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Progetto Red Gold: zafferano greco Krokos Kozanis per la “fame gialla” dell’Italia


MILANO –
Parte da Milano la campagna di promozione dello zafferano più pregiato al mondo, il rosso greco Krokos Kozanis Dop. Un modo per rispondere alla “fame gialla” dell’Italia, che arriva a produrre un massimo di 600 chili di zafferano all’anno, su circa 55 ettari di superficie dislocati per lo più in Sardegna e Abruzzo.

Scopo del progetto “Red Gold“, presentato alla stampa mercoledì 25 settembre al Ristorante Daniel dello chef Daniel Canzian, è proprio quello di fornire un’alternativa all’invasione di surrogati simil-zafferano. Miscele extra europee, in particolare provenienti dal Nord Africa, sul mercato a prezzi competitivi e raramente accompagnate da certificazioni del processo produttivo.

Il Krokos Kozanis è invece uno zafferano controllato e sicuro. E non è casuale che la campagna parta proprio dal capoluogo lombardo, culla della più celebre ricetta a base di zafferano: il risotto alla milanese.

Servono circa 50 mila stimmi per ricavare 100 grammi di zafferano – spiega Konstantinos Katsiakronis, export manager della Cooperativa Obbligatoria di Produttori di Krokos Kozanis – e sia la raccolta sia la sfioritura sono effettuate rigorosamente a mano: per questo motivo si parla di ‘oro rosso’ della Grecia”.

La spezia più costosa al mondo, ottenuta dagli stimmi del caratteristico fiore di colore viola, si raccoglie una sola volta l’anno, in autunno. Lo sanno bene i produttori di Krokos Kozanis. Oggi la cooperativa, fondata nel 1971, conta mille associati che vantano il diritto esclusivo di raccolta, confezionamento e distribuzione del Krokos, secondo severi parametri qualitativi disciplinati dalla Dop, riconosciuta nel 1999.

LE PROPRIETÀ DELLO ZAFFERANO

“Le virtù dello zafferano erano già note agli Antichi Greci – sottolinea Alessandro Misotti, responsabile Lombardia dell’Associazione Nazionale Dietisti – e oggi, grazie a numerosi studi portati avanti, tra le altre, anche dall’Università dell’Aquila, sappiamo che lo zafferano è ricco di carotenoidi, vitamina B12 e vitamina C, ha proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antitrombotiche”.

“Inoltre – continua Misotti – influisce positivamente sul tono dell’umore, sulla pressione arteriosa e persino sulla libido. Sulla base di un consumo contenuto che se ne può fare, pari a pochi grammi, non sono state invece trovate controindicazioni nell’utilizzo”.

Ovviamente, per godere di questi benefici, è indispensabile scegliere un prodotto lavorato secondo parametri qualitativi: “Bisogna diffidare delle polveri a basso prezzo, che spesso vengono tagliate con altre spezie, e optare sempre per prodotti certificati”, ammonisce il dietista.

Necessari anche alcuni accorgimenti in cucina. “Bisogna saper dosare la quantità – suggerisce lo chef greco Konstantinos Mouzakis – e per i provetti cuochi che a casa vogliono arricchire i loro piatti con lo zafferano Krokos Kozanis Dop, raccomando di rispettare le indicazioni della ricetta per evitare di alterare il sapore delle pietanze”.

“Lo zafferano deve essere sempre inserito nelle preparazioni a fine cottura – aggiunge Misotti – per non compromettere le proprietà con le alte temperature. Per aumentare la biodisponibilità delle sue funzioni nutraceutiche è necessario accompagnarlo con un elemento grasso, come ad esempio l’olio, dal momento che i carotenoidi di cui è ricco sono liposolubili”.

GLI UTILIZZI IN CUCINA

Spazio anche per la creatività dello chef Daniel Canzian, in occasione della presentazione del progetto “Red Gold”. Giocando sull’affinità cromatica, oltre che sulla grassezza richiesta per esaltare l’aromaticità e le proprietà salutari del Krokos Kozanis Dop, lo chef ha proposto un antipasto a base di uovo montato e cotto a bassa temperatura con lo zafferano, servito nel guscio e accompagnato da una finanziera di pollo.

A seguire, non poteva mancare una rivisitazione del risotto alla milanese, proposto con julienne di zucchine croccanti e cozze. Infine, il dolce: un gelato allo zafferano ricoperto da una gremolada “dolce” a base di menta, limone e mandorle.

Ad accompagnarlo, una marmellata di agrumi, crumble e salsa al cioccolato. Tre piatti pensati “per ampliare l’orizzonte delle preparazioni che possano includere lo zafferano e dimostrare la versatilità di questa nobile spezia”.

Un’iniziativa, “Red Gold”, che si svilupperà in una serie di eventi nei prossimi tre anni, nel più ampio programma europeo Enjoy! It’s form Europe, finalizzato a diffondere a livello internazionale la conoscenza dei prodotti agricoli europei di alta qualità e a Denominazione di origine protetta.

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Food Lifestyle & Travel

Dao Restaurant tutto nuovo a Roma. All’insegna del lieto stare nel Dim Sum Bar


ROMA –
Prendi l’eleganza cinese e la sua cucina millenaria, uniscile a un design orientale moderno e a una nuova formula di consumo, quella del Dim Sum Bar. Ecco la ricetta del “nuovo” Dao Restaurant, un locale capace di rappresentare la vera cultura orientale in modo fedele e ricercato, ma accessibile a tutti.

Aperto da maggio 2011 in viale Jonio, in zona Montesacro (Roma nord), Dao si è imposto sin da subito come uno dei ristoranti più rappresentativi della cucina cinese di qualità, nella capitale.

Al termine di un restyling pressoché completo, si propone come meta del “lieto stare”, grazie a un mix di ingredienti ben assortiti. Merito della determinazione del proprietario, Jianguo Shu, la cui parola d’ordine è “autenticità“.

Quando sono arrivato in Italia ho trovato solo cucine orientali di basso livello – ha raccontato Shu nel corso della serata di presentazione dedicata alla stampa, lo scorso 16 settembre – con Dao ho quindi voluto dare risalto all’autentica cucina cinese tradizionale, focalizzandomi sulla ricerca della materia prima e delle ricette tradizionali del Sud di Shangai”.

Ma dopo otto anni era giunto il momento di un rinnovamento. A partire dagli ambienti: oltre 200 metri quadrati, che sono stati ristrutturati per ospitare fino a 120 confortevoli sedute e arredati secondo la nuova veste studiata dall’interior designer Cristina Campanini.

Sua la firma sull’accurata selezione di tappezzerie, colori e componenti decorative ispirate alla cultura tradizionale cinese, al “nuovo” Dao Restaurant. A coordinare il restyling è stata la società di consulenza Ginevra Consulting che, per la cucina, si è invece avvalsa della preziosa supervisione di Francesca Riganati.

IL CONCEPT

“Appena sono entrata in questo locale ho avvertito subito una sensazione di benessere – ha spiegato l’ex direttrice delle scuole di cucina del Gambero Rosso – per questo ho cercato di riproporla nel pay off del ‘lieto stare’, ispirato alla poesia romantica di Li Bai, poeta taoista cinese dell’Ottavo secolo”.

Come? “Creando un mood coerente su tutta la proposta e gli arredi –  ha continuato Francesca Riganati – mentre non sono stati necessari interventi sulla cucina. Il livello era già pazzesco, ma abbiamo voluto inserire qualcosa di più contemporaneo che non stravolgesse l’idea del locale”.

“La base di partenza su cui lavorare era già ottima e consolidata – ha aggiunto Roberto Tomei, fondatore della Ginevra Consulting – il nostro lavoro si è quindi focalizzato sull’alleggerire le proposte della cucina, migliorare l’estetica del menu e della mise en place e dare maggiore profondità alla proposta”.

Ecco dunque la selezione di miscele di tè, dolcetti della tradizione, cocktail con ingredienti cinesi. Una carta dei vini più ampia. E, soprattutto, il nuovo Dim Sum Bar. “Un modo per focalizzarsi sul tema della condivisione”, per dirla con Tomei. L’area, operativa già dal 16 luglio scorso, è la vera novità della ‘nuova era’ del Dao.

IL DIM SUM BAR

Una zona arredata ad hoc, con tavolini bassi e poltroncine, separata dal resto del locale, dove mettere in atto la tipica condivisione cinese del cibo, secondo un format vicino alla cultura nostrana dell’aperitivo.

Nel menu – disegnato e rilegato con grande cura – non solo i tipici ravioli (ben 35 tipologie, fritti o al vapore, di carne, di verdure o di pesce), ovvero Jiaozi, Wonton e Xiao Mai fatti a mano ogni giorno dall’esperta Wang Pingjiao (nella foto) che ha stupito il pubblico con la sua manualità, esibendosi in uno showcooking durante la serata.

Ma anche Involtini, Baozi e la pizza cinese alla griglia (da non perdere) ripiena di verdure fermentate e/o carne. Il tutto da accompagnarsi a una lista di tè, vini al calice e cocktail oriental style come il Lychee Lime Fizz (vodka, zucchero, succo di lime, soda, foglie di menta e lychee) o il Sunset Mule (Moutai, succo di lime, succo di fragola e ginger beer). Un happy hour dal gusto tutto asiatico, in un contesto di totale ‘lieto stare’.

A pranzo e a cena il ristorante conferma invece la classica offerta à la carte, con le tante proposte realizzate dallo chef Lan Haijie, a partire da una materia prima ricercata e di qualità, garantita da fornitori dell’alta ristorazione e da piccoli produttori selezionati direttamente dal proprietario Jianguo Shu.

Qualche idea del menu: tra i primi troviamo il Riso di Yang Zou con piselli, carote, uova, funghi cinesi, prosciutto e gamberi e gli Spaghetti di farina di soia con i gamberi, con le verdure o con il manzo. Passando ai secondi di carne, si può scegliere tra il Gu Iao Rou, l’arista di suino con fagioli rossi, pachino e cipolla.

E ancora: la Pancetta di Maiale piccante con fughi cinesi, peperoni, cipolle e cipolline o la tradizionale anatra alla pechinese in salsa di frutti di mare con carote, cipolle e cetrioli. Non mancano opzioni a tema pesce, con il Branzino croccante con pinoli in salsa agrodolce e il Nido di Gamberi con verdure, anacardi, carote, peperoni, cipolla e bambù.

Dolce chiusura con i Bonbon di riso, palline di riso tradizionali al sesamo o con frutta secca e il Dolce di soia, tipico dessert cinese con marmellata di fagioli rossi e sesamo. E si beve anche bene, grazie all’ampia proposta selezionata dalla sommelier Hiromi Nakayama.

La carta dei vini conta numerose eccellenze enologiche del territorio italiano, ma anche Champagne, birre artigianali, cocktail e i tipici distillati cinesi. Come il Moutai, un’antica e molto profumata ‘grappa’ di sorgo, noto anche come saggina.


Orario
Ristorante: aperto tutti i giorni dalle 12.00 alle 15.00 e dalle 18.00 alle 23.00
Dim Sum Bar: aperto tutti i giorni a partire dalle ore 18.00

Contatti
Dao Restaurant
Viale Jonio, 328/330 – 00141 Roma
tel. 06 8719 7573
www.daorestaurant.it
Facebook: daochineserestaurant
Instragram: daoroma

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Luoghi comuni del vino: la campagna Onav Roma ideata da Flavia Rendina


ROMA –
Tutti le abbiamo sentite pronunciare (e qualche volta persino dette, ammettiamolo). Sono le “castronerie” del vino, quei luoghi comuni, eresie e frasi “finto-colte” che aleggiano attorno al fantastico mondo della degustazione del vino.

ONAV Roma le ha usate per la campagna di lancio del prossimo corso di Assaggiatore che si terrà presso il negozio Eataly di Roma Ostiense. Ci racconta l’iniziativa la sua ideatrice, la vice delegata di ONAV Roma, redattrice della rivista L’Assaggiatore nonché collaboratrice di Winemag.it, Flavia Rendina (nella foto).

Come è nato il progetto?

Cercavo un’idea originale per promuovere il nuovo corso che si terrà per la prima volta dentro un negozio Eataly. Quale migliore occasione per riprendere le varie ‘baggianate‘ sul vino che si sentono dire in giro, dal ristorante all’evento degustazione o semplicemente bevendo con gli amici?

Ci siamo passati tutti, spesso da attori protagonisti. Insomma, chi di noi, fresco di diploma di sommelier, non si è lanciato in un banco d’assaggio con quella che gli sembrava la domanda più figa e intelligente che si potesse fare al produttore: “Scusi ma questo vino fa legno?”.

E magari nel calice si aveva il più semplice dei bianchi d’annata. Oppure – ahinoi! È cronaca di tutti i giorni – quante volte ci sentiamo presentare come ‘Prosecco‘ (o, peggio, ‘Prosecchino’) un nobilissimo Metodo Classico di tutt’altro territorio? La non-conoscenza del vino è intorno a noi, purtroppo.

La cosa peggiore è che ormai un po’ tutti credono di saperne qualcosa, perché magari hanno frequentato qualche corsetto di avvicinamento o letto un po’ di testi. Da lì nascono le ‘perle’ migliori!

E così hai pensato di “vignettarle”…

Non solo. Ne ho fatto anche una campagna sui social “a puntate”, con un’uscita ogni lunedì mattina, dall’8 luglio fino al 23 settembre, data di inizio delle lezioni: #12motiviper #diventareassaggiatore gli hashtag della campagna, che va a colpire un po’ tutti i frequentatori del vino, più o meno conoscitori che siano.

Ci sono vari livelli di conoscenza coinvolti: dal basic – quello che ancora combatte per imparare a pronunciare Gewürztraminer – al più tecnico, che magari ha già vaghe nozioni di agronomia ed enologia come ‘diradamento’ o ‘fecce’.

Vogliamo far capire che tutti abbiamo qualche ‘falla’ nella conoscenza del vino e che esistono un sacco di buone ragioni per iscriversi (o magari reiscriversi) a un corso professionale di vino.

Un approccio democratico alla diffusione del sapere enologico che interessa anche la scelta della location del Corso Onav

Come anticipato, quest’anno per la prima volta terremo un corso di Assaggiatore di primo livello ONAV dentro un mercato Eataly. Una collaborazione, quella con il negozio di Roma, il più grande del gruppo al mondo, che io e il delegato di ONAV Roma e caporedattore de L’Assaggiatore Alessandro Brizi (titolare della società Brizi&Partners Comunicazione, che ha donato la campagna) coltiviamo da anni e in cui crediamo molto.

Pensiamo che Eataly possa e debba essere una ‘piazza’ di incontro per tutti coloro che amano il cibo e il vino, dei quali promuovere il consumo consapevole e la cultura. In questi decenni ci hanno abituato che i corsi di vino debbano tenersi in location esclusive o alberghi di lusso, quanto più freddi e formali.

Luoghi che non fanno altro che aumentare la distanza tra produttori ed esigenze dei consumatori, oltre che incentivare un approccio elitario alla conoscenza della materia enologica.

Il vino è di tutti e spesso chi lo consuma davvero sono proprio coloro che non hanno mai affrontato un corso. Quelli che non vengono agli eventi degustazione o ai banchi d’assaggio. Che magari comprano i vini al supermercato. Ma alla cui tavola non manca mai una bottiglia.

La campagna continuerà?

Penso proprio di sì, sto già lavorando ai prossimi “Se…”, nell’attesa di lanciare nuovi corsi. Intanto, il 21 settembre inaugureremo il nuovo anno sociale di ONAV Roma con una bellissima degustazione che vedrà protagonisti i vignaioli del Lazio. E questa sì che si terrà in una location esclusiva: Villa Gregoriana.

Qui il merito spetta tutto al nostro delegato di Roma Est, Manuele Petri che già l’anno scorso è riuscito a mettere a segno questo bellissimo evento in collaborazione con il FAI (Fondo Ambiente Italiano), capace di unire vino, arte e cultura sotto le stelle di Tivoli. Per chi avesse occasione di partecipare, è davvero un’esperienza da non perdere!

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“Nelle terre del Grechetto” XVII: i 15 migliori assaggi a Civitella d’Agliano

CIVITELLA D’AGLIANO – Nel cuore verde della Tuscia viterbese, a un passo dall’Umbria ma ancora nel Lazio, Civitella d’Agliano è un piccolo borgo medievale affacciato sulla valle del Tevere che ha ospitato quest’anno la XVII edizione de “Nelle terre del Grechetto“. Non potevamo mancare per raccontarvi i migliori assaggi.

IL BORGO
Con la torre d’avvistamento del suo Castello, da secoli domina l’intera area, un tempo abitata dagli Etruschi che vi hanno lasciato numerose tracce archeologiche, tra cui anfore da vino.

Selvaggio e brullo come solo la Tuscia sa essere, il territorio è caratterizzato a livello geomorfologico da fenomeni di calanchismo delle argille e dei tufi che le sovrastano, originatisi dalle eruzioni del complesso vulcanico di Vico e dei monti Cimini. Emblema di questa attività erosiva è la vicina e ben più nota Civita di Bagnoregio, proprio per questo detta “la città che muore”.

Data la tipologia dei suoli, argillosi e vulcanici, la Valle dei Calanchi è da sempre territorio d’elezione per una viticoltura a bacca bianca di qualità, tutta incentrata attorno al vitigno simbolo della zona: il Grechetto.

Come raccontato dal ricercatore del Cnr Stefano Del Lungo, che ha avviato un progetto di ricerca sul vitigno insieme all’azienda Sergio Mottura, leader nella vinificazione del Grechetto, “si tratta di una varietà antica, forse originatasi attorno al IX-X secolo da una forte matrice genetica irpina”.

Alcuni studi l’assimilerebbero infatti al Santa Sofia, vitigno recentemente riscoperto e storicamente stanziato nell’area irpina, lucana e pugliese di competenza bizantina e longobarda, come suggerisce il nome della varietà.

IL VITIGNO
Tornando invece al nostro Grechetto, la cui etimologia indurrebbe a pensare a un’uva greacula, ovvero analoga per profumi a quelle elleniche, ma non necessariamente greca d’origine, sarebbe giunto nel Centro Italia dalla Puglia seguendo le vie appenniniche della transumanza, dove circolavano non solo pecore, ma anche beni commerciali.

Qui avrebbe viaggiato in parallelo con suo “cugino” Pignoletto, col quale viene spesso confuso ma con cui condivide solo parte del corredo genetico, che si sarebbe invece indirizzato più verso la costa adriatica.

Come troviamo nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite, quando si parla di Grechetto si accomunano, in realtà, dentro un’unica grande famiglia, diversi cloni che includono il Grechetto (clone G109) di alcune zone dell’Umbria (nostrale, spoletino, bianco o di Perugia), della provincia di Siena, ma anche di Teramo e di alcune province delle Marche.

I Grechetto dai grappoli serrati e altri spargoli (clone G5), come il Grechetto di Todi e il Greco gentile, assimilabili al Pignoletto. E infine altri ancora dagli acini sub-rotondi presenti nelle Marche.

I MIGLIORI ASSAGGI

A Civitella d’Agliano abbiamo avuto modo di assaggiare, durante un bel press tour organizzato da Carlo Zucchetti e dal suo team a fine luglio proprio a Civitella d’Agliano, ben 63 Grechetto alla cieca.

Le annate in degustazione, come le tipologie, erano diverse, con una prevedibile maggioranza di 2018, una discreta rappresentanza di 2016 e minori referenze di 2017 e 2015. Meno scontati, invece, i risultati, con una media qualitativa piuttosto elevata per tutti i 2018 e il risalto di nomi anche meno blasonati.

Le vecchie annate, tuttavia, ci hanno fatto capire che, per emozionare, il Grechetto ha bisogno di qualche tempo in più. Non è stato facile stabilire una classifica, considerando la prossimità dei voti. Ma ecco i 15 assaggi più pronti e interessanti.

Civitella d’Agliano IGT Grechetto Muffo 2016, Sergio Mottura: 93/100
Oro tendente all’ambra, luminoso. Sprigiona all’olfatto un ventaglio di profumi intensi, ricchi e avvolgenti che vanno dalle fresche note di pompelmo e cedro, a via via più “dolci” e profonde sensazioni di albicocca, noce e mandorla. Al palato è strutturato e denso, dolce, ma perfettamente bilanciato da un progressivo crescendo di acidità, sapidità e toni amaricanti di noce.

Umbria IGT Grechetto Sole Uve 2015, Tenuta Le Velette: 92/100
Oro pieno e luminoso. L’olfatto è ricco, armonico e compatto, con evidenti toni floreali di mimosa e tiglio, ananas maturo, note salmastre e di lieve cera d’api. In linea l’assaggio, intenso e di buon volume, con finale morbido, piacevole e persistente di ananas e cera.

Umbria IGT Grechetto Fiorfiore 2017, Roccafiore: 92/100
Paglierino dorato alla vista. Si apre al naso con immediati sentori di liquirizia, seguiti da frutta gialla matura, soprattutto ananas e pesca, e una fresca nota di timo. Molto gradevole e bilanciato il sorso, fresco e sapido, con congedo mentolato ed erbaceo di timo e rosmarino.

Lazio IGT Grechetto Lazio Donna Elena 2017, Chiara Profili: 91/100
Oro verde. Ha profilo olfattivo netto e intrigante, con toni di elicriso, rosmarino arso, nocciola tostata e percezioni più dolci di pesca sullo sfondo. Sorso di buon corpo, coerente nei ritorni retrolfattivi di elicriso e di liquirizia, rotondo, asciutto e gradevolmente ammandorlato.

Civitella d’Agliano IGT Grechetto Latour a Civitella 2016, Sergio Mottura: 91/100
Oro lucente. Intreccia all’olfatto complesse sensazioni di pera, melone invernale, ananas, cocco, fiori bianchi maturi e cera. Ancora giovane la bocca, percorsa da vibrante freschezza, strutturata ma leggiadra, promette un’evoluzione di grande godibilità. Finale pervaso da lunghi ritorni fumé e di cera.

Lazio IGP Grechetto Poggio Triale 2017, Tenuta La Pazzaglia: 90/100
Paglierino dorato. Naso elegante e territoriale, con note marnose e di erbe aromatiche (mentuccia, rosmarino, timo), quindi legno d’acacia, susina, frutta bianca e fiori. Di corpo e intensa la bocca, di adeguata freschezza e con gradevole sapidità nel finale, appena ammandorlato ed erbaceo.

Umbria IGT Grechetto 2018, Fattoria Le Poggette: 90/100
Oro. Ha naso intenso, ammaliante e “solare” di vaniglia, mela e pesca, con più profonde percezioni di miele, nocciola e mandorla. Rotondo e appagante il sorso, del tutto coerente e armonico, con congedo piacevolmente ammandorlato.

Lazio IGT Grechetto Convenio 2018, Casale Certosa: 89/100
Oro lucente. Emergono le note olfattive territoriali di marna, tufo, mentuccia, erba medica e mela, in un insieme armonico ed elegante. Di buon corpo al palato, si apre rotondo e composto, con piacevole il finale di erbe aromatiche.

Colli Martani DOC Grechetto 2018, Plani Arche: 89/100
Oro lucente. Immediate le note salmastre, seguite da più rotonde percezioni di ananas, susina e pera, con timo e rosmarino al margine. Bilanciato, di buona struttura, fresco e appena sapido al palato, chiude asciutto, con ritorni di frutta e tufo.

Colli Bolognesi Docg Pignoletto Frizzante 2018, Il Monticino: 88/100
Verdolino con bolla fine. Ha olfatto fragrante di frutta bianca, soprattutto pera, agrumi, note salmastre, erbe di macchia mediterranea, biancospino, ginestra e tufo. Leggero, vivace, fresco e sapido, di pericolosa bevibilità, chiude su toni agrumati e tufacei.

Lazio IGT Grechetto Galante 2016, Tenuta Olivieri: 88/100
Oro con riflessi verdi. Armonico al naso, lascia emergere sentori di fiori di acacia, pera, ginestra, melone bianco e pesca. Coerente e pieno al sorso, dalla sapidità decisa, con freschezza ancora evidente e congedo persistente di agrumi e lieve fumé.

Umbria IGT Grechetto 2018, Perticaia: 87/100
Oro intenso. Corredo olfattivo incentrato sulla frutta a polpa bianca, con mela e melone invernale in bella mostra, seguite da sensazioni più “verdi” di carambola, ginestra e legno d’acacia. Sorso intenso, asciutto e appena caldo, dal retrolfatto lungo e coerente.

Umbria IGT Grechetto Grek 2018, Palazzone: 87/100
Oro alla vista. Olfatto compatto e intenso di fiori e frutta bianca, quindi percezioni più “verdi” di ginestra, mandorla fresca e lievi erbe di campo. L’assaggio è pieno, intensamente sapido, con congedo sui toni erbacei, di buona persistenza.

Tuscia DOP Grechetto Incanthus 2018, Trebotti: 87/100
Paglierino. Gradevole l’impatto olfattivo di agrumi gialli (cedro e pompelmo) seguiti da legno d’acacia e pesca bianca. Sorso coerente, giocato sulla freschezza e sulle lunghe persistenze di agrumi e pesca.

Civitella d’Agliano IGT Grechetto Tilium 2018, Tenuta Casciani: 87/100
Oro con riflessi verdi. Evidente al naso la componente fruttata e le note di tufo e sale, con più precisi toni di fiori gialli e pera. Gradevole e fresco al palato, di buona persistenza floreale-fruttata, pulito e mentolato.

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visite in cantina

In vigna a Frascati. “Cocciatura” del Viognier e delizie dello chef Max Mariola


FRASCATI –
Anche nel centro Italia è tempo di lavori in vigna. La stagione primaverile piuttosto inclemente ha rallentato lo sviluppo vegetativo delle piante, in particolare per le varietà precoci che si sono trovate a fronteggiare, in piena fioritura, le inaspettate temperature autunnali di maggio.

Ma a giugno inoltrato è finalmente arrivato il momento della potatura verde (o estiva), che ha lo scopo di contenere la chioma per favorire l’irraggiamento solare utile alla maturazione dei grappoli, ed eliminare germogli inutili. A Frascati, tra i vigneti di Cantina Imperatori, c’è una varietà per la quale le cesoie, almeno in parte, sono state tenute nella cassetta degli attrezzi. Si tratta del Viognier.

La vite è una liana – spiega l’agronomo Enrico Carli – e il contenimento della vegetazione normalmente avviene con le potature degli apici vegetativi. Nel caso del Viognier, gli apici sono tuttavia il motore dove si concentrano le sostanze aromatiche“.

“Mantenendoli – continua Carli – riusciamo a ottenere quindi mosti più profumati e complessi. Come lo sappiamo? Nel 2016 abbiamo fatto una prova di assaggio. Dopo aver diviso i mosti di un appezzamento in cui i tralci erano stati potati e di un altro in cui invece erano stati mantenuti, la differenza di ricchezza aromatica era sostanziale”.

Per gestire lo sviluppo della chioma, Cantina Imperatori ha scelto quindi di ricorrere a una pratica agronomica antica, già utilizzata dai contadini in passato proprio per il Viognier e per altri vitigni semi aromatici: la “cocciatura“, ovvero l’attorcigliamento del capo finale della pianta attorno all’ultimo filo di sostegno.

L’operazione viene fatta manualmente nel periodo di massima espansione vegetativa – precisa ancora l’agronomo – e deve essere effettuata con massima delicatezza per evitare che il tralcio si spezzi durante la torsione, motivo per cui in azienda affidiamo questa attività alle nostre collaboratrici donne, più attente, precise e delicate”.

E, nonostante il sole cocente dell’ultima settimana di giugno, è affascinante vedere le operaie all’opera. Gesti veloci ma gentili, per “riordinare” i tralci sparsi delle piante. Come ciocche di capelli scappati da una treccia.


Ma ad allietare la giornata ecco il cooking show dello chef Max Mariola, volto noto della tv che ha studiato due ricette estive da abbinare alla degustazione del Viognier di Cantine Imperatori. Il “picnic in vigna”, con tanto di cestini di vimini, è iniziato con la Panzanella di pane croccante ai tre pomodori, baccalà e basilico, servita nel classico barattolo di vetro.

A seguire, Mezze maniche aglio, olio, peperoncino, mentuccia e pecorino. Un primo piatto sostanzioso, rinfrescato dalla nota balsamica della menta romana, nota localmente col nome di Nepetella.

Perfetto l’abbinamento con il Lazio Igp Viognier 2016 di Cantina Imperatori (88/100 WineMag.it). Un calice di color oro verde, caratterizzato da sentori di erbe aromatiche, agrumi e ginestra, con frizzanti sensazioni di passion fruit e pompelmo giallo di ritorno. Un sorso pieno, di buon corpo, sapido e piacevolmente ammandorlato.

LA CANTINA
Ma Cantina Imperatori non è, ovviamente, solo Viognier. Di proprietà del giovane Lorenzo Imperatori, che la gestisce con l’aiuto della sua famiglia, l’azienda è stata fondata nel 2010 a Frascati, nella zona dei Castelli Romani.

Un territorio di eccellenza per la viticoltura laziale. Merito della composizione del terreno, di medio impasto e ricco di scheletro, caratterizzato, al di sotto della fascia di coltivazione di circa 1,5 metri, dalla presenza di strati di basalto, tufo e arenarie scure, formatisi durante l’eruzione dei vulcani laziali.

Tale stratificazione è per altro osservabile nella suggestiva grotta scavata dai romani, alla quale si accede direttamente dalla cantina dell’azienda. Nonostante le potenzialità e l’incredibile vista di cui si gode dalla terrazza e dai vigneti, l’intero comprensorio era stato pressoché abbandonato.

Motivo per cui sono stati necessari lunghi e dispendiosi lavori di bonifica per renderlo nuovamente coltivabile. Le nuove piante sono state messe a dimora nel 2012. Nel 2014 è stata fatta la prima vinificazione in una cantina esterna, perché quella di proprietà non era stata ancora ultimata. Nel 2015 le prime bottiglie in commercio.

La produzione raggiunge oggi le 35 mila unità, distribuite principalmente in enoteche e canali Horeca del Lazio e di Milano, mentre si stanno aprendo nuovi sbocchi commerciali in Svizzera e in Belgio.

Le tipologie di vini per ora in commercio sono cinque, più una grappa invecchiata prodotta dalla distilleria Berta (dai 20 euro del Viognier ai 35 euro del Cabernet Sauvignon). Una realtà giovanissima, quindi, ma già con le idee ben chiare su quali siano gli obiettivi da raggiungere.

“Sin da subito, ci è stata data la possibilità di lavorare con serietà e con solide basi, sia in vigna che in cantina”, evidenzia Angelo Giovannini, consulente enologico con esperienze in numerose aziende del Lazio, che lavora in squadra con Enrico Carli e Daniele Lombardi.

A Giovannini il compito di occuparsi degli aspetti commerciali “scegliendo con cura quali uve impiantare e non badando a spese soprattutto in vigna, dove nasce veramente il buon vino”. Tutta l’azienda, che produce anche olio Evo da alberi secolari di Rosciola, Leccino e Frantoio, è in conversione al biologico.

IL METODO CLASSICO BASE CESANESE
Le varietà di uva a bacca bianca sono Viognier e il Trebbiano verde, presente nel Lazio sin dall’epoca romana col nome di Virdis, ma ben noto nelle Marche come Verdicchio e in Veneto come Trebbiano di Soave e di Lugana.

Due le tipologie prodotte, entrambe etichettate Lazio Igt Segreto Verde: una vinificata in acciaio e l’altra che sosta per 6 mesi in anfore di argilla, appositamente studiate e create dall’azienda Tava.

Tra le uve rosse spazio al Cesanese (varietà autoctona laziale diffusa soprattutto nella zona di Piglio, Affile e Olevano laziale, sedi delle omonime Doc) il cui vino matura in botte grande per 12 mesi, Cabernet Sauvignon (maturato in tonneau per 24 mesi) e Petit Verdot, che verrà imbottigliato quest’anno per la prima volta, dopo una sosta in acciaio.

Ma la vera notizia è l’inedita spumantizzazione col Metodo Classico del Cesanese. Lo scorso anno, circa 15 quintali di uva sono stati raccolti anticipatamente per conservare un’acidità elevata.

Sono stati vinificati in bianco e, una volta effettuata la malolattica, proprio in questi giorni, dopo il tiraggio, inizieranno il loro affinamento di circa 3 anni in bottiglia, riposando al fresco nella grotta romana. La data prevista per la commercializzazione è giugno 2022 e noi non vediamo veramente l’ora di assaggiarli.

Cantina Imperatori
Via di Pietra Porzia, 14
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Jerry Thomas: il primo speakeasy di Roma e d’Italia si racconta in un libro


ROMA –
Il Jerry Thomas Speakeasy è, semplicemente, il cocktail bar che ha rivoluzionato il bere miscelato a Roma, e non solo. Primo “secret bar” in Italia, dove poter accedere unicamente tramite parola d’ordine, entrato ben cinque volte nella World’s 50 Best Bars e punto di riferimento per barman di tutta la Penisola, il locale oggi si racconta in un libro: “Twist on classic – I grandi cocktail del Jerry Thomas Project”.

Il volume, edito da Giunti, è stato presentato lo scorso 19 giugno con un grande evento a Roma, al quale era presente anche il curatore e giornalista Marco Bolasco. Quattro i protagonisti di questa storia: Roberto Artusio, Leonardo Leuci, Antonio Parlapiano e Alessandro Procoli, barman fondatori del progetto, oltre a un quinto d’eccezione, Mr Jerry Thomas.

Affettuosamente detto “il Professore”, il maestro ottocentesco dell’arte americana del cocktail, nato a Sacketts Harbor (NY) nel 1830 è ormai diventato “abitante onorario di Rione Ponte”.

Merito del successo raggiunto dal locale, come ricorda nella prefazione David Wondrich, esperto di mixology e scrittore newyorkese, anche lui presente all’evento. A lui, Mr Thomas ha dedicato persino una biografia (Imbibe!, Penguin group, 2007).

DIECI ANNI DI TRAMA

L’avventura del gruppo è iniziata 10 anni fa quasi per gioco e, certamente, senza alcuna previsione che si sarebbe arrivati tanto lontano. “Non potevamo immaginare un tale successo del nostro locale, figuriamoci di raccontarlo dieci anni dopo in un libro – spiega Alessandro Procoli – ma quando Marco Bolasco ci ha contattato per proporci di fare un volume sulla nostra storia ci siamo detti ‘ora o mai più’ e ci siamo buttati in questa impresa”.

“Ma lo devo confessare – ammette Procoli – fino a che non si è visto il libro finito, abbiamo creduto che non saremmo mai riusciti a portarla a termine”. Guardando indietro, in realtà, quello del Jerry Thomas sembra un destino già scritto.

Roberto Artusio, di origini torinesi, è senza dubbio il più silenzioso del quartetto. Ma conferma questa tesi: “Abbiamo iniziato a scrivere questo libro 18 anni fa, tutti e quattro assieme, quando Antonio ed io portavamo le cannucce ai bar. E quando litigai con Leo, proprio nel locale di Alessandro”.

La storia del Jerry Thomas inizia però nel 2010, dall’idea di riportare in auge uno stile di bar e di miscelazione analogo a quello del pre-proibizionismo americano, dall’Ottocento fino agli anni Venti.

Per capire l’entità della rivoluzione apportata da questo piccolo locale di Roma, nascosto in una viuzza buia del centro capitolino, tra il Tevere e Corso Vittorio Emanuele II, bisogna innanzitutto inquadrare il momento storico.

Gli anni Duemila avevano avviato nella Capitale un nuovo corso del bartending, con le multinazionali che avevano iniziato a puntare sulla figura e sulla formazione del barman, al fine di trasformarlo in brand ambassador.

NEL SEGNO DELLA RIVOLUZIONE

Nel 2009 i nostri tre (all’epoca Alessandro non era ancora socio) fondano il Jerry Thomas Project. L’obiettivo era organizzare una serie di training formativi, con ospiti internazionali di livello, primo dei quali il bartender slovacco Stanislav Vadrna.

Il format incontra l’interesse del pubblico e nel frattempo il gruppo si adopera per aprire un proprio laboratorio-studio, facendo ricadere la scelta proprio su questo piccolo spazio. Per le sue caratteristiche, il locale suggerì da sé lo stile di arredo più consono. Ovvero un salotto privato anni Venti.

L’inaugurazione coincide con la fine del seminario ed è una festa per tutti i bartender, felici di aver trovato un ritrovo “tutto per loro”. Gli inizi dell’attività non sono facili. Il “doppio turno” è la regola. Al Jerry dall’1 alle 6 del mattino. Dopo aver staccato dal loro altro impiego.

Ma la clientela pian piano si consolida, incuriosita anche dall’esclusività del locale al quale si accede solo con parola d’ordine. Fino al definitivo successo nel 2011, complice il nuovo ingresso in società di Alessandro Procoli, detto dagli amici il “vittoriano” per la sua eleganza e per questo scelto come pr del gruppo.

Da allora, gli ospiti del salotto più esclusivo di Roma sono stati tanti e sempre di alto livello, tra cui star internazionali come Jude Law che non ha mancato di spendere alcune entusiastiche parole nel libro.

IL LIBRO

Il volume, ben 224 pagine, prevede una parte introduttiva con la storia del locale, una parte dedicata all’evoluzione del bere miscelato, dalle bevande ancestrali ai cocktail, e le indicazioni su come creare ricette originali partendo dai classici, i cosiddetti “twist on classic“.

Il concetto di “twist” è proprio una delle prerogative del Jerry Thomas Project, che ne ha fatto il proprio marchio distintivo con l’applicazione della “regola tridimensionale” ovvero i tre modi attraverso cui attuare con successo la modifica di una ricetta classica.

Noi abbiamo fatto semplicemente quello che facevano tutti i barman americani del pre-proibizionismo – spiega Antonio Parlapiano – ovvero modificare ricette già buone e funzionanti per dargli uno stile nostro.

Ma l’abbiamo fatto con passione e soprattutto con divertimento, e credo sia stata proprio questa la chiave del nostro successo. Qualche esempio? Il ‘Milf Julep‘ invece che Mint, con latte di mandorla, o il frozen ‘Frozinone‘ in onore della nostra regione”.


Si entra quindi nel vivo del ricettario vero e proprio, ordinato per tipologie di cocktail, dei quali è proposta sia la versione originale sia le rivisitazioni del JTP, sempre accompagnate dalle splendide foto di Alberto Blasetti, affermato fotografo di food per diverse testate, ma al suo esordio con un libro.

Chiudono la pubblicazione la sezione dedicata ad “attrezzature, tecniche e ingredienti”, l’utile indice dei drink e le bio dei quattro eroi del JTP. Soci, sì. Ma prima di tutto amici, mossi dalla speranza “che i loro locale continui ad essere sempre un bar di amici per amici”. Parola di Leonardo. Le premesse ci sono tutte.

The Jerry Thomas Project
Vicolo Cellini, 30
00186 Roma
Tel. 06 96845937 – mob. +39 370 1146287
www.thejerrythomasproject.it

Prenotazione obbligatoria


“Twist on classic – I grandi cocktail del Jerry Thomas Project” – di Jerry Thomas Project
Giunti Editore
pagine 224 – Euro 29,00

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