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Radicchio al posto della coca in Colombia: così il Rosso di Treviso soppianta i narcos

TREVISO – Altro che armi, polizia e squadre d’assalto. In Colombia i narcos si combattono a colpi di Radicchio Rosso di Treviso Igp. C’è anche il pregiato ortaggio del Veneto, immancabile sulle tavole degli italiani a Natale e Capodanno, tra le colture utili a soppiantare le piantagioni di coca, nello stato sudamericano. Paga il Governo.

L’iniziativa del presidente Juan Miguel Santos, in carica fino all’agosto 2018, prevede un sussidio di 330 dollari al mese ai contadini che decidono di convertirsi al Radicchio, così come ad altri ortaggi o frutti. Estirpando la coca.

Un modo per togliere linfa ai narcos, attraverso un provvedimento che riguarda 50 mila ettari di terreno e 75 mila famiglie di campesinos cocaleros, costretti a vivere tra l’incudine della Stato e il martello dei guerriglieri.

Il successo dell’operazione “Radicchio di Treviso Igp” in Colombia, evidenziato in occasione del Radicchio d’Oro 2019, è ancora tutto da dimostrare. Ma una delegazione di uomini d’affari colombiani ha visitato il “Triangolo d’oro” compreso tra Treviso, Padova e Venezia. Con l’obiettivo di comprendere la fattibilità dell’operazione.

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Da queste parti, il Radicchio è una gallina dalle uova… biancorosse. Il giro d’affari è di 50 milioni di euro l’anno. Diverse le varietà, ma le più pregiate sono il Radicchio Rosso di Treviso Igp, che si divide in Tardivo e Precoce, il Radicchio Variegato di Castelfranco Veneto e il Radicchio di Chioggia.

Cinquecento le imprese dell’indotto, si apprende da Cesare Bellò del direttivo Opo – Ortoveneto, l’Organizzazione Produttori Ortofrutticoli Veneto di Zero Branco (TV): “Un fenomeno incredibile: vent’anni fa si parlava di 2,5 milioni euro di fatturato e di appena 2 mila ettari, diventati ormai duemila per il nostro radicchio. Un ortaggio umile e buono“.

Un fermento che non passa inosservato nelle cabine di regia dell’Unione Europea, che nel triennio 2018/2020 promuove una campagna tra i consumatori, per ribadire l’importanza dei marchi sinonimo di eccellenza e di alta qualità.

In Italia, il progetto vede protagonista anche l’Asparago verde d’Altedo Igp, la Ciliegia di Vignola Igp, la Pesca e la Nettarina di Romagna Igp, l’Insalata di Lusia Igp e la Pera dell’Emilia Romagna Igp.

IL RADICCHIO D’ORO 2019
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Organizzato dal Consorzio Ristoranti del Radicchio, il Radicchio d’oro” è la più importante celebrazione annuale del noto ortaggio del Veneto. Protagonista è il “Fiore che si mangia” e tutto il territorio trevigiano, dove convergono per due giorni alcuni tra i maggiori esponenti del Gusto, dello Spettacolo, dello Sport e della Cultura italiana. Una rassegna giunta alla 21° edizione che, in questo 2019, si è tenuta il 18 e 19 novembre.

Quanto sia prezioso il radicchio, del resto, lo testimoniano i numeri. Quasi l’80% della pianta, al momento della raccolta, viene scartata in favore del solo “cuore” del prodotto, tenero al contempo croccante. Fondamentale un elemento, su tutti: l’acqua, in particolare quella del fiume di sorgiva Sile.

Importante saper riconoscere quello autentico. Il Radicchio Rosso di Treviso Igp Tardivo ha foglie lunghe e affusolate di colore rosso vinoso intenso e una costa bianca centrale. La varietà Precoce si distingue per il cespo voluminoso di colore rosso intenso, con la nervatura principale bianca e molto accentuata.

Al gusto, risultano gradevolmente amarognoli. In cucina, le due varietà sono perfette nelle preparazioni a crudo. Eccezionali nelle loro declinazioni, dagli antipasti ai primi piatti, passando per i secondi e i sorprendenti dessert.

Accanto al Radicchio di Treviso Igp, il Radicchio Variegato di Castelfranco Igp si caratterizza invece per foglie espanse con nervature poco accentuate, bordo frastagliato e lembo leggermente ondulato. Il sapore varia dal dolce al gradevolmente amarognolo, sempre molto fresco e delicato.

Come indicato nel Disciplinare di Produzione, il Radicchio di Treviso Igp e il Radicchio di Castelfranco Igp possono essere infatti coltivati solo in  comuni delle province di Treviso, Padova e Venezia per garantire la provenienza, le caratteristiche peculiari e tutta la qualità del prodotto. Per la Colombia si farà un’eccezione. Pur col divieto di immetterlo sul mercato come Igp.

IL RISTORANTE DOVE PROVARLO
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Tra le tappe imperdibili per scoprire la bontà del radicchio, nel suo territorio d’elezione, c’è il Ristorante Ca’Amata Golf Club di Castelfranco Veneto (TV). E non è un caso se Egidio Fior, patron di questo vero e proprio scrigno del gusto, tra i promotori del Radicchio d’Oro, abbia scelto per la sua cucina un giovane chef, nato e cresciuto nella zona per la sua cucina.

Si tratta del 24enne Simone Pozzebon (nella foto sotto),capace di condensare Davide Oldani e Massimo Bottura in un percorso tra tempura, marinatura, saor, fino a culminare negli Zaeti (i biscotti tipici veneti e veneziani) e nel dessert celebrativo “Ops, mi si è rotta la crostata”, torta al limone con marmellata di radicchio.

Alla base del menu studiato da Fior e Pozzebon, una filosofia che guarda alla sostenibilità. Incollata alla tradizione, ma proiettata nel futuro. “Non ammetto gli sprechi – spiega il giovane chef – anzi tendo a riciclare moltissimo. Un modo per dare sfogo alla mia fantasia e creatività, fondamentali nel mia idea di cucinare il Veneto”.

Ottima anche la carta dei vini, tra cui figura il “Falconera” di Loredan Gasparini: un Merlot Colli Trevigiani Igt 2015 di gran carattere e pulizia, frutto dell’omonimo vigneto storico di Vergazzù. Solo una delle “chicche” dell’area del Montello, nota per la produzione dell’Asolo Prosecco Superiore, ma capace di regalare anche grandi rossi.

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La Boschera di Eros Zanon: da vitigno dimenticato a chicca enologica

TREVISO – Se non fosse per quel tipico intercalare veneto e per un altro paio di dettagli, Eros Zanon potresti scambiarlo per uno dei personaggi del Signore degli Anelli. Gli mancano l’ascia e l’elmo del nano Gimli. Ma il coraggio e la dedizione con cui sta salvando dalla scomparsa il vitigno Boschera sono degni del romanzo di Tolkien.

Dimenticatevi di Arda e della “Compagnia dell’Anello”. Siamo in Veneto. Nelle terre, piuttosto, della “Compagnia del Prosecco”. Zanon ha mappato alcuni vigneti dove è ancora presente questo autoctono. Sei ettari complessivi, in provincia di Treviso. Una rarità assoluta. Nel cosmo gleracentrico di Conegliano.

Cinque filari sulla collina. Una ventina più in basso, accanto alla Glera. A Fregona, la concentrazioni più massiccia di Boschera (pari a un ettaro) si trova nella splendida proprietà di Giuseppina Marangon.

A dominare i 10 ettari di vigneti, una dimora di fine Settecento. Nelle giornate in cui il cielo gioca a fare il poeta sol sole, da qui, si scorge l’Istria all’orizzonte. Giuseppina, rimasta vedova, vende l’uva della tenuta a diversi produttori della zona.

“Avere la Boschera è sempre stato un problema”, ammette oggi. Le uve, oltre a dar vita al Colli di Conegliano Docg Torchiato di Fregona – un passito bianco da Glera, Verdisio e Boschera – finiscono da sempre (ma non si può dire) nel calderone della produzione del Prosecco. Pagate però molto meno.

Se per un chilo di Glera viene riconosciuto oggi in media 1,50 euro, la Boschera – secondo indiscrezioni – vale 15-20 centesimi. “Io comunque non l’ho estirpata, nonostante i numerosi inviti a farlo – sottolinea Giuseppina Marangon – perché credo sia un patrimonio locale da preservare. E ho fatto bene, perché da qualche anno se ne occupa Eros!”.

GLI ESPERIMENTI

I primi esperimenti di Zanon, che nella zona alleva 7 ettari complessivi tra Glera, Pinot Grigio e Merlot, risalgono al 2012. Il vignaiolo trevigiano realizza le prime 800 bottiglie di Boschera.

“La vinificazione è avvenuta praticamente alla cieca – spiega il vignaiolo – ed è venuto fuori un prodotto dalla beva facile, che mancava però di spessore”. Il secondo anno, Zanon decide di effettuare un leggero appassimento in pianta.

L’obiettivo è chiaro: concentrare gli zuccheri e dare più orizzontalità al calice, andando a contrastare la nota verticale acida tipica del vitigno. “Ne è venuto fuori un mini capolavoro”, chiosa Zanon.

Nel 2014 le eccessive piogge rovinano il raccolto e la vinificazione in purezza della Boschera subisce una battuta d’arresto. Nel 2015, la svolta. Zanon scopre l’ettaro di Boschera nella tenuta di Giuseppina Marangon. I due si accordano per quella che, ad oggi, è l’annata col maggior numero di bottiglie di Boschera: circa 10 mila.

Un terzo dei grappoli appassisce in pianta, come nel 2013. “Un bel vino, molto particolare – assicura Zanon -. Un successo nella ristorazione locale, che assorbe praticamente tutta la produzione”. Una sorta di “Col Fondo” prodotto con la Boschera, che fa concorrenza al solito Prosecco.

IL FUTURO DELLA BOSCHERA
Annata completamente diversa la 2016: pianta mai in stress, alcol a 12,40 (naturale!) e un’acidità sopra i 6 in bottiglia (7,60 a raccolta, parametro da incorniciare). Un vino buono oggi (fresco, vivo, con sentori vendemmiali verdi in fase di attenuazione) che si presta a un ottimo affinamento in vetro, almeno nell’arco del prossimo anno e mezzo.

Non filtrato, non chiarificato e con una piccola aggiunta di solforosa, nello stile Zanon. Si arriva così alla vendemmia 2017 (80% di raccolto perso per via della grandine) che è ancora in vasca: 20 quintali complessivi, che saranno imbottigliati ad agosto (2.500 bottiglie).

Numeri molto variabili, dunque, vista l’esiguità degli ettari di Boschera. Ma il “movimento” creato da Eros Zanon non è passato inosservato in zona. E così, anche altri produttori stanno vinificando in purezza la Boschera. Tra questi la Cantina produttori di Fregona.

“Il mistero di questa uva – spiega Zanon – è che è presente solo nel Comune di Fregona. In altre zone, anche limitrofe, non esiste. Non è stato facile arrivare ad oggi: ma non perché io sia un genio, ma perché nessuno ha mai pensato prima a dargli valore”.

IL PROSECCO ZANON: ANZI, IL BIANCO IGT
Da sola, la Boschera di Zanon vale una visita ai colli di Conegliano. Ma anche il Prosecco di questo coraggioso vignaiolo – fuori dalle mode del vino e concentrato solo sulla valorizzazione dei suoi vigneti – è una vera e propria chicca. Di fatto, non è un Prosecco, ma un “Vino frizzante Bianco col fondo“, Colli Trevigiani Igt.

“Troppo diverso dal Prosecco del giorno d’oggi per pretendere di essere tale, anche in etichetta”, chiosa Zanon. Eppure, in bottiglia, non finisce che Glera prodotta nei diversi appezzamenti di proprietà, ben 11, a cavallo tra la zona storica della Docg (dove sono presenti viti di oltre 100 anni) e quella della Doc Prosecco.

Sono le macerazione sulle bucce, i lieviti indigeni e la mancata aggiunta di chiarificanti a rendere diverso (e speciale) il “Col fondo” di Zanon. Diverso dal Prosecco che tutti conoscono, perché punta dritto alla sostanza: un calice verticale, che conserva ricordi della caratteristica aromaticità della Glera, senza cadere nel tranello della piacioneria.

Ed è sempre la Glera, assemblata con un 30% di Pinot Grigio, a dare vita al rosato “Lo Diverso“. La vendemmia 2017, non ancora in commercio, ha bisogno di un’altra decina di mesi di bottiglia per arrivare al top della forma. Ma si fa già apprezzare, sfoderando non solo un colore stupendo, ma anche un naso ampio.

Dominato da una Glera che, col passare dei minuti, lascia sempre più spazio al Pinot, vinificato in botti di rovere di media tostatura. Già pregevole il finale salino, unito al frutto, lunghissimo. Un rosato di quelli veri, dall’anima pura. Forse più un rosso travestito da “bianco” che il contrario. Chapeau.

Il rosso vero, del resto, esiste. Anche se Zanon lo considera quasi alla stregua di “un gioco”. Il calice delle vendemmie 2015 e 2013 del Merlot allevato a Cison di Val Marino mostra i riflessi dell’andamento delle due annate, nel rispetto del pittore verista che ha dato loro vita, in formato Magnum.

Trentaquattro mesi in tonneau esausta per la vendemmia 2015, tuttora in affinamento in vetro. Naso morbido ma sincero che sfiora le note di toffee, oltre a un frutto succoso e a una mineralità salina che accresce il desiderio di un sorso pieno, largo.

“Fare Merlot qui è come sperare di far banane a Milano”, dice Eros Zanon sottolineando l’unicità della sua etichetta “diversamente bianca”, nella terra del Prosecco: l’unica nel raggio di 10-20 chilometri.

Ma l’evoluzione della vendemmia 2013 dimostra che la Boschera non è l’unica scommessa vinta dal vignaiolo di Follina. Quarantadue mesi di barrique, per un vino “che non sembrava mai pronto”.

Scalpita ancora oggi, nel calice, questo Merlot. Un altro vino rispetto al 2015, soprattutto per via di un naso meno malizioso. E in bocca, esattamente quello che ci si deve aspettare da un rosso di Zanon: dinamicità pura, libera da condizionamenti.

Un Merlot anarchico “Cison”, senza fronzoli. Vero. Splendido. Ennesima sintesi del lavoro di un produttore pronto a stupire tutti, di vendemmia in vendemmia. Unico alleato, il meteo. E la sua terra di viticoltura eroica, segnata dal sudore. Patrimonio dell’umanità. Anche senza il timbro dell’Unesco.

AZIENDA AGRICOLA ZANON di Zanon Eros
Via Peroz 1 – 31050 VALMARENO DI FOLLINA (TV)
TEL: +39 0438 971372

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