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Efow si opporrà al Prošek «per tutelare il Prosecco». Pressing di De Castro a Bruxelles

Anche Efow, l’European Federation of Origin wines, si schiera con l’Italia sulla querelle Prošek – Prosecco. La Federazione europea dei vini Dop e Igp, con vicepresidenza italiana (Riccardo Ricci Curbastro, numero uno di Federdoc), annuncia che «si opporrà alla protezione del termine Prošek come Menzione Tradizionale».

«Il sistema delle Ig dell’Ue deve essere rafforzato e non frammentato dall’interno», aggiunge l’organizzazione guidata dal francese Bernard Farges, che vede come membri, oltre a Francia (Cnaoc) ed Italia (Federdoc), anche Spagna (Cecrv), Portogallo (Ivdp) e Ungheria (Hnt).

Siamo preoccupati nel vedere che l’Ue, custode dei trattati, metta sullo stesso piano una nota denominazione come il Prosecco con un termine che è la sua traduzione in croato ed evoca foneticamente e visivamente l’indicazione geografica in questione».

«L’Ue – continua Efow – sostiene che non si tratta dello stesso prodotto vinicolo e che i consumatori, attraverso l’etichettatura, non possano essere fuorviati. Tuttavia, non si tratta solo di ingannare i consumatori, ma prima di tutto di sfruttare reputazione, riconoscimento e investimenti del Prosecco, compresa la protezione del nome della Ig contro le infrazioni nell’Ue e nei paesi terzi».

Durissima, poi, la stoccata alla Croazia che ha avanzato la richiesta di registrazione del Prošek: «Oggi è uno Stato membro dell’Ue che cerca di aggirare il sistema delle Indicazioni geografiche protette. Si rischia così di creare un precedente. Come potremo, in seguito, continuare a cercare e ottenere una migliore protezione delle Ig nei Paesi Terzi, come nel caso dei difficili negoziati in corso con l’Australia?».

DE CASTRO: «NO A IMITAZIONE E ABUSI»

Intanto, sulla querelle Prošek – Prosecco, sembra aver preso una posizione più netta – dopo i tentennamenti iniziali – anche Paolo De Castro. Nelle scorse ore, il coordinatore del Gruppo S&D in commissione Agricoltura del Parlamento europeo è tornato sull’argomento assieme all’omologo del PPE, Herbert Dorfmann.

Non possiamo tollerare che la denominazione protetta Prosecco, una delle più emblematiche a livello Ue, diventi oggetto di imitazioni e abusi, in particolare nell’Unione europea».

«Di fronte alla richiesta di tutela di una menzione, Prosek, che altro non è se non la traduzione in lingua croata del nome Prosecco – sottolineano De Castro e Dorfmann – ribadiamo ancora una volta che il regolamento Ue sull’Organizzazione comune dei mercati agricoli stabilisce che le Denominazioni di origine e Indicazioni geografiche protette devono essere tutelate da ogni abuso, imitazione o evocazione».

«A seguito dell’approvazione preliminare della richiesta croata da parte della Commissione – aggiungono gli europarlamentari Pd e Svp – ci auguriamo che lo scrutinio degli Stati membri e di tutte le organizzazioni e associazioni impegnate nella tutela delle nostre eccellenze agroalimentari porti al più presto all’interruzione della procedura di registrazione».

Anche Paolo De Castro ed Herbert Dorfmann fanno riferimento al rischio del «precedente nel quadro di negoziati commerciali con Paesi terzi, tra cui quelli in corso con Australia, Nuova Zelanda e Cile, che già si oppongono alla protezione completa del Prosecco».

La brutta figura dell’Italia tra Prosecco e Prosek croato

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Vini a denominazione, lettera di Efow all’Ue: “Situazione drammatica”

L’European Federation of Origin Wines (Efow, Federazione europea dei vini d’origine) ha scritto al commissario per l’Agricoltura dell’Ue Janusz Wojciechowski per denunciare la “drammatica situazione delle denominazioni vinicole in seguito allo scoppio della crisi Covid-19“.

L’esortazione alla Commissione europea è quella di “agire rapidamente attraverso misure normative e di mercato concrete per aiutare gli operatori a navigare in queste acque agitate”. Un invito simile è stato mosso nei giorni scorsi dalla Confédération européenne des vignerons indépendants (Cevi), che riunisce i vignaioli europei.

“L’emergenza Coronavirus – spiega presidente di Efow, Bernard Farges – si aggiunge alle altre crisi in atto che il settore vitivinicolo deve affrontare nei mercati di esportazione, in particolare il 25% dei dazi statunitensi ad valorem e le difficoltà incontrate nei paesi asiatici”.

Si è già verificata una significativa perdita di vendite e ed entrate causata dalla chiusura di Horeca e di altri canali di distribuzione. Gli unici canali ancora attivi nella maggior parte degli Stati membri sono i rivenditori all’ingrosso e il commercio elettronico”.

“Tuttavia – prosegue Farges – molti operatori di denominazione del vino non sono presenti nei supermercati e il canale di e-commerce è ancora molto sottosviluppato nel nostro settore. Molti operatori di vini a indicazione geografica stanno a malapena movimentando la merce, tranne per operazioni di esportazione occasionali”.

“La crisi – precisa il presidente European Federation of Origin Wines – ha anche un impatto devastante sui mercati di esportazione del vino, sulle attività dei produttori di vino e sul settore enoturistico”.

I membri di Efow desiderano che vengano implementate rapidamente una serie di misure normative, per aiutare gli operatori ad adattarsi a questa nuova realtà. Inoltre, invitano la Commissione europea a “fornire agli Stati membri piena flessibilità riguardo all’uso degli strumenti e del bilancio disponibili nei programmi di sostegno nazionali per il vino”.

Considerando l’enorme impatto della crisi, Efow sottolinea anche la necessità di un sostegno finanziario specifico per attuare misure di mercato. “Devono essere immediatamente adottate misure rapide e coraggiose per evitare il peggior scenario possibile per molti operatori del settore vitivinicolo”, afferma Bernard Farges.

“I responsabili politici dell’Ue devono tenere presente che ci sono molte zone rurali dell’Ue in cui non esiste alternativa alla produzione di vino. Gli operatori hanno bisogno di un sostegno immediato per sopravvivere a questa crisi”.

“Gli strumenti – evidenzia il presidente di Efow – sono disponibili nel regolamento dell’organizzazione comune dei mercati, quindi speriamo che la Commissione europea ne faccia pieno uso senza indugio. Il futuro del nostro settore dipende da questo”.

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Prosecco più forte della Brexit. Attesi a Vinitaly 400 buyer UK

La Brexit non scalfisce l’amore degli inglesi per il Prosecco. La Gran Bretagna è diventata nel 2016 il primo mercato mondiale di sbocco dello spumante italiano, con l’aumento record del 33% per un valore di 366 milioni di euro. Un record assoluto. E’ quanto emerge dall’analisi divulgata dalla Coldiretti su dati Istat relativi al 2016 in occasione dell’avvio della procedura per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Buone notizie arrivano anche dall’ente promotore di Vinitaly.

“Si sono già stati registrati 400 nuovi buyer del Regno Unito mai venuti a Vinitaly, che si aggiungono agli oltre 500 presenti ogni anno”, evidenzia il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani. “Ovviamente – prosegue – è presto per prevedere cosa sarà del nostro vino nel secondo Paese importatore al mondo, ma ritengo che i freni commerciali non convengano a nessuno. Il Regno Unito esporta verso l’Ue l’equivalente annuo di 2,1 mld di euro in liquori e distillati e importa dal Continente 1 mld di bottiglie di vino per 2,6 mld di euro”.

Un business, quello del vino Ue, che per la Wine and Spirit Trade Association (Wsta) britannica vale nel Regno Unito il 55% di un settore da quasi 20 mld complessivi di euro. “Confidiamo – conclude Mantovani – nella negoziazione da parte della filiera europea del vino, un prodotto che ha visto incrementare notevolmente i suoi consumi a scapito della birra”. Di Brexit si parlerà a Vinitaly (9-12 aprile), nel corso della tradizionale tavola rotonda su Vino e Gdo, con focus proprio sulle prospettive per il vino italiano nel canale della Grande Distribuzione in Gran Bretagna dopo l’uscita dall’Ue (lunedì 10 aprile, ore 10.30).

BREXIT E LEGISLAZIONE SFAVOREVOLE
Come sottolinea Coldiretti, in Gran Bretagna sono state spedite il 30% delle bottiglie esportate, in pratica quasi 1 su 3, nonostante il rapporto di cambio si sia fatto più sfavorevole con la svalutazione della sterlina. La Gran Bretagna è di fatto il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari nazionali Made in Italy, con un valore di ben 3,2 miliardi nel 2016, rimasto sostanzialmente stabile (+0,7%).  La voce più importante – sottolinea la Coldiretti – è rappresentata proprio dal vino e dagli spumanti seguiti dalla pasta, dall’ortofrutta, dai formaggi oltre un terzo dei quali è rappresentato da Parmigiano Reggiano e Grana Padano ma va forte anche la mozzarella di bufala campana.

A preoccupare della Brexit, come sostiene Coldiretti, “non è solo la svalutazione della sterlina che rende più oneroso l’acquisto di prodotti Made in Italy, ma anche il rischio che con l’uscita dall’Unione Europea si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole. A pagare un conto salato sono state per ora le esportazioni di olio di oliva Made in Italy che con l’esito del referendum sono crollate con una riduzione record del 9%, dopo essere aumentate del 6% nella prima metà del 2016. A pesare sugli acquisti di olio di oliva italiano è stato infatti anche il sistema di etichettatura a semaforo che la Gran Bretagna ha deciso indipendentemente di far adottare al 98% dei supermercati inglesi”.

Una certa preoccupazione viene espressa anche da Efow. “Il Regno Unito – evidenzia in una nota l’European Federation of Origin Wines, voce dei produttori di vini a denominazione con sede a Bruxelles – è attualmente una piattaforma globale per il commercio del vino, in particolare per la distribuzione di vino, lo stoccaggio e la riesportazione verso altri Paesi, in particolare verso l’Asia. In definitiva, il Regno Unito è il quinto più grande esportatore di vino in Europa e l’ottavo più grande in termini di volume. Le implicazioni della Brexit riguardano l’accesso al mercato del Regno Unito, compresi i futuri livelli di imposte e tasse, nonché la tutela delle denominazioni del vino in questo mercato”.

UIV: “L’ITALIA PUNTI SULLE SUE VARIETA'”
Sempre a proposito di export di vino italiano è intervenuto Antonio Rallo (nella foto), presidente di Unione Italiana Vini, durante la tavola rotonda del workshop organizzato da SDA Bocconi, School of Management e Wine Management Lab (WML), in collaborazione con ITA (Italian Trade Agency), dal titolo: “La via italiana per la leadership internazionale”. Tra gli altri relatori presenti Michele Scannavini, presidente Italian Trade Promotion Agency (ITA).

“Il vino Italiano – ha detto Rallo – è sempre più percepito come sintesi di stile, cultura, qualità. È un trend che però dobbiamo consolidare rafforzando l’impegno promozionale del nostro Paese all’estero. Fare sistema per valorizzare sui mercati internazionali le sfaccettature della nostra produzione e dei territori di origine, è la strada da percorrere se vogliamo conquistare un posizionamento migliore nei Paesi focus del nostro export”.

“Varietà, diversità e ricchezza dei nostri territori – ha proseguito Rallo – sono un patrimonio da proteggere e da promuovere che bisogna comunicare con molta attenzione. L’eccessiva frammentazione della proposta italiana di vini, infatti, rischia di creare confusione nel consumatore: la qualità espressa da ciascuno di essi, può pertanto risultare più difficile da comprendere. In questo contesto, ICE gioca un ruolo fondamentale grazie alle proprie competenze specifiche in strategie di marketing e comunicazione: attraverso azioni congiunte tra ICE e le aziende, contiamo di raggiungere nel medio termine risultati di assoluta soddisfazione”.

“È necessario – aggiunge Antonio Rallo – mettere a punto una strategia per creare maggiori sinergie tra gli investimenti del pubblico e del privato, tema sul quale il Consiglio Nazionale di UIV si è espresso in maniera chiara anche durante i lavori del ‘Tavolo del Vino’ tenutosi al MISE nelle scorse settimane. Alle istituzioni pubbliche spetta l’onere di finanziare attività di formazione e comunicazione del sistema ‘vino italiano’, alle imprese la responsabilità della promozione dei singoli brand. Solo così – ha concluso Rallo – potremo sviluppare attività realmente efficaci nel valorizzare sia i nostri vini sia i territori ricchi e variegati che l’Italia esprime e che, purtroppo, sono ancora spesso poco conosciuti all’estero”.

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