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Champagne a nudo su zucchero, cru e vigneron: il manuale anti-enofighetto


«”Io bevo solo Pas Dosé“. “Io bevo solo Extra Brut“. “Se mi dai un Brut mi suicido!”. Quante volte, al giorno d’oggi, enotecari, ristoratori e sommelier si sentono dire frasi come queste dai loro clienti?». Pietro Palma, ambasciatore italiano dello Champagne 2018, ci ha messo poco più di 30 secondi a chiarire al pubblico perché, la sua, non sarebbe stata una lezione qualunque all’Académie du Champagne, lunedì 4 novembre all’Hotel Principe di Savoia di Milano. Pronti via. Ecco subito la prima bordata a quel mondo che sta a metà tra l’enofighetto e il salutista. A quella platea di superficiali puristi della liqueur e di ninja dello zucchero, a spade alterne.

Un intervento da standing ovation, quello di Palma, in linea con la strada della “normalizzazione” – anzi, per restare in tema, della “de-fighettizzazione” – che il Bureau du Champagne Italia presieduto da Domenico Avolio sembra aver intrapreso da qualche tempo. E che, prima dell’Acadédemie, ha avuto nello Champagne Day del 25 ottobre uno dei suoi momenti più clamorosi: la proposta di abbinamento di pregiati Champagne di diversi dosaggi con 8 formaggi italiani. Nulla di ricercatissimo: tutti prodotti caseari di facile reperimento, in supermercati e gastronomie.

Dalle fette di formaggio a quelle di mercato, il passo pare breve. Che questa “rivoluzione della comunicazione” – vero esempio da imitare da quella parte di Italia dei Consorzi del vino che ha ormai virato su Fashion e Lifestyle, lontana anni luce dal mondo reale, dalla crisi dei consumi e dall’inflazione – sia pensata per far riconquistare alla denominazione francese le quote perse nell’ultimo anno nel Bel Paese (-7% nel 2023)? Una missione che Pietro Palma – tra l’altro fresco autore del libro Il suono dello Champagne – potrebbe aiutare a compiere in scioltezza. A dirlo è il successo del suo intervento all’Académie.

DOSAGGIO DELLO CHAMPAGNE E ZUCCHERO: «UN TEMA SCOTTANTE»

«Il dosaggio – ha spiegato Palma – è diventato un tema scottante per lo Champagne. È quello su cui ci sono più preconcetti di tutti. Lo zucchero sembra diventato il nemico numero uno della società. Quindi, dire che uno spumante contenga 8 grammi litro è come ammettere di voler avvelenare le persone. Poi, magari, beviamo una bibita gassata da 300 grammi litro e non ci facciamo troppo caso». Orientarsi tra le categorie è semplice, attraverso la “scala dei dosaggi” della denominazione. Ma quanti Champagne ci sono, sul mercato, con un dosaggio superiore al Brut? «Solo il 3% – ha rivelato Palma – guardando gli scaffali delle enoteche e le carte dei ristoranti».

E qual è, invece, la percentuale di Champagne con dosaggi inferiori al Brut? «La stessa – ha chiarito l’ambasciatore – ovvero il 3%. Vale a dire che il 94% dello Champagne venduto nel mondo è Brut. Contiene, dunque da 0 a 12 grammi litro di zucchero, fascia in cui può essere dichiarato “Brut” in etichetta. Uno scaffale che ha il 50% di Extra Brut e Pas Dosé è una bolla rispetto alle percentuali globali. E potrebbe avere qualche problema. Se andate in Champagne, all’affermazione “Noi beviamo solo Pas Dosé“, qualche produttore potrebbe rispondere “Vous êtes fou”, che in fiorentino si traduce “Siete grulli” (“Siete matti”, ndr). Loro bevono Brut, tutta la vita».

Dalle parole ai fatti. Con una selezione di cinque Champagne serviti alla cieca (Champagne Perrier-Jouët Grand Brut, Champagne Pommery Apanage Brut, Champagne Brice Extra Brut GC Bouzy Blanc De Noirs, Champagne Palmer La Réserve Nature e Champagne Mailly Grand Cru Brut Reserve), Palma ha dimostrato come il dosaggio possa trarre in inganno anche i migliori palati. Traendo in inganno in caso di utilizzo di vini di riserva, lunghi affinamenti sui lieviti o scelte stilistiche legate alla fermentazione malolattica, svolta dal 70% degli Champagne in commercio.

«RISCHIO BORGOGNIZZAZIONE DELLA CHAMPAGNE»

Un’altra “deriva enofighetta” legata alla denominazione spumantistica d’Oltralpe, messa a nudo dall’ambassadeur du Champagne 2018 Pietro Palma durante l’Académie, è la “moda” delle etichette da “selezione di vigneto”. «L’argomento più scottante in Champagne, dopo il dosaggio – ha evidenziato – è il “single vineyard”, il parcellare, la ricerca a tutti costi di una produzione microscopica: 200 bottiglie di quello, 300 dell’altro… Dal punto di vista del produttore, può andare bene se si ha la forza di farlo. Ma se produci solo mille bottiglie complessive e ne togli 300 per fare il “parcellare”, forse le altre 700 venderanno un po’ meno. Se elimini il filetto, non è detto che quello che resta sia vendibile come il taglio intero».

Tra gli ultimi a presentare etichette “da cru”, proprio in Italia, sono stati non a caso Jacquart (Mono Cru Ay) e Alexandre Bonnet (Hardy e Les Vignes Blanches): non certo due micro maison. Dal canto suo, Pietro Palma ha un termine preciso per definire questa tendenza: «Siamo al cospetto di una “Borgognizzazione della Champagne” che va, in realtà, contro alla storia e alla tradizione della Champagne stessa, che è quella dell’assemblaggio. Un po’ come succede, e lo dico da toscano, a Montalcino, al Chianti Classico: sono terre dove il brand è sempre andato davanti al vitigno e alla singola vigna, quindi si va contro la loro storia e la loro tradizione cercando di fare una piccola Borgogna. Purtroppo una parte del mercato va in questa direzione. Si preferisce a volte bere 600 bottiglie medio-cattive di uno qualunque, ultimo arrivato, piuttosto che 3 milioni buonissime, di chi fa quel vino da 400 anni».

LA «VIGNERONIZZAZIONE» DELLE GRANDI MAISON

Ed è proprio sui numeri e sulla capacità produttiva che si è concentrata la terza ed ultima “bordata” di Pietro Palma agli enofighetti “bevitori di etichette”. «Récoltant-Vigneron e Maison – ha rimarcato – erano due entità separatissime. Il Vigneron possiede il 90% della terra e le Maison il 10%. Ma le Maison hanno il 70% del mercato e i Vigneron il 30%. Ognuno, quindi, ha bisogno dell’altro. Se fino a qualche anno fa il loro rapporto era commerciale, con i vigneron che vendevano le uve alle maison, dando loro la possibilità di portare avanti anche il loro brand, oggi c’è una contaminazione molto più profonda».

Le maison, spinte dal mercato, hanno cominciato a produrre Champagne parcellari e ad avere produzioni più limitate, territoriali. «Hanno iniziato, in qualche maniera, a vigneronizzarsi», per dirla con le parole di Pietro Palma. Mentre «i vigneron si sono aperti mondo, allargando lo sguardo, senza più essere come 30 anni fa, contadini murati in casa, intenti a produrre il loro Champagne». «Ora sanno che cosa sono diventati – ha aggiunto l’ambasciatore italiano della denominazione francese – girano il mondo. E usufruiscono della notorietà che le grandi maison hanno costruito, nonché del loro know-how. Le due categorie, piano piano, si avvicinano: non a livello numerico, ma mentale».

Ancora una volta cinque gli Champagne scelti per suffragare la tesi, ancora un volta serviti alla cieca: Champagne Rédempteur Couvée Nouvel R 2013, Champagne Collard Picard Racines Pinot Meunier Extra Brut, Champagne Laurent-Perrier Héritage, Champagne Lanson Black Reserve e Champagne Louis Roederer Collection 244.

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Lo Champagne nel 2024? Sostenibilità, Piwi e nuovi Bureau nei Paesi chiave


Negli ultimi 15 anni, la filiera dello Champagne
ha ridotto le emissioni di CO2 per singola bottiglia del 20% e del 50% l’impiego di fitosanitari. La denominazione spumantistica francese tratta e recupera ad oggi – dati aggiornati a novembre 2023 – il 90% dei rifiuti industriali e riutilizza il 100% di effluenti del vino e di sottoprodotti vinicoli. Il tutto avendo raddoppiato le superfici inerbite – il 70% delle superfici della denominazione è in fase di certificazione ambientale – e, in cantina, a partire dal 2010, ha alleggerito il peso della bottiglia del 7%, (da 900 a 835 grammi). L’effetto su imballaggi e trasporti ha permesso una riduzione delle emissioni pari a 17 mila tonnellate di CO2 all’anno.

«La Champagne è dunque una regione pioniera nello sviluppo sostenibile», sintetizza Gaëlle Jacquet, direttrice Protezione e Valorizzazione della denominazione Champagne, che ieri sera ha incontrato a Milano un gruppo ristretto di giornalisti, in occasione di una cena organizzata al ristorante Innocenti Evasioni dal Bureau du Champagne Italia, rappresentato per l’occasione dal direttore Domenico Avolio. Nel 2003, la Champagne è stata la prima filiera viticola al mondo a calcolare la sua impronta carbonica e ha scritto la storia, in Francia, come prima zona viticola nazionale ad avere attuato in vigna la pratica della “confusione sessuale”, con conseguente eliminazione quasi totale dei trattamenti insetticidi.

Altro primato riguarda l’utilizzo di un parco di trattori elettrici. Linea green anche con l’apertura della prima rotta merci transatlantica “oil-free”. Nel 2017, la goletta Avontuur è partita con un carico di Champagn dal porto francese di La Rochelle per arrivare nel porto di Montreal, in Canada. Questo primo viaggio ha aperto una possibile rotta marina verde tra l’Europa e l’America del Nord, che potrebbe diventare la prima linea commerciale transatlantica senza petrolio. Sul fronte viticolo, sono infine in corso sperimentazioni con la varietà Piwi Voltis, inserita nel disciplinare a titolo sperimentale per un massimo del 10%.

IL LANCIO DI CHAMPAGNE EDUCATION

Dati e curiosità snocciolate dalla direttrice Gaëlle Jacquet in occasione di una cena che ha avuto anche scopo ludico ed educativo, che ha visto l’abbinamento – talvolta ardito – di 6 Champagne con le creazioni dello chef di Innocenti Evasioni, Tommaso Arrigoni: Bruno Paillard Rosé Prèmiere Cuvée, Duval Leroy Rosé Prestige Premier Cru, Laurent-Perrier Blanc de Blancs Brut Nature, Michel Nicaise Brut Tradition, Pommery Apanage Blanc de Noirs e Roger Coulon Heri Hodie. Un format che sarà riproposto in occasione di Champagne Education, il primo programma completo di formazione creato dal Comité Champagne, l’ente che riunisce tutte le Maison e tutti i viticoltori della regione viticola, con l’obiettivo di formare i professionisti del vino e di rafforzare le loro competenze nel dialogo con i consumatori.

Disponibile in cinque lingue, inclusa la versione in italiano, Champagne Education è accessibile al link www.champagne.education/it ed è un progetto interattivo che consente di seguire un percorso di formazione completo a partire dal proprio livello di conoscenze. Dai quiz per testare le proprie competenze iniziali fino alla formazione certificata, il portale è strutturato in cinque aree. Per conoscere al meglio il re dei vini, il passaggio iniziale è Champagne MOOC, il primo strumento di formazione online sullo Champagne. Il corso ha una durata di circa cinque ore, è accessibile 24 ore su 24 e sette giorni su sette ed è articolato in 54 video divisi in quattro aree tematiche: “Diversità e degustazione”, “L’elaborazione dello Champagne”, “Il Terroir Champenois” e “Storia ed Economia dello Champagne”.

LA NUOVA FIGURA DELLO CHAMPAGNE SPECIALIST

Al termine di ogni sezione è previsto un test per verificare i progressi e misurare il grado di apprendimento. L’area quiz e giochi è pensata per testare le conoscenze sullo Champagne e imparare in modo divertente e interattivo. Per mettersi alla prova basta sceglie un argomento tra vinificazione, viticoltura, Champagne nel mondo, turismo in Champagne, storia e gastronomia e rispondere a un set di 10 domande con diversi livelli di difficoltà. “A Champagne Story” è invece un “serious game” che consente ai partecipanti di simulare un anno di attività in Champagne nei panni del personaggio Julie che, insieme ai suoi fratelli, rileva la tenuta dei genitori per rilanciare il marchio di famiglia. Dalla vendemmia all’assemblaggio, i giocatori si cimenteranno in diverse attività.

Il portale www.champagne.education/it presenta anche un’ampia sezione di risorse per la didattica da scaricare gratuitamente. Dalle schede tematiche che vanno dalla storia allo sviluppo sostenibile fino ai video didattici e alle mappe della regione. Il portale è inoltre il punto di partenza per le attività di formazione in presenza. “Champagne Specialist” è il corso che consente di ricevere una certificazione rilasciata dal Comité Champagne attraverso la rete di centri partner selezionati in tutto il mondo e la formazione personalizzata. Con questa modalità distributori, enoteche, catene di hotel e ristoratori, così come insegnanti di scuole alberghiere, potranno mettersi in contatto con il Bureau in Italia per accedere alle attività programmate dal Bureau in Italia.

CHAMPAGNE: NUOVE TENDENZE E MERCATI EMERGENTI

Sempre in occasione della cena con la stampa a Milano, Gaëlle Jacquet ha passato in rassegna le ultime tendenze di mercato dello Champagne. «I consumi e i mercati – ha spiegato – si stanno evolvendo. Da sottolineare il forte aumento degli Champagne rosé, che sono cresciuti di 5 volte negli ultimi 20 anni. Nel 2002 rappresentavano solo il 4% delle vendite all’esportazione, nel 2022 rappresenteranno più del 10% con 20 milioni di bottiglie. In fortissima crescita sono anche gli Champagne a basso dosaggio (Extra Brut e non dosati), il cui volume è aumentato di quasi 70 volte nello stesso periodo, per raggiungere 6,4 milioni di bottiglie nel 2022. Con 171,7 milioni di bottiglie, le esportazioni rappresentano oggi quasi il 60% delle vendite totali, rispetto al 45% di dieci anni fa. Oggi, comunque, l’80% dello Champagne è ancora venduto in otto Paesi».

Canada, Messico e Corea del Sud sono tra i Paesi che stanno dimostrando un forte interesse verso lo Champagne, con una notevole crescita negli ultimi 10 anni. Rispetto al 2022, in Canada, il consumo è raddoppiato per raggiungere i 3,5 milioni. In Messico, l’aumento è stato ancora più sorprendente, triplicando i volumi e raggiungendo i 2,3 milioni di bottiglie. Anche in Corea del Sud la crescita è stata esemplare, aumentando di 4,5 volte e toccando i 2,3 milioni di bottiglie.

NUOVI “BUREAU CHAMPAGNE” IN CANADA E SVEZIA

«A dimostrazione del dinamismo di alcuni mercati – continua la direttrice Gaëlle Jacquet – stiamo estendendo la nostra rete dei Bureau, che potremmo definire le “ambasciate dello Champagne”. Stiamo aprendo un nuovo ufficio a Stoccolma, in Svezia, che lavorerà sui paesi scandinavi (Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca). L’apertura di questo ufficio è fondamentale per il nostro sviluppo futuro, poiché nei Paesi nordici il settore ha grandi ambizioni. Gli scandinavi sono amanti del vino e dello Champagne, come dimostra la crescente domanda di informazioni e, soprattutto, l’eccezionale crescita dei consumi: +67% in 10 anni».

Nonostante i dati 2023 delle spedizioni non del tutto confortanti, per certi versi segnale della congiuntura internazionale, lo Champagne rimane dunque «un punto di riferimento per i consumatori». «Ciò emerge anche dallo studio qualitativo realizzato nel 2023 da un istituto di ricerca indipendente come Ipsos – sottolinea Jacquet – che conferma l’immagine eccezionale dello Champagne e la sua posizione di leader indiscusso del lusso e del prestigio. I consumatori, insieme alla qualità, riconoscono allo Champagne il ruolo simbolico di prodotto iconico e la sua forte carica emozionale».

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