In Abruzzo si torna ad imbottigliare direttamente il vino, riducendo il ricorso ad imbottigliatori esterni. Il primo trimestre del 2016 si è aperto con un giro di boa che ha portato all’incremento della quota del vino imbottigliata localmente e che entro la fine dell’anno dovrebbe arrivare al 50% , secondo quanto dichiarato da Nicola Dragani, Presidente di Assoenologi Abruzzo e Molise ad Abruzzoweb. Il timore della liberalizzazioni delle denominazioni da parte dell’Europa ha fatto anche maturare una nuova consapevolezza nei produttori, ora orientati verso produzioni più qualitative che passano anche dallo specificare il luogo di produzione. Pratica già adottata con successo in altri paesi, ma anche in alcune regioni Italiane. La Toscana ha portato Chianti, Brunello di Montalcino o Morellino di Scansano, ad essere famosi nel mondo anteponendo il luogo di produzione al vitigno Sangiovese, idem ha fatto il Piemonte con Barolo, prodotto da uve nebbiolo. Pioniere di questa svolta, il Consorzio di Tutela Montepulciano Colline Teramane, che già dalla prossima vendemmia 2016 imbottiglierà direttamente con l’indicazione della zona di produzione.”Dobbiamo ad esempio essere coscienti del fatto che il Pecorino, sul quale tanto puntiamo, si produce nelle Marche, nel Lazio, in Molise, in Puglia, quindi sul mercato quando arrivi come Pecorino sei uno dei tanti, non emergi” ha spiegato Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio. ”La deroga data dall’Europa deve essere per noi occasione di riflessione e per prepararci a questa metamorfosi, intanto continuiamo a lavorare per utilizzare la denominazione del Montepulciano, guardando con attenzione all’iniziativa del Consorzio Colline teramane che ha anteposto la località al vitigno anche perché è impossibile presentarsi sul mercato con 150 milioni di bottiglie, tanta è la produzione del Montepulciano, dicendo che è di qualità, quando di Barolo o di Brunello se ne producono 15 milioni” ha dichiarato Nicodemi al giornale. Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’assessore regionale all’agricoltura Dino Pepe, per il quale non solo bisogna incentivare le denominazioni, ma anche lavorare nell’ottica di modifiche al Piano di Sviluppo Rurale che favoriscano l’aggregazione delle aziende produttrici.
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