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Le vigne eroiche del Buttafuoco storico, tra pendenze e basse rese. Abbinamento col pesce? Si può

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Le vigne eroiche del Buttafuoco storico, tra pendenze e basse rese abbinamento col pesce si può
In fondo, basta un po’ di fantasia. A ovest il Torrente Scuropasso: la Garonne. A est il Torrente Versa: la Dordogne. Con le dovute proporzioni, Buttafuoco storico e Bordeaux condividono l’abbraccio di due corsi d’acqua. Ma è l’approccio alla singola vigna, più unico che raro in Oltrepò pavese, a rendere meno azzardato il parallelismo tra lo “Sperone di Stradella” – l’areale di produzione del Buttafuoco Storico – e una porzione della mitica regione vinicola francese.

Solo 22 ettari, compresi nei comuni di Canneto Pavese, Montescano, Castana e parte dei comuni di Broni, Stradella, Cigognola e Pietra de’ Giorgi. Tutti in provincia di Pavia, a sud del fiume Po. Si trovano qui le vigne del Buttafuoco Storico, molte delle quali presentano pendenze esasperate e basse rese, tipiche della viticoltura eroica.

Una zona di eccellenze, tanto nel calice quanto nel piatto. La riprova grazie al (provocatorio) menu ideato dallo chef Alessandro Folli del Ristorante Ad Astra di Santa Maria della Versa. Piatti a base di pesce, crostacei e molluschi, ingredienti lontani dalla tradizione locale, dimostrano una certa poliedricità nell’abbinamento del Buttafuoco storico, oltre a confermare il buon livello della ristorazione pavese.

UNA «DOCG PRIVATA» ALLA SFIDA DEI TEMPI


Ad accettare la sfida, uscendo dalla comfort zone della classicità del pairing, sono i 17 produttori aderenti al Club del Buttafuoco Storico, desiderosi di allargare i confini di un vino prodotto in tiratura limitatissima – appena 90 mila bottiglie all’anno – assimilabile, per definizione degli stessi vignaioli pavesi, a una sorta di «Docg privata» (se ne era parlato prima del Covid-19).

La guida del Club, prossimo a inaugurare una nuova sede con wine-bar proprio accanto a quella attuale, in frazione Vigalone a Canneto Pavese (PV), è affidata al produttore Davide Calvi. Una mente curiosa e lucida, affiancata nella direzione dal manager Armando Colombi e dall’esperienza del vice presidente Giulio Fiamberti.

Per l’abbinamento, Club e chef hanno scelto due annate (2017 e 2012) della bottiglia consortile “Vignaioli del Buttafuoco storico“, frutto della volontà dei produttori di condensare, in un unico vino, le caratteristiche delle vigne iscritte al rigido “disciplinare” di produzione.

Una “cuvée speciale” ambasciatrice del Buttafuoco storico, assemblata ogni anno, sin dal 2011, da un enologo italiano esterno (l’ultima in commercio, la 2017, è firmata da Michele Zanardo, vicepresidente vicario del Comitato Nazionale Vino Dop e Igp). Per il dolce, un’altra chicca: il Buttafuoco storico chinato.

LE VIGNE DEL BUTTAFUOCO STORICO: GHIAIE, ARENARIE E ARGILLE 

I 20 “cru” sono suddivisi da nord a sud in tre macro areali, definiti dalle caratteristiche del suolo. Ghiaie a nord, Arenarie al centro e Argille nella parte meridionale. Sei le espressioni delle Ghiaie: Badalucca, Casa del Corno, Solenga, Beccarie-Carì, Pianlong e Sacca del Prete.

Per le Arenarie ecco gli otto Buttafuoco Storico Bricco in Versira, Pregana, Montarzolo, Canne, Pitturina, Costera, Rogolino e Poggio Ca’ Cagnoni. Meno “congestionata” la sottozona delle Argille con le altre 6 espressioni delle vigne Frach, Catelotta, Garlenzo, Ca’ Padroni, Poggio della Guerra e Casa Barnaba.

Buttafuoco storico dalle Ghiaie: alcolicità e acidità

Territorio più a nord della zona di produzione del Buttafuoco Storico con fondo di ghiaie inglobate in sabbie. Sottozona caratterizzata da vigne molto ripide che esprimono il meglio a monte della metà collina. Le uve raggiungono elevati gradi di maturazione e si trasformano in vini ricchi, leggermente spigolosi da giovani, ma con elevata longevità.

Producono qui:

  • Azienda Agricola Fiamberti Giulio
  • Azienda Agricola Il Poggio di Alessi Roberto
  • Giorgi
  • Cantina Scuropasso
  • Azienda Agricola Bruno Verdi
Buttafuoco storico dalle Arenarie: alcolicità e tannicità

Territorio centrale della zona di produzione del Buttafuoco Storico con fondo di arenarie compatte in alcuni punti quasi affioranti. Le vigne di questa sottozona sono esposte prevalentemente a Sud-Ovest. La compattezza delle arenarie ostacola la crescita della pianta nei primi anni per dare però alla vite matura una forte resistenza alla siccità. Le uve concentrano la mineralità del sottosuolo e la trasmettono ai vini che si presentano in gioventù leggermente aspri, ma che evolvono in complessa austerità.

Producono qui:

  • Azienda Agricola Poggio Rebasti
  • Azienda Maggi Francesco
  • Azienda Agricola Piovani Massimo
  • Azienda Agricola Riccardi Luigi
  • Azienda Vitivinicola Calvi
Buttafuoco storico dalle Argille: alcolicità e corpo

Territorio più a sud della zona di produzione del Buttafuoco Storico con fondo di argille stratificate. In questa sottozona la pendenza delle vigne è inferiore alle altre due, il fondo è generalmente più fresco e dona alla pianta particolare robustezza. Le uve, favorite da un decorso vegetativo di solito costante, maturano perfettamente. I vini si presentano da subito rotondi e intriganti pur evidenziando notevole struttura e corposità.

Producono qui:

  • Azienda Agricola Diana
  • Azienda Agricola Quaquarini Francesco
  • Tenuta La Costa
  • Azienda Agricola Giorgi Franco
  • Azienda Agricola Cignoli Doro
  • Azienda Agricola Colombi Francesco
  • Piccolo Bacco dei Quaroni
LE UVE DEL BUTTAFUOCO STORICO: CROATINA, BARBERA, UGHETTA E UVA RARA
L’infernòt dell’Azienda agricola Massimo Piovani, a Monteveneroso (PV)

Come a Bordeaux, anche in quest’angolo posto all’estremo nord-est della denominazione oltrepadana si produce un vino rosso da uvaggio. Al posto di Cabernet e Merlot, il Buttafuoco Storico nasce dal sapiente assemblaggio di Croatina, Barbera, Ughetta di Canneto e Uva Rara.

La prima varietà definisce l’impronta tannica, il colore e i sentori di frutta; la seconda apporta acidità. Le ultime due – spesso raccolte in sovra maturazione, per evitare astringenze ed eccessiva rusticità – regalano ricordi pronunciati di spezie, liquirizia e uvetta passa. Un matrimonio tra uve che, almeno sulla carta, rischia di spaventare il consumatore moderno, sempre più alla ricerca di vini che non eccedano in sovraestrazioni e tenore alcolico. Eppure, non sempre è così.

A dispetto del nome, che richiama l’espressione del dialetto pavese «Al buta me al feüg», ovvero “brucia come il fuoco“, il Buttafuoco storico sa essere elegante e fresco. Nelle migliori espressioni, la potenza dell’uvaggio è attenuata dal savoir-faire dei produttori locali, riuniti sin dal 1996 nel Club del Buttafuoco Storico.

BUTTAFUOCO STORICO E ABBINAMENTO COL PESCE

Gioca tra terra e mare il menu pensato dallo chef Alessandro Folli del Ristorante Ad Astra di Santa Maria della Versa. La vendemmia 2017 dei Vignaioli del Buttafuoco storico non sfigura affatto al cospetto dell’entrée. Nel piatto, tre morsi: un bignè ripieno di robiola, con basilico e caviale di salmone; una carotina in Giardiniera, ricotta di pecora filtrata e perlage di basilico; e una polpetta di tonno alletterato, erbette amare e calemansi (calamondino).

Si osa ancora di più con la portata successiva: capesante scottate con ‘Nduja, mela marinata nel limone, caviale di acciughe, cedro candito e nasturzio. Sorprendente la risposta del Buttafuoco storico alla leggera piccantezza e al gusto delicato ma deciso del mollusco, nella sua componente “dolce”. Chiave del pairing è l’acidità, oltre al lavoro sottile di tannini già piuttosto amalgamati.

Il carico aumenta quando nei calici viene viene versato il millesimo 2012 dei Vignaioli del Buttafuoco storico. Qui spazio alla carne al posto del pesce, come a suggerire che siano le versioni più “recenti” del Buttafuoco storico quelle più adatte ai pairing meno convenzionali. Perfetto, di fatto, l’abbinamento con gli agnolotti che lo chef Alessandro Folli definisce «tra passato e presente».

Per la preparazione ha fatto ricorso a due tecniche di cottura. Il ripieno cucinato in maniera classica, ottenendo il brasato. Il sugo cuoce invece a bassa temperatura, sottovuoto, per 16 ore. Viene poi passato a mano, a coltello, prima di essere unito alla pasta con olio all’alloro macerato 20 giorni e il fondo ottenuto dalle ossa. Un tocco di agrume lega ancor più il piatto al vino.

Perfetto anche l’abbinamento tra il Buttafuoco storico Chinato, vera e propria chicca del territorio, e il gelato al Pepe di Timut, noto anche come Pepe selvatico di Szechuan. Un omaggio dello chef Alessandro Folli al suo maestro Alain Ducasse e al suo sorbetto al limone. Il vino, vendemmia 2017 con infusione di spezie e affinamento per 6 mesi in legno, convince anche con il secondo dessert.

Si tratta di una Mela di Soriasco rivisitata. Dell’originale conserva la forma e il tipico colore rosso dell’involucro di cioccolato bianco e burro di cacao. All’interno uno strudel ottenuto dalla varietà di mele tipica della zona di Santa Maria della Versa e dall’emulsione di tutti gli ingredienti tipici del dolce austro-ungarico.

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Acquistare vino italiano in Bitcoin? Forse possibile con Italian Wine Crypto Bank

Il condizionale è d’obbligo, visto il mix tra letale tra Bacco e Finanza. Ma acquistare vino italiano in Bitcoin e con le principali criprovalute internazionali potrebbe presto diventare possibile, grazie ad Italian Wine Crypto Bank (Iwcb).

Il progetto, illustrato oggi da in un webinar da Rosario Scarpato (interventuto in diretta da Dubai, dove vive e lavora) e i soci Davide Casalin e Alessandro Brazzini – tre figure chiave della rivoluzionaria “Criptobanca del vino italiano” – dovrebbe prendere avvio il 4 aprile 2021, con l’emissione dei primi token e l’apertura delle porte ai primi correntisti virtuali.

Quella che presentiamo oggi – ha precisato Scarpato – è la Fase 1 dell’Italian Wine Crypto Bank. Qualora dovessimo trovare l’appoggio delle cantine italiane, il prossimo anno potremmo dare avvio alla prima iniziativa su scala mondiale che lega il vino alle principali criptovalute, tra cui figurano appunto gli ormai noti Bitcoin”.

Come funzionerà la cripto banca? Grazie a un “algoritmo” basato su 20 parametri, la società di Hong Kong a cui fa capo l’Italian Wine Crypto Bank ha individuato circa 200 vini di cantine italiane “dal valore affidabile nel tempo”.

Non si tratta di Sassicaia e Tignanello – ha sottolineato Scarpato (nella foto, sotto) – anche avremo anche loro. Piuttosto di vini meno noti di cantine che non necessariamente hanno brand internazionalmente riconosciuti, in grado tuttavia di garantire alti standard di qualità e un valore certamente crescente nel tempo, con l’affinamento”.

Le cantine che aderiranno autonomamente o saranno invitate da Iwcb sino ad aprile 2021, godranno dei particolari vantaggi riservati ai membri fondatori. Tutto quello che dovranno fare sarà fornire il vino e spedirlo al magazzino di Londra, “un luogo perfettamente attrezzato per la conservazione e lo stoccaggio”.

La banca pagherà le cantine fondatrici in euro e fornirà inoltre dei token omaggio, ovvero dei “gettoni” da spendere all’interno della blockchain dell’Iwcb: un “ambiente digitale” con transazioni sicure e garantite sui vini disponibili a catalogo.

Con un investimento minimo di circa 500 euro e il pagamento di una quota annuale, semplici amanti del vino, investitori  puri o figure interessate alle criptovalute (mentre scriviamo 1 bitcoin vale 18.477,70 euro), entreranno a far parte del Club dei Soci Esclusivi Iwcb.

Potranno scegliere di ritirare in ogni momento i vini acquistati e da noi immagazzinati – ha spiegato Rosario Scarpato – oppure attendere che il valore salga e scambiarli con altri correntisti. Saremo pronti a offrire qualsiasi tipo di consulenza ai clienti, dall’accesso al Club al post vendita”.

Lo scopo principale dell’Italian Wine Crypto Bank non sarà tuttavia la commercializzazione, che avverrà tramite l’invio del catalogo ai soci. “Tantomeno la speculazione”, ha spiegato il trio di promotori.

Siamo coscienti che il vino italiano sia un prodotto vivo ed è sulla sua promozione che si fonda l’Iwcb. Entrando a far parte del nostro portafoglio solo sulla base di rigidi parametri legati al valore e alla qualità nel tempo dell’etichetta, le cantine potranno godere di una promozione costante, diretta e indiretta e su scala mondiale”.

“Secondo diverse ricerche – ha concluso Scarpati – il mondo degli investitoti delle criptovalute sta assumendo sempre più peso sociodemografico, oltre a godere di ottime capacità di acquisto. Proprio a questo genere di figure, oltre che agli amanti del vino, si rivolge il nostro innovativo progetto, che è prima di tutto un’iniziativa di comunicazione del vino italiano nel mondo”. Il countdown è già iniziato.

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Covid-19, vignaioli italiani (orfani della Fivi): grido d’allarme e hashtag #ilvinononsiferma

È firmata da oltre duecento “vignaioli italiani” la lettera che mira a coinvolgere l’intera filiera del vino italiano. Il grido d’allarme è: “Il vino non si ferma #ilvinononsiferma“. Un documento destinato a raccogliere quante più voci possibili, a sostegno di un’iniziativa ben articolata e inclusiva, a cui è chiamato ad aderire l’intero settore (www.ilvinononsiferma.it, vignaioli@ilvinononsiferma.it, Facebook ilvinononsiferma, hashtag: #laretedeivignaioli, #ilvinononsiferma, #lavignanonsiferma).

Un’iniziativa che apre un interrogativo gigante (l’ennesimo) sulla Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi), costretta ad assistere all’ennesima iniziativa spontanea di alcuni associati, in mancanza di unità d’intenti all’interno del Consiglio di amministrazione. Qualcosa di già visto nei mesi scorsi, con la vicenza dazi Usa.

C’è di più. La presidente Matilde Poggi figura proprio tra i firmatari della lettera (qui l’elenco di tutti i sottoscrittori), in cui i “vignaioli italiani” lanciano un vero e proprio allarme.

In particolare, i primi dieci vignaioli che hanno aderito sono Edoardo Ventimiglia – Sassotondo – Sorano (GR); Caterina Gargari – Pieve de’ Pitti – Terricciola (PI); Gregorio Galli – Palazzo di Piero – Sarteano (SI); Walter Massa – Vigneti Massa – Monleale (AL); Luigi De Sanctis – Azienda Biologica De Sanctis Luigi – Frascati (RM).

E ancora: Marilena Barbera – Azienda Agricola Barbera s.s. – Menfi (AG). Ettore Ciancico – La Salceta – Loro Ciuffenna (AR); Gianluca Morino – Cascina Garitina – Castel Boglione (AT), Francesco Fenech – Az. Agr. Fenech Francesco – Malfa (ME), Francesco Cirelli – Azienda Agricola Cirelli – Atri (TE).

“Ci sentiamo parte attiva della straordinaria comunità che vive di vino – si legge sulla lettera dei vignaioli italiani – la nostra convinzione è che da questa crisi possiamo uscirne solo se restiamo uniti e se verrà salvaguardato il lavoro e il ruolo di ciascuno in ogni anello della filiera”.

“Per questo chiediamo a tutti rispetto per il nostro lavoro e offriamo in cambio lo stesso rispetto, consapevoli che solo con una collaborazione leale si possa, tutti insieme, uscire da questa crisi”.

Non accetteremo pressioni commerciali miranti a ridurre il margine che rappresenta la fonte di sostentamento per noi e le nostre aziende, perché riteniamo che soltanto con il riconoscimento di un equo corrispettivo sia garantita la dignità del nostro lavoro e del lavoro di coloro che collaborano con noi nella produzione, commercializzazione e promozione dei nostri vini”.

“Non accetteremo pratiche sleali quali il conto vendita – aggiungono i vignaioli – e le richieste sproporzionate di omaggi, consapevoli che soltanto con il rispetto delle normali condizioni commerciali possiamo contribuire in maniera positiva allo sviluppo della filiera”.

“Chiediamo a tutti i nostri clienti il rispetto delle scadenze per il pagamento delle forniture effettuate fino al 31/12/2019, in un momento in cui il mercato non presentava ancora alcuna criticità legata alla pandemia”.

Siamo disponibili – evidenziano i vignaioli – a discutere forme di credito agevolate che tengano conto delle difficoltà economiche che, con il lungo periodo di inattività, tutti i ristoranti e le enoteche si troveranno a fronteggiare alla riapertura, pur nel rispetto degli sforzi e degli investimenti che noi aziende agricole non abbiamo mai smesso di affrontare.

“Ci impegniamo, nelle scelte di vendita diretta dei nostri prodotti al consumatore finale, ad operare con lealtà nei confronti dei nostri clienti della distribuzione e dell’horeca, che sono fondamentali per la promozione e la valorizzazione dei vini prodotti dai vignaioli italiani”.

“Per questo motivo, garantiamo che i nostri listini dedicati ai privati rispettino la normale marginalità riservata agli operatori commerciali. Siamo convinti che vada rafforzata la collaborazione con tutti gli attori della filiera vinicola, consapevoli che soltanto da un dialogo aperto e organico possano scaturire le migliori opportunità di crescita e valorizzazione per questo nostro piccolo grande mondo”.

Parole per certi versi molto simili a quelle usate nei giorni scorsi, in esclusiva a WineMag.it, da Lorenzo Righi, direttore di Club Excellence, realtà che raggruppa 18 tra i maggiori distributori e importatori italiani di vino, nel commentare le “Linee guida per il mercato e gli agenti” delle aziende che aderiscono al consorzio.

UNITÀ PER USCIRE DALLA CRISI
“Le conseguenze economiche della pandemia – scrivono ancora i vignaioli – hanno travolto la nostra intera società. La natura, però, non si ferma: noi, custodi della terra, non ci siamo arrestati. Lavoriamo per l’eccellenza, per valorizzare la cultura e la civiltà del vino, per consolidare la reputazione del Made in Italy nel mondo. Difendere l’integrità dei territori e la bellezza dei paesaggi, che rendono straordinario il nostro Paese, è l’altra nostra missione, che ci rende fieri di essere italiani. Siamo così custodi di ecosistemi unici, in un momento storico in cui la lotta al cambiamento climatico è imperativo altrettanto urgente”.

“Siamo consapevoli delle difficoltà che questa pandemia ha causato degli effetti che continueranno a gravare su tutti i comparti per i quali il vino costituisce una risorsa insostituibile” proseguono “La produzione continua, i magazzini si riempiono, perché i nostri clienti sono fermi: se non interveniamo immediatamente, il virus ucciderà il nostro patrimonio vitivinicolo, e con esso alcuni territori e parte del prestigio italiano”.

Sono a rischio 10 miliardi di euro: “Tanto vale la produzione vinicola italiana – ricordano nella lettera i vignaioli italiani – di cui 6 miliardi derivanti dalle esportazioni. Serve intervenire subito“.

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Modena capitale della Champagne Experience. Evento record a ottobre

Metti assieme dodici dei maggiori importatori e distributori italiani di vini d’eccellenza e vedi cosa succede. La risposta a Modena, domenica 8 e lunedì 9 ottobre, al Forum Monzani, per la prima edizione di Champagne Experience.

La più grande manifestazione italiana dedicata esclusivamente allo Champagne, promossa e organizzata – appunto – da Club Excellence, associazione che riunisce la dozzina di player del bere gourmet.

Modena Champagne Experience 2017 sarà l’occasione per degustare circa 350 prodotti di più di 90 prestigiose maison, tra le quali Louis Roederer, Bollinger, Bruno Paillard, Jacquesson, Mailly Grand Cru, Thiénot, Palmer & Co, Pannier, Encry, Paul Bara, Marguet, Larmandier-Bernier. Sarà anche possibile incontrare gli stessi produttori di Champagne, che saranno presenti nel corso della due giorni modenese.

Non mancheranno le Master Class, con ‘verticali’ e degustazioni dedicate alla conoscenza di champagne d’eccellenza o ad annate speciali e territori di produzione.

IL PROGRAMMA
La manifestazione sarà infatti caratterizzata da un’impronta didattica, con le maison distribuite sui mille metri quadri del Forum, in base alla loro appartenenza geografica, corrispondente alle diverse zone di produzione dello champagne (Montagne de Reims, Vallée de la Marne, Côte des Blancs, Aube oltre alle maison classiche riunite in uno specifico spazio) per offrire al visitatore un’esperienza sensoriale coinvolgente e un supporto culturale di alto livello.

Modena Champagne Experience 2017 è rivolto in particolar modo ai professionisti del settore Horeca, ma anche al vasto pubblico degli appassionati. Le porte del Forum Monzani, in via Aristotele 33, si apriranno domenica 8 ottobre dalle 14.00 alle 19.00 e lunedì 9 dalle 10.30 alle 18.30. I biglietti sono in vendita sul sito www.champagneexperience.it e presso La Consorteria 1966, in piazza Mazzini 9, a Modena (laconsorteria1966@gmail.com, +39 393 802 7841).

COS’E’ CLUB EXCELLENCE
Club Excellence è un’organizzazione che riunisce dodici tra i più grandi importatori e distributori italiani di vini d’eccellenza: Balan srl, Bolis srl, Cuzziol Grandivini srl, Gruppo Meregalli, Les Caves de Pyrene, Pellegrini spa, Premium Wine Selection P.W.S. srl, Proposta Vini, Sagna spa, Sarzi Amadè srl, Teatro del Vino srl e Vino & Design srl.

Club Excellence ha lo scopo di diffondere la cultura della distribuzione e del commercio di vini e distillati di prestigio, settore che necessita di trasparenza, correttezza e moralità. L’azione del Club si articola su tre direttrici fondamentali: l’organizzazione di eventi, la partecipazione a fiere e manifestazioni in Italia e all’estero.

Ma anche l’attività di promozione commerciale e culturale dei prodotti commercializzati dai soci; l’organizzazione di corsi di formazione in ambito enogastronomico; lo sviluppo iniziative sociali, culturali e ricreative, aperte al pubblico dei consumatori, con il coinvolgimento di attori istituzionali o enti interessati.

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Tutte le “piazze” del Buttafuoco storico: da Canneto pavese alla conquista di Esselunga

Il figliol prodigo dell’Oltrepò pavese. Il Davide oltrepadano. Da sempre contrapposto, per stile e filosofia, al gigante Golia, che dalle parti di Pavia prende il nome di Bonarda. E’ il Buttafuoco storico, vino rosso da invecchiamento dell’Oltrepò Pavese. Una produzione limitata che, secondo gli ultimi dati, si assesta sulle 65 mila bottiglie. Numero che sale a 360 mila considerando l’intera Doc, che comprende un 25% di vino frizzante. Nulla a che vedere, insomma, con i 20 milioni di bottiglie di Bonarda che ogni anno escono dalle cantine pavesi. Ma per il Buttafuoco, e in particolare per il Buttafuoco storico, il 2016 potrebbe essere l’anno della riscossa. L’intitolazione di una piazza a Canneto Pavese (PV), avvenuta sabato 22 ottobre per volere dall’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Francesca Panizzari, è solo uno degli indicatori della crescente attenzione verso questo nobile blend, ottenuto con sapienza dai vitigni Croatina, Barbera, Ughetta e Uva Rara. La vera rivoluzione parte dalla vigna. E arriva sino ai supermercati Esselunga, l’insegna del compianto Bernardo Caprotti. Da qualche settimana, infatti, è possibile trovare il Buttafuoco Storico Doc “Vigna Sacca del Prete” dell’azienda agricola Giulio Fiamberti in tutti e 90 i punti vendita Esselunga dotati di enoteca con servizio sommelier, dislocati sul suolo nazionale. Fa eccezione la sola regione Toscana, dove la catena milanese sta puntando sulla valorizzazione di altri nobili vini locali. Ad annunciarlo è proprio Giulio Fiamberti, non a caso presidente del Club del Buttafuoco storico.

“Negli ultimi anni – dichiara il viticoltore – siamo riusciti a imprimere una decisiva accelerata alle attività del Club, dando forma a una serie di progetti commerciali e di valorizzazione che erano in cantiere da un po’ di tempo. Un interesse sempre maggiore da parte delle istituzioni, complice probabilmente la scarsa forza dell’Oltrepò pavese in generale, che ha permesso di valorizzare ulteriormente alcune eccellenze che sono ormai da anni in controcorrente, oltre a una certa voglia e necessità di avere un prodotto bandiera che indichi una linea di qualità per tutta l’area oltrepadana, sono gli ingredienti del successo del Buttafuoco storico”. Risultati sotto gli occhi di tutti. Che gli attenti buyer di Esselunga non si fanno sfuggire.

“Quello con la catena di Caprotti – commenta ancora Fiamberti – è un rapporto che affonda le radici nei primi anni del 2000, quando è stato inaugurato il punto vendita di Broni, qui in Oltrepò pavese. La mia azienda è stata selezionata in quanto in grado di assicurare tutta la gamma di vini locali e, in più, anche il Buttafuoco storico e il Sangue di Giuda. In particolare, il Buttafuoco fu introdotto in 20 punti vendita. Poi il numero fu ridotto a 10, limitandosi alle province di Milano e Pavia. Arriviamo così sino ad oggi, con il cru ‘Sacca del Prete’ acquistabile in tutti e 90 i punti vendita Esselunga che possono vantare il servizio dei sommelier Ais all’interno delle loro enoteche”. Fiamberti, di fatto, è il maggiore produttore di Buttafuoco storico dell’Oltrepò pavese, con le sue 3.873 bottiglie. Il posizionamento del prodotto in Gdo è – per ora – lievemente sotto standard. “Si parla di 17,50 euro – ammette Fiamberti – ma il prezzo è destinato ad assestarsi, nei prossimi mesi, sui 18,50 euro circa”. In generale, il Buttafuoco storico si aggira tra i 16 e i 20 euro al pubblico, in enoteca. Mentre le cifre salgono a un minimo di 30 euro, grazie ai (grassi) ricarichi applicati dalla ristorazione locale. Mentre a livello nazionale, le carte dei vini sembrano quasi disconoscere il Buttafuoco.

“La produzione, complice la crescente richiesta non solo in Lombardia e in Italia ma anche e soprattutto all’estero, dal Canada alla Cina, è volata dalle 30-35 mila bottiglie del 2010 alle 65 mila potenziali del 2016”, aggiunge Armando Colombi, direttore del Club del Buttafuoco storico. “La superficie vitata è di circa 10 ettari – spiega – ma anche questo numero è destinato a salire. Uno dei progetti più importanti del Club è infatti quello di mappare nuove superfici, recuperando vigne abbandonate e valorizzando i terreni più vocati. I Vignaioli del Buttafuoco storico, che contribuiscono alla produzione del ‘cru dei cru’ consortile, vedono inoltre riconosciuto un valore commerciale di 3 volte superiore alle loro uve: questo perché il Buttafuoco necessita dell’apporto e dell’esperienza di tutti per diventare qualcosa di importante ed affermarsi, non solo come prodotto di nicchia, a livello nazionale e internazionale”.

Grande anche il lavoro sulla comunicazione del marchio. “Chi produce Buttafuoco storico – evidenzia Armando Colombi – non si pone più di tanto il problema di comunicare il prodotto, in quanto la produzione è talmente limitata da risultare sold-out in pochi mesi. Per questo il Club si sta concentrando sulla promozione del Buttafuoco storico nei confronti di chi si occupa di realizzare guide del vino e, in generale, nei confronti di tutti i comunicatori del settore”. Gomiti alti in area di rigore, insomma, per uno dei prodotti della viticoltura italiana più sottovalutati. Almeno nel Belpaese.

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Toscana, Mtv e Vespa Club assieme per Cantine Aperte

La macchina organizzativa è già al lavoro, nonostante manchino due mesi: Cantine Aperte torna anche in Toscana dal 28 al 29 maggio, per tutti gli appassionati di turismo all’aria aperta e per le migliaia di wine lovers che come ogni anno affolleranno le oltre 80 cantine del Movimento Turismo del Vino Toscana che hanno aderito all’iniziativa. L’ultimo fine settimana di maggio sarà dunque all’insegna del cosiddetto “enoturismo”, che quest’anno trova nei Vespa Club un partner d’eccezione. Saranno centinaia, o forse di più, le vespe che arriveranno in contemporanea nelle cantine aperte in questi due giorni. Mtv Toscana ha infatti deciso di coinvolgere gli appassionati di questo storico motociclo, simbolo del Made in Italy nel mondo, attraverso i vari Vespa Club che aderiranno all’iniziativa. E per chi vorrà acquistare il vino nessun problema per il trasporto: un accordo tra Movimento Turismo del Vino Toscana e l’agenzia di spedizioni Speedy srl di Firenze permetterà di organizzare spedizioni in tutto il mondo a prezzi speciali, durante il periodo della manifestazione. “Cantine Aperte – spiega il presidente del Movimento Turismo del Vino Toscana, Violante Gardini – è ormai un appuntamento che ogni famiglia mette in agenda di anno in anno e che conferma come il fenomeno dell’enoturismo sia un modello riuscito in Italia, in Toscana in particolare dove anche per quest’anno sono previste migliaia di visitatori da tutta Italia e non solo e per l’occasione abbiamo deciso di mettere insieme alcuni vespa club di tutta la regione per unire il fascino delle nostre cantine a quello dei bellissimi paesaggi che le circondano utilizzando un cult del Made in Italy, la Vespa appunto”.

Dalla musica all’arte, dagli spettacoli alla caccia al tesoro nei vigneti, passando per show cooking e giochi di una volta. Inoltre attivata la collaborazione con l’associazione Club Amici del Toscano con degustazioni di sigaro in abbinamento ai vini (riservate agli iscritti, maggiorenni, vecchi e nuovi soci del Club). Cantine Aperte offre ai visitatori e agli enoturisti non solo la possibilità di degustare i grandi vini della Toscana, ma soprattutto un modo insolito e unico di vivere la campagna e il vino in particolare. Ogni azienda che aderisce all’iniziativa organizzerà in uno dei due giorni o in entrambi, eventi di varia natura, tutti legati al vino. Cantine Aperte, del resto, è l’evento enoturistico più importante in Italia. Dal 1993, l’ultima domenica di maggio, le cantine socie del Movimento Turismo del Vino aprono le loro porte al pubblico, favorendo un contatto diretto con gli appassionati di vino. Un appuntamento divenuto nel tempo una filosofia, uno stile di viaggio e di scoperta dei territori del vino italiano, che vede, di anno in anno, sempre più turisti, curiosi ed enoappassionati avvicinarsi alle cantine, desiderosi di fare un’esperienza diversa dal comune. Cantine Aperte è un marchio di proprietà del Movimento Turismo del Vino, registrato e protetto giuridicamente per contrastarne qualunque abuso/imitazione e garantire ai consumatori qualità e professionalità nell’accoglienza, tratti distintivi delle cantine MTV. Per scoprire le aziende aderenti a Cantine Aperte e i relativi programmi è in aggiornamento la pagina dedicata all’evento su www.mtvtoscana.com.

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