Il concetto è molto semplice: quando una cantina riesce a diventare sinonimo della massima espressione di un vitigno, in una determinata zona, o all’interno di una denominazione, allora quella cantina ha fatto centro. C’è un’azienda del Sannio, in Campania, che investe sin dalle sue origini sul vitigno Falanghina, con risultati eccellenti. A nostro avviso, quest’anno, il lungo cammino della famiglia Rillo è giunto a un definitivo compimento. Stiamo parlando di Fontanavecchia, Miglior Cantina Sud Italia per la Guida Winemag 2025.
Sono state infatti presentate in anteprima, alle selezioni della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2025 di winemag, tre nuovi vini frutto di una selezione parcellare del vigneto di Falanghina. La loro creazione, in occasione della vendemmia 2020, coincide con l’arrivo in azienda dell’enologo Emiliano Falsini, col quale la famiglia Rillo decide di «osare ancora di più» sul vitigno tipico campano. «L’idea – spiega Libero Rillo – era quella di produrre un vino ancora più identificativo del territorio». Nasce, così, la linea “Cru” dell’etichetta “Libero”: «Tre Cru con la stessa attenzione alla selezione delle uve ed alle fasi di vinificazione, ma con caratteristiche diverse dovute, soprattutto, alla composizione del suolo, all’altitudine e alla posizione della vigna».
LA FALANGHINA DEL SANNIO LINEA CRU LIBERO PARTICELLA B 148, F 190, T 031
Ecco, dunque, Libero B Particella 148, Libero F Particella 190 e Libero T Particella 031. Solo 1.333 bottiglie per ognuna delle tre Falanghina del Sannio Dop Vendemmia Tardiva, frutto di un’attenta selezione dei grappoli nei vigneti situati rispettivamente a Bonea (300 m. slm, suoli con depositi deltizi delle piane alluvionali e costiere e depositi eolici misti marino-continentali), Foglianise (380 m. slm, suoli a maggioranza calcarei) e Torrecuso (210/320 m. slm, suoli costituiti da marne calcaree affioranti). Dopo essere state portate in cantina, le uve vengono stoccate in un container frigo per tutta la notte a circa quattro gradi.
Il mattino successivo, dopo la diraspatura, vengono lasciate macerare in pressa a freddo, per circa otto ore. La fermentazione avviene in barrique nuove di rovere francese. Rinvenire tra i campioni degustati alla cieca questi vini è stata una sorpresa e un’emozione. Nelle nostre note di degustazione, qualcosa suggeriva un fil-rouge tra le etichette degustate in ordine sparso, tra altri campioni della medesima denominazione. Al contempo, le differenze fra le tre etichette “sorelle” ci ha portato a soppesare con grande attenzione ogni sfumatura, scoprendo solo al termine della valutazione che si trattava di un progetto di valorizzazione delle espressioni parcellari delle vigne di Falanghina di Fontanavecchia: bingo!
FALANGHINA DEL SANNIO E SPERIMENTAZIONE: IL TIMBRO DI LIBERO RILLO
Le basi del progetto sono da ricercare nello spirito pioneristico e nella sete di sperimentazione della famiglia Rillo. «Da sempre – spiega Libero Rillo – siamo convinti che questo vitigno possa esprimere molto più del classico “vino fresco fermo”, da bere nel corso di uno o due anni dalla vendemmia. Per questo abbiamo deciso di produrre anche una Falanghina Vendemmia Tardiva, interpretazione di un vitigno capace di attraversare il tempo. È nata così, con la vendemmia 1999, “Facetus”: una Falanghina intensa, complessa ed evoluta, prodotta da un’attenta selezione delle uve che, dopo la vinificazione, passa un breve periodo di affinamento in barrique.
GUIDA WINEMAG 2025: FONTANAVECCHIA MIGLIOR CANTINA SUD ITALIA
«Nel frattempo – continua Rillo, tra l’altro presidente del Consorzio Vini del Sannio – il mercato cambia. Si preferiscono vini con una più accentuata freschezza e bevibilità. Con la vendemmia 2007, decidiamo quindi di ampliare il progetto con l’etichetta “Libero”, dando priorità alla freschetta ed alla bevibilità del vitigno Falanghina. E diminuendo anche l’impronta del legno. Il vino “Libero” è subito un successo, in quanto viene apprezzato sia dalla stampa di settore che dal consumatore finale».
Si arriva così alla vendemmia 2020, quella dello scatto in avanti di Fontanavecchia: tre etichette da Parcella – le già citate Libero B Particella 148, Libero F Particella 190 e Libero T Particella 031 – di una Falanghina che oseremmo definire “totale”. Per caratteristiche, per l’idea. Per la capacità, ancora una volta, di tramutare in realtà un desiderio. Un sogno. Un progetto che sa di futuro: Fontanavecchia, miglior cantina Sud Italia per Guida Winemag 2025. Il cui “claim” non è, a caso, “La forza dei sogni“.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
“Napule è mille culure” cantava Pino Daniele. Definizione che si addice perfettamente alla vendemmia 2023 nelle denominazioni campane. Il quadro presentato presso Tenute del Gheppio a Dugenta (Benevento) da Assoenologi durante Campania Stories 2024, evento organizzato come ogni anno da Miriade&Partners, descrive una vendemmia eterogenea in tutta la regione. L’andamento climatico incerto e caratterizzato da eventi climatici estremi, come negli ultimi anni, ha determinato significative differenze nella qualità e quantità delle uve, anche in territori fra loro limitrofi. Una produzione mediamente più bassa, in quantità, rispetto al 2022, ma di alta qualità. Con punte di eccellenza.
LA VENDEMMIA 2024 IN CAMPANIA
Una stagione invernale mite e siccitosa con temperature sopra la media, dovute ad un anticiclone africano nel Mediterraneo, seguita da ampie precipitazioni nel periodo aprile-giugno che hanno azzerato il deficit pluviometrico dei mesi precedenti. Repentini abbassamenti della temperatura fra marzo ed aprile hanno portato ad un ritardo della ripresa vegetativa, in vista della vendemmia 2023 in Campania. Le forti ondate di calore a luglio hanno causato un recupero dei tempi di invaiatura e maturazione.
In generale, le condizioni climatiche avverse hanno creato una forte pressione per la peronospora. Un’annata che, a fronte di un clima mutevole ed incerto, ha dato vita ad una vendemmia 2023 con rese decisamente inferiori in Campania, ma di buona qualità. Con le uve bianche dall’aromaticità meno pronunciata, ma di grande freschezza e sapidità. Ed uve rosse dalla buona maturità fenolica e grande concentrazione.
LE DEGUSTAZIONI A CAMPANIA STORIES 2024
Se davvero “Napule è mille culure” i vini della regione sembrano invece andare in una direzione molto più monocromatica. Sono infatti i bianchi, in grande spolvero nelle annate presentate, a segnare il passo con particolare nota di merito per Falanghina e Greco. Più affaticati i rossi, che risultano a tratti un po’ “pesanti” seppur con eccezioni degne di nota, come nel caso dei Piedirosso.
ANTEPRIMA CAMPANIA STORIES 2024: I MIGLIORI ASSAGGI
Campania Bianco Igp, Monseratto 1973, 2023. Naso fresco, con una balsamicità mentolata che torna anche al sorso accompagnando le note fruttate e floreali.
Falanghina del Sannio Dop, Mustilli, 2023. Naso floreale. In bocca rivela una mineralità che si fa ricordare.
Falanghina del Sannio Dop, Rossovermiglio, 2022. Nota minerale talcata la naso, grande sapidità al sorso.
Campi Flegrei Falanghina Dop Luce Flegrea, Cantine del Mare, 2022. Naso armonico. Fiori e frutta bianca. Sorso pulito, scorrevole, sapido e fresco.
Campi Flegrei Falanghina Dop Vigna Astroni Cru, Astroni, 2019. Tutta la mineralità di un vino vulcanico con qualche anno sulle spalle. Altro vino da annoverare tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.
Fiano di Avellino Dop, Colli di Lapio, 2023. Ricco ed aromatico al naso. Frutta e fiori di grande intensità. Sorso pulito ed avvolgente.
Fiano di Avellino Dop, Tenuta del Meriggio, 2015. Ottima prova di tenuta nel tempo per questo fiano datato 2015.
Fiano di Avellino Riserva Dop Colle del Cerri, Di Meo, 2008. Il bianco più “vecchio” presentato nella cieca di Campania Stories 2024 regge bene il confronto con “ragazzini” della stessa denominazione mostrando grande capacità di invecchiamento.
Paestum Greco Igp Calpazio, San Salvatore 1988, 2023. Godibile, fresco. Un vino che invoglia ed invita al sorso successivo.
Greco di Tufo Dop, Vesevo. 2023. Naso quasi “didattico” ed un sorso avvolgente. Di lunga persistenza.
Greco di Tufo Riserva Dop 888, Le Otto Terre, 2021. Grande verticalità ed una freschezza da vino d’annata.
Greco di Tufo Riserva Vittorio, Di Meo, 2010. Come il suo “fratello” Colle del Cerri nasconde meravigliosamente i suoi anni a Campania Stories 2024, mostrando un’agilità ed uno slancio invidiabili.
Galluccio Bianco Dop Petratonda, Porto di Mola, 2022. Note di agrume e frutta bianca. Sorso pieno ma con un’acidità tagliente che rende il sorso straordinariamente agile. Tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.
Sannio Coda di Volpe Dop, Fattoria la Rivolta, 2023. Naso intenso, fiori e frutta. Pesca e Albicocca. Fresco in bocca ma al contempo rotondo.
Catalanesca del Monte Somma Igp Summa, Cantine Olivella, 2022. Naso semplice e piacevolmente intenso su note floreali. Succoso in bocca.
Ischia Biancolella Dop, Casa D’Ambra, 2023. Naso timido, ma al sorso ripaga con una sapidità degna di nota.
Costa d’Amalfi Furore Bianco Dop Fiorduva, Marisa Cuomo, 2022. Naso ricco, sapido, rotondo in bocca eppur verticale. Già bella da bere questa etichetta “abbonata” alla Guida Top 100 Migliori vini italiani, da annoverare anche tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.
Falerno del Massico Bianco Dop Arianna, Tenute Bianchino, 2020. Quattro anni e non sentirli. Profumi freschi e frutto ancora croccante, grande verticalità in bocca.
Lacryma Christi del Vesuvio Rosato Dop Munazei Rosato Bio, Casa Setaro, 2023. Naso che gioca fra piccoli frutti rossi e fiori come violetta e geranio. Sorso pulito e scorrevole.
Campania Rosato Igp Rosa di Sera, Tenute Bianchino, 2022. Colore cerasuolo carico che preannuncio un naso ricco e goloso. Avvolgente al palato ma che resta agile in virtù della spiccata acidità.
Campania Piedirosso Igp Sabbia Vulcanica, Agnanum. Naso croccante di piccoli frutti rossi. Sorso pulito e persistente.
Campi Flegrei Piedirosso Dop, Agnanum, 2023. Più sapido e minerale di “Sabbia Vulcanica”, altrettanto piacevole in bocca. Altro Piedirosso tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.
Pompeiano Rosso Igp Agathos, Bosco De’ Medici, 2022. Frutta fresca, prugna, ciliegia, ribes. Sorso fresco e tannini ben addomesticati.
Campi Flegrei Piedirosso Dop Ichnos, Cantavitae, 2022. Composto, ordinato, elegante. Un Piedirosso in abito da sera che si concede un leggera “sbavatura” minerale.
Campi Flegrei Piedirosso Dop, Contrada Salandra, 2020. Naso balsamico e mentolato con fresca nota di agrume, arancia rossa. Sorso agile e coinvolgente.
Costa d’Amalfi Ravello Rosso Riserva Dop Selva delle Monache, Ettore Sammarco, 2019. Rosso pieno e di corpo che profuma di mare.
Campania Aglianico Igp Core Rosso, Montevetrano, 2021. Giovane, quasi “arrogante”, ma che promette un’evoluzione non trascurabile. Da annoverare tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.
Sannio Aglianico Dop, Rossovermiglio, 2019. Naso di frutta e di spezie che introducono ad un sorso fresco dove con tannini non invasivi.
Aglianico del Taburno Riserva Dop Terra di Rivolta, Fattoria la Rivolta, 2017. Elegante, ordinato, preciso. Vino nel pieno della sua evoluzione con un tannino morbido ed avvolgente.
Irpinia Aglianico Dop Generoso, Delite, 2017. Fresco e pulito tanto al naso quanto al sorso, convince per eleganza e beva e si merita un posto tra i nostri migliori assaggi a Campania Stories 2024.
Taurasi Dop Bosco Faiano, I Capitani, 2019. Il naso che strizza l’occhio ad un frutto fresco e croccante nasconde in realtà un centro bocca pieno ed importante. Un vino che chiama l’abbinamento gastronomico.
Taurasi Riserva Dop Principe Lagonessa, Amarano, 2015. Grande freschezza per un vino che nasconde i suoi anni tanto al naso, con terziari appena accennati, quanto in bocca, con un’agilità non scontata.
Benevento Falanghina Passito Igp Malaca, Terre Stregate, 2019. Frutta matura, note mielate ed un sentore tostato, quasi di brace, che rendono particolarmente accattivante. Piacevolissimo il sorso.
EDITORIALE – In un momento storico in cui è vitale anche – e forse soprattutto – per le cooperative del vino italiano recuperare fiducia nei confronti dei consumatori, in Campania succede l’incredibile. All’oscuro della cittadinanza e senza alcun mandato da parte della popolazione, la cantina sociale La Guardiense ha proposto la cittadinanza onoraria a Guardia Sanframondi (paese della provincia di Benevento) per un giornalista campano che più volte ha collaborato con la stessa cooperativa nell’ambito di degustazioni, masterclass e convegni.
Il tutto in pieno periodo di ferie, attorno alla metà di luglio. La richiesta è stata protocollata in Comune su carta intestata della cantina guidata da Domizio Pigna, che riferiva di aver interpellato «altre aziende», senza riportare però alcuna firma sul documento. Solo grazie all’opposizione, che ha abbandonato l’aula al momento del voto, all’inizio di agosto, il “piano” è andato in fumo. Da lì una nuvola di polemiche nel Beneventano.
È SOLO COLPA DEL CALDO?
Senza entrare nel merito della cittadinanza onoraria al collega (non è questo il tema dell’editoriale, lungi da me dal volerlo far lontanamente sembrare) mi chiedo cosa possa passare nella testa della dirigenza di una cantina sociale come La Guardiense – più di mille soci viticoltori, 1.500 ettari vitati, 4 milioni di bottiglie di produzione annua e Riccardo Cotarella come consulente enologo – per proporre un’onorificenza simile senza il minimo rispetto delle regole della comunità. È solo colpa del caldo oppure certi colossi, in Italia, pensano davvero di poter fare il bello e il cattivo tempo non solo sui mercati, ma anche nella pubblica amministrazione, ovvero nella “cosa pubblica”, la Res publica?
È solo colpa del caldo, oppure questo tentativo di manipolazione (a fin di bene, per carità, ma di chi?) cela altri interessi? È solo colpa del caldo, oppure questa è l’ennesima manfrina di un mondo del vino italiano autoreferenziale, in cui i soliti noti se la suonano, se la cantano e se la ballano in piazza? È solo colpa del caldo, oppure di quel nodo che (volente o nolente) lega la cantina sociale La Guardiense – che sul territorio svolge un ruolo di primaria importanza in termini di occupazione, viste le dimensioni – all’attuale amministrazione comunale guidata dal sindaco Raffaele Di Lonardo?
UN ALTRO SCIVOLONE PER LA DIRIGENZA DE LA GUARDIENSE
Peraltro, non è il primo “colpo d’estate” per la cantina sociale di Guardia Sanframondi (e il calciomercato, qui, non c’entra). Nell’agosto 2019, durante il programma della rassegna enogastronomica locale Vinalia, la cooperativa presieduta da Domizio Pigna si è presentata ai banchi di degustazione con delle tovagliette recanti una frase del Duce, Benito Mussolini (QUI L’ARTICOLO): «Chi beve vino campa più del medico che glielo proibisce». Immaginarsi la bufera, cui hanno fatto immediato seguito le scuse ufficiali, da parte della dirigenza.
Eppure, a distanza di quattro anni, ci risiamo: ancora uno scivolone. Per maggiori approfondimenti sulla vicenda, invito gli attenti lettori di winemag.it a rivolgersi alle testate giornalistiche locali cronachedelsannio.it, ntr24.tv e ilsannioquotidiano.it. Nemmeno a dirlo, gli unici – con noi, adesso – ad aver parlato di una vicenda viscida e scomoda per mille motivi. Una di quelle storie che, forse, non sarà mai chiarita fino in fondo. Perché il suo colore è il grigio. E allora, l’unica, è davvero berci su. Un bianco, dite? Vada per una bella Falanghina. Cin, cin.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Una cantina che non ha bisogno di presentazioni. l’Irpinia Falanghina Doc 2019 “Via del campo” di Quintodecimo è un cru ottenuto con le uve provenienti da una vigna di Falanghina che si trova a Mirabella Eclano. Un vino espressione del territorio presente nella Guida Top 100 vini italiani 2022 di Winemag.it.
Giallo paglierino. Naso floreale e delicato sui fiori di campo, che vira presto sull’opulenza fruttata degli agrumi e di un tropicale netto (ananas in particolare). Ci si innamora di questo nettare per la tensione elettrica che riesce a trasmetterne il sorso.
In grado di ridefinire i contorni della Falanghina quale vino perfetto per un affinamento medio-lungo. Pregevoli anche i ritorni salini che fanno da sfondo, anzi da trama, a un profilo già di per sé completo, stuzzicando una polpa materica, di precisione maniacale. Un bianco frutto di un singolo cru, ma con l’intera Campania dentro.
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I vini bianchi della Campania si confermano a livelli medio-alti in occasione della sessione di degustazione di Campania Stories 2021. La presentazione delle ultime annate delle principali denominazioni “bianchiste” della regione è andata in scena il 31 agosto.
Teatro dell’evento il Campus Principe di Napoli di Agerola (NA), affacciato sul mare tra Positano e Amalfi. Nella selezione di WineMag.it, 40 dei 158 vini bianchi campani degustati alla cieca.
In particolare sono tre i vini imperdibili: il Greco di Tufo Riserva Dop 2008 “Vittorio” della cantina Di Meo; la Falanghina dei Campi Flegrei Dop 2020 di Agnanum; il Costa d’Amalfi Ravello Bianco Dop 2020 Vigna Grotta Piana di Ettore Sammarco.
I MIGLIORI VINI BIANCHI A CAMPANIA STORIES 2021
BIANCHI VESUVIO
Dop Vesuvio Lacryma Christi del Vesuvio Bianco, Vesuvio Caprettone Igp Pompeiano Bianco, Falanghina Campania
Cilento, Colli di Salerno – Dop Cilento; Igp Paestum, Colli di Salerno, Campania
Azienda Agricola Casebianche – Cilento Fiano Dop Cumalè 2020
Tenuta Macellaro – Colli di Salerno Bianco Igp Ripaudo 2019
Tempa di Zoè – Paestum Fiano Igp Xa 2019
San Salvatore 1988 – Paestum Fiano Igp Pian di Stio Extreme Bio 2019
Lunarossa – Colli di Salerno Fiano Igp Quartara 2018
Irpinia – Dop Fiano di Avellino; Igp Campania Fiano
Passo delle Tortore – Fiano di Avellino Dop Bacio delle Tortore 2020
Tenuta del Meriggio – Fiano di Avellino Dop Fiano di Avellino 2020
Feudi di San Gregorio – Fiano di Avellino Dop Pietracalda 2020
Di Meo – Fiano di Avellino Dop 2020
Traerte – Fiano di Avellino Dop 2020
Molettieri Salvatore – Fiano di Avellino Dop 2019
Tenuta Sarno 1860 – Fiano di Avellino Dop “Sarno 1860” 2018
Vigne Guadagno – Fiano di Avellino Dop Contrada Sant’Aniello 2016
BIANCHI CAMPANI A BASE GRECO
Sannio e Cilento – Dop Sannio Greco, Igp Paestum Greco
Fattoria La Rivolta – Sannio Taburno Greco Dop 2020
Terre Stregate – Sannio Greco Dop Aurora 2020
San Salvatore 1988 – Paestum Greco Igp Bio Colpazio 2020
Irpinia – Dop Greco di Tufo, Irpinia Greco e Igp Campania Greco
Di Meo – Greco di Tufo Dop 2020
Colli di Lapio – Greco di Tufo Dop Alexandros 2020
Passo delle Tortore – Greco di Tufo Dop Le Arcaie 2020
Petilia – Greco di Tufo Dop 4 20 QuattroVenti 2017 Di Meo – Greco di Tufo Riserva Dop Vittorio 2008
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
C’è una stanza che racconta più di mille discorsi il nuovo corso della Cooperativa La Guardiense. È la barricaia, ricavata nei sotterranei della cantina di Guardia Sanframondi (BN) da quello che, fino agli anni Novanta, era un serbatoio, utile alla raccolta delle fecce. Gli scarti della lavorazione delle uve finivano per riempire i circa 300 metri quadrati dei locali che oggi ospitano moderne barrique, di diverse tostature e legni.
Non fu una magia quella di Domizio Pigna, attuale presidente della cooperativa, in carica proprio dal quel 1997 che è l’anno di svolta per la cantina campana. Con un po’ di superstizione, potrebbe piuttosto trattarsi dell’influsso benefico delle Janare, le streghe di Benevento a cui La Guardiense ha dedicato un’intera linea di vini.
«La donna – spiega Pigna – ha un ruolo centrale nella nostra realtà. La cooperativa è stata fondata nel 1960, in una data particolare: l’8 marzo, Festa della Donna. Una centralità rimasta attuale e anzi rinsaldatasi ai nostri giorni, con i soci ormai diventati mille, rispetto ai 33 iniziali».
«La linea Janare – aggiunge Concetta Pigna, Responsabile ricerca e sviluppo de La Guardiense – allude alle Streghe di Benevento, ma ancor più al carattere indomito delle donne di questo lembo d’Italia. Erano le sacerdotesse di Diana, rappresentanti dello spirito femminile indipendente, combattivo. Donne votate alla sapienza, in una società maschilista che le voleva relegate al ruolo esclusivo di mogli e madri».
Amiamo dire che la saggezza, dalle nostre parti, non è stata bruciata come purtroppo è invece avvenuto nella storia a molte donne emancipate, considerate delle streghe.
In onore delle Janare abbiamo creato un brand evocativo. Per fare in modo che su questo territorio la magia non finisca mai, neppure oggi che La Guardiense è una splendida sessantenne».
Per ogni strega uno “stregone” che – scherzano i vertici della cooperativa di Guardia Sanframondi – risponde al nome di Riccardo Cotarella. È il più noto degli enologi italiani a firmare i 15 vini Janare, sin dal 2006. Al suo fianco, il resident winemakerMarco Giulioli.
LA LONGEVITÀ DELLA FALANGHINA DEL SANNIO
L’enologo della cooperativa La Guardiense, Marco Giulioli, nella barricaia
Tutte le etichette sono prodotte con i vitigni simbolo della zona e della Campania. Falanghina e Aglianico, ma anche Fiano, Greco, Piedirosso e il più raro Coda di Volpe. La vera scommessa è però sulla Falanghina.
«Un vitigno che dovremmo iniziare ad apprezzare per la sua longevità», sottolinea Cotarella. Un concetto sul quale La Guardiense si sta concentrando, anche dal punto di vista commerciale.
«Ho una passione personale per vini complessi e profondi – rivela Roberto Ravelli, responsabile vendite Horeca Nord Italia della cooperativa – e il mercato sta maturando in questa direzione. Più lentamente rispetto a quanto vorremmo, ma pian piano i consumatori stanno capendo che alcuni vini migliorano dopo due o tre anni».
Fondamentale il ruolo della ristorazione. «Il muro incredibile delle nuove annate da avere in carta a tutti i costi sin da gennaio – continua Ravelli – si sta pian piano sgretolando. Le difficoltà di comunicazione non mancano, ma dobbiamo siamo decisi a portare avanti questo concetto, sperando nella collaborazione di chi propone il vino nei ristoranti, nei wine bar e in tutti gli esercizi che vogliono fare cultura in campo enologico»
«Siamo consci che la variabilità dei suoli dei 3.636 singoli appezzamenti a disposizione dei soci de La Guardiense sia una vera ricchezza – sottolinea l’enologo Marco Giulioli (nella foto sopra) – e ci consenta di proporre vini capaci di affrontare il tempo senza paura».
«Tra questi – aggiunge – c’è proprio la Falanghina, uno dei vitigni su cui abbiamo avviato ormai da diversi anni un progetto di zonazione, per la valorizzazione dei “Cru del Sannio” della linea Janare».
JANARE LA GUARDIENSE, LA VERTICALE DI FALANGHINA DEL SANNIO
Falanghina del Sannio Dop 2020 Janare Senete
Giallo paglierino, luminoso. Al naso bel frutto tropicale e vena minerale, tocco erbaceo, ricordi agrumati. In bocca l’ultima “release” de La Guardiense entra larga e tesa, spessa, cremosa, burrosa, ma pur sempre fresca e tesa. Un calice giocato sull’equilibrio tra intensità aromatica e freschezza. Vino che darà certamente soddisfazioni nella sfida con le lancette dell’orologio.
Falanghina del Sannio Dop 2019 Janare Senete
Giallo paglierino poco più intenso del 2020. Naso ancora più cremoso, pieno, burroso, tropicale. Sorso che conserva una buona freschezza e guadagna punti in termini di sapidità, qui ancora più marcata. In chiusura, un tocco leggero di caramella mou e una chiusura amaricante chiamano il sorso successivo.
Falanghina del Sannio 2018 Janare Senete
Giallo paglierino carico. Naso che si è evoluto mettendo il microfono alla frutta esotica e alle tinte tropicaleggianti. Non solo. Tocco di sciroppata, in particolare di albicocca. La 2018, in provincia di Benevento, fu un’annata piovosa e complicata. Ne risulta un nettare dalla pienezza meno esplosa, dotato comunque di una buona freschezza e, soprattutto, di un tono di mandorla amara che consente al sorso di reggersi in equilibrio, verticale.
Falanghina del Sannio 2017 Janare Senete
Alla vista si presenta di un giallo dorato. Al naso un tropicale netto. È frutta a polpa gialla più che bianca, con un tocco prezioso di arancia candita. In bocca è una pregevole vena sapida a fare da spina dorsale. La nota burrosa e cremosa percepita al naso fa capolino in chiusura di sorso, controbilanciando la nota fresca d’arancia.
Falanghina del Sannio 2016 Janare Senete
Giallo dorato, luminoso. Al naso inizia a muoversi su venature sulfuree. Non manca, al naso, una nota di mandorla. Arancia e burro salato costituiscono il fil rouge col resto dei campioni della verticale. Buona la freschezza, che inizia fisiologicamente ad attenuarsi.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Può un vino di 15 gradi risultare fresco e non stancare mai? La risposta è sì e la Falanghina del Sannio Dop 2018 “Cese” di Fosso degli Angeli è lì a dimostrarlo. Solo uno dei vini della Campania presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it.
LA DEGUSTAZIONE
“Cese” si presenta alla vista di un giallo paglierino acceso, luminoso. Il naso è ampio, caldo, floreale ed agrumato, con richiami di macchia mediterranea, in particolare di rosmarino. A dominare il sorso è la frutta tropicale, perfettamente matura.
Si distinguono ananas, banana e pesca, con tocchi agrumati e ritorni erbacei che danno nerbo a un sorso glicerico. Proprio in questo senso “Cese” è una Falanghina che maschera bene i 15 gradi di percentuale d’alcol in volume, presenti in etichetta.
Acidità e sapidità, oltre a dare equilibrio a una beva instancabile, ne allargano il ventaglio di possibilità di abbinamento in cucina. Non a caso Marenza Pengue, vignaiola Fivi che conduce Fosso degli Angeli con la sorella Dina e il cognato Pasquale Giordano, suggerisce di provarla con «costine d’agnello cotte a bassa temperatura, poi impanate e fritte nel burro in cui è stato grattato un pezzetto di scorza di limone».
LA VINIFICAZIONE
Solo 2.500 bottiglie per la Falanghina del Sannio Dop “Cese”, che prende vita dalle uve dei vigneti di proprietà della cantina, a Casalduni. Piante giovani (2012 / 2018), che affondano le radici in un terreno argilloso e calcareo vulcanico, a un’altitudine di 560 metri sul livello del mare.
La produttività si assesta sui 70 quintali per ettaro nella vigna certificata biologica. La raccolta delle uve di Falanghina avviene in piccole cassette, generalmente tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre.
L’uva viene pigiadiraspata e sottoposta a criomacerazione per 12 ore. Segue una pressatura soffice e una fermentazione con lieviti indigeni in acciaio, a temperatura controllata. L’affinamento avviene in acciaio, per 12 mesi. “Cese” viene commercializzata solo in seguito a un ulteriore anno in bottiglia.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Terzo appuntamento con i territori del vino a un passo dalle grandi città italiane: dopo Oltrepò Pavese e Lazio è la volta della Campania “felix”. Per tutte le cinque province, da Avellino fino a Salerno, passando per Benevento, Caserta e Napoli, una selezione di cantine che offrono ospitalità per tutti i gusti e tutte le tasche.
Si può scegliere dal B&B più “spartano” al palazzo d’epoca. L’agriturismo ben isolato nelle campagne, oppure l’hotel fronte mare. Il tutto nell’ottica del turismo di prossimità, nota positiva del post lockdown che porterà gli italiani a scoprire le meraviglie del Bel paese.
I vitigni autoctoni, seppur con differenze di climi, terreni ed altitudini, di fatto sono il comune denominatore della viticoltura della Campania: Aglianico, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo su tutti, ma anche Caprettone e Piedirosso, affacciati sulla bocca del Vesuvio.
In provincia di Avellino, a Torre Nocelle, nel cuore dell’Irpinia e lungo la strada del vino “Valle del Calore” si trova l’azienda agricola I Capitani. Dal 2003, la cantina dispone del Wine resort.
Un tassello che completa il puzzle del progetto di accoglienza ed enoturismo che passa anche dalla fattoria didattica e dal museo contadino, allestito con oltre 400 oggetti storici.
A disposizione degli ospiti una piscina con ampia area esterna attrezzata con lettini. Il luogo ideale per un weekend alla scoperta della Docg Taurasi in un contesto rurale pressoché unico.
I Capitani Società Agricola Srl via Bosco Faiano, 15 83030 – Torre le Nocelle (Av) Tel. +39 0825969182 accoglienza@icapitani.com
L’Antica Fattoria è il B&B della Tenuta del Cavalier Pepe. Due appartamenti immersi nei vigneti e negli ulivi a soli 400 metri dalla cantina. La struttura “pet friendly” è aperta tutto l’anno. I due appartamenti, dotati di Wi-fi ed indipendenti sono composti da due camere doppie, cucina, bagno e salone con divano letto.
Si affittano colazione inclusa. Per il pranzo o per la cena è possibile appoggiarsi al ristorante “La Collina” che completa la Tenuta. Diverse le enoattività proposte dalla struttura: dalle degustazioni standard a quelle più prestigiose del Caveau, con le vecchie annate conservate nella cantina storica.
È possibile anche scegliere la formula “Un giorno in Irpinia” oppure in tempo di vendemmia la giornata “Cantine Aperte in Vendemmia”: tra le altre attività sarà possibile pigiare l’uva precedentemente vendemmiata con in piedi nei tini di legno. Atmosfera da “Il profumo del mosto selvatico”.
Tappa consigliata, per chi soggiorna alla Tenuta, il borgo di Taurasi che dà il nome alla prima Docg del Sud Italia. Il Castello Medievale inoltre ospita l’Enoteca Regionale dei Vini d’Irpinia.
L’Antica Fattoria – Tenuta Cavalier Pepe Via Francesco De Sanctis 83040 Luogosano (Av) +39 0827.73766 info@tenutacavalierpepe.it
Nel cuore dell’Irpinia e della produzione della Docg Taurasi si trova l’azienda agricola Colli di Castelfranci. Nata nel 2002, oggi è gestita da Sabino Colucci e dal cugino.
Gli iniziali 4 ettari sono diventati 25, non tutti vitati. Le bottiglie prodotte ad oggi sono circa 150 mila. Enologo, dal 2016 è proprio il giovane Sabino Colucci che si è specializzato all’università di Bordeaux e ha lavorato 6 mesi per Chateau Margaux.
La piccola struttura dell’azienda è rappresentata da tre camere con annesse sala da pranzo e cucina dove il menù è a km zero. Castelfranci si trova a 700 metri di altezza ed è uno dei comuni dell’areale del 18 comune del Taurasi, quello più alto.
Società Agricola Colli di Castelfranci Contrada Braudiano 83040 – Castelfranci (Av) + 039 0827 72392 cantina@collidicastelfranci.com
Un viaggio con le lancette dell’orologio all’indietro quello che aspetta i visitatori di Mustilli, che potranno alloggiare nel settecentesco Palazzo Rainone. Sei le stanze, in una location davvero esclusiva, nel pieno centro di Sant’Agata de’ Goti. Borgo tra i più belli d”Italia che si erge su una pittoresca roccia di tufo.
Fiore all’occhiello dell’agriturismo è la cucina, curata direttamente dalla signora Marilì che impartisce anche lezioni su richiesta. Completa la struttura un wine bar con musica dal vivo “La Cantina dei Mustilli”.
Base ideale per un approfittare della natura incontaminata del Parco Regionale del Taburno-Camposauro lontani dallo smog e dall’inquinamento acustico cittadino. L’azienda ha una storia plurisecolare, da sempre intrecciata alla cultura del vino.
Più recentemente, negli anni 70 i Mustilli decisero di reimpiantare i vitigni autoctoni campani sostituendo quelli internazionali e nel 1979, la loro Falanghina, fu la prima imbottigliata in purezza. La cantina,scavata sotto il tufo ospita l’affinamento di sua maestà l’Aglianico.
L’Agriturismo è storia recente, è stato aperto solo nel 2019 a seguito della ristrutturazione di un vecchio casolare facente parte dell’azienda agricola. La cantina invece è nata nel 2001 con il reimpianto di un vecchio vigneto di uve Aglianico prima e di Fiano successivamente.
Dopo una primo periodo da conferitori dal 2012 c’è stata un inversione di rotta. Le camere per gli ospiti sono 4, con bagno privato spazioso, televisione e connessione Wi-fi e si chiamano tutte con nomi floreali.
In particolare, la camera Orchidea è attrezzata per l’accoglienza di disabili con servizi igienici adeguati. Il percorso dalla camera, alla sala colazione e all’area picnic è garantito da rampa d’accesso e montascale.
La camera Girasole invece è studiata per chi vuole passare una vacanza in totale autonomia ed è fornita di cucina e lavatrice. Per i bimbi è stata ricavata un’area giochi in giardino con scivolo, dondolo ed altalena dove divertirsi in totale sicurezza.
Diverse le attività e i punti di interesse nei dintorni dell’agriturismo. Consigliata la visita al borgo di Montefusco con il suo incantevole centro storico e suoi noti belvedere sui vigneti Irpini.
Nel centro di Cellole, in provincia di Caserta, la locanda del Falerno accoglie tutto l’anno coloro che vorranno soggiornare in azienda a contatto con la natura. Si può scegliere di pernottare in camera o in appartamento per chi desidera il massimo del comfort.
Specialità della locanda è la colazione campagnola fatta di prodotti da forno home made, succhi di agrumi naturali preparati con i frutti dell’agrumeto, marmellate bio e caffè preparato con la moka. Tra i servizi oltre alla piscina anche una taverna dove apprezzare la cucina locale in accompagnamento ai vini.
Villa Matilde è una delle cantine con la selezione di vini più vasta poichè produce, nelle sue tre tenute quasi tutte le denominazioni regionali. Tenuta San Castrese e Parco Nuovo, nel territorio dell’Ager Falernus, lungo le pendici del vulcano spento di Roccamonfina.
Tenute di Altavilla in provincia di Avellino nel distretto delle D.O.C.G. Irpine e Tenute di Rocca dei Leoni ubicate nel cuore del Sannio Beneventano. Le possibilità di degustazione quindi sono davvero molte: Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Taurasi, Falanghina, Falerno del Massico, Aglianico. Vini bianchi, rossi e rosé e anche una versione passita di Aglianico e Falanghina. Il paradiso del winelover.
Per la sua particolare posizione centrale la locanda del Falerno può essere una buona base per visitare i borghi e la natura del Parco Regionale Roccamonfina, la reggia di Caserta e perchè no, anche il Golfo di Gaeta con il suo litorale Domizio.
Villa Matilde S.S. Domitiana, 18 CAP 81030 Cellole (CE) +39 0823.932 088 info@villamatilde.it
La Masseria Starnali è una piccola realtà a conduzione familiare che produce Falanghina, Piedirosso e Aglianico nell’ambito della Doc Galluccio e della Igp Roccamonfina. La struttura dispone di camere con bagno e può ospitare fino ad un massimo di 16 persone.
All’interno della masseria gli ospiti troveranno anche un’area giochi per i bambini, animali da cortile ed un ristoro. La padrona di casa, la signora Maria Teresa, che dà anche il nome alla Falanghina “Maresa”, gioco di parole dei suoi nomi, si farà apprezzare con fettuccine ai funghi porcini, gnocchetti con salsicce, pasta, pane e pizza fatta in casa, salsicce e conserve, oltre a grigliate di carne.
Il tutto “annaffiato” dai loro vini prodotti secondo natura. L’azienda è biologica dal 1965 fa anche parte del circuito Vinnatur. Galluccio è il luogo perfetto per ritemprare il corpo, peraltro anche ottima base di partenza per sconfinare nel vicinissimo Lazio. Ad un tiro di schioppo il borgo di Castelforte e le Terme di Suio, apprezzate anche durante l’Impero Romano.
La struttura ricettiva della Cantina Telaro, l’Agriturismo La Starza consta di tre casolari completamente ristrutturati con sei appartamenti che possono ospitare fino a 24 persone. Il tutto incasellato in un contesto en plein air: aree verdi che ospitano campo da calcetto, laghetto per pesca sportiva, parco giochi per i bambini ed un maneggio.
Tra le altre attività proposte anche tiro con l’arco, volo in deltaplano e mountainbike. Ampia la piscina, attrezzata con lettini e ombrelloni. Una vera e propria “agrispiaggia” adatta a gruppi e famiglie dove sorseggiare i vini della cantina con il dj-set in sottofondo.
Il territorio è il contesto naturalistico del parco di Roccamonfina: 11.000 ettari circondati dai massicci calcarei del monte Massico, il rilievo più alto del gruppo montuoso anche oasi Wwf.
La Cooperativa Lavoro e Salute dove vengono prodotti i Vini Telaro aderisce ai programmi comunitari e nazionali per lo sviluppo dell’agricoltura biologica. Ospita anche sperimentazioni su 80 vitigni di diverse parti d’Italia.
Tra i prodotti di punta di Telaro il Galluccio bianco e rosso prodotto da Falanghina e Aglianico.
Il B&B Fuocomuorto della famiglia Oliviero, titolare dell’azienda agricola, può ospitare fino a sei persone. Tre le soluzioni abitative: una camera matrimoniale superior, una matrimoniale classic ed una singola. Sistemazioni semplici ma funzionali a prezzi onesti.
A disposizione degli ospiti una cucina comune, un forno in muratura per chi volesse dilettarsi a fare pizze, una terrazza di 70 mq attrezzata con gazebo ed un wine garden esterno dove godere della frescura vista mare o vista vulcano. Pranzi, cene e “pizzate” sono organizzate su richiesta della clientela.
In azienda si coltivano le varietà tipiche dell’areale vesuviano. Tra i vini un Caprettone 100% Vesuvio Dop con macerazione di 4/5 giorni sulle bucce, Lacryma Christi Vesuvio Dop bianco o rosso e rosso barricato. La cantina, ultrasecolare, si trova in una grotta scavata sotto la roccia lavica nel lontano 1780.
Bed and Breakfast Fuocomuorto Via Croce dei Monti n.22 80056 Ercolano (Na) +39 081.7394655 info@fuocomuorto.it
Nel Vesuvio Inn, la struttura adibita per l’ospitalità sono disponibili sistemazioni in camere deluxe, junior suite o familiari. Le camere sono arredate con cura e dispongono di aria condizionata, Wi-fi e letto king size. Le camere familiari sono anche attrezzate con cucina.
È possibile anche soggiornare nelle due guest house “Locanda dei Nobili” e “Wine Lovers”. La Bed & Wine experience si completa con colazione continentale rigorosamente servita in cantina, un ristorante aperto solo a pranzo dove gustare la tipica cucina locale e prodotti bio ma anche partecipare a lezioni culinarie.
Non manca la piscina, una zona baby e l’Honesty Bar self service dove è lasciato all’onestà dell’ospite segnalare il proprio consumo. Sono 35 gli ettari di vigneto biologici, ma l’azienda produce anche altri prodotti. Olio, i pomodorini del piennolo del Vesuvio Dop e confetture anche con la Crisommola d’o monaco, albicocca tipica vesuviana.
L’agriturismo de Le Cantine dell’Averno si trova a Pozzuoli ed ha a disposizione due camere con vista sul lago di Averno. Entrambe le stanze, “rossa” e “gialla”, in omaggio ai vini prodotti dall’azienda hanno bagno privato e climatizzatore. Una bottiglia di benvenuto accoglierà gli enoturisti in camera e la colazione è inclusa nel prezzo.
La struttura dispone anche di un ristorante unconventional dove vige l’etica nel rispetto di ambiente, cibo e cliente. I luoghi di interesse sono davvero molti. Per i più pigri o per chi non avesse voglia di muoversi troppo si può passeggiare lungo tutto il perimetro del lago che conserva anche i resti del Tempo di Apollo.
Esperienza al limite del “mi(s)tic0”: il lago ha ispirato poeti e scrittori, è la porta degli inferi di virgiliana memoria. Quattro i vini vulcanici prodotti dal Vigneto Storico Mirabella che si estende su una superficie di quattro ettari lungo il versante nord-orientale del cratere dell’Averno. Vini naturali.
Terra di Vento è la prima azienda agricola a “metro zero” con filiera completa a ciclo biologico chiuso Si estende su 70 ettari nel cuore del Parco dei Monti Picentini, tra il golfo di Salerno e le colline salernitane.
Sette gli appartamenti disponibili, dei piccolo bijoux dove nulla è lasciato al caso. Tutti attrezzati con angolo cottura, frigobar, bagno privato con doccia e asciugacapelli, TV LCD e aria condizionata. La Suite (La vecchia quercia) dispone inoltre di TV 32’’ e vasca idromassaggio.
Tra i servizi forniti dalla struttura una ampia piscina ed il ristorante naturalmente con menù a km zero. Una struttura super green all’insegna del turismo eco-sostenibile.
Immerso nel Parco del Cilento, a soli 4 km dalle bellissime spiagge di Palinuro sorge l’Agriturismo della Fattoria Albamarina. Si tratta di un edificio di due piani con otto appartamenti di 70 mq tutti dotati di angolo cottura attrezzato, due o tre camere da letto, balcone o terrazza da cui godere della splendida vista su uliveti, alberi da frutto e macchia mediterranea.
Completano la proposta un’ampia area esterna attrezzata con solarium e piscina, barbecue e forno oltre ad un piccolo mini zoo che sarà la gioia dei più piccoli: conigli, galline, capre, asini, tacchini, piccioni e cani Corso. Dalla fattoria si potrà partire alla scoperta delle altre spiagge della costiera cilentana e delle sue acque cristalline.
Marina di Pisciotta, Marina di Camerota, Ascea Marina, Acciaroli solo per citarne alcune, oppure optare per itinerari storici visitando il parco archeologico di Paestum. Fattoria Albamarina produce Fiano e Aglianico per le Igp Paestum e Campania e Fiano Cilento Dop oltre ad olio Evo della antica cultivar pisciottana.
Un’azienda che non ha bisogno di presentazioni Marina Cuomo, così come l’angolo di paradiso in cui si trova. Furore, detto anche “il paese dipinto”, si trova nel mezzo della Costiera Amalfitana, uno tra i siti italiani patrimonio Unesco. Si divide in due, da un lato il fiordo, dall’altra il paese con case sparse a ridosso della costa.
L’Hotel Hostaria di Bacco, di fronte alla cantina, è di proprietà di Erminia, la sorella di Marisa Cuomo. Struttura 3 stelle è un’oasi di pace perfetta anche per nuclei familiari. Immerso nei vigneti è dotato di camere essenziali ma confortevoli con un panorama rigenerante. Lazzarella, Reginella, Cerasella, Bammenella, Russulella sono alcuni dei nomi delle camere ispirate alle melodie napoletane.
A pranzo e cena si potrà apprezzare la raffinata cucina del ristorante annesso, accompagnata da un calice (o più) di Costa d’Amalfi Furore Bianco Doc “Fiorduva”. Binomio perfetto per suggellare un tête-à-tête sulla romantica terrazza del ristorante e per incontrare i titolari dell’azienda, capaci di far sentire chiunque a casa.
Hotel Hostaria di Bacco – Marisa Cuomo
via G. B. Lama
984010 Furore (Sa)
+39 089 830360 info@baccofurore.it
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Non molto tempo fa abbiamo avuto la possibilità di assaggiare la Falanghina di Agricole Alberto Longo nella versione spumante Metodo Classico Brut Nature. Degustiamo oggi per voi la versione ferma, Le Fossette, annata 2015.
LA DEGUSTAZIONE Colore paglierino, carico e con riflessi verdolini. Intenso al naso ci accoglie subito con una piacevole freschezza seguita da ricche note di frutta polpa bianca ma accostate a profumi che ricordano anche i frutti di bosco.
Erbe aromatiche a chiudere il quadro olfattivo. In bocca entra morbido e caldo. Segue subito la viva sapidità che stuzzica il sorso.
Molto buona l’acidità, che a quasi tre anni dalla vendemmia fa presagire una piacevole longevità in cantina. Buona la persistenza, in cui i sentori retro olfattivi sposano quelli sentiti al naso.
Carni bianche e pesce, ma anche formaggi freschi o a media stagionatura sono un accompagnamento perfetto per questo vino.
LA VINIFICAZIONE Prodotto con il 100% di uva Falanghina, coltivata in località Masseria Celentano, presso San Severo (FG) su terreni calcareo argillosi. Dopo la diraspatura e spremitura soffice dei grappoli la fermentazione alcolica avviene in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata.
Il vino ottenuto viene mantenuto sulle fecce fini per tre mesi. Agricole Alberto Longo ha sede in una masseria dell’ottocento ristrutturata presso Lucera in provincia di Foggia.
La barricaia e la cantina di affinamento sono stati realizzati mettendo in collegamento fra loro gli antichi silos in muratura interrati, tipici del territorio. La cantina fa un utilizzo quasi esclusivo di vitigni locali (moscatello, bombino bianco, falanghina, nero di Troia) con approccio “bio”.
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Lambrusco, Chianti e Montepulciano d’Abruzzo sul podio dei vini più venduti nei supermercati italiani. E’ quanto emerge dalla ricerca elaborata per Vinitaly dall’istituto di ricerca IRI sui consumi di vino nella Grande distribuzione nel 2017.
Gli italiani hanno acquistato 648 milioni di litri nella Grande distribuzione, il canale di vendita principale del vino, per un valore che vede il traguardo dei 2 miliardi di euro (1 miliardo e 849 mila milioni di euro), dati inclusivi dei Discount.
Vini bianchi fermi, vini a denominazione d’origine, vini regionali, spumanti secchi. Questi i vini preferiti nel 2017. I rossi più richiesti provengono da Toscana, Emilia Romagna, Piemonte. I bianchi da Veneto, Trentino, Sicilia.
I NUMERI
Tra i vini i cui acquisti crescono a doppia cifra: Grillo (Sicilia), Primitivo (Puglia), Ortrugo (Emilia Romagna), Ribolla (Friuli Venezia Giulia), Valpolicella Ripasso (Veneto), Cortese (Piemonte), Passerina (Marche), Chianti Classico (Toscana), Cannonau (Sardegna), Pecorino (Abruzzo/Marche), Falanghina (Campania). Mentre i campioni assoluti rimangono Lambrusco, Chianti e Montepulciano d’Abruzzo.
Le bottiglie da 0,75 a denominazione d’origine crescono nel 2017 del 2% rispetto all’anno precedente con 280 milioni di litri venduti. Gli spumanti (e champagne) aumentano del 4,9% con 68 milioni di litri. Da notare anche la performance del rosato frizzante che cresce del 3,9%.
Prosegue il trend negativo dei “bottiglioni” (fino a 2 litri) che perdono un ulteriore 2,5%, mentre i brick registrano una flessione dello 0,6%. In crescita il formato “bag in box”, ancora di nicchia: +5,4%.
In forte crescita le vendite di vino e spumante biologico che superano i 4 milioni di litri venduti, confermando un percorso che ha ancora ampi margini di crescita.
“Se la quantità di vino acquistato nella Grande Distribuzione è stabile da anni – spiega Virgilio Romano, Business Insight Director di IRI, coordinatore della ricerca – i consumatori mostrano di apprezzare le novità, accogliendo favorevolmente le proposte delle cantine”.
“I vini a denominazione d’origine vendono 5,5 milioni di litri in più nel 2017 – continua Romano – così come crescono bollicine e vini bianchi, inoltre aumentano le tipologie regionali che si fanno apprezzare ogni anno per i tassi di crescita. I Vini emergenti si fanno apprezzare per posizionamenti di prezzo non bassi (oltre la metà superiore a 4 euro) e questo è un aspetto positivo perché dimostra la disponibilità del consumatore a premiare novità e valore“.
IL FENOMENO SPUMANTI “Il successo degli Spumanti ha spinto molte cantine a dedicarsi a questo prodotto – conclude Romano – ormai sulla via della destagionalizzazione nella versione Secco. Infine, i prezzi nel 2018 dovranno sostenere una sfida non banale a causa della vendemmia 2017 poco generosa ed al conseguente rialzo atteso”.
“La grande distribuzione organizzata si mantiene un canale di vendita molto importante per il mercato italiano – commenta Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere – capace di far emergere nuovi vini e territori e di assecondare nel tempo la richiesta di prodotti di maggiore qualità anche per il consumo quotidiano”.
“Un’evoluzione che Vinitaly sta seguendo negli anni, diventando il luogo di analisi e confronto tra Gdo e settore enologico e soprattutto proponendo alle cantine espositrici incontri B2B con i buyer delle insegne della distribuzione organizzata. Con l’International Packaging Competition Vinitaly da oltre venti anni promuove la cultura del comunicare con efficacia attraverso l’etichetta e la confezione il valore del prodotto”.
L’appuntamento a Vinitaly è per il 16 aprile, alla tavola rotonda di approfondimento sulle vendite di vino nella Gdo, con focus quest’anno sul mercato del vino italiano nei supermercati Usa. Il 16 e 17 aprile in calendario gli incontri B2B del Gdo Buyers’ Club.
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La ricetta che vi racconto oggi, mi riporta a quando ero piccola e non aspettavo altro che il Natale per gustare la minestra di cicoria in brodo di pollo (ripieno) fatta dalla mia nonna.
Oggi ve la ripropongo con la faraona. Spero vi possa piacere!
GLI INGREDIENTI
Una faraona media ( circa 1,2 kg) in busto
1 kg di cicoria già pulita e sbollentata
150 gr di pecorino romano
Pepe rosa in grani
Sale quanto basta
Per il ripieno:
Fegatini di pollo ( 150 gr circa)
2 uova
50 gr di grana padano
Pepe nero macinato ( un pizzico)
Prezzemolo tritato
Un pizzico di sale
LA PREPARAZIONE
Innanzitutto puliamo la faraona e sciacquiamola per bene sotto acqua corrente e poi passiamola su una piccola fiamma , per eliminare eventuali residui di piume.
Adesso passiamo al ripieno. Battiamo le uova , unendo poi il formaggio , il sale, il pepe, i fegatini tagliati a pezzetti e il prezzemolo. In una padella leggermente unta e calda caliamo il tutto e cerchiamo di ottenere un rotolo di frittata. Evitiamo che si asciughi troppo!
Imbottiamo con questo ripieno, il busto della faraona e ricuciamo l’apertura con spago da cucina. A questo punto il busto dovrà essere adagiato in una pentola capiente , che poi riempiremo di acqua. Io aggiungo solo sale e dei grani di pepe rosa, ma se volete, potete aggiungere una carota e una costa di sedano. Lasciamo cuocere per due ore circa.
Con il brodo ottenuto, condiremo la cicoria precedentemente sbollentata. Prendiamo una pentola alta e alterniamo strati di cicoria, di pecorino romano e di brodo. Chiudiamo con una ricca spolverata di pecorino e un pizzico di pepe macinato. Lasciamo cuocere a fiamma bassa per una mezz’ora circa e poi possiamo servire.
Dopo la minestra di cicoria possiamo gustare la faraona e il suo ripieno tenuti in caldo e … buon appetito!
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Nel mese di settembre del 2017 Agricole Alberto Longo, cantina pugliese sita in Lucera (FG) nota per i suoi vini fermi, ha sboccato i suoi primi due spumanti Metodo Classico. Dopo aver già parlato del rosato, procediamo alla degustazione del Brut Nature millesimo 2013, vino prodotto da uve falanghina.
LA DEGUSTAZIONE
Accoglie lo sguardo con un colore paglierino dai riflessi dorati e reso ancor più brillante dal perlage piuttosto fine, molto persistente e vigoroso. Al naso percepiamo subito una piacevole freschezza agrumata che da subito invita all’assaggio. Seguono note di erbe aromatiche, come salvia e mentuccia. Una nota salmastra, marina, accompagna tutta l’analisi olfattiva senza essere fastidiosa così come la “crosta di pane”, presente, ma non invasiva.
In bocca il perlage è evidente, piacevole, non aggressivo e ben supportato dalla fresca acidità che lo rende agile. Molto sapido, ritroviamo in bocca quel “salmastro” percepito al naso che contribuisce a dare spessore al sorso. Mediamente lunga e piacevolmente fine la persistenza.
Una buona “prima prova” questo Metodo Classico. Se spesso ci si lamenta che gli spumanti realizzati a partire da vitigni non tradizionali siano”corti” o “zoppi” , senza quel nerbo che hanno i “classici”, beh, non è questo il caso.
Quasi superfluo suggerire l’abbinamento coi prodotti del territorio, primi fra tutti i salumi.
LA VINIFICAZIONE
Vendemmia manuale dal vitigno “Le Fossette”, impiantato nel 2002. Diraspatura, pigiatura soffice e breve criomacerazione con ghiaccio secco. Dopo la prima fermentazione a temperatura controllata avviene la presa di spuma in bottiglia, 39 mesi alla temperatura di 13 gradi nella cantina dell’azienda. Seimila le bottiglie prodotte.
Una masseria dell’ottocento, ristrutturata ed adibita a cantina di vinificazione. Questa è la sede di Agricole Alberto Longo. Il caveau e la barricaia di affinamento sono stati realizzati sfruttando e mettendo in collegamento fra loro gli antichi silos in muratura interrati, tipici del territorio. Un’opera in linea con la politica aziendale che vede nel recupero architettonico, nell’utilizzo sempre maggiore di vitigni locali (moscatello, bombino bianco, falanghina, nero di Troia) e nelle scelte “bio” uno strumento per la valorizzazione del territorio.
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Due giorni di degustazioni al Merano Wine Festival 2017. E l’imbarazzo della scelta nello stilare una “classifica” dei migliori assaggi. Si è chiusa martedì pomeriggio in grande stile, al Kurhaus, con Catwalk Champagne (100 etichette di 40 aziende francesi tra le più note e prestigiose) l’edizione 2017 del “salotto bene” del vino italiano.
Organizzazione pressoché impeccabile nelle varie location che hanno ospitato il ricco calendario di eventi. Tanti professionisti, pochi curiosi. Biglietti da visita che finiscono in poche ore, tra un assaggio e l’altro.
Perché il Wine Festival di Helmuth Köcher, per il vino italiano, sta al business quasi quanto il Prowein di Dusseldorf. Per le sale, a caccia di “chicche”, tanto importatori, distributori ed enotecari quanto buyer della Gdo (segnalata la presenza, tra gli altri, dell’attento buyer di Coop).
Peraltro, con un occhio alla sostenibilità delle pratiche agricole in vigna, visto l’ampio spazio dedicato ai vini naturali, biologici, biodinamici e Piwi dall’evento d’apertura “Bio&Dynamica”. Una classifica, quella dei migliori vini degustati al Merano Wine Festival 2017 da vinialsuper, che tiene conto anche di questo aspetto.
I MIGLIORI SPUMANTI 1) Riserva Extra Brut Alto Adige Doc 2011 “1919”, Kettmeir. Sul podio una bollicina altoatesina da vertigini. A produrla è Kettmeir, azienda del gruppo vinicolo Santa Margherita di stanza in via Cantine 4, a Caldaro.
Sessanta ettari complessivi, per una produzione che si aggira attorno alle 400 mila bottiglie: 120 mila sono di spumante, di cui 70 mila metodo classico. Il progetto, come spiega l’enologo Josef Romen, è quello di incrementare ulteriormente gli sparkling nei prossimi anni, “senza perdere territorialità”.
Naso fine ed elegante per la Riserva Extra Brut 2011 “1919”, tra il candito d’arancia e l’arnica. Il blend di Chardonnay (60%) e Pinot Nero (40%) funziona, al palato, al ritmo di una bollicina che esalta nuovamente note d’agrumi, questa volta in grado di ricordare la buccia del lime. E una balsamicità tendente alla spezia.
Il Pinot Nero, raccolto in un vigneto circondato dai boschi, a 700 metri sul livello del mare, ci mette i muscoli e la “zappa” sulla lingua. Lo Chardonnay la cravatta e il savoir-faire. Immaginate una Ricola buttata in un bicchiere d’acqua e sale: eccolo lì, questo tagliente Extra Brut. Sul gradino più alto del podio. “E’ una prova – chiosa Romen – per capire fino a dove possiamo arrivare”. Di questa cantina se ne sentirà parlare bene e a lungo. Purché si decida a cambiare colore alla Riserva in questione: sembra quella di uno spumante rosè.
2) Blanc de Blanc Extra Brut Franciacorta Docg 2011 “Elite”, Mirabella. Interessante realtà della Franciacorta “alternativa”, la cantina Mirabella. Si presenta ai banchi di Merano con un “Senza Solfiti” che ti sfida sin dall’etichetta, essenziale ma pretenziosa, con quel nome di fantasia che chiama i tempi dei cavalieri. Ma è una dama dalla chioma bionda, l’export manager Marta Poli, a servire la sfida nel calice.
Sboccatura 2016, 48 mesi sui lieviti per questo Chardonnay in purezza. “Elite” si presenta di un giallo invitante. Al naso crema pasticcera, burro, arancia candita, liquirizia. Palato pieno, secco, corrispondente nei sentori. Chiusura di gran pulizia su una bocca di pompelmo, prima del nuovo capolino della crema pasticcera. A colpire è l’evoluzione di questo spumante nel calice, sensibilissimo alle temperature di servizio.
Gioca col termometro questo figlio della Franciacorta che avanza, giovane e dinamica. Scaldandosi, libera note di erbe aromatiche e di macchia mediterranea. E la crema pasticcera, mista a quella speziatura dolce di liquirizia, diventa crème brûlée: la parte alta, quella col caramello elegantemente bruciacchiato. Chapeau.
Aggiungi al curriculum che si tratta di un “Senza Solfiti” (fra 3 e 6 mg/l). Che è il frutto di 10 anni di sperimentazioni da cui sono scaturite quatto tesi universitarie. Che è il “primo metodo classico italiano Docg senza solfiti e senza allergeni”. E il quadro è davvero completo.
3) Alto Adige Doc Extra Brut 2012 “Cuvée Marianna”, Arunda. Sessanta mesi sui lieviti per questo metodo classico altoatesino della nota casa di Molten (Meltina, BZ), 4 g/l di dosaggio: 80% Chardonnay elaborato al 100% in barrique (dal primo al quinto passaggio), più un 20% di Pinot Nero vinificato in bianco, che fa solo acciaio.
Vini base da Terlano e Salorno, vendemmie 2009, 2010 e 2011. E’ lo sparkling dedicato a “Marianna”, moglie di Joseph Reiterer: i due decidono assieme come bilanciare la cuvée, prima di metterla in commercio. Cinque, massimo 6 mila bottiglia totali.
Giallo dorato nel calice, naso di frutta a polpa gialla (albicocca non matura), lime, bergamotto. Non manca una vena balsamica, che porta il naso tra le montagne: in particolare ai sentori mentolati tipici dei semi dell’angelica. Una gran freschezza, insomma, che al palato si tramuta in un gran carattere: buccia di arancia, ricordi di menta, una punta di liquirizia.
Piacevolmente tagliente il gioco tra l’acidità e la sapidità spinta. Poi, d’un tratto, “Cuvée Marianna” sembra ammorbidirsi: siamo tra il finale e il retro olfattivo, che assume tinte di vaniglia bourbon. Un signor spumante, dal rapporto qualità prezzo eccezionale.
Segnalazioni Bianco dell’Emilia Igt Frizzante Secco 2016 “L’Ancestrale nativo”, Terraquila: Sboccatura à la volée per questo frizzante di Terraquila. Siamo in Emilia Romagna, per un blend di Pignoletto e Trebbiano che non può mancare nella cantina degli amanti dei vini dritti, diretti, “salati”.
Moscato Giallo Igt Veneto 2016, Maeli: Vino frizzante dei Colli Euganei, più esattamente ottenuto sui Colli di Luvigliano, tra le Dolomiti e Venezia. Una realtà, Maeli, che punta tutto sul Fior d’Arancio, nome locale del Moscato Giallo che, nell’occasione, si presenta in un calice capace di sfoderare note sulfuree, di grafite e fruttate di nettarina matura. Corrispondente al palato, tra il sale e la frutta.
VINI BIANCHI 1) Vigneti delle Dolomiti Igt 2008 “Julian”, Weingut Lieselehof. E’ l’edizione del Merano Wine Festival che segnerà la definitiva consacrazione sul mercato di molti vini Piwi, acronimo di Pilzwiderstandfähig, riferito alle “viti resistenti” a malattie come oidio, peronospora e botrite, tutte originate da funghi.
Weingut Lieselehof, cantina della famiglia Werner Morandell situata a Caldaro, in Alto Adige, è all’avanguardia da questo punto di vista. E sul podio dei vini bianchi di viniasuper finisce proprio “Julian”, vendemmia 2008: un blend tra due varietà Piwi qualità hyperbio: Bronner (60%) e Johanniter (40%).
Se il Bronner, per certi versi, ricorda lo Chardonnay, è il Johanniter a dare l’impronta (soprattutto olfattiva, ma anche gustativa) del Riesling. Un sinonimo di longevità che ritroviamo appunto anche nella degustazione del blend Julian, straordinariamente vivo. A partire dal colore: un giallo dorato stupendo.
Alle note di idrocarburo fanno eco richiami di erbe di montagna, camomilla e miele. Di primo acchito, al naso, questo bianco di casa Lieselehof sembra aver fatto barrique. In realtà è solo chiuso e necessita tempo per aprirsi, scaldandosi un poco tra le mani.
Acidità ancora viva (rinvigorita da ricordi di agrumi come il pompelmo, ingentiliti da quelli della pesca matura) per un vino destinato a durare ancora a lungo nel tempo. Lungo il retro olfattivo, tutto giocato sul rincorrersi di freschi sentori di erbe mediche.
2) Secondo posto nella nostra speciale classifica per due vini, pari merito. Li elenchiamo in ordine di assaggio. Il primo è il Grillo Terre Siciliane Igt Canaddunaschi 2016, della Società agricola Le sette Aje di Cannata Rosalia e S.lle. Biodinamico non certificato per questa piccola cantina di Santa Margherita di Belice, in provincia di Agrigento, che utilizza i principi dell’omeopatia in vigna, sottoponendo le piante a veri e propri “vaccini” contro le malattie.
Una realtà tutta al femminile, presa sotto l’ala “protettiva” da una delle donne del vino simbolo della regione: Marilena Barbera, presso la quale avviene la vinificazione delle uve Grillo de Le Sette Aje, in vasche d’acciaio di proprietà. Il risultato è eccezionale. Tremilacinquecento bottiglie in totale per l’annata 2016. Qualcuna di più per la 2017.
Giallo dorato ammaliante e naso intrigante, tutto giocato sulle erbe aromatiche. Macchia mediterranea in primo piano, ma anche mentuccia. In bocca è una vera e propria esplosione: un Grillo pieno, ricco, carico, caldo: corrispondente al naso per le sensazioni che conferiscono una freschezza e un corpo da campione, assieme a una bilanciata sapidità.
Chiude lungo, riuscendo a sorprendere ancora nello sfoderare inattese note di burro e crema pasticcera. Un contrasto interessantissimo tra le durezze e le morbidezze, che regala un sorso unico. A 15 euro circa (al consumatore) uno dei migliori bianchi in circolazione in Italia, per l’annata 2016.
Gli mettiamo accanto un altro vino difficile da dimenticare. Per farlo saliamo dalla Sicilia alla Campania. Raggiungiamo il beneventano per il racconto della Falanghina 2016 “Donnalaura” di Masseria Frattasi. Siamo nella terra d’elezione della Falangina, a Montesarchio, dove la cantina coltiva il biotipo campano e un altro clone, ancora più raro, dotato di una vena acida ulteriormente accentuata. Siamo poco sotto i 920 metri sul livello del mare, per un vino estremo, di “montagna”.
Donna Laura è la nonna di Pasquale Clemente, patron di Masseria Frattasi a cui è dedicato questo bianco dalle caratteristiche uniche. Si tratta infatti di una Falanghina da vendemmia tardiva. Le uve restano sulla pianta fino al 15 novembre, concentrando così zuccheri e aromi. Vengono poi vinificate in acciaio e, prima dell’imbottigliamento, passano 6 mesi in barrique nuove di rovere francese.
Una scommessa perfettamente riuscita quella di compensare con la concentrazione su pianta la vena tipicamente acida della Falanghina. Il risultato è un vino che si presenta di un giallo paglierino molto carico. Naso eccezionalmente fine e “montano”: arnica, resina di pino, liquirizia, una lieve nota dolciastra che ricorda per certi versi quelle della veneta Glera e un richiamo sottile di vaniglia, assimilabile al legno della barrique.
In bocca, l’ingresso è di quelli tipici dell’uvaggio: caldo, acido, quasi tagliente. Una sensazione accentuata dal sollevarsi delle note balsamiche già percepite al naso, che rinfrescano ulteriormente il sorso. Grande lunghezza per un retro olfattivo che fa emergere note delicate di surmaturazione, con ricordi di miele d’eucalipto.
3) Frühroter Veltliner 2015, Schmelzer Weingut. Ci spostiamo in Austria per questo “orange” capace di regalare vere e proprie emozioni. Più esattamente a Gols, piccolo Comune a sud est di Vienna, non lontano dai confini con Slovacchia e Ungheria.
Il vitigno in considerazione è il Frühroter Veltliner, autoctono austriaco nato dall’incrocio spontaneo tra Grüner Sylvaner (Silvaner verde) e Roter Veltliner (Veltliner Rosso). Solo una delle ottime etichette prodotte da Georg ed Elisabeth Schmelzer, in stretto regime biodinamico.
Cinque settimane di fermentazione in barrique di rovere aperte, con batonnage due volte al giorno. Il succo viene poi trasferito in altre barrique, a riposare per un anno. Quindi, il Frühroter Veltliner di Schmelzer viene imbottigliato. Ne risulta un orange velato, che sprigiona sentori pieni, intensi, di zenzero e arancia candita, ma anche di frutta tropicale matura: ananas, papaya.
Bocca corrispondente, ma con bella vena sapida: le note agrumate dominano il palato, ben bilanciate da quelle dolci, esotiche. Un vino gastronomico di grande interesse. Rimanendo tra i “bianchi” di casa Schmelzer, ottimo anche il Gruner 2016, con le sue note di fiori secchi e una vena sapida, rude.
4) Trentino Doc Gewurztraminer 2016, Cantina Endrizzi. Medaglia di “legno” per il coraggio di questa cantina di San Michele all’Adige. Capace di andare controcorrente, proponendo sul mercato un Gewurztraminer dal taglio serio, senza la stucchevolezza “piaciona” in voga tra i tanti competitor (grandi nomi compresi). Per di più, il rapporto qualità prezzo è eccezionale.
E’ ottenuto dai vigneti Masetto e Maso Kinderleit, situati in zona collinare, attorno alla cittadina della provincia di Trento. Un Gewurz, quello di Endrizzi, che conserva tutta l’aromaticità tipica del vitigno, svestita di qualsiasi risvolto pacchiano. Gran pienezza in un sorso che risulta caldo, visti i 14 gradi, tutti di “sostanza”, quasi di “materia tattile”, e non della morbida lascivia dello zucchero. Un bianco che non stanca mai.
Segnalazioni Langhe Doc Nascetta 2013 “Se'” e 2016, Poderi Cellario: le potenzialità di “invecchiamento” dell’autoctono piemontese sono evidenti nella mini verticale proposta da Fausto Cellario, appassionato vignaiolo che sa trasmettere entusiasmo e amore per la propria terra;
Bianco fermo 2016 “89-90”, La Piotta: si discosta in maniera elegante dalla media dei vini bianchi passati in barrique questo vino bio e vegan dell’Azienda Agricola La Piotta. Utilizzo ineccepibile del legno sullo Chardonnay, a smorzare le asperità del Riesling. Luca Padroggi è un giovane che farà parlare (bene) dell’Oltrepò pavese, a lungo.
Lugana Dop Bio 2016, Perla del Garda: “Cru” di 4 ettari per dare vita a una Lugana potente, tanto piena e intensa quanto fine, con fresche note di mentuccia ad accostare la vena tipicamente sapida.
Vernaccia di San Gimignano Docg 2016, Fattoria di Pancole: Come molte delle aziende presenti al Merano Wine Festival 2017, Fattoria di Pancole fa Gdo (per l’esattezza con Conad in Toscana, 25 mila bottiglie l’anno). Si presenta al banco con la Vernaccia top di gamma, capace di esaltare appieno le caratteristiche del vitigno, presentando ottimi margini di affinamento futuro.
Igt Marche Bianco 2016 “Corniale”, Conventino: Non poteva mancare la segnalazione di un vino bianco quotidiano. Per farlo voliamo nella zona Nord delle Marche, da Conventino. Siamo a Monteciccardo, in provincia di Pesaro e Urbino. Semplice ma tutt’altro che banale il suo Corniale 2016. Acidità al rintocco di sentori di kiwi, mela verde, lime e pompelmo, ben calibrati con una bocca beverina, giustamente sapida. Davvero un bell’Incrocio Bruni 54.
VINI ROSSI 1) Beneventano Igt Aglianico 2015 “Kapnios”, Masseria Frattasi. Di nuovo questa straordinaria cantina campana sul podio del Merano Wine Festiaval 2017 di vinialsuper. Il miglior rosso è ottenuto da uve Aglianico amaro del Taburno in purezza, allevate nella zona di Montesarchio, Tocco e Bonea, a un’altitudine compresa tra i 500 e i 600 metri sul livello del mare.
Le uve, raccolte a metà novembre, vengono appassite in due modi: in parte appese e in parte su graticci, all’interno di un piccolo caseggiato coperto da tegole di terracotta. Passaggio in rovere nuovo, prima dell’ulteriore affinamento in bottiglia, per un anno.
Ne scaturisce un vino dal rosso rubino intrigante, sgargiante. Il naso è di quelli che ti fanno innamorare del bordo del calice: piccoli frutti a bacca rossa e nera, erbe di montagna, ginepro, miele d’eucalipto. Un’infinità di sentori, pronti a spuntare di minuto in minuto. E il palato non delude: caldo, esageratamente pieno, di frutta fragrante e liquirizia dolce, ma anche di caffé tostato. Un vino di cui innamorarsi.
Straordinario – ancor di più in ottica futura – anche il Cabernet Sauvignon 2015 “Kylyx” di Masseria Frattasi. Viti appositamente innestate su portinnesto debole: se ne portano in cantina solo 2 grappoli. Mille bottiglie in totale per la vendemmia 2015 (2016 non prodotto).
Acciaio prima e barrique di rovere francese poi (14 mesi) per questo Cab ottenuto dal recupero di un terreno abbandonato, circondato dal bosco. Naso che esalta appieno le caratteristiche del vitigno, con la sua vena sia vegetale sia piccante. Tannini e acidità di immensa prospettiva, ben corroborati da una mineralità unica.
2) Alto Adige Doc Pinot Nero 2007 “Villa Nigra”, Colterenzio Schreckbichl. Cornell è la linea dei “cru” di cantina Colterenzio, dalla quale peschiamo l’argento della nostra speciale classifica dei migliori vini degustati al Merano Wine Festival. In particolare, a colpire, è il Pinot Nero vendemmia 2007 ottenuto – come tutti i vini della “Selezione” Schreckbichl (Colterenzio) – da vigneti che godono di particolari condizioni d’eccellenza: altitudine di 400 metri, esposizione a sud ovest su terreni ghiaiosi e calcarei di origine morenica, con microclima fresco. Resa di 35 ettolitri per ettaro.
Nel calice, il Pinot Nero 2007 di Colterenzio di presenta ancora come un giovincello: il classico rubino di buona trasparenza, tipico del re degli uvaggi altoatesini a bacca rossa. Un naso finissimo di mirtillo e fragolina di bosco, ma anche di ciliegia, con una punta leggerissima di pepe, anticipa sentori più evoluti tendenti al dolce (miele d’acacia), senza mai trascinare il quadro olfattivo in disomogenee percezioni di marmellata.
Nel calice c’è il bosco. E lo si capisce anche dai richiami “vegetali” al muschio e alla menta. In bocca, questo Pinot Nero è più che corrispondente: la spalla acida è ancora muscolosa, il tannino levigato ma ancora in grado di dire la sua. A completare il quadro, richiami minerali salini che contribuiscono a chiamare il sorso successivo. Beva eccezionale per questo vino che ha ancora davanti diversi anni sulla cresta dell’onda.
3) Vigneti delle Dolomiti Igt Teroldego 2012 “Gran Masetto”, Cantina Endrizzi. Conquista il podio, dopo la medaglia di “legno” tra i vini bianchi, Cantina Endrizzi con il suo prodotto di punta: un Teroldego fatto alla maniera dell’Amarone, col 50% delle uve diraspate e sottoposte per circa tre mesi ad appassimento in celle refrigerate, alla temperatura di 10 gradi.
Uve raccolte nello storico vigneto di Masetto, tra i Comuni di Mezzolombardo e Mezzocorona, in provincia di Trento. Il risultato è un vero e proprio Teroldego alla seconda. Colore rosso purpureo, impenetrabile. Naso tipico, rinvigorito dai sentori affascinanti del parziale appassimento, che non coprono la fragranza della ciliegia e della prugna per il quale si fa apprezzare il re dei vini rossi trentini.
Grande pulizia ed eleganza anche in un palato corrispondente, arricchito da preziosi richiami di polvere di cacao. Un vino che fa venir voglia d’aver davanti un piatto di selvaggina. O, perché no? Un buon libro.
Segnalazioni Toscana Igt “Argena”, Orlandini Aziende Agricole Forestali(verticale). In degustazione le annate 2000, 2001, 2003, 2004, 2005 e 2006. Un vino unico, prodotto dalla famiglia Orlandini da un vecchio vigneto di Sangiovese con piccole quantità di Cabernet Sauvignon. Un microclima particolare, circondato da boschi, sulle colline situate tra il Castello di Gargonza ed il Castello del Calcione, a metà tra Arezzo e Siena.
Tutte le annate di Argena conservano le caratteristiche dell’annata, a riprova del metodo col quale opera la famiglia Orlandini, che non ama “uniformare” al gusto comune i propri gioielli. Anzi. Tra tutte le etichette, segnaliamo quelle di Argena 2004 e 2005: “nasi” pregevoli, tra la frutta (ciliegia) e la macchia mediterranea (rosmarino) e sapore armonico, corroborato da tannini tutt’altro che mansueti.
Barbera d’Alba Doc Superiore 2015 Vigna Serraboella, Rivetti Massimo. Siamo a Neive, in provincia di Cuneo, Piemonte. L’azienda agricola Massimo Rivetti sfodera due Barbaresco 2013 diversi ma ugualmente meritevoli di attenzione: il primo, Froi, è di “easy” e di “pronta beva”; il secondo, “Serraboella”, ottenuto da un cru sulla stessa collina di “Froi”, è incredibilmente fine e presenta tannino e acidità di gran prospettiva.
Ma è l’outsider Barbera d’Alba Superiore 2015 “Serraboella” a fare davvero centro nel cuore. Si tratta di una selezione ottenuta da una singola vigna di 75 anni, la più vecchia dell’azienda, nel cru “Serraboella”. Due anni in barrique di rovere francese 1/3 nuove e 2/3 di secondo passaggio. Naso da campione, tra il frutto rosso e la liquirizia dolce, con un accenno di cuoio e un sottofondo di erbe di montagna. Corrispondente al palato, dove si conferma una Barbera destinata ad essere molto longeva.
Zweigelt 2015, Schmelzer Weingut. Abbiamo già incontrato questa cantina austriaca tra i migliori vini bianchi. Tra tutti i vini proposti in degustazione, a colpire c’è anche un rosso: lo Zweigelt. Si tratta di un incrocio tra St. Laurent con il Blaufränkisch, noto anche con il nome di Blauer Zweigelt, Rotburger e Zweigeltrebe.
In sintesi? Un vino da provare, destinato al pubblico (sempre più vasto) degli amanti dei vini naturali. Colore rosso rubino poco trasparente, ovviamente velato, trattandosi di un non filtrato. Alle note di piccoli frutti a bacca rossa, risponde al naso una vena di iodio che ritroveremo al palato: more mature, ribes nero maturo, una nota amarognola tipica di erbe come il rabarbaro. Tannino vigoroso, sapidità straordinariamente bilanciata col resto dei descrittori. Un “vino wow”.
Nebbiolo d’Alba “Il Donato”, La Torricella di Diego Pressenda. Vino di grande prospettiva questo Nebbiolo prodotto a Monforte d’Alba da La Torricella. Frutti rossi, frutta secca, pepe, tabacco dolce. Tannino equlibrato, ma in chiara evoluzione. Ottimo anche il Barolo 2013.
PASSITI E VINO COTTO 1) Bronner “Sweet Claire”, Weingut Lieselehof. Si tratta di un passito da Bronner, vitigno Piwi di qualità hyperbio. E siamo sempre in casa Lieselehof, già premiata tra i bianchi per lo strepitoso “Julian 2008”.
In questo caso, uve Bronner in purezza essiccate in inverno e pressate a febbraio. Giallo oro luccicante, note di agrumi (lime e limone), pesca e albicocca sciroppata, una punta di idrocarburo. In bocca c’è corrispondenza, arricchita ulteriormente dalla freschezza di note di menta piperita pressata, quasi concentrata. Stra-or-di-na-rio.
2) Erbaluce di Caluso Doc Passito 2009 “Alladium”, Cieck. Cieck è sinonimo di Erbaluce di Caluso, uno dei grandi vini bianchi piemontesi, capaci di prestarsi a un ottimo invecchiamento. Sul podio di vinialsuper finisce nella categoria passiti con “Alladium”. Deliziosamente avvolgente al naso, con le sue note agrumate e candite. Caldo e freddo allo stesso tempo, come quando si mette il naso nel talco. Corrispondente al palato, con un finale fresco.
3) Vino Cotto Stravecchio “Occhio di Gallo”, Cantina Tiberi David. Vera e propria “chicca” al Merano Wine Festival 2017, prossimamente tra i banchi del Mercato dei Vini e dei Vignaioli Fivi 2017. Parliamo della cantina Tiberi David di Loro Piceno (MC), patria del “vino cotto”, localmente chiamato “lu vi cottu”.
Un vino dalle origini nobili, che questa bella realtà a conduzione famigliare (nella foto sopra Emanuela Tiberi con il figlio Daniele Fortuna) è riuscita a far apprezzare nei salotti del Kurahus, con la stessa genuinità del prodotto. Tipico colore “occhio di gallo” (ambra) nel calice per le annate 2003 e 2005, ottenute dalla “cottura” di uve Verdicchio, Trebbiano, Montepulciano e Sangiovese.
Grande complessità in un naso e in un palato corrispondenti, con note di frutta passita e spezie calde. Perfetto accompagnamento per una vasta gamma di dessert, ma anche per i formaggi.
Fotogallery dei migliori assaggi al Merano Wine Festival 2017, compresi fuori classifica
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Sufficienza abbondante solo per tre dei 24 vini della linea “Integralmente prodotto” di Eurospin. Questo il responso della degustazione effettuata ieri dalla nostra redazione. In batteria, tutti i vini sponsorizzati per il secondo anno consecutivo dall’ex campione del mondo dei sommelier, Luca Gardini.
Un carrello della spesa pieno di delusioni, anche a fronte di una spesa complessiva di appena 60 euro. Ma allora chi ha bisogno di chi? Gardini di Eurospin? O Eurospin di Gardini? Senza dubbio la seconda delle ipotesi. “Integralmente prodotto” risulta una linea debole alla prova del calice. Il marketing creato ad hoc nei punti vendita e sui social network, attorno alla figura del noto sommelier, solleva (anche se di poco) l’asticella.
A caccia della campionatura necessaria alla degustazione, ci siamo imbattuti peraltro in annate diverse della stessa tipologia di vino. Segno che l’operazione Eurospin-Gardini è utile anche come “svuota magazzino”. Caso esemplare quello del Merlot Doc Friuli Grave “Il Greto” – prodotto dalla Viticoltori Friulani La Delizia Sca di Casarsa – presente a scaffale con diversi cartoni della vendemmia 2013, oltre alla 2014.
La scarsa riconoscibilità della maggior parte dei vitigni inseriti nella linea “Integralmente prodotto”, inoltre, non fa bene al consumatore. Neppure a quello sprovvisto di palato critico: quello a cui immaginiamo si rivolga Eurospin. Il quadro è quello di un pericoloso appiattimento della qualità media espressa sullo scaffale vini dell’insegna.
Eppure non mancano i nomi noti neppure tra i produttori ai quali si è rivolta la catena Gdo per questa sorta di Private label mascherata. Oltre alla già citata “Delizia La Casarsa,” troviamo la cooperativa pugliese Due Palme per Negroamaro e Primitivo, la Cooperativa di Sant’Antioco per il Carignano del Sulcis, Cantina Valpolicella Negrar per il Bardolino e l’onnipresente Cantina di Soave per il Soave. Tutte etichette bocciate.
Escono meglio la siciliana Cantine Settesoli con il Grillo, e la lombarda Cantina di Casteggio (Terre d’Oltrepò), in Oltrepò pavese, con lo spumante Metodo Classico di Pinot Nero Docg. Prodotti che si aggiudicano una stiracchiata sufficienza gusto-olfattiva, visto anche il rapporto qualità prezzo.
Di seguito le nostre note di degustazione dell’intera linea di vini “Integralmente prodotti”, con relativa valutazione in “cestelli della spesa”, anticipate dalla descrizione dell’ufficio marketing-pubblicità di Eurospin.
LA DEGUSTAZIONE
Müller Thurgau Vigneti delle Dolomiti Igt 2016 “Poderi di Enrico II”
Giallo paglierino scarico con riflessi verdognoli. Il green feeling del colore rimane anche al naso, in cui alla frutta bianca si accompagna una nota leggermente muschiata. Bocca agile, dinamica, agrumata non troppo impegnativa, ma neppure troppo complicata.
(2 / 5) Giallo paglierino scarico, riflessi verdolini. Naso di frutta a polpa bianca matura, litchi, ananas, papaya matura. Ingresso morbido, frutto maturo, che vira su sensazioni talco e mentuccia. Corto di persistenza, chiude leggermente amarognolo.
Soave Doc 2016 “La Pieve”
Agrumi e frutta bianca al naso. In fase di assaggio il refrain non cambia, almeno nella parte iniziale e centrale del sorso. Il finale invece è caratterizzato da toni sapidi che donano al sorso una discreta persistenza post assaggio.
(2 / 5) Giallo paglierino scarico, un po’ velato. Naso morbido, pesca gialla matura. Alla corretta temperatura viene fuori il minerale, qualche nota vegetale, un filo leggero di pepe bianco e buccia di pompelmo. Ingesso morbido al palato, sulla frutta a polpa bianca. Svolta prima acido-agrumata, poi sapida. Persistenza tutta sul sale, comunque corta. Un vino duro.
Verduzzo Veneto Igt frizzante 2016 Meolo
Profumi di frutta bianca e una leggera nota che ricorda la salvia. In bocca le sensazioni paiono decisamente più agrumate. A non cambiare invece è la nota piacevolmente balsamica che si avvertiva anche al naso. Molto versatile in fase di abbinamento.
(2,5 / 5) Bianco carta. Pera kaiser al naso, pesca bianca. Corrispondente in bocca. Grande morbidezza al palato, dovuta a un residuo zuccherino piuttosto evidente.
Pinot Grigio Vigneti delle Dolomiti Igt 2016 “Poderi di Enrico II”
Al naso parte delicato con profumi fruttati, in particolare su quelle tonalità che fanno ricordare la frutta a polpa bianca. Il sorso si muove sulle stesse coordinate del naso, aggiungendo tuttavia sensazioni agrumate e lievemente balsamiche.
(3,5 / 5) Colore giallo paglierino. Naso di banana, non molto intenso, in un contorno leggero di talco e mineralità salina. Qualche richiamo ai profumi terrosi del bosco, dopo la pioggia. Morbido in ingresso, al palato. Fresco, poi sapido. Più che sufficiente la persistenza. Una delle etichette che convincono nella linea di vini “Integralmente prodotti” di Eurospin.
Pignoletto Reno Doc Vino frizzante 2016 “Corte del Borgo”
Paglierino con riflessi verdolini. I profumi ricordano i fiori bianchi e gli agrumi. In bocca ritorna l’agrume, asciutto e non troppo aspro, in questa fase alternato a un certo green feeling che non sa di acerbo ma di aromatico.
(1,5 / 5) Paglierino. Naso di mela gialla matura e uva spina. In bocca disarmonico, a dir poco: lotta continua tra la parte morbida, zuccherina, e la parte salata. Squilibrato.
Falanghina del Sannio Dop 2016 La Guardiense
Profumi freschi di grande pulizia. Ci sono gli agrumi, la frutta bianca, oltre a quelle delicate sensazioni balsamiche e quasi mentolate che in bocca donano, specie sul finale del sorso, una bella verve e una rinfrescante bevibilità.
(3 / 5) Giallo paglierino, riflessi dorati. Naso che ha bisogno della corretta temperatura per esprimersi. Agrumi, talco. In bocca la classica tensione acida della Falanghina giovane. Non molto elegante, ma sufficientemente persistente.
Vermentino di Gallura Docg 2016 “Costa Dorada”
Ti porta ai tropici con i profumi fruttati, tanto mango, per poi farti atterrare, questa volta durante l’assaggio, in un clima più mediterraneo. Il sorso rimane centrato sulla sfera fruttata con agrumi dolci e qualche lampo di macchia mediterranea.
(3 / 5) Calice giallo paglierino. Ananas, miele, un minimo di mineralità al naso. Poco intenso, nel complesso, al naso. Bocca corrispondente, con richiami esotici di papaya e ananas e chiusura amarognola tipica. Voto sufficiente ma stiracchiato.
Grillo Terre Siciliane Igt 2016 “Isola del sole”
Colore giallo paglierino. Attacca, al naso, facendo ricordare gli agrumi mescolati con toni lievemente tropicali, mai troppo dolci. La bocca è una fedele trasposizione del naso a base di agrumi e frutta gialla matura. La sapidità qui ha contorni quasi iodati.
(3,5 / 5) Giallo paglierino. Naso giocato tra iodio, macchia mediterranea, agrume maturo (bergamotto), foglia di pomodoro e the nero. Bocca acida, pulita, sapida, corrispondente sugli agrumi. Sufficientemente persistente. Un Il secondo vino della linea “Integralmente prodotto” Eurospin che si discosta dalla media.
Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot nero Docg Spumante Brut “
Il frutto, nota dominante al naso, ricorda in particolar modo il lampone e la mela. La bocca ritorna sulla sensazione di mela, anche se in questa fase le affianca una nota di susina gialla, completata dalle classiche note di lievito. Sottofondo agrumato.
(3 / 5) Giallo paglierino. Perlage mediamente fine, persistente. Al naso crosta di pane caratteristica dei lieviti, agrumi, frutta a polpa bianca (pesca, mela) e uva spina. Una punta di balsamico. Un naso che perde eleganza nella permanenza nel calice. In bocca bollicina un po’ aggressiva in ingresso, ma pronta a distendersi nel sorso. Palato dominato dagli agrumi. Chiude, sempre “duro”, sull’arancia e sul lime. Retrolfattivo sul pompelmo. Un prodotto che non sfodera certo l’eleganza dei Pinot Nero oltrepadani, ma che neppure sfigurerebbe su una tavola poco pretenziosa.
Prosecco Doc Vino frizzante
Il tris di fiori bianchi, frutta a polpa bianca e note di lievito determinano il bouquet di profumi. In bocca le sensazioni aumentano non tanto di numero, quanto in definizione e realismo. Buone doti di beva.
Non valutato: stock assente
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Doc 2016 Ccm Montecarotto
Mela verde e agrumi fanno capolino al naso. In bocca ritorna la parte fruttata con sentori esotici portati in dote da sensazioni dolci-acide di ananas fresco. Finale sapido come vuole il vitigno.
(3,5 / 5) Giallo paglierino, riflessi dorati. Bel naso, caratteristico, minerale, erbaceo. In bocca conferma la mineralità, salina. Chiude fresco, acido, e sapido. Terzo vino convincente della linea “Integralmente prodotto” Eurospin.
Orvieto Doc 2016 “Loggia delle Poste”
Leggera nota floreale di fiori bianchi, seguita da più evidenti note fruttate, soprattutto agrumate. Dopo l’identikit dei profumi, il sorso mette in luce una bocca piuttosto snella e tesa, tutta bergamotto, lime e sale.
(3 / 5) Paglierino. Naso di erba giovane, appena tagliata. Un filo di mineralità leggera. Buccia di pompelmo. Bocca tutta sapida e di limone. Un vino che forse troverà nei prossimi mesi un definitivo equilibrio.
Cerasuolo d’Abruzzo Dop Co.ci Ortona
Colore rosa antico. La rosa, in questo caso il fiore, è la prima sensazione che si avverte al naso, insieme a quella parte fruttata che rimanda al frutto rosso. In bocca proprio la ciliegia fresca diventa protagonista, garantendo freschezza e bevibilità.
Non giudicabile: bottiglia difettata (acido acetico)
Barbera d’Asti Superiore Docg 2015 Cantina Sociale di Castel Boglione
La frutta rossa mescolata a tonalità speziate caratterizza il naso. La bocca riparte dalle sensazioni olfattive, anche se il frutto, acido e succoso, domina la prima parte del sorso, mentre la spezia, cannella e pepe rosa, caratterizza il finale.
(2,5 / 5) Rosso rubino impenetrabile, denso. Naso da sondare con la torcia. Sentori poco fini di frutta rossa, tra cui spicca il ribes. Qualche richiamo animale e di straccio bagnato. Al palato note sapide in disarmonia con il quadro fruttato.
Merlot Friuli Doc “Il Greto” La Delizia di Casarsa
Naso quasi vellutato con frutto scuro e qualche nota balsamica per nulla pungente. In bocca ha una bella trama fruttata, supportata da un corpo mai eccessivo. Nel finale si avverte una piacevole nota amarotica, oltre a un tannino di natura sapida.
– (2,5 / 5) 2014: Rosso rubino poco trasparente. Naso tipico: vegetale, frutto rosso, nota dolce tra la confettura e il miele, disturbata da una percezione di smalto. In bocca corrispondente.
– (3 / 5) 2013: Rosso rubino denso, quasi impenetrabile. Naso di liquirizia, evoluto, erbaceo. Fumè. In bocca manca un po’ di corpo, ma sapidità e frutto sempre presenti. Bottiglia giunta però al culmine della curva evolutiva, senza emozionare.
Chianti Riserva Docg 2014 Loggia delle Poste
Il frutto rosso che mette in evidenza il naso è in prevalenza fresco, anche se non manca qualche tono di confettura di amarena. In bocca è succoso, snello, dotato di una speziatura che ricorda il pepe rosa e il chiodo di garofano. Tannino dolce.
(3 / 5) Rosso rubino impenetrabile. Altro vino dal naso piuttosto debole. Frutto rosso, macchia mediterranea, talco. Al palato appare corrispondente, ma non è un Chianti da ricordare.
Bardolino Doc 2016 Gran Signoria
Intensi profumi di frutti rossi. In bocca è asciutto e molto realistico, specie su quelle sensazioni, avvertibili fino a metà bocca, che ricordano la ciliegia e l’amarena. Finale delicatamente speziato. Grande facilità di abbinamento.
(2 / 5) Entry level a dir poco. Naso e bocca piatti, su tinte di ciliegia e amarena. Persistenza sconosciuta. Vino da tavola senza minime pretese.
Lambrusco Grasparossa Doc Frizzante 2016 Amabile Corte del Borgo
Bello il colore viola che riprende, cromaticamente, alcune tra le sensazioni (viola e mora) che più fanno capolino sia al naso sia in bocca. Se poi all’assaggio ci aggiungi anche la morbidezza un po’ zuccherosa della confettura di ciliegia, ecco che l’identikit di questo vino può dirsi completo.
(1,5 / 5) Rosso impenetrabile. Naso di mela matura, rossa. Bocca corrispondente. Al limite della bevibilità, se trattato alla stregua del vino.
Morellino di Scansano Docg 2016 Poggio d’Elci
Rosso e nero, parlo di frutto, sono i protagonisti del naso. In bocca il vino si manifesta sulle stesse sensazioni, inserendole in un sorso dal corpo medio. La descrizione dell’assaggio non rimane circoscritta al frutto, mettendo in luce una discreta varietà di piante aromatiche. Tannino potente.
(2 / 5) Rosso rubino piuttosto trasparente. Naso di frutta, lampone e rosa. Un poco di mineralità sapida. Frutto che pecca in finezza, tannino non pervenuto. Corto.
Syrah Terre Siciliane 2016 Poderi Ciacaranni
Profuma in prevalenza di frutto scuro anche se non manca, sempre al naso, un delicato sottofondo speziato di chiodo di garofano e pepe nero. In bocca la parte del frutto scuro, un mix tra mora e ciliegia fresca, lascia spazio alle spezie piccanti specie nel finale del sorso.
(3 / 5) Rosso rubino poco trasparente. Frutto rosso e spezie: pepe nero. Bella bocca piena, di nuovo di frutto rosso. Un filo di troppo di residuo zuccherino, che copre e disturba la sapidità, pur non andando a contrastarla.
Carignano del Sulcis 2016 Isolasarda
Profumi di frutti neri accompagnati da note terrose. In bocca entra con note di gelso, rimanendo poi comunque sul frutto scuro grazie a tonalità che ricordano nitidamente la mora. Finale leggeremente vegetale, completato da note di grafite. Tannino salato.
(2 / 5) Rosso rubino impenetrabile. Naso flebile frutta rossa, più balsamico ed erbaceo. In bocca il calore tipico del Carignano è smorzato dall’eccessivo residuo zuccherino.
Chianti Classico 2015 Montostoli
Floreale (viola) e fruttato (melograno e ciliegia) al naso. In bocca la parte fruttata prende il sopravvento, grazie a un frutto rosso fresco, succoso, ma anche leggermente alcolico. Dalla seconda metà dell’assaggio compare una sottile trama balsamica. Tannino acido.
(3 / 5) Rosso rubino impenetrabile. Naso di melograno e ciliegia, una punta spezie (pepe nero). Prima volta che si percepisce il tannino in un vino Eurospin. Da abbinare, facile, alla carne.
Primitivo Salento 2016 Solemoro
Floreale (viola) e fruttato (melograno e ciliegia) al naso. In bocca la parte fruttata prende il sopravvento, grazie a un frutto rosso fresco, succoso, ma anche leggermente alcolico. Dalla seconda metà dell’assaggio compare una sottile trama balsamica. Tannino acido.
(2,5 / 5) Rosso rubino poco trasparente, quasi impenetrabile. Frutta matura, erbe. Un residuo zuccherino che piacerà forse alle donne, ma che in fin dei conti appesantisce la beva. Prodotto da relegare alla categoria dei “piacioni”.
Negroamaro Salento 2016 Solemoro
Olfatto fruttato. Nonostante questo sia il tema principale il naso non manca di complessità, per merito di una bella alternanza di frutta a polpa gialla e bacche fresche. Il sorso si discosta da quest’abbondanza di sensazioni fruttate, grazie anche a note di carruba, frutta secca e spezie scure.
(2,5 / 5) Rosso impenetrabile. Naso di marmellata, prugna, ciliegia, amarena. In bocca il classico “dolcione pugliese”. Ma di quelli di una volta. Perché oggi, in Puglia, si beve di gran lunga meglio. Anche senza spendere tanto di più.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Modifica del disciplinare di produzione dell’Igp “Benevento” e nascita del distretto “BioSannio”. Sono le due grandi novità che riguardano il Consorzio Tutela Vini del Sannio.
Le iniziative, volte a “creare occasioni di sviluppo sostenibile e competitivo per il territorio”, hanno raccolto il favore della maggioranza dell’assemblea.
La modifica del disciplinare di produzione della indicazione geografica protetta prevede l’utilizzo della sola denominazione “Benevento” L’approvazione definitiva spetterà al Mipaaf, nei prossimi mesi. Tra le novità, l’introduzione della categoria “spumante” nelle tipologie “bianco”, “rosso” e “rosato”, unico esempio per una Igp in Campania.
Inoltre è previsto l’utilizzo delle tipologie monovitigno, che ora ricomprendono tutti i vitigni idonei della provincia, la riduzione delle rese, la possibilità di produrre mosti parzialmente fermentati, vini liquorosi e vini con rifermentazione naturale in bottiglia per frizzanti e spumanti, l’utilizzo di tutte le chiusure previste dalla normativa.
“Una scelta strategica – commenta il consorzio – volta a un riposizionamento della Igp in base alle esperienze-occasioni di consumo, per consentire una maggiore capacità di risposta alle richieste dei nuovi consumatori, i cosiddetti ‘Millennials’, con l’idea di proporre i vini come un’esperienza a elevato contenuto simbolico, connesso all’autenticità di un territorio, a uno stile di vita, al piacere e al gusto”.
Il progetto di distretto “BioSannio” è invece “un’alleanza tra vitivinicoltori, università e centri di ricerca, associazioni e pubbliche amministrazioni, operatori economici, per la gestione sostenibile delle risorse del territorio culturale locale, con l’obiettivo di valorizzare e promuovere il Sannio, nel quale sperimentare politiche diffuse e condivise orientate ad aumentare la sostenibilità, la competitività e la reputazione del territorio con un’attenzione specifica alla coesione e responsabilità sociale, alla diffusione di nuove conoscenze, alla qualità del paesaggio e al benessere dei cittadini”.
IL COMMENTO “Il ruolo fondamentale del Consorzio di tutela vini Sannio, conferitogli per legge dello Stato – spiega il presidente Libero Rillo (nella foto) – è quello di incrementare e di promuovere la valorizzazione e la tutela di un patrimonio culturale come quello vitivinicolo sannita che rappresenta un bene comune, un elemento caratterizzante a livello sociale, economico e ambientale”.
“Tutti i risultati che stiamo conseguendo – evidenzia Rillo – sono il frutto di una visione condivisa, di efficaci strategie e dell’impegno costante di tutti gli attori della filiera, e in particolare dei soci e dei consiglieri, a cui va il mio ringraziamento per il loro contributo. Crediamo che solo grazie alla cooperazione della filiera per la definizione di un percorso comune di sviluppo sostenibile per la nostra terra, è possibile incrementare il valore delle produzioni attraverso l’aumento della reputazione e dell’immagine percepita della qualità dei vini sanniti”.
I VINI DEL SANNIO
Durante l’ultima riunione del Consorzio di Tutela vini del Sannio sono state snocciolate le cifre del Vigneto Sannio. L’anno 2016, riferisce l’ente, si è concluso “con buoni segnali”: in crescita il valore delle produzioni certificate a denominazione di origine e a indicazione geografica, che ormai rappresentano il 40% dell’intera produzione di filiera.
Lo scorso anno la produzione certificata totale a DOP e IGP è stata di 260mila ettolitri di vino, con 4mila ettari di superficie dichiarata, 3,5 mila utilizzatori, e circa 25 milioni di bottiglie certificate. La Falanghina del Sannio DOP ha registrato un + 20% (6 milioni di bottiglie in totale).
Bene anche le altre denominazioni di origine, con l’exploit della DOCG Aglianico del Taburno + 60% rispetto al 2015 (con un totale di 250 mila bottiglie certificate), mentre la Sannio DOP rimane stabile con un + 2% (6 milioni di bottiglie in totale). L’indicazione geografica Benevento continua a mantenere i suoi volumi con 12,5 milioni di bottiglie.
“Numeri significativi – commenta il Consorzio – che caratterizzano il comparto come uno dei più dinamici e importanti della provincia, con un fatturato stimato all’origine di circa 70 milioni di euro”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Rifermentazioni indesiderate in bottiglia, acidità volatili altissime, difetti derivanti da macerazioni forzate, ossidazioni incontrollate. Please: reset. E’ tutto quanto ormai relegato al passato. Se il vino biologico galoppa (e in salita) tra le scelte dei consumatori moderni, il merito è di chi sperimenta, innova. Ammoderna e comunica bene la “nicchia”. Nella settimana che incorona il Veneto capitale del vino italiano, con tre eventi di assoluto valore in programma tra le province di Verona e Vicenza tra il 7 e il 12 aprile, una fetta da assoluta protagonista spetta – di fatto – all’edizione numero quattordici di Villa Favorita – Vinnatur 2017.
Qualità media altissima tra i vini dei 170 produttori provenienti da Italia, Austria, Francia, Germania, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Spagna. E una promessa che sa di vittoria per Angiolino Maule: dotare i vignaioli associati a Vinnatur di un vero e proprio disciplinare di produzione. “L’obiettivo iniziale di mettere assieme diverse culture, in modo tale che ognuno si arricchisse di quella dell’altro – spiega il presidente Vinnatur – è stato ampiamente raggiunto già nei primi anni 2000. A quel punto abbiamo capito di essere ormai all’interno del piccolo grande ‘orticello’ del cosiddetto ‘vino bio’. Ora non ci resta che lavorare a un disciplinare, sostenuto da un vero e proprio piano di controlli. Partiremo con una quindicina di aziende pilota, per vedere i punti deboli e quelli forti. Entro il 2018 intendiamo offrire ai consumatori la tracciabilità di tutte le aziende del circuito Vinnatur, dal germogliamento della vite alla messa in bottiglia”.
Si parla di un totale di 1800 ettari, in grado di garantire una produzione di circa 3,5 milioni di bottiglie. Pezzi unici, diversi di vendemmia in vendemmia. Perché il nemico numero uno di chi lavora nel “bio” è la standardizzazione. E tra gli alleati di Vinnatur, anche l’Università. Come quella di Verona, che con le 52 micro vinificazioni condotte per tre anni sui “campioni” della “banda Maule”, ha consentito di studiare da vicino i meccanismi che, oggi, consentono ai vignaioli di produrre vini naturali equilibrati, longevi. E soprattutto privi di difetti. Passi da gigante, insomma, a poco più di dieci anni dalla prima ricerca sulla fertilità biologica dei suoli, condotta nel 2006.
I MIGLIORI VINI DEGUSTATI E allora citiamoli, uno per uno, i migliori vini degustati all’edizione 2017 di Villa Favita – Vinnatur 2017. La palma assoluta va a Podere Sequerciani di Gavorrano, Toscana grossetana. Divino il Vermentino, di cui vengono prodotte circa mille bottiglie l’anno. Affinamento in acciaio e giare di terracotta, con un piccola percentuale affidata invece alla barrique. Di colore giallo oro, offre una complessità aromatica memorabile, sia al naso sia al palato. Da provare anche due rossi di questa cantina della Maremma, specializzata nella coltura (e nella cultura) dei vitigni autoctoni: il Foglia Tonda, uva simile al Sangiovese, che affina per il 70% in giare di terracotta e il Pugnitello, che ricorda vagamente un Montepulciano, affinato invece per la maggior parte in barrique.
Sul podio anche l’Azienda Agricola Davide Spillare di Gambellara (VI), con il suo Bianco Rugoli 2015. Si tratta di un Veneto Igt da 12,5%, ottenuto dalla fermentazione spontanea di uve Garganega e Trebbiano. Un naso difficile da dimenticare e un palato rigoglioso, pieno, ampiamente soddisfacente di sorso in sorso. Un vero e proprio outsider, Davide Spillare, nella terra del Prosecco di massa. “Cerco di ottenere vini che valorizzino al meglio l’autenticità del territorio in cui sono cresciuto”, sostiene il giovane viticoltore cresciuto sull’esempio del pioniere del movimento Vinnatur, Angiolino Maule.
Indimenticabile anche il Sauvignon 2010 di Franco Terpin, azienda agricola friulana di San Floriano Del Collio, al confine con la Slovenia. Al naso incenso, lavanda, timo, verbena, sentori che sembrano librarsi nell’aria, attorno al calice, tanto delicati quanto netti e schietti. Una bocca quasi densa, per quanto corposa e ricca. Un Sauvignon che del Sauvignon “classico” ha ben poche rimembranze, se non per le tenui note erbacee che conferiscono morbidezza alla beva.
Bene, benissimo, anche l’intera produzione di Etnella Società Agricola Presa di San Gregorio di Catania. Siamo in Sicilia, alle pendici del vulcano Etna. Un’azienda condotta magistralmente da Davide Bentivegna, ex impiegato Siemens col pallino della viticoltura naturale. Uno con cui staresti a parlare per ore, davanti a un bicchiere di vino. Notti Stellate è il primo vino prodotto dalla sua cantina, nel 2010. Vigne di 70 anni, con una resa di 25 quintali per ettaro. Dodici giorni sulle bucce per le uve Nerello Mascalese e affinamento in tonneaux da 125.
Un vino di grandissima prospettiva (per la vendemmia 2015 segnare sull’agenda: ‘da riaprire fra 3 anni’) che già oggi si fa apprezzare per la pulizia delle note fruttate, piene, sia al naso sia al palato e la preziosa mineralità, prima soffusa e poi ben presente, soprattutto nel retro olfattivo. Stupendo anche Petrosa, altro rosso, da uve Nerello Cappuccio e Nerello Mascalese cresciute a 800 metri di altezza, su piante di 120 anni. Un signor vino dell’Etna.
Spicca, tra i produttori di spumanti italiani, Cà del Vent di Campiani di Cellatica, Brescia. Il VSQ 2014 Brut Rosè 2010 (sboccatura 2014), ottenuto da uve Cabernet Sauvignon e Sauvignon, regala un naso salino e di grafite, cui risponde un palato tra l’erbaceo e lo speziato: una “bollicina” unica nel suo genere, nel panorama di una Franciacorta che, ultimamente, tende alla standardizzazione.
IL RESTO DELLA PENISOLA Tra gli altri italiani, memorabili anche il Pecorino Doc 2015 Machaon di Ausonia di Atri, Teramo: fermentazione spontanea delle uve Pecorino d’Abruzzo, naso tra l’erbaceo dei fiori secchi e l’etereo dell’arnica e dell’anice, ben calibrati su note agrumate, nonché palato meravigliosamente giocato tra il balsamico e il minerale, su note predominanti d’arnica e di candido verde dalla straordinaria persistenza; il “base” di Musto Carmelitano, Maschito (PZ), Basilicata, vendemmia 2014, è uno dei vini qualità prezzo migliori in assoluto degustati a Villa Favorita – Vinnatur 2017 (9,50 euro), ottenuto in purezza da uve Aglianico.
Menzione anche per la Falanghina Maresa Roccamonfina 2015 di Masseria Starnali, Galluccio, provincia di Caserta: semplice nella sua schiettezza ma tutt’altro che banale, un vino quotidiano per palati fini; risalendo la penisola, uno spazio di diritto spetta all’Emilia Romagna con l’Ortrugo Doc Ciano dell’Azienda agricola Lusenti di Ziano Piacentino, Piacenza: chi conosce e apprezza questo vitigno per la facilità di beva rimarrà colpito dalla pienezza delle note fruttate e da una bocca un po’ ruffiana (viene aggiunto mosto dolce prima dell’imbottigliamento), ma ben calibrata.
Chiude il quadro idilliaco di Villa Favorita – Vinnatur 2017 l’Oltrepò pavese, con l’intera linea Gaggiarone dell’Azienda agricola Alziati Annibale di Scazzolino di Rovescala, Pavia: Riserva, Vigne Vecchie e Dintorni sono tutti Bonarda Doc ottenuti da uve Croatina, capaci di far scordare per un momento il concetto di vino “brioso e quotidiano” legato al rosso oltrepadano più comune, addentrandosi nel mondo dei vini importanti e da lungo affinamento.
Il Gaggiarone Riserva 2005 conserva un tannino aggressivo e ci si chiede tra quanti anni (e se) potrà ammansirsi, mentre la vedemmia 2015 sarà da ricordare per la piacevolezza delle note di frutti rossi, prima che l’onnipresente tannino esca dalla tana, a sgagnarti le gengive; splendido anche il Riesling Vigneto del Pozzo 2012 di Piccolo Bacco dei Quaroni, azienda di Montù Beccaria (PV) che regala un bianco degno dei parenti d’Oltralpe (tedeschi e francesi): interessante valutare nei prossimi anni l’ulteriore evoluzione di un naso tutto idrocarburo, fiori e spezie, cui fa eco un palato di consistenza finemente minerale.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Vinialsupermercato.it non poteva mancare, quest’oggi, a Torre a Mare. La frazione del Comune di Bari ha ospitato una delle più importanti rassegne sui vini del Sud. Parliamo ovviamente di Radici del Sud, manifestazione internazionale dedicata ai soli vini meridionali. Alle loro mille facce e sfaccettature. Dall’Aglianico della Basilicata al Primitivo della Puglia, passando per la Falanghina della Campania e al Nero d’Avola della Sicilia, per citarne solo alcuni (qui i vini 2016 premiati dalla giuria). Un’iniziativa lodevole, che vede finalmente i produttori meridionali – ormai affermatissimi nel panorama mondiale per la qualità dei loro vini – riunirsi sotto lo stesso “tetto” per un evento comune, in cui sfoggiare le proprie perle. Tutto bellissimo. Se non fosse che la location, una delle sale dell’Una hotel Regina, sia parsa piuttosto “ristretta” per una manifestazione di tale portata. Vero è che i 15 euro previsti per l’ingresso, con degustazioni illimitate, sono risultati ai più un prezzo ‘onesto’ per accedere alla stupenda sala da cerimonie in pietra. All’interno, ecco i vari banchi d’assaggio, sistemati in maniera un po’ confusa: poca la chiarezza nella distinzione tra i produttori delle varie regioni. Con un po’ d’impegno, abbiamo avuto comunque la possibilità di scoprire interessantissime realtà. A conferma che i produttori del Sud abbiano ormai intrapreso la strada della qualità, dimostrando di essere bravi vinificatori, nonostante mille difficoltà.
I MIGLIORI ASSAGGI
E non ci riferiamo soltanto ai ‘grandi nomi’ quali Feudi di San Gregorio, con le cantine vassalle Basilisco e Ognissole, o a marchi importanti pugliesi come Antica Masseria Jorche, una delle regine del Primitivo di Manduria, o ancora a Colli della Murgia, cantina biologica di Gravina in Puglia che presentava due spumanti metodo Charmat e un rosato pugliese ‘atipico’, di un eccellente rosa tenue, oltre ai vari bianchi di Minutolo. Grandi conferme anche quelle riservate dai vini lucani, con la nota Cantine del Notaio a sfoggiare – otre ovviamente ai vari Aglianico del Vulture – un metodo classico di Aglianico vinificato in bianco, molto interessante. Tra i vini che meritano una menzione particolare, ecco un bianco vinificato come un vino rosso, in otri di terra cotta: quello dell’azienda Lunarossa di Giffoni Valle Piana, provincia di Salerno, Campania. Quartara è il nome di questo gioiello, che prende il nome dal recipiente che lo culla sino a diventare un nettare così prelibato: un Fiano dei colli Salernitani che rimane a contatto con le bucce per 2 mesi. Abbastanza per regalare un bianco fresco e brillante, non trattato, nel rispetto della filosofia dei più famosi vignaioli friulani. Insomma: sono ormai tante le realtà vitivinicole meridionali che meritano di essere raccontate su palcoscenici di tutto rispetto. Anche – e soprattutto – fuori dai confini di un Sud Italia che sta sempre più ‘stretto’ al cuore e alla passione di questi produttori. Un cuore che, il più delle volte, batte al ritmo della qualità assoluta.
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Dallo scandalo del metanolo ad oggi i consumi di vino degli italiani si sono praticamente dimezzati passando dai 68 litri per persona all’anno del 1986 agli attuali 37 litri che rappresentano il minimo storico dall’Unità d’Italia nel 1861. E’ quanto affermano la Coldiretti e la Fondazione Symbola sulla base del Dossier ‘Accadde domani. A 30 anni dal metanolo il vino e il made in Italy verso la qualità’. Il risultato è che la quantità di vino Made in Italy consumato all’interno dei confini nazionali è risultata addirittura inferiore a quella nel resto del mondo. In Italia si beve meno, ma si beve meglio con il vino che si è affermato nel tempo come l’espressione di uno stile di vita “lento” attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi in alternativa agli eccessi. In Italia si stima la presenza di 35mila sommelier, ma un numero crescente di giovani ci tiene ad essere informato sulle caratteristiche dei vini e cresce tra le nuove generazioni la cultura della degustazione consapevole con la proliferazione di wine bar e un vero boom dell’enoturismo, dalle strade alle città del vino, che è una realtà consistente in Italia dal 1994, quando intorno a “Cantine aperte” nacque un movimento che oggi registra circa 3 milioni di turisti l’anno, per un giro d’affari che si attesta intorno ai 4 miliardi. I NUMERI Il 73% dei consumatori di vino lo bevono in casa, prevalentemente durante i pasti, apprezzando in otto casi su dieci più il vino rosso rispetto al bianco o alle bollicine che invece sono preferiti da chi lo consuma fuori casa per il 62%, secondo una recente indagine dell’Osservatorio vino dalla quale emerge che cresceranno di oltre l’8% i consumi di vino al ristorante nei prossimi due anni, per lo più al bicchiere, dove avranno la meglio le etichette locali o regionali per il 94,5% dei consumatori. Il vero cambiamento rispetto al passato si registra infatti nelle scelte di consumo con i vini del territorio che fanno registrare i maggiori incrementi della domanda a livello nazionale dove, a fronte di una stagnazione dei consumi, è boom per gli acquisti di vini autoctoni dal Pecorino al Pignoletto, dalla Falanghina al Negroamaro. Nel tempo della globalizzazione gli italiani bevono locale con il vino a “chilometri zero” che è il preferito nelle scelte di acquisto in quasi tutte le realtà regionali.
L’ENOTURISMO La domanda sostenuta di vini di produzione locale ha spinto la nascita a livello regionale di numerose realtà per favorirne la conoscenza, la degustazione e l’acquisto. Sono molte le aziende vitivinicole che aprono regolarmente o in speciali occasioni le porte ai visitatori per far conoscere la propria attività con i metodi di produzioni dal vigneto alla cantina. Sono oltre 1000 i produttori di vino certificati che fanno parte della rete di vendita diretta di Campagna Amica attraverso punti vendita e mercati degli agricoltori dove vengono offerti vini locali a chilometri zero.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3 / 5) Un classico campano, questo Falanghina del Sannio di Borgo San Michele, DOC (vendemmia 2013). E di “campano” c’è soprattutto la semplicità, nella lettura. Vino di facile beva, un sorso tira l’altro per la leggerezza dei suoi 12 gradi e l’armonia che scaturisce al palato. Sentori di frutta bianca, secchi e persistenti. All’olfatto colpisce subito il richiamo a frutti estivi, come il melone e la pesca, nonché alla vaniglia. L’abbinamento è quasi scontato ai molluschi e ai piatti di pesce. Ma questo Falanghina del Sannio sa regalare emozioni anche accostato alle verdure lavorate. Un esempio? Provatelo con una torta salata di carciofi in pasta brisé. Il matrimonio (di sapori) è assicurato.
Prezzo pieno: 7,19 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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