(3,5 / 5) La zona di produzione delle uve idonee alla produzione dei vini a denominazione d’origine controllata “Cortona” ricade nella provincia di Arezzo.
Comprende i terreni vocati alla qualità di una parte del territorio del borgo dall’anima medievale, incastonato tra Toscana ed Umbria, noto anche come città natale di Pietro da Cortona, pittore ed architetto simbolo del barocco, e di Lorenzo Cherubini, al secolo Jovanotti.
Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper un rosso toscano, prodotto con uve Syrah in purezza direttamente dal pianeta Marchesi Antinori.
LA DEGUSTAZIONE Il Cortona Doc Syrah 2015 della Braccesca ha un colore violaceo molto intenso che dipinge archetti densi e fitti sul calice. Al naso è intenso e pulito con sentori primari di more e amarene su fondo speziato di pepe nero e vaniglia non invadente, segno di un uso sapiente del legno.
In bocca ha un ingresso morbido e caldo con una discreta freschezza. Di buona struttura ha un tannino elegante nonostante la giovane età che lo rende pronto. Il sorso ha rimandi fruttati con scia pepata, ma risulta poco profondo. Ciò nonostante resta un buon vino “piacione” che, soprattutto abbinato a carni rosse, può dare soddisfazioni a tavola.
LA VINIFICAZIONE
Dopo la diraspatura e la pigiatura il mosto viene macerato a freddo per un paio di giorni, in modo da esaltare le caratteristiche fruttate tipiche del vitigno. La fermentazione alcolica a temperature non superiori ai 28 gradi ha una durata di circa 10 giorni.
Il vino viene introdotto per il 70% in barrique francesi di secondo e terzo passaggio, dove svolge la fermentazione malolattica, e per la restante parte in acciaio. Il Cortona Doc Syrah 2015 Achelo è stato imbottigliato a gennaio 2016.
La Fattoria Braccesca si estende su una superficie complessiva di 508 ettari, con due nuclei distinti e separati, uno a Montepulciano e l’altro ai piedi di Cortona, con 237 ettari di vigneto.
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(4 / 5) Pluripremiata a livello nazionale per i prodotti destinati al mercato horeca, Fattoria Alois propone in qualità di imbottigliatore una linea di vini campani per la Gdo, appoggiandosi per la distribuzione a Caviro, la cooperativa emiliana del Tavernello (progetto Dalle Vigne). E lo fa con buoni risultati.
Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper finisce oggi la Falanghina Campania Igt Strangolagalli 2016, messa in bottiglia da Fattoria Alois Azienda Agricola Srl nello stabilimento di via Ragazzano, località Audelino di Pontelatone, in provincia di Caserta. Il vino si presenta di un giallo paglierino intenso, con riflessi dorati. Al naso è intensa, aromatica. Le note floreali fresche di ginestra e macchia mediterranea si mescolano piacevolmente a quelle fruttate (pera su tutte, ma anche banana).
Un olfatto che rivela una componente “minerale” importante, poi confermata da un palato sapido. In bocca, la Falanghina Strangolagalli svela un’acidità sostenuta, che gioca a rinfrescare la beva e a chiamare – assieme alla percezione di soluzione salina – il sorso successivo. Un vino decisamente secco, di alcolicità moderata (12.5%) ma comunque capace di scaldare e stuzzicare il palato, anche grazie a una chiusura agrumata, ravvivata da una spruzzata di polvere di zenzero ed anice. In cucina, perfetto l’abbinamento della Falanghina Strangolagalli ad antipasti leggeri e primi a base di frutti di mare. Un vino che si adatta bene anche a minestre o zuppe di verdura.
LA VINIFICAZIONE
La Falanghina è un uvaggio autoctono della Campania, che negli ultimi anni si sta imponendo sul mercato in maniera dinamica, proponendo versioni spumantizzate accattivanti. Strangolagalli è invece la versione ferma: quella fedele alla tradizione. Per mantenere e dare risalto agli aromi tipici del vitigno, la vinificazione avviene in maniera classica, con l’utilizzo dell’acciaio.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4,5 / 5) Figlio di Cambio e Perfetta, lo scultore e architetto Arnolfo di Cambio è senza dubbio una delle figure centrali dell’arte Medioevale.
A lui è dedicato l’omonimo Arnolfo di Cambio Sangiovese Toscana Igt della società agricola Fattoria Il Palagio, proprietà dei marchesi Tortoli Matteucci acquistata nel 1979 dalla nota famiglia del vino italiano Zonin, che la converte dall’indirizzo cerealicolo e olivicolo originale all’attuale viticolo e olivicolo.
Ci troviamo appunto in località Il Palagio a Castel San Gimignano, in provincia di Siena. Un vino con una storia da raccontare, insomma, questo Sangiovese in purezza che “scomoda” un nome altisonante della scuola cistercense. E un vino che, date le premesse, non delude affatto le attese. Anzi.
LA DEGUSTAZIONE
La vendemmia 2009, quella finita sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it, sorprende oltre le attese. Nel calice il Sangiovese Toscana Igt Arnolfo di Cambio si presenta di un rosso rubino tendente al granato. Scorre mediamente denso, colorando il vetro d’una tinta poco trasparente.
Al naso risulta di un balsamico intrigante. Tra le note di frutti rossi e quelle floreali di viola mammola si fa largo una speziatura decisa di liquirizia dolce, che domina la scena e mitiga sentori più duri, di cuoio. L’ossigenazione del prezioso nettare nel calice regala di lì a poco l’incedere, timido e delicato, del baccello di vaniglia.
Un lampo di femminile gentilezza, prima di un assaggio che risulta di primo acchito antitetico. In bocca, il Sangiovese Toscana Igt Arnolfo di Cambio entra – di fatto – piuttosto austero. Per aprirsi, poi, alle note fruttate (piccole bacche rosse) e speziate (liquirizia dolce), già avvertite al naso.
Il tannino, elegante e suadente, accompagna un sorso di facilità non comune tra vini di tale alcolicità (13,5%) ed evoluzione (vendemmia 2009, ricordiamolo). Così come non risulta comune quel rincorrersi, quasi giocoso, tra un’acidità ancora viva e una spiccata sapidità, figlie di uno dei territori italiani maggiormente vocati alla viticoltura. Intenso e fine anche una volta deglutito, l’Arnolfo di Cambio Sangiovese Toscana Igt della Fattoria Il Palagio è un vino di assoluto livello, da degustare anche in compagnia di un buon libro.
A tavola, l’abbinamento perfetto è quello con le portate “importanti” a base di carne, dalla selvaggina alle grigliate consistenti, pur non disdegnando i formaggi di media stagionatura. La temperatura di servizio? Tra i 16 e i 18 gradi, per apprezzarlo appieno, a sorsi pazienti e rispettosi.
LA VINIFICAZIONE
Il territorio da cui prende vita il Sangiovese Toscana Igt Arnolfo di Cambio è quello di Castel San Gimignano, Siena: più esattamente dal Poggio di Tollena. Il mosto di uve Sangiovese (in purezza) è ricavato da vendemmia manuale, che avviene nella prima decade del mese di ottobre.
Viene posto in fermentini verticali, dove ha luogo la fermentazione alcolica che si protrae per circa 10 giorni, alla temperatura di 28 gradi. Successivamente avviene la fermentazione malolattica, il processo che consente la trasformazione dell’acido malico in acido lattico. Il vino, dunque, viene posto in botti di rovere. Resta a maturare per i successivi 18 mesi.
Un ulteriore affinamento in bottiglia, per un periodo di circa 4 mesi, anticipa la commercializzazione. Fattoria Il Palagio, oggi proprietà di Gaetano Zonin, domina un tipico poggio toscano nella Val d’Elsa senese, nel comune di Colle di Val d’Elsa e per una piccola parte nel comune di San Gimignano. Le vigne, situate a un’altitudine di 350 metri sul livello del mare, hanno un’estensione di oltre cento ettari, di cui 95 coltivati a vite e 16 ad olivo.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
L’Italia ha perso il 15 per cento delle campagne per effetto dell’abbandono e della cementificazione provocati da un modello di sviluppo sbagliato che ha causato la scomparsa di 2,6 milioni di ettari di terra coltivata negli ultimi 20 anni, pari ad almeno 400 campi da calcio al giorno. E’ quanto denuncia la Coldiretti in occasione del blitz di agricoltori e allevatori in città nel giorno tradizionalmente dedicato alle scampagnate per denunciare gli effetti delle profonda crisi che ha colpito settori importanti dell’agricoltura, con l’abbandono delle campagne e la chiusura delle stalle italiane. Gli agricoltori della Coldiretti hanno scelto di occupare piazza Palazzo di Città nel pieno centro di Torino, la prima capitale d’Italia, per riaffermare il contributo dell’agricoltura al Paese proprio nel giorno in cui tradizionalmente milioni di cittadini apprezzano le bellezze delle campagne e gustano i prodotti della terra e dell’allevamento nei tradizionali picnic fuori porta. Una tradizione che rischia di sparire insieme a centinaia di migliaia di aziende agricole e allevamenti italiani sotto l’attacco delle politiche comunitarie e delle distorsioni di mercato.
GLI SLOGAN
“Senza campagna muoiono anche le città”, “agricoltura vuol dire cibo, ambiente e salute”, “Un prezzo etico e giusto per il latte”, “Salviamo la fattoria Italia dalle speculazioni” sono alcuni degli slogan della mobilitazione con la distribuzione gratuita ai cittadini di formaggi e yogurt, rigorosamente Made in Italy ma anche l’offerta di consigli per fare scelte di acquisto consapevoli, a tutela della salute, dell’occupazione dell’economia e del territorio. Nella piazza è allestito il mercato degli agricoltori di campagna amica che hanno lasciato le proprie aziende per portare i prodotti della terra direttamente ai consumatori. Il frutteto italiano, come riferisce la Coldiretti si è ridotto di un terzo (-33%) negli ultimi quindici anni con la scomparsa di oltre 140mila ettari di piante di mele, pere, pesche, arance, albicocche e altri frutti. Perdite che rischiano di far soffiare all’Italia il primato europeo nella produzione di una delle componenti base della dieta mediterranea. La situazione, sempre secondo i dati in possesso di Coldiretti, non è migliore per le fattorie da dove sono scomparsi 2 milioni di animali tra mucche, maiali e pecore negli ultimi dieci anni con il pericolo di estinzione per le razze storiche e lo spopolamento delle aree interne e montane, ma a rischio c’è anche il primato dell’enogastronomia Made in Italy con la dipendenza dall’estero che per carne, salumi, latte formaggi che è vicina al 40%. Minacciate di estinzione – precisa la Coldiretti – ben 130 razze allevate tra le quali ben 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini, sulla base dei Piani di Sviluppo Rurale della precedente programmazione. Ma in pericolo – continua la Coldiretti – sono anche pezzi pregiati dell’enogastronomia nazionale che può contare sul primato mondiale con 49 formaggi a denominazione di origine protetta (Dop) riconosciuti dall’Unione Europea addirittura davanti alla Francia che ne possiede solo 45.
UE SOTTO ACCUSA
Sotto accusa la normativa comunitaria che consente di spacciare come Made in Italy prodotti importati dall’estero per la mancanza di norme chiare e trasparenti sull’etichettatura di origine. La mancanza di trasparenza in etichetta sulla reale origine colpisce salumi e formaggi ma anche il latte a lunga conservazione. Il risultato è che vengono spacciati come italiani prodotti di origine straniera con gli inganni del finto Made in Italy che riguarda – stima la Coldiretti – due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta come pure la metà delle mozzarelle. Una concorrenza sleale che fa abbassare i prezzi riconosciuti ad agricoltori ed allevatori italiani al di sotto dei costi di produzione e provoca la chiusura di aziende e stalle. Occorre cogliere l’opportunità per cambiare le norme comunitarie nel senso della trasparenza con una azione sinergica tra Italia e Francia, alla quale è stata già concessa l’autorizzazione dalla Commissione europea per l’etichettatura di origine per i derivati del latte e della carne. Non è un caso – conclude la Coldiretti – che secondo la consultazione pubblica on line del Ministero che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf dal novembre 2014 a marzo 2015 l’89 per cento dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari e l’87% per le carni trasformate.
E nonostante questi dati sconfortanti, con un balzo record del 15 % è l’agriturismo a far segnare tra tutte le destinazioni il maggior incremento delle presenze per la Pasqua. Sono circa 350mila gli italiani che hanno scelto questa tipologia di ristorazione per il tradizionale pranzo, per conciliare la buona tavola con la possibilità di stare all’aria aperta, lontano dalle preoccupazioni. E’ quanto stima Terranostra della Coldiretti nel sottolineare che “la scelta di vacanze brevi o di semplici gite fuori porta favorisce la campagna, per mangiare, per fare un scampagnata o per fermarsi qualche giorno”.
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“ (3,5 / 5) E dove non è vino, non è amore; né alcun diletto hanno i mortali”. Citazione importante quella riscontrabile sull’etichetta de L’Eremo 2012, della Fattoria il Palagio. La casa di Castel San Gimignano (Siena), spolvera “Le Baccanti” di Euripide per far presagire, a chi si avvicina a questa curiosa e ammaliante bottiglia, tutto il fascino di un rosso toscano Igt, molto diverso da quelli presenti solitamente sugli scaffali della grande distribuzione. Un rosso più impegnativo, innanzitutto. Più complesso. Ma soprattutto, più elegante e meglio strutturato. E il fatto che si ricorra a una citazione che arriva dritta ai nostri tempi dal V Secolo a.C., fa capire con quanta cura sia stato cullato L’Eremo, prima di presentarlo al pubblico (complesso) dei supermercati.
Di colore rosso rubino intenso, tendente al violaceo, si presenta inizialmente al naso come un vino discreto. Quasi timido. Affiorano poi sentori di fiori di campo e, solo alla fine, le spezie (pepe nero). Impressioni che, come spesso accade, vengono confermate all’assaggio. Iniziale delicatezza, che si esprime poi con una piena sapidità e asciuttezza; per poi aprirsi completamente in un lungo finale piacevolmente speziato, di buona struttura e di buon corpo, sostenuto dalla comparsa di frutti a bacca scura. Un vino, insomma, da apprezzare per la propria concretezza sul medio-lungo termine dell’assaggio. Perfetto l’abbinamento con una buona bistecca di scamone al sangue, nonché a tutto il mondo delle carni, senza disdegnare la cottura alla griglia e alla brace.
A renderlo tale è il mix perfetto, al 50%, tra uve Sangiovese e Cabernet Sauvignon. “Le due varietà – spiega la casa vinicola – sono raccolte e vinificate separatamente. Le uve, raccolte ad un ottimo stato di maturazione, vengono delicatamente pigiate. Il mosto subisce quindi un processo di macerazione a contatto con le bucce di 15-20 giorni per favorire l’estrazione di colore e altre sostanze polifenoliche. Al termine della fermentazione malolattica, parte del vino (20%), affina per 6 mesi in piccoli fusti di rovere francese”.
Prezzo: 6,50 euro Acquistato presso:Il Gigante Assago Milanofiori (MI)
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