La conta dei danni della gelata dei giorni scorsi, avviata da Confagricoltura con il monitoraggio puntuale nelle varie zone della Penisola, ammonta al momento a circa un miliardo di euro e richiede pertanto interventi straordinari.
Le gelate si sono verificate in gran parte delle regioni con danni enormi per la produzione agricola e in particolare dei comparti vitivinicolo e frutticolo, che in alcuni areali, dal Nord al Sud Italia, fa registrare perdite anche totali della produzione.
Alla luce della gravità dell’evento e delle conseguenze economiche, Confagricoltura chiede che nel prossimo decreto di sostegno alle imprese venga rifinanziato il Fondo di solidarietà nazionale e sollecita lo sblocco delle procedure di liquidazione dei danni della gelata di aprile dello scorso anno, che di fatto non sono ancora state avviate.
«È necessario – sottolinea Confagricoltura – che le operazioni di ristoro non subiscano rallentamenti che peggiorano una situazione già fortemente compromessa dalla crisi legata alla pandemia».
Confagricoltura, inoltre, sta definendo le modalità di un’iniziativa congiunta con la francese Fnsea, la più importante organizzazione di agricoltori, affinché i rispettivi governi sollecitino un intervento dell’Unione europea, data la dimensione eccezionale dell’evento calamitoso.
La gelata infatti è stata eccezionale anche in Francia, dove il governo Macron l’ha definita chiaramente “una catastrofe economica” che ha compromesso ben oltre la metà dei vigneti e per cui ha annunciato fondi straordinari.
«È importante – conclude Confagricoltura – che a livello europeo si riesca a mettere a disposizione un fondo specifico per far fronte a questa emergenza che ha interessato due, quali l’Italia e la Francia».
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La chiusura delle frontiere scelta per fronteggiare Coronavirus “blocca” quasi un milione di lavoratori stagionali dell’agricoltura. Lo stima Coldiretti, nel ricordare le imminenti campagne di raccolta ortofrutticola. Dalla Germania alla Francia, dalla Spagna all’Italia è allarme per l’Ue, che rischia di perdere quest’anno l’autosufficienza alimentare e il suo ruolo di principale esportatore mondiale di alimenti per un valore si 138 miliardi di euro con un surplus commerciale nell’agroalimentare di 22 miliardi.
La soluzione? “Dopo le merci – afferma il presidente Coldiretti Ettore Prandini – è necessario creare corsie verdi alle frontiere interne dell’Unione Europea anche per la circolazione dei lavoratori agricoli”. A livello nazionale, l’associazione degli agricoltori chiede “una radicale semplificazione del voucher ‘agricolo’“.
L’obiettivo, per Coldiretti, è “consentire da parte di cassaintegrati, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università attività economiche ed aziende sono chiuse e molti lavoratori in cassa integrazione potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle attività di raccolta nelle campagne”.
I NUMERI IN EUROPA E IN ITALIA
A causa del Coronavirus, i 200 mila stagionali rumeni, polacchi, tunisini, marocchini e di molti altri Paesi che ogni anno contribuiscono ai raccolti primaverili francesi non potranno raggiungere il Paese e la Fnsea, la Coldiretti d’Oltralpe, è in allarme con il ministro dell’agricoltura Didier Guillaume che ha invitato quanti si siano ritrovati senza lavoro per via delle restrizioni imposte dal covid-19, ad “unirsi alla grande armata dell’agricoltura francese!”.
Il Ministro dell’Agricoltura tedesco Julia Kloeckner propone di impiegare come lavoratori stagionali in agricoltura i lavoratori del settore alberghiero e della ristorazione per colmare il vuoto di circa 300 mila unità lasciato dagli stagionali polacchi e rumeni.
Un buco che pesa anche sulla Spagna rimasta, ad esempio, senza i soliti 10 mila lavoratori stagionali marocchini impegnati nella raccolta fragole e sta cercando nella popolazione nazionale come coprire questi posti vacanti e quelli delle campagne successive.
In Italia, su sollecitazione del Presidente della Coldiretti Ettore Prandini, il Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova è intervenuto per prorogare i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza al fine di evitare agli stranieri di dover rientrare nel proprio Paese proprio con l’inizio della stagione di raccolta nelle campagne.
La proroga, secondo la circolare del Ministero degli Interni dura fino al 15 giugno e riguarda i permessi di soggiorno in scadenza dal 31 gennaio al 15 aprile ai sensi dell’articolo 103 comma 2 del D.L. 18.
“Un’esigenza che – sottolinea la Coldiretti – è stata resa più urgente dal caldo inverno che ha anticipato la maturazione delle primizie come fragole e asparagi proprio nel momento in cui la chiusura della frontiere per l’emergenza sanitaria ha fermato l’arrivo nelle campagne italiane di lavoratori dall’estero”.
IL DOSSIER IMMIGRAZIONE
Con il blocco delle frontiere alla circolazione delle persone resta però a rischio, sempre secondo le stime Coldiretti, più di ¼ del Made in Italy a tavola che viene raccolto nelle campagne da mani straniere con 370 mila lavoratori regolari che arrivano ogni anno dall’estero.
Si registrano infatti disdette degli impegni di lavoro da parte di decine di migliaia di lavoratori stranieri che in Italia trovano regolarmente occupazione stagionale in agricoltura. Fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo l’analisi della Coldiretti.
Secondo le elaborazioni Coldiretti, che ha collaborato al Dossier statistico Immigrazione 2019 la comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è quella rumena con 107591 occupati, davanti a marocchini con 35013 e indiani con 34043, che precedono albanesi (32264), senegalesi (14165), polacchi (13134), tunisini (13106), bulgari (11261), macedoni (10428) e pakistani (10272).
Sono molti i “distretti agricoli” del nord dove i lavoratori immigrati rappresentano una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole e asparagi nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva, delle mele, delle pere e dei kiwi in Piemonte, dei pomodori, dei broccoli, cavoli e finocchi in Puglia fino agli allevamenti e i caseifici della Lombardia.
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