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Vini al supermercato

Lombardia, Covid-19: chiusa la corsia di vino, birra e alcolici al supermercato

Bianco e rosso. Non il colore del vino ma quello del nastro segnaletico che dalle ore 18 di oggi, 17 ottobre 2020, limita l’accesso alle corsie di vino, birra e alcolici dei supermercati, in Lombardia. È entrato in vigore da poche ore uno dei provvedimenti dell’ordinanza regionale n. 620 per contrastare la diffusione del Covid-19 e scongiurare la possibilità di un nuovo lockdown. Un colpo durissimo, che le attività produttive non potrebbero sopportare.

Almeno dal 17 ottobre al 6 novembre è quindi stretta su ristoranti, pub, bar, enoteche, pasticcerie, chioschi, ambulanti e anche supermercati. Tutte attività “vittime” delle norme anti movida, che prevedono tra le altre limitazioni il divieto di vendita di qualsiasi bevanda alcolica dopo le 18. Resta consentita la ristorazione con consegna a domicilio.

La somministrazione di bevande su area pubblica e privata sarà possibile solo fino alle 24 e dalle 18 esclusivamente con consumo al tavolo. Chiusi anche i distributori di alimenti confezionati e bevande dalle 18 alle 6 del mattino, se con accesso dalla strada.

In Lombardia è vietata nella stessa fascia oraria la consumazione di alimenti e bevande su aree pubbliche e resta sempre valido il divieto di consumo di alcolici di qualsiasi gradazione nelle aree pubbliche, compresi parchi, giardini e ville aperte al pubblico.

Il bilancio dei nuovi positivi registrati nella giornata odierna si assesta su 2664 persone, pari al 9,1% dei tamponi effettuati (29.053). La provincia di Milano è quella più colpita, con oltre la metà dei casi (+1.388).

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Enoturismo e degustazioni in cantina ai tempi di Covid: cosa attende i winelovers

Fase 2 anche per l’enoturismo e per le degustazioni in cantina, ai tempi di Covid-19. La Confederazione Nazionale Consorzi Volontari Tutela Denominazioni Vini Italiani (Federdoc) ha infatti diramato le regole a cui dovranno attenersi le aziende e i clienti, per condurre i wine tasting in totale sicurezza. Un prontuario che sarà esposto all’interno e all’esterno delle cantine, corredato da materiale informativo anti-pandemia.

Dispenser per detergere le mani e/o guanti monouso dovranno essere posizionati all’entrata. I percorsi da seguire per l’accesso e la permanenza dovranno essere indicati con apposita segnaletica. Naturalmente si entra solo con la mascherina.

Onere della cantina la formazione del personale addetto alla vendita o alla degustazione che dovrà essere informato delle misure obbligatorie ed eventualmente di quelle facoltative implementate dalle singole aziende. Sarà possibile anche nominare un responsabile per la prevenzione.

Bisognerà predisporre la misurazione della temperatura di dipendenti ed ospiti che non dovrà superare i  37,5°C.  In alternativa potrà essere prevista un’autocertificazione da far compilare e sottoscrivere che attesti lo stato di buona salute. Le certificazioni andranno conservate a cura dell’azienda per 30 giorni.

Per evitare assembramenti o attese negli spazi comuni, sempre secondo le regole sull’enoturismo e le degustazioni in cantina diffuse da Federdoc, sarà necessario regolare l’accesso anche tramite prenotazioni preventive.  Meglio organizzare le degustazioni in locali opportunamente ventilati o all’aperto.

Calici alla mano, che andranno consegnati personalmente ad ogni cliente e ritirati, al termine, per procedere alla sterilizzazione. Vige comunque l’obbligo del distanziamento di almeno un metro.

Meglio che sia predisposto un secchiello svuota vino (la cosiddetta “sputacchiera“) a testa. Se non fosse possibile andrà spiegato ai winelovers di evitare il contatto con il bicchiere.  E per gli stuzzichini? Dovranno essere serviti in confezioni monoporzione, consegnati al singolo cliente, purché servito direttamente.

Regole ferree da Federdoc anche per l’igiene dei locali. Andrà redatto un programma di pulizia e disinfezione che definisca aree di intervento, modalità e frequenza (almeno due volte al giorno secondo le indicazione regionali). Più frequentemente andranno sanificate le superfici più toccate nelle aree di vendita e somministrazione (banchi, maniglie, frigoriferi) così come i servizi igienici.

Questi ultimi dovranno essere dotati di prodotti igienizzanti, asciugamani usa e getta e cestini in numero adeguato che dovranno essere svuotati senza entrare in contatto con il contenuto. Un consiglio a margine, non scritto nel prontuario? Guardiamoci negli occhi e sorridiamo sempre e comunque.

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Approfondimenti

Fase 2: le linee guida di Afidamp e Fipe per la sanificazione dei locali

Afidamp – Associazione Fornitori Italiani Attrezzature Macchine Prodotti e Servizi per la Pulizia, e Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi, hanno elaborato alcune linee guida con indicazioni operative per guidare gli imprenditori della ristorazione nelle necessarie operazioni di sanificazione per la riapertura e il mantenimento delle condizioni di sicurezza nei locali.

Dopo la chiusura imposta dalle Autorità per contenere l’emergenza epidemiologica da Covid-19, è necessario che agli operatori siano chiarite quali operazioni per la pulizia e la disinfezione debbano adottare. Operazioni utili non solo per la riapertura ma anche e soprattutto per il mantenimento delle condizioni di sicurezza igienica una volta che i locali saranno frequentati dai clienti. La permanenza del Covid-19 sulle diverse superfici obbliga a prestare costante attenzione a tutte le aree potenzialmente contaminate.

Le linee guida elaborate dalle due associazioni vogliono essere un supporto importante per tutti gli imprenditori che decideranno di sanificare il proprio locale in autonomia senza ricorrere a imprese specializzate. Le indicazioni contenute hanno l’obiettivo di informare il ristoratore rendendolo capace di condurre le operazioni di pulizia seguendo le giuste procedure, con l’ausilio di strumentazioni professionali adeguate ed evitando di commettere errori o operazioni inutili.

Il tentativo è, dunque, quello di fornire uno strumento agile e di sostegno per una fase 2 non facile per questo settore ed è la ragione per cui linee guida – che saranno disponibili per tutti gli associati Fipe – tentano di orientare gli operatori su un tema molto dibattuto in queste settimane, identificando delle buone pratiche che oggi diventano ancora più importanti.

ALCUNE DELLE PRINCIPALI INDICAZIONI PRESENTI NEL DOCUMENTO
Prima di ogni attività di disinfezione è necessario effettuare una profonda detersione delle superfici, in quanto i principi attivi dei prodotti disinfettanti vengono neutralizzati dallo sporco. Inutile, quindi, disinfettare se non si è prima pulito.

Sono descritte in maniera chiara e semplice attività specifiche di sanificazione per ogni area dei locali (sala, cucina, aree personale, laboratori, bagni ecc.).

Sarà utile posizionare nelle immediate vicinanze dell’ingresso una soluzione idroalcolica e un’attenzione particolare va dedicata alle pulsantiere, agli interruttori, alle maniglie, ai servizi igienici, ai menu e ai set in dotazione per la clientela: set da condimento, cestini del pane, dispenser tovagliolini di carta, ecc, proprio perché spesso a contato con le mani di clienti e dipendenti.

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Approfondimenti

Fase 2: il Gallo Nero si dipinge con il tricolore italiano

“Viva l’Italia. Viva la nostra voglia di stare uniti, la capacità di saper offrire e condividere, il coraggio dell’impresa, la passione verso le nostre infinite materie prime e l’arte di saperle lavorare. Bentornati Ristoranti di tutta Italia!” – con queste parole il Consorzio Vino Chianti Classico insieme a tutti i suoi 515 produttori vuole inviare un messaggio di solidarietà e di augurio all’intero comparto della ristorazione italiana.

Il messaggio è sottolineato dall’immagine, in cui lo storico simbolo della denominazione, il Gallo Nero, si dipinge dei colori della bandiera italiana, proprio per salutare la riapertura della ristorazione italiana.

Dopo un lungo e incerto conto alla rovescia è finalmente arrivato il giorno in cui anche i ristoranti italiani, fiore all’occhiello del Made in Italy e partner imprescindibile dei vini di qualità, hanno potuto riaprire i battenti e dare inizio alla tanto auspicata ripartenza, anche se con le difficoltà e le limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria.

Il Consorzio Vino Chianti Classico da sempre crede nella collaborazione con questo settore, tanto che ha lanciato, già nel 2016, un progetto per sviluppare e promuovere il coinvolgimento, in attività di marketing e di comunicazione, di un circuito qualificato di ristoranti, nel territorio di produzione della denominazione e nelle principali città italiane.

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Food Lifestyle & Travel

Il paradosso della Fase 2: “Bar e ristoranti aperti ma senza soldi per pagare i fornitori”

“La situazione del canale Horeca, dopo tre mesi di serrata obbligata dei punti vendita, non sembra avere prospettive migliorative e la Fase 2, avviata il 18 maggio con protocolli e stringenti vincoli sanitari, non potrà garantire un rapido ritorno alla normalità pre covid”. È quanto sottolinea la Federazione Italiana dei Distributori di Ho.re.ca (Italgrob). La richiesta è quella di un “decreto ad Hoc, entro settembre”.

La prospettiva  di una ripresa dei punti vendita, fortemente  invocata da più  attori della  filiera – si legge in una nota – rischia di diventare un palliativo: locali da rifornire ma che non hanno la liquidità per poter pagare la merce già consegnata ad inizio anno e quella attualmente necessaria; un consumatore timoroso che non tornerà presto ai consumi pre Covid; norme igienico-sanitarie doverose  quanto assurde che  limiteranno gli spazi dei ristoranti e renderanno ancora più difficile la ripresa e il lavoro degli operatori del settore”.

Italgrob evidenzia che “con il lockdown le aziende di distribuzione hanno registrato mezzo miliardo di crediti ancora da esigere dai punti vendita, a cui si devono aggiungere le perdite calcolate per circa 4 miliardi per il mancato lavoro quotidiano dei mesi di Marzo, Aprile e Maggio”.

Per la prima volta nella storia, anche le più solide aziende di distribuzione hanno dovuto far richiesta alla cassa integrazione per la quasi totalità dei propri dipendenti diretti. “Ma ad oggi, i fondi a causa dei balletti fra Inps e Regioni non sono ancora arrivati”, attacca la Federazione Horeca.

Che aggiunge: “Le misure messe in campo dal Governo non sono sufficienti, soprattutto a causa della burocrazia che rallenta e non permette di  avere la liquidità  necessaria per  sopperire  al difficile  periodo: tutto ciò  non è ammissibile”.

In Francia per il solo settore del turismo e di riflesso quindi anche per la ristorazione sono stati stanziati 18 miliardi di Euro. Considerando l’impatto che ha sull’economia italiana il settore sarebbe auspicabile la massima attenzione a questo rilancio.

Inoltre, va ribadito che il decreto rilancio sana solo in parte le perdite registrate, quindi più che di rilancio si dovrebbe parlare di sostegno. Al massimo entro settembre è necessario che le istituzioni attuino un decreto ad Hoc per tutto il settore della ristorazione e dell’ospitalità che va incontro a una stagione incerta dove certamente i costi, per il rispetto dei nuovi protocolli di sicurezza, supereranno i ricavi”.

“Italgrob – dichiara il Presidente Vincenzo Caso – si è mossa prontamente a tutela di tutto il movimento delle aziende di distribuzione, abbiamo fatto diversi appelli anche in collaborazione con primarie associazioni della filiera Horeca. Le nostre istanze sono state accolte in parte, come ad esempio far riaprire i locali in sicurezza dal 18 maggio e alcuni incentivi a fondo perduto”. Resta comunque critica la questione legata al credito a causa del lockdown”.

In questo momento tutte le aziende di distribuzione vantano crediti che corrono il rischio di diventare inesigibili. I mancati guadagni del lockdown dei mesi di marzo, aprile e maggio rappresenterebbero per la categoria delle perdite irrecuperabili che metterebbero a rischio centinaia di aziende, che sono per la totalità a conduzione familiare. Per questo motivo abbiamo chiesto e ancora chiediamo insistentemente che venga concesso un credito di imposta sulle perdite sui crediti per recuperare tali somme”.

Secondo Italgrob, “è auspicabile che le istituzioni valutino e accolgano le richieste degli operatori, che sono sul territorio e conoscono le reali problematiche”.

“Accogliamo con positività l’aumento del plafond del credito d’imposta, come risulta dal nuovo decreto, per la sanificazione dei luoghi e degli strumenti di lavoro come da protocolli di sicurezza Covid-19, in quanto è a carico dei distributori provvedere alla sanificazione di tutti gli impianti alla spina di prodotti alcolici (birra e vino) e delle bevande, le frigo vetrine e tutte le attrezzature distribuite ai punta vendita in comodato d’uso”.

Resta ancora da sciogliere il nodo del valore della manodopera se fatta con manovalanza interna. “Tutto ciò – precisa Italgrob – per la sicurezza del punto vendita e del consumatore deve essere sanificato con prodotti speciali e specifici”.

Infine, e lo richiediamo da molto tempo, deve essere rivista totalmente la Tari, soprattutto quella relativa ai magazzini di stoccaggio che non producono rifiuti ma con i loro metri quadri sono un fardello pesante per il bilancio aziendale. È il momento di rivederla”.

“La nostra categoria è fondamentale – dichiara Dino Di Marino, Direttore Generale Italgrob – e rappresenta l’anello di raccordo fra produzione e punti vendita. Siamo, come dire, il braccio portante dei produttori”.

Una rete distributiva organizzata e funzionale che svolge un lavoro decisivo per tutta la filiera agroalimentare italiana, dalla più piccola azienda alla grande industria, e per questo motivo è assolutamente necessario sostenere la ripresa, in primis appunto della rete distributiva, perché è l’ingranaggio invisibile ma determinante che fa girare la filiera del fuoricasa italiano”.

Sempre secondo la Federazione Italiana dei Distributori, il settore Horeca “deve ripartire nella sua totalità al più presto e bisogna mettere in campo tutti gli strumenti economici necessari per far riprendere i consumi: tutto è  collegato e questa emergenza sanitaria, più che mai, lo ha messo in evidenza”.

“Inoltre – conclude Di Marino – sono preoccupato anche del destino di centinaia di nostri imprenditori associati in quanto non mi sento di escludere che la malavita organizzata possa pensare di metterci le mani. In tempi di crisi non è un’opzione irrealistica”.

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Fase 2: per bar, ristoranti e hotel arriva la certificazione di sicurezza No-Covid

Fase 2. Per la riapertura di ristoranti, bar, hotel e attività commerciali,  potrebbe essere importante non soltanto alzare le saracinesche, ma anche incentivare i clienti rassicurandoli sull’igiene e la pulizia dei luoghi pubblici e sulla corretta applicazione delle misure di prevenzione diffuse dal Governo contro la diffusione del Covid-19.

Per consentire al pubblico e agli imprenditori di lavorare e continuare a frequentare i luoghi di consumo con serenità si può ottenere una nuova e specifica certificazione.

Questa agisce nell’ambito del già noto sistema di gestione Uni En 13549:2003 e prevede ampliamenti nell’applicazione e nel controllo delle misure specifiche indicate dal Governo (Dpcm 14/03/2020 e integrazioni del 24/04/2020) come buone prassi per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro.

Le aziende che vorranno dotarsi della certificazione dovranno implementare nuove misure obbligatorie tra cui: l’identificazione del corretto percorso di merci e fornitori, il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione personali, la misurazione della temperatura, le corrette procedure di disinfezione e sanificazione, la corretta compilazione della documentazione sulla valutazione dei rischi e il giusto uso dei dispositivi di protezione individuale.

Per ottenere l’attestazione bisognerà rivolgersi agli enti certificatori abilitati alla Camera del Commercio a svolgere attività di controllo di qualità e certificazione di prodotti, processi e sistemi.

La certificazione non è obbligatoria e non costituisce un inadempimento ostativo alla riapertura, ma rappresenta uno strumento di sostegno per le imprese e garantisce il rispetto del protocollo sottoscritto dal Governo il 14/03/2020 per le attività di pulizia e sanificazione.

La certificazione Uni En 13549:2003 No Covid è riconosciuta su tutto il territorio nazionale, ha una validità di 3 anni e offre a imprenditori e clienti una maggiore garanzia sul rispetto delle norme di sicurezza previste dal decreto governativo per la riapertura dei locali pubblici.

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Fase 2: per bar, ristoranti e hotel arriva la certificazione di sicurezza No-Covid

Ristoranti, bar, hotel e attività commerciali si preparano a riaprire, ed in questa fase potrebbe essere importante non soltanto alzare le saracinesche, ma anche incentivare i clienti rassicurandoli sull’igiene e la pulizia dei luoghi pubblici e sulla corretta applicazione delle misure di prevenzione diffuse dal Governo contro la diffusione del Covid-19.

Le operazioni da effettuare per aprire in tutta sicurezza sono molte e complesse, per consentire al pubblico e agli imprenditori di lavorare e continuare a frequentare i luoghi di consumo con serenità si può ottenere una nuova e specifica certificazione.

Questa agisce nell’ambito del già noto sistema di gestione Uni En 13549:2003 e prevede ampliamenti nell’applicazione e nel controllo delle misure specifiche indicate dal Governo (Dpcm 14/03/2020 e integrazioni del 24/04/2020) come buone prassi per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro.

Le aziende che vorranno dotarsi della certificazione dovranno implementare nuove misure obbligatorie tra cui: l’identificazione del corretto percorso di merci e fornitori, il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione personali, la misurazione della temperatura, le corrette procedure di disinfezione e sanificazione, la corretta compilazione della documentazione sulla valutazione dei rischi e il giusto uso dei dispositivi di protezione individuale.

Per ottenere l’attestazione bisognerà rivolgersi agli enti certificatori abilitati alla Camera del Commercio a svolgere attività di controllo di qualità e certificazione di prodotti, processi e sistemi.

La certificazione non è obbligatoria e non costituisce un inadempimento ostativo alla riapertura, ma rappresenta uno strumento di sostegno per le imprese e garantisce il rispetto del protocollo sottoscritto dal Governo il 14/03/2020 per le attività di pulizia e sanificazione.

La certificazione Uni En 13549:2003 No Covid è riconosciuta su tutto il territorio nazionale, ha una validità di 3 anni e offre a imprenditori e clienti una maggiore garanzia sul rispetto delle norme di sicurezza previste dal decreto governativo per la riapertura dei locali pubblici.

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AssoBirra, Assobibe e Mineracqua: “Riaprire prima in sicurezza e sostenere la filiera”

Il lungo periodo di Lockdown con la chiusura di tutti i locali ha di fatto azzerato la liquidità lungo tutta la filiera Horeca. Con la riapertura dei locali alla data ipotizzata del 1° giugno la perdita secca lungo tutta la filiera è stimata a 20 miliardi di euro. La filiera Horeca, con il suo indotto di almeno un milione e duecentomila occupati, 320 mila pubblici esercizi, 5000 aziende di distribuzione e centinaia di produttori, è letteralmente in ginocchio.

Come per altri settori, è necessario anticipare la riapertura con le doverose misure di protezione e di distanziamento sociale, nonché pensare come aiutare una Fase 2 che, senza turismo e limitazioni varie, rischia di non produrre benefici economici, ma solo costi.

Alla luce di questo inevitabile tracollo, le principali Associazioni fra i produttori di birra, bevande e acque minerali (AssoBirra, Assobibe e Mineracqua) destinate al canale Horeca e la Federazione Italgrob rappresentativa della categoria dei distributori del Food & Beverage, pongono all’attenzione del Governo le gravi criticità e allo stesso tempo chiedono:

TORNARE A LAVORARE:

  • anticipare al 18 maggio l’apertura dei locali Horeca (Bar e Ristoranti), con protocolli di sicurezza e misure di distanziamento a tutela di lavoratori e clienti.

AIUTARE LE IMPRESE SU COSTI e LIQUIDITA’ con:

  • l’aumento del plafond per il credito d’imposta legato alla sanificazione dei luoghi e degli strumenti di lavoro;
  • l’estensione a 20 anni del periodo per la restituzione dei finanziamenti previsti dal Decreto Liquidità;
  • un indennizzo a fondo perduto pari al 50% del fatturato dei mesi di lockdown (marzo, aprile e maggio) oppure del 20% del fatturato dell’anno precedente;
  • Prevedere un credito di imposta per i crediti inesigibili derivanti dalla crisi COVID-19

SOSTENERE LA RIPRESA:

  • con una riduzione dell’aliquota IVA dal 22% al 10%, sui prodotti Beverage del fuori casa, al fine di incentivare i consumi nei prossimi mesi.

 

Il mercato del fuoricasa italiano che a fine 2019 ha sviluppato un giro di affari complessivo di 86 miliardi, pari all’8% dei consumi totali delle famiglie (Alimentari non alimentari e servizi), è uno degli assi portanti dell’economia del Paese, un emblema del made in Italy, fattore di attrazione turistica al pari del grande patrimonio architettonico paesaggistico, artistico e culturale che vanta il nostro Paese.

È un dovere di tutti proteggerlo e rilanciarlo, Assobirra, Assobibe, Mineracqua e Italgrob insieme alle aziende che rappresentano, sono pronte ad attuare ogni possibile azione per sostenere il settore. Un settore che tra distribuzione e pubblici esercizi da lavoro a circa 1,2 milioni di persone a cui si aggiungono le decine di migliaia di posti di lavoro delle aziende di produzione del Food & Beverage.

Posti di lavoro estremamente a rischio se non si interviene con misure urgenti ed adeguate. In questo difficilissimo momento è necessario l’intervento concreto dello Stato per superare la crisi in atto e rilanciare le prospettive di un settore vitale, sia dal punto di vista economico che sociale.

Michele Cason, Presidente di AssoBirra, sottolinea come “il settore birrario sostiene con forza la richiesta dell’intera filiera dell’industria delle bevande, di anticipare il prima possibile, naturalmente nel rispetto dei protocolli di sicurezza, la riapertura del canale della ristorazione, non oltre il prossimo 18 maggio. Contestualmente, nell’ambito della forte pressione fiscale che già oggi il comparto birrario subisce e su cui grava anche in aggiunta la più alta delle aliquote Iva, chiede che almeno per quanto riguarda i prodotti del settore bevande del canale Ho.Re.Ca. l’aliquota possa essere ridotta dall’attuale 22 al 10%, per incentivare la ripresa dei consumi”.

“Il fuori casa per il settore bevande analcoliche rappresenta ca il 40% del fatturato del settore – evidenzia Vittorio Cino, Presidente di AssoBibe – pertanto preoccupa molto il perdurare del blocco di questo canale e delle difficoltà che si ripercuotono nella filiera. Servono rassicurazioni subito per poter ripartire, con le dovute precauzioni per la sicurezza di tutti, e per affrontare una realtà che non sarà normale per un lungo periodo. Non possiamo permetterci una visione di breve periodo sulle attività economiche che, ricordo, generano posti di lavoro. Auspichiamo quindi interventi fiscali che liberino risorse per imprese e consumatori, lavorando anche sulle aliquote Iva che per la maggior parte degli alimenti è al 4 o 10% rispetto al 22% del beverage”.

Vincenzo Caso, Presidente di Italgrob sottolinea “come la prolungata chiusura del mercato Horeca abbia di fatto azzerato la liquidità lungo la filiera, dove gli operatori più danneggiati sono proprio i distributori impossibilitati ad incassare anche i crediti pregressi al lockdown. Far riaprire i locali è una priorità, ma nel rispetto di quella sicurezza che comunque imporrà nuovi e pesanti costi. È pertanto assolutamente necessario – ribadisce Caso – che vengano riconosciuti adeguati crediti di imposta, sia per gestire i nuovi protocolli di sicurezza, ad esempio per la sanificazione degli impianti spina, sia per recuperare in parte crediti oramai inesigibili. Se il Governo non interviene prontamente sono a rischio chiusura almeno 500 aziende di distribuzione, un danno incalcolabile per tutto il sistema HoReCa”.

Enrico Zoppas, Presidente di Mineracqua chiede che, nel rispetto dei protocolli di sicurezza, possano essere concesse misure eccezionali e contingenti per rilanciare i consumi “fuori casa” delle acque minerali naturali, emblema del made in Italy, e nel contempo dare adeguate garanzie occupazionali ai lavoratori della filiera.

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Fase 2, filiera del vino italiano compatta: “Riapertura giugno go? Duro colpo all’Horeca”

“Ripartire il prima possibile, pur nel pieno rispetto di tutte le misure di sicurezza e di distanziamento. Altrimenti per molte imprese del canale Horeca e cantine italiane non ci sarà alcuna fase 2“. Così la filiera del vino italiano, nel commentare la riapertura delle attività ristorative al 1° giugno, definita “un altro duro colpo per il settore”.

L’appello rivolto al Governo da parte della filiera vino – che riunisce le principali organizzazioni del settore Confagricoltura, Cia, Copagri, Unione italiana Vini, Federvini, Federdoc e Assoenologi – a pochi giorni dall’adozione delle misure contenute del nuovo Dpcm che dà il via libera alla cosiddetta fase 2 dell’emergenza Coronavirus, è unanime.

“Oggi più che mai il canale Horeca è di vitale importanza per le aziende vitivinicole, che hanno già perso irreversibilmente almeno il 30% delle vendite con danni permanenti”, sottolinea la filiera del vino.

Le disposizioni sull’allentamento del lockdown non contemplano una rapida ripresa delle attività di bar, enoteche e ristoranti, “con conseguenze disastrose non solo per gli operatori del settore, ma anche per le migliaia di piccole e medie imprese del comparto vitivinicolo nazionale già alle prese con un export quasi completamente bloccato e costrette a ricorrere alle vendite online come unica, ove possibile, via per la sopravvivenza”.

Nell’esprimere “piena solidarietà e sostegno agli operatori dell’Horeca e alle loro famiglie duramente colpite dal lockdown”, la filiera auspica dunque che il Governo, “pur nel rispetto delle indicazioni espresse dal Comitato tecnico scientifico, tenga conto delle urgenti richieste di ripartenza di questo canale e prenda in seria considerazione un ripensamento dell’impianto normativo recentemente proposto per dare una risposta concreta ad uno dei comparti più strategici e decisivi per l’economia e il turismo italiani”.

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Fase 2, Assoenologi scrive al premier Conte: “Riaprire subito ristoranti ed enoteche”

Nel giorno in cui il premier Giuseppe Conte sostiene di “non essere pentito delle scelte adottate per la Fase 2“, aggiungendo “rifarei tutto”, Assoenologi indirizza una lettera alla presidenza del Consiglio, per chiedere la riapertura di ristoranti ed enoteche. Una necessità già espressa da Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi, a poche ore dalle nuove misure decise dal Governo italiano.

“Il prolungamento della chiusura delle attività ristorative almeno fino al prossimo 1° giugno – si legge sulla lettera firmata dal presidente Riccardo Cotarella – rischia, ad avviso mio e dei soci che rappresento, di mettere in seria difficoltà non solo gli imprenditori di settore, ma anche il comparto enologico nazionale”.

Molte delle cantine presenti sul territorio del nostro amato Paese sono fortemente legate alle attività di ristoranti, enoteche e locali tipici che tanto caratterizzano il commercio, il turismo e la vita sociale dal Nord al Sud dell’Italia.

Comprendo che la situazione che Lei e il Suo Governo siete chiamati a fronteggiare e gestire non sia semplice, ma il timore, di fronte a queste misure, è di vedere scomparire un pezzo di Italia che fino a due mesi fa ha lavorato e investito per mandare avanti le proprie aziende”.

“Non voglio e non vogliamo come Associazione entrare nel merito scientifico delle scelte fin qui assunte – prosegue la lettera – perché non abbiamo alcun titolo per farlo, ma questo non ci esime all’esprimerle tutto il nostro timore. L’appello che Assoenologi le rivolge, è di aprire una eventuale nuova riflessione così da agevolare il ritorno alla piena attività della ristorazione, seppur con tutte le dovute e necessarie misure anti-contagio”.

La lettera inviata al premier Giuseppe Conte è simbolicamente firmata da tutta l’associazione Assoenologi, che conta più di 5 mila professionisti dai quali dipende in gran parte il livello qualitativo dei vini prodotti dalle oltre 300 mila aziende vitivinicole italiane.

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Fase 2, Fipe attacca Governo: “Ristoranti a giugno? Si troveranno solo macerie”

Federazione italiana pubblici esercizi all’attacco del Governo, dopo il discorso del premier Giuseppe Conte, in merito ai provvedimenti per la Fase 2: “La misura è colma – attacca Fipe – con ristoranti e bar aperti a giugno si troveranno solo macerie”. Le indicazioni della ristorazione, di fatto, erano per un’apertura immediata, con le precauzioni del caso.

“I nostri dipendenti stanno ancora spettando la cassa integrazione, il decreto liquidità stenta a decollare, oggi apprendiamo che potremo riaprire dal primo di giugno. Significano altri 9 miliardi di danni che portano le perdite stimate a 34 miliardi in totale dall’inizio della crisi”.

“Forse – continua la nota della Federazione dei ristorazione – non è chiaro che si sta condannando il settore della ristorazione e dell’intrattenimento alla chiusura. Moriranno oltre 50 mila imprese e 350 mila persone perderanno il loro posto di lavoro”.

A rischio, secondo Fipe, “bar, ristoranti, pizzerie, catering, intrattenimento, per il quale non esiste neanche una data ipotizzata, stabilimenti balneari sono allo stremo e non saranno in grado di non lavorare per più di un mese”.

“Accontentati tutti coloro che sostenevano di non riaprire, senza per altro avere alcuna certezza di sostegni economici dal Governo”, prosegue l’attacco. “Servono risorse e servono subito a fondo perduto, senza ulteriori lungaggini o tentennamenti, sappiamo solo quanto dovremo stare ancora chiusi, nulla si sa quando le misure di sostegno verranno messe in atto”.

“Tutto questo – conclude la Federazione italiana pubblici esercizi – a dispetto sia del buon senso che della classificazione di rischio appena effettuata dall’Inail che indica i Pubblici Esercizi come attività a basso rischio. Questo nonostante la categoria abbia messo a punto protocolli specifici per riaprire in sicurezza. La misura è colma.

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Coronavirus, il protocollo di sicurezza Fipe per la ripartenza

ROMA – I ristoratori italiani sono pronti a predisporre misure immediate per favorire una riapertura il più rapida possibile delle loro attività. Le proposte contenute all’interno di un protocollo stilato da un gruppo di lavoro organizzato dalla Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, sotto la supervisione scientifica di un qualificato infettivologo. Trentacinque pagine in cui si rappresentano le procedure di sicurezza da applicare in bar, ristoranti e servizi di catering.

Un metro di distanza tra i tavoli e mascherine al personale di sala e cucina, come da indicazioni delle autorità sanitarie. Accessi differenziati, dove possibile, per i clienti in entrata e quelli in uscita, pagamenti preferibilmente digitali direttamente al tavolo, monitoraggio quotidiano delle condizioni di salute dei dipendenti, pulizia e sanificazione dei locali, gel igienizzante a disposizione di tutti.

“Il mondo della ristorazione è pronto a ripartire, impegnandosi a garantire la sicurezza con uno specifico protocollo organizzativo delle attività, messo a disposizione della categoria, al fine di tutelare i rischi di contaminazione sia per i clienti che per i dipendenti – sottolinea il presidente di Fipe, Lino Enrico Stoppani –, ma è chiaro che non basterà per un ritorno immediato alla normalità. Fino a quando saranno in vigore le misure di distanziamento sociale, con le diverse modalità di fruizione dei servizi dei Pubblici Esercizi, è evidente che non si potrà lavorare a pieno regime. È dunque indispensabile che le istituzioni supportino economicamente il settore in questa fase transitoria”.

“Per realizzare questo protocollo – prosegue il presidente – abbiamo seguito le indicazioni delle autorità sanitarie e ci siamo avvalsi di una consulenza scientifica di primo livello. Abbiamo messo a disposizione delle Autorità competenti il nostro documento come riferimento operativo, ma è chiaro che abbiamo bisogno anche di molto altro supporto. Le misure di sostegno all’economia finora approntate non sono state pensate per i Pubblici Esercizi, con la conseguenza che 50mila imprese rischiano di non riaprire. Serve un segnale forte da parte dell’esecutivo, sui temi degli indennizzi per chi ha subito ingenti perdite di fatturato, della liquidità, della fiscalità, degli strumenti di protezione sociale come la cassa integrazione, oltre che interventi per le locazioni commerciali”.

“La fase due – conclude il Stoppani – dovrà essere accompagnata da provvedimenti mirati a tenere in vita la qualificata rete dei Pubblici Esercizi, con il loro grande valore, anche sociale, evitando l’esplosione dei tassi di mortalità, la dispersione di professionalità faticosamente costruite, l’infiltrazione della criminalità. Per essere chiari, un locale che vedrà ridimensionato il suo numero di coperti o comunque ridotta la sua attività, ha bisogno di sostegno, anche in tema di tributi locali. Confido e spero che il Governo predisponga calibrati interventi in aiuto del sistema turistico italiano, di cui i Pubblici Esercizi sono la componente essenziale, all’interno di un piano strategico di lungo periodo, con investimenti a supporto della domanda, con la semplificazione delle regole e l’innovazione delle politiche”.

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Fase 2, ristoranti e bar pronti a riaprire subito: tavoli a distanza, mascherine e gel

Fase 2, tutto pronto per ristoranti e bar. O quasi. Un metro di distanza tra i tavoli e mascherine al personale di sala e cucina, come da indicazioni delle autorità sanitarie. Accessi differenziati, dove possibile, per i clienti in entrata e quelli in uscita, pagamenti preferibilmente digitali direttamente al tavolo. E ancora: monitoraggio quotidiano delle condizioni di salute dei dipendenti, pulizia e sanificazione dei locali, gel igienizzante a disposizione di tutti.

Sono solo alcune delle misure che i ristoratori italiani sono pronti a predisporre immediatamente, per favorire una riapertura il più rapida possibile delle loro attività. Proposte contenute all’interno di un protocollo stilato da un gruppo di lavoro organizzato dalla Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, sotto la supervisione scientifica di un qualificato infettivologo. Trentacinque pagine in cui si rappresentano le procedure di sicurezza da applicare in bar, ristoranti e servizi di catering.

“Il mondo della ristorazione è pronto a ripartire, impegnandosi a garantire la sicurezza con uno specifico protocollo organizzativo delle attività, messo a disposizione della categoria, al fine di tutelare i rischi di contaminazione sia per i clienti che per i dipendenti”, sottolinea il presidente di Fipe, Lino Enrico Stoppani.

“Ma è chiaro – avverte – che non basterà per un ritorno immediato alla normalità. Fino a quando saranno in vigore le misure di distanziamento sociale, con le diverse modalità di fruizione dei servizi dei Pubblici Esercizi, è evidente che non si potrà lavorare a pieno regime. È dunque indispensabile che le istituzioni supportino economicamente il settore in questa fase transitoria”.

Per realizzare questo protocollo – prosegue il presidente – abbiamo seguito le indicazioni delle autorità sanitarie e ci siamo avvalsi di una consulenza scientifica di primo livello. Abbiamo messo a disposizione delle Autorità competenti il nostro documento come riferimento operativo, ma è chiaro che abbiamo bisogno anche di molto altro supporto”.

“Le misure di sostegno all’economia finora approntate non sono state pensate per i Pubblici Esercizi – accusa Stoppani – con la conseguenza che 50 mila imprese rischiano di non riaprire. Serve un segnale forte da parte dell’esecutivo, sui temi degli indennizzi per chi ha subito ingenti perdite di fatturato, della liquidità, della fiscalità, degli strumenti di protezione sociale come la cassa integrazione, oltre che interventi per le locazioni commerciali”.

La fase 2 dovrà essere accompagnata da provvedimenti mirati a tenere in vita la qualificata rete dei Pubblici Esercizi, con il loro grande valore, anche sociale, evitando l’esplosione dei tassi di mortalità, la dispersione di professionalità faticosamente costruite, l’infiltrazione della criminalità”.

“Per essere chiari, un locale che vedrà ridimensionato il suo numero di coperti o comunque ridotta la sua attività, ha bisogno di sostegno, anche in tema di tributi locali”, sottolinea Stoppani.

“Confido e spero che il Governo predisponga calibrati interventi in aiuto del sistema turistico italiano – conclude il numero uno di Fipe – di cui i Pubblici Esercizi sono la componente essenziale, all’interno di un piano strategico di lungo periodo, con investimenti a supporto della domanda, con la semplificazione delle regole e l’innovazione delle politiche”.

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Distributori Horeca: avviata procedura “Crisi complessa di Filiera” con Regione Veneto

L’unica associazione nazionale di riferimento per il settore della distribuzione nel canale Horeca, ovvero la Federazione Italiana dei Distributori di Horeca (Italgrob) ha attivato con Regione Veneto la procedura di “Crisi complessa di Filiera“, la cui gestione è affidata appunto ai governi regionali. Il percorso prevede una verifica e una presa in carico da parte della Regione, con interventi mirati di sostegno.

Italgrob, in collaborazione con le associazioni di categoria della filiera dei produttori Horeca (Assobibe, Assobirra, Mineracqua) e con Federterme, è riuscita così a ottenere un primo incontro in videoconferenza con l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan, insieme ai tecnici dell’Unità regionale di crisi aziendale.

“Stiamo lavorando su soluzioni concrete e fattibili – ha commentato Dino Di Marino (nella foto, sopra) direttore di Italgrob – e proporremo un piano di azione immediato per la ‘Fase 2’ con soluzioni migliorative per la filiera Horeca per il medio e lungo periodo”.

“Siamo ad un nuovo inizio e la  filiera  ha  necessità  di reinventarsi e  adattarsi ai nuovi modelli di business. Sono molto fiducioso, la Regione Veneto potrà fare da apripista per le altre Regioni, per una strada alternativa e comunque preziosa per sostenere tutta la filiera”, ha concluso Di Martino.

“Questo primo approccio con la Regione Veneto – ha sottolineato il presidente di Italgrob, Vincenzo Caso – è di fondamentale importanza. Il procedimento aperto presso la Regione Veneto, con la  proposta di misure a sostegno della categoria, potrà consentire in inseguito di replicare il modello in altre Regioni Italiane”.

“Nel merito – continua Caso – l’assessore Donazzan si è resa disponibile a farsi portavoce presso le altre regioni, dato che su tutto il territorio nazionale ci sono importanti realtà produttive e una notevole capillarità di aziende distributive, senza contare che in tutte le regioni il settore Horeca dà lavoro a oltre un milione di persone, ed è un settore di vitale importanza economica e sociale”.

“Le maggiori sigle del settore ci hanno scelto come primi interlocutori – ha evidenziato l’assessore Donazzan – perché qui operano i maggiori player nella produzione e della distribuzione del beverage”.

Il comparto delle acque minerali e termali, che per le sole acque minerali conta oltre 40 mila addetti nel territorio nazionale tra diretti e indiretti e un giro d’affari di 2,7 miliardi, in Veneto riveste una grande rilevanza, sia in termini occupazionali che di fatturato, per la presenza di importanti fonti e di stabilimenti di imbottigliamento e distribuzione.

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Istituto Espresso Italiano: “Bar e posti di lavoro a rischio con la ‘Fase 2’ di Covid-19”

Preoccupazione tra gli operatori dell’ospitalità per la “Fase 2” dell’emergenza Covid-19. A lanciare l’allarme, unendosi al coro delle associazioni del settore, l’Istituto Espresso Italiano (Iei), che con il suo marchio riconoscibile in Italia e all’estero è tra i principali promotori del settore (34 aziende aderenti e un fatturato che si aggira sui 700 milioni di euro).

La preoccupazione più grande nasce dai rumors sugli indirizzi che il Governo lancerà con i prossimi decreti, la cosiddetta “Fase 2”, che potrebbero mettere in coda alla ripresa la riapertura di esercizi pubblici come bar e ristoranti.

“Questa situazione drammatica – afferma Luigi Morello, presidente dell’Istituto Espresso Italiano – riguarda tutti i lavoratori del comparto, ma noi siamo preoccupati soprattutto per i più giovani che negli ultimi anni hanno investito sempre di più energie e risorse in questo settore di tendenza”.

“Naturale che saremo tutti chiamati a rispettare le disposizioni del governo, ma i danni di una riapertura tardiva saranno pagati dalla generazione che rappresenta il futuro dell’ospitalità italiana, tra l’altro quella che ha dimostrato segni di grande vivacità e amore per il proprio lavoro”, conclude Morello.

Con oltre 149 mila bar sparsi in Italia, ogni giorno vengono serviti in media 175 caffè, cioè il 32,5% di fatturato del bar. Il mercato del caffè (bar, ristoranti e hotel) sfiora i 2 miliardi di euro all’anno.

In sei regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Campania) si concentrano i due terzi delle imprese del settore. Il 54,2% di queste imprese è una ditta individuale e la variabilità regionale intorno a questo valore è assai sostenuta.

La forbice va dal valore minimo dell’Umbria (43,1%) a quello massimo della Calabria (77,3%). Il 31,3% delle imprese sono società di persone, mentre la quota delle società di capitale è di poco al di sopra del 13%.

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