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Fatturato vignaioli Fivi: ecco l’identikit delle cantine che “funzionano”

Fatturato cantine vignaioli Fivi ecco identikit delle cantine che funzionano vinitaly 2025 ricerca Invernizzi Agri Lab di Sda Bocconi School of Management rita babiniFatturato cantine vignaioli Fivi.
Vendita diretta al consumatore finale. Buona presenza nell’Horeca. Capacità di proporsi in ottica enoturismo. E buona propensione agli investimenti in marketing e promozione. Sono i quattro pilastri del fatturato delle cantine Fivi che meglio affrontano i mercati, in un momento di difficile congiuntura come quello attuale. Ad evidenziarlo è uno studio realizzato grazie ad Invernizzi Agri Lab di Sda Bocconi School of Management, con il sostegno di Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi e di Crédit Agricole Italia. https://www.sdabocconi.it/it/faculty-ricerche/ricerca/esg-excellence-in-sustainability-governance-knowledge-platform/agrilab.

La ricerca, presentata oggi a Vinitaly 2025, nell’area del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, ha messo in luce come le aziende con una percentuale superiore di vendita diretta, al consumatore finale e/o all’Horeca, presentano un andamento del fatturato migliore rispetto alla media generale del campione. D’altro canto, non sono molte le aziende Fivi che commerciano con la grande distribuzione organizzata (Gdo). E non risulta che questo canale sia d’ostacolo ai vignaioli. https://fivi.it/

ENOTURISMO, MARKETING E PROMOZIONE DELLE CANTINE FIVI

Un altro plus per le cantine Fivi è una proposta di successo nell’enoturismo, nonché la capacità di investire in marketing e promozione. «Questi dati – commenta la presidente della Federazione italiana vignaioli indipendenti, Rita Babini – rafforzano le nostre richieste a livello europeo: maggiore accessibilità ai fondi Ocm promozione per le aziende di medio-piccole dimensioni, attualmente di fatto escluse, e realizzazione di misure di sostegno alle attività enoturistiche, fondamentali in questo frangente storico anche per un’educazione al consumo consapevole, oltre che per la diversificazione dei canali di vendita e per crescita delle economie territoriali delle aree interne».

“Questa ricerca – continua – ci conferma alcuni elementi che prima potevamo solo ipotizzare. E rafforza la nostra volontà di tutelare e promuovere un modello produttivo, quello delle aziende vitivinicole verticali, che è fondamentale non solo per il futuro del mondo del vino, ma per la tenuta socio-economica di tantissimi territori italiani. Purtroppo è un modello resistente e fragile al contempo, quello delle nostre aziende. Ha resistito e continua a resistere grazie a fondamentali solidi di risorse e competenze, spesso trasmesse da generazioni. Ma in un contesto di grandi mutamenti a livello nazionale, europeo e globale, e di fronte a una crisi climatica che rende sempre più rischioso il lavoro agricolo – conclude Rita Babini – è importante che questo modello venga riconosciuto nella propria originalità e unicità, e messo nelle condizioni di competere alla pari con gli altri soggetti della filiera».

L’EXPORT TRAINA IL FATTURATO DEI VIGNAIOLI FIVI

Dalla ricerca emerge che l’export ha rappresentato un driver trainante della crescita del trend di fatturato nell’ultimo triennio. Tra le aziende che hanno dichiarato una crescita sostenuta o moderata del fatturato, infatti, il 45% presenta una percentuale di fatturato da export elevata. Fatturato cantine vignaioli Fivi.

«Più del 70% dei nostri 1.800 soci esporta – evidenzia la presidente Fivi – e il 23% vorrebbe farlo in futuro. Quasi tutti hanno negli Stati Uniti il principale mercato di riferimento. Ma, alle condizioni che si stanno realizzando, diventerà difficilissimo e verrà a mancare uno dei determinanti positivi di fatturato per i Vignaioli italiani. Per questo chiediamo al Governo di continuare a mettere in campo tutti gli sforzi diplomatici possibili per porre fine alle guerre commerciali e salvaguardare un settore fondamentale come quello primario».

La ricerca è stata presentata alla presenza del prof. Vitaliano Fiorillo, direttore Invernizzi Agri Lab, Sda Bocconi School of Management; del prof. Luca Ghezzi, docente Management and Control Systems, Sda Bocconi School of Management; del Dott. Biagio Maria Amico – Academic Fellow, Sda Bocconi School of Management. Per Crédit Agricole Italia è intervenuto Maurizio Crepaldi, responsabile Direzione Affari e Agri Agro. https://www.credit-agricole.it/

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Proposta Vini a tutta Fivi. Girardi: «40 anni al servizio delle micro cantine italiane»


Non facesse un mestiere diverso – lui distribuisce, quegli altri producono – il fondatore di Proposta Vini, Gianpaolo Girardi, calzerebbe a pennello col ruolo di prossimo presidente Fivi. Con i vignaioli indipendenti impegnati in queste ore a costruire alleanze per formare il consiglio direttivo 2025-2028, in vista delle elezioni che si terranno il 13 febbraio a Imola, l’aria alla Stazione Leopolda di Firenze, dal 18 al 20 gennaio scorso, è sembrata tingersi da Mercato d’una Fivi d’antan. Più simile a quello di Piacenza che all’attuale, in salsa ragù bolognese. Numerosissimi i soci della Federazione italiana vignaioli indipendenti presenti come espositori alla presentazione del Catalogo 2025 di Proposta Vini. Dai vecchi ai nuovi. Ovvero dal fondatore Walter Massa agli ultimi – interessantissimi e spumeggianti – arrivati di Cantina VentiVenti
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Ma a rendere ancora più “Fivi” il clima è stato proprio Gianpaolo Girardi, nel discorso introduttivo rivolto alla stampa presente a Firenze. «Proposta Vini è stata fondata nel 1984. E 40 anni fa non era certo scontato poter immaginare di trovare un mercato solido a dei piccoli produttori come quelli presenti tra le 417 cantine selezionate sino al 2025, di cui 258 italiane e 159 straniere. Quello a cui assistiamo in questi giorni, alla Stazione Leopolda, non era per nulla preventivabile. Anzi, è un miracolo. Nel nostro Catalogo 2025 sono presenti perlopiù micro aziende con 2, 3, 4, 5 ettari, spesso in posti molto difficili da lavorare… Perché la nostra attenzione, negli anni, si è rivolta sempre più a loro? La ragione, per certi versi, è banalissima. Ed è che siamo convinti che il buon vino si produca con materie prime di qualità. Ovvero con uve sane».

QUEL LOGO FIVI SUL CATALOGO DI PROPOSTA VINI

«Il 95% dei nostri produttori – ha aggiunto Gianpaolo Girardi – sono contadini che mettono il proprio nome sulle loro etichette di vino. E hanno una cura maniacale del vigneto. Siamo partiti con l’idea di un’azienda di servizio: consegne velocissime, precisione, carte vini personalizzate… Negli ultimi anni, con estremo piacere, ci siamo accorti che il vero servizio che offriamo è quello garantito a tutti questi piccoli produttori. Gestendo, cioè, quella parte commerciale che loro non potrebbero seguire, essendo focalizzati in campagna e in cantina». Un lavoro di squadra, che parte dalla vigna e finisce sulla tavola dei clienti di ristoranti, hotel, enoteche e wine bar. Con in mezzo Proposta Vini e la sua squadra di (oltre) 150 agenti.

Il legame tra Fivi e l’azienda di distribuzione che ha sede a Pergine Valsugana, in quel Trentino che esprime il presidente uscente della Federazione italiana vignaioli indipendenti, Lorenzo Cesconi, va ben oltre i sensazionalismi d’un grigio e piovoso weekend fiorentino. Tra i produttori rappresentati da Proposta Vini anche Ettore Ciancico, candidato consigliere nazionale alle prossime elezioni Fivi e membro del Cda che, questo legame invisibile, ha saputo metterlo nero su bianco, negli anni di presidenza di Matilde Poggi. Il Catalogo di Proposta Vini, di fatto, è uno dei pochi su cui è stampato il logo Fivi, accanto al nome delle aziende socie della Federazione. Una richiesta espressa da Fivi, che la famiglia Girardi ha saputo cogliere. Anche questa volta in maniera non del tutto scontata.

I NUMERI DI PROPOSTA VINI NEL 2024: FATTURATO IN CRESCITA A 28 MILIONI

Scelte, queste ed altre, che danno risultati tangibili. In un periodo di crisi generalizzata dei consumi di vino, il 2025 si è infatti aperto in positivo per Proposta Vini. L’azienda di distribuzione di vini e spirits, che nel Catalogo 2025 ha dato il benvenuto a 55 nuove aziende, ha chiuso il 2024 con una crescita di fatturato di oltre il 3% sul 2023, pari a più di 28 milioni di euro. Per un totale di oltre 2,8 milioni di bottiglie vendute. Ben 3 mila le referenze “wine” selezionate in 417 cantine (258 italiane e 159 straniere) a cui si affiancano 600 etichette di spirits di 100 realtà (italiane e straniere) del mondo della distillazione.

«Il 2024 – sottolinea Andrea Girardi – è stato un anno molto impegnativo e particolare per il nostro settore. I numeri di Proposta Vini mostrano come il mondo Horeca, a cui ci rivolgiamo, abbia una sempre maggiore sensibilità per storie vere e autentiche di viticoltura artigiana. Il consolidamento e addirittura la crescita di oltre il 3% del fatturato, trainato soprattutto da vini fermi e spirits, rappresentano una conferma dell’importanza del nostro impegno a selezionare e distribuire cantine e distillerie i cui progetti, andando ben oltre i meri aspetti commerciali, tocchino l’anima nei nostri amati clienti ristoratori, enotecari (tradizionali e online) e albergatori e quella dei loro (nostri) clienti finali». Se non è vero spirito Fivi questo… https://www.propostavini.com/

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Cuzziol, fatturato 2024 in (lieve) crescita a 25,7 milioni

FOTONOTIZIA – Cuzziol GrandiVini chiude il 2024 con un fatturato di 25,7 milioni, in crescita rispetto ai 25,5 milioni del 2023. Lieve crescita, dunque, per la distribuzione di Santa Lucia di Piave (Treviso). «Il 2024 – commenta Luca Cuzziol, amministratore unico dell’azienda – ha rappresentato un punto di svolta, con la definitiva uscita dal periodo post-Covid e un ritorno a una “normalità” che ci ha messo alla prova. Nonostante le difficoltà del contesto internazionale, la solidità del nostro modello ci permette di guardare al 2025 con fiducia e determinazione».

CUZZIOL FATTURATO 2024

Giovedì 23 Gennaio 2025 – Cuzziol GrandiVini esordisce nel 2025 presentando un nuovo logo, simbolo che rappresenta la propria evoluzione e visione contemporanea. Si tratta per l’azienda leader della selezione e distribuzione di vini fini in Italia di rinnovare la sua immagine nell’intento di riflettere al meglio i valori che la contraddistinguono e affrontare con determinazione le sfide del futuro. Il nuovo logo nasce da un processo di reinterpretazione del marchio storico, conservandone la forza e l’identità, ma rinnovandolo con un linguaggio grafico più contemporaneo. Tre lettere sinuose, eleganti e dinamiche compongono una sigla che comunica movimento e raffinatezza.

Il nome dell’azienda, forte e preciso, si pone al centro come garanzia di qualità e affidabilità. Due città, Milano e Roma, due giorni per presentare la ricchezza del proprio portfoglio ad agenti, clienti e giornalisti, una vera e propria esperienza da vivere. Un’occasione imperdibile per scoprire le nuove annate, incontrare i produttori e condividere con colleghi e clienti la passione per il vino d’autore. Questo evento non è solo un tasting: è una celebrazione dello spirito di collaborazione che rende unica la famiglia Cuzziol GrandiVini.

Insieme ai produttori, sempre al centro dell’attività dell’azienda, Cuzziol GrandiVini disegna una linea di crescita, un accompagnamento certo commerciale ma che va oltre. Entrare nella selezione Cuzziol GrandiVini vuol dire avere accesso a un sistema strategico di sviluppo su tutto il territorio nazionale grazie a una rete commerciale preparata ed estesa, alla partecipazione a eventi mirati firmati Cuzziol dedicati ad una clientela Ho.Re.Ca selezionata, alla possibilità di essere presenti a grandi eventi del mondo enologico, da Vinitaly agli eventi di Società Excellence (società che raggruppa 21 tra i maggiori distributori italiani e che organizza eventi tematici di prestigio).

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Cantine di Verona, fatturato 2024 a 62,5 milioni di euro


Il bilancio 2023-2024 di Cantine di Verona si chiude con un fatturato di 62.581.306 milioni di euro, in leggero calo rispetto all’anno precedente. Il gruppo cooperativo che riunisce Cantina Valpantena, Cantina di Custoza e Cantina Colli Morenici, ha comunque garantito agli oltre 500 soci «un prezzo medio per quintale superiore a quello del 2022-2023». Compensando così, in parte, i minori conferimenti dovuti alle avversità atmosferiche dell’annata agraria.

CANTINE DI VERONA, FATTURATO 2024 IN CALO MA CRESCE IL WINE SHOP

Nonostante il calo generale dei consumi nel mercato del vino, il gruppo è riuscito a mantenere stabili i propri livelli di vendita. In particolare, i 10 wine shop di Cantine di Verona hanno registrato un aumento dei volumi rispetto all’anno precedente. Questo conferma una tendenza sempre più diffusa: i consumatori preferiscono acquistare direttamente dai produttori, riconoscendo la qualità e l’affidabilità del prodotto.

IL PRESIDENTE LUIGI TURCO: «INNOVAZIONE, QUALITÀ, RESPONSABILITÀ»

Durante l’assemblea dei soci del 14 dicembre, il presidente Luigi Turco (nella foto) ha sottolineato la volontà di affrontare con fiducia le sfide future: «Quelli che ci attendono non saranno tempi facili. Il mondo del vino sta vivendo un periodo di grandi cambiamenti. Ma noi continuiamo a impegnarci per migliorare le nostre buone pratiche aziendali, puntando su innovazione, qualità e responsabilità».

Cantine di Verona ha inoltre ribadito il suo impegno per la sostenibilità, consolidato attraverso le certificazioni Equalitas, SQNPI e biologica. A conferma di questo percorso, all’inizio del 2025 sarà pubblicato il primo bilancio di sostenibilità, che documenterà le azioni intraprese per tutelare l’ambiente e valorizzare le persone. Questo strumento rappresenterà un passo cruciale per fissare obiettivi futuri e comunicare i risultati raggiunti.

IMPIANTO FOTOVOLTAICO A CANTINA DI CUSTOZA

Cantine di Verona, completerà anche l’installazione di un nuovo impianto fotovoltaico a Cantina di Custoza, che si aggiungerà a quelli già attivi nelle altre sedi del gruppo. Questa scelta rientra nell’ottica di contenere ulteriormente i costi energetici e ridurre l’impatto ambientale. Il gruppo controlla un totale di 1.800 ettari vitati in denominazioni chiave del Veneto (Amarone, Valpolicella, Custoza, Soave, Bardolino, Lugana e Garda), con un giro d’affari sul fronte dell’export di circa 32 milioni di euro.://cantinediverona.it/it

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Bolgheri, Fabio Motta vende una quota ad Agricole Gussalli Beretta (armi)


Agricole Gussalli Beretta
(armi) ha acquisito una una quota di controllo della società agricola semplice Fabio Motta, cantina di Castagneto Carducci situata in località Le Fornacelle. L’azienda vinicola dell’areale della Doc Bolgheri, fondata nel 2009 dal vignaiolo Fabio Motta, conta ad oggi circa 10 ettari di vigneti di proprietà. L’accordo è datato 17 luglio 2024 e sancisce l’acquisizione da parte del gruppo Agricole Gussalli Beretta di Monticelli Brusati (Brescia) di una quota di maggioranza dell’azienda bolgherese. Motta porterà in dote i locali per la
vinificazione, 9,87 ettari di vigneti e una produzione annua di circa 40 mila bottiglie.

CON FABIO MOTTA SALGONO A SEI LE CANTINE DI AGB

Diventano così 6 le tenute del Gruppo Agricole Gussalli Beretta (Agb), che può già contrare su Lo Sparviere (Franciacorta, Monticelli Brusati), Castello di Radda (Chianti Classico, Radda in Chianti), Orlandi Contucci Ponno (Colline Teramane, vallata del fiume Vomano, Abruzzo), Fortemasso (Barolo, Castelletto di Monforte d’Alba) e Steinhaus (Alto Adige, Buchholz – Pochi di Salorno. Ad oggi, grazie alla nuova acquisizione, la famiglia Gussalli Beretta (a capo del colosso produttore di armi Beretta Holding, che ha chiuso il 2022 con 1,4 miliardi di euro di fatturato) possono contare su un totale di 130 ettari di proprietà in Italia, per 650 mila bottiglie.

«Ho avuto modo di conoscere e stimare la storia decennale, la serietà e la visione imprenditoriale del gruppo Agricole Gussalli Beretta – commenta il fondatore Fabio Motta – e sono certo di aver trovato il partner ottimale per consolidare questo progetto e sostenerne il futuro sviluppo. L’obiettivo condiviso è quello  di crescere portando avanti il percorso intrapreso quindici anni fa al momento della nascita della cantina. Lo stile e la cura che hanno caratterizzato i vini Fabio Motta in questi anni rimarranno invariati, con un’attenzione ancora maggiore al dettaglio ed alle sfumature che questo straordinario territorio può offrire».

CHI È FABIO MOTTA

La gamma produttiva della cantina Fabio Motta, molto focalizzata sulla produzione territoriale e le sfumature di Bolgheri, si compone di quattro referenze: “Le Gonnare” Bolgheri superiore Doc; “Pievi” Bolgheri rosso Doc; “Lo Scudiere” Sangiovese Igt Toscana e “Le Gonnare” Bianco Vermentino Igt Toscana. Attualmente la distribuzione fa riferimento sia al mercato nazionale (Teatro del Vino) che internazionale, con export in circa 20 Paesi.

Dopo la laurea in agraria ed un’esperienza di cinque anni nella cantina del suocero Michele Satta, Fabio Motta ha iniziato la sua «personale avventura», mosso da «una grande passione per il vino e per il lavoro del vignaiolo artigiano». «Il mio vigneto – spiega – consisteva inizialmente di un appezzamento di quasi 20 anni di età, posizione eccellente ai piedi della collina di Castagneto Carducci». Il riferimento è a “Le Pievi”: circa 4 ettari di terreno, molto vocato. «Di lì a poco – continua il vignaiolo di Bolgheri – ho acquisito anche un eccellente vigneto di uve bianche, soprattutto Vermentino, di oltre due ettari, in località Le Fornacelle».


Azienda Agricola Fabio Motta

Loc. Le Fornacelle 232/C
57022 Castagneto Carducci (Livorno)
Tel. +39 0565 1828055
info@mottafabio.it

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Fatturato Distilleria Castagner in crescita: merito delle scelte green (e della grappa)


FOTONOTOZIA – L’economia circolare traina la crescita del fatturato della Distilleria Castagner, passato dai 13,60 milioni di euro del 2021 agli oltre 15 milioni del 2022 per arrivare a superare i 16 milioni nel 2023. Dal quartier generale di Vazzola sono stati diffusi i dati sul giro d’affari della società veneta, che ha da poco chiuso l’anno fiscale 2022-2023 (1° luglio-30 giugno).

La grappa vale ancora il 70% del fatturato, ma un buon 30% è rappresentato oggi dalla valorizzazione dei sottoprodotti che da soli sono cresciuti, negli ultimi due anni, del 55%. La circolarità diventa così anche un vantaggio economico per la Distilleria Castagner che da anni investe sulla sostenibilità e sull’autosufficienza energetica grazie alla valorizzazione delle materie residue della distillazione.

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Terre Cevico compie 60 anni e svolta: nel 2024 sarà cooperativa di primo grado


Terre Cevico
compie 60 anni e si rilancia sui mercati sotto una nuova veste. Da gennaio 2024 avrà un nuovo modello organizzativo, passando da “consorzio cooperativo“, ovvero da società cooperativa di secondo grado, a cooperativa agricola di primo grado. L’annuncio ufficiale è stato diramato ieri dal presidente di Terre Cevico, Marco Nannetti, in occasione della conferenza stampa che ha dato il via al pomeriggio di festeggiamenti per i 60 anni del Gruppo. La cornice scelta per celebrare l’anniversario è stata Tenuta Masselina, vera e propria boutique winery di proprietà di Terre Cevico a Castel Bolognese, in provincia di Ravenna (16 ettari di vigna e 6 di bosco per una produzione complessiva di circa 50 mila bottiglie, tutte destinate al segmento Horeca).

«Terre Cevico – ha spiegato Nannetti – si è sviluppato in questi anni come consorzio di secondo grado, fornendo servizi tecnici e commerciali alla propria base sociale, creando opportunità di sviluppo verso nuovi prodotti e mercati, innovando sempre, in ambito agronomico, enologico e tecnologico. Oggi sentiamo l’esigenza di accelerare ulteriormente per sviluppare il gruppo, mettendo in sinergia la crescita industriale dell’impresa e l’interesse collettivo dei nostri viticoltori soci. Terre Cevico diverrà presto un sistema inclusivo dell’intera filiera vitivinicola. Un nuovo assetto che da consorzio porterà Cevico ad essere definitivamente cooperativa agricola di primo grado, con il socio viticoltore protagonista e sempre di più al centro del sistema d’impresa».

TERRE CEVICO COOPERATIVA DI PRIMO GRADO DA GENNAIO 2024


Un processo che sottintende a un piano industriale triennale che ha come obiettivo l’aumento dei ricavi, il miglioramento dei margini, l’efficienza da integrazione dei diversi ambiti aziendali. E ancora: su un piano di investimenti consolidato, su una gestione integrata degli aspetti economico finanziari del gruppo e, non ultimo, su progetti correlati al miglioramento dell’impatto ambientale, alla ricerca e allo sviluppo di una viticoltura moderna e orientata al cambiamento climatico. «L’orgoglio delle radici – ha sottolineato ancora il presidente Marco Nannetti – diventa elemento trainante e centrale, ove la matrice agricola ed enologica del gruppo assume rilevanza sempre più strategica».

La storia di Terre Cevico inizia appunto 60 anni fa, per l’esattezza il 19 febbraio del 1963. Profonde radici in Romagna, con una base di soci viticoltori che abbraccia l’areale compreso tra la pianura di Ravenna alle colline di Rimini, sino a Casola Valsenio, passando per i territori di Forlì e Faenza, fino ai terreni sabbiosi del Parco del Delta del Po, a nord-est. Romagnole Società Cooperativa Agricola e Cantina dei Colli Romagnoli sono, ad oggi, le cooperative di soci viticoltori che, assieme alle Cooperative Agricole Braccianti rappresentano la base e l’anima storica della filiera produttiva dei vini Terre Cevico.

FATTURATO 2023 TERRE CEVICO: VOLA L’EXPORT

Il sistema produttivo, attraverso le cooperative di base, comprende circa 2200 soci viticoltori in Romagna per 6700 ettari di vigneto e 5000 viticoltori in totale in altre regioni. Ventitré le unità produttive, cinque gli impianti di imbottigliamento e ben nove le aziende controllate – di cui 5 al 100% – in regioni d’Italia come Veneto, Puglia, Emilia, Trentino e ovviamente Romagna. Si tratta di Sprint Distillery Srl, Italian Trading, DAI – Distribuzione alcoli Italia, Tenuta Masselina Srl Agricola, Medici Ermete e figli Srl, Rocche Malatestiane Rimini Srl, Cantine Giacomo Montresor Spa e Orion Wines, che controlla a sua volta a Masseria Borgo dei Trulli.

Terre Cevico si colloca così al sesto posto nella classifica dei primi 10 gruppi cooperativi nazionali e al dodicesimo della graduatoria delle prime 115 imprese produttive italiane del mondo del vino. Motivo in più per festeggiare l’anniversario dei 60 anni sono le prime indiscrezioni relative al bilancio 2023, che si chiuderà il prossimo 31 luglio. Dovrebbero infatti essere confermati i 72,8 milioni di euro di fatturato derivanti dall’export, da sempre ago della bilancia e pallino del Gruppo, che commercializza in 70 nazioni, in particolare Giappone, Cina, Svezia, Danimarca, Stati Uniti, Francia e Germania.

Il tutto nonostante la possibile, flessione del fatturato consolidato totale, che dovrebbe toccare i 175 milioni, contro i 189,6 dell’esercizio agosto 2021 – luglio 2022. Le prime stime sul valore del conferimento soci si assestano invece su 53,2 milioni di euro, per 1.140.000 di ettolitri. Cifre lontane anni luce da quel 19 febbraio 1963 in cui dieci rappresentanti di cantine sociali e cooperative braccianti del territorio ravennate si riunirono dal notaio, per costituire un consorzio cooperativo dotato di un capitale sociale di 1.050.000 lire. L’allora Centro Vinicolo Ravennate è divenuto Terre Cevico. «Adesso – ha ricordato il presidente Marco Nannetti ieri, durante le celebrazioni dei 60 anni – c’è un’altra storia da scrivere, lunga almeno altri 60 anni». Prosit.

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Indagine settore vinicolo Mediobanca: lo stato di salute delle imprese italiane

L’Area Studi Mediobanca pubblica l’Indagine sul settore vinicolo in Italia che riguarda 255 principali società di capitali italiane con fatturato 2021 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati per 10,7 miliardi di euro, pari all’89,3% del fatturato nazionale del settore. I maggiori produttori di vino si attendono per il 2023 una crescita delle vendite complessive del +3,3%, +3,1% l’export. La leadership di vendite nel 2022 resta appannaggio del gruppo Cantine Riunite-GIV. Nel 2021 il miglior Roi tocca alle aziende piemontesi (8,9%), mentre alle toscane va lo scettro del più alto Ebit margin (15,7%). Sempre secondo l’indagine Mediobanca, nel 2022 cresce la partecipazione dei fondi di private equity nei capitali delle principali imprese vinicole (+63,5% sul 2020) attestandosi al 4,6% del totale.

SETTORE VINICOLO ITALIANO: IL 2022 E OLTRE

I maggiori produttori di vino si attendono per il 2023 una crescita delle vendite complessive del +3,3%, +3,1% l’export. A spingere le vendite l’ottimismo delle bollicine (+5,2% i ricavi complessivi, +4,2% l’export), mentre i vini fermi si aspettano un +2,8% (+2,9% l’export). Il 2022 dei maggiori produttori italiani di vino ha chiuso con un aumento del fatturato del 10% (+10,5% il mercato interno, +9,5% l’estero). L’Ebit margin ha riportato un calo del 7,6% sul 2021, il rapporto tra il risultato netto e il fatturato dell’8,7%. I vini frizzanti (+16,9%) hanno accelerato più dei vini fermi (+8,2%). Prevalgono i mercati di prossimità (Paesi UE) con il 37,1% dell’export, ma si riduce la distanza con il Nord America (34,6%); crescita importante (+26,9%) per l’America centro-meridionale.

Nel 2022 il ritorno alle normali abitudini di consumo e la ripresa del flusso turistico hanno favorito le vendite nel canale Ho.Re.Ca. (+19,9%), che passa dal 16,6% del mercato nel 2021 al 18,1% del 2022, a svantaggio della Gdo, (+3,3% a valore) in calo dal 37,7% al 36%. Le dinamiche inflattive del 2022 hanno rallentato le vendite nella Gdo che si è mostrata più restia a trasferire i maggiori costi sui listini al fine di preservare i volumi. Gli aumenti di listino hanno interessato in minor misura i vini Basic (+6,6% a valore); aumenti a doppia cifra per i vini Premium (+13,7%) e i vini Icon (+11,1%). L’attenzione alla sostenibilità spinge le vendite 2022 del bio (+9,6% sul 2021) confinato al 4,3% del mercato. Vino e turismo: nel 2022 crescono i ricavi dei servizi enoturistici (+67% sul 2021). Al primo posto le visite in cantina (78,8% delle imprese), seguite dall’accoglienza presso una propria struttura alberghiera (32,5%) e dalla ristorazione (27,5%). Il 17,5% delle società non svolge alcuna attività enoturistica.

E-COMMERCE VINO IN FRENATA IN ITALIA NEL 2022

In ridimensionamento l’e-commerce: nel 2022 le vendite on-line delle principali imprese vinicole si sono ridotte del 3,7% (2,1% del fatturato nazionale). Nel 2021 la classifica dei principali pure player è guidata da Vino.com che ha fatto registrare ricavi per 43,3 milioni di euro, in crescita del 44% sul 2020. Seguono Tannico (33,5 milioni, -9,7%) e Bernabei (31,8 milioni, +23,3%). Sopra i 10 milioni di euro anche il fatturato di Callmewine (17,1 milioni), in aumento del 38,4% sul 2020, e di XtraWine (12,6 milioni, +76,7%). Di poco inferiore il Media Relations Tel. no.: 02-8829.914/766 media.relations@mediobanca.com fatturato di Winelivery (9 milioni di euro) in aumento del 29% sul 2021. Il 2021 non è stato un anno positivo per le realtà di minori dimensioni (-6,3% i fatturati sul 2020).

LE IMPRESE DEL VINO ITALIANO BEST PERFORMER

La leadership di vendite nel 2022 resta appannaggio del gruppo Cantine Riunite-GIV, con fatturato a 698,5 milioni (+10,1% sul 2021). Al secondo posto il neonato polo vinicolo Argea (455,1 milioni, +9,6%), completa il terzetto IWB – Italian Wine Brands in crescita del 5,2% sul 2021 a 430,3 milioni. Fatturato 2022 superiore ai 400 milioni di euro anche per la cooperativa romagnola Caviro (417,4 milioni) in progresso del 7,1% sul 2021. Sette società rilevano ricavi compresi tra i 200 e 300 milioni di euro.

Si tratta della cooperativa trentina Cavit (fatturato 2022 pari a 264,8 milioni di euro, in calo 2,3% sul 2021), della veneta Santa Margherita (260,7 milioni di euro, +18,2%), della toscana Antinori (245,4 milioni di euro, +14,9%). A seguire la piemontese Fratelli Martini (237,6 milioni, +8,2%), La Marca, specializzata nella produzione di spumanti, con fatturato 2022 pari 235,2 milioni di euro (+30,9%), la trentina Mezzacorona (213,4 milioni, +8,6%) e la veneta Casa Vinicola Zonin (200,1 milioni, +0,8%).

Osservando la redditività (rapporto tra risultato netto e fatturato), il 2022 vede in testa la toscana Frescobaldi (28,4%) seguita dalla veneta Santa Margherita (19,7%). Chiude il podio Terra Moretti con un utile su fatturato del 13,7%, in aumento di 4,4 punti percentuali sul 2021, secondo tasso di crescita più alto dopo quello della Berlucchi (10,7%, +6 p.p. sul 2021). Alcune aziende hanno una quota di export molto elevata, in alcuni casi quasi totalitaria: Fantini Group tocca il 96,4%, Ruffino il 93,2%.

I TERRITORI DEL VINO ITALIANO

Dai conti aziendali emergono le specificità regionali. Nel 2021 il miglior Roi tocca alle aziende piemontesi (8,9%), alle toscane il più alto Ebit margin (15,7%). In Toscana anche la maggiore solidità finanziaria, con i debiti finanziari pari ad appena il 22,1% del capitale investito. Grandi esportatori i produttori piemontesi (68,9% del fatturato). Brilla la Lombardia (Ebit margin 2021 all’8,5%) con vendite 2021 in aumento del 18,6% trainate dalle bollicine (+29,9%) che rappresentano la metà del fatturato complessivo. Nel 2022 gli spumanti spingono la crescita delle imprese venete (+13,4%); performance superiori alla media nazionale anche per Puglia (+21,1% sul 2021) e Sicilia (+14,9%). Ottimismo per il 2023 per il Friuli-Venezia Giulia (+9,9% sul 2022), Lombardia (+6,7%), Piemonte (+6,1%) e Sicilia (+5,6%).

LA GOVERNANCE DEL VINO ITALIANO

Nel 2022 cresce la partecipazione dei fondi di private equity nei capitali delle principali imprese vinicole (+63,5% sul 2020) attestandosi al 4,6% del totale. Al controllo familiare spetta invece il 65,8%. Board: prevalgono compagini asciutte (l’86,6% dei CdA non superano i 5 componenti) e verticistiche (52% i casi in cui le deleghe operative sono concentrate nelle mani di un solo soggetto). Le presidenze (età media 62,5 anni), soprattutto nel caso in cui sono associate alla carica di Consigliere delegato (64,4 anni), sono ricoperte da soggetti relativamente più anziani.

L’età media del Consigliere è di 55 anni. Gli appartenenti alla Gen X sono la fascia generazionale più rappresentata (41,2%), seguiti dai Baby Boomers (39,1%). I Millennials occupano il 13,1% delle cariche. Quote rosa: le donne sono il 12,8% dei board (23,8% nelle società non cooperative) e l’8,8% dei presidenti (15,7% tra le non cooperative). Il 68,6% degli amministratori italiani ricopre la propria posizione in una società situata nella stessa provincia di nascita. Più localismo degli amministratori nelle regioni del Nord Est (76,4%) e nel Sud e Isole (74,1%).

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Nuovo record di fatturato per il vino italiano


Nuovo record di fatturato per il vino italiano, che ha raggiunto il risultato storico di 14 miliardi nel 2022. Il risultato emerge dall’analisi della Coldiretti in occasione di Vinitaly 2023, in corso a Verona. Il record storico del fatturato del vino italiano è dovuto al balzo dell’export, a fronte del calo degli acquisti domestici, compensati però dai consumi fuori casa, alla riapertura della ristorazione.

A trainare il fatturato del vino è soprattutto l’aumento a doppia cifra delle esportazioni con gli acquisti di bottiglie Made in Italy in tutto il mondo che sono cresciute del 10% nel 2022 raggiungendo, spiega Coldiretti, quota 7,9 miliardi di euro mentre a diminuire del 2,2% sono gli acquisti domestici, secondo l’analisi Coldiretti su dati Ismea, che evidenzia però una forte ripresa dalla ristorazione con un importante impatto del turismo al termine delle restrizioni imposte dalla pandemia.

Le bottiglie Made in Italy, sempre secondo l’analisi Coldiretti, sono per circa il 70% Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia mentre solo il restante 30% sono vini da tavola. L’Italia è leader mondiale della produzione di vino davanti a Francia e Spagna, i due principali competitor a livello internazionale, con una produzione che ha sfiorato i 50,3 milioni di ettolitri grazie all’impegno di 310 mila aziende agricole, secondo le previsioni di Mipaaf e Commissione Europea.

L’OCCAPAZIONE IN CAMPI, CANTINE E DISTRIBUZIONE

Ma dal Vigneto Italia nascono anche opportunità di lavoro per 1,3 milioni di persone impegnate direttamente in campi, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse e di servizio. L’esercito del vino, rileva Coldiretti, spazia dai viticoltori agli addetti nelle cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse, di servizio e nell’indotto che si sono estese negli ambiti più diversi.

Dall’industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle assicurazioni, da quella degli accessori, come cavatappi e sciabole, dai vivai agli imballaggi, dalla ricerca e formazione alla divulgazione, dall’enoturismo alla cosmetica e al mercato del benessere, dall’editoria alla pubblicità, dai programmi software fino alle bioenergie ottenute dai residui di potatura e dai sottoprodotti della vinificazione (fecce, vinacce e raspi).

Il futuro dell’agricoltura italiana ed europea dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività territoriali che sono state la chiave del successo nel settore del vino dove hanno trovato la massima esaltazione”, ha affermato Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, nel sottolineare che si tratta di “un patrimonio del Made in Italy che va valorizzato e difeso anche a livello internazionale”.

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Record di fatturato per Angelini Wines & Estates nel 2022


Con 29,7 milioni di euro nel 2022, Angelini Wines & Estates festeggia il record di fatturato. Una crescita del 18% rispetto al 2021 e del
50% negli ultimi due anni che consente alle aziende del gruppo – le toscane Val di Suga, Tenuta Trerose e San Leonino, la friulana Cantina Puiatti, la storica azienda Bertani della Valpolicella e, dal 2015, Tenute San Sisto e Fazi Battaglia nelle Marche – di guardare con fiducia a un anno sfidante come il 2023.

Angelini Wines & Estates oggi conta su un totale di 1.700 ettari di proprietà, dei quali 460 vitati, con una produzione complessiva di circa 4 milioni di bottiglie l’annoAlla crescita di fatturato ha corrisposto un incremento della marginalità industriale e commerciale, in modo particolare per Bertani e Val di Suga, «risultato – spiega Angelini Wine Estates – di un miglioramento nel posizionamento strategico dei prodotti, di maggiore efficienza e di ottimizzazione dei processi a tutti i livelli operativi».

ANGELINI WINE ESTATE: CRESCONO HORECA ED EXPORT

La crescita di fatturato è avvenuta in tutti i mercati dove Angelini Wines & Estates, parte di Angelini Industries, opera. In quello domestico, tradizionalmente rilevante, è stata del 4,4%, trainata dalla forte crescita del canale Horeca (+20,5%) che ha più che compensato il rallentamento del canale moderno – Gdo (-8,6%, in linea con l’andamento del settore del vino al supermercato, dopo due anni di forte crescita).

Ma è in primis l’export che ha registrato una performance molto positiva: +33,3% rispetto il 2021 (che si aggiunge al +31% di crescita del 2021 rispetto il 2020), soprattutto in Usa (+142%) e in area Asia-Pacific (+43%). Lo sviluppo del volume d’affari registra un andamento positivo anche a inizio 2023.

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Pizza Day 2023: nel mondo si sfornano 2,7 miliardi di pizze all’anno


Con 2,7 miliardi di pizze sfornate nel mondo e un fatturato che supera i 15 miliardi di euro all’anno, la pizza si conferma un tesoro del Made in Italy, simbolo del successo della dieta mediterranea nel mondo. La Giornata internazionale della pizza si celebra domani, martedì 17 gennaio, all’insegna di tutte le forme di questo alimento-sinonimo dell’Italia.

Rotonda, quadrata, con o senza “cornicione”, a tranci, sottile, spessa, croccante o soffice, con mozzarella e pomodoro o con fiori di zucca e alici, o con verdure grigliate, la pizza si conferma uno dei piatti storici più versatili della cucina italiana. Tanto che l’Unesco ha proclamato nel 2017 l’Arte dei pizzaiuoli napoletani Patrimonio immateriale dell’Umanità.

LA PIZZA È PATRIMONIO UNESCO

L’Arte, come ricorda la stessa Unesco, è nata a Napoli, dove vivono e lavorano circa 3 mila pizzaiuoli, suddivisi in tre categorie in base all’esperienza e alle capacità. Ogni anno l’Accademia dei Pizzaiuoli Napoletani organizza corsi sulla storia, gli strumenti e la tecnica del’arte con lo scopo di assicurarne la sopravvivenza, ma gli apprendisti possono fare pratica anche nelle loro case, dove l’arte è ampiamente diffusa.

Un alimento, come ricorda Coldiretti alla vigilia del Pizza Day 2023, che è anche la colonna portante di un sistema economico costituto da 121 mila locali in Italia dove si prepara e si serve grazie ad una occupazione stimata dalla Coldiretti in 100 mila addetti a tempo pieno e a di altrettanti 100.000 nel weekend. I 2,7 miliardi di pizze sfornate all’anno, in termini di ingredienti, si traducono in 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.

PIZZA E CAMBIAMENTI CLIMATICI

Un lavoro quotidiano, sul quale pesano però gli effetti dei cambiamenti climatici con i danni provocati dalla siccità e dal maltempo in Italia, che hanno tagliato le produzioni degli alimenti base della dieta mediterranea. Il crollo è stato del 30% per l’extravergine di oliva, del 10% per passate, polpe e salse di pomodoro. Fino al -15% per il grano tenero, da cui si ricava la farina per la pizza.

La passione per la pizza è anche planetaria. Gli americani sono i maggiori consumatori, con 13 chili a testa. Gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,8 chili all’anno e staccano spagnoli (4,3), francesi, tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci. La corte di Vienna, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiude la classifica.

«Una diffusione – rileva Coldiretti alla vigilia del Pizza Day 2023 – che ha favorito lo sviluppo di ricette che nulla hanno a che fare con l’originale, attraverso l’uso degli ingredienti più fantasiosi, a partire proprio dai frutti tropicali come ananas, banane o noce di cocco. Ma anche di dolci, come i marshmellow americani o il creme caramel, di specialità locali come le haggis, le interiora di pecore scozzesi, la carne australiana di canguro e coccodrillo o quella di renna finlandese, fino alle versioni con insetti, dai grilli alle cicale e agli scorpioni».

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Caviro, fatturato 2022 sopra i 417 milioni di euro


FOTONOTIZIA – Caviro ha approvato questa mattina il bilancio al 31 agosto 2022. Il Gruppo vitivinicolo romagnolo ha chiuso l’esercizio con un fatturato consolidato di oltre 417 milioni di euro, con un incremento del 7,1% sull’esercizio precedente. Un nuovo anno da record con conferma del continuo trend di crescita.

Patrimonio netto a quota 136 milioni di euro (+10,7% sul 2021) e approvazione di un bilancio con utile complessivo di 9,6 milioni di euro. L’anno è contraddistinto dai buoni risultati della società Extra e dalle esportazioni, con ottime performance dei mercati anglosassoni.

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Cantine di Verona conferma presidente Luigi Turco: fatturato 2022 sopra i 65 milioni


Luigi Turco
è stato riconfermato presidente di Cantine di Verona. Eletto per la prima volta nel 2009, rimane a capo del gruppo vitivinicolo veronese nato nel 2021 dalla fusione di Cantina Valpantena, Cantina di Custoza e Cantina Colli Morenici. È di 65.737.000 euro il fatturato consolidato dell’azienda.

Un dato emerso sabato 17 dicembre, in occasione dell’approvazione dell’esercizio di bilancio della cooperativa per l’anno 2021-2022 (chiuso il 31 agosto) che ha accompagnato il rinnovo delle cariche. Il patrimonio netto di Cantine di Verona ammonta a 29.991.442 euro, «confermando una progressiva crescita rispetto agli scorsi esercizi».

Nonostante il conferimento delle uve sia diminuito del 32% e l’aumento incontrollato dei costi riguardanti le spese energetiche e delle materie prime, la cooperativa è riuscita a liquidare i soci circa il 10% in più rispetto al precedente bilancio. Cantine di Verona oggi conta sulla collaborazione di 115 dipendenti, di cui 100 a tempo indeterminato, distribuiti nelle tre sedi di Quinto, Custoza e Ponti sul Mincio e nei nove punti vendita gestiti dalla società. Il fatturato dei negozi è pari a 7.356.000 euro, leggermente superiore rispetto al 2021.

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Gruppo Mezzacorona, record fatturato 2022 a 213,4 milioni di euro


Gruppo Mezzacorona
saluta l’anno con il nuovo record del fatturato a 213,4 milioni di euro. Il dato è emerso oggi, in occasione della 118ª Assemblea generale. Sono 66,8 i milioni di euro liquidati ai soci. Numeri che convincono il presidente Luca Rigotti e il direttore generale Francesco Giovannini a parlare di «risultati eccellenti, pur in un contesto generale complicato da numerosi fattori, che hanno messo in seria difficoltà tutta l’economia e quindi anche il settore vitivinicolo».

Il bilancio evidenzia «la forza del Gruppo sia dal punto di vista economico che finanziario». Per il settimo anno consecutivo, Mezzacorona ha poi ottenuto la Certificazione della produzione dei soci secondo il Sistema di Qualità Nazionale per la Produzione Integrata (SQNPI) e la Certificazione dei vini, «a conferma dei grandi risultati sulla strada della sostenibilità». Mezzacorona è stata tra le prime aziende in Trentino negli anni Settanta a puntare sulle Doc e, dagli anni Novanta, a sperimentare con successo le pratiche più avanzate per la produzione integrata.

Il fatturato raggiunge un nuovo record storico. I 213,4 milioni di euro costituiscono un +8,60% sui 196,5 milioni di euro del 2021. Il patrimonio netto del Gruppo è pari a 104,6 milioni di euro, con un utile netto di 1.512.050 euro in ulteriore rafforzamento rispetto ai 104.221.759 euro dello scorso anno. Il valore del conferimento si è attestato sui 66.764.133 euro, «nonostante un’annata produttiva 2021 davvero inclemente a causa dei gravi eventi climatici che hanno condizionato la stagione come il freddo primaverile e le grandinate estive», fa notare il mangement.

MEZZACORONA, BENE LE RESE E L’EXPORT

Le rese per ettaro hanno superato i 18 mila euro di media, in linea con l’anno precedente anche se in presenza del netto calo di produzione. I collaboratori, alla chiusura del bilancio al 31 luglio 2022, sono risultati 491. A spingere il fatturato è anche l’export, che si assesta oltre l’80% delle vendite in 69 Paesi del mondo.

Forte la presenza negli Stati Uniti, il mercato più importante e strategico per il Gruppo, dove Mazzacorona opera da più di trent’anni con la controllata Prestige Wine Imports Corp. In Germania il compito spetta alla controllata Bavaria Wein Import GmbH. Sempre in vetta, tra i mercati chiave, figurano poi Olanda, Austria e Svizzera, Scandinavia, Regno Unito, Canada, Belgio, Europa dell’Est, Estremo Oriente (Giappone, Corea del Sud, Cina). Ma anche mercati nuovi come Australia, Israele, Sud America, Caraibi e Vietnam.

Numerose le iniziative commerciali attuate nel corso dell’anno in tutto il mondo, così come i nuovi prodotti lanciati insieme al restyling di etichette e materiali, «per rendere ancora più interessante per i consumatori l’incontro con i vini Mezzacorona».

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Terre Cevico, fatturato 2021-2022 a 189,6 milioni di euro


Numeri in crescita per Terre Cevico che chiude l’esercizio di bilancio 2021/2022 (01.08.2021 – 31.07.2022) con un fatturato aggregato di 189,6 milioni di euro (+15,3% sui precedenti 164,3 mln) e una crescita dell’export a 72,9 milioni di euro (+40%). I dati sono stati presentati in occasione dell’Assemblea di bilancio svoltasi a Faenza presso casa Spadoni.

La cooperativa Terre Cevico deve la crescita del fatturato soprattutto alle scelte sui mercati esteri, tra cui figura l’acquisizione del 60% di Orion Wines. L’export incide per il 43% sui ricavi del consolidato. In sostanza quasi una bottiglia su due arriva dai mercati oltreconfine, con una presenza in 70 Paesi in giro per il mondo. I mercati di maggiore incidenza per quanto riguarda l’imbottigliato sono Giappone, Cina, Svezia, Danimarca, Usa, Francia e Germania.

In crescita anche il patrimonio netto aggregato arrivato a 86 milioni di euro (+16,3%), mentre il plusvalore riconosciuto ai soci, ovvero l’incremento della liquidazione dei vini conferiti ai prezzi di mercato per l’esercizio 2021/22, ammonta a 6,9 milioni di euro (6,4 mln in precedenza).

TERRE CEVICO, CRESCE IL NUMERO DI DIPENDENTI

In continua crescita il vino biologico venduto, oltre in Italia, anche in 40 Paesi del mondo, che ha registrato un +7% rispetto all’esercizio precedente. Vi è stata l’apertura a nuovi mercati come la Corea del sud, così come in crescita le performance in Oriente e nord Europa. In ordine di fatturato questi i mercati principali: Corea del Sud, Svezia, Svizzera, Taiwan, Danimarca, Giappone, Spagna.

Altri dati interessanti arrivano dalla presentazione del bilancio di sostenibilità. Il numero dei dipendenti è in crescita, arrivato a 343 (+3,3%), così come le ore di formazione (+12,6%). Secondo il credo dell’economia circolare, il 98% dei rifiuti è destinato al recupero. Riduzione del -8,6% nel prelievo dell’acqua, con un +7,8% nel recupero di fecce da lavorazione.

Ammontano a 7,4 milioni di euro gli investimenti nell’esercizio approvato. Le aree di intervento sono state orientate nella messa in rete di tutte le fasi di gestione e produzione, e nella impiantistica con particolare riferimento alla linea di confezionamento.

NANNETTI: «COSÌ ABBIAMO AFFRONTATO LA CRISI»

«Terre Cevico, come tante altre imprese della filiera agroalimentare – ha commentato il presidente di Terre Cevico, Marco Nannetti – non si è mai fermato in questi anni caratterizzati da pandemia, crisi energetica e materie prime, guerra tra Russia ed Ucraina. Abbiamo attraversato mille difficoltà, ci siamo reinventati un modello organizzativo e stiamo rivedendo anche il riassetto del Gruppo per i prossimi anni».

Questo per consentire ai nostri soci di essere sempre protagonisti sui mercati nazionali ed internazionali. Oltre a garantire liquidazioni competitive ai soci, abbiamo anche garantito lavoro a oltre 300 collaboratori e, in questi anni, non abbiamo mai attuato ammortizzatori sociali come la Cassa Integrazione; anzi è perdurato il trend di consolidamento dei rapporti di lavoro».

Oltre al presidente di Terre Cevico, all’Assemblea di bilancio svoltasi a Faenza sono intervenuti Lauro Giovannini e Massimo Gallina. Ceo e Cfo di Terre Cevico. Nella stessa giornata sono intervenuti anche Cristian Maretti, presidente Legacoop Agroalimentare, Luca Rigotti, presidente Copa Cogeca Vino e Coordinamento ACI Vino, Giovanni Monti, presidente Legacoop Emilia Romagna, Mario Mazzotti, presidente Legacoop Romagna e Mauro Lusetti, presidente Legacoop.

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Cavit, consolidamento del fatturato a 264,8 milioni

Si è riunita oggi, presso il Centro Congressi di Riva del Garda l’assemblea annuale dei soci Cavit che ha approvato il bilancio consolidato del Gruppo per l’esercizio 2021–2022, chiusosi a maggio 2022. Il Gruppo Cavit è oggi composto dal Consorzio Cavit Sc cui fanno capo le società Cesarini Sforza SpA, Casa Girelli SpA e GLV Srl (quest’ultima all’80%) acquisite nel dicembre 2019, oltre che la società tedesca Kessler Sekt & Co KG controllata al 50,1%.

Nel corso dell’assemblea è stata espressa «unanime soddisfazione da parte dei Soci per il livello apprezzabile delle remunerazioni, oltre che per la qualità del servizio ricevuto in termini di consulenza e assistenza agronomica e viticola, che rappresentano un chiaro valore per il sistema trentino delle Cantine sociali».

I DATI PRINCIPALI DEL BILANCIO CAVIT

Dopo due anni “fuori dell’ordinario” per l’economia globale, dove Cavit ha beneficiato degli effetti della pandemia sulla crescita dei consumi di vino in casa, il Gruppo registra un consolidamento del fatturato che si assesta su quota 264,8 milioni di euro, in flessione del 2,3% rispetto al forte aumento registrato nell’esercizio precedente. «È da notare – commenta l’azienda – che il trend rispetto al periodo pre-covid risulta in decisa crescita costante (+26,3% esercizio 2021/2022 vs esercizio 2019/2020)».

In linea con le previsioni di budget, la lieve flessione di fatturato ha riguardato innanzitutto la società Cavit Sc, segnata dal progressivo assestamento post-pandemia (con un ritorno dei consumi fuori casa e una conseguente contrazione di quelli in casa), dal ridimensionamento del balzo in avanti registrato in epoca Covid dal mercato NordAmericano e dall’impatto sul bilancio dei primi 5 mesi del 2022, contraddistinti da una grave e generalizzata pressione dei costi.

LE SOCIETÀ DEL GRUPPO CAVIT

Per quanto riguarda le consociate di recente acquisizione, nel corso dell’anno è stata perseguita un’opera di razionalizzazione delle attività a favore di una migliore marginalità. In particolare: Casa Girelli, che svolge la propria attività nel settore dell’imbottigliamento e della commercializzazione di vini italiani sui mercati esteri, registra una contenuta contrazione del fatturato, con un risultato operativo condizionato dall’aumento dei costi a fronte di accordi commerciali già definiti prima dell’impennata.

Per la commerciale GLV è stata adottata una strategia mirata al riposizionamento e alla valorizzazione delle produzioni di Cantina La-Vis e Cembra Cantina di Montagna. In particolare, il 2022 ha segnato il rilancio completo della gamma di quest’ultima nella direzione della qualità e del pieno riconoscimento del valore di una viticoltura di eccellenza da remunerare opportunamente.

Anche nel caso di Cesarini Sforza, dopo il passaggio della cantina sotto la guida di Cavit, «si è provveduto ad una razionalizzazione delle attività, accompagnata da importanti investimenti per rafforzare le linee di sboccatura e confezionamento della pregiata linea di spumanti TrentoDoc». Infine, sempre nell’area della spumantistica, ottimi risultati per la società tedesca Kessler Sekt, che ha registrato un aumento del fatturato superiore al 25% grazie al recupero del canale Horeca post-pandemia e il crescente innalzamento dell’immagine di marca, salendo a 11,9 milioni di euro.

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Vino italiano, indicatori del settore in frenata: -16% fatturati nel 2023


Voci di costo lievitate e vendite in flessione, crollo della redditività, ansia da recessione. Per il vino italiano, reduce da anni di crescita importante sui mercati mondiali, il grande freddo è già arrivato, e si farà sentire per tutto il 2023. Lo dice l’indagine congiunturale dell’Osservatorio Uiv/Vinitaly, presentata oggi al wine2wine di Veronafiere, nel corso del convegno di filiera che ha aperto l’evento dedicato al vino.

Secondo lo studio, il surplus di costi registrato quest’anno dalle imprese italiane – 1,5 miliardi, l’83% in più, derivanti dai soli aumenti dei prezzi energetici e delle materie prime secche, come tappi, vetro e carta – complicherà i bilanci 2022 delle imprese. A partire dal Margine operativo lordo, previsto quest’anno al 10%, in discesa rispetto al 25% del 2021 e peggiore anche dell’annus horribilis 2020, quando l’indicatore di redditività riscontrato era al 17%.

VINO ITALIANO, LE PREVISIONI PER IL 2023

Ma la vera doccia fredda sarà nel 2023: in uno scenario recessivo il Mol andrà in caduta libera (4%), con un fatturato, a -16%, che in molti casi non riuscirà a coprire costi in decremento (-11%) ma comunque relativamente alti. In termini monetari, la riduzione del Mol attesa per l’anno prossimo è di circa 900 milioni di euro, attestandosi così a 530 milioni di euro contro il miliardo e 400 milioni del 2022 e i 3,4 miliardi del 2021.

Relativamente al mercato, l’Osservatorio di Unione italiana vini e Vinitaly prevede per il 2022 una chiusura d’anno con vendite generali in calo dell’1% a volume (41,4 milioni di ettolitri), per un valore in aumento, grazie all’horeca e alla vendita diretta, del 6%, a 14,3 miliardi.

Meglio l’estero sulla dinamica valoriale (+10% contro +1% del mercato italiano). Mentre i volumi sono attesi stabili in Italia e in leggera contrazione sui mercati internazionali, in particolare Usa, Germania, ma anche Cina e ovviamente Russia. Il dato del valore, rileva l’analisi, non deve però trarre in inganno. L’incremento, del tutto inflattivo, del 7% sul prezzo medio non basta a coprire i costi, come dimostrato dalle richieste delle imprese alla distribuzione di aumentare i listini mediamente del 12%.

POSSIBILE INTERVENTO DEL GOVERNO SULLE ACCISE

Una materia, quella del surplus dei costi, al centro dell’azione di Governo che «intende agire anche sul fronte delle accise», come confermato dal ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e Forestale, Francesco Lollobrigida intervenuto in videocollegamento in apertura dei lavori. Il ministro ha sottolineato che «il vino fa parte dell’ossatura economica e culturale dell’Italia, grazie a un sistema produttivo che ha fatto della qualità la propria bandiera, oltre che elemento competitivo su scala globale».

Per questo – ha proseguito Lollobrigida – dobbiamo tutelare il nostro modo di produrre, che è spesso oggetto di aggressione normativa. Su questo abbiamo dato un segnale anche in Europa votando convintamente contro al taglio ai fondi della promozione orizzontale del vino. In questo scenario di incertezza, il ministero è disponile a un confronto con la filiera per condividere proposte di carattere normativo ed economico che consentano al vino e alle imprese del settore di restare competitivi a livello nazionale, sui mercati esteri e anche in sede europea».

Per l’amministratore delegato di Veronafiere, Maurizio Danese: «Il vino italiano non è solo un prodotto bandiera ma un comparto sano che contribuisce in maniera determinante allo sviluppo economico e sociale del Belpaese. Affrontare con serietà e attenzione le dinamiche di un settore nelle sue fasi evolutive è un servizio che Vinitaly vorrà sempre più perseguire. Da una parte per mettere questi studi al servizio delle imprese e degli stakeholder, dall’altra perché è dall’analisi dei bisogni e delle priorità che proseguirà con ancora maggior determinazione il nuovo corso di una manifestazione che vuol essere sempre più pragmatica e in sintonia con la realtà del settore».

VINO, IL 2022 CHIUDERÀ PEGGIO DI COME È INIZIATO

Nel complesso, in un anno tenuto a galla dall’Horeca nostrana e internazionale, oltre che dalla vendita diretta, il 2022 chiuderà peggio di come è iniziato. In questo senso non aiuta né il calo del 10% a tutto settembre dei volumi di vendita nella Gdo dei primi 3 mercati esteri (Usa, Germania e Uk). Né, soprattutto, i valori medi del vino sfuso, relativi a una nuova vendemmia sopra i 50 milioni di ettolitri, in calo del 15%-20%. Sul punto si sofferma l’analisi, perché le difficoltà congiunturali acuiscono la crisi di crescita di una superpotenza enologica che produce troppo vino. E l’invenduto trascina verso il basso anche il valore del prodotto “sano”.

«Una riduzione di 3 milioni di ettolitri – cita l’analisi – aiuterebbe ad alleggerire la filiera delle eccedenze, liberando energia sulla parte sana e messa in commercio». La sovrapproduzione genera eccedenze sia tra i vini comuni che tra le Dop-Igp; per questo sarebbe necessario fare ordine sul sistema dei prodotti certificati: su un totale di 458 Dop-Igp solo 90 presentano un tasso di imbottigliato su rivendicato sopra l’80%, mentre sono ben 270 (il 60% del totale) le denominazioni sotto il 60% di imbottigliato.

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Pinot Nero come il Kerner in Valle Isarco: caccia ai vigneti di alta quota

Mentre gongola per i dati positivi dell’anno fiscale chiuso il 31 agosto 2022 (+23% sul 2021 e +20% sull’anno record, 2019) Cantina Valle Isarco si interroga sul futuro del Pinot Nero. Il direttore generale Armin Gratl non ha dubbi: seguirà la strada del Kerner, vitigno-vino che, più degli altri, ha consentito alla più giovane cooperativa vinicola dell’Alto Adige di passare da 6,3 a 7,6 milioni di euro di fatturato tra il 2021 e il 2022 (nel 2014 erano appena 4,3).

Il Kerner è infatti il vino più venduto da Cantina Valle Isarco (Kellerei Eisacktal), per un totale fra le varie linee “Classica”, “Aristos” e “Sabiona” di 240 mila bottiglie. A seguire Sylvaner, Gewürztraminer, Müller Thurgau e Grüner Veltliner. A breve la nuova sfida per la cooperativa di Chiusa (BZ): il lancio di un Pinot Nero che pare destinato a seguire i dettami di successo del Kerner.

«Abbiamo un territorio meraviglioso – commenta Armin Gratl – che ci dona vini unici per sapore, aroma e profumo. Quindi è giusto puntare su di esso, valorizzandolo. Il nuovo Pinot Nero della linea top di gamma Aristos, che sarà sul mercato da ottobre 2022, è interpretato da un territorio di montagna come il nostro, quindi diverso dal classico stile altoatesino a cui siamo abituati».

AIL NUOVO PINOT NERO ARISTOS DI CANTINA VALLE ISARCO

I migliori Kerner dell’Alto Adige: crescono ettari e popolarità

Crediamo che i cambiamenti climatici costringeranno a trovare nuovi territori vinicoli anche per questo vitigno, alzando la quota. Qui il Valle Isarco, certo, le altitudini non mancano. Questo, comunque, resta un prodotto di nicchia, i nostri portabandiera resteranno sempre Kerner e Sylvaner».

Il Pinot Nero Aristos, annata 2020, è prodotto in sole 2 mila bottiglie. Andrà a rimpolpare, nelle speranze di Cantina Valle Isarco, le vendite di una cooperativa che fattura per l’85% in Italia (per la metà in Alto Adige e il restante nelle altre regioni italiane) e il 15% all’estero.

Una realtà focalizzata sul canale Horeca, con eccezione della quota regionale destinata alla Gdo, per un totale dell’8% del fatturato complessivo. «Il risultato altamente performante del 2022 – sottolinea Gratl – è frutto di una crescita in tutti i settori, che ha portato alla vendita di 1.050.000 bottiglie». Nel 2021 erano state 900 mila.

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Vino italiano, indagine Mediobanca: Cantine Riunite-Giv resta leader nel 2021

I maggiori produttori di vino si attendono per il 2022 una crescita del 4,8%, che arriverebbe al 5,6% per la sola componente export. A spingere le vendite il successo delle bollicine (+5,7% i ricavi complessivi, +7,5% l’export) mentre i vini fermi si aspettano un +4,6% (+5,3% l’export). Più scettici sul futuro gli operatori esposti sul canale off trade (Gdo e Retail), mentre il maggior ricorso alla vendita diretta garantisce maggiore sicurezza. Sono solo alcuni dei dati che emergono dall’indagine dell’Area Studi Mediobanca sul settore del vino italiano.

Lo studio riguarda 251 principali società di capitali italiane con fatturato 2020 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati pari a 9,3 miliardi di euro. Una cifra pari all’85,3% del fatturato nazionale del settore.

MIGLIORA L’EXPORT DI VINO ITALIANO NELL’UE

Il 2021 dei maggiori produttori italiani di vino ha chiuso con un aumento del fatturato del 14,2% (+14,8% il mercato interno, +13,6% l’estero). L’Ebit margin ha riportato un lieve aumento al 6% rispetto al 5,4% del 2020, il risultato netto è passato dal 4,2% al 4,3% del fatturato.

I vini frizzanti (+21%) hanno accelerato più dei vini fermi (+12,4%) mentre le cooperative hanno contenuto la crescita al +9,2% (+19,6% le non cooperative). Prevalgono i mercati di prossimità (Paesi UE) con il 41,2% dell’export, seconda area di destinazione il Nord America (34,1%); crescita importante (+22,8%) per l’America centro-meridionale.

Il 2021, secondo lo studio Mediobanca, ha preservato il canale Gdo che, stabile al 35,6% del mercato, è cresciuto a valore del 13,5% e ha decretato la ripresa dell’Ho.Re.Ca. (+28,1%), che passa dal 15,6% al 15,9%. Due i trend in consolidamento: la premiumizzazione dei consumi e la maggiore attenzione alla sostenibilità.

Aumenti a doppia cifra per i vini Icon (+33,2%) e Premium (+20,2%), più contenuti per i vini Basic (+8,7%), pari a metà delle vendite complessive. Tiene il bio, con vendite 2021 in aumento dell’11%, per una quota di mercato del 3,3%; balzo in avanti per il vino vegan (+24,8%) al 2,2% del totale.

Sempre secondo lo studio di Mediobanca, cresce l’interesse anche per i vini naturali (+6,9%) e biodinamici (+2,4%) ciascuno confinato all’1% del mercato.

LE CANTINE ITALIANE BEST PERFORMER

Nel 2021 importanti operazioni di M&A nel mondo del vino hanno trasformato la classifica dei principali produttori nazionali. La leadership di vendite nel 2021 resta appannaggio del gruppo Cantine Riunite-GIV, con fatturato a 635,2 milioni (+9,7% sul 2020).

Al secondo posto la Italian Wine Brands (423,6 milioni di euro) che sale di cinque posizioni dopo l’acquisizione di Enoitalia e della statunitense Enovation Brands Inc. Completa il podio il polo Botter-Mondodelvino (Clessidra) in crescita del 19,3% sul 2020 a 415 milioni.

Seguono altre cinque società con ricavi superiori a 200 milioni di euro: la cooperativa romagnola Caviro, il cui fatturato 2021 pari a 389,9 milioni di euro è cresciuto del 7,7%, la trentina Cavit (fatturato 2021 pari a 271 milioni di euro, +29,2% sul 2020), la toscana Antinori (265 milioni di euro, +24,6% sul 2020), la veneta Santa Margherita (220,6 milioni, +28,3%) e la piemontese Fratelli Martini che ha realizzato una crescita del 5,4%, portandosi a 219,4 milioni di euro.

In merito ai maggiori incrementi di fatturato nel 2021, Tenute Piccini (miglior cantina Gdo 2019 per Vini al Supermercato – winemag.it) domina la scena con un +61% sul 2020 che la colloca davanti al gruppo Lunelli (+57,6%), a Terra Moretti (+47,6%), a Serena Wines 1881 (+40,1%) per chiudere con il +32,7% di Villa Sandi.

Osservando la redditività (rapporto tra risultato netto e fatturato), il 2021 vede in testa le società toscane e venete: Frescobaldi (25,6%), Santa Margherita (21,3%) e Antinori (17%). Alcune aziende hanno una quota di export molto elevata, in alcuni casi quasi totalitaria: Fantini Group tocca il 97,4%, Ruffino il 94,5% e il polo Botter-Mondodelvino il 91,1%.

I TERRITORI DEL VINO ITALIANO

Dai conti aziendali emergono le specificità regionali. Nel 2020 il miglior Roi tocca alle aziende piemontesi (8,2%), seconda posizione per quelle venete (5,5%) e sul gradino più basso del podio le toscane (4,4%).

Secondo lo studio Mediobanca, i produttori toscani eccellono nella marginalità: con un Ebit margin al 14,6% distanziano i piemontesi (9,8%) e i lombardi (6,7%). In Toscana anche la maggiore stabilità finanziaria, con i debiti finanziari pari ad appena il 22,5% del capitale investito.

Grandi esportatori i produttori piemontesi (72,2% del fatturato) e toscani (63,8%). Nel 2020 la maggiore proiezione internazionale ha salvaguardato le vendite dei produttori piemontesi (+10,8%) spinte dall’export (+20,1%) ma non è riuscita a fare altrettanto per quelli toscani (-11,2% in totale).

Recupero della Toscana nel 2021 con vendite in crescita del 24,9%. In avanzamento anche i produttori lombardi (+22,4% le vendite totali e +23,8% quelle oltreconfine) favoriti dalla maggiore diffusione degli spumanti (46,1% del fatturato).

IL SUCCESSO DEL VINO ONLINE

Oltre il 90% del wine e-commerce dei principali produttori è intercettato da piattaforme online specializzate con vendite in esplosione nel 2020 (+132,8% sul 2019). La classifica dei principali pure player , sempre secondo l’indagini dell’Area Studi Mediobanca, è guidata da Tannico, che nel 2020 ha registrato ricavi per 37,1 milioni di euro, in crescita dell’83% sul 2019.

Aumenti in tripla cifra per Vino . com (+218,7%) che, superando i 30 milioni di euro, ricopre la seconda posizione e per Bernabei (+160,4%) a 25,9 milioni. Sopra i 10 milioni di euro anche il fatturato di Callmewine (12,4 milioni), in aumento del 93,3%. XtraWine, raddoppiando il proprio fatturato rispetto al 2019, supera i 7 milioni di euro.

Winelivery si avvicina allo stesso importo dopo una crescita del 491,6%. Il 2020 è stato un anno di forte sviluppo anche per realtà di minori dimensioni, alcune delle quali, come Etilika, nate proprio in pieno boom. Per il 2021 è previsto un ulteriore balzo superiore al +60%.

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9,2 milioni di bottiglie di Champagne in Italia nel 2021

Nel 2021 le bottiglie di Champagne spedite in Italia sono state 9,2 milioni. Un incremento del 32,8% rispetto al 2020 e del 10,8% rispetto al 2019. A valore l’Italia raggiunge quota 200,1 milioni di euro e fa registrare una crescita del 36,3% sul 2020 e dell’11,3% sul 2019.

Nello scenario globale il mercato italiano si conferma il quinto mercato all’export per giro d’affari e il settimo a volume. Le spedizioni totali di Champagne nel 2021 ammontano infatti a 322 milioni di bottiglie, in aumento del 32% rispetto al 2020.

Il giro d’affari globale dello Champagne nel 2021 ha raggiunto un nuovo record con 5,7 miliardi di euro e una crescita del 36% rispetto al 2020 e del 14% rispetto al 2019. Il mercato francese è in crescita del 25% con quasi 142 milioni di bottiglie, tornando al livello del 2019. Le esportazioni continuano a crescere con un nuovo record a 180 milioni di bottiglie.

«Questo rimbalzo è una bella sorpresa per gli Champenois dopo un 2020 al -18% dato dalla chiusura dei principali luoghi di consumo e dall’assenza di eventi in tutto il mondo», commenta Maxime Toubart, presidente del Syndicat Général des Vignerons, co-presidente del Comité Champagne. Toubart si dichiara inoltre soddisfatto del «buon andamento del mercato nazionale».

Champagne: +32% delle vendite nel 2021

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Pasqua Vigneti e Cantine: giro d’affari da 63 milioni di euro nel 2021

«Investimento sulla ricerca e sviluppo, capacità di declinare la proposta di range a seconda del mercato e del canale di vendita, ma soprattutto valorizzazione del brand attraverso stili di vinificazione innovativi che esprimono l’eccezionalità del terroir». Così Pasqua Vigneti e Cantine , colosso con base a Verona, spiega il giro d’affari consolidato di 63 milioni di euro del 2021, in crescita del 14% rispetto all’anno precedente e del 4% in confronto al 2019.

Il valore Ebitda si attesta al 13,9% sui ricavi (8,6 milioni di euro contro i 7,3 del 2019), con un utile di esercizio che cresce del 54% rispetto al 2019. Nel 2021 la vendita dei vini di fascia più alta che ha rappresentato la maggioranza (53%) del fatturato complessivo di Pasqua.

Gli investimenti in ricerca e sviluppo, che hanno caratterizzato i progetti degli ultimi 7 anni, hanno portato da una parte alla creazione della linea Icons, ovvero la collezione di etichette più rappresentative dell’innovativo stile di vinificazione della cantina, dall’altra il rilancio di Cecilia Beretta, la linea di vini della Valpolicella sempre di proprietà di Pasqua Vigneti e Cantine.

LE LINEE DI PASQUA VIGNETI E CANTINE

Oggi sono le Icons (tra gli altri, PassioneSentimento Romeo&Juliet, Famiglia Pasqua, 11 Minutes, Hey French, Mai Dire Mai) a guidare il comparto premium, passato dai 25 milioni di euro del 2019 ai 32 milioni nel 2021. Anche Cecilia Beretta segna una crescita importante, passando dai 4,4 milioni del 2014 ai 9,6 milioni di euro dello scorso anno.

A dimostrazione della capacità di visione e della sensibilità a interpretare i trend con progetti ad alto tasso di innovazione e qualità, anche la performance registrata dal comparto Rosé: la categoria passa da 1 milione di euro di giro d’affari nel 2014 (3% del totale) a 6 milioni nel 2019 fino ai 9 milioni nel 2021 (14% del totale giro d’affari).

«Il 2021 – spiega il Presidente Umberto Pasqua – è stato un anno importantissimo per noi, che ha confermato la solidità della nostra azienda e della sua visione.

Il know-how maturato e consolidato in quasi 100 anni di storia ci permette di continuare a investire in etichette di fascia alta. Nel 2022 vogliamo proseguire lungo questo solco, valorizzando l’eccezionalità del terroir della Valpolicella attraverso i nostri vini, con codici stilistici sempre nuovi e mai banali».

«I nostri investimenti e progetti di premiumizzazione – ha aggiunto l’Amministratore Delegato Riccardo Pasqua – sono visibili in tutti i mercati. A partire dall’Italia (dove la vendita degli Icons è cresciuta di 4 volte rispetto al 2014 e del 30% comparata al 2019), ma anche in tutti i mercati strategici in cui l’azienda è presente.

In Europa i prodotti premium rappresentano il 59% del totale, con margini quadruplicati rispetto a 7 anni fa e crescita del 13% sul 2020; in Asia, nonostante un’incidenza più contenuta (43%) si registra la crescita maggiore (7 volte rispetto al 2014); i ricavi totali Americas del 2021 (con vini posizionati a scaffale oltre i 15.99 $) sono raddoppiati se confrontati a 7 anni fa, in crescita del 9% rispetto al 2020».

IL CANALE OFF PREMISE

A conferma delle performance ottenute dalla cantina oltreoceano, arrivano anche i dati sull’evoluzione del mercato wine negli Stati Uniti, elaborata da Winemonitor di Nomisma per conto di Pasqua.

Gli Usa si confermano primo mercato d’importazione vino al mondo, con circa 30 milioni di ettolitri consumati lo scorso anno (dato in linea con quanto registrato nel 2020) e poco meno di 6 miliardi di euro spesi per acquistarlo da altre nazioni (+21,5% rispetto all’anno precedente e +8,1% rispetto al 2019), con l’Italia che si conferma principale player nel segmento dei vini fermi e frizzanti imbottigliati (1,4 miliardi di euro di vino esportato, 34% di quota di mercato).

Nel 2021 il pubblico statunitense, sia attraverso il retail che l’e-commerce e il DTC, conferma il proprio desiderio di acquistare etichette di fascia alta, un trend che è decollato nel 2020 con il cambio di wine habits dovuto al maggiore consumo in house.

Il valore delle vendite nel canale off-premise di bottiglie da 750 ml e con prezzo superiore ai 15$ sono aumentate complessivamente del +46% rispetto al 2019, con quelle dei vini Super Luxury (oltre i 25$) che sono cresciute del +77,3%, a fronte di una media delle vendite totali di vini fermi pari al +12.5%.

LE VENDITE NEL MERCATO AMERICANO

Entrando nel dettaglio delle vendite di vino italiano nel canale off-premise americano, i Luxury (tra i 20 e i 24.99$ a bottiglie) registrano +30% rispetto al 2019 e i Super Luxury addirittura +54%: in quest’ultima categoria sono soprattutto i rossi a registrare l’accelerazione maggiore.

«Quello americano è un mercato fondamentale per la nostra azienda, che oggi rappresenta il 33% del nostro totale export», spiega Alessandro Pasqua, Presidente Pasqua USA.

“I risultati che presentiamo – aggiunge – ci dimostrano quanto chi ama il vino, che nel corso del 2020 ha dovuto modificare le proprie abitudini di consumo e acquisto, sia oggi particolarmente sensibile e ricettivo nei confronti dei prodotti di alta qualità.

«Il bilancio 2021 negli States – conclude – è davvero positivo per la nostra azienda: la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta da perseguire e ci spinge a migliorare ancora di più le nostre performance oltreoceano».

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Caffè Vergnano compie 140 anni: quattro generazioni in una tazzina di italianità

Una piccola drogheria voluta e sognata da Domenico Vergnano, dove la passione per la miscela si fa ben presto culto. E soprattutto impresa. Inizia così a Chieri, nel 1882, la storia di Caffè Vergnano, uno dei brand italiani più conosciuti nel mondo. Nel 2022, l’azienda che oggi ha sede a Santeno (TO) compie 140 anni dalla fondazione e brinda ai propri successi.

Il 2021, nonostante le difficoltà affrontate, si è chiuso infatti con un fatturato totale di 92 milioni di euro, che ha quasi pareggiato i risultati del 2019. L’export ha chiuso a 22,4 milioni di euro, il retail a 37,6milioni. Bene anche il comparto Horeca a 29,4milioni e il vending a 2,6 milioni di euro. Numeri che hanno anticipano (e giustificano) un anno, il 2022, di festeggiamenti.

«Siamo “vecchi” – commenta Carolina Vergnano, Ceo di Caffè Vergnano – ma non ci siamo mai sentiti più giovani. Abbiamo tante idee, energia positiva, ottimi partner ad affiancarci. Ma soprattutto tanti amici che ogni giorno dimostrano amore per la nostra famiglia ed il nostro marchio».

Sarà un anno da celebrare e ricordare perché tante cose succederanno e tutte saranno ispirate dai valori in cui crediamo da 140 anni. Da quei sentimenti che arricchiscono i nostri sogni e li fanno diventare realtà. Il nostro sguardo è e sarà sempre rivolto al futuro perché il domani è ancora tutto da costruire assieme».

DALLA PRIMA FACTORY DI CAFFÈ IN KENIA ALL’EXPORT IN 90 PAESI

L’anno di svolta di Caffè Vernano è il 1930. Enrico Vergnano, figlio di Domenico, decide di acquisire la prima factory di caffè in Kenya. Nel 1970, a quasi cento anni di distanza, Carlo e Franco Vergnano, nipoti di Domenico, cresciuti nella drogheria di Chieri, prendono le redini dell’azienda. Portando Caffè Vergnano verso gli albori di una nuova era.

Nel 1986 l’acquisizione di Casa del Caffè a Torino segna il consolidamento imprenditoriale nel mondo dell’Horeca. Si arriva così al 1996, anno in cui i confini di Caffè Vergnano si allargano verso il mercato estero, grazie a un processo di internazionalizzazione e sviluppo che permetterà al brand di affermarsi in 90 Paesi.

È proprio con l’ingresso nel business della quarta generazione, composta da Carolina, Enrico e Pietro Vergnano, che «la voglia di mantenere e consolidare i valori familiari in ottica di sviluppo, soprattutto affermandosi in mercati emergenti e in forte crescita», diventa centrale per il successo dell’azienda.

«Parole come sostenibilità ambientale e sociale sono da sempre la cifra distintiva di Caffè Vergnano – spiega l’attuale management – e si traducono in tutte le azioni quotidiane, grandi e piccole, intraprese dal brand».

L’ACCADEMIA VERGNANO E L’ACCORDO CON COCA-COLA HBC

Un riferimento diretto alle capsule compostabili compatibili, ai processi di riciclo e di riduzione degli sprechi e al recupero dei rifiuti. In ambito etico, Women in Coffee è sicuramente il progetto che meglio racconta l’impegno di Caffè Vergnano.

Nato nel 2018 per sostenere piccole realtà di donne coltivatrici di caffè, è oggi in continua evoluzione. Ed ambisce a «supportare iniziative concrete che parlano di empowerment, inclusione e rispetto al femminile».

Altro valore chiave del brand è la cultura, intesa come «processo di crescita e miglioramento continuo». Per questo è nata l’Accademia Vergnano, istituita nell’antica casa di famiglia a Chieri. Qui vengono organizzati corsi teorici e pratici per i baristi che vogliono imparare tutti i segreti del mondo del caffè e approfondire le loro competenze.

Il 2021, anno difficile, segnato dalla pandemia, porta con sé la partnership strategica con Coca-Cola Hbc per la distribuzione esclusiva dei prodotti di Caffè Vergnano nei territori della società svizzera che opera nel settore alimentare, quotata sia alla Borsa di Londra che alla Borsa di Atene e presente in 28 Paesi con i propri stabilimenti. Esclusa dall’accordo la sola Italia, casa madre di Caffè Vergnano.

140 ANNI DI CAFFÈ VERGNANO: IN ARRIVO LA LIMITED EDITION

«L’accordo rappresenta un’importante opportunità di crescita internazionale e di sviluppo del business export – spiega l’azienda – attraverso un rafforzamento della propria presenza, oltre i confini italiani». Un risultato ambizioso in un contesto ancora delicato ed incerto, condizionato dalla pandemia.

«Il nuovo anno – anticipa la quarta generazione Vergnano – sarà un intero anno di celebrazioni, eventi, sorprese e regali per i nostri consumatori. Ci sarà una limited edition di prodotti iconici dell’azienda che, per l’occasione, si vestiranno d’oro. Oltre ad una reinterpretazione del coccio in terracotta toscana, storico regalo di Natale».

Caffè Vergnano compirà inoltre un viaggio lungo l’Italia, durante il quale porterà il vero espresso italiano vicino ad amici, partner e consumatori. Una storia lunga 140 anni, con tante pagine ancora da scrivere.

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Piccini 1882, fatturato a 100 milioni di euro nel 2021: «Al centro le persone»

Piccini 1882 guarda al 2022 con fiducia. L’azienda guidata da Mario Piccini, tra le più attive nell’Horeca e in Grande distribuzione, chiude il 2021 forte della crescita del fatturato e dei volumi. La calcolatrice dice 100 milioni di euro, raggiunti per il 32% in Italia e per il 68% fuori all’estero.

Sono state proprio le vendite fuori dai confini nazionali a trainare la crescita, con un +50% seguito solo dall’aumento dei volumi del canale e-commerce. «Grandi risultati – commenta l’azienda toscana – frutto di una strategia virtuosa nata dalla volontà di investire su due aspetti in particolare: lo sviluppo della responsabilità sociale e la diversificazione dei canali di vendita. Mettendo sempre al centro le persone e il benessere aziendale».

MARIO PICCINI: AL CENTRO LE PERSONE

Alle difficoltà che la situazione pandemica ci ha messo davanti abbiamo cercato di replicare con energia e determinazione avendo a mente che la differenza, soprattutto nei momenti di crisi, la fanno sempre le persone.

Da qui – continua Mario Piccini  -deriva la scelta di diversificare ancora di più i canali attraverso cui raggiungiamo e stiamo vicini al consumatore».

«Siamo stati in grado di riorganizzarci tenendo conto delle difficoltà vissute dagli operatori del canale Horeca. E scegliendo di andare a potenziare la nostra presenza nella grande distribuzione e, soprattutto, nell’e-commerce», aggiunge l’amministratore delegato.

Piccini 1882 è arrivata a contare 99 figure professionali all’interno gruppo, che comprende anche le Tenute. «Anche in un periodo di crisi come questo – spiega Mario Piccini – è stato fondamentale decidere di investire nelle risorse umane e i risultati lo dimostrano».

PICCINI 1882 E LA RESPONSABILITÀ SOCIALE

Nel 2021 l’azienda ha posto particolare attenzione al tema della responsabilità sociale d’impresa, anche attraverso l’avvio di un «percorso di rendicontazione sociale del gruppo stesso».

Un tema “caldo” nel mondo del vino italiano, in cui Piccini 1882 figura come una delle realtà più dinamiche ed innovative. Non solo grande distribuzione organizzata, ma anche cinque Tenute che insieme contano oltre 200 ettari di vigneti.

«Il posizionamento delle risorse umane al centro della filosofia aziendale è un aspetto fondamentale – spiega Mario Piccini . L’obiettivo è valorizzare il personale e implementare la vicinanza ad esso. Grazie a questi cardini, il gruppo ha potuto registrare una crescita così positiva per gran parte del 2021».

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Gruppo Mezzacorona, fatturato record nel 2021

Fatturato record a 196,5 milioni di euro (+1,5%) per il Gruppo Mezzacorona, che ingloba i marchi Rotari, Tolloy e Feudo Arancio. Il dato giunge dalla 117ª assemblea generale dei soci tenutasi questa mattina, in cui è stato presentato il bilancio 2020/2021 della cooperativa trentina. L’utile netto è di 3,2 mln di euro (+32,5%).

Emergono anche altri dati definiti «molto positivi» dal presidente Luca Rigotti e dal direttore generale Francesco Giovannini. Il valore complessivo del conferimento si assesta sui 67,5 milioni di euro. Le rese medie per ettaro ad ottimi livelli, con 18.800 euro. Il patrimonio netto del Gruppo Mezzacorona ha toccato i 104,2 mln euro.

Dal confronto con le precedenti gestioni, emerge come il fatturato consolidato segni il nuovo record aziendale. Per l’esattezza la cifra è di 196.525.198 euro, contro i 193.597.747 euro del 2020 (+1,5%), frutto della sola gestione caratteristica. L’utile netto di 3.207.135 euro  è superiore del 32,5% rispetto ai 2.419.267 euro del 2020.

EXPLOIT NELL’EXPORT PER MEZZACORONA

Benissimo l’export, oltre l’80% delle vendite complessive, in ben 65 Paesi del mondo. Forte la presenza negli Stati Uniti, il mercato più importante e strategico per il Gruppo Mezzacorona, dove opera con successo da più di trent’anni con la controllata Prestige Wine Imports Corp.

Ottimi risultati anche in Germania, tramite la controllata Bavaria Wein Import GmbH. In vetta ci sono poi Olanda, Austria e Svizzera, Scandinavia, Regno Unito, Canada, Belgio, Europa dell’Est e Russia in particolare. E ancora, l’Estremo Oriente (Giappone, Corea del Sud, Cina) ma anche mercati nuovi come l’Australia, Israele, i Caraibi ed il Vietnam.

Il presidente Luca Rigotti ha voluto ringraziare tutti i collaboratori «che hanno dimostrato, in un anno così difficile per la pandemia di Covid-19, il loro impegno e senso di responsabilità verso l’azienda».

IL COMMENTO

I risultati – ha aggiunto – sono stati eccellenti pur in un contesto generale complicato, che ha messo in seria difficoltà non solo la salute delle persone ma anche tutta l’economia e quindi anche il settore vitivinicolo. Il bilancio evidenzia la forza del Gruppo sia dal punto di vista economico che finanziario».

Molto importante per il Gruppo Mezzacorona è stato anche l’ottenimento per il sesto anno consecutivo della Certificazione della produzione dei soci secondo il Sistema di Qualità Nazionale per la Produzione Integrata (Sqnpi). E, in stretto raccordo, della Certificazione dei vini, «a conferma dei grandi risultati sulla strada della sostenibilità ottenuti dal Gruppo Mezzacorona».

Una politica, quella della sostenibilità, attuata «con grande determinazione, non solo in chiave ambientale ma anche sociale, economica, culturale e territoriale». Non a caso, Mezzacorona è stata tra le prime aziende in Trentino a puntare sulle Doc negli anni Settanta e, dagli anni Novanta, a sperimentare con successo le pratiche più avanzate per la produzione integrata, come la confusione sessuale.

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Cavit approva il bilancio: Gdo e Müller Thurgau portano il fatturato a 271 milioni

Cavit brinda a un fatturato consolidato che sale a 271 milioni di euro (+29%). Si rafforza la posizione finanziaria netta (38,3 milioni di euro). Crescono le vendite nel canale Gdo, che compensano le criticità del settore Horeca. E volano le vendite della spumantistica Metodo Classico TrentoDoc. Queste, in sintesi, le voci che confermano il buono stato di salute del gruppo trentino.

L’assemblea annuale dei soci Cavit, riunitasi oggi presso il Centro Congressi di Riva del Garda, ha approvato il bilancio consolidato del Gruppo per l’esercizio 2020–2021, chiuso a maggio 2021.

Un anno definito senza mezzi termini «fuori dell’ordinario», ma che segna una crescita molto rilevante. «Complice – ammette la dirigenza – la situazione eccezionale generata dall’emergenza Covid-19, che ha visto mutare profondamente le abitudini di consumo a livello globale», in favore dei vini in vendita al supermercato.

L’assemblea ha confermato la Presidenza vigente, conferendo un secondo mandato triennale a Lorenzo Libera. Scandagliando le carte, il fatturato consolidato del Gruppo è cresciuto del 29% passando da 209,7 milioni di euro dello scorso esercizio a 271 milioni di euro. Un risultato ottenuto sia per crescita organica che per effetto del consolidamento a 12 mesi delle società di recente acquisizione.

Il Gruppo è oggi composto dal Consorzio Cavit Sc a cui fanno capo le società Cesarini Sforza SpA, Casa Girelli SpA e Glv Srl (quest’ultima all’80%) acquisite nel dicembre 2019, oltre che la società tedesca Kessler Sekt controllata al 50,1%. Si rafforza ulteriormente la posizione finanziaria netta del Gruppo Cavit (Pfn: al 31/05/21 38,3 milioni di euro) che ritorna ai livelli preacquisizione, nonostante l’impiego di risorse finanziarie utilizzate per l’operazione.

I COMMENTI

«Molto soddisfacente anche quest’anno la remunerazione delle Cantine Associate da parte del Consorzio – evidenzia la dirigenza – che ha continuato ad assicurare un elevato livello di servizio e di supporto. Dando prova di rappresentare, anche e soprattutto nel difficile scenario della pandemia, un chiaro valore per il sistema trentino delle Cantine sociali».

Nel contesto generalizzato di sofferenza dei mercati a causa della crisi Covid-19, Cavit ha potuto contare su una «consolidata diversificazione del portfolio prodotti e dei canali distributivi presidiati, nonché sull’ampio ventaglio di Paesi di esportazione».

«Siamo particolarmente soddisfatti dei risultati raggiunti – dichiara Lorenzo Libera – che, seppure in un contesto complesso e difficile, hanno garantito anche quest’anno buone remunerazioni dei vini conferiti dai Soci viticoltori. In un periodo critico come quello che abbiamo vissuto, Cavit ha dimostrato quanto il suo ruolo sia cruciale per l’intera filiera vitivinicola trentina.

«Il nostro modello cooperativo, in questo momento più che mai prezioso – conclude il presidente – ha la missione di sostenere le Cantine sociali di 1° grado e i viticoltori ad esse collegati a prescindere dalla situazione contingente. Sono lieto di essere stato riconfermato alla Presidenza del Consorzio e continuerò a impegnarmi per garantire il miglior supporto alle Cantina associate».

«La strategia di forte diversificazione di prodotti, canali e Paesi di esportazione implementata in questi anni – aggiunge il direttore generale Enrico Zanoni – insieme alle acquisizioni compiute  con un preciso obiettivo strategico, hanno reso il Gruppo Cavit una struttura organizzata e diversificata, capace di cogliere le opportunità del mercato e di difendere le posizioni raggiunte».

I MERCATI DI CAVIT

In Italia, così come nei mercati esteri, Cavit ha incrementato notevolmente le vendite nel canale Gdo (il mondo dei supermercati), che è stato il principale driver di crescita del fatturato, grazie all’aumento dei consumi in casa generato dagli stili di vita adottati durante i periodi di lockdown e di smart working diffuso.

In particolare, Cavit ha consolidato ulteriormente la propria posizione come brand di riferimento per l’offerta di vini trentini, segnando in particolare ottimi risultati con il vino Müller Thurgau. Nel canale Horeca, nonostante la chiusura prolungata di bar e ristoranti e la conseguente riduzione dei consumi “fuori casa”, si evidenzia un trend decisamente positivo nel segmento della spumantistica premium con un +27%.

Ottimi risultati anche per Cesarini Sforza Spumanti Spa, che con i suoi metodo Classico TrentoDoc registra un fatturato di 5,7 milioni di euro nei due canali Horeca e Gdo, segnando una crescita complessiva del +30%. La controllata tedesca Kessler Sekt & Co Kg, nonostante la flessione del canale Horeca in cui si concentra prevalentemente, chiude l’anno fiscale con un giro d’affari di circa 9,5 milioni di euro. Mantiene così la sua posizione, stabile rispetto all’anno precedente.

L’EXPORT

Nei mercati internazionali, che rappresentano oggi il 75% del fatturato del Gruppo Cavit, l’emergenza sanitaria ha prodotto le medesime conseguenze osservate in Italia relativamente al cambiamento degli stili di vita e di consumo, spingendo i consumi domestici e penalizzando il canale del “fuori casa”.

Ottima la performance del Gruppo Cavit sul mercato nordamericano (Stati Uniti e Canada +25%), che rappresenta storicamente la destinazione primaria delle esportazioni del Consorzio: i consumatori d’oltre oceano hanno premiato i marchi più consolidati generando per le etichette di Cavit risultati superiori all’andamento del mercato.

Buoni risultati anche in diversi altri mercati di esportazione, come Belgio, Olanda, Svezia, Danimarca, Germania, Repubblica Ceca, Svizzera, Austria e Russia, mentre non sono mancate le criticità in alcuni mercati specifici, come la Cina e il Regno Unito.

In Asia, a differenza che in Occidente, le restrizioni alla circolazione delle persone e il regime di smart working diffuso hanno provocato infatti una perdita netta di fatturato, non compensata da un maggiore ricorso degli acquisiti nella Gdo. D’altro canto, il fenomeno della Brexit ha causato una forte contrazione della domanda e numerose difficoltà nella logistica, penalizzata dalle criticità subite dai servizi di trasporto.

Nel corso dell’esercizio è continuato con particolare impegno il programma di supporto organizzativo e tecnologico offerto dal team di agronomi Cavit agli oltre 5.250 viticoltori associati, con l’obiettivo di garantire assistenza anche nei periodi di maggiore criticità per l’emergenza sanitaria, nonché di migliorare costantemente il livello qualitativo del prodotto, all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione.

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Terre d’Oltrepò scagionata dalla Procura: via al bilancio. Nuovo brand a Broni

«L’analisi di revisione non ha confermato l’esito di prima istanza». Con queste parole il Ministero dell’Agricoltura ha confermato quanto Terre d’Oltrepò sostiene da sempre: il Pinot Nero vinificato rosso vendemmia 2018 sequestrato nel maggio scorso nella cantina di Broni, in Oltrepò pavese.

La comunicazione è arrivata sulla scrivania del presidente Andrea Giorgi e non lascia dubbi. I tecnici incaricati dalla Procura di Pavia di eseguire una revisione delle analisi sul vino, «hanno confermato che è pulito».

«Nei nostri vini non ci sono sostanze proibite – continua il presidente di Terre d’Oltrepò -. Già con lo spumante Metodo Classico (in vendita nei supermercati Eurospin, ndr) l’esito era stato identico, dato che le analisi eseguite per conto della Procura sulle bottiglie sequestrate in cantina non avevano rilevato la presenza delle famose diglicerine cicliche».

Le analisi di revisione in contraddittorio sono state fortemente volute da noi e dai nostri difensori, nella coscienza che nel nostro vino queste sostanze non entrano. Ringraziamo la Procura per avere accolto la nostra richiesta di ripetere le analisi».

«IN OLTREPÒ FINTI PALADINI DELLA GIUSTIZIA»

Gli avvocati difensori di Terre d’Oltrepò hanno chiesto al Pubblico Ministero l’archiviazione del procedimento penale in corso. È il momento, per Andrea Giorgi, di togliersi qualche sassolino dalle scarpe.

«Da questa esperienza abbiamo imparato molto e abbiamo tratto nuova forza per guardare al futuro nell’interesse dei nostri soci e del nostro territorio. Abbiamo anche capito – continua il presidente – chi sono i finti paladini della giustizia».

Coloro che hanno usato i media contro la nostra azienda e contro il nostro territorio senza alcuna prova concreta, quando le indagini dovrebbero essere segrete, causando un enorme danno di immagine ed economico a tutti noi operatori del vino dell’Oltrepò Pavese».

«Danno – attacca Andrea Giorgi – di cui non c’era proprio bisogno in un periodo come quello che stiamo vivendo. Ci riserviamo di rivalutare tutto quanto è stato dichiarato e scritto e di chiedere conto, anche in termini risarcitori, ai responsabili. Con un obiettivo: perché in futuro degli operatori onesti non debbano più vivere la gogna sulla propria pelle».

E TERRE D’OLTREPÒ APPROVA IL BILANCIO

Sulla scorta delle notizie positive arrivate dal Ministero dell’Agricoltura, la cantina oltrepadana ha varato il bilancio. L’assemblea dei soci, riunita in presenza con circa 200 dei 700 associati, ha dato il via libera al bilancio 2020/2021. Il fatturato di Terre d’Oltrepò si è chiuso al 30 giugno 2021 col segno più: oltre 35 milioni di euro, contro i 31 milioni dell’esercizio 2020.

Nell’occasione, Giorgi ha rimarcato «la necessità di rivedere il livello dei prezzi delle uve conferite, oggettivamente non adeguato al lavoro fondamentale dei soci e alla sostenibilità delle loro aziende».

È in atto un processo di riposizionamento strategico di tutto il comparto di Terre d’Oltrepò – ha spiegato il numero uno della cooperativa dell’Oltrepò pavese – ed è in previsione una nuova struttura organizzativa adeguata alle dimensioni dell’azienda e alle evoluzioni dei mercati e dei clienti».

UN NUOVO BRAND PER LA CANTINA DI BRONI

Diverse le mosse pensate dal management della cantina per ravvivare i marchi aziendali. La Versa, secondo quanto riferito ai soci della cooperativa durante l’assemblea, produrrà «esclusivamente spumanti Metodo Classico», nel solco di una storia gloriosa, oggi da rispolverare. E la linea di vini realizzati in collaborazione con l’enologo Riccardo Cotarella? «Continuerà con un progetto più ardito», rivela un sintetico Andrea Giorgi, contattato da WineMag.it.

La cantina di Casteggio opererà invece con prodotti rivolti al mondo Horeca. Per la cantina di Broni sarà infine ideato «un nuovo brand, con vini studiati per accogliere i gusti dei giovani, ovvero i consumatori di domani, nonché potenziali nuovi clienti».

«Mi sento di rassicurare i nostri conferitori sulle scelte che abbiamo fatto e, soprattutto, andremo a fare – ha sottolineato il presidente della cooperativa – perché si basano su ricerche meticolose di mercato che ci stanno permettendo di ridisegnare il futuro della nostra cantina».

Al termine dell’assemblea è stato approvato a maggioranza il bilancio 2021. Bocciati dall’assemblea dei soci di Terre d’Oltrepò l’aumento di capitale sociale e l’applicazione delle multe per i soci irregolari nel conferimento. Negato anche il gettone di presenza ai consiglieri e ai membri del comitato esecutivo.

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Mediobanca: Riunite & Civ, Caviro e Antinori confermano leadership del fatturato

Il fatturato pre-consuntivo del 2019 conferma i tre maggiori player italiani: Gruppo Cantine Riunite & Civ a 630 milioni (+2,9% sul 2018) – al cui interno Giv fattura 406 milioni (+4,7%) – seguito da Caviro a 329 milioni (-0,4%) e Palazzo Antinori a 246 milioni (+5,3%).

Lo evidenzia l’Area Studi Mediobanca, nell’ambito dell’Indagine annuale sul settore vinicolo nazionale e internazionale. Lo studio riguarda le 215 principali società di capitali italiane con fatturato 2018 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati pari a 9,1 miliardi di euro, oltre a 14 imprese internazionali quotate con fatturato superiore a 150 milioni di euro che hanno segnato ricavi aggregati pari a 5,7 miliardi di euro.

Seguono il terzetto del podio Casa Vinicola Botter a 217 milioni (+10,9%), Fratelli Martini a 210 milioni (-2%), Casa Vinicola Zonin a 205 milioni (+1,4%), Enoitalia a 199 milioni (+9,7%), Cavit a 191 milioni (+0,5%), Santa Margherita a 189 milioni (+6,8%) e, in decima posizione, Mezzacorona a 187 milioni (-0,8%).

Casa Vinicola Botter è campione di export nel 2019 con il 93,7% del fatturato, seguita da Farnese al 92,0%, Ruffino al 91,4%, F.lli Martini con l’86,1%, Mondodelvino con l’83,3% e La Marca all’82,8%.

Con riferimento alle sole esportazioni, il 60% delle imprese si aspetta per il 2020 una flessione delle vendite e, all’interno di queste, il 37,5% prevede che la flessione sarà superiore al 10%. Un quadro peggiore a quello del 2009, quando il 60,6% delle imprese vinicole subì un calo di vendite con una flessione del fatturato del 3,7% e con cadute oltre il 10% che riguardarono il 24,2% delle imprese.

Il 53,4% delle cooperative, maggiormente legate al mass market e alla distribuzione attraverso la Gdo rispetto all’Horeca, ha formulato per il 2020 previsioni meno pessimistiche sul fatturato di quelle delle S.p.A. e s.r.l., il 68% delle quali si aspetta un calo nell’anno in corso (la quota di cooperative che attende cali di vendite oltre il 10% si ferma al 26,7% contro il 50% delle altre).

Anche la distinzione per tipologia di prodotto porta ad aspettative differenziate. In questo caso sono i produttori di vini spumanti a esprimere attese meno negative rispetto a quelli di vini non spumanti. Tra i primi, il 55,5% prevede perdite di fatturato con una contrazione dell’export del 41,2%; quota che sale oltre il 65%, sia per perdite di fatturato che export, per i secondi.

Su queste stime incide la maggiore stagionalità dei vini spumanti le cui vendite crescono in misura significativa soprattutto in corrispondenza delle festività di fine anno, periodo entro il quale si auspica il pieno superamento della crisi sanitaria.

In generale, se si assume che le esportazioni italiane di vino si ridurranno in linea con la caduta del commercio mondiale ipotizzata dalla WTO, si stima una contrazione dell’export per i maggiori produttori italiani nel 2020 compresa tra € 0,7 e € 1,4 miliardi.

Quanto al mercato domestico, considerato che circa il 65% delle vendite nazionali è veicolato da canali diversi dalla Gdo, si stima fino alla metà di maggio una perdita di oltre € 0,5 miliardi. Ipotizzando per i mesi a seguire una riapertura dei canali extra-Gdo a ritmi inferiori del 30% rispetto ai livelli dell’anno precedente, si registrerebbe un’ulteriore contrazione del fatturato pari a €0,5 miliardi.

Una fotografia che porta a stimare nel 2020 una contrazione complessiva del fatturato per circa €2miliardi, frutto di minori vendite nazionali e estere, con una riduzione stimabile del settore tra il 20% e il 25% rispetto al 2019.

CRESCITA MODESTA

I dati preconsuntivi relativi al 2019 indicano che i maggiori produttori italiani hanno chiuso lo scorso anno con una crescita del fatturato dell’1,1%, un risultato modesto se confrontato con il quadriennio precedente (2014-2018) in cui le vendite sono cresciute a ritmi compresi tra il 6,7% del 2018 e il 4,7% del 2015.

Il rallentamento del 2019 è attribuibile alla dinamica negativa del mercato interno (-2,1%) in controtendenza rispetto all’export, che ha segnato una crescita del 4,4% rispetto al 2018 anche se lontano dalle crescite oltre il 7% del triennio 2015- 2017.

Il fatturato di S.p.A. e s.r.l. cresce del 3,2% (+5,1% all’estero), mentre le cooperative segnano un decremento sul 2018 (-1,9%) per la contrazione del mercato domestico (-4,4%,) parzialmente compensata dall’espansione di quello estero (+1,8%).

Anche gli spumanti hanno rallentato nel 2019 (-0,2%), mentre i vini non spumanti sono cresciuti dell’1,5%; per entrambi i comparti, importante è stato il contributo dell’export (+3,2% per gli spumanti, +4,6% per gli altri), a fronte di vendite domestiche in regresso (-2,4% per i primi, -1,9% per i secondi).

Gli investimenti materiali nel 2019 registrano un decremento del 15,9% sul 2018, dopo quattro anni di forte crescita. La riduzione più importante è quella degli spumanti (-23,9%) seguiti da S.p.A. e s.r.l. (-16,7%). Tiene l’occupazione, in aumento del 2,6% sul 2018.

L’indice di borsa delle società vinicole Da gennaio 2001 al 3 aprile 2020 l’indice di Borsa mondiale del settore vinicolo, in versione total return (comprensivo dei dividendi distribuiti), è cresciuto del 222,5%, al di sopra delle Borse mondiali (+129%).

La capitalizzazione complessiva delle 52 società che compongono l’indice è migliorata dell’8% tra marzo e dicembre 2019, per poi subire una brusca perdita del 30% nel 1° trimestre 2020 a seguito del Covid-19 scendendo, a fine marzo 2020, a 35,8 miliardi di euro (rispetto ai 47,4 miliardi del marzo 2019), bruciando in tre mesi quasi l’intera crescita dell’ultimo quinquennio.

Tra le maggiori solo il 30% delle imprese fa il bilancio di sostenibilità, il 25% non ne parla Su un totale di 39 imprese con fatturato superiore a 60 milioni (5,2 miliardi di fatturato aggregato), 7 imprese (1,6 miliardi di fatturato, il 31% del totale) redigono un documento di sostenibilità, in 6 casi si tratta del Bilancio di Sostenibilità e in un caso della sola Dichiarazione Ambientale.

In tema di certificazioni di sostenibilità, 5 società hanno aderito al progetto ministeriale V.I.V.A., una società ha conseguito la certificazione Equalitas. Altre 20 imprese (2,3 miliardi, 44% del totale) riportano sui propri siti internet alcune informazioni in materia di sostenibilità.

Si tratta principalmente degli aspetti ambientali e delle certificazioni di qualità, nella metà dei casi in sezioni dedicate. Le restanti 12 società (1,3 miliardi, 25% del totale), di cui il 60% circa sono familiari, non fanno alcun riferimento alla sostenibilità nei propri siti.

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