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Vini al supermercato

Vini al supermercato: i migliori del 2016. La cantina dell’anno è in Oltrepò

Le potete trovare tutte a questo link le recensioni del vino in vendita nei supermercati italiani firmate da vinialsupermercato.it. Ci rendiamo conto che sono tante. E allora vi aiutiamo. Dopo la lista dei migliori vini degustati nel 2015 – anno della nostra fondazione – ecco quella aggiornata al 2016. Un viaggio nell’Italia del vino che prova a proporre qualità, anche nell’ambito dei grandi numeri della grande distribuzione organizzata. L’occasione buona per augurare buon Natale e buone feste a tutti i nostri lettori!

In particolare, tra i rossi, la spunta quest’anno il Brunello di Montalcino Docg Riserva 2006 di Villa Poggio dei Salvi (Toscana), in vendita nei supermercati Il Gigante, catena milanese con sede a Bresso, attiva nel Nord Italia. Tra i bianchi, soprattutto nell’ottica del rapporto qualità prezzo, non possiamo che insignire il Verdicchio dei Castelli di Jesi 2015 Titulus (Marche), della casa vinicola Fazi Battaglia. Lo potete trovare sugli scaffali di numerose catene della Gdo italiana. Tra gli spumanti, sul podio il Valdobbiadene Superiore Docg Prosecco Giustino B 2015 delle cantine Ruggeri (Veneto), assieme al Franciacorta Docg Saten Brut Castel Faglia (Lombardia). Tra i rosati, ecco spiccare la bella storia nel calice del Negramaro Rosato del Salento Igt 2015 Hiso Telaray, prodotto dalla Cooperativa sociale Terre Puglia Libera Terra: un vino che fa bene anche alla coscienza.

Spazio, quest’anno, anche per la segnalazione di un “vino quotidiano“, ma di altissima qualità: il Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc frizzante Vigna della Composta, prodotto da Fratelli Agnes a Rovescala (Lombardia). Miglior cantina 2016 che opera in Gdo, per noi di vinialsupermercato.it, è senza dubbio la Quaquarini Francesco di Canneto Pavese: qui la storia di questa importante realtà oltrepadana, che opera in un territorio difficile, puntando sul biologico e sull’attenzione alla qualità. Sia in campagna, sia in cantina.

http://www.vinialsupermercato.it/brunello-montalcino-docg-riserva-2006-villa-poggio-dei-salvi/

http://www.vinialsupermercato.it/verdicchio-dei-castelli-jesi-2015-titulus-fazi-battaglia/

http://www.vinialsupermercato.it/valdobbiadene-superiore-docg-prosecco-giustino-b-2015-ruggeri/

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Cantine news

L’Oltrepò di Quaquarini: Bonarda e Buttafuoco super con l’autoctono dimenticato

Ughetta di Canneto. O “Uvetta di Canneto”. Fondare un’intera produzione vinicola su un un uvaggio autoctono semisconosciuto potrebbe sembrare da folli, al giorno d’oggi. Ma se quel vitigno ha un nome “così”: beh, forse rischia d’esserlo ancor di più. Ciò che è veramente curioso è che succede – e per davvero – in Oltrepò Pavese. Terra di vino che sforna decine di “Bonarde” tutte uguali. Specie se ci si ritrova a pescare sugli scaffali della grande distribuzione organizzata. Tra i primi e i secondi prezzi. Ma all’azienda agricola Quaquarini Francesco, il sillogismo non quaglia. Un utilizzo particolare e attento dell’Ughetta di Canneto costituisce il vero segreto della produzione. Il suo incantevole fil rouge. Già. Ad un’attenta analisi, il blend su cui si fonda il più “banale” dei vini rossi oltrepadani conduce dritto alle punte di qualità espresse dal Buttafuoco. Quello Storico. Un filo spesso, solido. Palpabile. Tanto all’olfatto quanto al palato.

Capace di rendere speciale il vino di tutti i giorni, il Bonarda. E superlativo ciò che, per antonomasia in Oltrepò, deve risultare di per sé eccellente: il Buttafuoco Storico, per l’appunto. Una qualità così – trasversale, netta, oggettiva, lineare – che comincia dal vino “base” per raggiungere il top di gamma, passando peraltro dalle “bollicine”, in Lombardia come in altre regioni d’Italia è difficile da riscontrare in una singola realtà produttiva. Mettici pure che la Quaquarini produce in regime biologico – praticamente da sempre, ma con certificazione ufficiale per la campagna arrivata nel 2003 e per la vinificazione nel 2010 –  e ti sembrerà d’esserti addormentato, sognante, con un calice di vino in mano, lontano da Pavia. Nel bel mezzo di un raro, inatteso trionfo della Coerenza.

Dell’Ughetta di Canneto ha fatto un vanto Lino Maga, il “Signor Barbacarlo”. Ma anche Francesco Quaquarini, oggi giovanotto di 83 anni, ha giocato un ruolo fondamentale nella sua valorizzazione. “Uno dei primi libri che raccontava l’ampelografia del nostro territorio, la ‘Pomona italiana’ del botanico Giorgio Gallesio – spiega Umberto Quaquarini, timoniere e tuttofare dell’azienda giunta con lui alla terza generazione – all’inizio del 700 classificava in Oltrepò Pavese un’uva dalla quale si ricavava un vino, secondo l’autore, ‘tra i più buoni d’Italia’. Quell’uva era l’Uvetta, o Ughetta, o Vespolina. L’Uvetta era coltivata soprattutto a Canneto Pavese, nome preso nel 1886 dal nostro Comune, mutando dall’originario Montù de’ Gabbi. Dopo la fillossera, l’Uvetta è stata sostituita in quasi tutto l’Oltrepò da Croatina e Barbera, più resistenti, più facili da coltivare e più produttive”. Ma non dappertutto.

All’inizio degli anni 90, la svolta. “L’Università di Piacenza ha condotto uno studio sull’Uvetta – continua Quaquarini – ritrovando i primi cloni, quelli originali, nei vigneti di mio padre Francesco e in quelli di Lino Maga. Noi ne abbiamo tuttora diversi ettari. E la usiamo in tutti i nostri vini rossi, per un minimo dell’8%, sino a un massimo del 15”. Forse per quella scarsa vena imprenditoriale che caratterizza il 90 (+5) % dei vignaioli oltrepadani, la cosa non fu mai fatta ‘pesare’ sul piatto della bilancia vitivinicola italiana. Tant’è vero che lo stesso Quaquarini, oggi, vinifica in purezza la preziosissima Ughetta. Ma ne realizza solo poche centinaia di bottiglie, circa 300, che sostanzialmente hanno un ruolo marginale nel ventaglio della proposta commerciale dell’azienda. Un vero peccato. Perché quando assaggi l’Uvetta, o Ughetta, di Quaquarini, ti si apre un mondo.

Capisci davvero perché è speciale la sua Bonarda (sbalorditiva “La Riva di Sas” 2015, new entry “senza solfiti”), scoprendone il segreto intrinseco, nascosto sotto quella spuma corposa che si dissolve nell’aria, liberando profumi intensi di frutti rossi. E sorseggi un vino complesso come il suo Buttafuoco Storico Vigna Pregana (la 2003 è un trionfo tutto giocato sull’equilibrio tra il balsamico e il minerale, sullo sfondo di una frutta rossa ancora succosa e un tannino avvolgente, mentre la 2010 è da bronzo per Decanter 2016) andandone veramente a cogliere l’essenza. Con la semplicità con cui un bambino scarta una caramella. Ecco da dove ‘arrivano’ quei terziari che terziari, almeno per la Bonarda, non possono essere: pepe, cannella, paprika, liquirizia. Magica e tipicizzante Ughetta, insomma. Ma non solo.

Basti pensare che il vino che ha reso grande Quaquarini è il Sangue di Giuda Vigna Acqua calda (i vigneti sono situati sopra l’antico sito delle terme di Recoaro), risultato il vino più bevuto all’Expo 2015 di Milano. Ma c’è un altro prodotto che vale la pena di conoscere. E’ il Metodo Classico Brut Docg Classese, attualmente in commercio con la vendemmia 2009. La bollicina top di casa Quaquarini. Settanta mesi sui lieviti, sboccatura tra la fine di agosto e l’inizio di settembre. Ottenuto al 100% da uve Pinot nero. I sentori di lievito non sono invasivi, anzi. Una vena floreale domina naso e palato, assieme al miele d’acacia. Il sorso invoglia il successivo, non tanto per la freschezza conferita dall’acidità, quando per un’inattesa sapidità che ben si bilancia, specie in chiusura, con le note fruttate giovani. Il perlage è delicato, avvolgente, non aggressivo.

QUAQUARINI, LA GDO E LA BONARDA
Alti standard, dunque, che si ritrovano anche nei prodotti destinati alla grande distribuzione organizzata. Carrefour, Coop, Bennet, Pam, Alfi Gulliver e Basko le catene in cui sono presenti le etichette Quaquarini, ormai da 25 anni. Sono 250 mila le bottiglie che finiscono sugli scaffali dei supermercati, su un totale complessivo di 700 mila. “Fu una scelta rischiosa e allo stesso tempo coraggiosa – spiega Umberto Quaquarini – in quanto all’epoca il supermercato era vissuto come il nemico dei vignaioli. Iniziammo quest’avventura con il terrore addosso, dal punto di vista commerciale. Ma oggi non possiamo che essere fieri dei risultati conseguiti. E devo ammettere che l’azienda è cresciuta anche grazie alla Gdo”.

Un canale nel quale la realtà di via Casa Zambianchi 26 opera con coscienza e cognizione di causa. “La nostra Bonarda – sottolinea Quaquarini – è in vendita a un prezzo che supera abbondantemente i 5 euro, a dispetto di un prezzo medio di 2,60 euro. Purtroppo le prime dieci realtà della Bonarda in Oltrepò, dal punto di vista numerico, sono imbottigliatori e non produttori che possono permettersi prezzi del genere, o anche inferiori. Basti pensare che il 75% del Bonarda viene imbottigliato fuori dall’Oltrepò Pavese. Una follia pura, che costringe i produttori a guardarsi dall’estinzione. Il resto lo hanno fatto gli scandali, che hanno fatto diventare la nostra area vitivinicola la più controllata d’Italia”.

QUEI CONTROLLI IN VENDEMMIA
Umberto Quaquarini si riferisce ai “controlli a tappeto” effettuati dalle forze dell’ordine a carico della sua azienda, in occasione dell’ultima vendemmia. “Siamo stati ‘visitati’ due volte nel giro di 10 giorni, nel mese di settembre. Le verifiche hanno interessato l’attività di campagna, con i militari impegnati per ore a verificare la regolarità dei contratti di lavoro del personale assunto ad hoc. Controlli durante i quali le operazioni di vendemmia sono state ovviamente interrotte, con conseguenti costi ricaduti sui sottoscritti. Per sentirci dire, alla fine, che era tutto a posto”. Che sia arrivata qualche “falsa soffiata” da qualche concorrente? “Non lo so – replica il produttore – quel che è certo è che la cosa ci è suonata alquanto strana. E se la sommiamo a tutta la burocrazia legata alla certificazione biologica, rischiamo di finire per sentirci sempre più schiacciati dalla carta, in questo Paese”.

Un problema che, in estate, Umberto Ququarini ha affrontato direttamente con l’ormai ex ministro Maurizio Martina, che ha visitato l’azienda non in veste istituzionale, bensì da privato cittadino (ovviamente con Digos and company al seguito). “E’ stata una piacevole sorpresa – ammette il viticoltore pavese – perché da pochi mesi avevamo ricevuto un certificato di qualità da parte dello stesso Ministero per la nostra attenzione all’ambiente, tanto in campagna quanto in cantina. Ci fu pure modo di sorridere, con mio padre che tentava di offrire delle fette del nostro salame al ministro. Fino a scoprire, grazie all’intervento del suo portavoce, che è vegano!”.

QUAQUARINI E IL CONSORZIO
Eppure, come peraltro molte realtà di lustro dell’Oltrepò, la Quaquarini non aderisce al Consorzio di Tutela Vini locale. “Mio padre fu tra i soci fondatori – evidenzia Umberto – ma abbiamo preferito uscirne, per una visione completamente distante dalle posizioni dell’ente”. Oggi, l’azienda aderisce al Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese. “Spiace combattere da fuori il Consorzio una battaglia che dovrebbe essere comune a tutti i produttori della zona – chiosa Quaquarini – ovvero quella per la qualità. Al di là degli annunci sulla stampa, ritengo che dovremmo parlarci davvero, tra di noi. Sederci allo stesso tavolo e prendere delle decisioni comuni, per l’interesse di tutti”.

“La mia ricetta? All’Oltrepò del vino – risponde Umberto Quaquarini – servirebbe un manager vero, credibile. Una figura di reale spessore, che col suo carisma sia in grado di mettere d’accordo tutti, promuovendo il territorio come merita. Il Distretto del Vino fa benissimo il suo lavoro, ma sarebbe ora che non esistesse più: perché il Consorzio di Tutela è anche il mio. O almeno vorrei che così fosse”. La sintesi perfetta di un territorio che, invece, pare sempre più diviso. E in bilico. Tra gli interessi dei grandi gruppi. E l’amore di chi vive da generazioni del frutto di questo territorio.

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degustati da noi vini#02

Cisterna D’Asti Doc Superiore 2011, Azienda Vitivinicola Mo

Cisterna d’Asti è una Doc piemontese praticamente sconosciuta, situata tra Asti, Cuneo e il Roero, con pochissimi produttori rimasti a imbottigliare vino con questa denominazione. Per disciplinare, le uve base devono essere minimo 80% Croatina, vitigno autoctono molto presente anche nell’Oltrepò Pavese e nel Piacentino. Una piccola perla nascosta, dunque, capace di emozionare. Ne è un esempio la versione Superiore 2011 prodotta dalla Azienda Vitivinicola Mo.

Nel bicchiere il vino presenta un colore rosso granato di media intensità e trasparenza, con buona consistenza. Il naso è intenso e complesso, con note fruttate di marasca, more e scorza di arancia, floreali di glicine e lavanda; successivamente incalzano sentori balsamici mentolati e di erbe aromatiche, con l’alloro in prima linea. In bocca regna un ottimo equilibrio, grazie alla buona struttura e a soddisfacente morbidezza, ben contrastate da tannino fine e gradevoli acidità e sapidità.

Buona la persistenza, con note finali di frutta e erbe aromatiche. Vino maturo e molto interessante, da degustare a una temperatura di 16°C in calici di media ampiezza e da abbinare a primi con ragù di carne o a formaggi di media stagionatura.

LA VINIFICAZIONE
Il vino è prodotto da uve Croatina in purezza, dai vigneti siti in Cisterna d’Asti e in Canale coltivati su terreni sabbiosi-argillosi. Dopo la fermentazione alcolica e malolattica, affina per almeno 12 mesi in acciaio, per poi venire imbottigliato. L’azienda Vitivinicola Mo è attiva dagli anni ’60 e si è da sempre dedicata alla coltivazione di vitigni quasi esclusivamente autoctoni, con grande passione e dedizione.

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Vini al supermercato

Nero di Troia Puglia Igp 2014, Grifo Ruvo

(3 / 5) l Nero di Troia è il vitigno a bacca nera principale del centro-nord pugliese, capace di dare vini strutturati e molto longevi. Il produttore Grifo, la Cantina Cooperativa della Riforma Fondiaria di Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, propone nei supermercati la vendemmia 2014 con denominazione Puglia Igp.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice il vino si presenta rosso rubino con riflessi porpora che denotano gioventù. Al naso si riconoscono note avvolgenti di ciliegia e lampone maturo, violetta, pepe rosa, timo e sullo sfondo sentori tipici dell’affidamento in legno.

In bocca però non rispecchia le aspettative create precedentemente. Il corpo non è del tutto pieno, il tannino è già evoluto e non molto presente, la persistenza è un po’ corta. Bottiglia che ha già raggiunto il suo equilibrio: fatto di per sé piacevole, ma deludente vista la sua giovane età.

Da prendere in considerazione se si cerca un vino immediato e non troppo impegnativo. Da degustare ad una temperatura di 16° gradi e da abbinare a un primo con ragù di carne.

LA VINIFICAZIONE
Prodotto da una selezione di uve Nero di Troia in purezza coltivate a Ruvo di Puglia, su terreni marnosi-argillosi a 400 metri sul livello del mare. La vendemmia è svolta manualmente e, dopo la vinificazione, il vino affina in botti di rovere per alcuni mesi.

La Cantina Cooperativa della Riforma Fondiaria di Ruvo di Puglia è nata nel 1960 e vanta ben 1020 soci conferitori, concentrati sulla “valorizzazione di vitigni autoctoni come il Nero di Troia, il Bombino Bianco, il Bombino Nero, il Moscatello Selvatico e il Pampanuto”.

Prezzo: 3,99 euro
Acquistato presso: Esselunga

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La Terra Trema, i calici no: i migliori vini degustati al Leoncavallo

Trovarsi alla Terra Trema ogni anno è come passare una serata con gli amici lontani, con cui ti ritrovi raramente. Legno. Luci soffuse. Musica in sottofondo. Un buon bicchiere di vino. E chiacchiere. Tante chiacchiere. In particolar modo se, per te, è il sesto anno consecutivo. Ma siamo alla 12° edizione. La numero 10 al Leoncavallo di Milano. E si vede. Finalmente il bicchiere non è quello classico, da degustazione della festa del paese. E’ un calice!

Gli amici sono quelli di sempre, ma ogni anno conosci qualcuno di nuovo. Perché la manifestazione conta ben 90 produttori, in media, all’anno. Tutti Vignaioli, contadini, amanti della terra. Del suo profumo e del suo calore. Lo trasmettono. Anche solo da come ti parlano. Tutto attorno, un ambiente che li mette a loro agio. Come in campagna. Nulla di sfarzoso.

Niente distoglie il visitatore da quei faretti. Puntati solo su di loro. I protagonisti. Al fianco dei loro vini. Bisogna solo avvicinarsi e parlare. Non aspettano altro che raccontarti la loro passione. La loro fatica.

LA DEGUSTAZIONE
L’inizio è quello di sempre, con i vignaioli che poi si incontrano anche in cantina, durante l’anno. Si parte col Pecorino dell’Azienda Agricola Fiorano di Cossignano (AP), il Donna Orgilla 2015. Giallo paglierino con riflessi verdognoli, naso floreale ed erbaceo, caldo figlio di un’annata tosta. In bocca sapido e molto minerale. E’ capitato negli anni di degustare magnum con qualche anno sulle spalle. E questa vigna riesce col tempo a sfoderare evoluzioni Riesliniane.

Da lasciare a bocca aperta. Peccato che Paolo, co-titolare dell’azienda, non ne abbia portate in degustazione. Altro Pecorino di casa è il Giulia Ermina, con fermentazione in tonneaux francese e maturazione “sur lies” per 12 mesi, più 8 di affinamento in bottiglia. Una piccola chicca, per chi ama il sentore terziario appena percettibile del legno, sempre ben bilanciato da una buona acidità. Vero e proprio contraltare della freschezza di Donna Orgilla.

Nuova tappa ma ancora Pecorino. Stavolta Il Fiobbo di Vini Aurora ad Offida (AP). Questo è un gioiellino e basta. Perfetto, intrigante, complesso nei sentori gusto-olfattivi ma allo stesso tempo beverino. Anche qui riflessi verdognoli tipici del vitigno. Naso di mela verde, agrumi, fieno ed erbe aromatiche. Finale rinfrescante.

Facciamo un passo più a nord, sempre Marche. Stavolta quella del Verdicchio. Corrado Dottori di Cupramontana (AN). Azienda La Distesa, è in ritardo. Il banchetto è ancora vuoto. E allora ne approfittiamo per assaggiare i Verdicchio di La Marca di San Michele, che porta il Capovolto 2015 e il PassoLento 2014, in magnum. Capovolto 2015 è quello che non ti aspetti. Annata calda, siccitosa. Ma la vendemmia è stata anticipata di più di un mese, con inizio a fine agosto. E qui si trova la chiave di tutto. Qui non c’è macerazione e non c’è passaggio in legno.

Solo acciaio. E 8 mesi sulle fecce nobili. E’ un vino che esprime il varietale del Verdicchio. Da bere a secchi in estate. PassoLento 2014 è invece il fratello maggiore… inizia la fermentazione in acciaio poi passa  in botti di rovere da 10 hl dove finisce la fermentazione e matura per 9 mesi sulle fecce fini. Poi attende altri 9 mesi in bottiglia. E’ molto più complesso e strutturato con un corpo caldo nonostante l’annata fresca, di 13% vol. Un vino che ancora deve evolvere.

Lasciamo le Marche e andiamo in Sicilia, regione rappresentata a La Terra Trema da ben 15 produttori. Nino Barraco e Marilena Barbera fanno da capofila. Barraco schiera una batteria di 10 e forse più vini in degustazione. Uno più buono dell’altro. Merita una nota particolare il rosso Milocca 2006 da vendemmia tardiva di Nero D’Avola. Una perla. Affinato in castagno da 205 litri per 24 mesi. C’e tutto: pepe, cacao, ciliegie, anice stellato. In bocca dolce e sapido, suadente. Tra i bianchi, non si può scegliere. Ognuno ha le proprie peculiarità. Il Catarratto, lo Zibibbo in secco, il Grillo. Sono tutti deliziosi. Acidità e sapidità la fanno da padrona, ma non coprono mai i varietali. Qui Nino Barraco ha trovato la giusta alchimia.

Da Marilena Barbera è facile perdere la testa. Per lei, per il suo amore per il proprio lavoro, per la sua terra. E per i suoi vini. Inzolia 2015 è quasi salmastro. E per Marilena questa è la chiave. Ammette infatti che il sale stimola le papille gustative e le rende più recettive ai sentori. Rendendo la beva molto più interessante e appagante. Ma da Marilena Barbera, quest’anno, c’è una sorpresa: l’Arèmi, blend con una piccola percentuale di Zibibbo. Vino imbottigliato quella stessa mattina, come racconta entusiasta la vignaiola, proprio per portarne un campione alla fiera. Niente vendita. Ma è facile immaginare che chiunque l’abbia assaggiato si sia appuntato il numero della cantina. Per ordinarne un bancale. Un vino che non puoi non amare: fresco, sapido, con quella nota aromatica dello Zibibbo di Menfi, nel sud più profondo.

Lasciamo Marilena Barbera ma rimaniamo in Sicilia. Per una scoperta. 2012 Etna Rosso – Eno-trio, Nerello Mascalese in purezza da vigne a piede franco in contrada Calderara. Versante nord-ovest dell’Etna. E’ amore a prima olfazione.

Età media delle piante: 80-90 anni. Rese da 600g/1kg per pianta. Siamo al top. Affinamento in tonneaux e barrique di secondo, terzo passaggio per 12-18 mesi, più altri 6 in bottiglia. Boom. Naso commovente, con frutto dolcissimo e speziato, ciliegia, china, noce moscata, carbone, fumo e questa dolcezza intossicante che fa pensare alle pesche mature.

Notevole, veramente notevole. Bocca (per fortuna) idem: il tannino morbido accarezza il palato, poi è dolce, setoso e lungo. Poi un Traminer Aromatico, da vigne a 1000m d’altezza sull’Etna. Anche qui siamo su rese bassissime, ma con densità di impianto leggermente superiore al Nerello. Vino elegante, aromatico, delicato. Con note floreali, fruttate e con sentori di spezie. Altra bel prodotto.

Risalendo lo stivale cadiamo nella tentazione di qualche bella bollicina. Di Lambrusco, però. Il vino giusto, per spezzare e preparare il palato ai rossi corposi. Denny Bini è un personaggio da amare. Un Emiliano Doc, di Reggio. La Rosa dei Venti lo puoi bere anche a colazione. Lambrusco varietà Grasparossa, rosato rifermentato in bottiglia. Macerazione di 2 ore senza controllo. Secco, leggermente amaro, con un accenno di tannino. Bellissimo. Ponente 270 Lambrusco dell’Emilia, “come lo si fa a Reggio”, ci racconta. Cinque giorni di macerazione, mischiando tutte le varietà di Lambrusco: Lambrusco Grasparossa, Malbo Gentile, Lambrusco Salamino, Lambrusco di Sorbara. Pieno, ma morbido. Libeccio 225, il suo Lambrusco, il Grasparossa. Qui siamo a 10 giorni di macerazione , il colore lo rivela. Rifermentato in bottiglia. Bel corpo e una bevibilità che non ti stanca mai. Un po’ come La Terra Trema. Imperdibile, l’anno prima. Come l’anno dopo.

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Ferrari Trento e gli “enofighetti” di Natale: 10 domande su Gdo e promozioni

“Scandalo epocale in grande distribuzione: gli spumanti Ferrari in promozione a 10 euro”. Ogni anno, di questi tempi, i soloni del vino italiano si svegliano dal letargo. E pontificano. Postando tarantiniane fotografie di supermercati. Immagini crude, da censura. Che mostrano sanguinolente scene del crimine: gli eleganti “astucciati” della nota casa spumantistica trentina, in promozione. Che shock. Roba pulp. Per cuori forti. Scene da vietare ai minori.

Almeno quanto i commenti che seguono le immagini. Teatro dello scandalo sono i vari gruppi di discussione creati su quei moderni bar e osterie che solo gli “studiati” chiamano “social network”. “Sarà qualche bancale dimenticato in cantina, ossidato naturalmente”, sostiene baldo, il più intelligente. “Soprattutto in vista del Natale, se non se lo compra nessuno, mi sa che fanno prima ad abbassare la serranda”, ribatte un altro analista di microparticelle atomiche.

“Ferrari vale dalla Linea Maximum in su, quella è gassosa”, chiosa il milionario che fa colazione con i Tarallucci della Mulino Bianco (oggi senza olio di palma, se vi fosse sfuggito) pucciati nel Dom Pérignon, appena sciabolato. E così via. Per sfortuna loro, qualcuno prova a farli ragionare, anche in osteria. Pardon, sui social network. Ma chi, meglio di Massimiliano Capogrosso, Direttore commerciale di Ferrari Trento, può mettere i puntini sulle “i” sull’eno-cinepanettone che ogni anno, sotto Natale, va in onda sui social?

Veronese, quarantanove anni, una passione per il mondo vinicolo che ha segnato anche la sua carriera. Capogrosso proviene infatti da altre importanti realtà venete del settore, prima Valdo e poi Bertani. E’ approdato alle Cantine Ferrari dieci anni fa, per ricoprire il ruolo di Direttore vendite. Maturando col passare del tempo un’esperienza che, un anno fa, ha convinto la Famiglia Lunelli a nominarlo Direttore commerciale.

Dieci domande, dieci, quelle che gli rivolgiamo. Domande a cui Capogrosso risponde con dovizia di particolari. Dimostrando che per Ferrari – al contrario di molti altri “big” – la Gdo, è tutt’altro che un tabù.

1) Ferrari in Gdo: perché? Da quando?
Ferrari è il brindisi italiano per eccellenza, da sempre celebra appuntamenti istituzionali, sportivi e culturali tra più importanti del nostro Paese, così come i momenti più belli della vita di molti italiani. Vogliamo dunque che possa essere acquistato sia nel canale moderno che in quello tradizionale. E’ sempre stato così e ancora oggi l’azienda si impegna per dare a entrambi i canali distributivi la stessa importanza.

2) La gestione del “prezzo promo”: viene concordato di anno in anno con le varie catene, oppure si tratta di un’attività che prescinde dai contratti, gestita autonomamente dalle insegne?
Il Ferrari è uno di quei prodotti immancabili sulle tavole degli italiani durante le ricorrenze e spesso, dunque, viene utilizzato come “prodotto civetta”. E’ una scelta autonoma di ogni catena, che decide di impostare la propria campagna promozionale come ritiene più giusto per la sua clientela, a cui, in questo modo, può offrire un prodotto di altissima qualità a un prezzo davvero vantaggioso.

3) I volumi di Ferrari in Gdo
In Italia la nostra presenza si distribuisce in egual misura tra Gdo e Horeca. Si tratta di due mondi diversi, ma per noi ugualmente importanti, con logiche di vendita differenti tra loro.

4) In Gdo quale “tipologia” di prodotti Ferrari? Provocazione: quelli di “serie b”?
La regola imprescindibile di Casa Ferrari è quella di produrre solo prodotti di eccellenza, pertanto non parlerei assolutamente di prodotto di serie A e serie B. Basti pensare che la nostra referenza più classica, il Ferrari Brut Trentodoc è stato nominato recentemente “Miglior Blanc des Blancs al Mondo” a una competizione internazionale, tra le più importanti al mondo, dedicata solo alle bollicine: The Champagne&Sparkling Wine World Championships.

5) Ma le critiche arrivano sempre, puntuali e monocordi
Come ricordavo prima, Ferrari è un prodotto leader di mercato, che spesso dunque le catene della Grande Distribuzione utilizzano per attirare il consumatore. Sicuramente quello natalizio è il periodo più “sfruttato” per questo genere di promozioni, ma non possiamo che vedere queste operazioni come un indicatore dell’importanza del nostro marchio.

6) Ferrari intende proseguire il rapporto con la Gdo, intensificarlo/allentare la presa?
La politica commerciale delle Cantine Ferrari sarà quella di continuare a seguire con attenzione e uguale dedizione sia il canale Gdo sia il canale Horeca, in quanto riteniamo che entrambi siano fondamentali per il successo del nostro Gruppo.

7) Il ruolo di Ferrari nel panorama delle “bollicine” italiane ed europee
Ferrari è leader del mercato delle bollicine in Italia, con 4,5 milioni di bottiglie vendute all’anno e un incremento a doppia cifra dal 2015. All’estero continuiamo a crescere da anni e senza dubbio questo ultimo dato è indicatore anche dell’incredibile incremento della notorietà e dei volumi di vendita delle bollicine italiane nel mondo. Il Trentodoc, la prima Doc nata in Italia esclusivamente per il Metodo Classico, rappresenta il 35% della produzione nazionale di questa tipologia di bollicine e può vantare la propensione all’export più elevata, il 22% ( dati 2015 dell’Osservatorio Trentodoc). Ferrari è certamente trainante nell’accrescere a livello internazionale la conoscenza di queste straordinarie “bollicine di montagna”, che nascono più di un secolo fa proprio dall’intuizione di Giulio Ferrari.

8) Ferrari in Gdo anche con vini rossi fermi: una panoramica dei prodotti “collaterali” alle bollicine
E’ un’importante conferma che stiamo percorrendo la strada giusta. È opportuna però in questo caso una precisazione: i vini fermi trentini, toscani e umbri, non sono Ferrari (marchio dedicato esclusivamente alle bollicine Trentodoc), ma vanno sotto il marchio collettivo Tenute Lunelli. Si tratta comunque di un numero ridotto di bottiglie, il cui canale di distribuzione preferenziale è quello delle enoteche e dei ristoranti d’eccellenza, anche se può capitare di trovare alcune referenze in GDO.

9) Se la sente di dare qualche consiglio all’Oltrepò Pavese, patria del Pinot Nero, che prova faticosamente ad affermarsi e a diventare “grande”?
L’Oltrepò Pavese non ha sicuramente bisogno dei miei consigli, è un territorio di eccellenza e patria di grandi vini, ha solo bisogno di esprimere al meglio la sua personalità. Ogni territorio vocato alla produzione di vino ha delle caratteristiche uniche e irripetibili e proprio su queste credo sia necessario puntare: è la varietà la vera bellezza del nostro Paese.

10) Cosa beve a tavola, tutti i giorni, il direttore commerciale di Ferrari? Acquista vino al supermercato
Personalmente acquisto vini anche al supermercato, spesso mi capita di acquistare persino il Ferrari, quando non mi trovo a Trento. Per una cena tra amici amo portare il Ferrari Demi-Sec, la nostra bollicina più amabile e dalla marcata rotondità: il Trentodoc perfetto per esaltare il fine pasto, dal dolce alla frutta. (foto gallery Archivio Fotografico Cantine Ferrari)

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Cosmofood 2016, dal Prosecco agli spumanti calabresi: bollicine protagoniste

Quattrocentocinquanta espositori tra cantine e aziende produttrici di attrezzature professionali e commerciali di prodotti alimentari. Questo e molto altro è stata Cosmofood, manifestazione svoltasi dal 12 al 15 novembre a Vicenza, di cui vinialsupermercato.it è stata partner. Un pubblico di 42 mila persone ha è stato coinvolto in un ricco programma di oltre cento eventi e corsi semi professionali. Senza dimenticare degustazioni e seminari con ospiti illustri del mondo del food, come Ernst Knam.

Ma partiamo nel nostro raccontò tra le varie aziende di vino e non, addentrandoci nel mondo della birra. Due le realtà degne di nota tra quelle “industriali” e “garage”: il birrificio Engel e Tum. Il birrificio Engel, naturalmente di nazionalità tedesca, ha una produzione industriale che definiremmo “limitata”: la grande richiesta di questa birra di qualità ne limita la disponibilità. Un birrificio molto ricercato e in crescita, che sfodera interessanti Pils, Bock, Hell, oltre alla pluripremiata Gold.

L’azienda agricola Tum, di provenienza piemontese, più precisamente di Cavour, in provincia di Torino, si presenta con una base birra molto chiara e acida, sulla tendenza di birre antiche. Ma con un concetto giovanile e versatile: miscelare questa birra con vari sciroppi e aromatizzazioni.

Finito questo piccolo passaggio nel mondo delle birre ci avviciniamo naturalmente a ciò che più cattura il nostro interesse: il vino e i suoi produttori. Un viaggio che non poteva che iniziare da una bollicina, tra le più rappresentative della regione ospitante, il Veneto. Ci troviamo nello stand dell’azienda San Gregorio in Valdobbiadene, che produce Prosecco e non solo da generazioni. Un’azienda che ben si distingue con una sorpresa di ottima fattura. Una Docg ferma, ai più sconosciuta: la denominazione Prosecco Tranquillo, vino 100% Glera che si presenta al naso con tutte le caratteristiche olfattive di un Prosecco, ma che esalta la parte gustativa spesso celata, nel Prosecco “tradizionale”, dalla carica invasiva di anidride carbonica.

Superata la parte delle bollicine Charmat, ci avviciniamo a una delle bollicine italiane più in voga del momento: quella Franciacorta. Anche qui, ecco la sorpresa: quella di un’azienda che propone un ‘Metodo Solera’ per la produzione dei propri vini. Parliamo di Riva di Franciacorta. Naturalmente produttori delle varie declinazioni di Franciacorta, ben si fa apprezzare il Satén.

Ci spostiamo poi nel cuore dell’enologia italiana. Siamo in Umbria per conoscere la storia del Montefalco Sagrantino e delle cantine Rialto. Una realtà attiva dagli anni Cinquanta, che con passione coltiva non un vitigno ma una pianta definita ‘Sacra’, il Sagrantino appunto, capace di dare vita a una versione passita tradizionale, per poi essere “trasformata” anche nella classica versione secca.

Il viaggio enologico prosegue poi in Calabria, regione sempre poco citata, ma che produce ottime varietà, incontrando iGreco: azienda di qualità, si è fatta conoscere e premiare per i propri vini sul palcoscenico nazionale. Originaria di Cariati, in provincia di Cosenza, si presenta con diverse etichette tra cui spiccano alcuni spumanti di Greco bianco e Gaglioppo, oltre alle declinazioni classiche di bianco fermo di Greco e Nero di Calabria. Questa interessante azienda calabrese produce anche una versione di Gaglioppo che entra nel marchio WRT- Wine Researcher Team, un protocollo di vini con un regime rivolto alla naturalezza e alla chimica ridotta all’osso, sia in vigna che cantina.

Concludiamo il nostro tour al cospetto di sua maestà, l’Amarone. Vino della tradizione veneta, ma vinialsupermercato.it ama stupire. Segnalando questa volta un’azienda con uno sguardo rivolto al futuro di questo vino. Parliamo de Le Calendre, produttori in Valpolicella che si rendono protagonisti di un concetto di vino fresco e moderno, ma allo stesso tempo con la voglia di riscoprire vitigni antichi, che possono differenziare la produzione. Una riscoperta che punta a integrare uvaggi come la Corbina, la Croatina e la Turchetta, vinificati in cemento vetrificato e sottoposti a leggeri filtraggi, solo nel pre imbottigliamento.

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Cantine news

Lino Maga, alias Barbacarlo: dal vino al mito, in 79 vendemmie

Sul tavolo della sala di degustazione ci sono due piccoli calici. Mezzo dito di vino sul fondo, colora tutto il vetro d’un rosso acceso. La luce soffusa punta dritta negli occhi. Un omino piccolo si avvicina alla porta. Due giri di serratura. Mano tesa. “Buonasera, si accomodi pure. Arrivo”. Nello stanzino attiguo, qualcuno prova a far cambiare idea a Lino Maga. “Lino, no, non la voglio, ti ringrazio. Lino, davvero. Vado. Ciao Lino, ci vediamo”. “Aspetta”, risponde lui con dolcezza perentoria. Quella bottiglia di Barbacarlo, già incartata, rimarrà nella sala di degustazione. “La regalerò a qualcun altro”. Il sorriso di Lino Maga è quello di un condottiero stanco, ma ancora determinato a combattere. Stretto in una sciarpa blu, si siede al tavolo offrendo un tarallo dolce. Si abbina bene con le note fruttate, genuine, del Barbacarlo 2015. “La 2016 promette ancora meglio”, commenta subito, fiero. Incontriamo Lino Maga nella sua Broni, nella sala-bottega di via Mazzini 50.

Il conto alla rovescia per il Mercato dei Vini Fivi di sabato 26 e domenica 27 novembre è già iniziato. Nonostante qualche acciacco, il vignaiolo che ha contribuito a far conoscere al mondo intero l’Oltrepò pavese, presenterà in prima persona una verticale del vino-mito Barbacarlo. Cinque annate (2010, 2009, 2007, 2004, 2000), che saranno commentate da Walter Massa (altro vignaiolo simbolo di un territorio intero, col suo Timorasso che ha conquistato il pianeta) e il collega oltrepadano di Maga, Andrea Picchioni, che il “signor Barbacarlo” identifica come erede in Oltrepò, “dopo mio figlio”.

Ma non si aspettino scintille. Lino Maga, 80 anni suonati, è un personaggio schivo, riservato. Uno che non fa certo il paio con Massa, al contrario della sua “badante” Picci. Un agricoltore che ama la sua terra come si ama una sposa. Oggi, come quando aveva 6 anni. “A quell’età – ricorda Maga fissando il vuoto – aiutavo per la prima volta mio padre in vigna. Tiravo via le foglie dalle ceste di uva. Non mi ha insegnato niente nessuno. Semplicemente, se non facevo quello che diceva mio padre, erano legnate. E quando invece le prendevo da mia madre, sapevo che poi papà mi avrebbe dato il resto. Ho avuto una vita difficile, eppure riuscivamo sempre a sbarcare il lunario. I tempi difficili della guerra. Avevamo tutti i rifugi in vigna, per ripararci dalle mitragliate. La mamma faceva il pane in casa, il pollaio c’era, il maiale si ammazzava… Era dura, ma bella. Mi abbronzavo, in vendemmia”. Quest’anno, il figlio Giuseppe, ha provato a dare un freno all’intraprendenza del padre. “Mi ha tolto le chiavi del trattore. E allora io sono salito fin sulle vigne più alte a piedi”. Già, le vigne alte. Quelle più amate da Lino Maga. “Le più difficili da lavorare – ammette – ma allo stesso tempo le migliori. Quelle che regalano l’uva più bella. Quelle dove non arrivi con le macchine. L’agricoltore è un uomo libero che fa piccoli numeri. E nei piccoli numeri sta la qualità”.

Un dogma che, da oltre mezzo secolo, si traduce in una produzione che non supera le 10 mila bottiglie. “Eppure – evidenzia Lino Maga – c’è chi, ancora oggi, mi chiede di fare squadra con chi ne produce 200 milla, a dire poco. Ma come potrei? Il vino è una cosa seria. Il vino è un credo”. “Il problema – continua il viticoltore, tra un tiro stanco e l’altro alla sigaretta – è che l’industria ha superato l’agricoltura, anche nei termini. Si parla di vino biologico, ma mai di vino genuino. Non basterebbe dire che un vino è genuino per essere automaticamente biologico? E i sommelier? Sentiamo mai dire a un sommelier che quel vino sa…di uva? No, mai. Eppure questa sarebbe la cosa più naturale del mondo, per il vino”.

“Hanno complicato tutto – continua Lino Maga -. Mi hanno fatto la guerra sin dal 1979, quando ho fondato l’Associazione dei vignaioli dell’Oltrepò. Non ci riconoscevano, dicendo che avevamo un regolamento troppo rigido. Ci fecero decadere. Eppure è a noi che si deve la nascita dell’Oltrepò pavese come denominazione di origine controllata. Ho dato la vita per l’Oltrepò e ai contadini la possibilità di usare il nome della loro terra sulle etichette dei loro vini. Allora aveva un significato. Ma oggi? Lascio un punto interrogativo. Ultimamente vengo trattato con riconoscenza, ma non è stato sempre così. Anzi”.

Al figlio Giuseppe, l’eredità pesante di Lino Maga. “Mio figlio ha questo peso sulle spalle e lo stanno bombardando. Ma davanti a lui ci sono io. Come esempio. Faccio coraggio a lui e a tutti i giovani, di crederci. Perché la terra ti toglie, ma poi ti dà. La burocrazia ha tolto il sorriso agli agricoltori. Ma sono sicuro che se l’agricoltura saprà riprendersi i suoi valori, sarà anche in grado di dominare l’industria”. Agli oltrepò-steri l’ardua sentenza.

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Vini al supermercato

Alsace Riesling Réserve 2014, Pierre Sparr

(1,5 / 5)Nella giungla dei vini al supermercato è facile perdersi. E’ ancora più facile perdere la rotta quando ci si addentra nel tortuoso mondo dei vini francesi del supermercato. Ma la bussola impazzisce, letteralmente, sul Riesling Réserve 2014 Pierre Sparr. Doveroso sottolineare, in primis, che non si tratti di un prodotto “Aoc”, ovvero d’Appellations d’origine contrôlée, il corrispettivo transalpino della “Doc” italiana. Bensì di una semplice Appellation Alsace Contrôlée: formula con la quale viene genericamente identificato il vitigno alsaziano utilizzato per la produzione, in questo caso il Riesling. Un prodotto, dunque, che già di per sé rappresenta l’ombra dell’originale. E a questo punto, ad Esselunga, andrebbe chiesto perché inserire in assortimento un prodotto francese di “serie b”, peraltro a un prezzo non certo alla portata di tutti? Forse, la risposta sta sull’etichetta posteriore: in quell’analisi altisonante del Riesling Riserva Pierre Sparr, che a noi di vinialsuper pare…davvero nulla di che.

Quantomeno, raccomandiamo – per l’ennesima volta – agli addetti del supermercato di “girare le annate” e di trattare la corsia del vino come quella dei biscotti (già, perché anche il vino “scade” se è di bassa qualità, o se è prodotto con vitigni non adatti all’invecchiamento, o se è stato ‘turato’ con sugheri economici). Sul banco dove preleviamo questo Riesling, di fatto, sono presenti due annate. La 2014, che scegliamo per la nostra degustazione. E la 2013, dimenticata sul fondo dello scaffale: bottiglie piene di polvere e “liquido” visibilmente “ridotto” all’esame del collo della bottiglia, rispetto alla “sorella” 2014.

L’ANALISI DI VINIALSUPER
La domanda che continua a frullarci nella testa, mentre sorseggiamo questo…”Riesling Alsaziano Riserva”, è: perché? Perché? Dell’eleganza e della finezza dei Riesling d’Oltralpe, neppure l’ombra. Questo Pierre Sparr – a proposito: maison prestigiosa, la cui storia affonda le radici nell’anno 1680, a Beblenheim, in Alsazia per l’appunto – sembra piuttosto un vino di montagna, di quelli che servono in brocca nelle osterie.

Mancano, al naso, i caratteristici spunti di frutta a polpa bianca e di agrumi, mentre risaltano con una certa insistenza i soli fiori bianchi freschi. Sembra quasi un Gewurztraminer base, quando spunta invece, con l’ossigenazione, qualche richiamo olfattivo dolciastro, che ricorda il miele. Desaparecidos i sentori minerali, vera e propria “firma” della straordinaria Valle del Reno, di cui il Riesling alsaziano è simbolo. Al palato, struttura scarsa, monocorde, fruttata fresca. E, anche qui, nemmeno l’ombra della mineralità che si potrebbe (dovrebbe?) attendere dal vitigno. Consigliamo questo vino a tutto pasto. Degli altri.

LA VINIFICAZIONE
Apprendiamo dal sito web dell’importatore e distributore “esclusivo” del Riesling Riserva Pierre Sparr, la Boldrini Import Export di Roma, alcune informazioni sulla tecnica di vinificazione. Si tratta, come atteso, di un Riesling in purezza, ottenuto da vigne dell’età media di 26 anni. La vendemmia è condotta sul finire del mese di ottobre. La fermentazione avviene poi a temperatura controllata, con successivo riposo sulle fecce fini: un’operazione volta a favorire l’aromaticità del prodotto. Da apprezzare la schiettezza con la quale l’importatore descrive i sentori fruttati e minerali di questo Riesling Alsaziano, parlando di semplici “reminiscenze”. Chapeau.

Prezzo pieno: 7,19 euro
Acquistato presso: Esselunga

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Analisi e Tendenze Vino

Mercato dei Vini Fivi 2016: 420 vignaioli ai nastri

Si avvicina il Mercato dei vini della FIVI, che si terrà a Piacenza sabato 26 e domenica 27 novembre 2016. Per la sesta edizione saranno, per l’esattezza, 421 i vignaioli presenti. Quasi un centinaio in più rispetto alla scorsa edizione. Una crescita di adesioni che sottolinea come il Mercato sia diventato ormai un appuntamento imperdibile, luogo d’incontro, di condivisione e di confronto con il pubblico ma anche tra i produttori stessi. Qui i vignaioli assieme ai loro vini portano la loro esperienza di vita. Ognuno bada al proprio pezzo di terra, interpretando il territorio a suo modo: chi segue la tradizione, chi la tradisce o la abbandona per poi farci ritorno, chi innova, sbaglia, gioisce e soffre. Ma il vignaiolo è il vero custode del vino: ogni suo bicchiere restituisce il territorio che lo ospita e la sua cultura. Per questo le quattro degustazioni in programma nei due giorni saranno condotte direttamente dai vignaioli, che presenteranno i vini e il lavoro dei loro colleghi.

LE DEGUSTAZIONI
Dal Trentino di Pojer & Sandri al Collio friulano di Edi Keber, dal lombardo Oltrepò Pavese di Lino Maga alla Calabria di Francesco De Franco: ogni terra si racconterà attraverso i vini del suo interprete d’eccellenza. Nel corso del mercato sarà assegnato il premio Romano Levi per il Vignaiolo dell’anno e consegnate le targhe FIVI ai nuovi punti di affezione, enoteche e ristoranti in tutta Italia che propongono in modo particolare i vini dei vignaioli e che possono esporre lo stemma dell’associazione nel loro locale. Saranno infine premiate le foto vincitrici del contest #chinonbeveincompagnia lanciato sui social media da FIVI. Le 5 migliori si aggiudicheranno un weekend enogastronomico e bottiglie di vino. Gli orari di apertura del Mercato dei vini sono: sabato dalle 12.30 alle 19.30 e domenica dalle 11.00 alle 19.00. Ingresso € 15.00 giornaliero (ridotto per soci AIS – FIS – FISAR – ONAV – AIES e SLOW FOOD – possessori del biglietto della manifestazione MareDivino 2016), € 25.00 il biglietto per i due giorni.

IL MERCATO DEI VINI IN BREVE
Quando: sabato 26 e domenica 27 novembre 2016
Dove: PiacenzaExpo
Orario di apertura al pubblico: Sabato dalle 12.30 alle 19.30 | Domenica dalle 11.00 alle 19.00
Ingresso: € 15.00 comprensivo di catalogo e bicchiere per degustazioni ingresso giornaliero, € 25,00 il biglietto per due giorni.
Ingresso ridotto: € 10.00 per soci AIS – FIS – FISAR – ONAV – AIES e SLOW FOOD – possessori del biglietto della manifestazione MareDivino 2016. Il socio deve mostrare tessera valida dell’anno in corso. I minorenni non pagano l’ingresso e non possono effettuare degustazioni.

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Enoturismo

Eatstory, a Pompei il menu degli antichi romani

Per la prima volta nell’area archeologica di Pompei arriva il cibo degli antichi romani per far conoscere ai visitatori da tutto il mondo il legame che unisce la storia dell’Italia al proprio patrimonio enogastronomico. L’inaugurazione dell’iniziativa è fissata per sabato 5 novembre dalle ore 9.30 presso il Quadriportico Teatro Pompei con la presenza di Luigi Curatoli, Direttore Generale grande progetto Pompei, di Massimo Osanna, Soprintendente della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, di Dario Franceschini, Ministro Beni Culturali Roberto Moncalvo, Presidente Coldiretti. E’ prevista la degustazione del menu Pompeiano (gustum, primae mensae e secundae mensae) preparato secondo le ricette e consumato secondo le modalità del passato nel contesto storico originale.

Una opportunità unica al mondo per l’Italia dove cultura e cibo sono le principali leve di attrazione turistica strategiche per il rilancio dell’economia e dell’occupazione nel mezzogiorno ed in tutta Italia, come dimostra il dossier Coldiretti presentato nell’occasione. “Eatstory – da noi il cibo ha una storia” è il titolo del progetto realizzato dalla Coldiretti nell’area archeologica di Pompei che consentirà di fare rivivere ai visitatori degli scavi atmosfere e sensazioni del passato, ma anche l’opportunità di apprendere e partecipare direttamente ad attività di coltivazione, trasformazione e conservazione dei prodotti locali. A conclusione di tale percorso è prevista la degustazione di pietanze o l’acquisto di prodotti preparati secondo le tecniche in uso all’epoca dell’eruzione.

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news vini#1

Verticale di Barbaresco Gaja 1995-2012: cronaca di una Langa sconvolta

Non capita spesso di prendere parte a una degustazione verticale di vini del grande produttore piemontese Angelo Gaja. L’occasione l’altra sera, in provincia di Milano, grazie alla delegazione sommelier Fisar di Bareggio. Sul “tavolo”, nettari di tutto rispetto: tutti Barbaresco delle annate 1995, 2000, 2006, 2011 e 2012. Ecco qualche appunto. E qualche considerazione.

Barbaresco Gaja 1995
Di una freschezza e acidità memorabile. Colore granato bellissimo, quasi luminoso. Al naso solo violetta e qualche richiamo di frutta, matura ma non troppo. Non presentava neanche un terziario (a differenza del 2006, già più evoluto in tutto). In bocca giocava tutto sull’acidità in ingresso, con un accenno ancora di tannini. Unica pecca: un po’ corto, sia al naso che in bocca.

Barbaresco Gaja 2000
Il 2000 invece… Di colore perfetto. Naso che spaziava dai sentori floreali a un po’ di frutto. E poi menta, liquirizia. Il migliore della serata.

Barbaresco Gaja 2006
Colore carico. Il più concentrato. Naso tutto humus, fungo, dado. Balsamico. Frutta cotta, prugna secca. In bocca decadente e scomposto. Il peggiore. Annata top in Langa, ma bottiglia sfigata?

Barbaresco Gaja 2011 e 2012
Il 2012 e il 2011, partono bene. Colore un po’ scarico. Ma con bella frutta giovane e, nel complesso, un naso invitante la beva. Peccato durino poco queste emozioni. Dopo mezzora regge solo il 2011, per un’acidità tonica e ben bilanciata. Tannino duro, oggi. Il 2012 già pronto: giusto chiedersi se valga la pena spendere tanto per averlo. Considerazioni collaterali: proprio vero che in Langa non si lavora più come una volta. 1995 e 2000, due Nebbioli veri, rustici, ma con eleganza e complessità. Il 2006 sembra abbia fatto a pugni con una barrique. Annate 2011 e 2012 prodotte – così almeno pare – per essere già bevibili, hic et nunc. Qui e ora. Troppo poco veri però.

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news ed eventi

Luca Gardini, spot per i vini del discount Eurospin: l’intervista

Il miglior sommelier del mondo presta il volto per pubblicizzare i vini di un discount. Non è una barzelletta. Succede per davvero. A 6 anni dal prestigioso riconoscimento della Worldwide Sommelier Association, Luca Gardini si rimette in gioco. E lo fa con Eurospin. La nota catena di discount italiani ha sottoposto al 35enne di Cervia una serie di assaggi. “Alcuni – spiega Gardini – mi hanno piacevolmente sorpreso al primo sorso. Su altri ci siamo confrontati e siamo giunti alla selezione finale. Da lì il progetto di realizzare una linea ‘garantita’, ma in pieno spirito Eurospin, senza brand per contenere i prezzi”. Così, il ‘mezzobusto’ del sommelier emiliano finisce dritto sulla home page del sito web del colosso di San Martino Buon Albergo (Verona). E sui volantini cartacei. Tra una confezione di prosciutto di San Daniele e quattro cotolette agli spinaci a prezzo stracciato, of course.

“Vini Doc, Igt e Docg integralmente prodotti in alcune delle più vocate zone viti-vinicole italiane”, quelli selezionati da Luca Gardini per Eurospin. Si passa dal Barbera D’Asti Docg Superiore a 2,39 euro al Nero D’Avola Terre Siciliane Igt a 1,85. Spazio anche per i vini bianchi. Come il Muller Thurgau Vigneti delle Dolomiti Igt a 2,99 euro, o il Fiano del Sannio Dop a 4,29 euro. Senza dimenticare rosati come quello del Salento, a 1,99. O vini frizzanti come il Pignoletto del Reno Igt a 2,29 euro, o il Verduzzo del Veneto Igt a 1,69. Gardini si materializza in persona in brevi video, sempre sul web, e ne presenta le caratteristiche. Consigliando gli abbinamenti. E tra un bicchiere e l’altro, trova il tempo per rispondere alle domande di vinialsupermercato.it.

Luca Gardini, miglior sommelier del mondo 2010, presta la sua figura per pubblicizzare i vini di un “discount”: com’è nata l’iniziativa?
Credo che tutti abbiano il diritto di bere vino e, anche se non possono o non sono disposti a spendere molto, debbano avvicinarcisi informati, consapevoli, incuriositi

Il miglior vino della cantina Eurospin nel rapporto qualità-prezzo? Nei mesi scorsi, noi abbiamo scovato un buon Aglianico del Salento
A voi la scelta, sono tutti vini che raccontano territori diversi, non ne esiste un preferito, ma di sicuro c’è il preferito per ogni occasione. Potrei comunque fare quello politicamente scorretto e scegliere il Lambrusco della mia Romagna.

Il vino e la Gdo moderna: qual è la sua opinione?
Il tempo a disposizione è sempre meno e poter trovare tutto ciò di cui abbiamo bisogno in un unico luogo, il supermercato per l’appunto, è un vantaggio di questi tempi moderni. La Gdo sta crescendo e non si interessa di vini solo a buon mercato, ma è sempre più attenta alla qualità e alla cura del cliente. Quest’esperienza ne è stato un esempio

In Italia esistono ancora vini “da discount” o “da supermercato”, nell’accezione negativa del termine?
Esisteranno sempre, ovunque. Penso sia per questo che figure come la mia vengono interpellate

Come si sceglie un buon vino al supermercato?
Documentandosi senza dubbio, e poi “sperimentando”. Ognuno ha il suo palato e va rispettato, non finirò mai di ripeterlo. Importantissimi sono anche la presentazione e lo stato di conservazione del vino o del prodotto alimentare che sia

Luca Gardini acquista vini al supermercato? Se sì, quali?
Confesso di avere poco tempo per andare al supermercato. Per fortuna ho qualcuno che ci va al posto mio, ma quando sono in viaggio mi soffermo sempre a guardare quali vini (e come) supermercati e Autogrill propongono al pubblico in giro per l’Italia e per il mondo

Vino e marketing: quanto conta oggi l’immagine e quanto la sostanza?
Quando l’immagine è sinonimo di garanzia non faccio distinzioni. Ricordiamoci che stiamo parlando di prodotti alimentari, la sicurezza prima di tutto. E poi, senza sostanza, l’immagine sarebbe bidimensionale. Non so se mi spiego…

Lo stato di “salute” del vino in Italia: una fotografia di Luca Gardini. Quali prospettive per il vino italiano nel mondo?
Il vino italiano nel mondo non ha ancora la posizione che merita. Dobbiamo collaborare tra italiani, produttori – giornalisti – testimonial, e unire le forze per farlo conoscere sempre di più. Perché chi lo prova, poi non torna più indietro

L’area vitivinicola più sottovalutata d’Italia? Quella, invece, più sopravvalutata
Sottovalutata forse la Sicilia. Ho bevuto grandi Nero d’Avola negli ultimi anni. Con mio grande piacere uno è anche arrivato al 4° posto della classifica Tws-Biwa, di cui sono fondatore con Andrea Grignaffini, che vede premiati i 50 migliori vini italiani da parte di una giuria di esperti internazionale. Sopravvalutata non saprei: amo troppo il vino per dire che qualcosa è “troppo”.

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Gewurztraminer Vin D’Alsace Aoc, Pierre Chanau

Partiamo da un punto fermo: Pierre Chanau non esiste. O, meglio: non è il nome del vigneron francese che produce il Gewurztraminer Vin D’Alsace Appelation Alsace Contròlée che vi sarà capitato di scorgere sugli scaffali di una catena francese di ipermercati. Rewind. Fate mente locale. Dov’eravate? Ve lo diciamo noi: da Auchan. “Chanau”, di fatto, non è altro che l’anagramma di “Auchan”. Si diverte (anche) così la famiglia Mulliez, che detiene il marchio della grande “A”, a sua volta parte della costellazione Adeo. Il vino bianco che finisce oggi sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it rientra infatti tra quelli de “La Sélection”, “La Selezione” di vini realizzata da Auchan per i suoi clienti. In particolare, la vendemmia è la 2012. “Espressione del terroir e del sovoir-faire del produttore – si legge sul collarino apposto alla bottiglia – abbiamo degustato e selezionato per voi questo vino dall’eccellente rapporto qualità-prezzo”. Sveliamo l’ultimo ‘segreto’, prima di passare all’analisi gusto olfattiva: se Pierre Chanau non esiste, allora chi produce questo Gewurztraminer alsaziano? Vi spieghiamo anche questo. E’ la Wolfberger di Eguisheim, caratteristico borgo di 1.600 anime del dipartimento dell’Alto Reno, nel centro-sud della pregiata area vitivinicola francese. Cinquantotto milioni di euro il fatturato annuo del colosso Wolfberger, scelto non a caso da Auchan, anche per la sua consolidata esperienza nel mondo del vino, nel quale opera dal 1902.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Gewurztraminer Vin D’Alsace Appelation Alsace Contròlée Pierre Chanau si presenta di un bel giallo dorato, ancora più intenso di quanto potessimo aspettarci. Al naso, gli evoluti sentori di albicocca sciroppata ricordano quelli di certi pregiati Viognier francesi e dei migliori passiti italiani (non prendeteci per “pazzi” se ci sbilanciamo in una citazione altisonante del Ben Ryé Donnafugata).

Sono questi a emergere maggiormente, in un corredo olfattivo ricco, intenso e complesso, che spazia dalla frutta esotica (ananas, mango maturo e gli immancabili litchi), alla scorza d’arancia. Completano il quadro fini sentori di spezie come pepe rosa e chiodi di garofano. Un olfatto più che soddisfacente, che preannuncia un palato sorprendente.

Di fatto, a sostegno della pregevole pulizia delle note fruttate fresche già avvertite al naso (in perfetta corrispondenza gusto-olfattiva) interviene una sostenuta mineralità, già in ingresso. Il Gewurztraminer Vin D’Alsace Appelation Alsace Contròlée Pierre Chanau si apre poi deciso ma soave sulla frutta matura. Chiude infine minerale, rivelando una decisa sapidità. Come direbbero in Francia: chapeau. Perfetto accompagnamento per pietanze piccanti, questo Gewurztraminer della Selezione Auchan può essere accostato con facilità alla cucina etnica indiana o thai. Provatelo, per esempio, con un pollo al curry. O con un formaggio saporito e speziato.

Prezzo: 5,59 euro
Acquistato presso: Auchan

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Carignano del Sulcis Doc 2014 Calalonga, Cantina Calasetta

(3,5 / 5)Cantina Calasetta, specialisti del Carignano del Sulcis. Sei versioni: da quella a “piede franco”, ottenuta da vite orginaria, non innestata con vite americana, passando alla Riserva, senza dimenticare il rosato. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it finisce però Calalonga, il Carignano del Sulcis di Cantina Calasetta distribuito nei supermercati Esselunga. Una versione realizzata appositamente per la notsa catena della gdo italian, che non tradisce le attese. Anzi, stupisce nel rapporto qualità prezzo.

Il vino si presenta nel calice di un rosso rubino poco trasparente, scorrevole. Al naso, chiari e tipici sentori di frutta rossa, uniti a una percezione vegetale che richiama il peperone verde. Di facile beva, nonostante il buon corpo e una struttura tutt’altro che esile, gioca col palato sulle note di frutta rossa, pulite, già avvertite al naso. Sfodera solo in un secondo momento anche una bella sapidità, che torna in un finale fruttato e di leggera spezia. Lasciato nel calice qualche minuto, il Carignano del Sulcis Calalonga di Cantina Calasetta muta, grazie all’ossigenazione: si fa più ‘austero’, mostrando in bocca tratti sino ad allora sconosciuti, tra il dattero disidratato e la carruba. Etichetta interessante questo vino rosso di Sardegna, da consumare a tutto pasto. Si sposa, in particolare, con primi ricchi al ragù o con secondi come l’agnello. Noto l’abbinamento con l’agnello con carciofi, ricetta tipica pasquale sarda.

LA VINIFICAZIONE
Cantina Calasetta, realtà che ha sede nell’omonimo comune della provincia di Carbonia-Iglesias, sulla punta settentrionale dell’isola di Sant’Antioco, arcipelago del Sulcis, è stata premiata negli anni scorsi dal Gambero Rosso con i “tre bicchieri”. Dalla sede assicurano che Calalonga sia un Carignano del Sulcis 100%, senza addizione di uve di altri vitigni, pur consentita dal disciplinare per un massimo del 15%. Ma la cantina sarda sceglie di non fornire a vinialsupermercato.it le specifiche richieste sulla tecnica di vinificazione, come sino ad oggi aveva fatto solo un’altra cantina dell’Oltrepò Pavese.

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Dalle Marche il Pinot Nero vinificato in bianco che fa incazzare l’Oltrepò Pavese

Dici Pinot Nero e pensi all’Oltrepò Pavese. E invece no. Paradigma ribaltato ieri sera alla degustazione alla cieca organizzata in provincia di Pavia da Vinum Narrantes. Non un’associazione ma un “esperimento sociale”, come piace definirlo ai promotori Luca Bergamin e Cinzia Montagna (lui sommelier Ais, lei giornalista), volto a “promuovere la cultura del vino attraverso uno sguardo che consideri tanto il consumatore inesperto quanto i tecnici e i critici del settore, con un approccio professionale ma non per questo esclusivamente formale”. All’incontro “numero zero” c’eravamo anche noi di vinialsupermercato.it. Ospiti super partes a un tavolo che ha visto sedersi uno accanto all’altro imprenditori, artisti, degustatori, produttori vitivinicoli e neofiti del vino. Segni particolari: tutti residenti e operanti in Oltrepò Pavese. In batteria, una verticale di 6 annate diverse di quello che, tolta la stagnola, si è rilevato essere “L’Impero” Blanc de Pinot Noir di Fattoria Mancini (strada dei Colli 35, Pesaro). Un Pinot Nero vinificato in bianco, dunque. Prodotto nelle Marche. L’outsider. Anzi l’intruso. O, ancora meglio, il cavallo di Troia con cui la coppia Bergamin-Montagna ha voluto – letteralmente – provocare una discussione che, dal tavolo di Vinum Narrantes, aspira a raggiungere tutti i produttori della zona. Bussando anche alle porte del Consorzio di Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese e del Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò: i due organismi ‘politici’ del vino oltrepadano, che vivono in uno stato di paradossale convivenza pacifica armata in quel di Pavia. “Se non siamo capaci di fare le cose in grande da soli – ha dichiarato Luca Bergamin – allora copiamo chi è riuscito e riesce a farle meglio di noi. Perché in Oltrepò Pavese, terra del Pinot Nero italiano, non siamo in grado di concentrare le forze su un prodotto che renda grande il nostro territorio? Perché Fattoria Mancini ci riesce nelle Marche, esportando anche all’estero migliaia di bottiglie di un vino come il ‘L’Impero’ Blanc de Pinot Noir, bagnando il naso a una terra storicamente vocata per la coltivazione del Pinot Nero come l’Oltrepò?”.

PAROLA AI PRODUTTORI
Domande, anzi provocazioni, che non sono passate inosservate al tavolo di degustazione. Il parere di Fabio Marazzi di Cantine Scuropasso non lascia spazio a interpretazioni: “In Oltrepò stiamo producendo ormai da anni un Pinot Nero di altissimo livello. Il problema è che non lo stiamo comunicando efficacemente al pubblico. La verità è che l’Oltrepò è storicamente una terra di conquista: la mia azienda, per esempio, dal 1963 ai primi anni 2000 ha fornito a Berlucchi le basi per le cuvée che hanno contribuito al consolidamento di quello che oggi è un grande marchio della spumantistica italiana”. Secondo il titolare della cantina di Pietra dé Giorgi, “è mancata nella zona un’azienda leader che trascinasse tutte le altre sulla via di un successo di territorio”. “In Oltrepò – ha aggiunto Marazzi – abbiamo paura della sola idea di avere le cantine piene: siamo contadini un po’ ignoranti, che guardano con invidia allo spirito imprenditoriale di viticoltori come i vicini bresciani, che con il Franciacorta hanno dimostrato che l’unione fa la forza”. “E’ impossibile internazionalizzare facendo affidamento alle sole energie che riescono a esprimere i piccoli produttori – ha aggiunto Paolo Percivalle, vignaiolo bio a Borgo Priolo -. In una zona in cui il 70% delle uve viene venduto alle cantine sociali, quale voce in capitolo può avere, nella stanza dei bottoni, chi mira a innalzare il livello qualitativo?”. Amaro anche il commento di Ettore Cribellati dell’Azienda Agricola Anteo di Rocca de’ Giorgi: “Terre D’Oltrepò conta numericamente in Consorzio e detta legge. Noi piccoli produttori siamo relegati al ruolo di mezzadri. E un calcio in culo se reclami… Qualcuno, in passato, mi disse che in Oltrepò siamo come arabi con il petrolio sotto al sedere, ma incapaci di venderlo e, quindi, di distribuire ricchezza al territorio. Tutto il mondo sa cosa produciamo in Oltrepò Pavese e a che livello qualitativo siamo giunti. Il problema è che parliamo del mondo dei tecnici e non di quello della gran parte dei consumatori. Insomma: non siamo in grado di comunicare la grandezza di queste terre”.

IL VINO IN DEGUSTAZIONE
La chiave di lettura dei produttori alla provocazione lanciata da Vinum Narrantes non lascia spazio, insomma, a interpretazioni. Per noi di vinialsupermercato.it è impensabile che un territorio come l’Oltrepò rinunci alle “bollicine” Metodo Classico per iniziare a produrre un Pinot Nero fermo, vinificato in bianco, come ‘L’Impero’ Blanc de Pinot Noir di Fattoria Mancini. Ottimo tuttavia lo spunto offerto da Luca Bergamin e da Cinzia Montagna a un Oltrepò del vino che potrebbe puntare alla produzione di un vino bianco fermo longevo, capace di evolversi in bottiglia negli anni, passando dalla grande freschezza e sapidità espressa in degustazione dal calice della vendemmia 2013 de “L’Impero” (22 euro in cantina!) alle tinte sempre più avvolgenti e ‘glicerinose’ delle annate 2012 (25 euro), 2011 (28 euro), 2008 (28 euro) e 2006 (30 euro). Purché – ma questo è un giudizio puramente soggettivo e purista – non si trasformi (anche) il Pinot Nero in un concentrato di vaniglia che piacerà pure al pubblico europeo e internazionale, ma che snaturerebbe, al posto di valorizzare, l’intero Oltrepò.

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Pinot Nero Sudtirol Alto Adige Doc 2013, Cantina Cortaccia

(5 / 5) Etichetta impegnativa per il pubblico non ‘germanofono’, quella del Blauburgunder Kurtatsch. Per chi mastica solo italiano, aiutano le scritte Pinot Nero (Blau burgunder, appunto) e Cortaccia (Kurtatsch), la cantina produttrice.

Disquisizioni linguistiche e di marketing del vino a parte, quel che conta è il contenuto. E il Blauburgunder Pinot Nero 2013 della cantina Kurtatsch, vale proprio la pena d’essere acquistato e stappato.

Si aggira tra gli 8 e i 9 euro, di fatto, il prezzo di questo prezioso nettare della Doc Sudtirol Alto Adige, sugli scaffali dei supermercati. E questo è il momento perfetto per assaporarne l’evoluzione in bottiglia, a tre anni dalla vendemmia e dall’immissione in vetro.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Pinot Nero Cortaccia 2013 si presenta del tipico rosso rubino. Meno trasparente, tuttavia, rispetto ad altri vini ottenuti dallo stesso vitigno. Al naso i richiami sono quelli attesi: sottobosco, piccoli frutti a bacca rossa e nera. Sentori intensi, fini, decisi ma delicati.

Un naso, dunque, che disegna un palato capace di confermare le attese: le note fruttate si mescolano a una sensazione di velluto che rende piacevole la beva. Alla delicatezza della frutta fa spazio un’acidità piacevole, rinfrescante. E una sapidità percettibile, ma dosata e pacata.

Una volta deglutito, il Pinot Nero 2013 di cantina Cortaccia si rivela lungo, su note  che si fanno vagamente speziate, ad accompagnare i frutti di bosco. Buon vino da meditazione, accompagna al meglio ricchi primi piatti e secondi di carne rossa, alla griglia o arrosto, oltre alla selvaggina e ai formaggi stagionati. La temperatura di servizio deve aggirarsi fra i 16 e i 17 gradi.

LA VINIFICAZIONE
Tra i prodotto di punta della linea “Selection” di Cantina Cortaccia, questo Pinot Nero è ottenuto al 100% dalle omonime uve originarie dalle Borgogna francese, che da oltre un secolo hanno trovato una seconda, accogliente casa nei terreni del Sudtirolo.

In particolare, la zona produttiva si trova nel comune di Montagna, in località Gleno, provincia di Bolzano: uno splendido paesino situato a 500 metri sul livello del mare, ai piedi del Monte Cislon, il cui paesaggio è dominato da vigne e folti boschi. Il terreno è misto sabbioso e argilloso, caratteristiche che in bottiglia si traducono nel giusto compromesso tra una pronta bevibilità del prodotto e una complessità non banale.

La vinificazione del Pinot Nero Cortaccia prevede una fermentazione a temperatura controllata in vasche aperte e un successivo affinamento in legno grande, meno invasivo delle piccole barrique. Cantina Cortaccia conta oggi 190 soci, che coltivano 190 ettari di terreni, dislocati tra i 220 e i 900 metri di altitudine.

Prezzo: 8,90 euro
Acquistato presso: Il Gigante

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“Bollicine di Lombardia”: la Franciacorta snobba l’evento Ais in Oltrepò Pavese

“Non voglio polemizzare. Loro, semplicemente, non si riconoscono nelle ‘Bollicine di Lombardia’ e noi ne prendiamo atto”. Commenta così Fiorenzo Detti, presidente Ais Lombardia, la decisione del Consorzio Franciacorta di disertare l’evento “Bollicine di Lombardia”, organizzato proprio dall’Associazione Italiana Sommelier in Oltrepò Pavese. L’appuntamento, in programma da ieri pomeriggio e fino a questa sera all’Enoteca Regionale della Lombardia di Cassino Po, a Broni, ha come obiettivo la valorizzazione e la promozione degli spumanti Metodo Classico e Metodo Charmat prodotti nella regione. Più di 50 le aziende che hanno aderito, di cui 35 sono pavesi. Secondo quanto spiegato da Detti, i “franciacortini” avrebbero storto il naso proprio di fronte alla definizione di “Bollicine di Lombardia”. Troppo “riduttiva” per descrivere quello che, dalle parte di Brescia, amano definire “Metodo Franciacorta”, snobbando così anche la definizione di “Metodo Classico”, internazionalmente riconosciuta per la seconda rifermentazione in bottiglia. Il presidente Ais si mostra pacato davanti ai microfoni di vinialsupermercato.it. Ma non risparmia qualche stoccata in occasione della conferenza di presentazione del banco di assaggio. “Da qualche parte, in Lombardia – ha dichiarato Detti – amano guardare gli altri dall’alto al basso. I 15 milioni di bottiglie che è arrivata a produrre la Franciacorta sono tanti, ma credo che faranno sempre più fatica in futuro, soprattutto per come intendono posizionarsi su un mercato dove il competitor principale è lo Champagne, con i suoi 340 milioni di bottiglie”.

L’APPELLO ALL’UNITA’ DELL’OLTREPO’
Parole in cui affiora l’orgoglio pavese del presidente Ais, nato e cresciuto a Bereguardo. Di fatto, Fiorenzo Detti coglie la palla al balzo per lanciare un appello anche al suo Oltrepò. “La Franciacorta – ha commentato – resta per tutti un esempio da imitare. Da osservatore mi sembra di poter sostenere che da quelle parti viga una sorta di dittatura democratica: tutti parlano, ma alla fine si arriva al dunque e si decide qualcosa. E quello che si decide è sempre nel bene comune della Franciacorta. Vorrei che anche il nostro Oltrepò discutesse e si confrontasse costruttivamente, per portare a casa un valore aggiunto e non per distruggere. Sono convinto che le idee possano essere diverse, ma nel momento in cui insieme discutiamo, litighiamo, picchiamo i pugni sul tavolo, da quella riunione si debba uscire più compatti e più forti di prima, non più frazionati”.

Un appello al cuore del Consorzio Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese, rappresentato nella giornata di ieri all’enoteca regionale dal direttore e segretario Emanuele Bottiroli. Ma anche al Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese, costola scissionista dello stesso Consorzio, capitanata da Fabiano Giorgi. La ricetta del presidente Ais? “Non è facile, ne sono consapevole – ha chiosato -. Se fosse un piatto, sarebbe sicuramente complicato da realizzare e ricco di tanti ingredienti difficili da far sposare assieme. Ci sono tante teste, tanti interessi. Il mio invito, tuttavia, è quello di mettere nel cassetto i personalismi in nome di un valore che possa essere di territorio e di gruppo”.

IL BANCO D’ASSAGGIO
Un valore assoluto, quello dei vini dell’Oltrepò Pavese, che spicca al banco d’assaggio organizzato dall’Ais, anche tra ottime “bollicine” di Franciacorta. All’eccezionale Extra Brut Riserva 2009 “Curtel”, di cui la cantina Massussi di Iseo (Brescia) ha prodotto solo 2.500 bottiglie (70% Chardonnay, 15% Pinot Bianco, 15% Pinot Nero, 60 mesi sui lieviti che danno vita a un nettare dorato, dai profumi intensi e dal palato in cui lievitano note persistenti di agrumi) risponde a testa alta il Pinot Nero Brut Roccapietra di Cantina Scuropasso (Pietra de’ Giorgi, Pv), tra gli assaggi più interessanti di “Bollicine di Lombardia” per complessità, senza disdegnare un rapporto qualità-prezzo strabiliante.

Delizioso anche il Metodo Classico Extra Brut La Perla di Marco Triacca, interessante realtà della Valtellina capace di spaziare da un’austera Chiavennasca (Nebbiolo) a una bollicina fragrante, ottenuta dalla vinificazione per iperossidazione dell’autoctona Pignola valtellinese, vitigno a bacca rossa. Ventiquattro mesi sui lieviti. Risponde per l’Oltrepò l’ottima Cuvée Bussolera Extra Brut Pinot Nero 2013 Le Fracce (Mairano di Casteggio, Pv) nonché il 100% Pinot Nero Giorgi 1870, Gran Cuvèe storica Metodo Classico Docg provenienti dalle zone più vocate del vigneto, nei comuni di Montecalvo Versiggia, Santa Maria Della Versa e Rocca De’ Giorgi.

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Cabernet Friuli Colli Orientali Doc 2013, Volpe Pasini

(5 / 5)Ottimo Cabernet per qualità prezzo da Esselunga. Parliamo del Cabernet Friuli Colli Orientali Doc Volpe Pasini, imbottigliato all’origine dall’omonima società agricola di Emilio Rotolo e Figli di Torreano, Udine. La vendemmia sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it è la 2013, mentre l’ultima vendemmia in commercio è la 2015. Una degustazione dalla quale il Cabernet Volpe Pasini esce a pieni voti, dimostrando le sue buone potenzialità, anche in termini di ulteriore affinamento negli anni, in bottiglia. Nel calice, il vino si presenta di un rosso rubino intenso, poco trasparente. Intenso al naso, sprigiona sentori densi di sottobosco (ribes) e spezie, che con l’ossigenazione si arricchiscono di spunti erbacei tipici del Cabernet Franc (si tratta infatti di un blend tra Cabernet Sauvignon e Franc). Così come tipico è il richiamo (flebile) al peperone giallo. Al palato, il Cabernet Volpe Pasini si rivela caldo (13,5% gradi di alcol in volume, per nulla fastidiosi), pieno, di una rotondità di velluto. Tannino vivo, ma tutt’altro che allappante. E un’acidità ancora evidente, caratteristica che ha consentito la buona riuscita dell’affinamento in vetro di questo nettare friulano. Vino persistente anche nel retro olfattivo, chiude sulle note vegetali. L’abbinamento perfetto? Quello con le carni, specie se di selvaggina. A una temperatura di servizio di 18-20 gradi, quella dei grandi vini rossi.

LA VINIFICAZIONE
Come anticipato, le uve che compongono il blend sono per l’85% quelle Cabernet Sauvignon e per il restante 15% Cabernet Franc. Dopo la raccolta, nei vigneti di proprietà della società agricola Volpe Pasini, tutti situati nel Comune di Togliano, si passa a una vinificazione tradizionale in rosso. Particolare attenzione viene data alla fase di macerazione, che si protrae a lungo per conferire intensità al colore del futuro vino e consentire, al contempo, il rilascio di tutte le sostanze che consentiranno al vino di durare a lungo nel tempo (oltre i 5 anni). La fermentazione avviene avviene in vasche di acciaio. Il vino affina per alcuni mesi in bottiglia, prima della commercializzazione. Volpe Pasini è una delle più antiche cantine del Nord Est italia, oggi proiettata sui mercati esteri, che concorrono per il 50% al bilancio aziendale.

Prezzo: 7,49
Acquistato presso: Esselunga

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Veneto shock: Valpolicella Classica pronta alla scissione dal Consorzio. A Soave prezzi del vino al ribasso

Davide contro Golia, “ciak si gira”. In Veneto. Alle porte della vendemmia 2016, la regione vinicola più produttiva d’Italia è in subbuglio. L’ennesima riduzione della percentuale delle uve da mettere a riposo per Amarone e Recioto, paventata dal Consorzio di Tutela Vini della Valpolicella e ormai in via di ufficializzazione, rischia di generare una scissione da parte dei produttori della zona Classica.

E a Verona, in occasione dell’evento clou del programma di Soave Versus, andato in scena ieri al Palazzo del Gran Guardia, serpeggia il malumore tra i piccoli produttori. Costretti “a mantenere bassi i prezzi dei loro vini per l’esistenza di un ‘cartello’ che limita, di fatto, la concorrenza leale”.

Parole forti quelle che volano in Valpolicella e a Soave. Confermate da diversi produttori, che preferiscono mantenere l’anonimato. Ma andiamo con ordine. “Con un’annata come questa che si preannuncia eccezionale – evidenziano alcuni vignaioli della Valpolicella, sentiti in esclusiva da vinialsupermercato.it – la riduzione delle rese delle uve ci colpisce ancora di più. Tutti si aspettavano dal Consorzio di Tutela Vini della Valpolicella un aumento della percentuale di uve da mettere a riposo per Amarone e Recioto, proprio per l’abbondanza e la qualità che registreremo in vendemmia. Invece ci ritroveremo con l’ennesima diminuzione. E alla domanda: perché? Ci hanno risposto che ci sono numerose cantine con Amarone in abbondanza, invenduto. Una decisione presa dunque per mantenere in equilibrio il rapporto tra domanda e offerta in Valpolicella”.

Peccato che, come sottolinea ancora il gruppo di produttori, “le cantine della Valpolicella Classica registrano il problema inverso”. “Praticamente nessuno di noi ha dell’Amarone invenduto e dunque non si capisce perché dobbiamo sottostare a questa misura, che taglierà ulteriormente le gambe all’economia dei piccoli produttori, per difendere gli interessi dei grandi gruppi e delle cantine sociali della zona allargata. Di certo sappiamo che neppure la cantina sociale della zona Classica (Negrar) ha dell’Amarone invenduto: figurarsi i piccoli produttori. E i prezzi, qui da noi, non sono certo al ribasso”.

“Il problema di fondo – continuano i viticoltori – è far capire ai consumatori finali che esistono diversi tipi di Amarone: nella zona classica abbiamo da sempre valori aggiunti in termini di stile e qualità. Nonostante ciò, non siamo abbastanza rappresentati numericamente nel Consorzio per far valere le nostre ragioni. L’unica soluzione, dunque, sarebbe quella di una scissione dal Consorzio della Valpolicella, con la creazione di un altro ente che si prenda cura, alla stessa maniera, di tutti: piccoli e grandi”.

Il nuovo Consorzio, o distretto, sull’esempio di quanto avvenuto in Oltrepò Pavese con la creazione del Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese, guarderebbe gli interessi delle aziende dei Comuni di Fumane, Marano di Valpolicella, Negrar, San Pietro in Cariano e Sant’Ambrogio di Valpolicella, che producono Valpolicella classico, Valpolicella classico superiore, Valpolicella Ripasso classico, Valpolicella Ripasso classico superiore, Amarone della Valpolicella classico e Recioto della Valpolicella classico.

PIU’ QUALITA’ CHE PREZZO A SOAVE

Non si parla di secessione, invece, tra i produttori di Soave intervenuti al grande evento al Palazzo della Gran Guardia di Verona. Ma monta il malumore. A far traboccare il vaso, di stand in stand, è la nostra domanda sul prezzo delle singole bottiglie presentate in degustazione. Costi davvero irrisori per la qualità espressa da alcuni Soave Classico o Superiore. Una situazione invitante per la grande distribuzione organizzata (Gdo), che arriva a proporre ai vignaioli una media di 1,30 euro a bottiglia. Prezzo che sullo scaffale, a margini e Iva applicati, lieviterebbe comunque a soli 3,50 euro, per il cliente finale.

Davvero troppo poco per dei Soave che prevedono raccolte vendemmiali tardive, appassimenti in cassetta di percentuali d’uva e, in alcuni casi, anche brevi passaggi in legno. “Il perché è semplice – spiegano uno dopo l’altro i vignaioli intervistati – e va ricercato nel fatto che a comandare sui prezzi nella zona del Soave sono poche cantine, che dettano legge per tutti. Bisogna essere abbastanza potenti per poter contrastare queste aziende e provare, per esempio, a proporre sul mercato vini innovativi, diversi: perché in quel caso, qualcuno si sentirebbe scavalcato, vedendosi ‘derubato’ di fette di mercato. Il Soave, nel mondo, è stato bistrattato e proposto all’estero con prezzi assurdi, anche inferiori all’euro, nei supermercati. La crisi non basta a giustificare tutto ciò”.

I produttori di Soave interpellati denunciano poi la sussistenza di un “conflitto d’interessi nelle alte leve del vino di Soave”. Il presidente del Consorzio, Arturo Stocchetti, è anche il presidente dell’Unione Consorzi Vini Veneti Doc e Docg (U.Vi.Ve, che sul proprio sito web omette l’organigramma). Arturo Stocchetti, inoltre, è presidente di Cantina Castello (eccolo, questa volta, in foto in home page assieme alla famiglia). Uno dei soci di Stocchetti in Cantina Castello ricoprirebbe infine un ruolo di primo piano nella cantina sociale di Soave.

Una stoccata all’assessore all’Agricoltura della Regione Veneto, Giuseppe Pan, arriva invece – sempre in occasione di Soave Versus 2016 – da parte di Paolo Menapace, presidente della Strada del Vino Soave: “Benissimo promuovere il territorio di Soave, ma la Regione dovrebbe elargire contributi speciali a chi reimpianta la pergola, vero e proprio simbolo della viticoltura tradizionale locale, rinunciando alla spalliera”.

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Franciacorta Docg Saten Brut, Castel Faglia

(4 / 5)Da Esselunga, un buon Franciacorta Saten Brut. Lo produce l’azienda agricola Castel Faglia di Cazzago San Martino, in provincia di Brescia. Ottenuto esclusivamente da uve Chardonnay, reca sull’etichetta la scritta “Saten”, che indica la presenza di una bollicina non “aggressiva” (pressione in bottiglia inferiore ai 5 bar) e di una spuma “cremosa”. Nel calice, il Franciacorta Docg Saten Brut Castel Faglia si presenta d’un bel giallo paglierino con riflessi dorati. Il perlage è fine e persistente. Al naso, buona intensità e schiettezza. Flebili note di crosta di pane lasciano spazio a più concreti sentori fruttati, che richiamano soprattutto la pesca bianca e la scorza del lime. Quest’ultima risulta sempre più presente nel calice, col passare dei minuti. La ritroviamo anche al palato, assieme alla pesca bianca matura, in un contorno del tutto secco (Brut) e lievemente astringente, Buona freschezza, accostata da una leggera sapidità. Il perlage, come nelle attese, risulta delicato sul palato e si dissolve in bocca regalando una percezione setosa. Un Franciacorta Docg Saten Brut equilibrato, intenso e fine anche nel retro olfattivo, dove risulta sufficientemente persistente. Spumante da bere giovane questo Castel Faglia, pur prestandosi per caratteristiche a un minimo affinamento ulteriore in bottiglia (leggere sulla contro etichetta la data della sboccatura, in questo caso ottobre 2015). Perfetto come aperitivo, può accompagnare degnamente piatti di pesce o di carne bianca. Da provare con il pollo ruspante al limone. Temperatura di servizio rigorosa: dai 4 ai 6 gradi per assaporarlo al meglio.

LA VINIFICAZIONE
Il Franciacorta Docg Saten Brut Castel Faglia è ottenuto dalla vinificazione dello Chardonnay allevato sul territorio di Calino di Cazzago San Marino, nel cuore della Franciacorta, tra i Comuni di Borgonato ed Erbusco. Un terroir di origine morenica recente. La raccolta delle uve avviene a partire dalla seconda metà del mese di agosto. Gli acini, come vuole la tradizione spumantistica, vengono colti a maturazione non ancora ultimata. Una raccolta che, all’azienda agricola Castel Faglia avviene manualmente, in piccole cassette. Segue una pressatura soffice dello Chardonnay, una fermentazione primaria a temperatura controllata in acciaio e una seconda fermentazione (Metodo Classico) in bottiglia. Prima di essere commercializzato, il Franciacorta Docg Saten Brut Castel Faglia affina per ulteriori 24 mesi. L’azienda prende nome dal castello dell’antico proprietario Faglia, situato su una collina di origine morenica a 300 metri sul livello del mare, dalle cui pendici si distendono vigneti in parte a gradoni.

Prezzo: 12,85 euro
Acquistato presso: Esselunga

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Rosa dei Masi Rosato delle Venezie Igt 2014, Masi Agricola

Siamo in estate, nel pieno di questa fantastica stagione. E sempre più ricerchiamo prodotti freschi, che possano regalarci momenti di sollievo. Ma non vogliamo rinunciare al nostro amato nettare d’uva. Quindi quale miglior prodotto può regalarci piacere e freschezza se non un vino rosato? Questa volta vinialsupermercato.it punta la lente di ingrandimento su una grande casa vinicola veneta, che nella sua vasta gamma di prodotti può vantare un rosato estremamente interessante nel rapporto qualità prezzo. Parliamo di Masi Agricola e del suo Rosa dei Masi. Alla vista il vino si presenta di un color rosa tenue: la classica “buccia di cipolla”, con un’ottima luminosità e limpidezza. Passando all’olfatto la frutta matura è molto presente: lampone e ribes la fanno da padroni ma al naso l’eleganza e la complessità di questo vino fanno presagire una beva – se possibile – ancora più interessante. Al palato tutta la morbidezza del vitigno Refosco, ottenuta grazie a una nuova interpretazione dei vini rosati. E’ il frutto della “Masi Expertise” nella vinificazione – in piccole quantità – di uve leggermente appassite. Ecco dunque i ritorni di frutti rossi maturi che non celano una piacevole acidità, riconducibile al succo della melagrana. Un concerto sintetizzabile con la sensazione di freschezza assoluta. Colpisce, infine, la straordinaria persistenza di questo vino. Un “Supervenetian”, insomma, fratello minore del noto Campofiorin rosso. Ottimo come aperitivo e con antipasti, Rosa dei Masi è il compagno perfetto per gustare anche crostacei, frutti di mare e pasta con condimenti e sughi leggeri.

Prezzo: 11,90 euro
Acquistato presso: Supermercati Tosano, Gruppo VeGè

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Lambrusco di Modena Doc Biologico, Umberto Cavicchioli & Figli

(4 / 5)Pare non vi sia ancora traccia, sul sito web della Umberto Cavicchioli & Figli, di quello che – forse – è l’ultimo arrivato in quel di via Canaletto 52, San Prospero. Tant’è: il Lambrusco di Modena Doc Biologico Cavicchioli ha fatto invece la sua comparsa sugli scaffali dei supermercati Esselunga. Potevamo non dargli il benvenuto su vinialsupermercato.it? Eccolo dunque sotto la nostra lente di ingrandimento. A colpire, innanzitutto, è il prezzo: soli 3,99 euro. Pochi centesimi in più, dunque, rispetto al costo medio di un Lambrusco non biologico, acquistabile al supermercato. Che sia questa la ragione della poca ‘enfasi’ data al lancio del prodotto da parte della casa modenese? Può darsi. Di buono c’è sicuramente l’adesione di Cavicchioli al circuito RafCycle, come ben evidenziato sull’etichetta posteriore della bottiglia. “Un concetto di riciclaggio innovativo che si basa sul riutilizzo degli scarti generati dalle etichette adesive per creare nuovi materiali”, come spiega il sito della Upm Raflatac, che “recupera i sottoprodotti delle etichette adesive, destinati all’incenerimento o allo smaltimento in discarica e li trasforma, facendoli ‘rinascere’. RafCycle riduce la quantità dei rifiuti da smaltire in discarica e offre innumerevoli vantaggi agli stampatori, ai confezionatori, ad altri operatori del settore delle etichette e, ovviamente, all’ambiente”. Ma arriviamo al dunque: la degustazione.

Nel calice il Lambrusco di Modena Doc Biologico della Umberto Cavicchioli e Figli si presenta di un rosso rubino poco trasparente. Spuma vivace che si disgrega rivelando un “perlage” vivace, persistente e davvero fine. Al naso note vinose e fruttate di mela Golden Delicious matura, che preannunciano l’abboccatura, oltre ai caratteristici sentori floreali di viola mammola. Al palato è piacevole, per nulla stucchevole l’abboccatura. Di corpo fresco, si svela sapido e fruttato: di nuovo di mela matura il sentore predominante. Un vino, il Lambrusco di Modena bio Cavicchioli, da abbinare agli antipasti a base di salumi, ai primi o ai secondi di carne bianca, purché leggeri. Il bio Cavicchioli, insomma, promosso soprattutto nel rapporto qualità prezzo. Per la sua beva facile (10% alcol in volume), un ottimo alleato nelle calde giornate d’estate. Da servire a una temperatura tra i 9 e i 12 gradi.

Prezzo: 3,99 euro
Acquistato presso: Esselunga

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Calici di Stelle in Oltrepò Pavese: appuntamento a Santa Giuletta

L’Oltrepò Pavese e le Stelle. Del vino. Appuntamento imperdibile domenica 7 agosto per i winelovers lombardi a Santa Giuletta, in provincia di Pavia. Dalle ore 18, Tenuta La Tessèra (Casa Rossa, frazione Castello) ospiterà Calici di Stelle, manifestazione organizzata in ogni angolo del Belpaese da Città del vino e dal Movimento Turismo del Vino. Numerose le aziende agricole del territorio pavese che aderiscono all’iniziativa: dalla Cignoli Carlo a La Costanza, da La Travaglina a Lozza Roberto, senza dimenticare Montini, Sangiorgio, Terre Bentivoglio e Borgo Santuletta. Il programma prevede la degustazione guidata dei vini a cura del sommelier Luca Bergamin, che saprà certamente consigliare il vino migliore da gustare con le prelibatezze gastronomiche del territorio. I partecipanti saranno invitati a scattare fotografie dei loro momenti di convivialità per “La Stella di Federica”, concorso organizzato annualmente dall’associazione nazionale dei Comuni vitivinicoli d’Italia, Città del Vino. Per partecipare sarà sufficiente inviare gli scatti all’indirizzo email piscolla@cittadelvino.com. Le tre migliori foto saranno appunto premiate con tanto buon vino. Calici in mano e occhi puntati al cielo, per ammirare le stelle. Un appuntamento fortemente voluto dal sindaco di Santa Giuletta, Simona Dacarro, che ha potuto contare sulla locale Pro Loco Santa Julita, cui sarà affidata la ristorazione. Per maggiori info: Sergio (334.59.87.952) e Francesca (338.38.78.617).

Il sommelier Luca Bergamin
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Analisi e Tendenze Vino news

A Milano gli Champagne La Chapelle e José Michel di vinodalproduttore.it

Un paio di star, qualche buon attore. Diversi figuranti. La degustazione di Champagne delle maison La Chapelle e José Michel & Fils organizzata ieri pomeriggio da vinodalproduttore.it a Milano, negli spazi Multiverso di via Mecenate 77, regala al folto pubblico intervenuto due certezze assolute. A dominare la scena è Privilège Brut Cru La Chapelle, ottenuto dall’assemblaggio di un 40% di Pinot Meunier, un 35% di Pinot Noir e un 25% di Chardonnay. Una bollicina francese raffinata, di struttura. Elegante ed armonica. Naso di crosta di pane tostata e palato croccante. Ottima anche la persistenza delle note minerali e agrumate nel retro olfattivo. Una cuvée prodotta nel villaggio vinicolo di Ville Dommange, 1er Cru de la Coté Ouest, paesino di 500 anime del dipartimento della Marna, nella regione della Champagne Ardenne.

Servito dagli ottimi sommelier Fisar della delegazione di Milano Duomo anche Special Club 2007 di José Michel & Fils, l’altra bella sorpresa del pomeriggio meneghino. Una cuvée ugualmente spartita tra Pinot Meunier e Chardonnay spremuti da vigne vecchie di 70 anni, prodotto con la stessa etichetta da 28 produttori consorziati seguendo un rigorosissimo disciplinare, che prevede (tra l’altro) un periodo minimo d’affinamento di 3 anni prima della commercializzazione. Si tratta indubbiamente del prodotto di punta della maison di Moussy, altro paradiso della Champagne Ardenne. Naso intenso, elegante e fine che racconta sentori di frutta a polpa bianca, crosta di pane e fiori. Rispondente al palato, dove a dominare sono ancora le note delicate di frutta. Interessanti anche il Brut Gran Vintage 2007 e il Blanc de Blancs 2007 di José Michel & Fils, così come il Millesimé Brut 2008 (33,3% Meunier, 33% Pinot Noir, 33,7% Chardonnay) di La Chapele. Restano solamente ‘comparse’ i rosé proposti in degustazione: dal Nuance Brut di La Chapelle al 50% Pinot Noir e Meunier di Michel, nessuno convince appieno.

GLI ORGANIZZATORI
Soddisfatto dal successo dell’evento Guido Groppi, titolare del portale milanese di e-commerce del vino vinodalproduttore.it. “Quella che proponiamo – spiega – è una formula diversa da tutti gli altri. Dopo aver selezionato produttori di grande qualità, poniamo in vendita i loro vini e li promuoviamo anche grazie ad eventi come questo. Il vino viene consegnato al cliente direttamente dalla cantina del produttore, mediante il nostro servizio spedizioni che non fa altro che prelevare il pacco in cantina e consegnarlo all’indirizzo segnalato del cliente. Questo garantisce alcuni vantaggi: innanzitutto assicuriamo la qualità della conservazione. E inoltre il nostro assortimento è costituito sostanzialmente da quanto il produttore stesso ha in cantina, comprese le grandi annate e i grandi formati”.

Un’idea nata nel 2010, spiega Groppi, “quando mi sono messo a cercare chi vendeva il vino Montevetrano dei Colli di Salerno prodotto da mia suocera”. “Mi sono reso conto così che tutte le enoteche, comprese quelle online, compravano dai produttori, stoccavano e vendevano poi all’utente finale. Vinodalproduttore.it inverte semplicemente questa procedura: il vino resta in casa del produttore sino a quando il cliente non lo acquista tramite il nostro portale, eliminando così tutti i problemi dovuti allo stoccaggio da parte di terzi”. Il prezzo di vendita, a maggior ragione, è concordato preventivamente con il produttore. Un procedimento, dunque, che veste d’etica l’intera filiera. “All’inizio è stato difficilissimo – ammette Guido Groppi – perché la maggior parte dei produttori viveva con una certa diffidenza il mondo di Internet, anche per esperienze negative vissute con altre ‘enoteche online’. Poi un certo numero di produttori di livello ha iniziato a darci fiducia, rendendosi conto della coerenza della nostra proposta. In un mondo tutto sommato piccolo, come quello del vino di qualità, la nostra onestà, alla lunga, ha pagato”. Vinodalproduttore.it può contare su una squadra di dieci persone, a cui sono affidate le sorti (sul web) di 55 produttori ‘associati’.

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Vini al supermercato

Il Salice Salentino Riserva 2012 Selvarossa e il miracolo della lievitazione del prezzo

(3 / 5)Un’operazione commerciale di proporzioni “globali”, nel mondo della critica del vino “che conta”. O che dovrebbe contare. Giustifichiamo così, noi modestissimi commentatori di vinialsupermercato.it, la lievitazione del prezzo che sta subendo, nei supermercati italiani, il Salice Salentino Dop Riserva Selvarossa di Cantine Due Palme. Il prezzo del vino rosso pugliese della società cooperativa agricola di Cellino San Marco (Brindisi), supervalutato da tutte le più prestigiose “guide” del vino del Belpaese, cresce assieme al consenso ottenuto da parte dei “big” della critica enologica. E in Esselunga, che lo distribuisce sugli scaffali della propria fitta rete di supermercati, passa da 13 a quasi 17 euro. Nel giro di tre mesi scarsi. Per carità, non stiamo parlando certo di un caso clamoroso. Selvarossa Riserva è un buon vino. Ma a dirla tutta: per quasi 17 euro, in Gdo, si può bere decisamente di meglio. Per sdrammatizzare, basti pensare a quanto sta combinando l’e-commerce Tannico.it. Che sul proprio sito di vendita di vini online mette in bella mostra i “Tre bicchieri” affibbiati a Selvarossa dal Gambero più famoso d’Italia (vedi immagine sotto). E, magicamente, “sconta” ai propri clienti un 35% sul prezzo pieno, che sale – però – a ben 23 euro. Portando Selvarossa a un prezzo finale, sconto incluso, di 14,90 euro: spese di spedizione escluse, of course. Chapeau. Eppure sarebbe forse questa la “dimensione prezzo” corretta, al netto delle super valutazioni, di questo rosso di Puglia della coop brindisina.

LA NOSTRA DEGUSTAZIONE
Per giudicare bisogna assaggiare, lo abbiamo sempre sostenuto. E allora ecco qui le nostre note degustative del Salice Salentino Dop Riserva Selvarossa Cantine Due Palme. Sotto la nostra lente di ingrandimento, la vendemmia 2012. Precisiamo innanzitutto che si tratta di un rosso riserva ottenuto per l’85% dalla varietà Negroamaro, completata da un 15% di Malvasia Nera. Nel calice, il vino si presenta d’un rosso rubino intenso, poco trasparente, profondo, con riflessi amaranto. Al naso un gran calore alcolico, che solo in parte si giustifica con i 14,5% di alcol in volume. Con l’ossigenazione emergono interessanti note fruttate di ciliegia (sotto spirito, più che in confettura) e decisi spunti terziari di vaniglia e liquirizia. Un vino che, al palato, si presenta caldo. Il tannino è avvolgente e il retrogusto richiama le note di frutta a bacca rossa (ciliegia) già avvertite al naso, che si arricchiscono di una nota amarognola tipica della carruba. Un vino che, tuttavia, pare “sfuggire” via veloce, senza lasciare una firma inconfondibile in bocca, tale da giustificarne il prezzo. E non si capisce neppure – ma sarà sicuramente un nostro limite – come possa evolvere ulteriormente negli anni questo tanto decantato Salice Salentino da 17 euro in Gdo.

Del resto, a Vinitaly 2016, lo scorso aprile, era stato lo stesso direttore commerciale di Cantine Due Palme, Giacomo Di Feo, ad annunciare chiaramente ai lettori di vinialsupermercato.it l’ormai imminente lievitazione dei prezzi di Selvarossa: “Stiamo riposizionando verso l’alto il prezzo del nostro vino top di gamma presente nei supermercati Esselunga – ammetteva Di Feo – a fronte di un prezzo iniziale di circa 13 euro. Una catena che ben lo espone non può che essere per noi un valore aggiunto”. Coerenza e onestà che meritano un riconoscimento, al di là delle grandi recensioni che negli ultimi mesi hanno favorito il processo di lievitazione di Selvarossa Due Palme in Gdo e, per certi versi, anche in Horeca. E con altrettanta coerenza e onestà, noi di vinialsupermercato.it vi consigliamo di provare un altro vino rosso di Puglia di Cantine Due Palme, dal rapporto prezzo-qualità davvero eccezionale: parliamo del Susumaniello Serre (9/11 euro in Esselunga o nei supermercati Il Gigante, i primi ad averlo in assortimento, anche nel nord Italia). Un vino, questo sì, di cui innamorarsi. Per davvero.

Prezzo pieno: 16,90
Acquistato presso: Esselunga

 

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