Immaginate di sedevi a pranzo in un ristorante stellato di cucina francese, che in carta ha solo vini francesi e italiani. Nel calice, spumeggiante, vi aspettate Bollinger o Taittinger. Oppure Moët & Chandon. Piatti e spumante, insieme, funzionano divinamente. L’abbinamento è da favola. Tutti i commensali concordano. Ma dopo il dolce, lo chef svela che non avete bevuto Champagne. Bensì English Sparkling. Ovvero il metodo classico inglese. La trovata è della cantina Chapel Down, che ha sede nel Kent. Una delle più importanti aziende produttrici di bollicine inglesi ha voluto così sfidare lo Champagne, per dimostrare la qualità dei suoi prodotti. Ben lieti di prestarsi al test Emily e Michel Roux, rinomati chef del ristorante di cucina francese Caractère, al 209 di Westbourne Park Road, nel noto quartiere Notting Hill di Londra. https://chapeldown.com/blogs/news/what-a-roux.
«Abbiamo invitato alcuni amanti della cucina francese a pranzo – spiegano padre e figlia – e abbiamo detto loro che si trattava del lancio di cuvée speciali di spumante. Da Caractère, la carta dei vini include solo etichette francesi ed italiane. La sfida era chiara: gli ospiti si renderanno conto che stanno bevendo spumante inglese? Abbiamo servito tre dei migliori metodo classico dell’Inghilterra, in gran segreto, “alla cieca”, ovvero coprendo le bottiglie. Dopo aver raccolto i pareri dei clienti, tutti entusiasti dei vini proposti, abbiamo chiesto di indovinare il brand. Qualcuno ha detto Bollinger. Altri Taittinger. Altri ancora Moët & Chandon. Immaginate la loro faccia quando abbiamo svelato che si trattava degli English Sparkling di Chapel Down!».
CHAPEL DOWN, GLI ENGLISH SPARKLING SFIDANO LO CHAMPAGNE
L’evento si è tenuto in occasione dello Champagne Day del 25 ottobre scorso. «Abbiamo collaborato con il rinomato duo di chef Michel ed Emily Roux – svela oggi la cantina inglese – per valorizzare la loro tradizione francese e sfidare in modo giocoso la percezione dello Champagne, rispetto al vino spumante inglese. Durante l’evento, i partecipanti hanno espresso il loro amore per la cucina francese e per lo Champagne. Senza rendersi conto che i vini spumanti serviti non erano francesi, bensì prodotti da Chapel Down! La selezione includeva Chapel Down Brut, Chapel Down Rosé e Chapel Down Kit’s Coty Blanc de Blancs 2019». Spumanti che, anche nel prezzo, in Inghilterra, sfidano lo Champagne. Assestandosi fra i 40 e i 70 pound.
«La reazione dei partecipanti al test – commenta ancora Chapel Down – è stata straordinariamente positiva. Il 100% degli ospiti ha elogiato la qualità dei vini. Un sondaggio post-evento ha evidenziato che il 58% degli intervistati preferisce Chapel Down rispetto allo Champagne, mentre il 42% lo ha valutato alla pari del proprio Champagne preferito. I vini sono stati descritti come “freschi” e “briosi”, ricevendo ampi consensi per la loro eccellente lavorazione». Ma c’è di più. Grazie al successo dell’evento, il Chapel Down Kit’s Coty Blanc de Blancs ha ottenuto un posto nella prestigiosa carta vini delCaractère. Il ristorante, fresco della prima stella Michelin, parla un po’ anche italiano, dal momento che il marito di Emily Roux è il milanese Diego Ferrari, allievo di Alain Ducasse a Parigi.
L’ASCESA DELL’ENGLISH SPARKLING SULLO CHAMPAGNE NEL REGNO UNITO
«Volevamo sfidare le percezioni – spiega Emily Roux – e mettere in evidenza la straordinaria qualità dei vini spumanti inglesi. La reazione dei nostri ospiti è stata semplicemente incredibile. Vedere la loro sorpresa e il loro entusiasmo per i vini di Chapel Down ha confermato la nostra fiducia nell’eccellenza del vino inglese. È stata un’esperienza davvero memorabile e siamo entusiasti di poter offrire il Chapel Down Kit’s Coty Blanc de Blancs nel nostro menù».
«Chi – si chiede Liam Newton, responsabile Marketing di Chapel Down – è meglio della rinomata famiglia Roux per celebrare la qualità degli English sparkling Chapel Down? Il fatto che tutti gli ospiti abbiano considerato i nostri vini alla pari o superiori rispetto allo Champagne ci riempie di orgoglio. E dimostra quanto il settore dei vini spumanti inglesi sia cresciuto, in un arco di tempo relativamente breve. Con una qualità destinata a migliorare ulteriormente, man mano che la nostra regione vinicola continua a svilupparsi, alziamo un calice per celebrare il futuro del vino spumante inglese!».
Del resto, il successo della campagna “The Roux” di Chapel Down si inserisce in un contesto di forte crescita del mercato del vino spumante inglese. Secondo i più recenti dati di mercato in possesso della cantina del Kent, «il vino spumante inglese è il metodo classico più frequentemente consumato nel Regno Unito». Un report di IWSR ha inoltre identificato il vino spumante inglese come «una delle categorie a maggiore crescita e con maggiori opportunità future». Parlano chiaro i numeri, che vedono un incremento dell’English Sparkling del 12,2% in volume, tra il 2018 e il 2023, a fronte di un calo dell’1,4% dello Champagne nel mercato britannico.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
«Sono terre vergini, circondate da boschi incontaminati. Il potenziale ancora inespresso è immenso». Prendi un bambino. Mettilo di fronte a uno scaffale di caramelle. Capirai così l’entusiasmo di Enrico Cassinelli tra i filari di Hundred Hills. Gli occhi brillano. La voce enfatizza il concetto: «Gli English Sparkling, gli spumanti inglesi, sono il presente e il futuro: l’Inghilterra, con i suoi spumanti Metodo classico, può davvero sfidare lo Champagne».
Un fagiano si alza in volo poco lontano, mentre una brezza leggera fa il paio con la timidezza del sole che inizia a calare a Henley-on-Thames. Alle 4 del pomeriggio, nella Contea di Oxfordshire, regione del South East England, fa freddo nonostante la bella giornata senza nuvole. È qui che ha trovato casa (e lavoro) il 52enne pavese responsabile dei vigneti di Hundred Hills.
Cassinelli, originario di Santa Maria della Versa, cuore pulsante dell’eterna terra promessa degli spumanti italiani (l’Oltrepò pavese), è solo uno dei tanti forestieri che sta contribuendo all’ascesa delle bollicine inglesi base Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Meunier. Josh Donaghay-Spire, head winemaker di Chapel Down, la cantina da 2 milioni di bottiglie complessive che detiene il primato della produzione degli English Sparkling, esprime con parole diverse gli stessi concetti. Lo stesso stupore.
Abbiamo piantato la vigna Kit’s Coty nel 2008, ottenendo sin da subito risultati entusiasmanti dalla critica, perché a mio avviso quello è il vigneto migliore del Paese. Ma in Inghilterra molte vigne devono ancora essere impiantate e molte devono entrare in produzione: di tutte queste, dunque, non conosciamo ancora il potenziale. Abbiamo una storia meravigliosa tutta da scrivere nei prossimi 5, 15, 25 anni».
Poco lontano dal quartier generare di Tenterden del colosso Chapel Down, per l’esattezza ad Appledore, sempre nel Kent, Charlie Holland, enologo di Gousbourne, si unisce al coro del collega con la sua visione degli spumanti inglesi: «Abbiamo una pagina bianca all’anno da scrivere in Inghilterra: si chiama vendemmia. Ogni volta un libro affascinante e unico, da interpretare partendo dai nostri meravigliosi suoli, che danno uve uniche». Game, set, match.
Avesse un colore, quest’onda di entusiasmo che sta guidando decine di imprenditori inglesi a convertire il business e investire nella viticoltura – in particolare proprio nella produzione degli English Sparkling – sarebbe il bianco. Un candore destinato ad essere associato sempre più a un calice di spumante proveniente dalle parti di Buckingham Palace. E non più, esclusivamente, alle «bianche scogliere di Dover» celebrate da Alice Duer Miller. Già, perché alla base di gran parte dei migliori spumanti inglesi c’è il gesso. Lo stesso componente del suolo che ha reso celebre lo Champagne, a livello internazionale.
MAISON FRANCESI A CACCIA DI TERRENI NELLA “NUOVA CHAMPAGNE”
Se ne sono accorti da un pezzo i francesi, padroni indiscussi del mercato con i loro Méthode Traditionnelle. Domaine Saint Evremond, nel Kent, è di proprietà della storica e prestigiosa maison Taittinger dal 2015. I 69 ettari di Selling Court Farm, non lontano da un noto Golf Club, fanno parte del parco vigneti inglese della casa di Reims, oltremanica nei panni di conquistadores.
L’acquisto della tenuta è frutto di un accordo con il distributore britannico Hatch Mansfield. Una joint venture felice, tra mostri sacri della qualità e dei premium wines. L’esordio sul mercato è ormai agli sgoccioli: la prima etichetta è attesa per il 2024 e sa già di battesimo. Di inizio di una nuova epoca per la maison fondata nel 1734 da Jacques Fourneaux.
Ed è lo stesso Pierre-Emmanuel Taittinger a chiarire come l’investimento vada ben oltre i cambiamenti climatici: «Siamo la prima Maison di Champagne a dare vita a un vigneto nel Regno Unito, a un’ora da Londra e in una regione in cui il sottosuolo gessoso ha la stessa struttura geologica della Côte des Blancs, in Champagne». Un investimento ben programmato. Secondo quanto appreso da winemag.it, in Inghilterra, il costo dei terreni nudi è ancora tutto sommato contenuto.
INGHILTERRA, +70% DI ETTARI VITATI NEGLI ULTIMI 5 ANNI
Si parla di cifre che oscillano fra i 30 e i 50 mila pound per ettaro, ovvero dai circa 34 ai 58 mila euro. Cifre che hanno favorito investimenti e conversioni agricole. Tanto che l’Inghilterra è passata dai 211 ettari impiantati negli anni Ottanta al boom dei 2.200 ettari della decade 2010-2020. Tra il 2020 e il 2021 sono stati piantati 753 ettari, cui si aggiungono i circa 400 del 2022.
Sino ad arrivare, così, a un totale di 4 mila ettari vitati. La parte del leone è dello Chardonnay (1,179 ettari), seguito da Pinot Noir (1.164, di cui 63 di Pinot Noir Précoce / Frühburgunder) e Pinot Meunier (327 ettari). Nove i milioni di bottiglie prodotte complessivamente nel 2021 (erano 5 milioni nel 2017), di cui il 68% sono bollicine. Ma l’interesse crescente per gli spumanti inglesi è confermato anche dal ciclo di incontri dell’austriaca Riedel in tre cantine inglesi, sul finire di gennaio 2023.
Maximilian Riedel in persona, accompagnato da referenti britannici del noto marchio di calici – tra i quali Stephen McGraw e Martin Turner della consociata Spiegelau Nachtmann – ha voluto incontrare gli enologi locali e i referenti di Wine Gb – Simon Thorpe MW e Julia Trustram Eve – per studiare un calice ad hoc per gli English Sparkling. L’ennesima riprova di quanto, ormai, gli spumanti inglesi siano sulla bocca di tutti e aspirino a un ruolo da protagonisti nella scena internazionale.
LA VITICOLTURA IN INGHILTERRA: ENGLISH SPARKLING PROTAGONISTI
Che il Metodo classico abbia un ruolo di primissimo rilievo in Inghilterra, lo dicono anche i numeri. Le bollicine di qualità rappresentano il 98% di tutti gli spumanti prodotti, all’apice degli stili nel Regno Unito. Come spiega l’organismo di controllo a winemag.it, «la dicitura “English Sparkling Wine” può essere utilizzata in etichetta solo se il vino è stato sottoposto a certificazione Dop o Igp. La differenza tra i due tipi di denominazione dipende principalmente dalla varietà dell’uva».
La Dop riguarda i 6 vitigni classici consentiti: Chardonnay, Pinot Noir, Pinot Meunier, Pinot Précoce (il Frühburgunder tanto diffuso in regioni tedesche come l’Ahr), Pinot Blanc e Pinot Gris. L’Igp, invece, include un numero molto più ampio di varietà, compresi incroci come il Seyval Blanc (ibrido 5276). Se un produttore non sottopone il proprio vino ai regimi Dop o Igp, di solito lo etichetta come “Vino d’Inghilterra” generico.
Qualcuno utilizza anche la dicitura “Methode Britannique“, mescolando ulteriormente le carte franco-inglesi, ai bordi liquidi della Manica. Un’importante consultazione è in corso nel settore per individuare – entro Primavera – criticità e punti di forza dei disciplinari. L’obiettivo è quello di agevolare i produttori, ma soprattutto di favorire il marketing e la comunicazione degli spumanti inglesi.
Tra le proposte tecniche, quella di alzare da 9 a 18 mesi l’affinamento minimo degli English sparkling Dop, sotto al marchio Great British Classic Method. Se in Inghilterra ristoranti come The Harrow at Little Bedwyn del 12 volte stella Michelin Roger Jones hanno servito gli English Sparkling dall’esordio sino alla chiusura – avvenuta nel 2020 – oggi, in ottica nazionale e ancor più sul fronte dell’export (pari al 4% della produzione complessiva, con Scandinavia, Usa e Giappone in testa alla classifica), semplificare la regolamentazione è tra le priorità di Wine Gb.
TOUR IN 12 TAPPE TRA GLI SPUMANTI INGLESI METODO CLASSICO
Paesaggi incantati tra vigneti, pascoli, colline vergini, viali alberati che conducono a piccole cattedrali nascoste e una grande ricchezza di fauna selvatica. Viaggiare nella regione del South East England, alla scoperta degli spumanti metodo classico inglesi, significa toccare con mano le immense potenzialità enoturistiche ancora inesplorate dell’Inghilterra.
Sei, in particolare, le contee interessate dal tragitto, da ovest a est: Berkshire, Shropshire, Oxfordshire, Hampshire, Sussex e Kent. Le 12 cantine suggerite da winemag.it sono collegate tanto da comode autostrade quanto da strade di provincia per cui occorre una certa abilità al volante, specie nelle stagioni più fredde.
Un percorso di circa 300 miglia (quasi 500 Km) che vale la pena di vivere in almeno 5 giorni a bordo di un’auto a noleggio, comodamente disponibile negli aeroporti londinesi. Quelle sottolineate sono le tre cantine da non perdere, per chi ha meno tempo a disposizione. Sulla pagina Instagram di winemag.it, la storia in evidenza “English Sparkling”, con tutte le immagini e video del viaggio.
GLI SPUMANTI METODO CLASSICO INGLESI DA NON PERDERE
All Angels Vineyard [metaslider id=”76540″] Classic Cuvée 2014; Rosé Sparkling 2018. Piccola cantina dall’approccio molto genuino, sotto la guida di Mark Darley. La vinificazione non avviene in loco e un investimento in tal senso potrebbe portare a un ulteriore innalzamento della qualità media di tutte le etichette. Splendido, in particolare, il risultato ottenuto nel 2014, grandissima annata per l’Inghilterra, anche in termini di longevità.
Coates & Seely [metaslider id=”76544″]
Blanc de Noirs 2014 “La Perfide”; Brut Reserve NV; Rosé NV. Massima precisione degli spumanti grazie al team di esperti enologi francesi, la cui mano è comunque leggera, in favore dell’espressione dei suoli gessosi.
Hundred Hills Winery [metaslider id=”76548″] Blanc de Noirs 2019; Blanc de Blancs 2018; Rosé 2018. Team agronomico guidato dall’italiano Enrico Cassinelli, cui spetta un ruolo decisamente arduo, visto l’approccio della cantina alla massima espressione del vigneto, rinunciando alla quantità in favore della qualità assoluta. Risata contagiosa quella del titolare Stephen Duckett, che fa il paio con la ricerca della massima precisione in ogni calice. I vini Hundred Hills rispecchiano bene questa duplice attitudine: gran bevibilità e gastronomicità, accostata all’espressione sincera dei suoli e delle parcelle di vigneto.
Black Chalk Vineyard & Winery [metaslider id=”76554″] Classic 2018; Wild Rosé 2018 II. La più dinamica e giovane tra le cantine visitate. L‘enologa Zoë Driver, pur giovanissima, ha viaggiato molto e il bagaglio pesa (ovviamente in positivo) nel calice. In vigna, l’esperienza e la passione di James Mature. Cantina che sprizza energia e dinamismo.
Hattingley Valley Wines [metaslider id=”76559″] Rosé 2019. L’approccio “costumer oriented”, spinto dalle dimensioni e dal potenziale produttivo non indifferente della cantina, soddisfa più nel packaging che nell’effettiva stratificazione e valorizzazione del terroir nella gamma. Spumanti inglesi comunque perfetti per avvicinarsi alla tipologia.
Hambledon Vineyard [metaslider id=”76565″] Classic Cuvée; Première Cuvée; Classic Cuvée Rosé; Dosage Zéro Première Cuvée Pinot Meunier. Cantina che ha cambiato proprietà e scelte, spostandosi radicalmente dalla produzione di vini fermi da varietà tedesche degli anni Sessanta e Settanta a una linea di spumanti Metodo classico di altissimo rango. Hambledon è la prima cantina inglese ad aver immesso sul mercato una linea di vini prodotti tra i confini nazionali, nel 1952.
Wiston Estate [metaslider id=”76570″] Blanc de Noir 2014; Blanc de Blancs 2015; Vintage Rosé 2014; Blanc de Blancs NV, Estate Cuvée, Brut NV. In una parola sola: eleganza. Cui va aggiunta un’altra parola: assoluta. Eleganza assoluta. Questo propone Wiston Estate, dal croccantissimo spumante di entrata, ai millesimati che si avvicinano ai 10 anni sui lieviti. Wiston Estate, unica cantina inglese a possedere una tradizionale pressa Coquard – largamente utilizzata in Champagne – è anche Chalk Restaurant: l’angolo gourmet che conferma l’amore dei fondatori per il gesso che rende così unica l’espressione degli spumanti.
Ridgeview Wine Estate [metaslider id=”76575″] Blanc de Noir 2015 limited release; Blanc de Blanc 2017 limited release; Rosé de Noir 2018 limited release. La cantina possiede alcuni tra i vigneti di Chardonnay e Pinot Nero più vecchi in produzione per gli English Sparkling. L’approccio è rigido, focalizzato sull’espressione del suolo, senza rinunciare a una certa bevibilità e immediatezza.
Bluebell Vineyard Estates [metaslider id=”76579″] Blanc de Blancs 2015. Parola d’ordine “frutto”. Gli spumanti inglesi targati Bluebell Vineyard Estates si riconoscono tra mille per la caratterizzazione sul frutto. Residui zuccherini tendenzialmente più alti della media completano il quadro di una cantina che ha una precisa identità, nel segno del gusto del titolare, Kevin Sutherland.
Balfour Winery [metaslider id=”76584″] Blanc de Noirs 2018. Ampia tenuta nel Kent, focalizzata su un paradigma ben chiaro: «Non lavoriamo nel settore vino, ma nel settore dell’intrattenimento». Bello spazio attrezzato per l’estate e le giornate assolate di primavera, in cui godersi calici di spumanti poco complicati, di grande immediatezza e piacevolezza.
Chapel Down [metaslider id=”76592″] Kit’s Coty 2016 “Coeur de Cuvée” – North Downs; Kit’s Coty 2017 Blanc de Blancs – North Downs; Rosé Brut 2019 – Tenterden; Three Graces 2017 – Tenterden; Brut Nv – Tenterden. Non capita spesso: la cantina che produce più volumi è quella in grado di lasciare maggiormente il segno nel calice. Merito delle decine di ettari che Chapel Down possiede nella vigna di gesso più prestigiosa di tutta l’Inghilterra: Kit’s Coty. Tutta la gamma di spumanti è centratissima e di carattere, ma la vera personalità degli English Sparkling targati Chapel Down esce con le “etichette bianche”. Spumanti inglesi da non perdere per nessuna ragione.
Gusbourne Estate [metaslider id=”76599″] “51° N” 2014; Blanc de Noir 2018; Blanc de Blancs 2018; Brut Reserve 2019. Altra cantina in cui la “mano” dell’enologo si coniuga alla perfezione con l’espressione del suolo. Il parco vigneti del Kent di Gusbourne consente di lavorare le masse garantendo risultati qualitativi costanti, ma è il mix tra suoli gessosi, argillosi e ricchi di sabbie che agevola calici di grande qualità e personalità. Vini piuttosto mascolini, pur eleganti. In particolare, Gusbourne può essere considerata un punto di riferimento assoluto in Inghilterra per la spumantizzazione del Pinot Nero.
ENSLISH SPARKLING: GUIDA AGLI SPUMANTI INGLESI IN PILLOLE
I cambiamenti climatici sono una concausa, non la ragione unica dei recenti investimenti dell’Inghilterra nella viticoltura e nella spumantizzazione Metodo classico. L’aumento delle temperature medie, che favorisce la maturazione delle uve più che in passato e che aumenta anche le chance dei vini fermi, è la ciliegina sulla torta di un progetto ad ampio raggio che affonda le sue radici, in diversi casi, addirittura negli anni Cinquanta.
Massima attenzione, da parte dei produttori, nella scelta del sito in cui impiantare i vigneti. Deve essere in grado di assicurare la massima qualità delle uve atte alla spumantizzazione. L’acidità è un parametro importante, ma non l’unico a cui rispondere nella scelta dei siti da impiantare. La parola d’ordine, da queste parti, è “equilibrio“: un must per tutte le regioni vinicole internazionali che aspirano a un ruolo da protagoniste nei calici della critica e dei consumatori mondiali.
Molti spumanti inglesi sono frutto di singole parcelle, generalmente disposte su suoli contraddistinti da una larga presenza di gesso (chalk), calcare e altre rocce sedimentarie come il flint (chilt nella declinazione sassone del termine inglese). Grande spazio anche alla sabbia, nonché alla cosiddetta greensand, la “sabbia verde“, ricca di potassio e minerali, frutto del fine sgretolamento del gesso. Ovviamente è presente anche l’argilla, il tipo di suolo più comune nel Kent, una delle regioni con le temperature medie più alte del Paese e le minori precipitazioni. Il Kent è noto per l’appunto come The Garden of England, il Giardino d’Inghilterra, per la presenza di vaste piantagioni di frutta e ortaggi, oggi parzialmente soppiantate dai vigneti.
Nonostante i riscontri crescenti della critica internazionale, l’Inghilterra considera pressoché agli esordi il proprio percorso nell’Olimpo della viticoltura internazionale.
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Lo dimostra l’impianto di diversi cloni della medesima varietà, non solo nel singolo contesto aziendale, ma anche all’interno della medesima vigna. Ad ogni clone di Chardonnay, per esempio, spesso corrisponde un filare o più. I diversi cloni vengono vendemmiati a seconda dell’epoca di maturazione, che può variare anche di diversi giorni, consentendo ai produttori di sperimentare e trarre il meglio da ogni vendemmia.
L’approccio di molte cantine agli English Sparkling è rivolto alla valorizzazione dell’espressione della singola annata, oltre che della singola vigna o, addirittura, parcella. La grande variabilità tra un’annata e l’altra convince molti ad avere in gamma uno o più spumanti NV (non-vintage) frutto dell’assemblaggio di più annate.
La vendemmia 2018, generosa e qualitativamente ottima, ha per esempio consentito ai produttori inglesi di accantonare buoni quantitativi di vini base per i millesimi successivi.
Dal punto di vista organolettico, gli English Sparkling sono generalmente caratterizzati da una vibrante freschezza e verticalità, dettata dall’acidità naturale delle uve Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Meunier coltivate a queste latitudini, ormai ben gestita in vigna e in cantina. Lo zuccheraggio (chaptalization) è pratica poco diffusa tra le cantine che puntano alla massima qualità e all’espressione del terroir (la maggior parte).
Un descrittore spesso ricorrente per i calici di spumante inglese Metodo classico è la mineralità/sapidità, specie nelle aree in cui le viti affondano le radici in suoli gessosi, calcarei e ricchi di minerali. Non mancano quasi mai gli agrumi e la frutta (che sia a polpa rossa, bianca o gialla) è generalmente croccante. Il legno è poco contemplato nella vinificazione, se non per i vini base di riserva, la cui percentuale varia da un minimo di 5 a un massimo del 20% nella cuvée.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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