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Piccini 1882: 2020 in crescita grazie agli investimenti e strategia di filiera

Piccini 1882: 2020 in crescita grazie agli investimenti e strategia di filiera

Piccini 1882 si affaccia alla seconda metà dell’anno forte di risultati economici in crescita, che certificano la capacità del Gruppo di saper leggere i tempi e attuare la necessaria strategia per superare i difficili mesi della pandemia.

L’azienda vitivinicola guidata dall’Amministratore Delegato Mario Piccini chiude il 2020 con oltre 18 milioni di bottiglie prodotte e ricavi che superano i 68 milioni di euro, in crescita del 7% rispetto ai 63.5 milioni del 2019. Di questi, quasi 44 milioni rappresentano il valore dell’export, pari a circa il 65% del fatturato complessivo.

Risultati che certificano il valore del processo di riposizionamento strategico dell’azienda, avviato nel 2020 dalla famiglia Piccini e culminato a inizio 2021 con il rebranding del Gruppo, finalizzato alla creazione di un’organizzazione ancor più moderna, efficiente e funzionale.

«L’esercizio 2020 non può che essere condizionato dalla pandemia – commenta Mario Piccini – Non siamo però stati fermi, tutt’altro. Siamo corsi ai ripari investendo sui prodotti, pianificando nuove strategie per i nostri mercati di riferimento e puntando sull’e-commerce per conquistare un sempre più ampio pubblico di winelovers con vini di qualità».

«Da sempre – prosegue Piccini – crediamo nel valore della filiera, il cui sostegno è essenziale per lo sviluppo dell’intero territorio e in tal senso siamo quotidianamente impegnati nel “fare sistema” con tutti gli stakeholder con cui ci rapportiamo. Come Gruppo, abbiamo proseguito il piano di crescita iniziato negli anni scorsi e previsto altri investimenti al fine di rendere sempre più moderni ed efficienti i nostri stabilimenti produttivi».

GLI INVESTIMETNI ED IL VALORE DELLA FILIERA

Piccini 1882 ha risposto alla crisi economica mondiale promuovendo un piano di investimenti pluriennale pari oltre 20 milioni di euro. Nel biennio 2018-19 l’azienda ha stanziato 18 milioni per portare a compimento l’acquisizione di Agricoltori del Chianti Geografico e per l’inaugurazione del nuovo stabilimento produttivo da oltre 17 mila metri quadrati a Casole D’Elsa.

Nel 2020 altri 2.5 milioni sono serviti per completare i lavori di ristrutturazione e rinnovamento degli stabilimenti di San Gimignano, per il Geografico, e della sede storica di Castellina in Chianti.

«Crediamo molto nella filiera – dice ancora Mario Piccini – e le nostre scelte strategiche vanno in questa direzione. Aiutare tutti gli attori coinvolti nella produzione, distribuzione e vendita del vino affinché contribuiscano ciascuno al successo di tutti».

«L’Italia – sottolinea l’Ad – ha bisogno di progetti industriali, dietro cui però ci devono essere progetti di filiera, perché una sola azienda non potrà mai crescere se il territorio in cui opera e gli stakeholder con cui dialoga non ne sposano la vision».

L’E-COMMERCE E LA CRESCITA DELLE DENOMINAZIONI TOSCANE

Il canale online è cresciuto del 300% rispetto all’anno precedente, un risultato senza precedenti che ha dato un forte impulso alla vendita di vini di alta qualità.

«Nei mesi della pandemia ci siamo chiesti come andare incontro alle esigenze di un pubblico sempre più consapevole e appassionato – racconta Mario Piccini – Abbiamo deciso di investire molto sui vini organici, come ad esempio il progetto Costa Toscana, espressione di questa ricerca. Si tratta di vini di qualità, disponibili anche sulle piattaforme e-commerce per poter condividere con i nostri clienti più affezionati prodotti biologici».

Il 2020 ha registrato un incremento delle vendite per le principali denominazioni toscane in cui l’Azienda opera. Nello specifico, Piccini 1882 evidenzia come nel 2020 le vendite di alcuni dei vini rossi toscani più rappresentativi e apprezzati, quali Chianti Classico Docg, Chianti Docg e il Brunello di Montalcino Docg nelle versioni annata e Riserva, siano aumentate mediamente del 14%.

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degustati da noi vini#02

UN-IO Bio: la nuova linea di vini ecosostenibili toscani

Due importanti realtà cooperative toscane, Vecchia Cantina di Montepulciano e Castelli del Grevepesa, si uniscono in un progetto comune che punta alla sostenibilità. Nasce così UN-IO Bio, una linea di vini biologici prodotta “a quattro mani” dalle due cantine, che insieme rappresentano più di 500 piccoli produttori.

«È necessario unirsi, non per stare uniti, ma per fare qualcosa insieme» recita la frase di Goethe riportata, non a caso, sulle etichette. Lo scopo del progetto è infatti quello di sviluppare una coscienza sempre più ecosostenibile, promuovendo uno stile di vita più responsabile nei confronti dell’ambiente.

Tre i vini attualmente in gamma e che verranno distribuiti in tutt’Italia nei prossimi mesi da Vecchia Cantina di Montepulciano e Castelli del Grevepesa. Si tratta di Chianti Classico Docg, Vino Nobile di Montepulciano Docg e Toscana Rosso Igt. Tre vini Bio non solo per la provenienza delle uve ma anche per i materiali utilizzati in confezionamento.

La bottiglia è leggera per un minor utilizzo di vetro, il tappo è in sughero certificato Fsc e la capsula è biocompatibile di origine vegetale. Inoltre l’etichetta è realizzata con carta riciclata ed in parte prodotta da vinaccioli, nonché stampata con inchiostri ad acqua e fissata alla bottiglia con colle adesive provenienti dalla gomma naturale.

Un progetto non limitato alle sole Vecchia Cantina di Montepulciano e Castelli del Grevepesa, ma che vuole essere aperto alle altre cooperative Toscane, di altre denominazioni. Già dalla prossima vendemmia, infatti, entreranno a far parte del progetto anche un Vermentino di Maremma Igt e un Morellino di Scansano doc.

TOSCANA ROSSO IGT 2019

Sangiovese in purezza, il 50% proveniente da San Casciano Val di Pesa ed il 50% da Montepulciano, vinificazione e affinamento in acciaio a temperatura controllata. Rosso rubino intenso accoglie con un naso fresco e immediato. Un accenno di note floreali che fanno da preambolo a note intense di frutti rossi freschi.

Una vena di scorza d’agrume ed un tocco ematico, tipico del vitigno, chiudono lo spettro olfattivo. In bocca è piacevolmente scorrevole, dotato di grande freschezza e con un tannino ben presente ma non invasivo. Ne risulta un vino piacevole e non impegnativo, ottimo compagno di piatti saporiti e non troppo strutturati.

CHIANTI CLASSICO DOCG 2018

Sangiovese in prevalenza da San Casciano Val di Pesa con saldo di Canaiolo, Colorino e Merlot. Vinificazione in vasche di cemento ed affinamento di 12 mesi in botti di Rovere di Slavonia da 70 ettolitri. Di color rosso rubino mediamente intenso si presenta ricco al naso.

Profumi compatti in cui domina una nota floreale di viola cui seguono note di frutta rossa matura. Frutti bosco e prugna che mascherano un fresco tocco agrumato ed un leggero sentore di cenere. Morbido e sapido al sorso, con tannini vellutati e ben presenti. Buona persistenza. Un vino che chiama all’abbinamento gastronomico.

VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO DOCG 2017

Sangiovese in prevalenza dall’areale di Montepulciano. Vinificazione in acciaio ed affinamento di 24 mesi in botti di Rovere di Slavonia con capacità da 35 a 85 ettolitri. Rosso rubino con riflessi violacei. Il naso apre su note di frutta rossa e nera matura.

Lampone, mora e un tocco di mirtillo cui segue un tocco di resina che regala una piacevole sensazione di sottobosco. Sapido e di buon corpo non rivela subito la sua trama tannica. Il tannino, il più vivo fra i tre vini, si rivela solo durante la buona persistenza invitando all’abbinamento con piatti succulenti.

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Chianti Gran Selezione, parla Mr. Piccini: “Deponiamo le armi, il nemico è all’estero”

CASOLE D’ELSA –Chianti contro Chianti Classico, sulla Gran Selezione? Deponiamo le armi, mettiamoci a sedere, rimaniamo ognuno con la propria dignità. E cerchiamo dei punti di incontro, perché il nemico è all’estero, non tra i vicini di casa”. Cammina serafico, Mario Piccini. Mani conserte dietro alla schiena. Tutt’attorno, gli operai completano i lavori utili all’inaugurazione del nuovo stabilimento produttivo di Casole D’Elsa, in provincia di Siena.

Un passo verso il futuro per il colosso da 16 milioni di bottiglie annue, destinati a diventare 26 nel giro di qualche vendemmia. Eppure, qualcosa turba il patron del Chianti arancione. Si siede su un divano, per chiarire.

“Io faccio parte di tutti e due i Consorzi – commenta Mario Piccini – per cui dovrei essere super partes. Ma devo dire una cosa: non sono amante degli eccessi. Quello che vorrei dire, sia al presidenti del Chianti sia a quello del Chianti Classico, è che comunque il territorio è uno. Per il consumatore il territorio è unico”.

“E vorrei allargare ancora di più il discorso, includendo l’Igt Toscana. Secondo il mio umile punto di vista – continua il numero uno di Piccini Wines – dovremmo trovare dei punti di incontro per sfruttare la forza di un territorio comune ad entrambe le Denominazioni”. O almeno questo è il messaggio che passa, fuori dai confini nazionali.

“Quando vado all’estero – sottolinea Mario Piccini – mi chiedono sempre di descrivere l’area del Chianti, che non è così conosciuta come pensiamo. Diamo per scontato che il consumatore medio sappia tutto, ma in realtà non sa nulla. Sapete come descrivo Chianti e Chianti Classico? Come un uovo sodo, tagliato a metà: la parte bianca è il Chianti e quella gialla è il Chianti Classico”.

Il problema non è vendere uno o l’altro. Il problema è il vino argentino, è il vino cileno, è il vino australiano, è il vino californiano. Noi dobbiamo conquistare quei mercati e quelle posizioni, non cercare di togliere qualcosa ai nostri amici, che poi sono i nostri vicini di casa”.

Per Mario Piccini, le rivalità tra i due Consorzi – e i relativi produttori – sono “da superare”. “Dobbiamo andare insieme a conquistare questi mercati – suggerisce – ma possiamo riuscirci solo se siamo uniti e se ci presentiamo con una voce sola, spiegando con semplicità le diversità di un territorio, valorizzandole parlando più di Toscana che di Chianti o Chianti Classico”.

“Facciamo fronte comune – aggiunge il patron del colosso toscano – e confrontiamoci con i competitor internazionali che stanno facendo una concorrenza importante e che rischiano, se non ci muoviamo assieme, di guadagnare ulteriore terreno in futuro, forti delle nostre divisioni”.

Mario Piccini si esprime anche sull’altro motivo di divisione: la modifica al disciplinare del Chianti che consente di aumentare il residuo zuccherino del noto vino rosso: “I gusti, nel mondo, sono cambiati. Il Chianti è stato, per anni, la più grande Denominazione al mondo, assieme a Bordeaux. Prima dell’entrata in vigore della Docg, il 15% del Chianti non era Chianti. C’era un taglio migliorativo che veniva da tutt’altre parti”.

“E quindi – continua Mario Piccini – il gusto, dall’introduzione della Docg, è diventato più severo e più secco, mentre il palato, nel mondo, è cambiato. Non vuol dire che la gente ha iniziato a bere dolce, ma che c’è una percezione diversa del dolce. Io sono un sostenitore delle trasformazioni, nel segno della contemporaneità. E si può essere contemporanei senza tradire la tradizione. Le due cose possono convivere benissimo”.

Secondo Piccini, la partita si gioca a tavola. “Per via dell’inasprimento delle leggi relative al consumo di alcolici –  evidenzia – il momento più difficile per bere vino è durante i pasti, al giorno d’oggi. Devi guidare? Non puoi bere”.

“Se l’obbiettivo è la crescita dei consumi di vino, pur senza eccessi, dobbiamo produrre un vino che possa essere consumato anche fuori dal pasto. Sono stufo di sentire che il vino italiano è buono solo pasteggiando: il vino italiano è buono come tutti gli altri, anche lontano lontano dai pasti”.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Gallo Nero is back: i migliori dieci Chianti Classico a Milano

MILANO – Tutto tranne che una questione di piume. Il Gallo Nero è tornato a Milano per alzare la cresta: tra gli appassionati, sì. Ma soprattutto al cospetto della ristorazione, nella città che più di tutte, in Italia, esprime l’internazionalità. Il Consorzio Vino Chianti Classico mancava nel capoluogo lombardo da 13 anni . Lunedì 28 il gran ritorno, grazie alla collaborazione con l’Associazione italiana sommelier (Ais).

Sessantaquattro i produttori presenti banco di assaggio al The Westin Palace. Ad assaggiare i Chianti Classico oltre 700 persone in 5 ore. Tutti operatori del settore Food and Beverage.

“Siamo tornati a Milano dopo un’assenza un po’ ingiustificata – ha commentato a caldo Carlotta Gori, direttore del Consorzio, intervistata da WineMag.it – e l’accoglienza è stata davvero straordinaria”.

Con il 2019 riportiamo al centro del nostro trade l’Italia – ha precisato Gori – e Milano è la vetrina da dover ritrovare, riscoprire e con cui dover riallacciare una duratura relazione, soprattutto sul fronte della grande ristorazione milanese, la più internazionale del nostro Paese”.

Come anticipato ieri da WineMag.it, il presidente del Consorzio, Giovanni Manetti, ha consegnato al sindaco di Milano, Giuseppe Sala, una bottiglia di Chianti Classico 1946 della collezione storica di Badia a Coltibuono. In quell’anno furono terminati i lavori di ricostruzione del Teatro alla Scala, dopo un restauro post bellico effettuato in tempi record.

“Milano all’epoca divenne simbolo, attraverso il suo teatro principale, di una speranza per tutto il Paese – ha evidenziato Manetti – e il suo spirito di rinascita si coglie ancora oggi nello slancio verso il futuro e nel suo dinamismo.

Questo la rende lo scenario ideale per presentare i nostri vini, ed è nostra volontà mettere nell’agenda di questa città un grande evento di Denominazione ogni anno”.

I MIGLIORI DIECI CHIANTI CLASSICO A MILANO

1) Chianti Classico Docg Riserva 2015, Setriolo
Un gigante. Frutto croccante e succoso, in un sorso capace di abbinare una gran profondità, raccontata da spezie, note balsamiche e ricordi di rabarbaro. Il capolavoro, a Castellina in Chianti (SI), di Susanna Soderi.

2) Chianti Classico Docg 2015, Setriolo
Vino sulla scorta del fratello maggiore, la Riserva della stessa annata. Succosità e una beva più snella e “pronta”, ma tutt’altro che banale. Bello ritrovare anche in questo calice le note profonde della Riserva, in una veste più gentile.

3) Chianti Classico Docg Gran Selezione 2016 “Vigna Contessa Luisa”, Villa Calcinaia Conti Capponi
Ci spostiamo nella zona di Greve in Chianti (FI) per la chicca dei Conti Capponi, che si dedicano con estrema passione a 20 ettari di vigneto sugli 80 di proprietà. Un vino giocato sull’essenzialità e su una beva asciutta, connotata da un tannino elegante e di prospettiva. Un vero Signore.

4) Chianti Classico Docg Riserva 2015, Villa Calcinaia Conti Capponi
Vino che marca in maniera netta le differenze con la Riserva, sfoderando un frutto ben più maturo e godurioso. Tra le Riserve in degustazione a Milano, forse la più gustosa e beverina.

5) Chianti Classico Docg Gran Selezione 2015 “San Marcellino”, Rocca di Montegrossi
Altro vino dotato di un frutto pieno, in un gioco divertentissimo col tannino. Colpisce per la freschezza e la verticalità ossuta, che reggono un alcol sostenuto ma per nulla percettibile: serve guardare l’etichetta per accorgersi dei 15% vol.

6) Chianti Classico Docg 2017, Castello di Ama
L’etichetta dal frutto più preciso, nonostante la maturità piena e la “succosità” evidenziata nel sorso. La beva è instancabile, perché retta da una freschezza riequilibrante. Un Sangiovese in purezza che chiama il piatto, ma che sarebbe ottimo anche da solo, per annaffiare momenti di totale spensieratezza.

7) Chianti Classico Docg 2017, Tenuta di Arceno
Altro Sangiovese connotato da un frutto delizioso, minuzioso, pieno e pulito. Gran beva e consistenza.

8) Chianti Classico Docg Riserva 2016, Rocca delle Macìe
Di nuovo a Castellina in Chianti (SI) per una Riserva di grandissimo carattere e struttura possente, nonostante la gran eleganza e il frutto pieno. Vino da acquistare oggi e dimenticare in cantina.

9) Chianti Classico Docg 2017 “Ora”, Savignola
Vino d’entrata della casa di Greve in Chianti (FI). Scalpita ancora e dopo l’assaggio arriva la conferma: è in bottiglia da appena 3 mesi e sarà sul mercato dal 2012. L’anteprima promette benissimo.

10) Chianti Classico Docg 2016, Caparsa
Spazio a una cantina di Radda (SI) vicina, con grande cognizione di causa, ai canoni “naturali”. Nel calice un “vino quotidiano”, capace di sfoderare un frutto di piena maturità e una struttura agile, ma presente. Abbastanza per finirne una bottiglia a tavola, senza neppure accorgersene.

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Chianti Classico Collection 2019: migliori assaggi e futuro del Gallo Nero


FIRENZE –
Aggiungi un posto a tavola, che c’è un Gallo Nero in più. Fotografato, instagrammato, ammaccato e sporcato (di vino, of course). Il successo del Chianti Classico, in Italia e all’estero, si misura (anche) dalla lunghezza variabile del tavolo che, di anno in anno, funge da appoggio per centinaia di bottiglie della Denominazione, alla Stazione Leopolda di Firenze.

E’ l’anteprima delle nuove annate, che il Consorzio di Tutela chiama “Collection“. Un evento unico nel suo genere, in grado di attirare giornalisti (oltre 250) e operatori del settore (più di 1.800 tra italiani e stranieri) da tutto il mondo, con più di 30 diversi Paesi rappresentati.

La passerella di vetro e vino luccicante, quest’anno, è risultata lunga 48 metri. Tanti ne sono serviti per poggiare 480 campioni delle ultime annate di Chianti Classico Docg (2017/2013), Chianti Classico Docg Riserva (2016/2010) e Chianti Classico Docg Gran Selezione (2016/2011).

Una cifra record che sale a 721 se si considerano le etichette in degustazione per il pubblico, nella due giorni. Per un totale di oltre 9.500 bottiglie, servite dai produttori e da una squadra di 50 sommelier Ais che ha percorso in media 22 chilometri in 48 ore, per venire incontro alle esigenze degli ospiti.

“Il bancone delle bottiglie destinate all’assaggio in anteprima da parte degli esperti si allunga di anno in anno – ha evidenziato Giovanni Manetti, presidente del Consorzio Vino Chianti Classico – e questo è un buon segno. Significa che l’attenzione e la competitività dei viticoltori chiantigiani cresce e, con queste, la voglia di affrontare in maniera decisa il mercato”.

Non a caso la quantità di vino sfuso che viene destinata agli imbottigliatori sta diminuendo. In 10 anni è passata da 100 a 50 mila ettolitri. “Due tendenze che noto con piacere e gioia – ha aggiunto Manetti – sono la sempre maggiore fiducia nel Sangiovese, declinato zona per zona. La seconda è la sostenibilità. Vedo un grande impegno da parte di tutti i viticoltori nel cercare di avere sempre più rispetto della natura, nell’attività produttiva”.

Il buon momento della Denominazione è confermato anche dai dati economici. La crescita in valore della Denominazione è certificata ed è il grande obiettivo dell’anno per il Consorzio. L’Osservatorio prezzi Maxidata dice che aumenta il prezzo dello sfuso, salito del 37%, stabilmente sopra i 3 euro al litro.

Riserva e Gran Selezione, poi, sommate insieme aggregano il 37% dei venduti e generano il 52% del fatturato della Denominazione. Per quanto riguarda i mercati, il Chianti Classico si conferma un vino dalla forte vocazione internazionale.

L’export si assesta al 77% del venduto, con Usa al primo posto (34%), seguiti dal mercato nazionale (23%), con segnali di netto risveglio. Grande performance nel 2018 per il Canada, cui spetta la medaglia di bronzo delle esportazioni con l’11%. Poi Germania, Uk e Giappone.

“Per dare ulteriore valore alla Denominazione – ha sottolineato il presidente del Consorzio – intendiamo lavorare in concerto con i nostri produttori per le Mga. Il consumatore, ormai, non chiede più quanti anni di botte fa un vino, bensì da dove arriva”.

“Autenticità e territorialità – ha concluso Manetti – possono essere garantite appunto dalle Menzioni geografiche aggiuntive, che aiutano a trasferire profumi, valori, cultura e territorio all’interno di una bottiglia, già di per sé ricca di vino unico e non riproducibile da nessun’altra parte al mondo”.

I MIGLIORI ASSAGGI ALLA CHIANTI CLASSICO COLLECTION 2019

Di seguito i migliori assaggi alla Chianti Collection 2019. Il giusto compromesso tra bevibilità attuale e precisione del corredo naso-bocca, tenendo conto anche delle prospettive future che sapranno esprimere i campioni segnalati (soprattutto nel caso dei campioni di botte) e la loro tipicità rispetto ai canoni della Docg.

  1. CARPINETO – CHIANTI CLASSICO DOCG RISERVA 2015
  2. PODERE LA CAPPELLA “QUERCIOLO” – CHIANTI CLASSICO DOCG RISERVA 2015
  3. CASTELLO DI AMA “VIGNETO BELLAVISTA” – CHIANTI CLASSICO DOCG GRAN SELEZIONE 2016
  4. CONTI CAPPONI / VILLA CALCINAIA “VIGNA LA FORNACE” – CHIANTI CLASSICO DOCG GRAN SELEZIONE 2016
  5. CASTELLO DI VERRAZZANO “SASSELLO” – CHIANTI CLASSICO DOCG GRAN SELEZIONE 2015
  6. FAMIGLIA CECCHI RISERVA DI FAMIGLIA – CHIANTI CLASSICO DOCG RISERVA 2015
  7. ORMANNI, BORRO DEL DIAVOLO – CHIANTI CLASSICO DOCG RISERVA 2015
  8. TENUTA DI LILLIANO, LILLIANO – CHIANTI CLASSICO DOCG RISERVA 2015
  9. FATTORIA LE FONTI – CHIANTI CLASSICO DOCG GRAN SELEZIONE 2016
  10. IL PALAGIO DI PANZANO, “LE BAMBOLE” – CHIANTI CLASSICO DOCG GRAN SELEZIONE 2013
  11. L’ERTA DI RADDA (CAMPIONE DA BOTTE) – CHIANTI CLASSICO DOCG 2017
  12. BADIA A COLTIBUONO (CAMPIONE DI BOTTE) – CHIANTI CLASSICO DOCG 2017
  13. CASTELLO DI MONSANTO (CAMPIONE DI BOTTE) – CHIANTI CLASSICO DOCG 2017
  14. LE FILIGARE (CAMPIONE DI BOTTE) – CHIANTI CLASSICO DOCG 2017
  15. TENUTA DI ARCENO (CAMPIONE DI BOTTE) – CHIANTI CLASSICO DOCG 2017
  16. TENUTA DI CAMPOMAGGIO (CAMPIONE DI BOTTE) – CHIANTI CLASSICO DOCG 2017
  17. CANTINA RIPOLI  – CHIANTI CLASSICO DOCG 2016
  18. CHIANTI CLASSICO DOCG RISERVA 2016 – NARDI VITICOLTORI

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Vini al supermercato

I migliori Chianti Classico in vendita al supermercato: Borgo Scopeto, Ricasoli e Antinori

E’ Borgo Scopeto 2015 il miglior Chianti Classico Docg acquistabile al supermercato. Medaglia d’argento per “Brolio Bettino” 2015 di Barone Ricasoli. Bronzo per “Peppoli” 2016 di Antinori.

Questo l’esito della degustazione alla cieca condotta da vinialsuper lunedì, a Vinitaly. Una bling tasting che premia altre quattro etichette, sopra i 90 punti.

Diciannove, in totale, i campioni di “Gallo Nero” rigorosamente stagnolati dal Consorzio di Tutela del Chianti Classico e serviti nel nuovo, pregevole calice firmato da RCR Cristalleria Italiana, che alla kermesse di Verona 2018 ha fatto così il suo esordio.

1° CLASSIFICATO
Chianti Classico Docg 2015 Borgo Scopeto (96 punti vinialsuper) (5 / 5)

Un Chianti Classico prodotto dall’omonima azienda agricola di Castelnuovo Berardenga, in provincia di Siena.

Una cantina che collabora con la catena di supermercati a insegna “Iper La Grande i” per il progetto di private label “Grandi Vigne” e che, per questo, è stata inserita nella blind tasting.

Un risultato – il primo posto assoluto – che dimostra il grande lavoro fatto in Italia dall’agenzia Think Quality di Cuneo, assieme al buyer di segmento di Iper (ve ne abbiamo già parlato qui) per la selezione di incredibili referenze “qualità prezzo” da proporre a scaffale.

I vigneti da cui si ottiene l’omonimo Chianti Classico si trovano a un’altezza compresa tra i 350 e i 420 metri (70 ettari complessivi).

Si tratta del prodotto d’entrata della cantina toscana, che produce anche una Riserva (“Vigna Misciano”), un Supertuscan (“Borgonero”) e lo storico “Vin Santo”, oltre a grappa ed olio (non presenti in Gdo).

Il Chianti Classico Docg 2015 “Borgo Scoperto” (campione cieco numero 10), colpisce sin da subito per il suo colore luminoso, limpidissimo. Al naso la gran finezza espressa dalle note di piccoli frutti di bosco, degne di un grande Pinot Noir.

Un’eleganza che si ripropone con prorompente determinazione anche al palato, lunghissimo. Il frutto è di pulizia cristallina e il tannino è molto ben integrato. Un vino pronto, dall’equilibrio straordinario. Ma anche di chiara prospettiva.

2° CLASSIFICATO
Chianti Classico Docg 2015 “Brolio Bettino”, Barone Ricasoli (94 punti vinialsuper) (5 / 5)
Uno dei Chianti Classico meno confondibili sullo scaffale del supermercato, per l’elegante etichetta di colore blu, con scritta dorata e stemma.

Tra gli altri, potrete trovarlo certamente negli store Esselunga dotati di enoteca a gondola. Un solo punto stacca “Brolio Bettino” (campione cieco numero 13) dal Chianti Classico classificatosi terzo.

A convincere, in questo caso, è dapprima l’ampiezza fine del naso, che spazia dalla confettura di ciliegia alla macchia mediterranea, passando per una speziatura che pare dosata da uno chef. Il tutto su sottofondo minerale.

Al palato si apre come d’improvviso, esprimendo tutta la sua potente eleganza dopo un ingresso garbato. Lungo e balsamico, conferma anche in bocca un’ampiezza da primato. Bellissimo il gioco tra acidità, sapidità e note fruttate che domina anche il retro olfattivo.

Ricasoli 1141 si conferma così tra le aziende maggiormente capaci di rappresentare la grandezza del Chianti Classico, anche in Gdo.

Duecentotrentacinque ettari di vigneto che abbracciano il Castello di Brolio, nel Comune di Gaiole in Chianti, oggi di proprietà del Barone Francesco Ricasoli.

3° CLASSIFICATO
Chianti Classico Docg 2016 “Peppoli”, Antinori
Presentazione forse inutile per uno dei prodotti più noti, se non il simbolo, della qualità del Chianti Classico nella grande distribuzione. “Peppoli” 2016 è il campione cieco numero 7 della degustazione alla cieca condotta da vinialsuper a Vinitaly.

Quello che spariglia le carte: i 6 campioni precedenti, di fatto si fermano a una media di 85 punti. Tra veri alti e bassi (oscillazione tra gli 81 e un meritatissimo 90).

Per il suo rapporto qualità-prezzo, certamente l’etichetta più alla portata di tutti: il costo, al supermercato (per esempio in Esselunga), oscilla dai 9 ai 12 euro.

Sin dal colore e dal naso è chiaro che si tratti di un Chianti Classico in stile moderno. La parte olfattiva è dominata dal frutto, ma accompagnata da altri sentori che la completano e rendono – proprio per questo – pregevole.

C’è il vegetale (macchia mediterranea), c’è il fiore di viola. Non manca un risolto minerale, sapido. Avesse avuto un po’ più di struttura al palato, si sarebbe rivelato ancora più apprezzabile.

Ma la ricerca della Famiglia Antinori, qui, è tutta incentrata sulla prontezza della beva. Obiettivo centrato in pieno, pensando soprattutto ai Millennials.

GLI ALTRI VOTI SOPRA A 90
Sono quattro, come anticipato, gli altri Chianti Classico che hanno ottenuto un punteggio superiore a 90. Partendo proprio da qui, ecco Volpaia 2016 di Castello di Volpaia.

Stesso punteggio per il Chianti Classico Docg 2015 di “Casa Sola“. Ma sono Banfi e Cecchi (92 punti per uno) a insidiare il terzo posto di Antinori.

La prima con “Fonte alla Selva” 2015: vino di grandissima prospettiva futura, oggi forse ancora un po’ troppo difficile per il cliente Gdo. La seconda con il Chianti Classico Docg “Riserva di Famiglia” 2014.

IL COMMENTO DEL CONSORZIO
“La nostra denominazione – ha spiegato Carlotta Gori, direttrice del Consorzio del vino Chianti Classico – si comporta tutto sommato bene in Grande distribuzione. La vera sfida è continuare a dialogare con le insegne rispetto alla spinta promozionale. E far loro comprendere che bisogna tutelare territorio, produttori e denominazione”.

TUTTI I VOTI

2016
1) Castellare di Castellina (85 punti)
2) Badia a Coltibuono – vino biologico (81 punti)
3) Fonterutoli Mazzei (78 punti)
4) Castello di Volpaia (90 punti)
5) Coli (88 punti)
6) Dievole (88 punti)
7) Peppoli Antinori (93 punti)
8) San Felice (80 punti)

2015
9) Aiola 2015 (79 punti)
10) Borgo Scopeto (96 punti)
11) Clemente VII, Castelli del Gravepesa (89 punti)
12) Lamole di Lamole, Frescobaldi (87 punti)
13) Brolio Bettino, Barone Ricasoli (94 punti)
14) Fonte alla Selva, Banfi (92 punti)
15) Casa Sola (90 punti)
16) Granaio, Melini (87 punti)

2014
17) Contessa di Radda, Produttori del Chianti geografico (87 punti)
18) Cecchi, Riserva di Famiglia (92 punti)

2011 Gran Selezione
19) Valiano (89 punti)

Degustazione effettuata da: Davide Bortone, Viviana Borriello, Giacomo Merlotti – #vinialsuper

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vini#1

Chianti Classico Docg 2014 Monteraponi con divagazioni storiche

Proviene da Radda, la capitale dell’antica Lega del Chianti il Chianti Classico Docg Monteraponi oggi sotto la nostra lente di ingrandimento.

Una località storica e una denominazione che di fatto ha più di 300 anni di storia da cui nasce questo vino giovane e leggero, in calzoni corti, ma di ottima fattura!

La Lega del Chianti nacque a cavallo tra il XIII e il XIV secolo, quando la lotta tra Guelfi e Ghibellini era in pieno vigore.

Era una circoscrizione di città rurali, dette Popoli, concepita inizialmente con compiti prevalentemente di tutela dell’ordine pubblico e di difesa dei diritti dei popolari di fronte ai soprusi dei magnati, ma con il passare degli anni acquisì compiti sempre più amministrativi.

Era costituita da settanta Popoli ed era divisa in tre “Terzieri”, facenti capo alle tre più importandi località: Radda (che ne divenne il capoluogo), Castellina e Gaiole.

Il primo statuto risale al 1384, e la lega rimase tale fino al 1774 quando il Granduca Pietro Leopoldo la sciolse creando i tre comuni attuali.  Lo stemma della Lega del Chianti era un gallo nero su fondo oro, stemma che diventerà il simbolo del Chianti Classico.

Tra i compiti della Lega del Chianti c’era anche la tutela del vino locale, tanto che Cosimo III de’ Medici, Granduca di Toscana, nel 1716 stabilì che i tre villaggi della Lega del Chianti più Greve in Chianti, erano gli unici territori autorizzati alla produzione, territori che ancora tutt’oggi coincidono con quello della denominazione “Chianti Classico Docg”, da non confondersi con la denominazione “Chianti Docg”, di concezione più recente.

Nel 1930 infatti il governo italiano, per far fronte alle crescenti richieste di vino Chianti, ampliò la zona di produzione a nord di Firenze e a Sud di Siena, oltre che in aree delle provincie di Pisa, Pistoia e Prato.

LA DEGUSTAZIONE
Il Chianti Classico Docg Monteraponi sprigiona giovinezza alla vista. Il rosso è ancora di un bel rubino luminoso e solo sull’unghia mostra l’incedere del tempo virando al granato. Un ottimo inizio!

Al naso inizialmente è chiuso, si percepiscono solo piccoli frutti rossi ancora piuttosto freschi come ribes e lampone e le note sono tutte sussurrate. Ma con il passare del tempo ecco emergere in sottofondo il legno con la sua speziatura dolce, e poi note di sottobosco e di terra, fino a evocare un lontano ricordo balsamico.

In bocca entra teso, giovane, di medio corpo. Non sembra affatto un vino di ormai quattro anni. Il tannino è molto morbido, integrato, levigato. Al retronasale torna la nota terrosa e anche leggermente ematica. Equilibrato, intenso e di buona lunghezza, termina con una nota amarognola e leggermente acidula che ricorda la buccia dell’uva.

LA VINIFICAZIONE
Il Chianti Classico Monteraponi è 95% Sangiovese e 5% Canaiolo da agricoltura biologica. La vinificazione avviene spontaneamente in vasche di cemento vetrificato, senza controllo di temperatura e senza aggiunta di lieviti selezionati.

Dopo una lunga macerazione sulle bucce (25 giorni), fermentazione alcolica e malolattica, invecchia in botti di Slavonia per 16 mesi più un ulteriore mese di decantazione in cemento. Non viene né filtrato né chiarificato.

L’azienda agricola Monteraponi prende il nome dall’antico borgo medievale situato sul poggio omonimo, appartenne al Conte Ugo Marchese e governatore di Toscana sulla fine del X secolo
e distante non più di qualche chilometro dalla capitale della Lega del Chianti, Radda.

Dei 200 ha sui quali si estende l’azienda agricola, solo 20 sono destinati alla coltivazione, 12 a vigneto e 8 a uliveto. Il resto è una distesa di boschi centenari di querce e castagni che isolano e proteggono la proprietà.

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Vini al supermercato

Chianti Classico Docg 2012, Lamole di Lamole Santa Margherita

(4 / 5) Qualche perplessità per una capsula di sughero con un anomalo intaglio, nella parte a contatto con il vino, subito fugata dall’analisi olfattiva e gustativa. Ci siamo avvicinati così, con la paura di rimanere delusi dallo scherzo di un “tappo”, al Chianti Classico Docg 2012 Lamole di Lamole prodotto dal Gruppo Vinicolo Santa Margherita di Greve in Chianti, Firenze. Ai dubbi iniziali fa spazio, entro breve, la soddisfazione di aver trovato sugli scaffali della grande distribuzione organizzata italiana l’ennesimo prodotto “degno” di recare la fascetta Docg. E soprattutto di aver scovato (vera rarità) un ottimo Chianti – più in generale, un buon toscano – al supermercato. Passiamo dunque all’esame. Nel calice, il Chianti Classico Docg 2012 Lamole di Lamole si presenta di un rosso rubino accesso, con unghia tendente al granato. Al naso è eccezionale: un crescendo di percezioni, mentre il vino si apre col passare dei minuti, a contatto con l’ossigeno. Si passa da un’iniziale predominanza floreale e fruttata, di viola mammola, ciliegie e piccoli frutti a bacca rossa, all’evoluzione progressiva dei sentori terziari. Su uno sfondo speziato di zafferano, ecco sopraggiungere le erbe aromatiche: origano e alloro secco. Questo Chianti Classico diviene ancora più affascinante quando il Cabernet Sauvignon (utilizzabile da disciplinare per un massimo del 20%, in blend col vitigno principe del Chianti, il Sangiovese) fa bella mostra di sé, sfoderando la sua carica olfattiva caratteristica: il peperone verde. Una grande intensità ed eleganza che speriamo di ritrovare anche al palato. E non restiamo certo delusi: gran sapidità, anche se prevale un’acidità fresca che fa salivare, invitando alla beva. Di calda ma sontuosa alcolicità, il Chianti Classico Lamole di Lamole Santa Margherita regala anche in bocca le note tipiche dei piccoli frutti rossi e una tannicità giusta, ottimale. Un gusto dunque armonico, raffinato. A questo punto non può che chiudere il cerchio un retro olfattivo intenso, fine; e una Pai sufficientemente persistente, per una vendemmia 2012 pronta, con ulteriore margine di miglioramento in bottiglia. L’abbinamento perfetto? Quello con gli affettati e la carne alla brace in generale. Una sfida? Provarlo con la faraona alla birra.

LA VINIFICAZIONE

La vinificazione viene effettuata con macerazione di circa 7-10 giorni a una temperatura controllata di 24-26 gradi, in ambiente ridotto, con intervento di microssigenazione. Dopo 6 mesi in acciaio il vino viene immesso in botti grandi di rovere, dove affina. Le uve provengono ovviamente dall’area del Chianti Classico, a un’altitudine che varia tra i 350 e i 500 metri sul livello del mare. Il sistema di allevamento delle vigne è a cordone speronato e archetto chiantigiano: le radici affondano in un terreno ricco di scisti e arenarie di galestro, dunque di natura sedimentaria. La densità d’impianto varia dalle 3.300 alle 5.128 piante per ettaro, vendemmiate dal periodo che corre tra la fine di settembre e quella di ottobre. Alla storica cantina e vinsantaia, collocata su uno dei magazzini del Castello di Lamole, edificio risalente alla metà del Trecento, il Gruppo Vinicolo Santa Margherita ha negli anni realizzato una seconda cantina di vinificazione più moderna in Lamole, a poche decine di metri dalla piazza dominata dalla chiesa romanica di San Donato, oltre al nuovo polo produttivo di Greti in Chianti. Tradizione e futuro che, in questo angolo di Toscana, procedono di pari passo.
Prezzo pieno: 11,90 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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