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Contrassegno di Stato sui vini Igp, vince Libero Rillo. E adesso tocca al Lambrusco

Contrassegno di Stato vini Igp vince Libero Rillo. Adesso tocca al Lambrusco emilia igt
Libero Rillo
ha vinto la battaglia sul contrassegno di Stato sui vini Igp. La nuova fascetta con QRCode, progettata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, ha esordito in Italia in questi giorni, con un primo lotto di 4 milioni di pezzi destinati proprio al Benevento o Beneventano Igp: l’indicazione geografica protetta tutelata erga omnes dal Consorzio Tutela Vini del Sannio, di cui Libero Rillo è presidente. Dal prossimo anno, secondo indiscrezioni di winemag, il contrassegno sarà applicato anche al Lambrusco Igt, con un potenziale di circa 120 milioni di bottiglie, pensando solo all’Emilia Igt Lambrusco.

DAI DISSIDI CON FEDERDOC AL NUOVO QRCODE PER I VINI IGP

Ma se la Zecca dello Stato parla di «una consegna a suo modo storica per il mondo del vino italiano, visto che fino ad oggi le fascette di Stato erano riservate alle Docg e alle Doc», il produttore campano, titolare della cantina Fontanavecchia a Torrecuso (Benevento), tende a buttare acqua sul fuoco. «Non mi sento un pioniere», dichiara in esclusiva a winemag.it. La storia, però, parla chiaro. Le tappe che portano allo storico provvedimento hanno visto Libero Rillo vacillare più volte, senza tuttavia mai abbandonare il campo di quella che, forse, è divenuta col tempo anche una battaglia personale.

Dopo alcuni dissidi locali con i sindacati di categoria, tra gli attacchi più duri c’è quello subito da Federdoc (di cui lo stesso Rillo è consigliere) nel febbraio del 2023. La Confederazione nazionale Consorzi volontari Tutela Denominazioni vini italiani, presieduta da Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi, si era opposta all’avvio sperimentale del progetto sul Benevento Igp. Chiedendone la sospensiva. E destando qualche malumore addirittura a Roma, presso il Ministero, reo di non aver consultato Federdoc e di aver avallato la richiesta del Sannio «senza un decreto attuativo».

FASCETTA VINI IGP, LIBERO RILLO: «NON MI SENTO UN PIONIERE»

«Lo dicevo da anni – commenta oggi il numero uno del Consorzio Vini del Sannio – il contrassegno è un sistema di tracciabilità, punto. Significa che, ovunque lo mettiamo, garantisce il consumatore. Perché chiude il cerchio. Se invece lo vogliamo fare diventare uno strumento di comunicazione, sostenendo che apporlo ai vini Igp possa togliere importanza ai vini Doc e Docg, inventandoci un sacco di cose, è ovvio che non andremo mai avanti in modo serio. Tra l’altro, va ricordato che in Italia ci sono ancora diverse Doc ancora senza contrassegno. Mi meraviglio di chi demonizza provvedimenti come questo».

«Secondo noi – continua Libero Rillo – c’è bisogno di garantire il consumatore finale ed è questa la mia priorità, anche e soprattutto in qualità di produttore di vino. Per questo motivo non mi sento un pioniere: faccio le cose perché ci credo, non per incensarmi. Il Benevento o Beneventano Igp sarà il primo vino a fregiarsi del nuovo contrassegno di Stato con QRCode e altri Consorzi del vino italiano faranno seguito il prossimo anno. Sono doppiamente soddisfatto, perché le polemiche e la sospensiva cautelativa decisa lo scorso anno da parte del Sannio hanno portato a un sigillo semplificato. È stata addirittura tolta dalla fascetta la scritta “Igt/Igp” e si è optato per un QRCode al posto del ricorso all’app Trust Your Wine®».

GLI SVILUPPI DELLA DOC CAMPANIA

Con una semplice scannerizzazione, grazie all’immancabile (e sempre più insostituibile) smartphone, il consumatore potrà accedere al “passaporto digitale” del vino, «ottenendo informazioni utili, ben oltre la sola tracciabilità del prodotto». Intanto, Libero Rillo è già in campo per un’altra battaglia che darà filo da torcere: l’istituzione della Doc Campania, di cui si discute da tempo negli ambienti del vino e, di conseguenza, anche in ambito politico, nella giunta regionale guidata da Vincenzo De Luca.

«Noi non siamo il Veneto – commenta sempre a winemag.it – siamo una regione di nicchia, che produce circa un milione di ettolitri di vino all’anno. Dopo l’istituzione del comitato promotore della Doc Campania, presieduto dal presidente della cooperativa La Guardinense, Domizio Pigna, stiamo procedendo a piccoli passi, in maniera lenta ma con speranza. La denominazione di origine controllata Campania potrebbe essere uno strumento comune per la promozione del vino campano che ora manca e che potrebbe dare ulteriore slancio all’attività dei Consorzi e dei produttori di cinque province».

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Dalle Marche la proposta anti contraffazione: «Fascette di Stato su tutti i vini»

Arriva dalle Marche l’ultima proposta anti contraffazione del vino italiano. Secondo Alberto Mazzoni, direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (Imt), una soluzione potrebbe essere quella di apporre il contrassegno di Stato, ovvero le cosiddette “fascette” obbligatorie in Italia sulle Docg, a tutti i vini.

Nella regione del centro Italia, il contrassegno su Verdicchio dei Castelli di Jesi e Verdicchio di Matelica – reso obbligatorio a partire dalla vendemmia 2019 su circa 20 milioni di bottiglie – hanno dato il via a maggiori controlli e ingenerato sicurezza nei produttori e nei consumatori.

Un vero e proprio toccasana, dopo lo scandalo del vino bianco generico spacciato per Verdicchio Doc, in vendita nei supermercati Eurospin fra il 2013 e il 2018.

Un’inchiesta per la quale gli imputati di Piceno Food Srl e Tenute del Borgo Srl, cantina di Cossignano, in provincia di Ascoli Piceno, sono stati rinviati a giudizio a fine febbraio 2021, con l’accusa di associazione per delinquere e frode in commercio di prodotti a Denominazione di origine controllata.

Uno scandalo di cui ancora si discute – sottolinea Mazzoni – e che mi spinge a pensare che una forza delle Marche potrebbe essere quella di fascettare tutti i nostri vini. Non perché vogliamo essere i più bravi, bensì perché fascettare tutti i vini italiani potrebbe essere un motivo di garanzia per il consumatore».

«Qualcuno potrebbe dire che è anche possibile apporre fascette contraffatte – ha aggiunto il direttore dell’Imt – ma tra questo e imbottigliare del vino da tavola come Doc, ne passa. La fascetta di Stato sarebbe un deterrente e una garanzia per chi acquista la bottiglia. E anche noi produttori abbiamo bisogno di certezze, quanto i consumatori».

Non nascondo che anche altre Denominazioni stanno facendo riflessioni in quest’ottica. Il fatto che ogni mese siamo in grado di presentare il numero di bottiglie prodotte, diramando i dati agli associati, sta creando curiosità tra i produttori che ancora non hanno a disposizione questo strumento».

LA SVOLTA GREEN
In attesa di “blindare” con il contrassegno di Stato tutti i propri gioielli, l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini spinge sul fronte della svolta “green” dell’intero sistema vino italiano.

Il vigneto biologico italiano – sottolinea Alberto Mazzoni – merita maggior attenzione di quanto non ne abbia oggi. Rappresentiamo un quarto degli ettari vitati bio nel mondo, con un’estensione che nell’ultimo decennio è aumentata di oltre il 100%, ma ancora non abbiamo una banca dati sul settore per osservare il fenomeno a partire dai suoi fondamentali, legati a produzione, confezionamento e vendita».

Una richiesta, quella dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, che ha trovato l’appoggio dell’assessore all’Agricoltura della Regione Marche, Mirco Carloni: «Sottoporrò l’istanza al ministero delle Politiche agricole – ha commentato – certo che il ministro Stefano Patuanelli e il sottosegretario con delega al vino, Gian Marco Centinaio, ne comprenderanno il valore strategico».

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Fascette di Stato per le Doc Verdicchio di Jesi e Matelica

Contrassegno di Stato, da domani, per le Doc marchigiane Verdicchio dei Castelli di Jesi e Verdicchio di Matelica. Due denominazioni che complessivamente contano su una produzione media di circa 20 milioni di bottiglie l’anno.

Una svolta determinante in ottica di miglior tracciabilità e lotta alla contraffazione in favore di un prodotto che sta divenendo sempre più internazionale”, ha dichiara Alberto Mazzoni, direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt), consorzio che conta 472 soci e 16 denominazioni tutelate.

Il conseguimento delle fascette di Stato, gestito dall’ente terzo di certificazione Valoritalia, giunge quindi al traguardo dopo un iter avviato lo scorso anno.

“Trasparenza, controllo e gestione della produzione e della qualità del Verdicchio – conclude il direttore – sono le ragioni che ci hanno spinto ad aderire a questa nuova fase. Un salto di qualità necessario per assecondare il crescente sviluppo della denominazione e dei suoi produttori”.

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Contrassegni di Stato: cosa cambia per le fascette dei vini Doc e Docg

Caratteristiche, diciture, modalità per la fabbricazione, uso, distribuzione, controllo e costo dei contrassegni per i vini a Denominazione protetta (Doc/Dop e Docg), oltre ai dettagli operativi legati ai sistemi di controllo e tracciabilità alternativi. Contiene tutte queste informazioni il decreto attuativo dell’art.48, comma 9, del Testo Unico del Vino, firmato ieri dalla ministra Teresa Bellanova.

Un decreto atteso da tempo dalla filiera vitivinicola. “Con questo Decreto – spiega Bellanova – rafforziamo la tutela delle produzioni di eccellenza nazionale, semplifichiamo il processo di acquisizione delle cosiddette ‘fascette’, riducendo costi e tempistica, aggiungiamo un ulteriore tassello per confermare il primato della qualità”.

Si tratta di alcuni degli obiettivi prioritari ribaditi dal Ministero in accordo con l’intero settore, anche nell’incontro del gennaio scorso, finalizzato a condividere il percorso di insediamento della Cabina di Regia del Vino.

Con il Decreto si definiscono innanzitutto le caratteristiche della cosiddetta “fascetta“, recante il sigillo della Repubblica, apposta su molti vini Doc e su tutti i vini Docg, confermando la natura di “contrassegno di Stato“, a garanzia delle produzioni di eccellenza nazionali.

Nel dettaglio, il testo introduce alcune misure di semplificazione del processo di acquisizione dei contrassegni da parte degli operatori. Sensibile riduzione anche per i relativi costi, nonché per le tempistiche di distribuzione. Nell’elenco sottostante, le principali novità introdotte dal decreto attuativo dell’art.48, comma 9, del Testo Unico del Vino.

  • Riduzione dei costi dei contrassegni (da un minimo del 12 % fino ad un massimo del 20%) rispetto a quelli attualmente sostenuti dagli operatori
  • Possibilità per le aziende di ritirare uno stock di contrassegni corrispondente al quantitativo di vino atto a divenire DO detenuto dall’imbottigliatore (il precedente decreto prevedeva la consegna di fascette solo in base al prodotto certificato). In tal modo le aziende potranno avere più rapidamente a disposizione le fascette necessarie
  • Introduzione di un nuovo formato di contrassegno di piccole dimensioni per rispondere alle esigenze manifestate in tal senso dalle imprese in relazione alla varietà dei formati delle bottiglie
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Doc Sicilia: dal 2021 arriva la fascetta di Stato

 PALERMO – dal 1 gennaio 2021, i vini della Doc Sicilia saranno garantiti dal contrassegno di Stato, la fascetta numerica che consentirà di tracciare tutte le fasi della vita di una bottiglia.

La decisione è stata presa dal C.d.A del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia, che ha così accolto  le diverse richieste dei produttori.

Delibera che, nonostante la consapevolezza dei costi correlati, privilegia i benefici che si avranno, anche sulla base delle esperienze già avviate da tante altre Doc italiane.  

La programmazione dell’adozione della fascetta con largo anticipo consentirà alle aziende di dotarsi dei macchinari necessari.

LA SCELTA DELLA FASCETTA
Il contrassegno di Stato, obbligatorio solo per le Docg, è ormai patrimonio delle più importanti Doc italiane e consentirà di concludere il percorso dei controlli anti contraffazione, offrendo una maggiore tutela sia alle aziende che ai consumatori.

La continua crescita della produzione di bottiglie Doc Sicilia, vendute in Europa e nel resto del mondo premia il valore e la quantità generata dalle aziende, ma espone anche al rischio di contraffazioni con possibili danni economici e di immagine ai produttori. 

Ad avvalorare la scelta anche l’esperienza di altri comparti del Made in Italy, come quello agroalimentare, che spesso hanno dovuto fare i conti con episodi di contraffazione che hanno causato ingenti danni economici. Il successo del Made in Italy, ha implicato la necessità, per i consumatori, di esssere garantiti su qualità e provenienza dei prodotti.  

 “Per le aziende l’applicazione delle fascette significa poter avere un controllo su tutto il percorso di lavorazione dell’uva, dal vigneto alla bottiglia. Ciò consente anche di valutare l’andamento dell’offerta del prodotto per mantenere ad un giusto livello la retribuzione delle uve che gli agricoltori conferiscono alle cantine. L’introduzione delle fascette può sembrare un ostacolo per le piccole aziende che devono obbligatoriamente attrezzare le loro linee di imbottigliamento con le macchine fascettatrici. Ecco perché credo che vada offerta alle aziende, attraverso i bandi Ocm investimento, una corsia preferenziale per l’acquisto dei macchinari“ ha dichiarato Filippo Paladino, vice presidente del Consorzio Doc Sicilia e vice presidente della Cantina Colomba Bianca.

UNA TUTELA PER LE AZIENDE
Sulla scelta del contrassegno si è pronunciata anche Lilli Ferro, di Fazio Wines: “La fascetta è un ulteriore passaggio, secondo me obbligato, per tutelare i vitigni siciliani: abbiamo spesso riscontrato un uso improprio del nome dei nostri vini nei mercati esteri, come ad esempio nel caso del Nero d’Avola. E‘ chiaro che per ogni azienda sarà un impegno doversi dotare dei macchinari per la fascettatura delle bottiglie: con i tempi necessari, e l’assistenza delle strutture del Consorzio, sono certa che l’obiettivo sarà raggiunto. Io lo considero un salto di qualità per la valorizzazione e la tutela dei nostri vini. Poter intensificare i controlli di qualità dei nostri prodotti è importante. So che nei mercati esteri come la Cina, che conosco bene, verificare che tutto sia in regola non è semplice. Ma la fascetta sulla bottiglie è uno strumento in più per far capire al consumatore che si trova tra le mani un prodotto di qualità. Il consumatore cinese, che rappresenta un target medio alto ed è già molto attento al packging delle bottiglie, percepirà come un valore aggiunto la presenza del codice numerico. Parlo, non a caso, di un mercato dove il cliente sa che la fascetta non è un elemento decorativo ma di tutela.

Un valore aggiunto secondo Flora Mondello di Gaglio Vignaioli, membro anche dell’associazione Doc Mamertino: “La fascetta viene percepita dal consumatore come testimonianza di un prodotto migliore, pregiato e controllato. L’introduzione del codice numerico è anche un ottimo modo per tutelare le nostre produzioni da chi falsifica i vini, specialmente sui mercati esteri che sono un approdo importante ma dove i prodotti sono esposti al rischio di contraffazione. Le piccole aziende, inoltre, non possono sostenere da sole i costi per le iniziative legate ai controlli di qualità: aderire quindi al sistema delle fascette della Doc Sicilia sarà un’opportunità per beneficiare di un servizio così importante“

E’ d’accordo anche Nino di Marco della Cantina Terre di Noto, Doc Eloro: “Anche se la mia non è una grande azienda, sono d’accordo sul principio di tutelare in maniera globale il prodotto Doc Sicilia utilizzando le fascette. So, dall’esperienza della Docg Cerasuolo di Vittoria – un territorio che confina con quello dove c’è la mia cantina –, che grazie a questo sistema si sono avuti effetti positivi sia dal punto di vista del potenziamento dei controlli sia del miglior posizionamento sul mercato dei loro vini. L’unico aspetto che provoca un certo impatto per le aziende è il fatto che devono dotarsi di un macchinario che ha un costo non previsto: questa criticità può essere superata con azioni concrete di aiuto alle cantine. Si può coinvolgere la politica prevedendo bandi o finanziamenti agevolati, o promuovendo azioni presso il mondo delle banche in modo da poter ottenere finanziamenti a tassi. Di certo, per tornare all’esperienza della Docg Cerasuolo di Vittoria, c‘è che i produttori di quella zona guardavano con diffidenza all’introduzione delle fascette: i risultati positivi che hanno ottenuto li hanno indotti a cambiare idea. Sono quindi certo che anche le aziende di piccole dimensioni possono avere benefici dall’introduzione della fascetta per le bottiglie Doc Sicilia“.

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Oltrepò Pavese: parola d’ordine “qualità” con la revisione dei disciplinari

BRONI – Abbassamento delle rese, restringimento della zona Igt, vinificazione e imbottigliamento in loco per Sangue di Giuda e Pinot Nero. E parola fine all’era del vino Doc in damigiana. L’Oltrepò pavese guarda così al futuro, riformando i disciplinari.

Mosse storiche, che forse ridaranno slancio a un territorio che merita molto più di quello che è riuscito a raccogliere. Le riforme dei disciplinari sono state presentate giovedì dal Consiglio di amministrazione del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, in occasione dell’assemblea dei soci all’Enoteca Regionale di Broni.

“Ringrazio chi ha lavorato con noi per arrivare a questi risultati – commenta il presidente Michele Rossetti – che sono solo il primo passo. Un passo che però è storico e lascerà il segno soprattutto perché sul territorio, davvero, qualcosa è successo”.

“Questo Consiglio, insieme ai nuovi disciplinari e a una tracciabilità vera per ridare smalto alla Doc – aggiunge Rossetti – lascerà in eredità un nuovo modo di fare Consorzio. E’ un messaggio anche a chi ha scelto di star fuori, di non partecipare e di lasciar fare agli altri”.

Parole scaturite dal confronto positivo tra grandi e piccoli produttori oltrepadani. “Ho visto una Terre d’Oltrepò profondamente cambiata – evidenzia Rossetti – che si è messa in gioco per gli altri. Una Torrevilla disposta a fare sacrifici. Tanti titolari d’imprese di qualità pronti a scommettere sul futuro. Si può ricominciare”.

LE NOVITA’
“Uno spirito collaborativo – precisa Emanele Bottiroli, direttore del Consorzio di Tutela Vini Oltrepò – che ha portato a migliorare i vecchi disciplinari, abbassare le rese all’insegna della qualità, cancellare tipologie e versioni non identitarie da una Doc fino ad oggi barocca, restringere la zona di produzione Igt eliminando comuni di pianura, limitare in zona la vinificazione e l’imbottigliamento di Sangue di Giuda e Pinot nero”.

Ma non solo. “Le modifiche dicono addio all’era del vino Doc in damigiana – continua Bottiroli – contribuendo a ridare slancio al disciplinare del Casteggio e a ottimizzare tutti gli altri disciplinari di produzione, compreso quello del Bonarda, il vino territoriale più venduto e amato, che sarà solo il lato frizzante o ‘vivace’ dell’Oltrepò Pavese”.

“Ognuno ha fatto uno sforzo – chiosa Bottiroli – in particolare le cantine cooperative Terre d’Oltrepò, socio di maggioranza mai così vicino nella storia al comune sentire territoriale pur a costo di sacrifici, e Torrevilla. Non si sono tirati indietro nemmeno gli altri produttori presenti in assemblea, che hanno capito in che direzione andava una riforma che voleva dare segnali concreti di cambiamento”.

Ai vini Doc sarà inoltre apposto il contrassegno di Stato. La cosiddetta “fascetta”, “utile – sottolinea ancora Bottiroli – a garantirne autenticità e valore, facilitando gli organismi di controllo e dando ai consumatori consapevolezze nuove sul valore aggiunto che i grandi vini meritano”.

IL FUTURO
Il futuro dell’Oltrepò, come di altre Denominazioni, passa tuttavia anche dall’estero. Anche su questo fronte le premesse sembrano buone. “Il nostro Piano per l’internazionalizzazione 2018 – annuncia il direttore Bottiroli – è stato valutato al primo posto in graduatoria regionale davanti, per punteggio, a realtà importanti come Franciacorta e Ca’ del Bosco. Si tratta di un progetto di rete, di cui siamo capofila, mirato in particolare a Stati Uniti, Giappone, Cina e Svizzera”.

Sul fronte fieristico è già iniziato il conto alla rovescia anche in chiave europea: “Ci prepariamo – annuncia Bottiroli – al Prowein di Dusseldorf, la fiera del vino più importante in area Ue riservata agli operatori professionali”.

Occhi puntati anche su Verona: “Ci prepariamo a un Vinitaly 2018 all’insegna di molte novità e di una comunicazione nuova – preannuncia Bottiroli -. Saremo al salone del vino più importante d’Italia con il libro bianco sull’Oltrepò del vino, uno studio dettagliato e scientifico condotto dall’Osservatorio di Wine Marketing che un anno fa abbiamo costituito con l’Università di Pavia”.

Il Consorzio di Tutela presenterà così “uno strumento, frutto di analisi dati, uscite sul campo e interviste, che ci consentirà di progettare con metodo, avendo una rappresentazione plastica del complesso universo della vite e del vino in Oltrepò”. Dalla diagnosi nascerà “una terapia, ovvero una strategia a breve, medio e lungo termine”.

Per Bottiroli, il limite da superare resta sempre lo stesso: quello delle divisioni. “Il Consorzio è la casa di tutti. Solo con l’unione e il superamento delle barricate i risultati saranno tangibili. Auspico che il 2018 sia l’anno della svolta, anche sul tema dell’enoturismo e del marchio Oltrepò Pavese che puntiamo a creare con la Strada del Vino”.

“Voler bene al territorio – conclude Bottiroli – significa remare, insieme, nella stessa direzione, considerare i successi di uno un vantaggio per tutti. Bisogna dare numeri al top di gamma per poterlo promuovere facendolo reperire più facilmente sul mercato ai consumatori in Italia e nel mondo. Sei quel che si trova e quel che si vede di tuo, non quel che dici di te”.

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