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Alta Langa Docg Vino piemontese dell’Anno 2025 per Regione Piemonte


Alta Langa Docg
è Vino piemontese dell’Anno 2025 per la Regione Piemonte. Lo spumante metodo classico Alta Langa Docg è stato scelto dalla Regione Piemonte come Vino dell’Anno 2025. Rappresenterà la regione nel corso dei principali eventi istituzionali. L’annuncio ufficiale verrà dato nella conferenza stampa che si terrà domani, 10 marzo 2025, nell’ambito dell’evento La Prima dell’Alta Langa 2025, in programma a La Centrale di Nuvola Lavazza di Torino (via Ancona 11/A). Saranno presenti, insieme all’assessore Paolo Bongioanni, il presidente del Consorzio Alta Langa Mariacristina Castelletta e il direttore Paolo Rossino.

Si tratta di un’iniziativa ideata da Regione Piemonte nel 2019, con l’istituzione dell’iniziativa “Vitigno dell’Anno“, per valorizzare i vitigni autoctoni del territorio. Ogni anno, un vitigno viene selezionato come protagonista di attività promozionali, degustazioni ed eventi sia in Piemonte che fuori regione. Ecco l’elenco dei vitigni nominati negli anni precedenti. Nell’elenco figurano già Dolcetto (2020), Cortese (2021), Freisa (2022), Erbaluce (2023) e Brachetto (2024). Con l’Alta Langa, dunque, l’iniziativa viene allargata nel 2025 a una cuvée, o meglio agli spumanti prodotti nell’areale della Docg con i vitigni Pinot Nero e Chardonnay.

VINO PIEMONTESE DELL’ANNO 2025: CELEBRAZIONI ALLA PRIMA DELL’ALTA LANGA

Quella di domani non è l’unica novità che riguarda il metodo classico piemontese per eccellenza. Regione Piemonte ha infatti recentemente pubblicato un bando per l’assegnazione dell’idoneità alle superfici vitate ai fini della rivendicazione della denominazione di origine controllata e garantita “Alta Langa” per l’anno 2025. «Una testimonianza dell’impegno continuo nella promozione e valorizzazione di questo vino», fa sapere la Regione. Confagricoltura Cuneo chiarisce i dettagli del bando, aperto dallo scorso 17 febbraio. Le domande possono essere presentate dai viticoltori fino al 20 marzo 2025 alle 23:59, esclusivamente in modalità telematica attraverso il servizio Grape – Gestione Procedimenti Vitivinicoli.

Il bando prevede un incremento del potenziale viticolo della Docg Alta Langa di 20 ettari per il 2025, parte di un più ampio programma triennale che mira a un aumento complessivo di 220 ettari nel triennio 2023-2025. Questa espansione risponde all’elevata domanda e alla crescente popolarità degli spumanti metodo classico prodotti nelle colline piemontesi, note sul mercato come “Alte bollicine piemontesi”. Possono partecipare al bando le aziende agricole iscritte all’Anagrafe agricola del Piemonte. Ciascuna azienda può presentare una sola domanda e ottenere l’idoneità per un massimo di 3 ettari durante il triennio 2023-2025. Una volta ottenuta, l’idoneità può essere utilizzata per diverse tipologie di impianto.https://www.regione.piemonte.it/web/

NUOVO IMPIANTO O REIMPIANTO: COSÌ CRESCE L’ALTA LANGA DOCG

Tra queste, il “nuovo impianto“, che permette di utilizzare un’autorizzazione ancora valida rilasciata dalla Regione Piemonte, e il “reimpianto”, sia sulla stessa superficie che su una diversa, utilizzando autorizzazioni già concesse. C’è anche la possibilità del “reimpianto anticipato“, con l’impegno a estirpare una superficie equivalente entro quattro anni dalla data dell’impianto. Il bando consente inoltre la variazione dello schedario. Sarà dunque possibile convertire superfici già iscritte con vitigni come Chardonnay, Pinot Nero o altri vitigni non aromatici idonei alla coltivazione nella regione Piemonte, in superfici idonee alla produzione di Alta Langa Docg.

Questa iniziativa rappresenta un’importante opportunità per le aziende vitivinicole piemontesi per contribuire alla crescita e alla valorizzazione della Docg Alta Langa. Una denominazione che sta acquisendo sempre maggiore rilevanza nel panorama enologico nazionale e internazionale. Come sottolineano le organizzazioni di settore, l’espansione delle superfici idonee risponde non solo all’aumento della domanda. Ma anche all’obiettivo della Regione Piemonte di sostenere la qualità e l’eccellenza dei propri vini, rafforzando ulteriormente la posizione dell’Alta Langa Docg come simbolo di prestigio e qualità nel mondo degli spumanti italiani.

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Cantine news

Mirabella Franciacorta: parola d’ordine Pinot Bianco. Da sempre


RODENGO SAIANO –
Acqua che scorre, silenziosa. Plasmando i sassi di un greto che porta lontano. Non c’è immagine migliore per descrivere il lavoro, operoso, tenace e coraggioso, della famiglia Schiavi con Mirabella Franciacorta. Già, perché in Pinot Bianco they trust. Da sempre. Dall’inizio. Non da ieri. Dal 1979.

Mentre tutti, in zona, estirpavano la varietà per puntare solo su Chardonnay e Pinot Nero – uve meno problematiche che compongono la cuvée dello Champenoise bresciano – Teresio Schiavi, nel silenzio, come un fiume che scorre invisibile, sotto la falda, continuava a credere nelle potenzialità di quel vitigno, “maltrattato e bistrattato”.

L’ORA DEI PIONIERI

E oggi che in tanti, in Franciacorta, sono tornati a impiantare Pinot Bianco, Mirabella ha deciso di uscire allo scoperto. Di farsi conoscere. Di alzare la mano. Di dire “ci siamo anche noi”. Anzi: che Mirabella c’è sempre stata. Se non altro perché è tra le aziende fondatrici del Consorzio.

Quell’acqua e quei sassi, che i figli Alberto e Alessandro hanno voluto rappresentare attraverso le forme plastiche delle etichette, oggi scorrono e rotolano alla luce del sole. Sotto gli occhi di tutti. Tanto che il Pinot Bianco, l’orgoglio di Mirabella, sarà presto messo in vendita “in purezza”. Un unicum per l’intera Denominazione, pur non rientrando così tra le tipologie catalogabili come “Franciacorta” Docg.

“E il nostro modo per comunicare in maniera estrema la bontà delle scelte fatte da nostro padre negli anni Novanta – spiegano all’unisono Alberto e Alessandro Schiavi – quando scoprì che tra le barbatelle comprate in Germania come Chardonnay, impiantate negli anni Settanta, si nascondevano in realtà ben 8 ettari di Pinot Bianco“.

Le due varietà, fino ai primi anni Novanta, venivano infatti spesso confuse. Un po’ come Cabernet Franc e Carménère, sui Colli Berici. “Al posto di espiantare lasciai il Pinot Bianco, perché è una varietà straordinaria“, evidenzia con la determinazione di un adolescente il 70enne Teresio Schiavi. Una scelta che oggi si rivela più che mai vincente, se non altro sul fronte della comunicazione del brand Mirabella.

DALLA VIGNA ALL’ETICHETTA VARIETALE

Da qui la scelta di presentare ieri alla stampa, in anteprima, tre etichette mono varietali: un Pinot Bianco, uno Chardonnay e un Pinot Nero. Solo il primo entrerà presto nel ventaglio della gamma della cantina di Rodengo Saiano. E le sperimentazioni sul Pinot Bianco, di fatto, continuano.

“Tra i 9 ettari che stiamo per acquistare – annuncia Alessandro Schiavi – una quota di 33 filari andrà a formare un vigneto sperimentale, nel quale pianteremo 11 diversi cloni di Pinot Bianco provenienti da diversi angoli d’Europa e d’Italia, oltre a quelli selezionati tra i 12 ettari già di nostra proprietà”.

Una cifra rilevante, che costituisce oltre il 20% della superficie vitata di Mirabella. E di Pinot Bianco, in Franciacorta, ce n’è davvero poco oggi. Secondo i dati forniti dall’Ufficio Tecnico del Consorzio di Erbusco (BS), aggiornati al 5 marzo 2019, il vitigno a bacca bianca più presente nell’areale della Docg resta lo Chardonnay, con 2.313,61 ettari.

Al secondo posto il Pinot Nero, con 457,10 ettari. Terza piazza per il Pinot Bianco, con 78,26 ettari, seguito solo dall’Erbamat (3,41 ettari) la varietà autoctona su cui la Franciacorta sta scommettendo, dopo aver iniziato le prime prove di vinificazione nel 2011 e averla inserita nel Disciplinare di produzione nel 2017 (massimo del 10%, ad eccezione della versione Satèn).

Sperimentazioni che riguardano solo in maniera marginale Mirabella, che “l’autoctono” ce l’ha in casa da 40 anni, dalla fondazione: il Pinot Bianco, per l’appunto. E non è l’unica scelta rivelatasi vincente.

Già, perché Mirabella può contare “indoor” su numerose vasche di cemento, oggi vetrificato, utili per conservare e amplificare gli aromi primari delle uve, in anni in cui quel materiale, ormai caduto in disuso, sta tornando di moda tra i vignaioli.

Mentre gli altri le dismettevano in favore dell’acciaio, il buon patron di Mirabella le conservava gelosamente. Stai a vedere allora che in quel fiume, silenzioso e dirompente, simbolo della famiglia, Teresio ha trovato pure sfera e bacchetta magica.

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