«Comunicazione fuorviante sul vino». Federdoc ed Efow – Federazione Europea dei Vini ad Indicazione Geografica – ha espresso preoccupazione per la campagna di sensibilizzazione sull’alcol promossa in occasione della Settimana Europea di sensibilizzazione sull’alcol 2024, inaugurata lo scorso 3 dicembre presso il Parlamento Europeo. I cartelloni esposti nell’ambito dell’iniziativa, visibili fino alla conclusione dell’evento, raffigurano una bottiglia di vino con un’etichetta che riporta ingredienti non conformi alla disciplina europea, come l’etanolo, non utilizzato nei prodotti vitivinicoli. A destare ulteriore scalpore è l’uso, sulla stessa etichetta, dell’immagine del celebre “Bacco” di Caravaggio, già impiegata dal Ministero della Sovranità Alimentare in occasione del Vinitaly 2023 per sottolineare il legame tra vino e cultura italiana.
LE CRITICHE DI FEDERDOC
«Non è accettabile che una campagna di comunicazione, finanziata dall’Unione Europea e dall’OMS, offra ai consumatori una comunicazione così fuorviante sul prodotto vino rappresentandolo come il frutto di ingredienti non ammessi dalla disciplina europea», ha dichiarato il presidente di Federdoc, Gallarati Scotti Bonaldi. Il presidente ha inoltre sottolineato come il settore vitivinicolo sia l’unico, tra le bevande alcoliche, ad aver adottato norme rigorose a livello europeo per l’etichettatura di ingredienti, calorie e valori nutrizionali. Questo, ha evidenziato Gallarati Scotti Bonaldi, dimostra l’impegno del settore per una trasparenza totale e per una corretta informazione ai consumatori, sostenuta dalla qualità e salubrità dei prodotti vinicoli.
IL VINO SOTTO ATTACCO
Federdoc ed Efow denunciano quella che definiscono una campagna di stigmatizzazione senza precedenti. L’iniziativa, secondo le due associazioni, rischia di compromettere l’immagine del vino, un prodotto che non è solo simbolo di qualità, ma anche patrimonio culturale e identitario di molti Paesi europei. Questo nuovo episodio accende i riflettori sul tema della percezione del vino e delle politiche di comunicazione adottate dall’Unione Europea nei confronti delle bevande alcoliche. Federdoc ed Efow chiedono una maggiore attenzione per evitare messaggi fuorvianti e dannosi, non solo per i produttori, ma anche per i consumatori che meritano informazioni corrette e coerenti.
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Il Pinot Grigio delle Venezie “Tra nuovi modelli e sfide di mercato” è una denominazione in salute, che guarda al futuro con ottimismo, da diverse angolature; non senza qualche grattacapo da risolvere, per continuare a volare nell’export e crescere in Italia, anche grazie a nuove strategie da adottare in collaborazione con la grande distribuzione organizzata nazionale. È quanto emerge dall’omonimo convegno andato in scena in mattinata, al Castello di Udine. A fare gli onori di casa il presidente del Consorzio Tutela Vini Doc delle Venezie, Albino Armani, che per il secondo anno consecutivo ha raccolto gli stakeholder della prima denominazione italiana per estensione: 27 mila ettari di vigneto tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Provincia Autonoma di Trento.
Territori viticoli che producono l’85% del Pinot Grigio italiano. E il 43% di quello mondiale. Un caterpillar che può crescere ancora, adottando (forse) scelte “impopolari”. Il destino è nelle mani dell’ente di tutela costituito nel 2017, che assume un ruolo ancora più centrale a fronte della riforma del sistema delle Indicazioni geografiche, che rafforza il ruolo dei Consorzi.
«AGGREGATEVI»: L’INVITO DI RICCI CURBASTRO AL SISTEMA PINOT GRIGIO DELLE VENEZIE
Ed è proprio su questo fronte che è arrivato l’intervento più sferzante del convegno, da parte di Riccardo Ricci Curbastro. «Se analizziamo tutte le denominazioni del vino italiano – ha dichiarato il presidente di Efow, European Federation of Origin Wines – ci accorgiamo che alcune funzionano e altre no. Probabilmente funzionano meno quelle i cui produttori, nella stesura del disciplinare, non hanno voluto assumersi sufficienti responsabilità rispetto a un piano di produzione, di qualità e di promozione. Ogni tanto ci vuole il coraggio di fare quello che nessuno ha mai pensato di fare, come nel caso dell’operazione Glera-Prosecco, molto simile per dimensioni a quelle del Pinot Grigio delle Venezie. Ci vuole il coraggio, dei produttori da una parte e della politica dall’altra, per fare questo salto».
«ISTITUTO MARCHIGIANO VINI – IMT, UN ESEMPIO DA SEGUIRE»
Parole poi chiarite meglio da Ricci Curbastro: «Dobbiamo metterci in testa che dobbiamo fare massa critica. Il Pinot Grigio è un esempio, da questo punto di vista. Non è facile gestire Consorzi troppo piccoli. Anzi, oggi è diventato impossibile. Esempi di aggregazione come l’Imt, l’Istituto marchigiano Vini, sono purtroppo ancora troppo rari. Aggregarsi – è l’invito sussurrato dal presidente di Efow alle tante anime del Pinot Grigio – non significa rinunciare alla denominazione o alla propria identità […]. Fare fronte comune, o pensare di diventare una sottozona di una denominazione più ampia, preserva il legittimo desiderio di comparire in etichetta con il proprio “campanile”, aggregando compiti e facendo massa critica, nell’ambito di una denominazione più ampia». Un passo indietro per farne dieci avanti, consolidando ulteriormente una denominazione da 230 milioni di bottiglie, per il 95% destinate all’export. Frutto del lavoro di 6.141 viticoltori, 575 imprese di vinificazione e 371 aziende di imbottigliamento.
VERSO UN “PIANO MARSHALL DEL PINOT GRIGIO” TRA DOC E REGIONI
Il commento del presidente Albino Armani non si è fatto attendere. «Tra gli impegni che ci prendiamo per il futuro – ha dichiarato il numero uno dell’ente che ha sede operativa a Verona – c’è quello di continuare ad essere visionari. All’inizio sembrava pazzesco traslare un’Igt in una Doc, alla quale abbiamo addirittura assicurato il valore aggiunto della fascetta di stato, che certifica la filiera ed è molto apprezzato dai buyer internazionali. Arriveranno novità anche sul fronte della gradazione alcolica e delle calorie in etichetta».
«E siamo pronti a un piano di coordinamento tra Doc e Regioni – ha aggiunto Armani -. Una sorta di Piano Marshall del Pinot Grigio, a cui non si era mai pensato e grazie al quale saranno affrontati i temi nodali, senza toccare gli interessi di altre Doc. Un altro fronte di dialogo fondamentale sarà quello con la Gdo, coordinandoci con le insegne su promozione e comunicazione e rendendo il Consorzio un attore primario nel segmento. Tutte scelte che mostrano il nostro dinamismo, nell’ambito del mosaico culturale che sta alla base della nostra denominazione».
PINOT GRIGIO DELLE VENEZIE RE AL SUPERMERCATO
Un segmento, quello della Grande distribuzione italiana, dove il Pinot Grigio performa (già) bene, pur con numeri risicati rispetto al potenziale della Doc. Con il 30% delle quote, il “Delle Venezie” si conferma leader di mercato nei numeri snocciolati da Tiziana Sarnari di Ismea – Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, seguito dalle Dop Friuli (23%, aggregate), Trentino (20%) e Alto Adige (11%). L’analisi delle performance del vitigno tra le corsie dei supermercati italiani rivela «forti incrementi» nei primi mesi 2024, ma volumi ancora bassi.
«Ampio, dunque, il margine di crescita», garantisce l’esponente di Ismea. Rispetto alle Dop che includono il Pinot Grigio, la ripartizione delle vendite delle Igp è molto più variegata, con la Igp Dolomiti molto forte in Gdo, con un peso del 58%. Segue a grande distanza la Lombardia, nello specifico con il Pinot Grigio Igp Provincia di Pavia (6%). Terzo gradino del podio per l’Abruzzo, con il 5% della IgpTerre di Chieti.
GRANDI GRUPPI E COOPERATIVE INVESTONO NEL PINOT GRIGIO
L’analisi di “competitor su base varietale”, nello specifico dello Chardonnay – dinamiche e performance decisamente peggiori, sia sul fronte delle Dop che delle Igp – conferma il grande ruolo assunto in un periodo relativamente breve dal Pinot Grigio (e, in particolare, dal Pinot Grigio delle Venezie). Non a caso, anche gli interventi di Silvano Nicolato di Cantine Vitevis e Pierluigi Guarise di Collis Veneto Wine Group hanno dimostrato quanto i grandi gruppi e le cooperative italiane credano in futuro roseo per il vitigno nella grande distribuzione organizzata italiana. Nicolato lo definisce «un vitigno che è ormai considerabile un autoctono del nostro territorio, il Veneto».
VOLA IL VALORE DEL PINOT GRIGIO SFUSO: +30% IN 4 ANNI
«Dei nostri 2.700 ettari complessivi – ha sottolineato – 400 sono di Pinot Grigio, in grado di produrre 5 dei 15 milioni di bottiglie complessive del gruppo. Il Pinot Grigio è al centro del nostro progetto vitivinicolo sin dal 2010». Guarise ha invece puntualizzato che dei 6 mila ettari complessivi a disposizione, oltre 1.100 sono di Pinot Grigio delle Venezie. «Tra questi – ha sottolineato – ben 483 aziende agricole sono certificate Equalitas, con responsabilità che vanno dunque oltre alla sostenibilità ambientale, interessando anche la sfera sociale ed economica». Cresce anche il valore dello sfuso: +30% sul mercato europeo negli ultimi 4 anni – dai 0,80 euro del 2020 a 1,10 euro al litro a fine 2024 – secondo le analisi di Patric Lorenzon di Med.&A. – Associazione nazionale agenti d’affari in mediazione e agenti di commercio.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Riforma Indicazioni geografiche lettera aperta Arepo Arev Efow e oriGIn Eu allistituzioni europee ue No ad esternalizzazione allUfficio Marchi Euipo Emiliano Garcia Page Sanchez
Lettera aperta alle istituzioni europee da parte di Arepo, Arev, Efow e oriGIn Eu. Le quattro associazioni si dicono «estremamente preoccupate per la direzione che la Commissione Europea (CE) sembra aver preso nella prossima riforma della politica delle Indicazioni geografica – IG». Al centro del dibattito, «l’intenzione della CE di esternalizzare la gestione quotidiana delle IG all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), che è responsabile della registrazione di marchi e disegni».
In estrema sintesi, secondo i firmatari «l’attuale politica delle Ig è più di una semplice protezione di un nome, è una parte integrante e di successo della politica agricola comune e dello sviluppo rurale». Per questo motivo «dovrebbe rimanere parte di essa ed essere pienamente gestita dalla Commissione europea».
Arepo, Arev, Efow e oriGIn Eu chiedono «pertanto un continuo e forte coinvolgimento della Commissione europea e, più direttamente, della Dg Agri, nella gestione della politica delle IG, alla luce della sua comprensione globale delle IG dell’Ue, compresa la promozione dello sviluppo rurale, la sostenibilità, la protezione d’ufficio e la negoziazione di accordi bilaterali o multilaterali».
IL DOCUMENTO INTEGRALE FIRMATO AREPO, AREV, EFOW E ORIGIN EU
Winemag.it è in grado di riportare di seguito interamente il documento sottoscritto dalle quattro associazioni, che rappresentano la stragrande maggioranza degli stakeholder europei delle Indicazioni geografiche.
Siamo preoccupati per l’intenzione della CE di esternalizzare la gestione quotidiana delle nostre specifiche IG all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), che è responsabile della registrazione di marchi e disegni.»
Questo è estremamente sconcertante. La CE ha promosso l’unicità del sistema di protezione delle IG sui generis dell’UE, che è sempre stato gestito a livello nazionale e comunitario dalle autorità responsabili dell’agricoltura come parte della politica di sviluppo agricolo e rurale.
Per decenni, la CE ha investito risorse per promuovere un approccio simile in tutto il mondo insistendo sulle specificità delle IG e sulle loro differenze con altri diritti di proprietà intellettuale, giustificando così un sistema di gestione diverso.
Non solo le IG hanno un regime autonomo diverso dai marchi e dagli altri DPI, ma sono diritti collettivi che svolgono diverse funzioni pubbliche (es. bene pubblico, protezione d’ufficio, deroghe specifiche al diritto della concorrenza). Le IG non sono un’espressione di interessi privati che protegge solo un nome o un segno.
Nel corso degli anni, le IG dell’UE sono diventate un simbolo della qualità degli alimenti e delle bevande europee nel mondo. Investimenti significativi sono stati fatti da tutte le persone coinvolte, attori del settore privato e pubblico, per migliorare la protezione e la promozione delle IG a beneficio di molte regioni rurali in tutta l’UE.
La politica della qualità non ha lo scopo di proteggere solo le denominazioni delle IG, ma anche di valorizzare, difendere e promuovere i punti di forza e le particolarità delle IG.
L’attuale politica delle IG è un successo. Nel 2013 il commercio delle IG dell’UE valeva 54 miliardi di euro all’anno e nel 2017 75 miliardi di euro all’anno. Oggi le IG rappresentano il 15,5% del totale delle esportazioni agroalimentari dell’UE.
Le nostre associazioni ritengono che abbiamo un solido quadro giuridico per le IG nell’UE che considera il ruolo delle IG come uno strumento di politica pubblica, uno strumento di sviluppo locale e come una parte fondamentale delle politiche agricole e commerciali dell’UE.
Inoltre, la recente riforma della politica agricola comune (PAC) ha portato a significative misure aggiuntive e positive per i nostri settori, come un’importante semplificazione delle procedure per la modifica dei disciplinari delle IG (standard rispetto agli emendamenti dell’Unione), una migliore protezione, la possibilità di includere volontariamente elementi di sostenibilità nei disciplinari e la possibilità per tutte le IG di fare uso dello strumento del regolamento di fornitura.
Questi importanti cambiamenti alla politica delle IG dell’UE sono in linea con le richieste della società e il Green Deal dell’UE. Sono appena entrati in vigore e snelliranno le procedure a beneficio dei produttori, dei consumatori e della Commissione europea.
Riteniamo che le IG abbiano funzioni pubbliche. Sono molto più che semplici diritti di proprietà intellettuale. Infatti, sono state considerate dai politici fino ad oggi come strumenti di politica pubblica, che forniscono beni pubblici a tutta la società europea, garantendo:
Lo sviluppo locale, mantenendo la popolazione rurale e l’occupazione
La produzione non delocalizzabile,
Prezzi premium per i produttori (in media 2,85 per i vini IG, 2,52 per gli alcolici IG e 1,5 per i prodotti agricoli e alimentari IG),
Gestione del paesaggio e della biodiversità,
Rispetto delle conoscenze tradizionali e della specificità dei prodotti.
Siamo fermamente convinti che le IG abbiano un ruolo di primo piano nella strategia Farm to Fork e dovrebbero essere utilizzate dai decisori europei e nazionali come uno strumento chiave per garantire la sostenibilità preservando l’equilibrio territoriale a livello regionale.
Questo è il motivo per cui la gestione delle IG dell’UE dovrebbe rimanere nelle mani della Commissione europea e non dovrebbe essere esternalizzata ad alcuna agenzia esterna.
Le nostre associazioni credono fortemente che delegare qualsiasi ruolo in termini di gestione delle IG all’EUIPO invierebbe un segnale negativo. Minerebbe l’opposizione dell’UE all’idea degli Stati Uniti che un marchio collettivo o un regime di marchio di certificazione sia il mezzo più efficace per fornire alle IG una protezione conforme ai TRIPs. Questo sarebbe un’inversione di marcia rispetto alla posizione che l’UE ha difeso strenuamente per anni a livello internazionale.
Inoltre, è fondamentale prendere in considerazione il fatto che i nostri disciplinari delle IG includono sempre più disposizioni che vanno oltre la protezione del nome. Di conseguenza, la Commissione europea è l’unica autorità che ha la competenza per occuparsene, poiché ha la capacità di valutare gli elementi dei disciplinari delle IG che riguardano la sostenibilità (inerente alle IG), la qualità, la concorrenza leale, ecc. tutti elementi che saranno sempre più centrali visto il Green Deal dell’UE.
La Commissione può anche garantire che il sistema delle IG rimanga veramente europeo, assicurando uniformità e coerenza nella sua applicazione in tutta l’Unione.
Infine, respingiamo un argomento della CE che dice che ha bisogno di avere più risorse per affrontare la politica delle IG. Crediamo che le nuove regole sviluppate per semplificare la procedura di modifica dei disciplinari delle IG avranno successo nell’aiutare la Commissione europea a gestire i possibili ritardi e arretrati, come è stato dimostrato quando tali modifiche sono state introdotte per i vini IG qualche anno fa. Il numero di dossier in sospeso è oggi molto più limitato e gli operatori delle IG non soffrono di arretrati.
CHI SONO I FIRMATARI DELLA LETTERA
AREPO, Associazione delle regioni europee per i prodotti d’origine, è una rete di regioni e associazioni di produttori che si occupa di prodotti d’origine e sistemi di qualità dell’UE. Rappresenta 33 regioni europee e oltre 700 associazioni di produttori per oltre il 60% delle IG europee.
AREV, Assemblea delle Regioni Europee del Vino, creata 33 anni fa, ha sede a Bruxelles e conta una cinquantina di regioni europee membri, rappresentate da una doppia base: politici regionali eletti e rappresentanti delle organizzazioni professionali viticole. Questo modello dà all’AREV una legittimità statutaria e storica unica (nella foto dell’articolo il presidente Emiliano-Garcia-Page-Sanchez).
EFOW, Federazione Europea dei Vini d’Origine, è l’organizzazione con sede a Bruxelles che rappresenta i vini DOP e IGP presso le istituzioni europee. EFOW rappresenta più dell’80% dei vini IG dell’UE. Come voce dei vini d’origine, la missione dell’EFOW è quella di difendere e promuovere il concetto di vino a indicazione geografica a livello europeo e internazionale.
oriGIn EU è la costola europea della World Alliance of Geographical Indications e rappresenta i singoli gruppi di IG e le associazioni nazionali di IG presso le istituzioni europee. Il settore delle IG dà un contributo significativo all’economia europea, rappresentando un valore di vendita di oltre 75 miliardi di euro e circa il 15,5% delle esportazioni totali di alimenti e bevande dell’UE.
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Efow si opporra al Prosek per tutelare il Prosecco. Pressing di De Castro a Bruxelles
Anche Efow, l’European Federation of Origin wines, si schiera con l’Italia sulla querelle Prošek – Prosecco. La Federazione europea dei vini Dop e Igp, con vicepresidenza italiana (Riccardo Ricci Curbastro, numero uno di Federdoc), annuncia che «si opporrà alla protezione del termine Prošek come Menzione Tradizionale».
«Il sistema delle Ig dell’Ue deve essere rafforzato e non frammentato dall’interno», aggiunge l’organizzazione guidata dal francese Bernard Farges, che vede come membri, oltre a Francia (Cnaoc) ed Italia (Federdoc), anche Spagna (Cecrv), Portogallo (Ivdp) e Ungheria (Hnt).
Siamo preoccupati nel vedere che l’Ue, custode dei trattati, metta sullo stesso piano una nota denominazione come il Prosecco con un termine che è la sua traduzione in croato ed evoca foneticamente e visivamente l’indicazione geografica in questione».
«L’Ue – continua Efow – sostiene che non si tratta dello stesso prodotto vinicolo e che i consumatori, attraverso l’etichettatura, non possano essere fuorviati. Tuttavia, non si tratta solo di ingannare i consumatori, ma prima di tutto di sfruttare reputazione, riconoscimento e investimenti del Prosecco, compresa la protezione del nome della Ig contro le infrazioni nell’Ue e nei paesi terzi».
Durissima, poi, la stoccata alla Croazia che ha avanzato la richiesta di registrazione del Prošek: «Oggi è uno Stato membro dell’Ue che cerca di aggirare il sistema delle Indicazioni geografiche protette. Si rischia così di creare un precedente. Come potremo, in seguito, continuare a cercare e ottenere una migliore protezione delle Ig nei Paesi Terzi, come nel caso dei difficili negoziati in corso con l’Australia?».
DE CASTRO: «NO A IMITAZIONE E ABUSI»
Intanto, sulla querelle Prošek – Prosecco, sembra aver preso una posizione più netta – dopo i tentennamenti iniziali – anche Paolo De Castro. Nelle scorse ore, il coordinatore del Gruppo S&D in commissione Agricoltura del Parlamento europeo è tornato sull’argomento assieme all’omologo del PPE, Herbert Dorfmann.
Non possiamo tollerare che la denominazione protetta Prosecco, una delle più emblematiche a livello Ue, diventi oggetto di imitazioni e abusi, in particolare nell’Unione europea».
«Di fronte alla richiesta di tutela di una menzione, Prosek, che altro non è se non la traduzione in lingua croata del nome Prosecco – sottolineano De Castro e Dorfmann – ribadiamo ancora una volta che il regolamento Ue sull’Organizzazione comune dei mercati agricoli stabilisce che le Denominazioni di origine e Indicazioni geografiche protette devono essere tutelate da ogni abuso, imitazione o evocazione».
«A seguito dell’approvazione preliminare della richiesta croata da parte della Commissione – aggiungono gli europarlamentari Pd e Svp – ci auguriamo che lo scrutinio degli Stati membri e di tutte le organizzazioni e associazioni impegnate nella tutela delle nostre eccellenze agroalimentari porti al più presto all’interruzione della procedura di registrazione».
Anche Paolo De Castro ed Herbert Dorfmann fanno riferimento al rischio del «precedente nel quadro di negoziati commerciali con Paesi terzi, tra cui quelli in corso con Australia, Nuova Zelanda e Cile, che già si oppongono alla protezione completa del Prosecco».
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Nuovi dazi Usa Confagricoltura Cogliamo flessibilita per chiudere contenzioso
L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno concordato oggi la sospensione reciproca per quattro mesi delle tariffe aggiuntive relative alla controversia Boeing-Airbus. La sospensione coprirà tutte le tariffe sia sugli aeromobili che sui prodotti non aerei e diventerà effettiva non appena saranno completate le procedure interne da entrambe le parti. Ciò consentirà all’UE e agli Stati Uniti di concentrare gli sforzi verso la risoluzione di queste controversie di lunga durata in seno all’Wto.
«Questo è un passo avanti significativo – dichiara il vicepresidente della Commissione europea per il commercio Valdis Dombrovskis – che segna una svolta nel rapporto con il nostro partner più grande ed economicamente più importante. La rimozione di queste tariffe è vantaggiosa per entrambe le parti, in un momento in cui la pandemia sta danneggiando i nostri lavoratori e le nostre economie».
Grande soddisfazione per l’accordo da parte di Confagricoltura. «L’annuncio della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen – dice il presidente Massimiliano Giansanti – è di estrema importanza e va nella direzione da noi auspicata e caldeggiata a livello europeo».
I dazi aggiuntivi Usa sulle importazioni agroalimentari dalla UE sono in vigore dall’ottobre 2019 per un controvalore di poco inferiore a 7 miliardi di euro. Per quanto riguarda il Made in Italy del settore, si tratta di circa 500 milioni di euro. Gli Stati Uniti sono il primo mercato di sbocco fuori dalla UE per i prodotti agroalimentari italiani, con un fatturato annuale che sfiora 5 miliardi di euro.
Soddisfazione anche da parte di EFOW, la Federazione Europea dei Vini a Denominazione di Origine. «Possiamo solo lodare il lavoro e la dedizione della Commissione europea – dichiara Bernard Farges presidente di EFWO – nel cercare una moratoria di queste tariffe di ritorsione. Ci auguriamo vivamente che si trovi rapidamente una soluzione per porre definitivamente fine alla controversia e all’imposizione di queste tariffe punitive».
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Crescita del vigneto Europa dopo il 2030 e scontro a Bruxelles
La crescita del vigneto Europa deve continuare ad essere armoniosa e senza forzature a Bruxelles, anche dopo il 2030. È quanto sostiene Bernard Farges, presidente di Efow (Federazione Europea dei Vini di Origine) in relazione alla proposta della Commissione europea di stabilire una crescita annua del 2% al posto dell’attuale 1%.
Farges ha messo nero su bianco la sua preoccupazione attraverso una lettera aperta, indirizzata al commissario europeo per l’agricoltura Janusz Wojciechowski, alla presidenza del Consiglio portoghese (Ministro dell’Agricoltura Maria do Céu Antunes), nonché al referente per l’organizzazione comune dei mercati, Eric Andrieu.
Efow – la Federazione Europea dei Vini di Origine è molto preoccupata per il futuro del regime di autorizzazione all’impianto della vite dopo il 2030. La nostra organizzazione ritiene che il dibattito sull’estensione del sistema sia manipolato da pregiudizi puramente ideologici e ignora la realtà della vita dei nostri terroir e delle regioni vinicole».
«Il Consiglio e il Parlamento europeo – continua Farges (nella foto, sotto) – hanno mandato messaggi forti e chiari su questo tema: prolungare la durata dell’attuale regime di autorizzazione all’impianto di vite con una crescita annua dell’1%. L’unica questione che i colegislatori dovrebbero discutere in base al loro mandato è la data di fine del sistema (2040 – mandato del Consiglio vs 2050 – mandato del Parlamento europeo)».
Sempre secondo il presidente Efow, la Commissione Europea, «sta superando le sue prerogative proponendo una crescita del 2% annuo del vigneto europeo dal 2031 in poi. Questa proposta di compromesso non rispetta i mandati del Parlamento europeo e del Consiglio. È incomprensibile e irresponsabile perché mette seriamente a repentaglio lo sviluppo armonioso del nostro settore e va contro alcuni degli obiettivi del Green Deal».
Efow ei suoi membri ritengono sia «fondamentale preservare uno strumento che consenta una crescita adattata e dinamica del vigneto dell’Ue» e sottolineano «l’importanza del mantenimento del sistema».
Uno strumento, quello attuale, «che garantisce una crescita sostenibile del vigneto in linea con lo sviluppo dei mercati» che, per questo, «dovrebbe rimanere un pilastro della politica vitivinicola dell’Ue».
L’attuale regime di autorizzazione all’impianto dei nuovi vigneti aiuta a prevenire le crisi di sovrapproduzione e il conseguente calo della qualità. Aiuta a preservare la biodiversità in zone difficili e consente lo sviluppo di aziende agricole familiari, oltre a incoraggiare l’insediamento di giovani viticoltori.
In linea con gli obiettivi del Green Deal, la crescita dell’1% ha consentito ai viticoltori di promuovere la sostenibilità sociale, economica e ambientale.
Nella sua lettera aperta, Bernard Farges ricorda poi che «i dazi Usa su molti vini di denominazione europei e la crisi Covid-19 sono esempi di come il mercato del vino europeo, che era relativamente sano, possa essere rapidamente destabilizzato».
Gli Stati membri, in collaborazione con gli operatori del settore, hanno dovuto adottare misure forti per aiutare i mercati a riprendersi come distillazione, ammasso privato, vendemmia verde, ecc, con il rischio di dover attuare nuove misure anche quest’anno».
«La crisi Covid-19 – continua il presidente di Efow – è tutt’altro che finita; le conseguenze per gli operatori saranno di lunga durata e occorreranno molti anni prima che tornino ai livelli pre-crisi. Nel frattempo, come sottolinea la Commissione europea nel suo rapporto sulle prospettive del mercato agricolo fino al 2030, c’è una tendenza verso una continua diminuzione del consumo di vino a causa dei cambiamenti nelle abitudini di consumo».
È in questo contesto che, secondo Farges, «non ha senso aumentare la percentuale di autorizzazioni all’impianto di viti, che comporterebbe seri rischi di desertificazione rurale, con abbandono di aree difficili e remote e sovrasfruttamento, con trasferimenti in aree ad alta produzione (dai pendii alle valli) che porterebbe instabilità dei prezzi, reddito incerto per i produttori e, di conseguenza, minori investimenti, oltre a uno spreco di risorse dovuto alla sovrapproduzione».
Infine, il presidente della Federazione ricorda che «la viticoltura europea, in particolare la viticoltura a denominazione, ha bisogno di certezza e stabilità. Aumentare significativamente la percentuale di crescita nelle piantagioni non è ciò che i viticoltori cercano in questi tempi difficili».
D’altro canto, i mandati del Parlamento europeo e del Consiglio includono disposizioni per una clausola di revisione del regime di autorizzazione all’impianto di viti: «Questo è un approccio sensato – chiosa Bernard Farges – in quanto consentirà di discutere la percentuale al cospetto della valutazione del sistema e della situazione economica di riferimento».
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Vini a denominazione lettera di Efow allUe Situazione drammatica
L’European Federation of Origin Wines (Efow, Federazione europea dei vini d’origine) ha scritto al commissario per l’Agricoltura dell’Ue Janusz Wojciechowski per denunciare la “drammatica situazione delle denominazioni vinicole in seguito allo scoppio della crisi Covid-19“.
L’esortazione alla Commissione europea è quella di “agire rapidamente attraverso misure normative e di mercato concrete per aiutare gli operatori a navigare in queste acque agitate”. Un invito simile è stato mosso nei giorni scorsi dalla Confédération européenne des vignerons indépendants (Cevi), che riunisce i vignaioli europei.
“L’emergenza Coronavirus – spiega presidente di Efow, Bernard Farges – si aggiunge alle altre crisi in atto che il settore vitivinicolo deve affrontare nei mercati di esportazione, in particolare il 25% dei dazi statunitensiad valorem e le difficoltà incontrate nei paesi asiatici”.
Si è già verificata una significativa perdita di vendite e ed entrate causata dalla chiusura di Horeca e di altri canali di distribuzione. Gli unici canali ancora attivi nella maggior parte degli Stati membri sono i rivenditori all’ingrosso e il commercio elettronico”.
“Tuttavia – prosegue Farges – molti operatori di denominazione del vino non sono presenti nei supermercati e il canale di e-commerce è ancora molto sottosviluppato nel nostro settore. Molti operatori di vini a indicazione geografica stanno a malapena movimentando la merce, tranne per operazioni di esportazione occasionali”.
“La crisi – precisa il presidente European Federation of Origin Wines – ha anche un impatto devastante sui mercati di esportazione del vino, sulle attività dei produttori di vino e sul settore enoturistico”.
I membri di Efow desiderano che vengano implementate rapidamente una serie di misure normative, per aiutare gli operatori ad adattarsi a questa nuova realtà. Inoltre, invitano la Commissione europea a “fornire agli Stati membri piena flessibilità riguardo all’uso degli strumenti e del bilancio disponibili nei programmi di sostegno nazionali per il vino”.
Considerando l’enorme impatto della crisi, Efow sottolinea anche la necessità di un sostegno finanziario specifico per attuare misure di mercato. “Devono essere immediatamente adottate misure rapide e coraggiose per evitare il peggior scenario possibile per molti operatori del settore vitivinicolo”, afferma Bernard Farges.
“I responsabili politici dell’Ue devono tenere presente che ci sono molte zone rurali dell’Ue in cui non esiste alternativa alla produzione di vino. Gli operatori hanno bisogno di un sostegno immediato per sopravvivere a questa crisi”.
“Gli strumenti – evidenzia il presidente di Efow – sono disponibili nel regolamento dell’organizzazione comune dei mercati, quindi speriamo che la Commissione europea ne faccia pieno uso senza indugio. Il futuro del nostro settore dipende da questo”.
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STRASBURGO – La Federazione europea dei Vini di Origine (Efow) ha presentato all’Intergruppo Vini dell’Unione europea una proposta di autoregolamentazione sulle indicazioni nutrizionali e gli ingredienti del vino in etichetta.
Il commissario Andriukaitis ha accolto i rappresentanti della European Federation of Origin Wines il 12 marzo, nella sede del Parlamento europeo di Strasburgo.
“Il settore del vino – spiega Il presidente di Efow, Bernard Farges(nella foto) – ha presentato una proposta ambiziosa per fornire ai consumatori le informazioni più rilevanti sul processo di trasformazione dell’uva in vino, inclusi gli additivi e il valore energetico derivante dall’alcol e dagli zuccheri residui”.
Una discussione destinata ad accompagnare il mercato del vino almeno per i prossimi 3 anni. La timeline dell’Efow, di fatto, si estende fino al 2021. Se la proposta venisse accettata, i consumatori potrebbero trovare sull’etichetta del vino le informazioni relative al suo contenuto calorico. Come accade oggi per i succhi di frutta o le merendine.
Così, oltre alle informazioni obbligatorie sul contenuto di solfiti, su uno spumante Brut potrebbero comparire formule come questa: 100ml: E= 301kJ/72kcal.
Un ulteriore ausilio ai consumatori potrebbe essere fornito dal web. E’ infatti allo studio una piattaforma sulla quale poter trovare tutte le informazioni nutrizionali sul vino prodotto nei Paesi dell’Unione europea. Uno degli strumenti al vaglio è il portale di WineinModeration, che potrebbe essere indicato sulle etichette di vino.
“I produttori non hanno nulla da nascondere ai consumatori – ha precisato Farges – e sono orgogliosi di rispettare severi regolamenti sulle pratiche enologiche che si applicano ai vini a denominazione di origine protetta. I diversi tipi di vini sono disciplinati dalle normative UE, per garantire che i consumatori non siano fuorviati negli acquisti e nel consumo”.
“Con questo ci riferiamo anche al contenuto alcolico derivante dalla fermentazione e agli allergeni. Domani, per esempio, sarà indicato anche l’uso in alcuni vini di sostanze edulcoranti”.
Solo gli additivi del vino che non sono considerati come processing aids (ovvero “ausiliari di elaborazione” o “coadiuvanti tecnologici”) durante il processo di vinificazione, come definito nell’OIV, devono essere inclusi nell’elenco degli ingredienti, ai sensi dell’articolo 20 del regolamento UE n. 1169/2011.
Farges ha precisato che “il settore intende innovasi attraverso la dematerializzazione e l’informatizzazione, che renderebbe le informazioni disponibili in molti lingue, senza danneggiare la competitività degli operatori”.
“Speriamo che questa proposta di la regolamentazione sarà integrata in un quadro giuridico europeo per salvaguardare il mercato unico – ha concluso il presidente Efow – ma anche per rendere più trasparenti le pratiche di produzione dei vini importati. Pratiche come l’aggiunta di acqua, che a volte divergono da quelle dell’Ue”.
In Italia vigila sul dibattito la Federazione italiana vignaioli indendenti (Fivi), che si batte per vedere approvate – quantomeno – alcune deroghe ed esenzioni per i piccoli produttori.
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valore nutrizionale calorico del vino efow come calcolare
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
BRUXELLES – Il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri dell’Agricoltura e della Pesca hanno ratificato oggi la parte agricola del “Regolamento Omnibus”. Efow, la Federazione europea dei vini d’origine, accoglie con grande favore questa adozione.
“La componente agricola del regolamento Omnibus introduce nuove disposizioni molto positive per il settore del vino – evidenzia Efow in una nota – in particolare per le Denominazioni del vino. Concretamente, il regolamento migliora il sistema delle autorizzazioni di impianto di nuove viti, introducendo nuovi criteri a disposizione degli Stati membri. Inoltre, il testo prevede nuove misure per far fronte ai rischi climatici, abbassando la soglia per attivare l’assicurazione sulle colture, e per rispondere all’andamento negativo dei prezzi sul mercato, attraverso la condivisione del valore da parte delle organizzazioni di settore”.
Il presidente dell’Efow, Bernard Farges, accoglie così il lavoro svolto dai legislatori europei: “Si tratta di una riforma della Pac che consentirà al settore vinicolo, a partire dal 1 gennaio 2018, di rispondere meglio alle sfide che dovrà affrontare. Esprimo il mio plauso al coraggio dei ministri dell’Agricoltura e di tutti i deputati europei, in particolare gli eurodeputati Paolo De Castro e Michel Dantin, che hanno approfittato di questa opportunità per sostenere il settore vitivinicolo e speriamo che questo lavoro costruttivo continui mentre ci imbarchiamo in un dibattito sulla prossimo riforma della Pac”.
LA RIFORMA Pac 2014-2020 è acronimo di “Politica agricola comune” e riguarda una delle voci maggiori del bilancio comunitario (quasi il 45%). Attraverso il “Regolamento Omnibus”, che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2018, i ministri dell’Agricoltura dei Paesi membri hanno voluto introdurre alcune modifiche “in favore dei produttori degli Stati membri”. Una volta entrato in vigore, il Regolamento Omnibus non potrà infatti subire alcuna modifica sino al 2020.
“Con 503 voti a favore, 87 contrari e 13 astenuti – precisa l’eurodeputato De Castro – il Parlamento europeo ha approvato la riforma di medio termine della Pac: la politica agricola dell’UE post 2018 sarà più semplice ed equa. Il lavoro in Parlamento sull’Omnibus si è concluso con un ottimo risultato che conferma quanto l’accordo raggiunto in sede di triloghi con Commissione europea e Consiglio fosse estremamente ambizioso”.
MARTINA: “OTTIMA NOTIZIA”
“L’adozione del pacchetto Omnibus è un’ottima notizia. C’è molto dell’iniziativa italiana in questa riforma, grazie al lavoro dei nostri eurodeputati a partire da Paolo De Castro e dall’azione del nostro Ministero. Abbiamo ottenuto avanzamenti importanti che correggono una politica agricola comune troppo burocratica. Dal 1 gennaio 2018 ci saranno infatti più semplificazioni e progressi importanti per l’agricoltura italiana”.
Così il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina, che continua: “C’è più spazio per il sostegno ai giovani agricoltori, un taglio concreto di vincoli burocratici e un’attenzione maggiore alla questione cruciale della gestione del rischio, che vede un miglioramento degli strumenti a disposizione. Per la prossima programmazione servirà ancora più spinta per tenere insieme agricoltura, alimentazione e ambiente. La Pac è un pilastro necessario sul quale investire, un passaggio chiave per il rilancio dell’Europa”.
LE PRINCIPALI NOVITÀ DEL PACCHETTO OMNIBUS – Si prevede una maggiore flessibilità per identificare la figura dell’agricoltore attivo, nell’applicazione degli aiuti accoppiati e per i piccoli agricoltori
– Maggiore semplificazione nelle regole del greening e possibilità di aumentare il pagamento di base per i giovani agricoltori
– Sullo sviluppo rurale, le novità più importanti riguardano la gestione del rischio; in particolare, la soglia minima di danno per far scattare l’erogazione dei risarcimenti dovrebbe essere abbassata dal 30 al 20%. Altre semplificazioni riguardano lo strumento di stabilizzazione del reddito attraverso i fondi di mutualizzazione.
– Di grande importanza inoltre, tra l’altro fortemente volute dalla delegazione italiana, sono le novità introdotte alla misura consulenza aziendale che, pur se inserita negli attuali Programmi di sviluppo rurale, risulta praticamente inapplicata a causa di limiti oggettivi previsti nella regolamentazione di base.
– Per quanto riguarda le OCM, il rafforzamento del ruolo delle organizzazioni dei produttori per tutti i settori, analogamente a quanto già previsto nel pacchetto latte.
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La Brexit non scalfisce l’amore degli inglesi per il Prosecco. La Gran Bretagna è diventata nel 2016 il primo mercato mondiale di sbocco dello spumante italiano, con l’aumento record del 33% per un valore di 366 milioni di euro. Un record assoluto. E’ quanto emerge dall’analisi divulgata dalla Coldiretti su dati Istat relativi al 2016 in occasione dell’avvio della procedura per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Buone notizie arrivano anche dall’ente promotore di Vinitaly.
“Si sono già stati registrati 400 nuovi buyer del Regno Unito mai venuti a Vinitaly, che si aggiungono agli oltre 500 presenti ogni anno”, evidenzia il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani. “Ovviamente – prosegue – è presto per prevedere cosa sarà del nostro vino nel secondo Paese importatore al mondo, ma ritengo che i freni commerciali non convengano a nessuno. Il Regno Unito esporta verso l’Ue l’equivalente annuo di 2,1 mld di euro in liquori e distillati e importa dal Continente 1 mld di bottiglie di vino per 2,6 mld di euro”.
Un business, quello del vino Ue, che per la Wine and Spirit Trade Association (Wsta) britannica vale nel Regno Unito il 55% di un settore da quasi 20 mld complessivi di euro. “Confidiamo – conclude Mantovani – nella negoziazione da parte della filiera europea del vino, un prodotto che ha visto incrementare notevolmente i suoi consumi a scapito della birra”. Di Brexit si parlerà a Vinitaly (9-12 aprile), nel corso della tradizionale tavola rotonda su Vino e Gdo, con focus proprio sulle prospettive per il vino italiano nel canale della Grande Distribuzione in Gran Bretagna dopo l’uscita dall’Ue (lunedì 10 aprile, ore 10.30).
BREXIT E LEGISLAZIONE SFAVOREVOLE
Come sottolinea Coldiretti, in Gran Bretagna sono state spedite il 30% delle bottiglie esportate, in pratica quasi 1 su 3, nonostante il rapporto di cambio si sia fatto più sfavorevole con la svalutazione della sterlina. La Gran Bretagna è di fatto il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari nazionali Made in Italy, con un valore di ben 3,2 miliardi nel 2016, rimasto sostanzialmente stabile (+0,7%). La voce più importante – sottolinea la Coldiretti – è rappresentata proprio dal vino e dagli spumanti seguiti dalla pasta, dall’ortofrutta, dai formaggi oltre un terzo dei quali è rappresentato da Parmigiano Reggiano e Grana Padano ma va forte anche la mozzarella di bufala campana.
A preoccupare della Brexit, come sostiene Coldiretti, “non è solo la svalutazione della sterlina che rende più oneroso l’acquisto di prodotti Made in Italy, ma anche il rischio che con l’uscita dall’Unione Europea si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole. A pagare un conto salato sono state per ora le esportazioni di olio di oliva Made in Italy che con l’esito del referendum sono crollate con una riduzione record del 9%, dopo essere aumentate del 6% nella prima metà del 2016. A pesare sugli acquisti di olio di oliva italiano è stato infatti anche il sistema di etichettatura a semaforo che la Gran Bretagna ha deciso indipendentemente di far adottare al 98% dei supermercati inglesi”.
Una certa preoccupazione viene espressa anche da Efow. “Il Regno Unito – evidenzia in una nota l’European Federation of Origin Wines, voce dei produttori di vini a denominazione con sede a Bruxelles – è attualmente una piattaforma globale per il commercio del vino, in particolare per la distribuzione di vino, lo stoccaggio e la riesportazione verso altri Paesi, in particolare verso l’Asia. In definitiva, il Regno Unito è il quinto più grande esportatore di vino in Europa e l’ottavo più grande in termini di volume. Le implicazioni della Brexit riguardano l’accesso al mercato del Regno Unito, compresi i futuri livelli di imposte e tasse, nonché la tutela delle denominazioni del vino in questo mercato”.
UIV: “L’ITALIA PUNTI SULLE SUE VARIETA'” Sempre a proposito di export di vino italiano è intervenuto Antonio Rallo (nella foto), presidente di Unione Italiana Vini, durante la tavola rotonda del workshop organizzato da SDA Bocconi, School of Management e Wine Management Lab (WML), in collaborazione con ITA (Italian Trade Agency), dal titolo: “La via italiana per la leadership internazionale”. Tra gli altri relatori presenti Michele Scannavini, presidente Italian Trade Promotion Agency (ITA).
“Il vino Italiano – ha detto Rallo – è sempre più percepito come sintesi di stile, cultura, qualità. È un trend che però dobbiamo consolidare rafforzando l’impegno promozionale del nostro Paese all’estero. Fare sistema per valorizzare sui mercati internazionali le sfaccettature della nostra produzione e dei territori di origine, è la strada da percorrere se vogliamo conquistare un posizionamento migliore nei Paesi focus del nostro export”.
“Varietà, diversità e ricchezza dei nostri territori – ha proseguito Rallo – sono un patrimonio da proteggere e da promuovere che bisogna comunicare con molta attenzione. L’eccessiva frammentazione della proposta italiana di vini, infatti, rischia di creare confusione nel consumatore: la qualità espressa da ciascuno di essi, può pertanto risultare più difficile da comprendere. In questo contesto, ICE gioca un ruolo fondamentale grazie alle proprie competenze specifiche in strategie di marketing e comunicazione: attraverso azioni congiunte tra ICE e le aziende, contiamo di raggiungere nel medio termine risultati di assoluta soddisfazione”.
“È necessario – aggiunge Antonio Rallo – mettere a punto una strategia per creare maggiori sinergie tra gli investimenti del pubblico e del privato, tema sul quale il Consiglio Nazionale di UIV si è espresso in maniera chiara anche durante i lavori del ‘Tavolo del Vino’ tenutosi al MISE nelle scorse settimane. Alle istituzioni pubbliche spetta l’onere di finanziare attività di formazione e comunicazione del sistema ‘vino italiano’, alle imprese la responsabilità della promozione dei singoli brand. Solo così – ha concluso Rallo – potremo sviluppare attività realmente efficaci nel valorizzare sia i nostri vini sia i territori ricchi e variegati che l’Italia esprime e che, purtroppo, sono ancora spesso poco conosciuti all’estero”.
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A partire dal primo Gennaio 2017 anche il Prosecco Spumante avrà il suo codice di nomenclatura combinata, esattamente come l’Asti Spumante, relegando al passato la qualifica di spumante generico. 2204 1015, questo il codice stabilito dalla Commissione Europea che permetterà di tracciare le superfici vitate e le quantità prodotte nelle province autorizzate, gli effettivi paesi destinatari del prodotto, ma soprattutto che rappresenterà una tutela anti contraffazione. Tramite la sequenza numerica sarà possibile individuare quantità anomale o eccedenti e contenere così i casi di frode. Una battaglia, quella del Codice Prosecco combattuta grazie alle sinergie del Consorzio Conegliano Valdobbiadene Docg, Asolo Prosecco Docg, Prosecco Doc che nel 2014 hanno costituito il “Sistema Prosecco, un giro d’affari da 500.000 milioni di bottiglie da salvaguardare a livello nazionale ed internazionale dato il proliferare dei fenomeni dannosi legati anche solo all’utilizzo del termine Prosecco. L’iter per l’ottenimento del codice ha coinvolto principalmente Unindustria Treviso, che ne ha tenuto le fila. «È stata fondamentale la forte relazione che la nostra associazione ha stabilito con l’Agenzia delle Dogane di Roma che partecipa al Comitato Codice Doganale, con la quale abbiamo lavorato in sinergia per oltre due anni per il raggiungimento di questo traguardo» ha spiegato Ivo Nardi, presidente del Gruppo Vinicolo di Unindustria Treviso alla Tribuna di Treviso. «È un esempio virtuoso dei vantaggi di una relazione proficua tra imprese e pubblica amministrazione, che è al centro dell’impegno di Unindustria Treviso per raggiungere obiettivi di interesse per il territorio e il Paese». Coinvolti nel processo anche il Centro Interdipartimentale per la Ricerca in Viticoltura ed Enologia dell’Università di Padova, l’Istat, l’Agenzia delle Dogane, Federdoc, Federvini, Unione Italiana Vini, Efow e Comité Européen des Enterprises Vins.
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