La famosa distilleria scozzese Glenfiddich sta lanciando una flotta di camion appositamente convertiti per essere alimentati con biogas verde prodotto dagli scarti di lavorazione del proprio whisky. La nuova tecnologia è stata sviluppata internamente da William Grant & Sons, la società proprietaria di Glenfiddich.
LA NUOVA TECONOLOGIA DI GLENFIDDICH
Il biogas prodotto dalla distilleria e usato come carburante riduce le emissioni di C02 di oltre il 95% rispetto a diesel e Gpl e deriva dai resti dei chicchi di malto. Chicchi esausti che normalmente vengono smaltiti e solo in parte riciclati come alimentazione per il bestiame.
L’innovativo sistema abbatterà la produzione di gas serra e particelle nocive fino al 99% rispetto agli altri combustibili fossili. Secondo Glenfiddich, ogni camion contribuirà a risparmiare fino a 250 tonnellate di Co2e all’anno, lo stesso vantaggio ambientale che si avrebbe piantando 4.000 alberi ogni anno.
LA FLOTTA DI GLENFIDDICH
L’iniziativa “Fuelled by Glenfiddich” fa parte degli sforzi del marchio per ridurre l’impatto ambientale del processo di produzione di Single Malt con l’obiettivo di raggiungere lo zero termico entro il 2040. La distilleria ha una flotta di 20 camion, tre dei quali sono già operativi con la nuova tecnologia. Gli altri verranno convertiti a breve.
I nuovi veicoli sono progettati per gestire il trasporto in ogni fase del processo produttivo, dell’imbottigliamento, del confezionamento e della spedizione. L’azienda ha costruito speciali stazioni di rifornimento presso la distilleria, a Dufftown, nel nord della Scozia.
«La nostra flotta di trasporto a biogas verde è assolutamente in linea con la nostra etica “Where Next“. Vogliamo sfidarci a cercare sempre “ciò che verrà”, senza riposare sui nostri risultati passati», dichiara Claudia Falcone, Global Brand Director di Glenfiddich.
IL WHISKY: UN’ECONOMIA CIRCOLARE
Glenfiddich, inoltre, punta a rendere disponibile il nuovo carburante e la sua tecnologia anche alla concorrenza nei prossimi mesi. Se il “whiskygas” diverrà lo standard per tutte le distillerie, non solo si avrà un grande beneficio per l’ambiente, ma si abbatteranno anche i costi di smaltimento degli scarti di lavorazione. Un esempio virtuoso di “economia circolare“.
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L’industria europea del vetro ha lanciato un Manifesto, accolto in Italia da Assovetro. Il manifesto è un impegno per un futuro sostenibile in cui il vetro sia protagonista dell’economia circolare e carbon neutral in linea con gli obiettivi europei del 2050.
Il vetro è infatti il materiale perfetto per imballaggi sostenibili, sani, riutilizzabili e infinitamente riciclabili, in un ciclo chiuso e in un circolo virtuoso.
«L’industria italiana del vetro – ha affermato Marco Ravasi, Presidente della sezione contenitori in vetro di Assovetro – ha fatto fronte alla crisi continuando a produrre imballaggi sostenibili, sicuri, a prova di ogni contaminazione, elementi oggi cruciali. Il Manifesto è un mezzo per testimoniare e ribadire il nostro impegno per un futuro migliore».
L’industria del vetro ricorda nel Manifesto le iniziative avviate come Close the Glass Loop, per raggiungere un tasso di raccolta del vetro per il riciclo del 90% entro il 2030 e il Glass Hallmark, un marchio impresso su bottiglie e vasetti, simbolo dell’impegno per la tutela della salute e della qualità, su cui le aziende stanno lavorando.
IL MANIFESTO
MANIFESTO DELL’INDUSTRIA VETRARIA: IL FUTURO È CHIARO
Aspiriamo tutti a un domani migliore – un mondo dove il pianeta e i suoi abitanti siano più sani e felici di quanto lo sono oggi. Davanti a riscaldamento globale, crisi sanitarie e difficoltà economiche, quel futuro è incerto come non mai.
Eppure le persone iniziano a chiedere di più ad aziende e governi, e a loro stesse, per assicurarsi la promozione di un mondo più sostenibile per la prossima generazione.
In tempi così turbolenti, è rassicurante sapere che, per quanto riguarda la protezione dei prodotti, almeno un aspetto del nostro futuro è chiaro e cristallino: il packaging in vetro. Il vetro è senza tempo; l’imballaggio più amato ieri come oggi, sarà anche la migliore opzione per il futuro.
Il vetro è il packaging migliore per la salvaguardia del nostro pianeta. Composto interamente di materie prime naturali, il vetro è un materiale semplice, e ha un impatto ambientale minimo. È l’unico imballaggio riutilizzabile e riciclabile all’infinito, con vite potenzialmente inesauribili: il vetro può essere riciclato sempre di nuovo, in un ciclo senza fine, così da farne nuove bottiglie e vasetti.
Il vetro è una scelta affidabile e comprovata per coloro che cercano un maggior benessere. Materiale d’imballaggio utilizzabile quotidianamente, è naturale, sostenibile e sicuro – elementi cruciali in un momento come questo, in cui il livello igienico degli imballaggi è diventato un tema sempre più urgente.
Grazie alla sua intrinseca inerzia e alle sue proprietà protettive, il vetro agisce come una salda barriera rispetto agli agenti esterni: questo significa che i prodotti saranno conservati più a lungo, anche una volta aperti. Questo rende il vetro la scelta naturale per preservare non solo la qualità del prodotto, ma anche la salute delle persone che lo usano.
L’industria sta collaborando con i clienti per introdurre il Glass Hallmark sugli imballaggi, un marchio che si fa simbolo dell’impegno che si prende, ogni qualvolta si sceglie il vetro, verso salute e qualità.
Il vetro è una risorsa chiave per raggiungere una fiorente società circolare europea. Riutilizzabile e riciclabile all’infinito, l’imballaggio in vetro è un modello di circolarità. Può essere riportato al negozio e nuovamente riempito, o essere riciclato ancora e ancora, senza perdere nulla in qualità.
E la sua industria – leader di lunga data nell’ambito della circolarità – sta riunendo gli stakeholders di tutta la catena del vetro per chiudere il Glass Loop, ovvero raggiungere un tasso di raccolta del vetro del 90% entro il 2030, così da migliorare la nostra economia circolare.
L’industria porta avanti anche il suo impegno per costruire un proprio patrimonio culturale, che guidi e indirizzi la crescita sostenibile del continente.
La produzione europea del vetro si sta adattando e rinnovando, per assicurare il futuro dell’industria (i posti di lavoro che ne derivano e i settori essenziali che ne dipendono) e garantire che il vetro sia effettivamente adatto all’economia circolare e climate-neutral, obiettivi verso i quali ci indirizzano gli obiettivi europei della sostenibilità per il 2050.
Non possiamo certo prevedere il futuro. Sarà costruito passo dopo passo e scelta dopo scelta, attraverso piccoli momenti e grandi eventi. Ma quando si tratta di packaging, il futuro diventa chiaro e cristallino. Il nostro futuro è il vetro: il materiale perfetto per imballaggi sostenibili, sani, riutilizzabili e infinitamente riciclabili, in un ciclo chiuso e in un circolo virtuoso.
Scegliere il vetro significa scegliere un futuro migliore – e prendere l’impegno di fare la nostra parte per rendere quel futuro una realtà. È la promessa di proteggere la salute – del pianeta, delle persone, della società – così da rifiorire insieme, e assieme alle generazioni a venire. Questo è, chiaramente, il vetro: scegliere il domani, oggi.
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Si è tenuto il webinar “Circular Economy Thinking: L’economia circolare per creare nuovo valore all’impresa” organizzato dal Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco, proposto in particolare ai propri associati, in cui si sono affrontati i temi della sostenibilità e dell’economia circolare attualmente al centro del dibattito nazionale grazie al new green deal e agli incentivi a favore di un’economia più rispettosa dell’ambiente.
Con questa iniziativa, promossa in collaborazione con Fondazione Symbola, il Consorzio di Tutela procede nel suo progetto di sostenibilità economica, sociale e ambientale e conferma il suo impegno invitando le realtà della Denominazione ad adottare un’organizzazione sempre più attenta e virtuosa.
“Questo momento di approfondimento vuole essere sia uno stimolo per le aziende del Consorzio sia un nuovo passo nella direzione della sostenibilità che il Consorzio ha intrapreso da anni – afferma il Presidente del Consorzio di Tutela, Innocente Nardi – È arrivato il momento di coinvolgere ogni fase della produzione enologica in un processo di sostenibilità”.
Siamo partiti dal vigneto, ormai 11 anni fa, con il primo Protocollo Viticolo – dice ancora il Presidente – e siamo arrivati al no al glifosato, adesso siamo maturi per un ulteriore progresso ed entriamo nel merito dell’organizzazione aziendale nel suo complesso. Il distretto del Conegliano Valdobbiadene si sta affermando sempre di più come laboratorio della sostenibilità ambientale anche grazie alla collaborazione con partner all’avanguardia”.
Nicola Tagliaferro e Silvia Arcieri, esperti di Circular Economy di Enel X, hanno illustrato i nuovi principi dell’Economia Circolare, un modello di produzione e consumo che promuove il recupero, riciclo e ricondizionamento di materiali e prodotti.
Attraverso il circular economy report Enel X sviluppa per le aziende soluzioni concrete che rappresentano nuove opportunità per ridurre i costi e generare nuovo valore, oltre a sviluppare un’organizzazione più sostenibile che genera visibilità presso una clientela sempre più attenta ai temi di sostenibilità, come nel caso del Circular Economy Report dell’azienda Valdo Spumanti di Valdobbiadene.
L’incontro è stato inoltre arricchito dall’intervento di Domenico Sturabotti, direttore Fondazione Symbola e coordinatore delle attività di ricerca, che ha sottolineato il recente studio realizzato da Fondazione Symbola con il Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg finalizzato a mappare le principali soluzioni tecnologiche disponibili per migliorare prodotti e processi produttivi della filiera vitivinicola italiana nel segno della sostenibilità e della qualità. Un percorso volto a rafforzare le diverse azioni a protezione dell’ambiente già messe in campo dal Consorzio in questi anni.
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NOGAREDO (Trento) – Nell’ambito delle iniziative per festeggiare i 70 anni dell’azienda, Distilleria Marzadro ha organizzato il convegno “Grappa, il futuro che ci aspetta“. Un confronto tra produttori e categorie per riflettere sul futuro del settore e sui nuovi business.
Il convegno, nella sua prima edizione, ha messo l’accento, tra gli altri, su due aspetti fondamentali per il comparto delle distillerie italiane. Il primo è quello dell’economia circolare, di cui già oggi le distillerie sono un esempio perfetto, ma che può in futuro aprire nuove vie sulla diversificazione di prodotto.
Il secondo è quello della necessità, per il comparto, di “fare squadra“, di fare rete per meglio affrontare le sfide future. Uno dei punti di riferimento e dei mezzi per ottenere questo risultato può essere la creazione di un Consorzio di Tutela della Grappa che possa aiutare ad affrontare meglio i mercati esteri e tutelare le IG della Grappa.
Abbiamo voluto organizzare questo forum di discussione perché come impresa percepiamo la necessità di riflettere sulle strategie per il futuro. Il comparto distillatorio è ad un bivio: l’export diventa sempre più importante, ma le dimensioni aziendali delle nostre distillerie ci limitano; i prodotti sono apprezzati, ma il mercato cambia in fretta ed è necessario diversificare ed esplorare nuovi ambiti produttivi. Su questi temi è necessario riflettere tutti insieme” – dice il presidente di Distilleria Marzadro, Stefano Marzadro.
L’ECONOMIA CIRCOLARE
Una possibilità di aumentare il business per le distillerie è quella di diversificare il prodotto e di ampliare l’utilizzo della materia prima. Già oggi, oltre alla Grappa e ai distillati, le aziende sono un esempio perfetto di economia circolare: contribuiscono alla produzione di biogas, attraverso il conferimento delle vinacce esauste in impianti a biomassa.
Quello che deriva, poi, da questo secondo processo, cioè il “digestato“, può a sua volta essere utilizzato in agricoltura come nutrimento per il terreno, chiudendo quindi il cerchio della circolarità dei processi in distilleria. Man mano che il quadro regolatorio e la disciplina si consolida, le aziende sfruttano tutti i possibili utilizzi del prodotto.
Ma il futuro è molto più ricco di possibilità. Dai residui della distillazione si possono ricavare additivi alimentari, bioprodotti per la cosmetica e la nutraceutica. Alcune aziende già producono ad esempio additivi naturali per la panificazione come l’acido tartarico, mentre altre strade sono esplorate in via sperimentale, su scala di laboratorio o su scala-pilota.
Si parla anche, ad esempio, di farina di vinaccioli disoleata, derivante dalla lavorazione dei semi degli acini – da poco ufficialmente nella lista di combustibili rinnovabili e sostenibili, grazie al decreto ministeriale n.74 entrato in vigore lo scorso 21 agosto, voluto dal ministero dell’Ambiente di concerto con il Ministero della Salute e dello Sviluppo Economico – o di tessuti a base di vinaccia.
E, naturalmente, dei biocarburanti avanzati come il bioetanolo avanzato, in grado di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra di oltre il 70%. In questo contesto, l’Italia ha sviluppato una tecnologia innovativa e all’avanguardia nel mondo.
“Il settore distillatorio è fortemente impegnato nello sviluppo dell’economia circolare come strumento di sviluppo del comparto – ha commentato Sandro Cobror, direttore di AssoDistil – Le nostre distillerie, affermatesi negli anni grazie ai prodotti di indiscussa qualità come i nobili distillati, Grappa anzitutto, da sempre cercano di valorizzare al massimo la materia prima utilizzata, essa stessa sottoprodotto della filiera vitivinicola, ma oggi, grazie allo sviluppo di nuovi processi e tecnologie, il portafogli di prodotti di origine naturale si amplia enormemente creando delle opportunità di business inesplorate finora, come le applicazioni cosmetiche, nutraceutiche o nel mondo dei biopolimeri, che permettono sinergie con altri comparti industriali e produzioni a zero rifiuti, nella logica di una economia realmente rispettosa dell’ambiente e che valorizzi integralmente le materie prime: una vera economia circolare che vede il comparto tra i protagonisti dello sviluppo sostenibile”.
LA NECESSITA’ DI FARE SQUADRA
C’è, da parte delle imprese, una volontà esplicita di andare all’estero. Lo si evince anche dall’aumento della partecipazione alle fiere internazionali di settore. Negli ultimi tre anni, l’84% delle imprese ha avuto almeno un contatto con l’estero.
Le esportazioni sono in crescita soprattutto nei Paesi dove il made in Italy è maggiormente apprezzato: negli Stati Uniti, in Asia e in Europa. Nel vecchio continente, in particolare, si consolidano i mercati tradizionali come la Germania e la Svizzera.
“Recentemente, a Bruxelles, presso l’Istituto Italiano di Cultura, Federvini ha presentato con Nomisma e Mediobanca un’analisi approfondita del settore spiriti in Italia – ha spiegato Ottavio Cagiano de Azevedo, direttore generale di Federvini – Alla presenza di diversi parlamentari italiani è stato messo in luce che, i cali di consumo sul mercato nazionale, hanno spinto molte aziende a cercare nuovi mercati con l’internazionalizzazione. Ed ora il settore delle bevande spiritose sta vivendo un momento di grande espansione nell’export”.
“La Grappa – prosegue Cagiano – indicazione geografica italiana di prestigio, è in linea, ma fatica di più, dovendo incontrare consumatori non abituati ai suoi profumi e sapori. L’aver intrapreso la strada della miscelazione ha permesso di registrare nel primo semestre del 2019 un valore export pari a 20 milioni di Euro. Tra i mercati principali ricordiamo la Germania e gli Stati Uniti”.
“Di qui le preoccupazioni per le tensioni di queste ore sui possibili nuovi dazi, all’entrata negli USA e le attese legate alla Brexit, dato che il Regno Unito rappresenta anch’esso un grande mercato di consumo. Sono dati che complessivamente non possono che dare soddisfazione anche se permangono criticità in altre aree, come ad esempio nel Sud Est asiatico, dove parametri analitici, non in linea con quelli ammessi a livello europeo, costituiscono un ostacolo rilevante” conclude il direttore.
Sono convinto che la più grande sfida peri il futuro della Grappa si giocherà sui mercati internazionali, dove c’è una grande necessità di far conoscere la nostra acquavite di bandiera e gli elementi di unicità che stanno alla base del suo carattere inimitabile. Il far squadra in questo senso, come alcune aziende già hanno iniziato a fare negli ultimi anni, è fondamentale per poter creare i presupposti di un virtuoso sviluppo dell’export del nostro settore” – ha detto Elvio Bonollo, quarta generazione della famiglia alla guida dell’omonimo gruppo.
Alla propensione delle imprese all’export non corrisponde, però, una forza strutturale che permetta di gestire le esportazioni: le aziende sono troppo piccole per poter affrontare i mercati esteri. Il comparto necessita di fare rete, di stipulare intese, di unire le forze per poter aumentare la competitività.
Il Consorzio di Tutela della Grappa può rappresentare uno degli strumenti per raggiungere l’obiettivo di fare sistema e fare sinergie operative.
“Nell’ottica delle sinergie necessarie, ciò che abbiamo realizzato in Trentino con l’Istituto di Tutela della Grappa – ha aggiunto Mirko Scarabello, presidente dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino – può essere d’esempio. L’esperienza di collaborazione e di intesa tra le diverse distillerie sul territorio, infatti, ha portato in passato e continua a portare nel presente a iniziative condivise ve a politiche comuni”.
Ad oggi non c’è in Italia un ente che tuteli la denominazione d’origine della grappa (IG), non esiste un unico soggetto che possa operare sul fronte della promozione, come invece accade per il settore del vino. Nell’ottica dell’unione e della condivisione tra produttori, il consorzio può diventare un mezzo importante per riconoscersi in un unico soggetto, che intervenga con finanziamenti propri per la promozione e la tutela del prodotto.
L’iter normativo per il riconoscimento del Consorzio di Tutela per gli spiriti è già partito e si è da tempo in attesa di un decreto definitivo.
PIANI DI CONTROLLO E FORMAZIONE
Anche i piani di controllo e la formazione giocano un ruolo decisivo nello sviluppo del futuro delle distillerie. “Con il riconoscimento delle 36 denominazioni italiane a Indicazione Geografica, avvenuto con il recente Regolamento CE 787 – ha spiegato Cesare Mazzetti, presidente del Comitato Acquaviti di AssoDisti – assume massima importanza l’aspetto dei controlli”
“Infatti ogni denominazione, con le 10 Grappe in testa, ha uno specifico disciplinare produttivo che ogni produttore è tenuto ad osservare strettamente. I controlli, esercitati da un Organismo appositamente designato dal Ministero su indicazione dei produttori, servono a garantire ai consumatori la qualità del prodotto, e agli operatori una leale concorrenza sul mercato. AssoDistil, in rappresentanza dei distillatori, ha concordato con gli Uffici del Ministero delle Politiche Agricole/ICQRF uno schema di linee guida che orientino la stesura di uno specifico Piano dei Controlli per ciascuna denominazione”.
“Diventa oggi basilare che i produttori effettuino una scelta oculata dell’Organismo cui affidare i controlli, che riguardano tutti gli aspetti produttivi, fino all’etichettatura con la quale il distillato verrà posto in commercio” conclude Mazzetti.
“Negli ultimi anni – dichiara Sergio Moser, tecnologo e docente di Fondazione Mach – la Fondazione Mach ha messo in campo corsi post diploma di alta formazione per tecnici delle bevande, in tali corsi a numero chiuso sono previsti specifici insegnamenti sulla tecnica di distillazione e sulle possibilità di riutilizzo dei sottoprodotti dell’industria enologica”.
“Nel corso di laurea di primo livello in Viticoltura ed enologia, esiste inoltre uno specifico insegnamento rivolto allo studio della tecnologia dei distillati. La Fondazione Mach volge particolare attenzione nello studio delle attitudini alla distillazione di vinacce ottenute dalla vinificazione di uve resistenti alle principali crittogame della vite, che come tali nella loro coltivazione richiedono un limitato impatto input chimico (non necessitano di trattamenti chimici)”.
“Credo che questo tema interpreti a pieno in chiave futura il rispetto dell’ambiente e il possibile riutilizzo degli scarti di lavorazione dell’industria enologica per l’ottenimento di prodotti (Grappe) di alto livello qualitativo” chiosa Moser.
I DATI DEL SETTORE
Oggi, il settore delle distillerie in Italia costituisce un comparto dalla forte tradizione ma necessariamente di nicchia, basandosi su una materia prima dalla disponibilità limitata come, ad esempio, le vinacce. Sul territorio nazionale si contano circa 140 aziende distillatorie. Diventano circa 300 se si comprendono le aziende di imbottigliamento e dell’indotto in generale.
Le distillerie sono collocate per lo più nel centro-nord. L’80% di esse non supera i 10 addetti, si tratta cioè per lo più di micro imprese, che producono eccellenze spesso conosciute solo nel territorio nazionale o regionale. Tutto il comparto fattura complessivamente circa 300 milioni l’anno.
La produzione di grappa è sostanzialmente stabile: vengono prodotti ogni anno tra gli 80 e i 90mila ettanidri (un ettanidro corrisponde a cento litri di alcol), ovvero circa 200mila ettolitri di distillati. Aumenta invece nel tempo la qualità e la ricercatezza nel prodotto.
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La farina di vinaccioli disoleata è ufficialmente nella lista dei combustibili. Il decreto ministeriale DM MATTM n. 74 del 29 maggio 2019, voluto dal Ministro dell’Ambiente di concerto con il Ministro della Salute e il Ministro dello Sviluppo Economico, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 agosto. Entra in vigore oggi, 21 agosto 2019.
Dopo lungo tempo di attesa – commenta il direttore di AssoDistil, Sandro Cobror – registriamo con soddisfazione la pubblicazione del Decreto Ministeriale MATTM 29 maggio 2019, che sancisce definitivamente la possibilità di utilizzare i vinaccioli come fonte di combustibili rinnovabili e sostenibili”.
“Il settore distillatorio, da sempre attento alla efficienza delle proprie produzioni, trova in questo modo un’altra modalità per valorizzare un tipico sottoprodotto del comparto. Un passo avanti verso la piena applicazione dell’economia circolare“, conclude il dirigente dell’Associazione dei Distillatori Italiani, che riunisce oltre 50 imprese industriali del settore.
L’inserimento della farina di vinaccioli disoleata nell’elenco delle biomasse combustibili è frutto di accertamenti e studi scientifici, che hanno dimostrato “la compatibilità del provvedimento sotto il profilo ambientale e di tutela contro l’inquinamento atmosferico”.
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