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Italian Wine Brands perfeziona l’acquisizione di Enoitalia

Italian Wine Brands perfeziona l'acquisizione di Enoitalia

Italian Wine Brands S.p.A. perfeziona l’acquisizione dell’intero capitale sociale di Enoitalia S.p.A.. Conseguentemente Gruppo Pizzolo S.r.l., ex socio di maggioranza di Enoitalia, reinveste nel capitale di Iwb mediante la sottoscrizione e liberazione dell’aumento di capitale riservato approvato dall’Assemblea degli azionisti della Società.

Con la chiusura dell’Operazione nasce il primo gruppo italiano privato nel mondo vinicolo per dimensione. Nell’ambito dell’acquisizione prende corpo il rinnovamento del Consiglio di Amministrazione della Società che vede Alessandro Mutinelli consolidare la propria posizione di Presidente e Amministratore Delegato.

«Abbiamo sempre immaginato – dichiara Mutinelli – che si potesse creare in Italia un gruppo di rilevanza internazionale nel settore del vino. In Iwb non abbiamo mai smesso di crederci, investendo tutte le nostre energie e le nostre competenze».

«Siamo felici – conclude il Presidente – di aver creato il primo gruppo vinicolo privato italiano: questo risultato oggi è stato oggi raggiunto. Ora è il tempo di obiettivi ancora più ambiziosi».

Giorgio Pizzolo assume la carica di Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione di Iwb con deleghe sulle tematiche di produzione industriale. Simone Strocchi mantenere la carica di consigliere a supporto nelle attività di finanza straordinaria del gruppo. Pier Paolo Quaranta mantenere le proprie deleghe sul finance e il ruolo di Investor Relator.

«Enoitalia, tra le prime dieci aziende del panorama vinicolo Italiano, saprà portare competenze, dimensione e tanta voglia di crescere – aggiunge Pizzolo – in un mercato in cui la grandezza, la capacità di innovare, la profondità di gamma sono e saranno sempre più strategiche».

Le tre società operative controllate al 100% da Iwb, Provinco Italia S.p.A., Enoitalia S.p.A. e Giordano Vini S.p.A., vedono altresì confermati nel loro ruolo di Amministratori Delegati, rispettivamente, Alessandro Mutinelli, Giorgio Pizzolo e Pier Paolo Quaranta.

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Mediobanca: Riunite & Civ, Caviro e Antinori confermano leadership del fatturato

Il fatturato pre-consuntivo del 2019 conferma i tre maggiori player italiani: Gruppo Cantine Riunite & Civ a 630 milioni (+2,9% sul 2018) – al cui interno Giv fattura 406 milioni (+4,7%) – seguito da Caviro a 329 milioni (-0,4%) e Palazzo Antinori a 246 milioni (+5,3%).

Lo evidenzia l’Area Studi Mediobanca, nell’ambito dell’Indagine annuale sul settore vinicolo nazionale e internazionale. Lo studio riguarda le 215 principali società di capitali italiane con fatturato 2018 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati pari a 9,1 miliardi di euro, oltre a 14 imprese internazionali quotate con fatturato superiore a 150 milioni di euro che hanno segnato ricavi aggregati pari a 5,7 miliardi di euro.

Seguono il terzetto del podio Casa Vinicola Botter a 217 milioni (+10,9%), Fratelli Martini a 210 milioni (-2%), Casa Vinicola Zonin a 205 milioni (+1,4%), Enoitalia a 199 milioni (+9,7%), Cavit a 191 milioni (+0,5%), Santa Margherita a 189 milioni (+6,8%) e, in decima posizione, Mezzacorona a 187 milioni (-0,8%).

Casa Vinicola Botter è campione di export nel 2019 con il 93,7% del fatturato, seguita da Farnese al 92,0%, Ruffino al 91,4%, F.lli Martini con l’86,1%, Mondodelvino con l’83,3% e La Marca all’82,8%.

Con riferimento alle sole esportazioni, il 60% delle imprese si aspetta per il 2020 una flessione delle vendite e, all’interno di queste, il 37,5% prevede che la flessione sarà superiore al 10%. Un quadro peggiore a quello del 2009, quando il 60,6% delle imprese vinicole subì un calo di vendite con una flessione del fatturato del 3,7% e con cadute oltre il 10% che riguardarono il 24,2% delle imprese.

Il 53,4% delle cooperative, maggiormente legate al mass market e alla distribuzione attraverso la Gdo rispetto all’Horeca, ha formulato per il 2020 previsioni meno pessimistiche sul fatturato di quelle delle S.p.A. e s.r.l., il 68% delle quali si aspetta un calo nell’anno in corso (la quota di cooperative che attende cali di vendite oltre il 10% si ferma al 26,7% contro il 50% delle altre).

Anche la distinzione per tipologia di prodotto porta ad aspettative differenziate. In questo caso sono i produttori di vini spumanti a esprimere attese meno negative rispetto a quelli di vini non spumanti. Tra i primi, il 55,5% prevede perdite di fatturato con una contrazione dell’export del 41,2%; quota che sale oltre il 65%, sia per perdite di fatturato che export, per i secondi.

Su queste stime incide la maggiore stagionalità dei vini spumanti le cui vendite crescono in misura significativa soprattutto in corrispondenza delle festività di fine anno, periodo entro il quale si auspica il pieno superamento della crisi sanitaria.

In generale, se si assume che le esportazioni italiane di vino si ridurranno in linea con la caduta del commercio mondiale ipotizzata dalla WTO, si stima una contrazione dell’export per i maggiori produttori italiani nel 2020 compresa tra € 0,7 e € 1,4 miliardi.

Quanto al mercato domestico, considerato che circa il 65% delle vendite nazionali è veicolato da canali diversi dalla Gdo, si stima fino alla metà di maggio una perdita di oltre € 0,5 miliardi. Ipotizzando per i mesi a seguire una riapertura dei canali extra-Gdo a ritmi inferiori del 30% rispetto ai livelli dell’anno precedente, si registrerebbe un’ulteriore contrazione del fatturato pari a €0,5 miliardi.

Una fotografia che porta a stimare nel 2020 una contrazione complessiva del fatturato per circa €2miliardi, frutto di minori vendite nazionali e estere, con una riduzione stimabile del settore tra il 20% e il 25% rispetto al 2019.

CRESCITA MODESTA

I dati preconsuntivi relativi al 2019 indicano che i maggiori produttori italiani hanno chiuso lo scorso anno con una crescita del fatturato dell’1,1%, un risultato modesto se confrontato con il quadriennio precedente (2014-2018) in cui le vendite sono cresciute a ritmi compresi tra il 6,7% del 2018 e il 4,7% del 2015.

Il rallentamento del 2019 è attribuibile alla dinamica negativa del mercato interno (-2,1%) in controtendenza rispetto all’export, che ha segnato una crescita del 4,4% rispetto al 2018 anche se lontano dalle crescite oltre il 7% del triennio 2015- 2017.

Il fatturato di S.p.A. e s.r.l. cresce del 3,2% (+5,1% all’estero), mentre le cooperative segnano un decremento sul 2018 (-1,9%) per la contrazione del mercato domestico (-4,4%,) parzialmente compensata dall’espansione di quello estero (+1,8%).

Anche gli spumanti hanno rallentato nel 2019 (-0,2%), mentre i vini non spumanti sono cresciuti dell’1,5%; per entrambi i comparti, importante è stato il contributo dell’export (+3,2% per gli spumanti, +4,6% per gli altri), a fronte di vendite domestiche in regresso (-2,4% per i primi, -1,9% per i secondi).

Gli investimenti materiali nel 2019 registrano un decremento del 15,9% sul 2018, dopo quattro anni di forte crescita. La riduzione più importante è quella degli spumanti (-23,9%) seguiti da S.p.A. e s.r.l. (-16,7%). Tiene l’occupazione, in aumento del 2,6% sul 2018.

L’indice di borsa delle società vinicole Da gennaio 2001 al 3 aprile 2020 l’indice di Borsa mondiale del settore vinicolo, in versione total return (comprensivo dei dividendi distribuiti), è cresciuto del 222,5%, al di sopra delle Borse mondiali (+129%).

La capitalizzazione complessiva delle 52 società che compongono l’indice è migliorata dell’8% tra marzo e dicembre 2019, per poi subire una brusca perdita del 30% nel 1° trimestre 2020 a seguito del Covid-19 scendendo, a fine marzo 2020, a 35,8 miliardi di euro (rispetto ai 47,4 miliardi del marzo 2019), bruciando in tre mesi quasi l’intera crescita dell’ultimo quinquennio.

Tra le maggiori solo il 30% delle imprese fa il bilancio di sostenibilità, il 25% non ne parla Su un totale di 39 imprese con fatturato superiore a 60 milioni (5,2 miliardi di fatturato aggregato), 7 imprese (1,6 miliardi di fatturato, il 31% del totale) redigono un documento di sostenibilità, in 6 casi si tratta del Bilancio di Sostenibilità e in un caso della sola Dichiarazione Ambientale.

In tema di certificazioni di sostenibilità, 5 società hanno aderito al progetto ministeriale V.I.V.A., una società ha conseguito la certificazione Equalitas. Altre 20 imprese (2,3 miliardi, 44% del totale) riportano sui propri siti internet alcune informazioni in materia di sostenibilità.

Si tratta principalmente degli aspetti ambientali e delle certificazioni di qualità, nella metà dei casi in sezioni dedicate. Le restanti 12 società (1,3 miliardi, 25% del totale), di cui il 60% circa sono familiari, non fanno alcun riferimento alla sostenibilità nei propri siti.

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Approfondimenti

Valpolicella: 22 cantine a Vinitaly 2019

VERONA – Il Consorzio Vini Valpolicella sarà presente a Vinitaly (padiglione 8, stand H3-H2 – Veronafiere, 7-10 aprile) con una collettiva di 22 aziende e un calendario di eventi pensato per il trade estero.

Si inizia domenica 7 aprile alle ore 15.00 con “The freshness of Valpolicella, the elegance of Amarone and the sumptuousness of Recioto”, la masterclass esclusiva, in lingua inglese, dedicata ad operatori internazionali di settore presentata da Filippo Bartolotta, giornalista e anche docente del Valpolicella Education Program (VEP).

Una degustazione per scoprire l’identità, gli stili e le tecniche di vinificazione dei vini della Valpolicella doc e il metodo tradizionale dell’Appassimento. In questa occasione sarà presentata la terza edizione del corso di alta formazione VEP, in programma a gennaio 2020.

Nell’arco della stessa giornata anche il convegno “Protezione e valorizzazione del Made in Italy nel settore vitivinicolo” organizzato da Ugivi (Unione Giuristi della Vite e del Vino), che vedrà tra i relatori il direttore del Consorzio, Olga Bussinello che parlerà de Il ruolo dei consorzi di tutela nella valorizzazione e protezione delle dop (Sala Respighi).

Lunedì 8 aprile oltre ai tradizionali tasting condotti da ONAV, in abbinamento con formaggi del Consorzio Asiago DOP e prodotti della pasticceria Perbellini, presso lo stand del Consorzio Vini Valpolicella andrà in scena il primo Contest VEP 2019: la prova scritta con blind tasting finale sulla Valpolicella e i suoi vini. Il vincitore avrà accesso immediato al prossimo Valpolicella Education Program in occasione di Anteprima Amarone 2016.

“Vinitaly è una tappa fondamentale del programma di promozione perseguito dal Consorzio a favore di tutte le aziende della denominazione – spiega Olga Bussinello, direttore del Consorzio Vini Valpolicella. “In particolare, il nostro obiettivo resta quello della internazionalizzazione e della valorizzazione dell’intera denominazione che vale 600 milioni di euro, trainata dal brand Amarone che l’anno scorso ha raggiunto una quota export del 65%”.

Il calendario delle attività del Consorzio a Vinitaly prosegue martedì 9 e mercoledì 10 aprile, con gli abbinamenti Amarone e Recioto – sigaro toscano; un’iniziativa organizzata per il secondo anno consecutivo in collaborazione con il “Club Amici del Toscano®” (Truck esterno adiacente al padiglione 9) e Amarone e cioccolato di Modica, insieme al Consorzio di Tutela del Cioccolato di Modica, presso l’area dedicata del Mipaaft (ingresso pianoterra – Palaexpo).

Infine, per tutta la durata della manifestazione, On Air Radio Studio+ trasmetterà in diretta dallo stand del Consorzio, con focus e interviste ai principali player del settore del vino italiano su mercato, tracciabilità e tutela, new generation e i nuovi valori del vino.

LE CANTINE
Adalia – Corte Sant’Alda, Benazzoli, Bertoldi, Bonazzi Badin, Ceschi – Brugnoli, Colle Cerè di Cesare Righetti, Corte Aleardi, Corte Archi, Damoli Bruno, Dolcevera, Flatio, Fumanelli, Le Calendre, Le Marognole, Montecariano, Montenigo, Salgari, Tamburino Sardo di Fasoli Adriano e figli, Terre di Leone, Vigneti di Ettore, Villa San Carlo, Pietro Zanoni

LE CANTINE PRESENTI NEL WINE BAR
Albino Armani, Aldegheri, Bolla, Bottega, Cà dei Frati, Cantina di Castelnuovo, Cantina Valpantena Verona, Cantine Riondo, Clementi, Colle Cerè di Cesare Righetti, Corte Adami, Corte Cavedini, Corte Merci, Corte Saibante, Dal Cero In Valpolicella, Enoitalia, Fattori, Franchini Agricola, La Collina dei Ciliegi, Le Guaite di Noemi.

E ancora: Le Vigne di Giorgio, Massaro Norma, Massimago, Montenigo, Novaia, Paolo Cottini, Pasqua Vigneti e Cantine, Premium Wine Selection, Roccolo Grassi, San Rustico, Santa Sofia, Sartori di Verona, Tenute Salvaterra, Terre di Leone, Tinazzi, Vigneti di Ettore, Villa San Carlo, Villabella, Pietro Zanoni, Zýmē.

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Lo spumante italiano in continua crescita

MILANO – Nel 2018 tutti e cinque i primi player del segmento spumante hanno aumentato il loro fatturato. Guardando la classifica vediamo che la leadership della piemontese Fratelli Martini, presieduta da Gianni Martini e che opera nel mercato con i marchi Canti e Sant’Orsola, quest’anno esce ulteriormente rafforzata  registrando un fatturato di 220 milioni di euro ed allungando il divario dal secondo player portando a 80 milioni il distacco dal secondo specialista delle bollicine italiane ovvero la veneta La Marca, che comunque ha ottenuto un risultato di spicco con una crescita negli ultimi due anni del 40%. Il tutto è avvenuto all’insegna del Prosecco, prodotto di riferimento per entrambe le società che ne rappresentano rispettivamente il secondo (Fratelli Martini) e il primo (La Marca) imbottigliatore della denominazione di origine controllata per numero di bottiglie, considerando sia il proprio marchio sia il private label che è particolarmente elevato per La Marca.

Posizioni altrettanto forti, in materia di Prosecco, sono quelle di cui dispongono Villa Sandi, quinto in classifica e con una quota significativa di referenze nell’ambito del Superiore di Conegliano e Valdobbiadene docg, e Contri, che dalla quinta posizione dello scorso anno si è portato al quarto posto superando proprio l’azienda di Giancarlo Moretti Polegato. L’unica eccezione alla dittatura del metodo italiano (Martinotti o Charmat) nella parte alta della classifica è quella del gruppo Lunelli, che si conferma al terzo posto con 101 milioni di cui ben 72 sono stati realizzati con il metodo classico Trentodoc di Cantine Ferrari.

Dopo un anno vissuto in trincea, tra crisi internazionali e carenza di prodotto (post vendemmia 2017), i big del settore vinicolo nel 2018 sono riusciti a portare a casa un risultato positivo. In un anno complicato come quello appena concluso, tra le tensioni internazionali e le conseguenze della tragica vendemmia ‘17 (quella della gelata di aprile), per i big del vino italiano è andata meglio del previsto. A testimoniarlo sono i dati di preconsuntivo raccolti in anteprima da Pambianco Strategie di Impresa, dai quali si evidenzia una tenuta complessiva della fascia alta, dove spiccano i due leader Antinori e Frescobaldi che mettono a segno consistenti incrementi di fatturato e mostrano una marcia più spedita dei gruppi di fascia accessibile, avvantaggiati dalla domanda internazionale di bollicine made in Italy.

Nella fascia alta, il differenziale dipende dai risultati di Antinori, primo con 213 milioni (+5%), e di Frescobaldi, secondo con 119 milioni (+13%). Tra gli inseguitori, è stato soprattutto un anno dedicato ai cambiamenti interni e con andamenti per lo più in linea con l’esercizio precedente. Anche nell’ambito commerciale la corsa è leggermente rallentata, con un +5% nel 2018 contro il +6% dell’esercizio precedente, ma i valori in questo caso sono diversi: la top ten delle società cosiddette commerciali vale complessivamente 2,35 miliardi di euro e la più piccola di queste realtà fattura ben 150 milioni.

Osservando la top ten della fascia commerciale, appare evidente che tutti i gruppi sono in crescita, con la sola eccezione di Iwb che comunque conferma i valori del 2017. Tra i risultati più significativi compaiono quelli di Botter, che guadagna 15 milioni di euro, e di Enoitalia, che sale di 13 milioni, principalmente grazie al contributo del Regno Unito dove l’azienda veneta controlla una quota del 20% del vino venduto on trade e in buona parte si tratta di Prosecco.

Oggi la quota di produzione legata alla spumantistica per Enoitalia è pari al 40% e proprio per gestire il business dello spumante è stato realizzato il nuovo stabilimento di Montebello Vicentino. Da evidenziare, infine, il risultato di Gruppo Santa Margherita, che non può essere considerato una vera propria realtà commerciale poiché al suo interno convivono una parte ampia di prodotti accessibili (dal Pinot grigio al Prosecco), grazie ai quali la società del gruppo Marzotto ha conquistato i suoi mercati di riferimento a cominciare dagli Stati Uniti, e una altrettanto importante di fascia alta e fortemente remunerativa. Il 2018 si è chiuso con un balzo di oltre il 5% a 177,5 milioni di euro.

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Vini al supermercato

Squinzano Dop Rosso Riserva 2013, Corte Aurelio

(3,5 / 5) Un vino a due marce, da aspettare nel calice per comprenderlo fino in fondo. E’ lo Squinzano Dop Rosso Riserva “Corte Aurelio”, marchio Lidl. Una Denominazione raramente riscontrabile sugli scaffali dei supermercati, fuori dai confini della Puglia. Coraggiosa la catena tedesca della grande distribuzione a proporlo nei propri store, al prezzo (sconcertante, per certi versi) di 2,99 euro.

Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper, la vendemmia 2013. Nel calice, lo Squinzano Dop Rosso Riserva Corte Aurelio si presenta di un colore rosso rubino impenetrabile. Una bella tinta, tipica dell’uvaggio Negroamaro. La prima impressione all’olfatto non è invece delle migliori. Si limita, di fatto, al calore dell’alcolicità: la percezione, monocorde e poco definita, è quella dei frutti rossi sotto spirito. Troppo presto, però, per catalogare lo Squinzano di Lidl tra i vini al supermercato meno lodevoli.

Pian piano, di fatto, l’ossigenazione fa il suo lavoro sul nettare. Ecco che le note fruttate cominciano a prendere forme note: domina la scena la ciliegia, accanto a ribes, lamponi e more selvatiche. Netto lo spunto vegetale tipico della macchia mediterranea: salvia, rosmarino, ginepro. Poi, zafferano e pepe nero a folate.

In bocca la complessità non è certo pari a quella espressa al naso. Lo Squinzano Dop Rosso Riserva Corte Aurelio di Lidl si conferma vino di alcolicità sostenuta. Nonostante ciò, un nettare connotato da una grande semplicità di beva.

Alle note fruttate di ciliegia e lampone risponde un tannino vivo ma tutt’altro che “verde”, cui fa eco una bilanciata sapidità. Sufficiente la persistenza. In cucina, ottimo l’abbinamento di questo Squinzano Dop con le carni rosse in generale, con predilezione per le lunghe preparazioni e la selvaggina. Ottimo con primi a base di ricchi ragù di carne.

LA VINIFICAZIONE
Come spesso accade da Lidl, quasi impossibile risalire alla cantina produttrice e all’esatta tecnica di vinificazione. Sull’etichetta, di fatto, è indicato solo l’imbottigliatore: la solita V.E.B. di Bardolino, ovvero Enoitalia.

Di certo la Doc Squinzano, come da disciplinare, racchiude i vini prodotti nell’omonimo Comune della provincia di Lecce, oltre a quelli ottenuti per almeno il 70% dai vigneti di Negroamaro nei comuni di Novoli, San Pietro Vernotico e Torchiarolo e, solo in parte, nei Comuni di Campi Salentina, Cellino San Marco, Lecce, Surbo e Trepuzzi. Tutte realtà della provincia di Lecce e Brindisi.

Possono concorrere al blend la Malvasia nera e altri vitigni a bacca rossa coltivati nella zona. In generale, la predilezione è per il Sangiovese (massimo 15%). Lo Squinzano “Riserva” deve affinare per almeno due anni in cantina, di cui almeno 6 mesi in botti di legno. Da qui la complessità di un calice a due marce, come quello di Corte Aurelio.

Prezzo: 2,99 euro
Acquistato presso: Lidl

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Approfondimenti

Il Sangue di Giuda dell’Oltrepò a Salerno? Tranquilli. Lo porta Enoitalia

E alla fine dei conti, quello che ti fa più incazzare, è che gliel’hanno proposto in abbinamento a una frittura di paranza. Eppure, la controetichetta parla chiaro. “Questo vino dolce e leggendario dell’Oltrepò Pavese ha un ruolo chiave nei pranzi festivi della tradizione in Lombardia, ove la sua vivacità conferisce importanza al fine pasto. Un vino che trova il suo adatto abbinamento (…) con dolci quali crostate, pasta di mandorle e sfogliatine”. Sfogliatine? Sfogliatine, sì. Quelle campane? Forse. Sembra un’etichetta studiata ad hoc. Ma lo avete capito? Parliamo del Sangue di Giuda. Il vino dolce dell’Oltrepò Pavese.

Sono le 23.30 di sabato quando un lettore di vinialsuper ci contatta attraverso la nostra pagina Facebook. E’ al ristorante. A Salerno, dove vive. Gli hanno appena proposto un vino che non conosce, in abbinamento alla frittura di pesce che ha ordinato al cameriere. E’ un vino rosso. Qualcosa non torna. La domanda che ci rivolge è perentoria. “Non è che gli devo fare un assegno? Rispondente, prima che arriva il conto”.

Allega al messaggio la foto della bottiglia. Panico. Si tratta del Sangue di Giuda Doc “Il Pozzo”, vino frizzante dolce. Vendemmia 2015. Ammettiamo l’ignoranza. Non lo conosciamo. Il nome di fantasia non ci dice nulla. Chiediamo una foto dell’etichetta posteriore. Che arriva, di lì a qualche minuto. E’ tutto chiaro. L’azienda indicata è Enoitalia, gigante imbottigliatore di Bardolino, Verona, che serve i supermercati Lidl. Quelli, per intenderci, del Montepulciano Biologico Passo dell’Orso decantato da Luca Maroni. Boom. Questa bottiglia costerà 6 euro al lettore. Un ricarico notevole, quello del ristoratore salernitano, rispetto alle potenzialità della bottiglia.

E’ la legge dei grandi numeri. Quelli che in Italia vincono sempre, a prescindere dal valore che rappresentano realmente. Basti calcolare che una delle aziende leader del Sangue di Giuda, in Oltrepò, fissa il prezzo del proprio “base” – comprensivo di trasporto, ma con pagamento anticipato – a 4,30 euro a bottiglia. E a 6.90 euro per il “cru”. Troppo? Fin troppo poco, assicuriamo noi che quei due Sangue di Giuda (il base e il cru) li conosciamo bene. E allora vada per il Sangue di Giuda di Enoitalia. Pure al ristorante. Con la paranza. Ma si sappia: l’Oltrepò pavese è un’altra cosa. Quando imparerà a promuoversi a dovere in Italia? Ai posteri l’ardua sentenza.

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Vini al supermercato

Lagrein Trentino Dop 2014, V.e.b. Cantina Lidl – Selezione Gambero Rosso

(2,5 / 5) Pensa che l’hai pagato “solo” 3,39. E butta giù un altro sorso. Senza fare troppo lo snob. Il Lagrein Trentino Dop della Cantina Lidl, uno dei vini della catena tedesca di supermercati che possono fregiarsi della Selezione del Gambero Rosso, ha poco da dire al naso e alla bocca di chi ci si accosta.

E’ un prodotto che parla più al portafoglio del cliente. Coccolandoselo. Siamo in perfetta sintonia con le altre degustazioni effettuate da vinialsupermercato.it, pescando tra i vini Lidl selezionati dal noto Gambero di Roma.

Prezzo ultraconveniente per un vino come il trentino Lagrein, che nel resto della Gdo (discount esclusi) viaggia su cifre che rasentano il doppio del prezzo (pieno) praticato dai tedeschi nei propri punti vendita del Belpaese. Chapeau. Oppure no. Dipende dai punti di vista, insomma.

Siete, per esempio, disposti ad accontentarvi davanti a un bicchiere di rosso? Perfetto. Il Lagrein Trentino Dop della Cantina Lidl Selezione Gambero Rosso fa per voi. Siete portatori sani di nasi e palati raffinati? Girate la ruota. Alzate i tacchi. E andate altrove a cercare il Lagrein dei vostri sogni, magari in enoteca.

Che vi accontentiate o meno, è tuttavia oggettivamente imbarazzante constatare che la pomposa etichetta posteriore dell’imbottigliatore V.E.B. di località Colombara 5, Bardolino (altro non si tratta che dell’ ormai nota Enoitalia di Calmasino) differisca nella descrizione del vino rispetto al giudizio degli stessi esperti del Gambero Rosso.

L’etichetta riporta per esempio la percezione olfattiva di “fresche bacche scure”, mentre da Roma (fonte sito Lidl, sezione dedicata alla Cantina) avvertono “frutti rossi e fragoline di bosco”.

Una confusione che chiariamo grazie alla nostra – modesta – degustazione. Al naso, il Lagrein Trentino Dop Cantina Lidl Selezione il Gambero Rosso si presenta… Si presenta? Forse. Lo aspettiamo, una volta versato nel calice, almeno per un minuto prima di avvertire qualcosa.

Pian piano, il vino si apre. Fanno capolino note flebili di frutti rossi (a proposito: aveva ragione il Gambero), e fragoline di bosco. Sul fondo, come il sole che al mattino penetra flebile tra i campi di nebbia della Pianura Padana, spunta una delicata speziatura di liquirizia e foglie di eucalipto.

In bocca è piuttosto ruvido: il legno dell’affinamento in barrique non ha smorzato abbastanza gli spigoli di un calice che si riempie d’un tannino ancora troppo evidente. Il corpo è muscoloso, come quello d’un giovane palestrato che non aspetta altro che l’estate, per mettersi la maglietta corta.

E fa quasi a botte col palato, in un finale crepuscolare tra l’eccessivamente sapido e l’astringentemente acido. Da abbinare alle carni rosse o alla pizza saporita, come quella al salame piccante. Che fate: comprate?

Prezzo pieno: 3,39
Acquistato presso: Lidl

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