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GoVolcanic 2019: i vini vulcanici italiani convincono Budapest. I migliori assaggi

BUDAPEST – I vini vulcanici italiani sono ormai una categoria ben definita, riconoscibile anche all’estero. Un movimento capace di riunire i produttori di alcune delle aree vitivinicole più vocate del Belpaese, accomunate dal terroir vulcanico. La conferma è arrivata lo scorso weekend a Budapest con GoVolcanic 2019, prima edizione del summit che si candida a diventare uno degli appuntamenti chiave per i vini vulcanici internazionali, in Europa.

Sotto lo stesso tetto i vignaioli di Soave, Monti Lessini, Etna e Vulture, ospitati da 40 produttori ungheresi delle regioni di Mátra, Tokaj, Somló, Bükk, Balaton, Ménes e Szerémség. Presenti anche diversi vigneron di Isole Canarie, Azzorre, Slovenia, Israele, Francia (Auvergne) e Slovacchia (Tekov, Tekovského regiónu).

Abbiamo avviato la valorizzazione dei vini da suolo vulcanico ormai 10 anni fa – commenta Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio Tutela Vini Soave e Recioto di Soave, nonché del Consorzio del Lessini Durello – ed è bello vedere che la nostra idea si sia sviluppata non solo in chiave nazionale, ma anche internazionale”.

“All’evento di Budapest faranno seguito summit in Francia e Germania – annuncia Lorenzoni – ma soprattutto siamo protagonisti come Lessini Durello, assieme al formaggio Monte Veronese e alla cantina Santo Wines di Santorini, del progetto ‘Gli eroi vulcanici d’Europa‘: una misura 1144 dell’Ue che coinvolge 6 Stati, in 3 anni. Momenti, questi, che trasformano i vini vulcanici in una vera e propria categoria”.

Buoni i riscontri in Ungheria, con 738 visitatori registrati in due giorni all’Holdudvar della Margitsziget, l’isola Margherita sul fiume Danubio, tra Buda e Pest. “Siamo entusiasti di aver generato l’interesse internazionale per questo evento – commenta l’organizzatrice Eva Cartwright – e speriamo di aver ispirato il pubblico a visitare di persona gli incredibili paesaggi da cui provengono questi vini vulcanici”.

La macchina organizzativa dell’edizione 2020 è già in moto: “La location sarà più grande – annuncia Cartwright – e accoglierà nello stesso edificio, oltre ai produttori di vino, anche quelli di alcune eccellenze gastronomiche locali. L’intento sarà sempre quello di giocare sul trinomio Vino-Cibo-Esperienza“.

I MIGLIORI ASSAGGI A GOVOLCANIC 2019

SPUMANTI
Lessini Durello spumante Brut “Vulcano”, Zambon: 90/100
La temperatura di servizio non aiuta al momento dell’assaggio, ma l’etichetta in questione è una vecchia conoscenza di WineMag.it. Un Metodo classico che sa abbinare al frutto polposo della Durella la verticalità ed essenzialità tipica dei vini vulcanici.

VINI BIANCHI
Tokaj 2017, Sanzon Rány: 94/100
Furmint, single cru: 6 grammi litro ammortizzati a dovere dall’impronta vulcanica del terreno. Naso che si presenta timido, su note di buccia d’agrumi, per poi esplodere (letteralmente) su frutta esotica, mandarino e macchia mediterranea. Leggera percezione talcata. Spettacolo puro al palato, nel gioco tra larghezza e verticalità, polpa e “vulcano”. Chiusura salina elegantissima, con ritorni leggeri di liquirizia.

Tokaji 2017, Homonna Attila: 93/100
Furmint e Hárslevelű. Minerale da vendere, sia al naso sia la palato. Le note di pietra bagnata si avvicendano col frutto. In bocca una gran verticalità, senza rinunciare ancora al frutto, in un quadro di perfetta corrispondenza gusto olfattiva che si arricchisce di accenni di macchia mediterranea. Splendido.

Soave Doc 2017 “Le Cervare”, Zambon: 92/100
Vino bocciato tre volte dalla commissione di degustazione della Doc, forse per l’utilizzo di lieviti indigeni poco standardizzanti. Eppure “Le Cervare” è uno dei Soave più tipici in circolazione, con le sue note agrumate e l’impronta vulcanica che si manifesta su pietra focaia e polvere da sparo, prima di una chiusura sulla mandorla amara.N

Nagy-Somlói Juhfark 2017, Somlói Apátsági Pince: 92/100

Juhfark è il nome del vitigno che corrisponde al Coda di pecora, autoctono della Campania. Evidente la matrice del terroir, affiancata da note di fiori secchi, agrumi e tè nero. Al palato ricordi di frutta secca e gran sapidità, che accompagna verso un finale lungo e corposo.

Rhine Riesling 2017 “Shop Stop”, Villa Sandahl: 91/100
Un Riesling renano prodotto nella zona del Balaton, in cui i 6 grammi litro di residuo aiutano a riequilibrare la gran verticalità e freschezza del vitigno. Tra i vini più “gastronomici” in degustazione a GoVolcanic 2019.

Olaszrizling Single vineyard 2017, Sabar: 90/100
Naso ampio, talcato, mentolato, agrumato. In bocca verticale, molto salato, in un quadro di apprezzabilissimo equilibrio. Gran bevibilità, tipica del vino semplice ma non banale, e ottima persistenza.

Vinho Branco Verdelho Ig Açores 2017 “Magma”, Adega Cooperativa dos Biscoitos: 90/100
La mano degli enologi Anselmo Mendes e Diogo Lopes è leggerissima in questo vino delle Canarie che rispetta al 100% il terroir vulcanico, senza alcun compromesso “di cantina”. Vino verticale e diretto, dalla gran beva.

VINI ROSSI

Cabernet Sauvignon Red Hills Lake Country 2017, Obsidian Ridge Vineyards: 95/100
Uno dei capolavori della viticoltura americana. Al 96% di Cabernet Sauvignon la cantina accosta un 2% di Petit Verdot e un 2% di Malbec. Il gioco fra terra, frutto e terziari incolla il naso al calice.

Dal muschio al sottobosco bagnato, passando per richiami minerali (la classica pietra bagnata), si passa ai frutti rossi e alla mora, prima di sfociare nella spezia. In bocca pieno, elegantissimo, verticale ma equilibrato, tra frutto, terziari. Il tannino è vivo e di prospettiva, ma non disturba. Il rosso che sbanca l’evento di Budapest.

Etna Doc Rosso 2012 “Millemetri”, Feudo Cavaliere: 93/100
Frutto rosso, agrume, mineralità, pietra bagnata e ricordi goudron. In bocca buona verticalità e gran eleganza. Ritorni di agrumi e frutta rossa anticipano una chiusura salina, lunga e precisa. Da provare anche il rosato di questa nobile cantina siciliana.

Do La Palma Vijariego negro, Viñarda: 92/100
Siamo alle Canarie, per un vino manifesto del terroir. Con questo Vijariego negro metti il naso sul vulcano e inspiri a pieni polmoni il “concetto”. Sintesi per il naso di questa etichetta che gioca su sentori di brace, minerali e di erbe, con buon apporto di polpa. In bocca dritto, stretto, fa salvare la parte minerale. Gran bevibilità.

Etna Rosso 2016 “Scalunera”, Torre Mora: 91/100
Frutto rosso croccante, erbe, liquirizia, radice, bella profondità e pulizia. Corrispondente e lungo. Bella prova sull’Etna quella di Torre Mora, la tenuta etnea del colosso toscano Piccini.

Bükki Zweigelt Mályi – Zúgó – dűló 2018 Organikus Szőlőbirtok és Pincészet, Sándor Zsolt: 89/100
Vino semplice, beverino, tutto frutto e terroir vulcanico. Gran facilità di beva e rispetto della tipicità dello Zweigelt.

VINI DOLCI
Recioto di Soave Docg Classico 2013, El Vegro: 94/100
Naso su goudron ed erbe aromatiche. Bocca dolce e tagliente. Un Recioto di Soave da incorniciare.

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GoVolcanic: a Budapest il summit europeo dei vini vulcanici. C’è anche l’Italia

BUDAPEST – Per la prima volta in Europa, gli appassionati di vini vulcanici, geologia, rocce, minerali e gastronomia possono unirsi sotto lo stesso tetto. GoVolcanic, in programma dal 29 novembre all’1 dicembre a Budapest, in Ungheria – più esattamente all’Holdudvar della Margitsziget, l’isola Margherita sul fiume Danubio, tra Buda e Pest – è uno degli eventi più singolari del panorama europeo del 2019, giocato sul trinomio “Vino – Cibo – Esperienza”. WineMag.it seguirà l’evento in presa diretta, nella capitale ungherese.

Il concept dell’evento è del tutto nuovo e si basa su fasce orarie assegnate. Il biglietto di ingresso offre ai partecipanti cinque ore di degustazione, il tempo di passeggiare o partecipare ai seminari (maggiori dettagli sul sito web dell’evento).

Il sistema mira a garantire una distribuzione uniforme delle persone, evitando folle e code e offrendo ai partecipanti un’esperienza, in cui possono concentrarsi sulla degustazione anziché sul bere, mangiare del buon cibo, imparare e divertirsi in un ambiente rilassato.

Oltre alla degustazione di vini, i partecipanti possono incontrare alcuni dei più acclamati esperti europei e ungheresi durante i seminari di geologia. E assistere a un’esibizione accademica su rocce e minerali.

L’obiettivo del team GoVolcanic è quello di “creare un evento che rompesse il circolo infinito delle feste del vino e dei mercati gastronomici prima delle festività natalizie e di fornire una piattaforma di due giorni per coloro che non solo desiderano assaggiare vini o cibi deliziosi, ma anche conoscere i magici paesaggi vulcanici“.

Ci saranno oltre 40 produttori ungheresi presenti all’evento da Mátra, Tokaj, Somló, Bükk, Balaton, Ménes e Szerémség, oltre a un numero di cantine che l’organizzazione descrive come “sconosciute” e “straordinarie”.

Tra queste Obsidian Ridge Wines, nota azienda vinicola dalla California. Spazio anche all’Italia con i vini dell’Etna, del Vulture, di Soave e dei Monti Lessini. Per l’estero: Isole Canarie, Azzorre, Slovenia e Francia. Ampio spazio anche ai vini del Tekov della Slovacchia.

Tra i relatori di GoVolcanic ci saranno alcuni tra i più acclamati esperti di vino mondiali, produttori, ristoratori, scrittori, geologi e scienziati. GoVolcanic si propone come evento di caratura internazionale, con programmi disponibili sia in inglese che in ungherese.

Si potrà assistere ai seminari di John Szabo, Elizabeth Gabay MW, Ágnes Herczeg, David Moore, Sue Tolson, Alder Yarrow, Adam Gollner, Roland Velich, Janos Arvay, Lajos Takacs e Zoltan Balogh. Ospite d’onore sarà Imre Gyorgykovacs, enologo di Somlo.

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Sgominata cantina fantasma sull’Etna: evasi 220 mila euro al Fisco


LINGUAGLOSSA –
Produceva vini Etna Doc, senza alcuna dichiarazione fiscale e con parte dei dipendenti in nero. I Finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno scoperto a Linguaglossa (CT) una vera e propria cantina fantasma, attiva dal 2011 senza aver versato un euro al Fisco.

Comprovati, invece, un milione di euro di introiti derivanti dalla vendita del vino a Denominazione Etna. Una cantina che, come precisano gli inquirenti, non faceva parte del Consorzio di Tutela Vini.

L’operazione delle Fiamme Gialle è scattata nell’ambito delle attività di contrasto all’evasione fiscale e all’economia sommersa. Nel corso della verifica fiscale dei militari della Compagnia di Riposto guidati dal capitano Marco Burcheri, i finanzieri hanno constatato l’evasione complessiva di ben 220 mila euro tra Iva ed imposte dirette.

Eclatanti le prove a carico del titolare della cantina, che risulta residenti e originario della provincia di Catania. Fondamentali le analisi delle movimentazioni bancarie, che non hanno lasciato dubbi agli inquirenti.

La Guardia di Finanza, inoltre, ha rilevato la presenza di tre lavoratori irregolari e due completamente “in nero”. L’imprenditore, nel corso degli anni, ha omesso di applicare e versare ritenute previdenziali e assistenziali per oltre 190 mila euro.

“L’attività di servizio – evidenzia il Comando provinciale di Catania – rientra tra le iniziative volte a tutelare gli imprenditori onesti ed a proteggere l’importante settore vitivinicolo da azioni illegali che possano compromettere il “buon nome” dei pregiati prodotti catanesi”.

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Donne del Vino: nascerà in Sicilia la prima Consulta Nazionale

Nascerà in Sicilia la prima consulta italiana di concertazione tra le Donne del Vino e la Regione, “un tavolo di confronto, di ascolto, di progettazione e rinnovamento della viticoltura e dell’agricoltura siciliana”. È l’annuncio fatto dall’Assessore regionale all’Agricoltura Edy Bandiera durante la convention nazionale dell’Associazione ospitata ai piedi dell’Etna, a Castiglione di Sicilia (Catania).

Iniziativa applaudita dalla presidente nazionale Donatella Cinelli Colombini, dalla delegata siciliana Roberta Urso e da numerose Donne del vino arrivate da tutta Italia per vivere tre giorni intensi di eventi, visite, degustazioni.

“Parte dalla Sicilia un’iniziativa importante che apre un dialogo diretto con l’istituzione – dice Cinelli Colombini – crediamo che possa essere un esempio da seguire anche in altre regioni per progettare strategie, rinnovare e fare rete nelle cantine italiane. Nell’agricoltura italiana, secondo gli ultimi dati Censis, le donne a capo di aziende agricole coltivano il 21% del SAU ovvero la superficie agricola utilizzabile ma producono ben il 28% del PIL agricolo.

“Dal 2003 al 2017 – prosegue la Colombini – le donne manager rurali sono cresciute del 2,3%, portando un pensiero differente e orientato all’accoglienza e alla diversificazione. Abbiamo ricevuto un’accoglienza straordinaria, curata nei minimi dettagli dalla delegazione siciliana, dalla delegata Roberta Urso e dal sindaco di Castiglione di Sicilia Antonio Camarda che ringraziamo col cuore”.

Oltre alla convention, le Donne del Vino hanno tenuto a battesimo due nuove realtà: la prima alla tenuta Sciaranuova a Passopisciaro di proprietà della famiglia Planeta, dove Francesca Planeta ha inaugurato l’opera site-specific di Claire Fontaine, dal titolo, Ettore Majorana. Un’iniziativa nell’ambito di Viaggio in Sicilia, che segna l’inizio di un nuovo orientamento del progetto di Planeta Cultura per il territorio dedicato alla creazione di un itinerario di opere d’arte all’aperto nelle proprie tenute vitivinicole.

L’altro debutto a Verzella dove l’azienda Firriato, imprenditori vinicoli trapanesi, ha inaugurato il nuovo Bistrot & Wine Experience di Tenuta Cavanera con un grande pranzo orchestrato da mamma Vinzia Novara Di Gaetano con la figlia Irene Di Gaetano di Monte Iato.

Altra visita all’azienda Cottanera dalla socia Mariangela Cambria, con una bella vista dei vigneti sull’Etna fumante. Mariangela ha offerto l’aperitivo accogliendo le Donne del Vino in un baglio ottocentesco in pietra lavica rispettato nella sua integrità architettonica.

La convention ha avuto una parte convegnistica, moderata dalla giornalista dell’economia e dell’agroalimentare del TG 1 Anna Scafuri, a cui sono intervenuti Santo Giunta, architetto e docente di Architettura Università di Palermo, ed Enrica Arena, ideatrice di Orange Fiber, la prima fibra ricavata dalla cellulosa delle arance per farne un tessuto, insieme ad Adriana Santonocito.

Altri interventi interessanti da parte di Carlos Santos, CEO di Amorim Cork Italia, azienda leader mondiale dei tappi in sughero, che ha raccontato le nuove sfide del design e del packaging, e di Guia Bartolozzi, designer e comunicazione di Vetreria Etrusca, che ha presentato una linea di bottiglie in cui il design ha una grande importanza. Presenti alla giornata anche la Consigliera di Parità della Regione Sicilia Margherita Ferro e un portavoce del Parco di Radicepura, che ospita un festival permanente del giardino.

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Sicilia, etichettatura Doc divide i produttori: malumori a Pantelleria. Etna attendista


PANTELLERIA –
E’ giusto dare la possibilità ai produttori di scrivere in etichetta, oltre al nome della Doc d’appartenenza, anche la parola “Sicilia“? E’ la questione che divide la Trinacria, da quando la governance regionale ha messo gli occhi sull’etichettatura delle Denominazioni di ricaduta.

Tra i territori del vino siciliano più restii c’è Pantelleria. Fa discutere, in questi giorni, la proposta di modifica del disciplinare. Tra i contrari, il sindaco dell’isola, Vincenzo Campo. Si tratterebbe di “offrire la possibilità (non l’obbligatorietà) di usare, in aggiunta alla Denominazione ‘Pantelleria’, l’unità geografica più ampia ‘Sicilia’, ai sensi del disciplinare della Doc Sicilia.

“Questa proposta di innovazione – spiega Benedetto Renda (nella foto), presidente del Consorzio Vini Doc Pantelleria – ha fondamentalmente due scopi: incrementare il livello di tutela della denominazione ‘Pantelleria’ avvalendosi dei servizi di vigilanza effettuati dal Consorzio Doc Sicilia, che ha avuto il riconoscimento erga omnes e che quindi è investito di ampi poteri di controllo. Grazie alla sinergia con il Consorzio Doc Sicilia, la vigilanza comporterà minori costi per la Doc Pantelleria”.

“Il secondo vantaggio – aggiunge Renda – è l’opportunità per i vini ‘Pantelleria Doc’ di usufruire del massiccio piano di attività promozionali organizzate dal Consorzio Doc Sicilia, in Italia e all’estero, con campagne pubblicitarie, campagne social, incoming di giornalisti, eventi e fiere”.

Un esempio? “La Doc Sicilia organizza degustazioni in alcune delle maggiori fiere del vino nel mondo, come Usa e Cina. Se un ‘Passito di Pantelleria’ avrà la menzione ‘Sicilia’ il suo produttore potrà mandare il proprio vino e averlo tra quelli in degustazione, senza dover prendere uno stand, e senza dover fare la trasferta all’estero”.

“L’idea – spiega ancora il presidente Renda – è anche che il brand ‘Sicilia’ nel mondo sia ben più conosciuto di quello di ‘Pantelleria’. E che pertanto possa aiutare molti consumatori a comprendere meglio l’origine dei vini di Pantelleria e a valutarne la scelta d’acquisto”.

A tal proposito – conclude Renda – è fondamentale aggiungere che tale previsione, non modifica il nome della “Doc Pantelleria”, semplicemente consente l’aggiunta della menzione ‘Sicilia’ a seguire quello di ‘Pantelleria’. Si tratta quindi di una facoltà e di un’opportunità, non di un obbligo. Vuol dire che un produttore può liberamente decidere se mettere in etichetta anche la Denominazione ‘Sicilia’ oppure no”.


Ma le polemiche montano sull’isola anche per la scelta del giorno della riunione dei soci, indetta dal Consorzio per domenica 26 maggio. Lo stesso giorno delle Elezioni europee. “Le assemblee del Consorzio – spiega Renda – si sono sempre svolte di domenica per permettere al maggior numero di associati di prendervi parte, liberi da impegni lavorativi”.

“Si consideri che molti viticoltori, lavorando in economia i propri terreni, spesso sono impegnati anche di sabato, ecco un motivo in più per fissare l’assemblea di domenica. Infine, visto che la concomitanza con le elezioni europee, la convocazione per il 26 maggio aveva suscitato delle richieste di slittamento dell’assemblea pertanto abbiamo deciso di posticipare la convocazione in un’altra data di giugno”.

ETNA DOC FAVOREVOLE
La decisione spetterà dunque ai 325 viticoltori e alle 8 grandi cantine che compongono il Consorzio Vini Doc di Pantelleria, che rappresentano l’85% della produzione Doc dell’isola (dati vendemmia 2018). Polemiche, quelle nate tra i produttori pantesi, che non sembrano lambire un’altra importante Denominazione siciliana: l’Etna. Il Consorzio, tuttavia, preferisce non sbilanciarsi troppo.

Il Consorzio di Tutela dei Vini Etna Doc – assicura il presidente Antonio Benanti (nella foto) – ha già avviato una procedura per consentire legittimamente, in un prossimo futuro, l’utilizzo facoltativo della semplice parola ‘Sicilia’: ciascun produttore sarà libero scegliere, per mera completezza di informazione al consumatore”.

“Si tratta della possibilità di farne menzione con delle specifiche limitazioni – continua Benanti – assicurando che sia sempre la Denominazione Etna a prevalere con la massima evidenza e chiarezza. L’utilizzo più comune della parola ‘Sicilia’ sarà non sull’etichetta, ma sul retro, nel corpo del testo. Pur rispettando la facoltà del singolo produttore, l’identità del territorio Etna rimarrà, come è, ben nota e molto ben distinta nella sua unicità”.

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Etna Rosso Doc 2016 “Navigabile”, Ayunta

(4 / 5) Mettere i piedi sull’Etna, in senso vitivinicolo e non solo, è qualcosa che resta dentro. Ecco quindi che non si perde occasione per cercare, assaggiare e raccontare proprio i vini che arrivano dal vulcano. L’Etna Rosso DOCNavigabile” di cantina Ayunta ne è un esempio.

LA DEGUSTAZIONE
Rubino scarico e piacevolmente scorrevole nel calice. Naso che apre su note fruttate. Immancabile frutto rosso maturo con una bella freschezza di ribes e la dolce pienezza della prugna. Leggera nota speziata dolce come cannella e pepe bianco.

Intenso al palato risulta scorrevole grazie alla sua freschezza. Corpo pieno ed elegante con tannini vellutati ed una spiccata mineralità chiaramente percepibile. Perfetto compagno di primi piatti di terra o formaggi non molto stagionati.

LA VINIFICAZIONE
Nerello Mascalese
in prevalenza con taglio di Nerello Cappuccio (10%). Poco meno di tre settimane di macerazione e fermentazione naturale con lieviti indigeni. Affinamento in botte grande per 14 mesi. Circa 5000 bottiglie prodotte.

Piccola realtà famigliare sul lato nord dell’Etna, a Randazzo, Ayunta punta su piccole produzioni che raccontino del territorio. Soli 2,8 ettari a 700 m s.l.m. dai quali nascono le 3 referenze della cantina. Vini bilanciati, freschi ed eleganti figli del suolo vulcanico.

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Eruzioni e terremoto: l’Etna vissuto dai vignaioli di Randazzo


RANDAZZO –
Sembra essersi assestata la situazione sull’Etna, dopo le eruzioni e le scosse di terremoto che hanno generato il panico tra gli abitanti. A Zafferana Etnea e Acireale, due dei centri più colpiti dal sisma, gli sfollati stanno trovando ricovero in alcuni alberghi messi a disposizione dalla Regione Sicilia.

Notizie confortanti arrivano anche da Randazzo, sul versante Nord. Abbiamo raggiunto telefonicamente Nunzio, Stefany e Désirée Puglisi, padre e figlie che conducono l’azienda vitivinicola Enò-Trio in Contrada Calderara. Una famiglia che ama la propria terra, temendo il vulcano ma rispettandolo al punto da metterlo in etichetta.

Qualche minuto prima della scossa iniziale – racconta Désirée – mi trovavo in pescheria, a completare gli ultimi acquisti per la cena della Vigilia di Natale. A un tratto una signora in fila si accorge del terremoto. Eravamo in 10 circa e nessuno si è allarmato. Abbiamo fatto subito collegamento alla Montagna: ‘Scassau a muntagna’ dicevano tutti”.

Rientrando a casa, la giovane produttrice posta sul profilo Facebook della cantina la foto dello spettacolo offerto dal vulcano. Non senza preoccupazione. “Mio zio che abita a Linera, a pochi chilometri da Zafferana Etnea, ha iniziato a inviare diverse foto e video della nube di cenere che stava colorando le strade e le case, senza nessun avvertimento”.

“Tutto il giorno semplice spettacolo – ricorda Désirée – ma lo stesso zio, in piena notte, scrive di trovarsi per strada con la sua famiglia perché c’è stato un terremoto fortissimo. Tutta la popolazione si trova nei punti di ritrovo, racconta di panico e di ansia generale. Ma per fortuna nessun danno, nel suo Comune. Solo il rumore tremendo e le immagini di una casa che sta per crollargli addosso”.

A Randazzo invece, dove vive Désirée, il terremoto “si è avvertito poco, senza nessun allarme particolare”. Cosa si prova al cospetto dell’Etna in eruzione? “Non si può descrivere – commenta la vignaiola – è una sensazione a metà tra l’essere ansiosi e l’essere sbalorditi. Preoccupazione per i parenti che stanno dall’altro lato, pronti a fuggire in caso di necessità”.

Ma noi viviamo qui. Questo è il nostro modo di vivere. E sappiamo che accade tutto questo, ogni tanto. Il problema si pone quando l’Etna non si fa sentire”

Secondo quanto riferisce l’Osservatorio Etneo dell’INGV (Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia) sulla base delle attuali manifestazioni, sarebbero esclusi, al momento, problemi alle popolazioni ed alle principali infrastrutture.

“L’effusione lavica prodotta si riversa dalla base del Nuovo Cratere di Sud-Est entro l’ambiente desertico dell’ampia Valle del Bove. Tuttavia, sebbene le evidenze vulcanologiche più superficiali indichino una diminuzione dell’attività eruttiva generale, le informazioni desunte dai segnali geofisici non permettono di escludere una possibile alimentazione, tuttora in corso, del dicco che si è intruso”.

“Sulla base della distribuzione della sismicità attuale – continua l’Osservatorio – tale dicco potrebbe interessare un settore diverso dall’attuale teatro eruttivo, con l’apertura di nuove fratture eruttive a quote più basse di 2400 metri, in coincidenza della parete occidentale ed in quella meridionale della Valle del Bove”.

L’Osservatorio Etneo dell’Ingv sta monitorando senza sosta l’evolversi dei fenomeni in stretto contatto con il Dipartimento della Protezione Civile e tutte le Autorità di Protezione Civile.

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Sei rosati del Sud da provare: Basilicata, Etna e Puglia

Sei rosati del Sud Italia da provare a tutti i costi, ma mica per caso. Il concetto è semplice, ma occorre impegnarsi per metterlo in pratica: “usare” l’estate per scoprire il vino rosato. E berlo, poi, tutto l’anno.

Già. Perché il rosato come “vino dell’estate” è un retaggio che, ormai, possiamo metterci alle spalle. Anche se la tendenza è quella di scimmiottare i francesi, soprattutto a livello cromatico, molti produttori del Bel Paese riescono a mettere nel calice dei rosé dotati di grande personalità

Meritevoli di accompagnare la tavola degli italiani, e non solo, trecentosessantacinque giorni l’anno. Il suggerimento è quello di giocare con gli abbinamenti. Sbagliate pure. Al massimo, un buon rosato, sarà buono anche il giorno dopo, per accompagnare l’aperitivo. E allora ecco il viaggio ideale nord-sud, dalla Basilicata alla Sicilia dell’Etna.

Sei etichette presenti a Radici del Sud 2018, in passerella giovedì 28 giugno all’Osteria del Pisello di Fano (PU), nelle Marche. Sei vini diversi tra loro. Ma ognuno in grado di dire la sua, come rosé in quanto tale. Né un rosso sciacquato, né un bianco carico. Semplicemente vini dotati di un’anima propria. Rosata.


Puglia Igt Primitivo 2017 “Teres”, Fatalone (Gioia del Colle, Bari)
“Autentico. Biologico. Sostenibile”. I tre aggettivi scelti dalla famiglia Petrera-Orfino per sintetizzare la filosofia aziendale si riflettono alla perfezione sul Primitivo rosato “Teres”. Un rosato di spessore, luminoso sia al naso sia al palato. Perfetta materializzazione nel calice del colore carico, che non lascia spazio a interpretazioni commerciali o sconfinamenti d’Oltralpe.


Salento Igp Susumaniello 2017 “Elfo”, Apollonio Vini (Monteroni di Lecce, Lecce)
Tutta la grassa voracità che sa regalare in Puglia il Susumaniello, unita all’eleganza tipica dei vini Apollonio. Mettici pure una buona vena sapida, a giocare con la freschezza. E nel calice ti rendi conto d’avere un rosato perfetto.


Igp Murgia Rosato Nero di Troia 2017 “Dandy”, Mazzone (Ruvo di Puglia, Bari)
“Dandy” fa parte della linea “Trendy” di Mazzone, assieme a “Trousse”. Bello constatare che oltre al marketing, ci sia di più. Ovvero tutto quello che serve a un rosato degno di tale nome, anche se qui col colore si strizza l’occhio al mercato. Un rosato che gioca sull’equilibrio perfetto tra un’acidità spiccata e una morbidezza glicerica setosa.


Basilicata Rosato Igt 2017 “Angelina”, Tenuta Le Querce (Barile, Potenza)
Non ne sbaglia una, Tenuta Le Querce. Siamo nello splendido Vulture, terra d’elezione dell’Aglianico, qui in versione rosé con riflessi “cipollé”. Il bello è che la sostanza organolettica rimane quella del vitigno. Un rosato tattile, da masticare, croccante. Al contempo succoso e sapido. Il vino prende il nome da Angelina Pietrafesa, figlia dei proprietari di Tenuta Le Querce.


Matera Doc Rosato 2017 “Akratos”, Battifarano (Nova Siri, Matera)
Il Primitivo in Basilicata? Ebbene sì. E pure Doc. La lunga macerazione sulle bucce (24 ore) conferisce al nettare il peso specifico dei rosati con gli attributi. Frutta rossa al naso e al palato, unita a puliti richiami vegetali e a una leggera speziatura. Solo 3.500 bottiglie, per una vera e propria chicca qualità prezzo.


Etna Doc Rosato 2017 “Millimetri”, Feudo Cavaliere (Santa Maria di Licodia, Catania)
Chiudiamo questo viaggio sull’Etna, terra a noi cara e oggetto di un recente tour. Siamo sul versante Sud. Nerello Mascalese in purezza, allevato a quasi mille metri d’altezza, sulle pendici della Montagna. A un naso piacevole, di frutta matura, risponde un sorso serio, minerale, di scheletrica essenzialità. Un rosé che colpisce per la precisione e pulizia del frutto rosso tipico del Mascalese.

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Nunzio Puglisi (Enò-Trio) e Frank Cornelissen: facce pulite dell’Etna, la nuova America del vino italiano

E’ il motore rombante dell’economia siciliana. La nuova America del vino italiano. L’Etna, con i suoi vini fini, eleganti e longevi, è l’immagine più fulgida del rilancio enologico del Meridione, a suon di Nerello Mascalese. Il simbolo della riscossa di tante regioni del Sud Italia, spremute per decenni da grandi e piccole aziende del Nord.

Conquistadores a caccia di uve “da taglio” cariche di colore, d’alcol e struttura, con cui blendare bacche bianche e rosse altrimenti incapaci di dare vini di peso. Qualitativo e commerciale.

Un tesoro, l’Etna, che ha ormai abbracciato la sua indipendenza. Una terra che abbiamo visitato in lungo e in largo, entrando in nove cantine in cinque giorni di tour. Piccole e grandi aziende, che operano o meno all’interno della Gdo, nella filosofia del nostro “contenitore unico” di informazioni controcorrente.

Quel che emerge è che ciò che alla Sicilia è stato preso in passato, alla Sicilia sta tornando con gli “interessi”. I 903 ettari vitati della Doc (2,5 milioni di bottiglie complessive su 117 iscritti al Consorzio) danno vita a vini capaci di competere con i più vocati territori vitivinicoli internazionali.

Che la discesa di tanti imprenditori sull’Etna non sia frutto di pura filantropia, bensì di marketing e tentativi di diversificazione, è chiaro a tutti. L’Etna “tira”. Negli ultimi mesi, infatti, è in corso una vera e propria gara per accaparrarsi gli ultimi terreni a disposizione nel comprensorio della Denominazione. Prima che il prezzo lieviti ancora, rispetto ai 100 mila euro all’ettaro attuali.

NICOSIA: DA “CANTINE” A “TENUTE”
Il caso emblematico è quello di Cantine Nicosia. Il gruppo di Trecastagni (CT), molto attivo nella Grande distribuzione organizzata grazie alle uve dei conferitori, diventerà presto uno dei maggiori player sul vulcano.

Trentatré gli ettari di recente acquisizione sul versante Nord dell’Etna, il più vocato per la produzione dei rossi base Nerello Mascaese e Cappuccio.

Vigneti che entreranno in produzione entro il 2022. Secondo indiscrezioni, è in programma anche la realizzazione di un polo di accoglienza enoturistica nella zona di Linguaglossa. Hospitality e Spa, nel segno delle migliori boutique winery.

Il disegno è chiaro. Con la creazione di un nuovo brand, denominato “Tenute Nicosia“, la cantina che per anni ha puntato sulla Gdo (con picchi di qualità come l’Etna Rosso della linea “Grandi Vigne” dell’insegna Iper, la grande I) punta a un restyling d’immagine. Nascerà una nuova linea “top di gamma” destinata soprattutto all’Horeca, da affiancare a quella attuale del versante Etna Est (dove tra l’altro si trova il sito produttivo).

Nicosia, di fatto, è solo l’ultimo colosso che si unisce alla caccia all’oro dell’Etna. Un “battaglione” a cui i vari Firriato, Planeta, Donnafugata e Tasca d’Almerita (solo per citarne alcuni) hanno aderito ormai da anni.

L’ETNA CHE CONQUISTA
Ma se la scelta iniziale è di tipo commerciale (così come lo è stata certamente per produttori illuminati come Andrea Franchetti di Passopisciaro e Marco De Grazia di Tenuta delle Terre Nere) è anche vero che dell’Etna finisci per innamorarti, per davvero.

E allora ecco che anche i vini dei colossi (o di chi ha investito sull’Etna in maniera lungimirante, riconoscendone il potenziale economico, oltre che vitivinicolo) hanno senso di entrare nell’Olimpo enologico mondiale. Con punte di qualità assoluta, accanto ai “vini veri” e “naturali” di chi sull’Etna è nato (vedi Enòtrio di Nunzio Puglisi, nella foto sotto con la figlia Desirée) o ci è arrivato dal Belgio (come Frank Cornelissen).

Necessari però dei distinguo. Tra i “big” meglio Planeta di Firriato per i vini fermi, che mostrano ottimi margini di invecchiamento (sorprendenti i bianchi). Ottimi i due sparkling prodotti a Cavanera da Firriato, superiori al Metodo Classico base Carricante ottenuto dai vigneti di Sciaranuova – Planeta.

Per le “bollicine” dell’Etna, riferimento assoluto tutto da scoprire è Antonino Destro. La sua Azienda vitivinicola, con l’appoggio dell’enologo Giovanni Rizzo, offre una gamma straordinaria di Metodo Classico sensati e territoriali, con al vertice un “60 mesi” sui lieviti (base Nerello Mascalese vinificato in bianco) degno di entrare nella top 10 italiana dei migliori champenoise sotto i 35 euro (prezzo di cantina).

Spumanti, questi, in grado di far dimenticare in un baleno Charmat base Catarratto come “Pros.it” di Cantine Patria, più consoni a giocarsela (al ribasso) col Veneto della Glera Extra Dry, perfetta per palati avvezzi al frizzantino da aperitivo.

Poco Etna e poco senso (se non commerciale) per vini come questo: scimmiottanti il campione italiano di vendite internazionali from Treviso, scevro da qualsiasi identità etnea.

Tra l’altro uno spumante con un’etichetta – a nostro avviso – al limite della correttezza nei confronti del consumatore: “Pros” “.” “it” non vi ricorda nulla?

Sicuri che, vedendo questa etichetta su uno scaffale, in molti (soprattutto stranieri) non possano pensare di trovarsi di fronte a un “Pros”-ecco “It”-aliano? Una label molto “Patri”-ottica (scommettiamo) per le tasche della cantina di Solicchiata.

D’altronde, il Consorzio del Prosecco Doc ha ben altri problemi a cui pensare, tra cui l’allargamento della regolamentazione alla versione Prosecco Rosé, di cui già si parla ovunque.

Rapporto qualità prezzo molto interessante, invece, su tutta la linea di Antichi Vinai 1877, che a Castiglione di Sicilia è attiva con un sito produttivo di maestose capacità (oltre 1 milione di bottiglie potenziali, quasi la metà di tutta la Doc) al momento sfruttato dalla famiglia Gangemi per attività di imbottigliamento “conto terzi”.

IL CASO
Una cantina, Antichi Vinai, artefice di un casus degno delle cronache vinicole nazionali.

Quello di Neromosso, “frizzante” da 2 bar (tecnicamente “vino bianco mosso di Sicilia”) piazzato sul mercato con grande successo a un costo incredibile per la tipologia: ben 9 euro in cantina (13,50 sul sito web della cantina).

Una “bolla” imitatissima in zona, dopo il lancio ufficiale avvenuto nel 2010. Si tratta di Nerello Mascalese vinificato in bianco, con piccole percentuali di uve a bacca bianca (Minnella e Zibibbo) che restituiscono un calice tutto sommato tipico in termini di mineralità etnea.

Altro discorso per Marco De Grazia e la sua Tenuta delle Terre Nere. Un’azienda che in pochi anni si è trasformata in un vero e proprio faro per l’Etna. Vini di una finezza assoluta, con la Borgogna a materializzarsi nei calici dei “cru” delle contrade.

Tenuta delle Terre Nere è la punta di diamante di De Grazia, ex commerciante di vini che ha dato vita alla rivoluzione dei Barolo Boys. Un marchio, “BB”, che ha consentito alle Langhe di farsi conoscere fino in America. Un miracolo replicato da De Grazia sull’Etna.

Chi deve crescere, invece, è Palmento Costanzo. Il recupero dell’antico caseggiato e della cantina – unico sito produttivo siciliano costruito all’interno di un antico palmento, risalente al XIX secolo – è iniziato nel 2011, ma il cambio di enologo ha forse creato qualche squilibrio tra le annate ad oggi in degustazione.

Una difformità che non aiuta la comprensione del tipo di lavoro che la famiglia Costanzo vuole intraprendere sull’Etna, anche se le premesse sono buone. Alla ristrutturazione dell’antico palmento (prevista Hospitality e Spa) sta facendo seguito un lavoro attento nei vigneti certificati biologici, che porterà presto alla presentazione di nuove etichette, tra cui il primo “cru” e il primo Metodo classico.

I VIGNAIOLI DA COPERTINA
Ex commerciante di vino, così come De Grazia, è Frank Cornelissen. Uno che dà del tu alla Muntagna, sulla quale sembra cresciuto. E nella quale, certamente, ha affondato le radici, oggi solidissime.

Cornelissen e Nunzio Puglisi di Enò-trio, uomini copertina del nostro tour, sono vignaioli diversi tra loro. Che hanno in comune, però, l’amore per l’Etna e la voglia di proporre un modello di viticoltura rispettoso dell’ambiente.

Intellettuale il belga Cornelissen, dentro e fuori da un calice in cui sviscera un minimalismo giapponese (del Giappone, non a caso, è originaria la moglie) ad eccezione del prezzo del vino di punta, “Magma”, in vendita a oltre 180 euro.

Maestro di vigna il siculo Puglisi, un lottatore in camicia che può vantare vigneti tra i più belli dell’Etna (certamente i più maniacalmente ordinati, anche grazie all’apporto della figlia Desirée) e tra i più alti in quota (oltre i mille metri quello di Traminer, cha dà vita a un vino strepitoso).

Due sperimentatori, Cornelissen e Puglisi, che meritano tutta l’attenzione autentica di chi cerca qualcosa di lontano dalle mode e dagli stereotipi del mondo del vino. Due da prendere in considerazione a tutti i costi, in previsione di un tour alle pendici dell’Etna.

Una panoramica, quella che avete appena letto, con la quale vogliamo introdurre un secondo articolo, dedicato ai migliori vini degustati in occasione del tour: online tra qualche giorno.

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Approfondimenti

Consorzio Etna Doc: dopo un ottimo Vinitaly 2018 si punta a ProWien 2019

“Per la prima volta ci siamo presentati alla kermesse veronese in maniera compatta e coesa – dice Giuseppe Mannino, presidente del Consorzio Etna Doc – E i risultati ci gratificano degli sforzi fatti”.

Nel corso della fiera, la zona dedicata ai vini dell’Etna, all’interno del padiglione 2 della Sicilia, è stata presa d’assalto da migliaia di appassionati e addetti ai lavori: “Tantissimo interesse per le nostre produzioni – prosegue Mannino – Meno stranieri, più italiani che hanno voluto conoscere la storia del nostro territorio e assaggiare i nostri vini, soprattutto gli spumanti, vera novità di quest’anno”. Un’intera area, dunque, dedicata al mondo del vino etneo, tra Carricante e Nerello Mascalese e una degustazione, organizzata in collaborazione con il giornale online cronachedigusto.it e la regione siciliana che ha fatto registrare il “tutto esaurito” parecchie
settimane prima dell’evento.

Al tasting, 16 etichette di altrettanti produttori, che hanno raccontato, ad un pubblico molto attento, tutte le “sfumature” di bianco del Vulcano più alto d’Europa, in grado di regalare vini con una spinta acida notevole e una spiccata nota minerale. “Qui si producono vini unici – ha detto Mannino – L’interesse per i bianchi è cresciuto come mai prima d’ora. Tanto che i produttori esauriscono le scorte prima della nuova vendemmia. E la stragrande maggioranza di nuovi impianti sono a Carricante. Ora si sta cercando di capire la loro capacità di resistenza. Siamo ancora agli inizi e ne sapremo di più nei prossimi anni”.

I produttori, infatti, stanno conservando in cantina varie bottiglie di diverse annate per analizzare la capacità di invecchiamento dei bianchi. Ci sono segnali positivi. “Ho bevuto bianchi perfetti di 5 anni – spiega Mannino – Stiamo studiando. Ancora c’è poca storia e pochi dati da confrontare”.

Oltre 40 cantine, dunque, tra banchetti, aree degustazioni e stand, hanno accolto i visitatori raccontando le peculiarità di un territorio che sta vivendo un “momento magico”. “Fare sistema è l’unica via per vincere nel mondo – dice Mannino – Ora attenderemo il rinnovo dei vertici del Cda (a maggio) e poi pianificheremo il futuro”. Già nel prossimo anno, ha assicurato Mannino, l’Etna sarà presente di nuovo, con questa formula “di squadra” ormai collaudata, al Vinitaly.

E per la prima volta parteciperà al ProWein di Düsseldorf: “Andremo sempre con questa stessa formula, ci mostreremo compatti – dice Mannino – E dopo le elezioni, pianificheremo la presenza del consorzio alla varie rassegne internazionali. Verrà solo chi potrà e vorrà farlo, ma cercheremo di non lasciare indietro nessuno. Tutti siamo Etna e tutti siamo orgogliosi di esserlo. Anche facendo poche bottiglie”. A Verona il consorzio ha anche celebrato l’erga omnes, ma soprattutto ha festeggiato i 50 anni della denominazione. Il disciplinare, che nel corso del tempo ha previsto anche l’inserimento di ben 132 contrade a conferma di una diversità con pochi eguali, ha infatti visto la luce nel 1968 grazie a un gruppo di esperti che avevano ben intuito le potenzialità del territorio.

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Live Wine Milano 2018: i migliori assaggi

Si è conclusa da una settimana la rassegna enologica milanese Live Wine 2018. Quattromila i visitatori, tra pubblico di appassionati di vini naturali e operatori.

Per alcuni un’edizione sottotono, nonostante il gran traffico al Palazzo del Ghiaccio di via Piranesi. A contribuire a questo giudizio, forse, le tante novità.

Tra queste, l’esordio di molte cantine estere, accanto ai soliti nomi e a qualche new entry nostrana.

I MIGLIORI ASSAGGI  A LIVE WINE 2018
Quest’anno siamo andati anche noi a caccia di novità. Pescando soprattutto fuori dai confini italiani. Sempre lontani dai soliti cliché enofighetti e dalle convenzioni della “Milano da Bere”. La prima “bollicina” che segnaliamo – non a caso – è un Cava, il Metodo Classico spagnolo.

Azienda sorprendente quella di Recaredo, 50 ettari di vigneto a conduzione famigliare nella zona del Riu de Bitlles, comarca de l’Alt Penedès, vicino Barcelona. La linea offre interessanti variazioni sul tema e sugli affinamenti.

Magnifico il Terrers 2012 Brut Nature (58% Macabeo, 39% Xarel-lo, 3% Parellada) rimasto per 57 mesi sui lieviti. C’e tutto in questo prodotto di ingresso della cantina. Perlage finissimo, freschezza e sapidità spiccanti,  mineralità data dal terreno calcareo. Poi note di frutta bianca e gialla con qualche accenno fumè. Bocca cremosa e mediamente persistente. Ottimo finale.

Gran reserva 2007 (64% Macabeo, 36 Xarel-lo), 117 mesi di affinamento sui lieviti. Qui l’espressività del territorio e la freschezza del frutto lasciano spazio alla complessità e alle note evolute. Giallo dorato dal finissimo perlage, note di pane tostato, biscotti, frutta secca poi agrumi e anice. Bottiglia completa.

Serral del Vell Brut Nature 2008 è quello dei tre che ci convince di meno, ma merita comunque una menzione. Sempre combinazione di Macebeo e Xarel-lo in diverse percentuali. Quest’ultimo fermenta parzialmente in barrique poi la seconda fermentazione in bottiglia e la sosta per 96 mesi. Vino potente e al tempo stesso raffinato, pasticceria, nocciole tostate, agrumi canditi. Lunga la  persistenza. Una bolla cremosa, complessa.

Ci spostiamo su un distributore che presenta sparkling francesi. Champagne in prevalenza, ma noi vi consigliamo il Best/buy del banchetto .

Domaine des Marnes Blanches e il suo Cremant du Jura 100% Chardonnay. Due giovani ragazzi che lavorano in biologico dieci ettari di vigneti (alcuni dei quali hanno 100 anni) situati nel sud del Revermont, a Saint Agnes.

Pressatura soffice delle uve e fermentazione in vasche d’acciaio per 6 mesi, mentre la seconda fermentazione avviene in bottiglia per 18 mesi. Giallo paglierino intenso, bollicina fine e persistente.

All’olfatto richiama aromi fruttati e di agrumi. In bocca si nota subito la bollicina cremosa, frutta acidula , arancia, limone, ribes, ben equilibrati tra loro.

Crémant Brut Nature Flèche Saignante, Domaine Brand & Fils (40% Pinot Blanc, 30 % Pinot Gris, 30% Pinot Noir). Zero dosato. Diciotto mesi sui lieviti in barrique. Aromi intensi e fortissimo carattere minerale per questo gioiellino, abbinabile a tutto pasto.

Impossibile non citare l’Azienda Agricola TerreVive Bergianti  con il suo “Per Franco”, metodo classico di Lambrusco Salamino 100% del 2015. Fermentazione in cemento con lieviti indigeni e rifermentazione in bottiglia con sosta di 36 mesi. Rosato brillante, fragoline in esplosione , poi violette e fiori di campo. Freschezza da non farne mai a meno. Da avere sempre pronto a temperatura a 8° dalla pizza ai salumi al pesce. Incredibile.

Nando Wine si trova invece a cavallo tra il Carso italiano e quello sloveno. Dei 5,5 ettari totali, infatti, il 60% è nel Collio italiano, il 40% a Pleviso, Brda, nella regione della Primorska.

Clima mediterraneo e vigne di famiglia da sempre, con età massima intorno ai 40 anni. Proviamo un po’ tutta la linea ma quello che ci rimane di più è la magnifica semplicità della Rebula 2016. Pochi giorni di macerazione poi acciaio dove matura per 6 mesi.

Bocca setosa , palato morbido ma aromatico , paglia , fieno e frutta gialla fino al mango sorretti da una freschezza e da una mineralità ben bilanciate. Altro best/buy.

Torniamo a riassaggiare i vitigni Piwi – ovvero vitigni resistenti agli attacchi fungini e quindi meno esposti alle temibili malattie dell’oidio e della peronospora – del giovane Thomas Niedermayr titolare del maso Hof Gandberg di Appiano (BZ).

Straordinario il Solaris 2016 uno degli ultimi nati in casa. Piante ancora molto giovani ma dalla grande prospettiva. Fermentazione spontanea del mosto, 8 mesi di maturazione con le fecce in acciaio, 14 settimane in botte di rovere usata da 500 litri.

Imbottigliato in agosto 2017, non filtrato. Aromatico, fresco, sapido e minerale, bouquet di fiori, sambuco, poi frutta bianca come l’uva spina, mela, fino a note tropicali di ananas. Caleidoscopico nel bicchiere.

Allo stand dell’Azienda Agricola Nino Barraco ci lasciamo conquistare non dai soliti (splendidi) bianchi o dalle vendemmie tardive tipiche della tradizione di Marsala, ma da quello che c’è sotto il banchetto.

Un metodo classico di nero d’Avola fuori commercio, ormai rimaste pochissime bottiglie in cantina, che Nino ci confida non rifarà più. Almeno per ora. Sessanta mesi di permanenza sui lieviti. Colore rosato e tutta la gamma dei frutti piccoli rossi caldi del sud esplodono nel bicchiere. Persistenza lunghissima, freschezza e acidità.

Assaggiamo poi tutta la gamma di Frank Cornelissen cercando di soffermarci sui singoli cru in degustazione. Sette per la precisione. Ogni cru una vigna, una contrada, un’altezza dei vigneti, un suolo, un’esposizione. E’ come giocare al cubo di Rubik. Mille sfaccettature di un terroir che è il più stimolante di tutto lo stivale: l’Etna.

A colpirci sono Zottorinoto, cru Chiusa Spagnolo 2016, 700 metri versante nord, vigne di oltre 60 anni a piede franco. Lunga macerazione di 2 mesi e affinamento in vasche neutre di resina da 1500 a 2500 litri per diversi mesi.

Di colore rosso rubino. Al naso intensi profumi di frutta rossa e note di spezie dolci, poi salamoia. Al sorso è fine, elegante, corposo, equilibrato con un finale lungo e profondo.

Campo Re 2016, Nerello 100%, vigne di oltre 70 anni. Snche qui macerazione per due mesi. Colore rosso rubino. Molto più intensa la nota di frutta rossa, in particolare di ribes e di mora. A seguire note speziate molto gradevoli. Morbido, caldo ben equilibrato dalla freschezza e dalla trama tannica.

Sempre Sicilia, sempre Etna, sempre un mosaico affascinante quello di Etnella i vini di Davide Bentivegna, già segnalato da vinialsuper tra i migliori assaggi a VinNatur 2017.

Assaggiamo Anatema 2016, assemblaggio di Nerello Mascalese (85%) e Nerello Cappuccio (15%) da parcelle allevate ad alberello con oltre 30 anni di età situate in contrada Porcaria a Passopisciaro, a circa 700 metri di altitudine sul versante nord dell’Etna.

La particolarità in questo cru è che dopo la macerazione di circa una settimana e la fermentazione alcolica, si passa a un affinamento per circa 12 mesi in botti grandi di castagno. E’ meno varietale rispetto al Kaos ma la rotondità conferita dal legno scarico ne completa la complessità.

Incredibile l’intreccio di frutta rossa come ribes, amarena e della tipica macchia mediterranea siciliana, ginestra, cappero. Il retro olfattivo è un esplosione di mirtillo e amarena. Kaos 2016 è un intreccio di vendemmie, una in agosto, una in settembre, una in ottobre per cogliere il meglio di ogni fase di maturazione.

Una precoce, una matura e una surmatura. Anche qui un passaggio in castagno grande, poi torna in acciaio e infine affina in bottiglia. Fantastico perché il gioco è il perfetto bilanciamento tra la parte più acida della vendemmia prematura e il frutto della fase tardiva.

Un blend meraviglioso per una esplosione di frutta con trama fresca e acida sorretta da un tannino non invadente. Al naso sentori di frutta rossa matura, confettura di amarena e di ciliegie, prugna, poi esce il balsamico come liquirizia e sullo sfondo cannella.

Chiudiamo al nord, più esattamente nelle Langhe, in Piemonte. Con il Barbaresco 2014 di Cascina Roccalini. E chi parlava di un’annata debole, a Barbaresco, dovrà ricredersi. Il solito bellissimo frutto rosso, la solita eleganza, la solita acidità.

Quando c’è il tocco sapiente del produttore, il vino esce sempre bene. Sessanta giorni di macerazione a cappello sommerso, poi solo botte grande. Un grandissimo vino.

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Dagli abissi marini al cratere dell’Etna ecco le nuove frontiere dell’affinamento

Dopo Akenta e gli spumanti lasciati ad affinare negli abissi marini, in Sicilia si tentano affinamenti in prossimità del cratere dell’Etna. Vini d’Alta Quota 2813 come i metri di altezza dove sorge l’Osservatorio dell’Etna gestito dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) partner del progetto lanciato dalla Cantina Calcagno lo scorso luglio 2015 che si è concluso con un incontro a Catania, lo scorso 11 Novembre, per verificare gli effetti. Innovativo esperimento sposato da INGV a costo zero e senza fini di lucro,  sostenuto soprattutto nell’interesse del territorio etneo. L’Ente INGV, si è limitato  esclusivamente alla concessione di uno spazio per la messa a dimora di un lotto di bottiglie della cantina per un anno.

“Il progetto, di natura sperimentale, – ha spiegato dal punto di vista tecnico l’enologo della cantina, Alessandro Biancolin – è il primo nel suo genere e si basa sulle teorie di Pasteur, chimico, biologo e microbiologo francese  vissuto tra il 1822 ed il 1895,  che sosteneva che “l’aria in alta quota è priva di germi ed è migliore per la conservazione di un prodotto fermentato come il vino”. Secondo lo studioso “l’aria più rarefatta, con meno ossigeno, mantiene i vini più giovani . Oltre a questi elementi, il progetto Vini d’Alta Quota 2813 ha voluto verificare se questi fattori, uniti a microclima esclusivo circostante, silenzio, assenza di luce e bassa concentrazione di ossigeno favoriscono il “rallentamento” del processo di maturazione del vino e, quindi, la longevità dello stesso.

I vini conservati all’interno dell’Osservatorio di Pizzi Deneri (Linguaglossa, Ct) sono stati le seguenti annate ed etichette:

  • “Feudo di Mezzo Etna Rosso” (2012)
  • “Arcuria Etna Rosso” (2012)
  • “Arcuria Etna Rosso” (2013)
  • “Feudo di mezzo Etna Rosso” (2013)
  • “Caricante Bianco” (2014)
  • “Arcuria Rosato” (2014)

Durante l’incontro a conclusione del progetto, moderato dal giornalista gastronomico Antonio Iacona, sono intervenuti: il direttore dell’Ingv di Catania, Eugenio Privitera; i titolari della cantina Calcagno; il responsabile digital marketing dell’azienda, Pietro Galvagno; l’enologo Alessandro Biancolin e lo Chef Seby Sorbello, Patron di Sabir Gourmanderie a Zafferana Etnea, che ha deliziato i partecipanti con realizzazioni culinarie intitolate ai sapori dell’Etna e dell’autunno. Presenti inoltre il responsabile dell’Osservatorio dell’Etna, Salvo Consoli; il responsabile della Guida Vini Ais Sicilia, Orazio Di Maria; i degustatori di Slow Wine, Antonio Politi e Simona Bonsignore, ed il sommelier Mauro Cutuli che ha guidato la degustazione. All’esame organolettico, i vini degustati (Arcuria Etna Rosso 201 , Feudo di mezzo Etna Rosso 2013, Caricante Bianco 2014 ed Arcuria Rosato 2014 si sono rivelati particolarmente freschi e minerali in un quadro di equilibrio armonico. I vini facenti parte del lotto del progetto saranno messi all’asta ed il ricavato sarà interamente devoluto all’INGV, per la ricerca e per l’acquisto di nuovi macchinari.

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Vulcanei 2016: il 21-22 Maggio un ”eruzione” di vini al Castello del Catajo

I terreni vulcanici sono tra i migliori per la produzione del vino, capaci di regalare vini unici e di grande personalità, grazie alla presenza nel suolo di minerali in grado di trasferire alle vite sostanze importanti. Diverse le aree Doc italiane che possono vantare origini ”vulcaniche” tant’è che nel 2012 è nata addirittura un’associazone, ”Volcanic ”Wine”, dall’accordo tra Consorzio del Soave, Consorzi di Etna e Campi Flegrei, di Gambellara, del Bianco di Pitigliano, del Lessini Durello e dei Colli Euganei allo scopo di promuovere i vini bianchi da suolo magmatico. Diversi sono stati in passato gli appuntamenti nell’ambito del progetto di promozione di ”Volcanic Wines”, in Italia e all’estero e per, tutti i winelovers, il prossimo evento è previsto per il 21-22 Maggio a Battaglia Terme, in provincia di Padova. Un banco di assaggio con oltre 50 vini di suoli vulcanici sarà allestito nella suggestiva location del Castello del Catajo, Una delle più belle dimore europee, un monumentale edificio ricco di storia, fascino e leggende, costruito a partire dal XVI secolo da Pio Enea I degli Obizzi ,dimora unica nel suo genere che nel tempo è stata villa principesca, alloggio militare, cenacolo letterario e reggia imperiale. In degustazione vini dei territori dei Campi Flegrei – Colli Euganei – Etna – Frascati – Gambellara – Ischia – Lessini – Mogoro – Orvieto – Pantelleria – Pitigliano e Sovana – Soave – Tuscia – Vesuvio – Vulture, ma anche ospiti d’Oltralpe come Naturgarten Kaiserstuhl dalla Germania e Parc naturel régional des Volcans d’Auvergne direttamente dalla Francia. Il banco d’assaggio aprirà sabato dalle 15:30 alle 22:30 e domenica 22 Maggio dalle ore 10:30 alle 19:30. Per tutta la durata dell’evento saranno presenti con prodotti gastronomici numerosi produttori dell’area euganea tra cui alcuni presìdi Slow Food e altre rarità. Un originalissimo coffee corner completerà l’offerta. Laboratori di degustazioni guidati da un esperto daranno modo di scoprire e approfondire alcuni vini vulcanici locali, nazionali ed europei, per un confronto appassionante. Il biglietto di ingresso per il pubblico, acquistato in loco, è di 14 euro e comprende: calice e bisaccia, degustazione di tutti i vini, panificati e acqua, accesso al Giardino dei Giganti, accesso alla Sala della Pallacorda che accoglie vignaioli italiani e stranieri, accesso al portico adiacente la Sala della Pallacorda che ospita i produttori euganei ed accesso al Giardino delle Delizie e alla Grande Peschiera, oltre alla possibilità di visitare il Piano Nobile del Castello al prezzo scontato di 4 euro.

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In Abruzzo e in Sicilia il vino si degusta in treno

Il treno del vino è in partenza sul binario 1. Tutti in carrozza il 15 Maggio 2016 per una degustazione su rotaia a bordo di un treno storico che condurrà da Sulmona fino a Roccaraso lungo i binari della Transiberiana d’Italia, andata e ritorno. A partecipare all’evento, promosso da Movimento Turismo del Vino Abruzzo, Ferrovie dello Stato Italiane e dall’associazione Le Rotaie ci saranno 20 aziende vitivinicole abruzzesi. Un viaggio attraverso il Parco Nazionale della Majella con due soste, a Cansano e Palena durante l’andata e a Campo di Giove e Pettorano sul Gizio al ritorno per assaggiare i vini delle aziende partecipanti. Non sarà necessario portare alcun bagaglio, solo munirsi di calice e borsina alla partenza e, per chi lo desidera, acquistare il pranzo al sacco organizzato presso il Pratone di Roccaraso. La manifestazione, nasce come anteprima dell’ormai storico appuntamento ”Cantine Aperte” in programma sabato 28 e domenica 29 maggio. Dal 1993, l’ultima domenica di Maggio, le cantine socie del Movimento Turismo del vino, da Nord a Sud, aprono le porte agli enoturisti dando la possibilità non solo di degustare ed acquistare il vino, ma anche di visitare le vigne, le cantine e di scoprire cosa c’è dietro questo mondo. Sullo stesso binario, si fa per dire, anche la Sicilia che dal 30 Aprile lancia il suo primo ”treno del vino” che permetterà ai  visitatori e ai turisti di percorrere le pendici dell’Etna a bordo dell’automotrice a scartamento ridotto della Ferrovia Circumetnea, per inoltrarsi poi, con il Wine Bus, nelle strade del vino a scoprire le più belle cantine dell’Etna e i migliori vini locali attraverso degustazioni guidate.
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