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Il Cruasé di Fiamberti e la figura di merda di Gabriele Marchesi di Montalto

EDITORIALE – Sarà, sarà. Sarà che è successo in Oltrepò pavese, la terra del vino italiana dove tutto può accadere. Pure l’imprevedibile. Fatto sta che merita un approfondimento la recente figura di merda di Gabriele Marchesi di Montalto.

Si è rivelato infatti un “epic fail” il suo tentativo di sputtanare – e dove se non sui social, patria dei “like lovers” di ogni razza e di ogni stirpe? – una blasonata cantina concorrente: niente meno che la Fiamberti di Canneto pavese.

Domenica 10 gennaio, alle 10 del mattino, il patron della Marchesi di Montalto pavese ha postato su Facebook la foto del Cruasé di Fiamberti in promozione al 70%, in un punto vendita Carrefour di Pavia.

Uno sconto shock, che abbassava il prezzo della pregiata versione rosata del Pinot Nero a 4,49 euro, dai 14,99 euro di partenza. La foto non è accompagnata da alcun testo.

È tra i commenti che Gabriele Montalto sfoggia non solo il proprio desiderio di screditare Fiamberti, ma soprattutto la totale ignoranza delle dinamiche della Grande distribuzione organizzata (l’etica di un vignaiolo non si compra, la cognizione di causa invece è dovuta, specie se non si parla di astrofisica ma del rapporto tra vino e retail).

“Basta delegare alla pandemia, troppo semplice, queste sono scelte, a monte, Aziendali!!!!”

“Tutte le promozioni sono calcolate a tavolino anticipatamente con il fornitore”

“Le promozioni con la Gdo che arrivano al 70% le stabilisci a inizio anno nel rinnovo contratto, anche perché lo si fa insieme”

Queste le parole con le quali Montalto prova a far credere ai propri “amici di Facebook” che Fiamberti fosse a conoscenza della promozione e abbia deciso di svendere non solo il proprio prodotto, ma il nome stesso del Cruasé e dell’Oltrepò pavese.

Ebbene, nulla di tutto ciò: il vino era in smaltimento perché non più in assortimento: una pratica comunissima nella Gdo, gestita da altre insegne con una semplice telefonata alla cantina cliente: “Abbiamo ancora 60 bottiglie, vieni a ritirarle o le smaltiamo noi con una forte promo?”.

Telefonata che non sarebbe mai arrivata alla cantina di Canneto Pavese, da parte dei buyer vino di Carrefour. A confermarlo è Giulio Fiamberti, che in giornata ha affidato ai social una pacata reazione.

“Dopo essere stato chiamato in causa da amici e colleghi circa una promozione attuata da una catena di grande distribuzione avente come oggetto uno dei nostri vini – recita il post – mi sento in dovere di dare la mia versione dei fatti.

Ormai da circa 6 mesi non siamo più fornitori dell’insegna che attua la promozione perché non ritenevamo ben gestito il posizionamento del nostro marchio e delle nostre etichette.

Il nostro Cruasè ha e ha sempre avuto ben altro posizionamento. Il prezzo di partenza inserito anche nel cartellino del prezzo a scaffale come documentato dalla foto incriminata è circa 15 euro.

Oggi evidentemente la catena ha deciso di svendere le giacenze e, purtroppo, noi produttori non abbiamo nostro malgrado alcuna voce in capitolo in queste occasioni. Ciò che forse non è ben chiaro a tutti e che il primo a rammaricarsi nel vedere svenduto il proprio lavoro sono io”.

“Game, set, match”, direbbero nel tennis. E invece no. Il post di Gabriele di Montalto è rimasto online sino alle 21 di questa sera, a far bella mostra di sé. L’ennesima storia che dimostra quanto l’Oltrepò pavese sia malato dentro.

Più passano gli anni, più i tentativi di “trucco e parrucco” sembreranno pezze, peggio dei buchi. Presto, qualcuno chiami un chirurgo: all’Oltrepò serve un trapianto di cuore. Ancor prima che di cervello.

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Vigna Solenga 2015, il Buttafuoco storico che illumina la strada all’Oltrepò pavese


“Tanta fatica, tanta passione, tanta volontà. E i risultati, anche se arrivano, sono minimi rispetto allo sforzo necessario per raggiungerli”. Che il Buttafuoco storico “Vigna Solenga” fosse molto più di un semplice vino per la famiglia Fiamberti, era chiaro a tutti. Mai, però, qualcuno era riuscito a sintetizzare così bene il concetto come ha fatto ieri Ambrogio Fiamberti, al Chic’n Quick dello chef Claudio Sadler.

La vendemmia 2015 del rosso simbolo di una delle cantine storiche dell’Oltrepò pavese ha sfilato a due passi dal Naviglio, come un guerriero tornato vincitore in patria col suo esercito, dopo la battaglia. Con l’armatura tirata a lucido e lo sguardo fiero all’orizzonte.

Già, perché è questo l’effetto che fanno i migliori vini di uno dei territori più massacrati d’Italia dalle (il)logiche dei commercianti d’uva, quando superano i confini pavesi per approdare con successo a Milano (città in cui dovrebbero essere presenti per principio costituzionale, nelle carte di tutti i ristoranti che si definiscano tali).

Uno squillo di tromba prodotto in sole 2 mila bottiglie, dunque una vera e propria chicca enologica. Del resto, il Buttafuoco Storico “Vigna Solenga” 2015 è quello che fa dire “buona la seconda” a Giulio Fiamberti, orgoglioso figlio di Ambrogio.

Il cru fu acquistato dai miei antenati nel 1814 e fu ‘ritoccato’ solo negli anni Venti del Novecento. Dopo il necessario reimpianto avvenuto nel 2007, abbiamo dovuto attendere 7 anni prima di poter produrre di nuovo il nostro Buttafuoco Storico, sulla base delle regole del Consorzio fondato nel 1996″.

Peccato che “7 anni”, a partire dal 2007, voglia dire 2014. “Un’annata particolarmente sfortunata in Oltrepò – ricorda Giulio Fiamberti – come in altri territori d’Italia. Eccoci dunque a presentare con grande soddisfazione questa 2015, prima vendemmia della Vigna Solenga dopo il reimpianto“.

UN VINO BANDIERA

Un vino che indica la strada a tutto l’Oltrepò pavese: quella della zonazione e dei “cru“, come leva per puntare alla qualità assoluta, da raccontare ai mercati, dalla vigna fin dentro (e fuori) dal calice.

“Sono assolutamente convinto che l’Oltrepò, così come qualunque altra grande zona di produzione di vini, non sia tutta uguale – commenta Fiamberti -. Ciò non vuol dire che una zona sia migliore dell’altra, ma che ci siano delle specificità da valorizzare in ognuna, prima di tutto a livello ampelografico”.

Un territorio come il nostro – aggiunge il produttore oltrepadano – con differenze impressionanti di altitudini, di microclimi, di terreni e di esposizioni, non può fare a meno della zonazione. Altri territori hanno, per fortuna o sfortuna, una maggiore omogeneità. Da noi, la zonazione diventa non soltanto una strada da seguire: è assolutamente necessaria“.

Un passaggio non ancora affrontato in maniera seria, a livello consortile. “Conforta, per ora – chiosa Fiamberti – che molte aziende simbolo dell’Oltrepò abbiano avviato questo percorso autonomamente, all’interno dei vigneti di proprietà. Chiunque alzi l’asticella nel nostro territorio, per noi è solo un amico e un compagno di viaggio“.

E “l’asticella” oltrepadana si alza anche in enoteca e nella ristorazione, grazie al Buttafuoco Storico “Vigna Solenga” 2015. L’etichetta di Fiamberti sarà in vendita attorno ai 35 euro nelle migliori “botteghe” del vino.

Al ristorante, sarà invece in carta attorno ai 45 euro: il posizionamento che merita un Oltrepò che ha bisogno di sdoganarsi dalle logiche della Grande distribuzione organizzata, puntando a mercati degni del proprio valore.

Del resto, come sottolinea Giulio Fiamberti, “nel ‘Vigna Solenga’ c’è tutta la storia della nostra famiglia e anche il suo futuro, dal momento che per noi il Buttafuoco è la cifra dell’azienda e vogliamo che lo sia sempre di più”.

“Siamo convinti che i cru siano una chiave di successo per tutti i territori che producono grandi vini rossi, tra cui va annoverato l’Oltrepò pavese del Buttafuoco Storico”. Il calice, del resto, conferma questa tesi.

LA DEGUSTAZIONE

[Voto WineMag.it: 94/100 – Rapporto qualità prezzo: 5/5] Parola d’ordine “finezza” per sintetizzare quello che c’è da aspettarsi dal calice di “Vigna Solenga” 2015, uvaggio di Croatina (50%), Barbera (40%), Uva Rara (5%) e Ughetta di Canneto (5%).

A garantirla sono i conglomerati di Rocca Ticozzi presenti nel terreno: ghiaie di origine marina che offrono preziosi sali minerali alle radici della pianta, permettendo un eccellente drenaggio delle acque.

La Valle Solinga, strettissima, accentua poi le escursioni termiche tra vetta e fondo valle, utili a trovare il giusto punto di equilibrio tra i vari gradi di maturazione delle uve, che crescono tra i 200 e i 280 metri sul livello del mare.

La freschezza e la sapidità garantite dalle condizioni microclimatiche, si traducono nel calice in una estrema raffinatezza ed eleganza, capaci di garantire al Buttafuoco Storico 2015 “Vigna Solenga” una beva davvero instancabile. Merito di una sapiente estrazione durante la lunga macerazione e di un utilizzo di legni non invasivi.

Evidenti anche le garanzie di positivo affinamento negli anni a venire, quando l’ulteriore periodo “in vetro” amalgamerà tra loro le varie componenti. A beneficiarne sarà soprattutto la parte olfattiva, al momento ancora leggermente “slegata”. Il guerriero ha solo il raffreddore. Roba da niente. Domani sarà già passato.

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Autoctono si nasce 2019: buona la prima di Go Wine a Milano. I migliori assaggi

MILANO – Non poteva scegliere tema migliore l’associazione Go Wine per aprire a Milano la nuova stagione enoica. “Autoctono si nasce2019 – in passerella oltre 60 varietà di vitigni autoctoni italiani – è stato un successo ieri pomeriggio all’Hotel Michelangelo di Milano.

“La nostra associazione promuove la cultura del vino – ha precisato Massimo Corrado, presidente di Go Wine – oltre al turismo. Il nome scelto dice tutto: il vino fa viaggiare le persone. Il vino ci fa diventare mobili. Si assaggia per esempio un buon vino in città e poi si avverte il piacere di andare a vedere dove nasce”.

“Autoctono si nasce – continua Corrado – è una diretta conseguenza di questo nostro credo: gli autoctoni sono legati a tanti territori, hanno radici profonde e sviluppano quel concetto di identità e diversità che per noi è centrale nell’approccio al vino”.

E mentre Go Wine scalda i motori del secondo appuntamento meneghino, con Barolo, Barbaresco e Roero protagonisti il 21 febbraio sempre a Milano, ecco i migliori assaggi ad “Autoctono di nasce” 2019.

I MIGLIORI ASSAGGI
Dolcetto d’Alba Doc 2017, Azienda Agricola Baldissero. Uber alles. Un Dolcetto di emozionante perfezione quello di Baldissero.

Bel rubino brillante nel calice, da cui si sprigionano precisi e intensi sentori fruttati, prima di una chiusura in cui appare il tannino, nascosto da una vena di mandorla amara.

Colli Tortonesi Doc Terre di Libarna Timorasso 2013 “L’Archetipo”, Azienda Vinicola Poggio. Il Timorasso che non t’aspetti, ma solo se non conosci il Poggio, unica azienda dei Colli Tortonesi operante in Val Borbera, al confine estremo della Doc con la Liguria.

Balsamicità, vena talcata e mentolata sono le caratteristiche di un Timorasso unico nel suo genere nel panorama della Denominazione, degustato in magnum.

Doc Friuli Colli Orientali Pignolo 2008, Adriano Gigante. Ennesima dimostrazione delle potenzialità di questo straordinario autoctono friulano.

Un vino che mostra ancora risvolti giovanili, nonostante gli 11 anni già sulle spalle. Un rosso elegante e allo stesso tempo potente, sia al naso sia al palato. Il Friuli di finezza, con tanta strada ancora davanti.

Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino 2012, Tenuta Maffone. Un Vermentino ligure che sembra strizzare l’occhio al piemonte, per l’eleganza che ricorda certe punte di qualità dell’Arneis. Richiami minerali netti al naso, vicini all’idrocarburo, ne denotano una certa evoluzione. Ma in bocca è ancora tutta frutta, freschezza e prospettiva. Meraviglioso.

Buttafuoco Storico Vigna Sacca del Prete Doc 2013, Fiamberti. Poco meno di 4 mila bottiglie per questa “chicca” che esalta le grandi potenzialità rossiste dell’Oltrepò pavese (Croatina, Barbera, Ughetta di Canneto e Uva Rara). Un vino giocato su garbate note di frutti rossi sotto spirito e terziari dovuti al lungo affinamento in legno. Ancora giovane, ma già dotato di una gran bella gastronomicità.

Morellino 2016 “Heba” / Maremma Toscana Rosso 2015 “Sinarra”, Fattoria di Magliano. Si cambia zona e stile. Andiamo in Toscana, più esattamente in Maremma, per una linea di vini tutto frutto, ma tutt’altro che banali. Fattoria di Magliano riesce infatti a coniugare come pochi nel panorama nazionale la tipicità e rappresentatività del proprio terroir e l’eleganza del frutto, che esalta naso e beva.

“Heba” 2016 e “Sinarra” 2015 sembrano solo all’apparenza due vini agli antipodi: pronto e fresco il primo, più sui terziari e destinato all’allungo il secondo. Li lega un pregevole fil rouge: la capacità di portarti col pensiero sulle vigne, affacciate sul mare.

Prosecco Superiore Valdobbiadene Docg Rive di Guia “Otreval”, La Tordera. Unconventional Prosecco, tradotto: Prosecco vero. Dosaggio zero che esalta in maniera ineccepibile il terroir, senza uccidere la semi aromaticità della Glera. Forza e coraggio prosecchisti, la strada è questa: quella della qualità.

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RICETTA Casarecce con crema di porri, salsiccia e taleggio

Oggi vi racconto un piatto dal gusto molto rustico e, ovviamente, semplice da preparare. Vi descriverò come preparo le casarecce  con crema di porri, salsiccia e taleggio.

INGREDIENTI PER 4 PERSONE
350 gr di pasta tipo casarecce; 40 gr di taleggio; formaggio grana grattugiato; 2 porri; un bicchiere di brodo vegetale; 2 salsicce a punta di coltello; 2 cucchiai di panna fresca; sale e pepe quanto basta; 40 gr di olio extravergine di oliva.

LA PREPARAZIONE
Iniziamo col pulire i porri, privandoli della parte esterna. Riduciamoli poi  in pezzi piccoli e facciamoli  appassire in padella, a fuoco moderato e mescolando di tanto in  tanto. Io ho aggiunto un mezzo bicchiere di brodo vegetale, per non far asciugare troppo la preparazione.

Quando i porri saranno ben cotti li triteremo per ottenerne una purea. Adesso dedichiamoci alle salsicce. Priviamole del budello, sminuzziamole e facciamole rosolare nella padella, dove prima abbiamo preparato i porri. Intanto avremo già calato le caserecce in acqua bollente e salata.

Dopo circa 10 minuti , uniamo la purea di porri alle salsicce e, quando la pasta sarà a mezza cottura, scoliamola e continuiamo a farla cuocere in padella, unendo al condimento il taleggio tagliato a pezzetti e la panna fresca. A questo punto, non ci resta altro che impiattare , spolverare con il grana e il pepe e gustare. E buon appetito!

Vino in abbinamento: Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc “Bricco della Sacca”, Fiamberti

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Vini al supermercato

Bonarda Doc 2016 Vigna Bricco della Sacca, Fiamberti

(4,5 / 5) Impresa non impossibile trovare un buon Bonarda al supermercato. Ma bisogna sapere dove andarlo a cercare. Un porto sicuro è quello offerto dall’Azienda agricola Fiamberti di Canneto Pavese.

Una delle prime cantine a entrare nella galassia Esselunga, al momento dello sbarco del colosso della Gdo in provincia di Pavia.

Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper, in particolare, il Bonarda dell’Oltrepò pavese Doc 2016 “Vigna Bricco della Sacca”. Un “cru” di uve Croatina, dal quale Fiamberti trae in edizione limitata il vino rosso del pavese più noto al grande pubblico dei supermercati.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, questo Bonarda è perfettamente conforme alle caratteristiche espresse dal disciplinare di produzione. Colore rosso intenso, impenetrabile. E unghia purpurea, vivacizzata al momento del servizio da una spuma generosa, che svanisce in fretta. Lasciando così spazio al tuffo del naso.

I sentori parlano di un’uva raccolta a perfetta maturazione: caratteristica essenziale per la produzione di un ottimo Bonarda, che si stacchi dalla media di quelli prodotti senza troppa attenzione al risultato finale (tanto, poi, andranno a scaffale in Gdo a 2 euro, magari pure a volantino).

A una temperatura di servizio di 14-15 gradi, le note fruttate di ciliegia e lampone sono nette e perfettamente definite. La complessità non è una caratteristica del Bonarda, che deve restare un vino semplice, ma pulito. Qui, l’obiettivo è centrato. Perde un po’ di finezza, “Vigna Bricco della Sacca”, con la permanenza nel calice.

A una temperatura di 18°, peraltro suggerita dal produttore in etichetta, ciliegia e lampone perdono parte della loro gentilezza. Sfociando nel ribes da un lato (accentuato dalla leggera percezione del tannino, evidente a temperature più basse) e nella mela gialla matura dall’altro (il residuo zuccherino, non stucchevole, sembra divertirsi a controbilanciare il tannino).

Note che ritroveremo in un retro olfattivo di sufficiente persistenza, ma di nuovo non all’altezza della finezza espressa in ingresso. D’altro canto tutto tranne che sentori fastidiosi. Peraltro prevedibili in una vendemmia anomala e calda come la 2016, in occasione della quale si è fatto comunque un buon lavoro in casa Fiamberti, visti i risultati in bottiglia.

Mezzo punto in più (da 4 a 4.5) nella speciale scala di valutazione di vinialsupermercato.it per il prezzo fortemente concorrenziale del prodotto, nettamente superiore ad altri della stessa tipologia, dal punto di vista qualitativo. Un affare l’acquisto in occasione di promozioni da parte di Esselunga.

Vino a tutto pasto per antonomasia, il Bonarda Doc 2016 “Vigna Bricco della Sacca” non fa eccezioni. Dà il meglio di sé con antipasti a base di salumi e primi piatti non troppo elaborati. Da provare – per chi ama giocare con gli abbinamenti in cucina – con gli spätzle, i tipici gnocchetti tirolesi agli spinaci, con panna e fiammiferi di speck dolce.

LA VINIFICAZIONE
Se c’è un aspetto che salta all’occhio nella degustazione della Bonarda Fiamberti “Vigna Bricco della Sacca”, è l’indubbia attenzione nella selezione delle uve del “cru” e nella tecnica di vinificazione.

La Croatina viene pigiata non appena raccolta, al fine di evitare indesiderate fermentazioni. La temperatura stessa fermentazione, in cantina, viene costantemente controllata. Avviene a contatto delle bucce, secondo l’antica tradizione. L’affinamento avviene esclusivamente in acciaio, per preservare le caratteristiche varietali del vitigno.

L’azienda agricola Fiamberti di Canneto Pavese è una delle aziende più antiche dell’Oltrepò Pavese e dell’intera Lombardia. Nel 2014 ha festeggiato i 200 anni dalla sua fondazione. “Il vino è storia e geografia liquida – sintetizza Giulio Fiamberti, oggi alla guida dell’impresa di famiglia – e non si fa senza terreno e tradizione. Lavoreremo con entusiasmo e attenzione affinché chi beve i nostri vini sappia sempre da dove vengono”.

Prezzo: 4,90 euro
Acquistata presso: Esselunga

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