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LVMH (Moët Hennessy) investe nel calcio: sfida al Paris Saint Germain degli sceicchi

LVMH (Moët Hennessy) investe nel calcio sfida al Paris Saint Germain degli sceicchi
La famiglia Arnault, proprietaria del colosso del lusso LVMH, sarebbe vicina ad acquisire il controllo del Paris FC (PFC), rilevando una quota del 55% del club. Secondo quanto riportato su Il Sole 24 Ore, anche Red Bull sarebbe parte dell’operazione, con l’acquisizione di un ulteriore 15% delle azioni. L’attuale presidente del Paris FC, Pierre Ferracci, manterrebbe il 30% delle quote fino al 2027, anno in cui cederà la sua restante partecipazione alla famiglia Arnault, che arriverà così a detenere l’85% della società.

L’ingresso degli Arnault e di Red Bull potrebbe cambiare radicalmente lo scenario calcistico parigino, creando una nuova e inedita rivalità con il Paris Saint-Germain. La prima società calcistica di Parigi è di proprietà di Qatar Investment Authority ed è presieduta da Nasser Al-Khelaïfi. Questo potrebbe non solo aumentare la competitività in Ligue 1, ma anche portare il Paris FC a lottare per la promozione nella massima serie. Nuovi investimenti e potenziamenti della rosa potrebbero dare vita a un derby parigino che potrebbe attirare l’attenzione di tutta Europa, rivaleggiando con i grandi scontri calcistici del continente.

LVMH E IL VINO

Il gruppo LVMH (Louis Vuitton Moët Hennessy), leader mondiale del lusso, ha consolidato la sua posizione di rilievo anche nel settore vitivinicolo, grazie a una serie di investimenti mirati e acquisizioni strategiche. Oltre ad essere sinonimo di moda e accessori di alta gamma, LVMH è infatti un player chiave nell’industria del vino e degli alcolici di prestigio, con un portafoglio che include alcune delle più rinomate case vinicole a livello mondiale. Il cuore della presenza di LVMH nel settore del vino è Moët Hennessy, la divisione dedicata ai vini e agli alcolici.

Il gruppo detiene marchi iconici di spumanti, champagne e vini fermi, tra cui spiccano Moët & Chandon, Dom Pérignon, Veuve Clicquot e Krug per quanto riguarda gli Champagne, insieme a Château d’Yquem, una delle più prestigiose tenute vinicole di Bordeaux, famosa per il suo Sauternes, e Cheval Blanc, emblema dei grandi vini rossi di Saint-Émilion. Questa diversificazione permette a LVMH di coprire tutti i segmenti del mercato, dalla fascia super premium alla fascia di lusso, rendendolo uno dei principali player nel comparto delle bevande di alta gamma.

Un aspetto distintivo della strategia di LVMH nel vino è l’investimento non solo nei marchi storici, ma anche nelle proprietà vitivinicole di grande valore. La società ha dimostrato particolare interesse verso aree emergenti, come testimonia l’acquisizione di Colgin Cellars, rinomata azienda di vini di culto della Napa Valley, nel 2017. Colgin è celebre per i suoi vini rossi prodotti da vigneti coltivati secondo i dettami della viticoltura sostenibile e rappresenta un esempio della capacità di LVMH di combinare tradizione e innovazione, puntando su terroir unici.

VINO ED EVENTI: LVMH NEL CUORE DEL SETTORE

Inoltre, il gruppo ha dimostrato una visione globale con investimenti diversificati anche al di fuori della Francia. Oltre a Colgin Cellars, LVMH possiede anche Cape Mentelle, storica azienda vinicola in Australia, nella regione della Margaret River, famosa per i suoi Cabernet Sauvignon e Chardonnay. LVMH non si limita a produrre vino, ma ha anche investito in modo strategico nella distribuzione e nella promozione di eventi legati al vino, rafforzando il legame tra il mondo del lusso e quello dell’enologia.

Con l’organizzazione di eventi di grande impatto come il Moët & Chandon Grand Day, che celebra lo Champagne in tutto il mondo, LVMH continua a promuovere l’immagine esclusiva dei suoi marchi e a creare un legame emotivo con i consumatori. In sintesi, il settore vinicolo rappresenta una parte fondamentale della strategia di LVMH, che vede nel vino non solo un’opportunità commerciale, ma anche una forma di espressione del lusso e dell’eccellenza. Gli investimenti del gruppo sono concentrati su marchi di grande prestigio, terroir d’eccellenza e pratiche sostenibili, confermando la sua leadership non solo nella moda, ma anche nel mondo dell’enologia di alta gamma.

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Covid, Borgogna: momento d’oro etichette qualità prezzo. Prezzi Bordeaux giù del 30%

Sono le etichette dall’ottimo rapporto qualità prezzo a trainare le vendite dei vini della Borgogna, ai tempi del Covid-19. A sottolinearlo è Louis-Fabrice Latour, presidente del Bureau Interprofessionnel des Vins de Bourgogne (Bivb). A Bordeaux, altra zona di produzione dei grandi vini rossi francesi, si assiste invece a un calo del 30% del prezzo dei vini delle primeurs 2019, rispetto all’anno precedente.

“Fino ad ora – commenta Louis-Fabrice Latour – la Borgogna ha resistito all’urto di Covid-19 grazie all’eterogeneità dei suoi player, dei suoi vini e dei suoi mercati. In particolare, abbiamo riscontrato una maggiore domanda di vini con un buon rapporto qualità prezzo per Aoc Bourgogne, Mâcon, Bourgogne Aligoté, Crémant de Bourgogne e Villages. Ci aspettano tempi più difficili sino alla completa riapertura di hotel, enoteche e ristoranti”.

I risultati delle esportazioni del vino della Borgogna nel primo trimestre 2019 sono “buoni, dato il contesto globale, anche se il calo è più marcato di quanto suggeriscano i numeri”, avverte il Bureau. Dopo i primi due mesi del 2020 molto positivi, marzo è finito sull’altalena. I volumi sono diminuiti del 2,6% – aumentando, però, rispetto al 2018 – mentre il fatturato è calato dell’8,2%.

A subire il crollo più marcato sono le vendite negli Stati Uniti. Le esportazioni sono state fortemente influenzate dai dazi al 25% ad valorem sul vino francese, in particolare per le denominazioni più note e apprezzate: -11,6% in volume e ben -30,1% in valore.

Il Regno Unito, dopo un buon 2019, risulta di nuovo in calo: -14,1% in volume e -13,4% in valore.  Il Giappone, terzo mercato d’interesse dell’export per i vini della Borgogna, è la nota positiva: +16,3% in volume e +20,4% in valore. I prossimi mesi dovrebbero tendenzialmente confermare il trend, secondo le proiezioni del Bivb.

Non abbiamo ancora i dati per aprile, ma è certo che prevediamo un forte calo delle esportazioni – anticipa il presidente Louis-Fabrice Latour – alcuni mercati funzionano bene, soprattutto grazie al retail. Questo è particolarmente confermato in Gran Bretagna e negli shop dei monopoli canadesi e scandinavi. L’Asia è in controtendenza, anche se non abbiamo ancora recuperato la nostra velocità di crociera”.

Complicata anche la situazione sotto la Tour Eiffel. “La Borgogna – spiega il numero uno dell’Interprofessionnel des Vins de Bourgogne – è una delle zone vitivinicole francesi più strettamente legate al settore alberghiero e della ristorazione”.

In Francia, l’Horeca costituisce un pilastro e nel mondo rappresenta circa il 50% delle sue vendite. Per dimostrare la vicinanza al mondo della ristorazione, abbiamo deciso infatti che fino a quando non riapriranno, alcuni dei nostri vini rimarranno nelle nostre cantine”.

La grande distribuzione, come avviene del resto in Italia, non compensa le perdite causate dal lockdown. Un discorso che vale anche per l’online, ancora poco sviluppato in Francia. Curiosi anche i movimenti dei colossi di Bordeaux.

I prezzi dei vini en primeur della vendemmia 2019 risultano in calo a doppia cifra, come hanno confermato alcuni nomi prestigiosi: -31% per Pontet-Canet, -30% per Cheval Blanc, -16% per Lafite-Rothschild, -9% per Château Angélus.

Significative le dichiarazioni rilasciate al quotidiano online francese Vitisphere da Philippe Blanc, amministratore delegato di Château Beychevelle: “È indispensabile abbassare i prezzi per tenere a bada la situazione”.

Blanc va oltre, sottolineando come per i vini di Bordeaux non sia necessariamente la qualità della vendemmia a giocare il ruolo più importante nella determinazione del prezzo finale della bottiglia.

La vendemmia 2019 è un’annata molto bella per Bordeaux, ma non è questo il criterio più correlato al prezzo di un grande vino, bensì la sua sostenibilità: i clienti professionali devono poterlo vendere e guadagnandosi da vivere e i consumatori devono trovare qualità nel proprio bicchiere, commisurata a quanto hanno pagato”.

La “regola empirica” dell’ad Philippe Blanc e di Château Beychevelle la dice lunga: “Il prezzo premium è sempre il prezzo più economico dei nostri vini. Ma è importante per tutti, a Bordeaux, che nell’arco del prossimo anno i prezzi tornino a salire. Questo è fondamentale, altrimenti non ha più senso“. Ipse dixit.

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