella foto, a sinistra) – è una viticoltura rigenerativa e sostenibile. L’etichetta con cui questo avviene è di secondaria importanza».
Questo parere è sempre più condiviso tra i viticoltori delle associazioni biodinamiche Demeter Austria e respekt-BIODYN. Da diversi anni offriamo formazione ed eventi comuni, ci sosteniamo a vicenda e ci scambiamo idee».
Per Demeter Austria hanno aderito Rudolf Fidesser, Robert Gassner, Niki Moser/Sepp Moser, Manuel Ploder/Ploder-Rosenberg, Niki Saahs/Nikolaihof, Georg Schmelzer, Johannes Trapl, Johannes Zillinger. Per resspekt-BIODYN Clemens Busch, Kurt Feiler Feiler-Artinger, Michael Goëss-Enzenberg/Manincor, Fred Loimer, Hansjörg Rebholz, Alexander Sattler/Sattlerhof, Fritz Wieninger, Emilio Zierock/Foradori.
LA VITICOLTURA BIODINAMICA IN AUSTRIA
Le linee guida dell’agricoltura biodinamica, basate sul Corso di Agricoltura dell’antroposofo Rudolf Steiner, esistono da poco meno di cento anni. Le prime tre cantine Demeter sono state certificate nel 1999 e oggi circa 80 viticoltori lavorano secondo le loro linee guida.
Molte aziende, tuttavia, utilizzano l’agricoltura mista. I vigneti vengono coltivati come «organismi agricoli viventi, adattati individualmente ai rispettivi terroir», su una superficie totale di circa 800 ettari. Il portavoce di questo gruppo di viticoltori è Niki Moser, della tenuta Sepp Moser.
Respekt-BIODYN è conta nel 2022 ventotto membri, con trentuno aziende in Germania, Italia, Austria, Slovenia e Ungheria. È stata fondata nel 2007, con l’obiettivo di «lottare insieme per una sempre maggiore qualità e individualità del vino».
Michael Goëss-Enzenberg, della tenuta altoatesina Manincor, dirige l’associazione in qualità di presidente. Il suo vice è l’enologo della Kamptal, Fred Loimer (nella foto sopra, a destra).
Respekt-BIODYN si è affermata negli ultimi anni a livello internazionale, accanto a Demeter e Biodyvin, come una forza importante e trainante nella viticoltura biodinamica. In totale, i membri di respekt coltivano una superficie di circa 1.010 ettari.
Siamo in Bassa Austria, nel Weinviertel, con il Riesling in purezza prodotto dalla tenuta Sepp Moser. Si tratta della cantina guidata dal portavoce di Demeter Austria, Niki Moser.
Alla vista, il vino si presenta del canonico giallo paglierino, con lievi riflessi verdolini che ne sottolineano la gioventù. Naso intenso ed elegante, dominato da ricordi d’agrumi: netto il pompelmo.
Non manca la frutta a polpa gialla (una nettarina polposa), così come richiami floreali freschi. Deciso e giustamente affilato il sorso, che scivola su note perfettamente corrispondenti al naso. Centro bocca e chiusura sferzate dalla freschezza tipica del vitigno. Un Riesling all’inizio del suo percorso di vita pluridecennale.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
“Teroldego Evolution” per i romantici. “Teroldego Revolution” per chi ama metterci del pepe. Di certo, un modo per controbattere alla “involution” di un territorio che “declassa a vino sfuso il 50% delle uve potenzialmente Doc” e si presta morfologicamente alla produzione industriale: il Trentino della Piana Rotaliana, dove 9 cantine hanno unito le forze per proporre un Teroldego di qualità. Degno della Docg.
Se ne parla per davvero, dalle parti di Mezzocorona (TN). Eppure, l’idea di assurgere il vino simbolo del territorio alla Denominazione di origine controllata e garantita, non vede concordi neppure le aziende della Teroldego Evolution-Revolution. Almeno alle condizioni prospettate dal Consorzio Tutela Vini del Trentino.
“Non c’è ancora nulla di certo – spiega a WineMag.it il presidente del gruppo di viticoltori, Francesco De Vigili – ma pare che l’idea sia quella di proporre una Docg del Teroldego con rese di 80 quintali per ettaro. Una cifra che pare oggettivamente una forzatura, considerando tutti gli attori in gioco”.
La proposta delle 9 cantine della Teroldego Evolution-Revolution (De Vescovi Ulzbach, De Vigili, Marco Donati, Dorigati, Endrizzi, Foradori, Gaierhof, Martinelli e Zeni) come precisa ancora De Vigili, verterebbe piuttosto sui 90 quintali.
O, piuttosto, su un ritorno alle origini, anche senza Docg, per iniziare un percorso di “Evoluzione”-“Rivoluzione”: 130 quintali per ettaro, “come nel sensato disciplinare degli anni Settanta, poi rivisto e modificato al rialzo fino a quota 170 quintali, che finiscono per alimentare lo sfuso e danneggiare l’immagine del Teroldego Rotaliano“.
“La revisione del disciplinare dalla Doc – commenta Francesco De Vigili – è per noi una priorità nel 2020. In quel contesto ci piacerebbe parlare anche di zonazione, dal momento che si tratta di un’area circoscritta a soli 440 ettari, ma con differenze abissali a livello di microclima e terreno, capaci di dar vita a vini diversi dal medesimo vitigno”.
La porzione di Piana Rotaliana in cui è consentita la produzione di Teroldego Rotaliano è quella compresa nei comuni di Mezzolombardo, Mezzocorona e nella frazione di Grumo del comune di San Michele all’Adige, tutti in provincia di Trento. Due i “grandi cru”: “Pasquari” ed “Enti chiari“.
Una conoide di origine glaciale, contenuta tra due monti e sferzata da un lato dalle correnti fredde del valico della Rocchetta, provenienti dall’Adamello e dal Brenta; dall’altro dal vento mite noto come “Ora del Garda“.
Che un tempo la Piana Rotaliana fosse occupata dalla morena di un ghiacciaio lo dicono le strisce longitudinali ben visibili sui monti, a varie altezze: il segno della pressione del ghiaccio sulla roccia, che ha lasciato “tacche” indelebili. Il resto lo ha fatto il fiume Noce schiantandosi nell’Adige, alle porte di San Michele.
I sedimenti, più o meno argillosi, calcarei e granitici, sono stati appianati dall’uomo sin dai tempi dei Celti e dei Reti, ben prima che il “Teroldego” diventasse noto come “Tiroler gold“, ovvero “l’Oro del Tirolo”.
Secondo alcune ricostruzioni locali, il nome del vitigno trentino deriverebbe piuttosto dalle “Teroldeghe“, ovvero gli appezzamenti di terreno riservati storicamente alla coltivazione del Teroldego. Di certo, la prima citazione risale a un rogito notarile del 1490. Storicità, autenticità e tradizione di un autoctono che merita grande rispetto.
LA TEROLDEGO EVOLUTION-REVOLUTION IN 9 ETICHETTE
Teroldego Rotaliano Doc 2018, De Vigili: 89/100
Rubino intenso, unghia violacea, impenetrabile. Floreale fresco di viola, frutta matura, prugna, lampone, mora, marasca. Spezia piena, calda come la cannella, pepe nero accennato. Ottima corrispondenza gusto olfattiva, tannino elegante, morbido, setoso. Gran freschezza e salinità, che accompagna fino al lungo fine-sorso.
Teroldego Rotaliano Doc 2018, Dorigati: 89/100 Varietale in grande spolvero ma, a differenza del precedente campione, la vinificazione in legno di rovere ammorbidisce il sorso e gli conferisce una leggera nota tostata. Non manca la speziatura, sempre calda e leggera. Vino che si potrebbe definire in stile Beaujolais, per il frutto, l’eleganza, la freschezza.
Teroldego Vigneti delle Dolomiti Igt 2017 “Morei”, Foradori: 92/100
Vinificato in anfora a contatto sulle bucce, poi cemento. Varietale esploso al naso: frutti di bosco, balsamicità mentolata, leggera spezia come la curcuma, intrigante. In bocca più verticale di quanto faccia presupporre il naso. Freschissimo, ritorni fruttati e tannino vivo. Un vino di prospettiva, che allunga su frutto, menta e spezia. Necessario dargli tempo nel calice, affinché si esprima al meglio.
Teroldego Rotaliano Doc 2017 “Lealbere”, Zeni: 85/100
Colore più trasparente degli altri e corredo più “leggero”. Frutta molto matura, prugna disidratata, mela cotogna, marasca, carruba, confettura di fragola. In bocca corrispondente, con chiusura vagamente amara.
Teroldego Rotaliano Doc 2016 “Leoncorno”: 92/100
Naso splendido, che porta per certi versi in Francia, a Bordeaux, o in Toscana, a Bolgheri. Immensa concentrazione, menta, stecco di liquirizia. In bocca entra dritto, per poi ammorbidirsi e tornare nuovamente sulle durezze, con una nota salina e un tannino molto elegante. Vino che gioca una partita a sé, nel contesto della batteria della Evolution-Revolution. Un nettare decisamente gastronomico, che chiama il piatto.
Teroldego Rotaliano Doc Superiore 2016, Gaierhof: 87/100
Vino semplice ma ben fatto, connotato dalla precisione del frutto e da una speziatura leggera, al naso. Bella freschezza al palato, che dialoga bene con la parte fruttata, conferendo un buon equilibrio. Bell’allungo fresco.
Teroldego Rotaliano Doc 2016 “Sangue di drago”, Az. Agr. Marco Donati: 94/100
Frutta giustamente matura, legno in sottofondo a completare e incomplessire il corredo, senza prevalere. Composta di mirtillo, menta, brace leggerissima. Un naso molto complesso in cui fa la sua comparsa l’agrume, ma anche una vena talcata. In bocca straordinariamente beverino, fresco, su frutta, cannella, arancia candita. Chiude su note di fondo di caffè, tostatura e caramella mou, molto ben integrate col frutto.
Teroldego Rotaliano Doc 2016, De Vescovi Ulzbach: 87/100
Il naso più “mediterraneo” di tutti, tra spezia, mirto, liquirizia e chiodo di garofano che giocano sulla linea della frutta matura e su un accenno di pietra bagnata. Bella freschezza al palato. Chiusura ancora una volta equilibrata, tra minerale e frutto.
Teroldego Rotaliano Doc 2015, Martinelli: 91/100
Gran bel naso, ben oltre il frutto nero, più che rosso. La nota freschissima e balsamica della mentuccia, lo stecco di liquirizia, l’accenno minerale, lo rendono intrigante e distintivo. In bocca una gran pulizia, che sfocia in una chiusura altrettanto precisa, tra la spezia e il sale. Vino più che mai beverino e godibile, grazie all’ottima freschezza. Un Teroldego che ha ancora tanto da dire, in prospettiva.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
TRENTO – Si terrà a Trento, dal 21 al 25 marzo 2018 ViniferaForum, una settimana dedicata al vino artigianale, a coloro che lo producono e lo amano.
Protagonisti dell’evento saranno i vignaioli del territorio alpino e prealpino, coinvolti in un programma che culminerà sabato 24 e domenica 25 marzo nel Salone dei vini artigianali presso il Polo Fieristico di Trento.
Gli incontri di ViniferaForum, le visite in cantina, le degustazioni e la mostra-mercato saranno aperti alla partecipazione di addetti al settore, winelover e a tutto il pubblico interessato a conoscere le caratteristiche della viticoltura artigianale e sostenibile.
Oltre 50 vignaioli provenienti dall’arco alpino (regioni cisalpine più Austria e Slovenia), proporranno a ViniferaForum in degustazione e vendita le proprie etichette in un evento di rilievo nazionale che celebra l’eccellenza della produzione vinicola orientata alla sostenibilità e alla biodiversità.
Portare l’attenzione sulle specificità del terroir alpino significa apprezzare al meglio le peculiarità di quest’area montana, con un focus particolare sullo stretto rapporto fra territorio e produzione vitivinicola.
OBIETTIVI DELL’EVENTO
ViniferaForum si propone di valorizzare le grandi produzioni vinicole artigianali, favorendo la consapevolezza del ruolo della produzione agricola e delle scelte dei consumatori nella cura del territorio e nella salvaguardia della cultura vitivinicola.
Al centro di Vinifera c’è infatti la possibilità per il pubblico di incontrare i vignaioli alpini e gli operatori del settore nel segno del confronto, tessendo legami tra esperienze locali e favorendo il dibattito su questa scelta produttiva che suscita attenzione crescente nel settore.
IL PROGRAMMA
Due i momenti principali dell’evento, il Forum e il Salone dei Vini. Il Forum (21-23 marzo) rappresenta l’essenza della manifestazione: per tre giorni Trento sarà al centro della viticoltura alpina ospitando conferenze, degustazioni e visite in cantina che avranno per protagonisti realtà trentine e da fuori provincia per stimolare il confronto sui temi dell’agricoltura artigianale e sostenibile.
Le conferenze tematiche, con l’intervento di esperti di enologia, viticoltura e politiche agricole, verteranno sui temi dei vitigni resistenti, della ricerca enologica, dell’agricoltura di montagna e delle iniziative a sostegno dell’agricoltura biologica. In programma anche visite guidate presso i vigneti e le cantine di aziende locali (Foradori) e degustazioni guidate in vari luoghi della città.
Nel Salone dei Vini, aperto al pubblico sabato 24 e domenica 25 marzo, dalle 11 alle 19, i produttori proporranno in degustazione i vini nei rispettivi stand, con la possibilità per i visitatori di acquistare direttamente le bottiglie.
Oltre al percorso di degustazione libera, accessibile con l’acquisto del calice al prezzo di 15 euro, sarà possibile partecipare al ricco programma di degustazioni guidate e conferenze.
Gli appassionati assaggiatori potranno inoltre avventurarsi in sentieri limitrofi al “di-vin percorso” grazie alla presenza di una rosa di artigiani del gusto che accompagneranno il Salone: produttori artigianali di cibo provenienti dal Trentino e un servizio ristorazione attivo nei due giorni del Salone, per palati attenti alla qualità, alla genuinità e alla tradizione.
VINIFERA Vinifera è un evento promosso dall’Associazione Centrifuga, nata dall’incontro di un gruppo di persone accomunate dalla passione per l’enologia e attiva nell’ambito della produzione biologica e sostenibile in campo agricolo e vitivinicolo.
Winemag.it, giornale italiano di vino e gastronomia, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online, sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze dell’enogastronomia italiana e internazionale. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, vincitore di un premio giornalistico nazionale nel 2024. Editiamo con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Apprezzi il nostro lavoro? Abbonati a Winemag.it, con almeno un euro al mese: potrai così sostenere il nostro progetto editoriale indipendente, unico in Italia.
E’ la “fiera” nel cuore di tanti amanti della viticoltura “autentica”, “naturale”. Siamo a Fornovo di Taro, in provincia di Parma, per “Vini di vignaioli – vins des vignerons”. Una rassegna giunta ormai alla sedicesima edizione.
La fiera dei vignaioli artigiani si tiene sempre nello stesso tendone. La differenza è che, negli anni, è sempre più affollato. Di appassionati, sì. Ma anche di produttori. Sempre più “vignaioli” e sempre meno “imprenditori del vino”. Perché a Fornovo, il vino è inteso come risorsa alimentare corroborante e salutare, come è stata riconosciuta nei secoli. E non come bevanda che può essere alterata e corretta correggendo i costituenti.
La giornata di lunedì 6 novembre è uggiosa. Piove, come capita spesso nel periodo di inizio novembre. Il tendone posizionato all’inizio del paese, sulle sponde del Taro, è fatiscente. In alcuni angoli piove dentro. Ma lo spazio, quest’anno, è meglio distribuito e l’organizzazione ha apportato qualche modifica che rende la disposizione dei vignaioli più confortevole per i visitatori: 163 produttori, di cui 9 stranieri. Questi i nostri migliori assaggi. O, meglio, i più interessanti.
Manzoni bianco Fontanasanta 2016. macerazione di 5/7 giorni, poi affinamento in legno di acacia per 12 mesi. Colore giallo paglierino intenso, naso esplosivo di fiori e frutta bianca, con inserti di note tropicali. Al palato rimane concorde: bel glicine e continua frutta a polpa bianca e gialla, un discreto sale e un legno ancora da amalgamare.
Pinot grigio Fuoripista 2016. Macerazione in anfora per 8 mesi, poi un rapido passaggio in vasca solo per la decantazione. Vino dal colore rosa tenue tendente al chiaretto, sorprendentemente limpido e trasparente. Al naso fragoline e spezie in un mix quasi orientale. La bocca è complessa e lunga, fresca e avvolgente. Un leggero tannino accarezza le mucose e chiude il sorso lasciando la bocca immediatamente pulita. Dalla prima annata, la 2014 – tra l’altro non proprio facile, bisogna riconoscerlo – ad oggi, l’evoluzione di Elisabetta Foradori è convincente.
Perciso 2016. Elisabetta, insieme ad altre 10 aziende (Castel Noarna, Cesconi, Dalzocchio, Eugenio Rosi, Maso Furli, Mulino dei lessi, Gino Pedrotti, Poli Francesco, vignaiolo Fanti e Vilar) ha formato un consorzio, “I dolomitici”, con l’intento di valorizzare l’originalità e la diversità dell’agricoltura trentina. Nell’ambito di questo progetto nasce il “Perciso”, vino dedicato a Ciso, contadino locale che ha consegnato nelle mani di questi 11 amici una vigna di Lambrusco a foglia frastagliata a piede franco, i cui 727 ceppi sono stati piantati ad inizio 1900.
Vino ottenuto da lunga macerazione e affinamento per 10 mesi in legno grande. Un vigneto storico, un’uva rara, espressione di quella tipicità trentina che il Consorzio punta a valorizzare. Con successo. Vino dal colore rosso porpora carico , limpido. Naso di frutta rossa di sottobosco, non ha mezze misure e in bocca è dritto, schietto, con una discreta acidità e freschezza e una buona persistenza. Si fa bere facile, non è per niente segnato dal legno. Molto interessante. Considernado gli esemplari in commercio (2500) una vera e propria chicca.
Agr. Radikon , Gorizia (GO), Friuli Venezia Giulia
Ribolla 2010. Sasa Radikon qui non sbaglia mai. La vinificazione dei bianchi di casa Radikon è la stessa per tutte le uve: 4 mesi di macerazione, più 4 anni di affinamento in botte, più 2 anni di bottiglia. L’orange wine per definizione dopo quelli di Josko Gravner. Il colore è un giallo carico, dorato. Profumi di spezie, fiori appassiti, frutti canditi, miele, albicocca matura, rabarbaro e un accenno di zafferano. La compessità olfattiva accontenterebbe di per sè già il più scettico dei degustatori. Ma in bocca si completa. Di sottofondo il retro olfattivo aromatico. E in prima linea un tira e molla tra acidità, freschezza e tannino. Con chiusura sapida e minerale. Una meraviglia. Stop.
Agr. Ausonia , Atri (TE), Abruzzo
Qui ci imbattiamo in una mini verticale di Cerasuolo, annate 2016 , 2015 e 2014. Il Cerasuolo di Simone e Francesca, due giovani mantovani con la passione per l’agricoltura e per il vino, è una storia meravigliosa.
Simone lascia la farmacia e Mantova e insieme alla compagna si trasferisce in Abruzzo, dove dal 2008 inizia l’avventura. Siamo ad Atri, nell’entroterra teramano, a 270 metri sul livello del mare. Dodici ettari piantati a Trebbiano, Montepulciano e Pecorino.
Il Cerasuolo effettua una macerazione velocissima, di poche ore, massimo 10 (la 2014, “annata scarica”, ha fatto una notte intera in macerazione, ci racconta Simone) per poi passare senza bucce per la fermentazione in acciaio, dove completa anche la malolattica.
L’annata che convince di più è la 2015: meglio delle altre esprime le caratteristiche splendide di questo vino. Il colore rosato, quasi lampone (un rosa “Big Babol” ). Naso di piccoli fruttini rossi, lampone appunto, ma anche ribes, fragoline e sfumature di violetta. Bocca sapida, fresca e minerale. Uno di quei vini da scolarsi senza ritegno, in estate, a bordo piscina. O in spiaggia.
Az- Agr. Franco Terpin, San Fiorano al Collio (GO), Friuli Venezia Giulia
Qui, dal buon Franco Terpin, ci accoglie la moglie. Già è di poche parole lui. Lei? Gli fa un baffo. Versa, versa e versa. Ma non fatele troppe domande. Assaggiamo Sauvignon 2011 e Pinot grigio 2012, senza rimanere a bocca aperta come invece ci era capitati a VinNatur per il Sauvignon 2010. Il colpo arriva quando meno te lo aspetti. Mentre stai andando via, un po’ deluso, vedi spuntare una magnum con etichetta tutta nera e orange, con un disegno stile “gta”. Lì si fermano tutti.
Compresi quelli di spalle, pronti ad abbandonavano il banchetto. I malfidenti. Si sente sollevarsi un “Oooh, mmmh, wow”, dai pochi rimasti lì davanti. Il gioco è fatto appena metti il naso nel bicchiere. Parolaccia. Clamoroso. Ci dicono Malvasia, ma da un’attenta ricerca il Bianco Igt delle Venezie “il legal” esce senza specifiche di vitigno. Anzi, una specifica c’è. E’ il bianco fatto da uve “non so”:a base Malvasia, sicuramente. Ma con altri uvaggi che non ci è dato sapere.
Il naso è di quelli ipnotici, magnetici, non riesci a staccarlo dal bicchiere. Uno di quei vini che ti accontenti anche solo di annusare, non importa la bocca, talmente è appagante l’olfazione. Non serve altro. Proviamo a dare qualche descrittore. Non sappiamo nulla della vinificazione, dell’affinamento. Il naso inizia sull’uva sultanina, poi frutta bianca matura, pesca, albicocca secca.
Ma anche miele e note di caramello. In bocca, a dir la verità, ha convito meno tutta la platea, peccato. Bella acidità e mineralità, ma chiude forse troppo corto per l’aspettativa che aveva creato nel pubblico estasiato. E’ giovane e “si farà”. I presupposti ci sono tutti. Comunque il naso più roboante dell’intera giornata.
Agr. Eno-Trio, Randazzo (Ct), Sicilia
Giovane cantina, nata nel 2013. Fino a qualche hanno fa conferiva le uve ad altri produttori. Siamo in contrada Calderara, una delle più vocate del versante nord dell’Etna. Si coltiva Nerello mascalese, Pinot nero, Carricante e Traminer aromatico, Grenache e Minnella nera. Un bel mix. Il Traminer prende vita a 1100 metri sul livello del mare, i rossi più in basso. Le vigne di Nerello sono tutte pre filossera a piede franco, con più di cento anni di vita. Ottima tutta la gamma.
Il Pinot nero 2015, viti di quasi 40 anni, macerazione per 6-8 giorni, dopo la fermentazione e la svinatura passa in acciaio per completare la malolattica. Affina in barrique e tonneau per 16 mesi. Colore porpora con unghia violacea, naso bellissimo di marasca e frutti rossi. In bocca è fresco, non si sente per niente il legno, bella acidità, chiusura morbida, avvolgente. Chi dice che l’Etna è la nostra Borgogna non sbaglia, davanti a vini come questo. Un vino incantevole.
Il botto arriva però col Nerello mascalese 2014, 18 mesi di barrique e tonneau. Rubino fitto, naso commovente, frutto dolce e spezia. Ciliegia matura, prugna, mora, china su tutti, ma anche pepe e balsamico. Sorso appagante, fresco, tannino morbido, levigato, bel corpo sostenuto nel centro bocca e un finale persistente. Grande vino.
Az. Agr Stefano Amerighi, Poggio bello di Farneta – Cortona (AR), Toscana
Stefano Amerighi, l’uomo che ci regala il Syrah più buono dello stivale, non lo scopriamo certo adesso e soprattutto non grazie a chi lo ha premiato quest’anno come “vignaiolo dell’anno”. Amerighi è da tempo una garanzia. Lui e il suo Syrah.
Apice 2013. La selezione è un mostro che potrebbe tenere testa a qualche rodano importante. Complesso, spezia, fumé, frutta, non ti stancheresti mai di berlo. In bocca è talmente equilibrato e armonico che non finisce mai di farti scoprire piccole sfaccettature. Lunghissimo.
Az . Agr. La Stoppa , Rivergaro (PC) , Emilia Romagna
La realtà di Elena Pantaleoni è ormai conosciuta oltre i confini nazionali, specie per gli ottimi vini rossi a base soprattutto Barbera e Bonarda e per il noto Ageno, vino a lunga macerazione da un uvaggio di Trebbiano, Ortrugo e Malvasia di Candia.
Noi però siamo qui per uno dei vini più incredibili della fiera e dello stivale in toto: il Buca delle canne. Il vino prende il nome da una conca, appunto la “buca delle canne”, dove Elena ha piantato Semillon, tanto per intenderci l’uva principe da cui si ricava il Sautern.
Qui, a causa proprio della conformazione geografica e pedoclimatica, in alcuni anni le uve vengono colpite dalla muffa nobile, la Botrytis cinerea. Pigiatura solo degli acini colpiti dalla muffa, con torchio verticale idraulico, 10 mesi di barrique di rovere francese e almeno 2 anni di bottiglia per una produzione annua di soli 500 esemplari in bottiglia da 0,50 litri.
Giallo dorato con riflessi ambrati, il naso è ciclopico così come la bocca, tutta la gamma della frutta passita in una sola olfazione. Fichi secchi, canditi, agrumi, scorza d’arancia e poi zafferano, curcuma, mallo di noce. Esplosivo. In bocca sontuoso, ma di una freschezza imbarazzante, potente e armonico. Uno dei migliori vini dolci prodotti in italia, senza se e senza ma.
Agr. Cinque Campi, Quattro Castella (RE) Emilia Romagna
Questa forse una delle sorprese più belle incontrate. La soffiata arriva girando tra la fiera: “Assaggiate la Spergola, ragazzi!”. Questa cantina del reggiano a conduzione famigliare coltiva autoctoni come il Malbo gentile , la Spergola, il Lambrusco Grasparossa e in più qualche uvaggio internazionale come Sauvignon, Carmenere e Moscato.
Puntiamo alla soffiata e ci viene servito il Particella 128 Pas dose 2016, metodo classico di Spergola 100%, macerazione sulle bucce per 3 giorni, 6 mesi in acciaio e poi presa di spuma con 8 mesi di sosta sui lieviti. Una bolla allegra, spensierata, gradevole al palato. Con una nota fruttata gialla e citrica invitante la beva e un bouquet di fiori di campo ben in evidenza. Bella acidità e bevibilità.
Il secondo convincente assaggio è L’artiglio 2014, Spergola 90% e Moscato 10%. Altro metodo classico non dosato. Qui siamo sui 36 mesi sui lieviti ed è stato sboccato giusto, giusto per la fiera. La piccola percentuale di Moscato ne fa risaltare il naso e in bocca ananas, frutta bianca, pompelmo rosa ed erbe aromatiche. Una bellissima “bolla”. “Cinque campi”, nome da tenere a mente.
Lui lo puntavamo. Trebbiano modenese degustato al ristorante, volevamo vederlo in faccia. Uomo schivo, di poche parole, quasi infastidito al banchetto. Si direbbe un garagista del Lambrusco.
Tarbianein 2016. Trebbiano di Spagna, non ci dice altro sulla vinificazione. Sappaimo solo che sono tutti rifermentati in bottiglia. Il colore è un giallo paglierino torbido, il naso è dolce, richiama quasi lo zucchero filato e il candito da panettone. Poi agrume e fiori. E’ un naso straordinario. In bocca una bollicina morbida, il sorso è corposo e fresco. Bel finale ammandorlato e sapido.
Lambruscaun 2014. Lambrusco Grasparossa, capito bene, 2014. Un Lambrusco. Colore porpora carico, dai sentori di frutta matura, prugna, fragola, in bocca morbido, dal tannino composto e dalla bevibilità infinita. La freschezza e l’acidità sono ottimamente armonizzate dal tannino vellutato. Chiude la bocca lasciandola perfettamente pulita. Un grandissimo Lambrusco.
Agr. Praesidium, Prezza (AQ), Abruzzo
Entroterra abruzzese. Siamo ai piedi della Majella e del Gran Sasso, a 400 metri sul livello del mare. Qui, dopo una veloce macerazione sulle bucce del Montepulciano, nasce lo splendido Cerasuolo d’Abruzzo di Praesidium. Nell’annata in degustazione esce come Rosato Terre Aquilane 2015. Una caramellina, un confetto.
Colore rosato carico, sembra di avere nel bicchiere un rosso a tutti gli effetti. Limpido e trasparente. Il naso è un’esplosione di frutti rossi, fragolina di bosco, lampone, melograno, rosa e note di spezie e minerali. Il sorso è appagante, richiama tutto quello che l’olfazione ti trasmette. Ottima acidità e freschezza. La forte escursione termica della vigna rende questo vino di una acidità ben integrata al fine tannino derivante dal Montepulciano. Da riempirsi la cantina.
Occhipinti Andrea , Gradoli (VT) , Lazio
Siamo sulle sponde del lago di Bolsena, a 450 metri sul livello del mare. Terroir caratterizzato da terreno di lapillo vulcanico.
Alea viva 2015.Da uve Aleatico 100%, vinificato in secco. Una settimana di macerazione sulle bucce e fermentazione in cemento, poi passaggio in acciaio fino all’imbottigliamento. Color porpora, naso di rosa e viola, gelso e ciliegia. Bocca fresca e appagante. Pulito. Vino dell’estate.
Rosso arcaico 2016. Grechetto 50%, Aleatico 50%. Macerazione di un mese sulle bucce, fermentazione in anfore di terracotta, dove il vino poi affina per almeno 6 mesi. Rubino, naso di rabarbaro, albicocca e spezia con finali note di erbe officinali. In bocca morbido e fresco.
Agr Francesco Guccione, San Cipirello (PA), Sicilia
Territorio di Monreale, 500 metri sul livello del mare. Voliamo nella Valle del Belice, in contrada Cerasa a San Cipirello, provincia di Palermo.
“C” Catarratto 2015. Qualche giorno di macerazione, il giusto, poi solo acciaio. Nel calice è color oro, naso balsamico, di the, agrume. Un richiamo di idrocarburo e tanto iodio. In bocca salinità e freschezza e il retro olfattivo che torna sulla frutta. Grande acidità e spinta. Un prodotto notevole.
“T” Trebbiano 2015. Anche qui qualche giorno di macerazione, poi viene affinato in legno piccolo usato e acciaio. Color oro e un naso che non stanca mai. Camomilla, fiori di campo, fieno, frutta gialla e agrume. Poi ginestra. La bocca è piena, rotonda e morbida . Persistenza infinita. Ricorda tanto, ma proprio tanto, certi trebbiani storici per il nostro paese.
Medico per vocazione e sommelier per passione. Mi sono poi riscoperto medico per passione e sommelier per vocazione. Sostieni il nostro progetto editoriale con una donazione a questo link.
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