La proposta, come spiega lo stesso numero uno del Consorzio a WineMag.it, è quella di eliminare la parola “Trebbiano”, per facilitarne la comunicazione da parte dei produttori.
“Crea confusione con l’altra uva e col vino da essa prodotto – spiega Filippo Antonelli – ma il problema vero è che il Trebbiano Spoletino non ha nulla a che fare col Trebbiano. La parola, nel nostro caso, deriva dalla città di Trevi, il cui nome latino era Trebia. In Umbria molte parole che indicano costruzioni, intese come abitazioni, avevano la radice treb-“.
Lo stesso Plinio il Vecchio utilizza nelle sue opere la dicitura “Vinum Trebulanum” per indicare il “vino casereccio”, “fatto in casa”. Il “vino del paese”. Con la parola “Trebula”, del resto, l’autore latino indicava la “fattoria”. Diversa dalle “domus”, le case dei ricchi, e dalle “insulae” dei poveri.
“L’idea – continua Antonelli – è quella di consentire ai produttori di Spoletino di non utilizzare la parola ‘Trebbiano‘ in etichetta. Lasceremo la facoltà ad ogni azienda di decidere se indicarla in etichetta o meno”.
Non sarebbe la prima volta in Italia. In Sicilia, per esempio, il Consorzio ha di recente concesso ai produttori la facoltà di indicare come “Lucido” il Catarratto, difficile da pronunciare e ricordare, soprattutto all’estero.
Ma le novità per il Trebbiano Spoletino non finiscono qui. “Il Consorzio di Tutela Vini Montefalco – annuncia Antonelli – ha sostanzialmente trovato l’accordo per rappresentare anche la Doc Spoleto, che oggi si trova senza un organismo collettivo di rappresentanza”.
Il Consorzio della Doc Spoleto, di fatto, non esiste. E interessa, ad oggi, un bacino produttivo limitato, attorno alle 100 mila bottiglie. Sotto l’egida di Montefalco, il bianco Spolentino troverà forse la consacrazione (che merita) sul mercato nazionale e internazionale.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.