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Cantina Ripa della Volta: (green) message in a bottle, in Valpantena

Ripa della Volta sostenibilità in Valpantena valpolicella
Cantina Ripa della Volta ha presentato i propri vini e il proprio progetto legato alla sostenibilità con una degustazione presso la propria sede di Verona, lo scorso 15 ottobre. Un’occasione propizia anche per approfondire l’espressione della Valpantena, sottozona della Valpolicella sempre più in auge.
Nata nel 2015 dalla volontà del giovane imprenditore Andrea Pernigo, Ripa della Volta punta a unire territorio, vino e cultura. L’idea è quella di una “Creative Organic Farm“: un’azienda agricola guidata dal rispetto per la terra. Un rispetto che si concretizza in una coltivazione biologica mirata a preservare il suolo e ad arricchirlo nel tempo.

RIPA DELLA VOLTA E IL SUO APPROCCIO SCIENTIFICO E SOSTENIBILE

Nei 25 ettari di proprietà, di cui 15 vitati, non si coltivano solo i vigneti ma anche ulivi ed erbe aromatiche. Un ecosistema agricolo in cui, grazie al riutilizzo degli scarti delle singole produzioni, si contribuisce al circolo virtuoso della sostenibilità. Le circa 50 mila bottiglie prodotte diventano così espressione di una filosofia artigianale, rispettosa della terra e volta alla sostenibilità. Le fasi della produzione sono seguite direttamente dalla cantina, a partire proprio dalla cura dei vigneti, gestiti non solo in “bio” ma soprattutto attraverso un approccio scientifico. Ripa della Volta letteralmente “misura” i propri vigneti attraverso l’Indice Bigot. Un metodo brevettato, che consente di valutare il potenziale qualitativo di ogni singolo vigneto.

L’Indice Bigot misura 9 parametri di ogni appezzamento (produzione, superficie fogliare esposta, rapporto fra metri quadri di foglie e uva per ceppo, sanità delle uve, tipo di grappolo, stato idrico della pianta, vigore vegetativo, biodiversità, età del vigneto) che prendono in considerazione il vigneto nel suo insieme, come un organismo vivente. Oltre 10 mila dati all’anno, che permettono di ottimizzare la produzione e la gestione delle uve.

LA VALPANTENA DI RIPA DELLA VOLTA

Ripa della Volta si candida così a un ruolo primario tra le cantine che intendono valorizzare la Valpantena. Situata nel cuore della Valpolicella, la Valpantena è una valle che nasce a ridosso della città di Verona e che conduce ai Monti Lessini. I suoi suoli marnosi e calcarei sono ricchi di elementi che conferiscono ai vini una spiccata mineralità e complessità. La disposizione nord-sud della valle e la presenza dei Monti Lessini favorisce inoltre la ventilazione, a beneficio della sanità delle uve. Le quote mediamente più alte rispetto al resto della Valpolicella, inoltre, garantiscono un clima più fresco ed una buona escursione termica fra il giorno e la notte.

I VINI DI RIPA DELLA VOLTA

«Svincolarsi dallo stereotipo dell’Amarone come “vino di metodo”» e «realizzare vini che siano identitari e rappresentativi del territorio». È con questa idea che nascono i vini di Ripa della Volta. Una scelta che si traduce anche nei vitigni utilizzati: accanto ai classici Corvina, Corvinone, Rondinella e Oseleta troviamo così anche Spigamonte e Turchetta (vitigno, quest’ultimo, che sta trovando spazio anche nella zona di Rovigo). Vitigni ormai pressoché dimenticati.

VALPOLICELLA SUPERIORE DOC 2022

Un vino fresco, asciutto, snello. Già dal colore rubino brillante tradisce la sua agilità. Al naso apre floreale su note di violetta, rosa e lavanda. Seguono sentori di frutto rosso, ciliegia matura e melograno arricchite da una piacevole nota pepata. Al palato è scorrevole, con una freschezza scalpitante. Verticale e sapido con tannini setosi.

VALPOLICELLA RIPASSO DOC 2021

Due anni di affinamento in botti grandi per il Valpolicella Ripasso Doc 2021 di Ripa della Volta. Quel tanto da arrotondare il vino, quel poco da non marcare troppo coi sentori terziari e perdere l’identità territoriale. Al naso affianca ad un frutto rosso giovane, delicato e goloso un frutto più scuro come mora e prugne essiccate. Leggera nota tostata e speziata. Il tannino è più vivo e presente che nel Superiore ma non per questo invasivo o troppo “asciugante”. La viva freschezza resta come marchio distintivo della Cantina.

AMARONE DELLA VALPOLICAELLA 2019

Tre anni in botte grande, come da disciplinare. Tempo sufficiente alla polimerizzazione dei tannini senza spingere sui sentori. Ne risulta un Amarone fresco e dalla grande bevibilità nonostante i 15% vol. Al naso non sono in sentori legnosi, vanigliati e di tostatura, a dominare. Ciò che guida il quadro olfattivo sono le note di frutta matura, di rosa, di ciliegie sotto spirito, note agrumate ed un tocco balsamico-mentolato. In bocca è ricco, con l’alcool molto ben integrato ed un’acidità vibrante. Beva asciutta, contemporanea, verticale e con tannini vellutati.

AMARONE DELLA VALPOLICELLA RISERVA 2016 (ANTEPRIMA)

Attualmente non in commercio e prodotto in sole mille bottiglie, l’Amarone della Valpolicella Riserva 2016 di Ripa della Volta affina per circa 3 anni e mazzo in botti piccole. Naso ricco che spazia dalla rosa canina alla frutta sotto spirito ed al ribes nero, dal cioccolato fondente al pepe al chiodo di garofano fino a note tostate. Bevuta importante, quasi in controtendenza rispetto agli alti vini di Ripa della Volta. Corpo pieno e tannini risolti che avvolgono il palato. Resta il marchi di fabbrica della cantina: la viva acidità che sembra quasi voler tagliare a metà il corpo. Finale lungo.

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Blocco totale degli impianti per l’Amarone. Sartori: “Serviva una scelta coraggiosa”


SANT’AMBROGIO DI VALPOLICELLA –
Stop agli impianti di nuovi vigneti utili alla produzione di Amarone in Veneto. La misura, della durata di 3 anni, entrerà in vigore dal primo agosto e contempla “un periodo transitorio di 6/12 mesi per la messa a punto dei sistemi di controllo da parte delle strutture preposte”.

La richiesta di dare un freno alla produzione di Amarone arriva dal Consorzio di Tutela Vini Valpolicella guidato dal presidente Andrea Sartori, in carica dal maggio 2017 e alla guida di una delle cantine più in vista della Denominazione, anche dal punto di vista dei numeri.

Una decisione, quella del Cda dell’ente di Sant’Ambrogio di Valpolicella (VR), presa per “riequilibrare il mercato attraverso una gestione controllata della superficie vitata e della relativa capacità produttiva”. È di oggi la pubblicazione da parte di Regione Veneto sul Bollettino ufficiale regionale (Bur).

“Il successo dei vini della Valpolicella – evidenzia Sartori – è piuttosto recente e anche per questo ha bisogno di essere gestito al meglio. Negli ultimi 10 anni il territorio ha visto crescere la propria superficie vitata di circa il 30%, con un incremento produttivo che sfiora il 40%, con un +50% di uve messe a riposo per Amarone e Recioto”.

Per il numero uno del Consorzio veronese “servivano scelte coraggiose e coscienziose per garantire la corretta remuneratività della filiera e la tenuta del prezzo medio”.

“Per questo – continua Andrea Sartori – in sede di assemblea dei soci abbiamo di recente approvato misure straordinarie di riduzione sia delle rese che della cernita delle uve destinate all’appassimento e richiesto il blocco degli impianti. Una politica contenitiva, questa, in via di adozione anche da parte di altre grandi Doc italiane“.

I NUMERI

Il blocco riguarderà tutto il potenziale viticolo della denominazione (DO) Valpolicella. Accanto alle varietà principali (Corvina, Corvinone, Rondinella) saranno infatti comprese anche tutte le varietà complementari ammesse nei disciplinari di produzione.

Sono 2.300 i viticoltori della Valpolicella coinvolti nell’Erga omnes gestita dal Consorzio. Quasi 8.200 gli ettari di vigneto e una produzione complessiva della Denominazione di oltre 60 milioni di bottiglie. La produzione di Amarone è di circa 17 milioni bottiglie per un giro d’affari di 334 milioni di euro, dato che sale a 600 milioni di euro se si considera l’intera denominazione.

Prima Dop rossa del Veneto e tra le principali in Italia, la Valpolicella “è un esempio di economia agricola – ricorda il Consorzio di Tutela – con un valore fondiario che in certe zone supera i 500 mila euro a ettaro e un forte impatto anche sul piano datoriale, con una spesa media aziendale per le retribuzioni dei propri addetti di circa 100 mila euro per azienda.

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degustati da noi vini#02

Calinverno in verticale: come cambia il gioiello di Monte Zovo, dal ’98 al 2015


MILANO –
Un vino alla seconda. Per il doppio appassimento delle uve, prima in pianta e poi in fruttaio. Ma anche per le due “marce” che ne connotano il sorso, nel gioco tra la moderna ed internazionale piacevolezza glicerica e la gran freschezza. Monte Zovo ha scelto Milano, città dinamica e all’avanguardia, per presentare la nuova bottiglia e la nuova etichetta del suo vino simbolo, Calinverno (precedentemente Galinverno e Ca’linverno).

Un’occasione per mostrare alla stampa di settore le ottime capacità di affinamento del blend di Corvina, Corvinone, Rondinella, Cabernet Sauvignon e Croatina, attraverso una verticale dal 1998 al 2015 condotta da Doctor Wine, Daniele Cernilli, al Park Hyatt Milan. Ottima la risposta del calice, che in verità ha dato il meglio di sé nelle prime tre annate in degustazione: 1998, 2003 e 2009.

La sfida del doppio appassimento è iniziata solo dalla vendemmia 2013, che ha completato la batteria assieme alle annate 2014 e 2015. La cantina di Caprino Veronese, per iniziativa del patron Diego Cottini e dei figli Mattia e Michele, ha voluto dare così “un ulteriore tocco personale” alle uve appassite nei 12 ettari della tenuta.

Una scelta che ha reso le ultime vendemmie di Calinverno più immediate e adatte a un pubblico internazionale. Non a caso è la 2014 a sorprendere più della 2013 e della 2015. L’annata difficile, certamente più fresca delle altre, ha reso il gioiello di Monte Zovo equilibrato e verticale.

Un vino che risponde bene agli effetti standardizzanti del doppio appassimento, capace di raccontare in maniera perfetta il particolare microclima in cui crescono le uve. Ci troviamo sulle colline dell’anfiteatro morenico di Rivoli, a circa 300 metri sul livello del mare.

Un luogo accarezzato dai venti, come testimonia la presenza di numerose pale eoliche, dove il bacino del Garda incrocia la Valle dell’Adige. La composizione del terreno è prevalentemente ciottolosa, calcarea, tendenzialmente povera. E la conduzione del vigneto avviene in regimo biologico.

Calinverno – ha commentato Diego Cottini – viene prodotto solo nelle annate migliori sin dal 1998. Un vino di cui andiamo fieri, che ben rappresenta la nostra volontà di raccontare il territorio che amiamo con un linguaggio nuovo.

Un prodotto che ci ha regalato grandi soddisfazioni in tutto il mondo, ma che oggi crediamo sia giunto il momento di far conoscere di più anche in casa nostra, convinti che possa trovare una propria collocazione nel novero dei grandi vini rossi italiani”.

Curiosa la genesi del nome Calinverno, che deriva da “calinverna” o “galaverna“, la brina ghiacciata che ricopre i campi nei mesi invernali. La nuova etichetta illustra il vigneto nella stagione autunnale, in cui avviene la raccolta. Calinverno viene prodotto solo nelle annate migliori, con un numero di bottiglie che varia tra le 30 e le 40 mila.

E la sfida della famiglia Cottini non finisce qui. Sono stati infatti impiantati 20 nuovi ettari di vitigni resistenti (i cosiddetti Piwi) in particolare con le varietà Solaris, Johanniter e Aromera. Nel 2018 sono state effettuate le prime prove di vinificazione, propedeutiche alla commercializzazione delle prime etichette.

LA DEGUSTAZIONE


Verona Igt 2009 “Galaverno”, Monte Zovo: 90/100
Rosso mediamente trasparente, con unghia granata. Al naso un bel frutto rosso maturo (ciliegia, lampone) ma anche una spezia leggera, in un contorno di macchia mediterranea. Un vino che, nonostante l’età, evidenzia una gran freschezza al palato, connotato da un’ottima corrispondenza gusto olfattiva. Lo rendono ancora più complesso note di tamarindo e ginger, oltre ai richiami fumé e a una buona vena salina.

Verona Igt 2003 “Ca’linverno”, Monte Zovo: 89/100
Colore rosso più profondo del precedente. Al naso, oltre all’atteso frutto rosso, ecco terziari evidenti di zafferano. Un vino che vira in maniera netta sulla spezia, pur conservando succosi ricordi di tamarindo e arancia. Al palato la freschezza è meno affilata delle vendemmia 2009, lasciando la scena a un lampone che tende alla confettura, senza scomporsi. Ritorni salini nel retro olfattivo di lunghezza più che sufficiente.

Verona Igt 2009 “Ca’linverno”, Monte Zovo: 87/100
Rosso rubino carico, pressoché impenetrabile. Al naso frutti di bosco maturi, oltre a una nota netta di amarena. Il Cabernet risulta più in evidenza rispetto agli altri assaggi, con i suoi descrittori “verdi”, pur garbati. Al palato il tannino si rivela meno dolce e ancora in fase di integrazione, in un gioco che lo vede prevalere sulla frutta matura.

Verona Igt 2013 “Ca’linverno”, Monte Zovo: 86/100
Primo naso sui terziari, tra la vaniglia, la caramella mou e il caffè in polvere. Poi frutto, spezia e cioccolato. L’ossigenazione dà modo al frutto di esprimersi ancora meglio, attraverso ricordi di ciliegia appena matura. In bocca il nettare si rivela molto beverino, sin dall’ingresso. La chiusura è di nuovo appannaggio dei terziari, con ritorni di vaniglia e una chiusura di sipario salina.

Verona Igt 2014 “Calinverno”, Monte Zovo: 88/100
Rosso rubino piuttosto concentrato. Naso verde e speziato, cui non manca il frutto, con la ciliegia in gran vista. Completano il quadro olfattivo preziosi richiami fumè e di liquirizia dolce. Morbido, di fatto, l’ingresso di bocca, pronto però a verticalizzarsi su una freschezza piacevolissima. La bella salinità e il tannino di prospettiva, oltre alla precisione delle note fruttate, ne fanno un grande vino ottenuto in una vendemmia certamente difficile.

Verona Igt 2015 “Calinverno”, Monte Zovo: 87/100
Colore rosso rubino intenso. Un vino che, a quattro anni dalla vendemmia, mostra il perfetto equilibrio tra tutte le sue componenti, in particolare tra frutto e freschezza, morbidezze e durezze. Il naso di ciliegia, su spezia e terziari, è impreziosito da richiami alla radice di liquirizia. L’alcol un po’ invadente, assieme al tannino giovane ma elegante, mostrano le ottime prospettive di affinamento di Calinverno 2015.

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Vini al supermercato

Valpolicella Superiore Doc Ripasso Valdimezzo 2014, Sartori

(4 / 5) E’ uno dei prodotti di punta della casa vinicola Sartori, nel mondo della Grande distribuzione organizzata. Il Valpolicella Superiore Doc Ripasso Valdimezzo, spesso soggetto a promozioni nelle varie catene di supermercati, è un ottimo prodotto di avvicinamento ai grandi vini della Valpolicella, area nota soprattutto per la produzione dell’Amarone.

Di fatto, il Ripasso è un “cugino” del grande vino del Veneto, portabandiera del Made in Italy nel mondo. Il nome “Ripasso” è dovuto alla particolare tecnica di produzione, che prevede un periodo di macerazione del vino a contatto con le vinacce fermentate di uve atte alla produzione di Amarone (o di Recioto).

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Valpolicella Superiore Doc Ripasso Valdimezzo 2014 Sartori si presenta di un rosso rubino tendente al granato, impenetrabile. Al naso richiami inconfondibili e tipici di frutti di bosco, tra cui dominano quelli a bacca rossa (ribes e lamponi), senza tuttavia coprire i sentori di mora. Anche i terziari sono evidenti all’olfatto: a tre anni dalla vendemmia, ricordano soprattutto il tabacco, ma anche lo stecco di liquirizia. Con l’ossigenazione, il Valpolicella Superiore Doc Ripasso Valdimezzo Sartori guadagna un pregevole spunto di rosmarino.

L’ingresso al palato è caldo, corrispondente all’olfatto nei richiami ai frutti rossi di bosco. Bocca che poi vira sulla sapidità, che assieme a una equilibrata acidità contribuisce a regalare una beva seriosa ma tutto sommato facile, su piatti di media elaborazione a base di carne e selvaggina. Più che sufficiente la persistenza nel retro olfattivo, dove si assiste al ritorno piuttosto prepotente dei frutti di bosco, questa volta in veste più simile alla confettura.

LA VINIFICAZIONE
Il Valpolicella Superiore Doc Ripasso Valdimezzo 2014 Sartori è prodotto con uve Corvina (55%), Corvinone (25%), Rondinella (15%) e Croatina (5%), allevate nella zona collinare attorno alla città di Verona. Le radici affondano in terreni di tipo argilloso-calcareo.

In seguito alla selezione delle uve nel vigneto, viene eseguita una delicata pigia-diraspatura e fermentazione a temperatura controllata, per 8-10 giorni. La fase che caratterizza il prodotto, come anticipato, è quella del successivo “ripasso” del vino sulle vinacce dell’Amarone. Un’operazione condotta nel mese di febbraio.

Una seconda fermentazione che favorisce sia l’estrazione dei tannini, sia la longevità, sia l’estrazione degli aromi tipici dell’Amarone. Dopo la fermentazione malolattica inizia l’affinamento di circa 12-18 mesi, che prevede anche un passaggio in botti di medie e grandi dimensioni. Dopo l’imbottigliamento il vino riposa per almeno 6 mesi in bottiglia.

Prezzo: 7,49
Acquistato presso: Esselunga

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La Grola Veronese Igt 2001, Allegrini: quando il tempo si ferma in una bottiglia

Il vino è un mondo estremamente vario. Si passa da etichette giovani, che esprimono freschezza e vivacità, a prodotti più “datati”, che regalano morbidezza e calore. Quando troviamo però bottiglie che dovevano essere bevute giovani, riscoperte dopo anni e date ormai per “spacciate”, che una volta aperte e decantate si mostrano eccellenti e complesse… Beh, il nostro amore per il mondo del vino si rinnova e rinvigorisce. E’ il caso de La Grola Veronese Igt 2001 della nota casa vinicola veneta Allegrini.

LA DEGUSTAZIONE
Il vino, di color rosso granata con qualche riflesso mattone, presenta una leggera torbidezza, ma data l’età ormai avanzata gli concediamo questo piccolo difetto. Conserva comunque una buona scorrevolezza e una buona concentrazione di glicerolo.

Il naso si presenta ancora pulito e senza odori strani. Qualche componente volatile fastidiosa è sparita dopo 2 ore di passaggio in decanter. Sentori delicati di vaniglia si mescolano a note balsamiche e frutti rossi, nel complesso empireumatico, un vino non semplice, con mille sfaccettature che si mescolano, dal cuoio al pepe nero.

Al gusto si presenta ancora vivo. E dopo ben 15 anni, un vino da bere nei primi 3-4 anni dalla vendemmia che si presenta in questa “forma”, fa capire che l’azienda ha ben lavorato. Troviamo un corpo non troppo spinto, che conserva una bevuta delicata e scorrevole. Compaiono ribes e mela, con note balsamiche addomesticate da una certa sapidità. Il che conferma la freschezza di questo vino. Turando le somme: un’esperienza gustativa complessa da giudicare e raccontare, proprio per la rarità dell’occasione. Ma è questa la benzina che alimenta la nostra ricerca.

LA VINIFICAZIONE
Il Podere “La Grola” rappresenta, secondo l’antica leggenda che vuole l’uva Corvina nata proprio su questa stupenda collina, il luogo eletto “a fare vino” e, da sempre, il vigneto simbolo della Valpolicella Classica. Siamo esattamente a Sant’Ambrogio di Valpolicella, Verona. E questo prodotto di Allegrini è ottenuto appunto da Corvina e Corvinone (80%), Oseleta 10% e Syrah 10%. Il terreno è prevalentemente argilloso e calcareo, ricco di scheletro e povero di sostanza organica. La raccolta manuale delle uve viene effettuata nella seconda metà di settembre.

Segue una pigiatura soffice con diraspatura delle uve. La fermentazione avviene in acciaio inox a temperatura controllata, con rimontaggi giornalieri periodici. La Grola viene dunque sottoposto a fermentazione malolattica, naturalmente svolta nel mese di ottobre in barrique. La maturazione si compie in barrique di rovere francese di secondo passaggio per 16 mesi, con ulteriore affinamento in bottiglia per 10 mesi, prima della commercializzazione.

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