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Come si diventa influencer nel food & wine: (pessime) istruzioni dal Gambero Rosso

/// EDITORIALE /// “Gambero Rosso International ha iniziato a seguirti”. Wow. “Follow back” scontato, per me che sono da poco su Instagram col simpatico account @the.wine.traveller. Peccato duri poco. Due giorni, per l’esattezza. Dal 15 settembre ad oggi, 17 settembre, il Gambero ci ripensa. Zac. Passo dal (presunto) colpo di culo al doloroso (ma anche no) colpo di chela. Il crostaceo più educato d’Italia mi toglie il “follow”. Sperando che non me ne accorga.

Fanno tutti così, o quasi, gli ormai noti influencer del food & wine. Una pratica internazionale per alzare la “media” di uno degli elementi statistici fondamentali per giudicare la “social reputation”: il rapporto tra follower e account seguiti.

Il fatto è che molti di questi account sono gestiti da veri e propri professionisti dei social media. Che al posto di concentrarsi sulla proposizione di contenuti seri, originali, professionali, perdono tempo zigzagando come bisce a caccia di inutili fan sui social.

COME SI CUCINA IL GAMBERO
Il gioco, tutto sommato, è semplice. Non ci vuole una laurea in marketing. Per incrementare la reputazione social di un brand, gli espertoni delle agenzie specializzate iniziano a seguire tutti quegli account potenzialmente interessati agli argomenti e contenuti trattati dal cliente di turno.

Il “follow back” da parte del popolo dei social, specie su Instagram, è pratica ormai scontata. Il brand si ritrova così, in poche ore di follow compulsivi, con un gruzzolo di fan in più. Che non conteranno un cazzo, nella maggior parte dei casi, in termini di conversione del “like” in acquisti, visite. Ma che fanno figo, accanto all’immagine del profilo e alle ultime Instagram Stories.

Dopo qualche giorno – a volte addirittura dopo poche ore – quel brand smette però di seguirli. Che figura ci farebbe Gambero Rosso International, al di là della sua indubbia credibilità mediatica, se seguisse tutti gli account da cui è seguito? Un “giochino”, questo, che dovrebbe far ragionare le aziende del settore Food & Wine sulla loro scelte in campo di comunicazione.

I RIMEDI
Ma non tutto è perduto. Esistono delle app come Follow Cop – per chi come me ha Smartphone con sistema Android – che consentono di smascherare le centinaia di furbetti (cantine, aziende o singoli fenomeni) che ogni giorno provano a costruirsi un ruolo da influencer, ovviamente a scopo di lucro.

L’app consente di togliere il “follow” a chi non vi segue. Vi aiuta, insomma, a sgamare gli “Unfollowers“. Consentendo, così, di scegliere coscientemente se continuare a seguire qualcuno che ci ha aggiunto solo per sfoggiare un punto in più nel rapporto tra “follower” e “account seguiti”.

Non avendo mire da influencer, bensì da umile informatore del settore vino in Italia, uso Follow Cop ogni due giorni per scremare tra chi è realmente interessato ai contenuti che propongo su vinialsuper – e veicolo appunto attraverso i social – da chi, invece, vuole usare il mio “follow” per guadagnare credibilità e denaro.

Detto ciò, dopo queste rivelazioni apocalittiche e rivoluzionarie (!) siete tutti invitati a seguire il mio nuovo account Instagram. Senza che poi vi segua a mia volta. Ma questo era scontato.

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Birra Peroni sarà venduta ai giapponesi di Asahi? Offerti 3 miliardi

L’offerta giapponese per il marchio italiano Peroni è spinta dall’aumento delle esportazioni di birra italiana nel mondo, che crescono del 17% nel 2015 ma che sono praticamente triplicate nell’arco di un decennio.

E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti di fronte all’offerta di 400 miliardi di yen (poco più di 3 miliardi di euro) fatta dal produttore giapponese di birra Asahi per rilevare il marchio italiano Peroni dal gruppo SabMiller, sulla base dei dati Istat relativi ai primi dieci mesi dell’anno.

Anche grazie all’immagine conquistata nel mondo la birra italiana – sottolinea la Coldiretti – va forte nei paesi tradizionali consumatori, dalla Gran Bretagna (+2%) alla Germania (+10 per cento) fino alla Svezia (+24 per cento) ma anche negli Usa.

A tirare – continua la Coldiretti – è pero’ anche il mercato italiano che nel 2015 ha fattor registrare un aumento record delle vendite del 6%, in controtendenza alla crisi dei consumi.

Sono oltre 30 milioni gli appassionati consumatori di birra presenti in Italia dove – precisa la Coldiretti – con un consumo pro capite di 29 litri c’è spazio per crescere considerato che Paesi come la Repubblica Ceca ne bevono 144 litri pro capite, l’Austria 107,8, la Germania 105, l’Irlanda 85,6, il Lussemburgo 85 o la Spagna 82.

I RISCHI
Secondo Coldiretti, “nell’operazione internazionale c’è in gioco un indotto rilevante”. A garantire la produzione italiana di birra ci sono infatti le coltivazioni nazionali con una produzione di circa 860.000 tonnellate di orzo su una superficie complessiva investita di circa 226.000 ettari. Per quanto concerne la produzione di birra, la filiera cerealicola unitamente al Ministero delle Politiche Agricole ipotizzano un impegno annuo di granella di orzo pari a circa 90.000 tonnellate.

In questa situazione di grande dinamicità, a supporto della trasparenza dell’informazione dei consumatori, è pero’ necessario – conclude la Coldiretti – qualificare le produzioni nazionali con l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine, per evitare che vengano spacciati come Made in Italy produzioni straniere.

L’operazione in corso non è in realtà l’ennesimo passaggio di marchi italiani storici in mani straniere poichè la Birra Peroni era già stata ceduta nel 2003 ed entrata a far parte del Gruppo sudafricano SabMiller plc al quale è stata ora fatta l’offerta del gruppo giapponese Asahi, la cui strategia di mercato si concentra sull’Asia e l’Oceania e intende espandersi su mercati dalla lunga tradizione che le consentirebbero anche una maggiore penetrazione della sua etichetta Super Dry.

ILGRUPPO PERONI
Il Gruppo Birra Peroni è oggi uno dei player principali nel settore dell’industria birraria ed è parte del Gruppo SabMiller plc che in Italia SabMiller è presente con tre stabilimenti produttivi (Roma, Padova e Bari), e la malteria Saplo. Birra Peroni opera da oltre 160 anni con impegno e passione, raggiungendo una produzione annua di birra che ammonta a 4,8 milioni di ettolitri.

I suoi marchi principali sono: Peroni, Nastro Azzurro e Pilsner Urquell. A questi si aggiungono altri marchi di prestigio sia nazionali che internazionali, come Miller Genuine Draft, Peroni Gran Riserva, Raffo e Wuhrer. L’azienda nasce nel 1846 a Vigevano, allora appartenente al Regno dei Savoia, quando Francesco Peroni avvia l’attività di una piccola fabbrica di birra.

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