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Approfondimenti

I Masterclass di Modena Champagne Experience

Un programma di 7 Master Class di altissimo livello, guidate da grandi esperti di fama internazionale, si svolgerà durante l’evento “Modena Champagne Experience”, la più grande manifestazione italiana dedicata esclusivamente allo Champagne (8 e 9 ottobre a Modena), promossa e organizzata dal Club Excellence, associazione che riunisce dodici tra i più grandi importatori e distributori nazionali di vini e distillati d’eccellenza.

IL PROGRAMMA
Domenica 8 ottobre 2017, ore 15.00. “Lo ‘sciampagn’ di Modena”. L’incredibile storia del prof Venturelli «artigiano modenese con la passione per il vino», e dei suoi sorprendenti “Trebbiani Metodo Classico”, dagli anni ’70 a oggi, presentati da Filippo Marchi in una degustazione unica ed irripetibile.

Relatore: Filippo Marchi con la partecipazione del prof. Venturelli
Moderatore: Antonio Previdi
Vini in degustazione:
Selezione di Trebbiani Metodo Classico, anni ’70/’80/’90/’00

Domenica 8 ottobre 2017, ore 16.30. “Lambrusco e Champagne, stasera beviam…”. Cosa lega le bollicine del vino più chic e famoso del mondo a quelle generose e spumeggianti del Lambrusco modenese, sinonimo di genuinità e buona tavola? Ce lo svelerà Sandro Cavicchioli, enologo e titolare dell’omonima cantina, durante questa sorprendete Master Class realizzata grazie al sostegno del Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena e al Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi.

Relatore: Sandro Cavicchioli
Vini in degustazione: Selezione di Lambruschi Modenesi

Domenica 8 ottobre 2017, ore 17.30. “Lo straordinario mondo delle Cuvée Prestige (1)”. Le grandi bottiglie che hanno reso mitico il mondo dello Champagne, raccontate in una degustazione esclusiva da Luca Gardini, «Miglior Sommelier d’Italia» nel 2004, «Miglior Sommelier d’Europa» nel 2009, «Miglior Sommelier del Mondo» nel 2010.

Relatore: Luca Gardini
Moderatore: Filippo Marchi
Vini in degustazione:
Champagne Louis Roederer, Cristal Brut, 2009
Champagne Bruno Paillard, Brut Blanc de Blancs, 1996
Champagne Thiénot, Alain Thiénot, 2007
Champagne Pannier, Egerie Extra Brut, 2006
Champagne Paul Bara, Special Club Grand Cru, 2006
Champagne Joseph Desruets, Premier Cru d’Hautvillers Sous Les Clos, 2009

Lunedì 9 ottobre 2017, ore 11.30. “Blanc de Noirs: ancestrale, sanguigna tenacia”. Degustazione dedicata ai grandi Blancs de Noir, ottenuti dalle uve a bacca nera di Champagne, il Pinot Noir e Meunier. Il laboratorio è un percorso su una tipologia che rivela il volto più sanguigno e ancestrale dello Champagne, la cui vocazione rossista è ben più antica della rifermentazione in bottiglia.

Relatore: Francesco Falcone
Moderatore: Filippo Marchi
Vini in degustazione:
Champagne Paul Bara, Comtesse Marie de France, 2005
Champagne Francis Orban, Extra brut, s.a.
Champagne Pierre Gerbais, L’Audace Pas Dosè, s.a.
Champagne Thiénot, Garance Thiénot, 2008
Champagne Mandois, Le Clos Mandois, 2004
Champagne Apollonis, Vieilles Vignes Monodie en Meunier Majeur, 2007
Champagne Benoît-Lahaye, Blanc de Noirs, s.a.

Lunedì 9 ottobre 2017, ore 13.30. “Lambrusco e Champagne, stasera beviam…”. Cosa lega le bollicine del vino più chic e famoso del mondo a quelle generose e spumeggianti del Lambrusco modenese, sinonimo di genuinità e buona tavola? Ce lo svelerà Sandro Cavicchioli, enologo e titolare dell’omonima cantina, durante questa sorprendete Master Class realizzata grazie al sostegno del Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena e al Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi.

Relatore: Sandro Cavicchioli
Vini in degustazione: Selezione di Lambruschi Modenesi

Lunedì 9 ottobre 2017, ore 15.00. “Blanc de Blancs, più Bianco di così non si può!”. La storica base per i più raffinati Blanc de Blancs in Champagne; Luca Burei e Fabrizio Pagliardi, rispettivamente editore/curatore ed autore della guida “Le Migliori 99 Maison di Champagne”, raccontano l’eleganza, finezza e purezza dello Chardonnay.

Relatori: Luca Burei, Fabrizio Pagliardi
Moderatore: Filippo Marchi
Vini in degustazione:
Champagne Louis Roederer, Blanc de Blancs, 2010
Champagne De Sousa, Champagne Extra Brut Cuvée des Caudalies BdB Grand Cru, s.a.
Champagne Ayala, Blanc de Blancs, 2010
Champagne R&L Legras, Hommage BdB, s.a.
Champagne Agrapart & Fils, Les 7 Crus, s.a.
Champagne Marguet, Le Parc Grand Cru Pas Dosè, 2011
Champagne Larmandier-Bernier, Terre de Vertus 1cru dosaggio zero, 2010

Lunedì 9 ottobre 2017, ore 17.00. “Lo straordinario mondo delle Cuvée Prestige (2)”. Secondo incontro dedicato ai grandi champagne, guidato da Luca Gardini, punto di riferimento imprescindibile per le valutazioni dei più grandi vini di tutto il mondo.

Relatore: Luca Gardini
Moderatore: Filippo Marchi
Vini in degustazione:
Champagne Bollinger, RD, 2002
Champagne Jacquesson, Corne Bautray, 2007
Champagne Palmer & Co, Amazon, s.a.
Champagne Françoise Bedel, Champagne Extra Brut Comme Autrefois, 2003
Champagne Marguet, Les Crayères Grand Cru Pas Dosè, 2011
Champagne Fleury, Fleury 2004 extra brut, 2004

Le Masterclass sono a pagamento e sono vincolate all’acquisto del biglietto d’ingresso alla manifestazione valido per il giorno in cui si tiene la Master Class prescelta (maggiori info: champagneexperience.it).

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news ed eventi

Merano WineFestival 2017: calendario e biglietti (scontati)

Giunge alla sua 26esima edizione il Merano WineFestival. Ideato nel 1992 da Helmuth Köcher è stato il primo evento a realizzare un percorso sensoriale con un unico calice. Il primo evento in assoluto denominato “WineFestival”.

Diventando negli anni un punto di riferimento internazionale dell’eccellenza enogastronomica, il Merano Wine Festival è un vero e proprio forum in cui si incontrano e scambiano opinioni produttori, operatori del settore e consumatori. Un think tank come dicono gli anglofoni.

Cinque giornate, dal 10 al 14 novembre, oltre 450 case vinicole, più di mille vini presentati, quasi 200 artigiani del gusto, 15 chef di spicco e 5 location. Questi i numeri del Merano WineFestival 2017. Il meglio che l’Italia ha da offrire, rappresentato da un ricco calendario di appuntamenti. Qui i biglietti per l’evento, al momento a partire dal prezzo scontato di 30 euro.

IL PROGRAMMA
Venerdì 10. Si parte venerdì 10 novembre, con tre eventi in tre differenti location. Presso il Kurhaus, storico edificio del XIX secolo simbolo della città termale Alto Atesina nonché uno dei capolavori in stile liberty più famosi di tutta l’area alpina, si terrà “Naturae et Purae”.

Vetrina dell’alta qualità per i vini biologici, biodinamici, naturali, orange e Piwi (vitigni resistenti alle malattie). Un percorso tra “naturalità” e “purezza”, con oltre cento produttori selezionati.

Lungo la Passeier Promenade, la famosa passeggiata lungo il fiume Passirio amata dalla principessa Sissi, avrà luogo “GourmetArena“, che proseguirà anche nelle giornate del 11, 12 e 13 novembre. Quatto le sotto aree dell’evento.

“Le Eccellenze della Culinaria”, con più di cento produttori di delikatessen ed eccellenze gastronomiche, ed aquavitae. “BeerPassion”, con oltre 15 birrifici artigianali. “Consortium – Territorium”, area riservata ai consorzi di tutela del territorio di riferimento. E infine “Rue des Chefs”, dedicata ai prodotti e servizi d’alto livello per il lavoro nella gastronomia.

Piazza della Rena, una delle piazze più prestigiose e storiche di Meranol che deve il suo nome alla sabbia che il Passirio depositava in un ansa, ospiterà “Cooking Farm”, il place to be per gli amanti dell’alta gastronomia.

Show-cooking e talk-show a tema cucina, in cui rinomati chef a livello nazionale, master chef, maestri di cucina e contadine altoatesine si confronteranno su ingredienti, lavorazione e realizzazione di piatti della tradizione.

L’evento proseguirà per tutta la durata del festival affrontando di giorno in giorno differenti tematiche: 10 novembre i cibi fermentati, 11-12 cucina innovativa e tradizionale a confronto, 13 novembre performance dei 18 chef vincitori del Premio Godio dal 1994/2016, 14 novembre abbinamento con lo Champagne.


Sabato 11, domenica 12, lunedì 13. Cuore pulsante della manifestazione le giornate dell’11, 12 e 13 novembre, che vedranno, oltre alle già citate aree “GourmetArena” e “Cooking Farm”, altre tre importanti manifestazioni.

Al Kurhaus si terrà “Wine Italia“. Protagonisti oltre 800 vini italiani, un percorso fra le varie aree ed i differenti territori vinicoli da nord a sud. La sala Czerny (nome dell’architetto che progettò Kurhaus, nel 1874), ospiterà “Wine International” con oltre 250 vini dalla Spagna all’Argentina, dal Libano al Sud Africa, dall’Austria alla Crimea.

Sempre sulla riva del Passirio, a pochi metri dal centro, sarà l’esclusivo Hotel Terme Merano, col suo design moderno e la ricercatezza dei sui materiali, a fare da cornice a “Charity Wine Masterclasses“.

Degustazioni guidate e seminari aperti a chiunque desideri approfondire, confrontarsi, conoscere o anche solo assaggiare per la prima volta. Il ricavato degli ingressi sarà devoluto, come tutti gli anni, al Gruppo Missionario di Merano.


Martedì 14. L’ultimo giorno del Festival sarà dedicato al mondo dello Champagne. Se “Cooking Farm” presenterà i migliori abbinamenti con le bollicine d’Oltralpe, gli occhi (e i palati) saranno attratti da “Catwalk Champagne”.

Presso la “Kursaal”, la Sala Grande di Kurhaus, saranno rappresentati oltre 250 champagne di ben 80 aziende. Cultura, degustazione, condivisione e confronto in una cornice unica ed elegante. Sintetizzano perfettamente lo spirito dell’evento le parole di Helmuth Köcher, presidente e fondatore del Merano WineFestival.

“Sembra ieri che insieme con due amici avevo pensato di trasformare la città di Merano nel ‘salotto buono europeo della raffinatezza’ in cui passato, presente e futuro del vino e della gastronomia trovano spazio per il confronto, la conoscenza, l’incontro”.

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Vini al supermercato

Prosecco al supermercato: migliori e peggiori

Venti bottiglie di Prosecco in degustazione “alla cieca”, per decretare il migliore presente sugli scaffali delle maggiori catene di supermercati italiani.

Da Esselunga a Iper Coop, passando per Auchan, Carrefour, Iper – la grande I, Penny Market e Lidl, senza dimenticare insegne importanti come Il Gigante, Unes e Despar.

Tre i Prosecco che la spuntano, adatti ad accompagnare dall’aperitivo alle carni bianche, passando – perché no? – anche da piatti di pesce non troppo elaborati.

Tre prodotti capaci di accontentare ogni tipo di palato: da quello di neofiti e bevitori occasionali, a quello di chi pretende di più, anche da un “semplice” Prosecco.


I MIGLIORI PROSECCO AL SUPERMERCATO
1) Bel perlage, profumati invitanti. Zucchero dosato al punto giusto, tanto da non stancare mai la beva e chiamare un sorso dopo l’altro. Sul podio dei Prosecco in vendita al supermercato finisce il Prosecco Doc Superiore di Martini & Rossi (gruppo Bacardi). Un Extra Dry da 11,5% vol.

E’ questo il miglior Prosecco “pop”, secondo la redazione di vinialsuper. Rappresenta, cioè, esattamente quello che ci si deve aspettare da un (buon) Prosecco. Semplicità, dunque. Ma anche un certo carattere. Peraltro una bottiglia dall’ottimo rapporto qualità prezzo (5,50 euro circa), in tutte le catene di supermercati che lo espongono in vendita.

Giallo paglierino con riflessi verdolini velati, bollicina fine nel calice, anche se la persistenza delle “catenelle” non è da superstar. Naso tipico, intenso e pulito, che lascia spazio anche a sorprendenti note esotiche di mango, banana e mandarino.

Palato corrispondente dal punto di vista degli aromi, con spuma satinata e cremosa che accompagna, verso la chiusura, un’acidità ben dosata. Buona anche la persistenza, agilmente sopra le soglie della sufficienza.


2) Il Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene Docg di Carpenè Malvolti è la “bollicina” veneta consigliata a chi, al Prosecco, chiede qualcosa di più. Anche in questo caso siamo di fronte a un Extra Dry, mentre la percentuale d’alcol in volume scende di mezzo grado rispetto al Prosecco Doc Martini, assestandosi sugli 11.

L’etichetta, del resto, parla da sola: svecchiata rispetto all’originale, senza perdere tuttavia l’eleganza che contraddistingue da sempre la casa spumantistica di Conegliano (TV). Che di questo Prosecco ha fatto un’icona.

Giallo paglierino con riflessi dorati, il Prosecco Superiore Docg di Carpenè Malvolti sfodera un naso da Metodo classico (la tecnica utilizzata per la produzione dello Champagne). Roba da far sospettare di non essere di fronte a una bottiglia del più venduto degli Charmat al mondo.

Miele d’acacia, fruttato elegante di ananas, una punta di lime. Note che arrivano a sfiorare anche l’idrocarburo. Che ci sia dell’ottimo Chardonnay nel blend con la Glera? Il disciplinare, del resto, lo consentirebbe.

Ingresso di bocca morbido, sul filo di una corrispondenza gusto olfattiva pregevole. L’acidità non manca, anzi. Anticipa (e controbilancia) una sapidità capace di conferire ulteriore “gusto” al sorso. La chiusura richiama ancora una volta il nobile vitigno di origine francese, con le sue percezioni ammandorlate. Chapeau.


3) Last but not least, come direbbero gli inglesi che del Prosecco ne hanno fatto ormai un’ossessione (in Inghilterra lo spumante veneto fa ormai a gara con la birra locale), il Prosecco Superiore Valdobbiadene Docg di un altro colosso del Wine in Italy, Santa Margherita Spa di Fossalta di Portogruaro (VE). Questa volta siamo di fronte a un Prosecco più secco, un Brut, da 11,5% vol.

Giallo paglierino con riflessi oro, spuma creosa che si dissolve lenta. Fine e persistente il perlage. Dal calice di Prosecco Superiore Docg Santa Margherita si elevano note fruttate dalla leggerissima vena “dolce”, come da attese per uno spumante dal grado zuccherino più modesto rispetto a quello dei compagni Prosecco Extra Dry.

Un naso di eccellente finezza quello del Valdobbiadene Santa Margherita. Lasciato a “riposo” per qualche minuto, l’olfatto arriverà a donare sentori pregevoli di foglia secca di pomodoro. Al palato dominano la morbidezza e la tipicità del Prosecco. Con l’aggiunta di un pizzico di mineralità, che sboccia soprattutto nel retro olfattivo assieme alla pera Williams. Facile berne un bicchiere dietro l’altro, senza mai stancarsi.

A UN PASSO DAL PODIO
A un passo dal podio il Prosecco Doc Zonin: naso elegante, bolla satinata, acidità giocata su note d’arancia, prima di una chiusura lunga. Non male al palato Bellussi (U2 – Unes): bocca pulita, acidità e mineralità piacevolissime, ma solo dopo un naso piuttosto costruito. Olfatto che è anche la croce del Prosecco Doc Mionetto, che invece al palato regala un frutto piacevole e uno zucchero ben dosato, così come una buona persistenza retro olfattiva.

I PEGGIORI
Tra i Prosecco degustati, ci sentiamo di sconsigliarne (tassativamente, o quasi) due in particolare. Ad accomunarli – oltre al costo al limite del sotto-costo – un perlage grossolano, una spuma degna d’una birra, un naso citrico e un palato tra il piatto e l’artificiale.

Si tratta del Prosecco Superiore Valdobbiadene Docg “Villa de’ Bruni”, in vendita negli store Penny Market, e il Prosecco Doc Allini della catena tedesca di supermercati Lidl.

Male anche alcuni Prosecco di nomi importanti: insufficiente l’Extra Dry di Cescon, così come il Prosecco Superiore Valdobbiadene Docg “Col del Sol” di Ca’ del Sole Vini, in vendita nei supermercati Il Gigante. Male entrambi i Prosecco (Doc e Docg Valdobbiadene) della linea “Il Viaggiator Goloso” (Finiper – Unes).

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Approfondimenti news

Prosecco non è sinonimo di spumante: la campagna di vinialsuper #nonsoloprosecco

Quante volte vi è capitato di ordinare al bar “un Prosecco”? Ma vi siete mai chiesti se in quel calice c’era davvero del “Prosecco”?

Con il termine “Prosecco”, infatti, non si definisce un qualsiasi “spumante” o vino “con le bollicine”. Bensì quel determinato spumante – Doc o Docg – prodotto in Veneto e in Friuli Venezia Giulia.

Vi sognereste mai di chiamare “Chianti” qualsiasi vino rosso? Crediamo (speriamo) di no. Ecco perché occorre fare un po’ d’ordine: mentale, innanzitutto. E poi culturale.

Vinialsuper lancia quindi la campagna “Prosecco non è sinonimo di spumante” e l’hashtag #nonsoloprosecco, che vi invitiamo a utilizzare. Lo facciamo per voi. Perché vogliamo esser certi che, quando ordinate un “Prosecco”, intendiate proprio quel vino. Condividete l’articolo, ditelo agli amici, fatevi un selfie con la scritta “Prosecco non è sinonimo di spumante”! Insomma: inventatevi qualcosa per diffondere la cultura del vino.

I TRE PROSECCO: DOC E DUE DOCG
Sono tre le “versioni” di Prosecco, prodotte in base a disciplinari ben precisi: una a Denominazione di origine controllata (Doc) e due a Denominazione di origine controllata e garantita (Docg). Per tutti vale il metodo di spumantizzazione delle uve denominato Martinotti o Charmat, che prevede la rifermentazione del mosto in autoclave.

E’ questa la differenza principale con il Metodo Classico, che prevede una seconda fermentazione in bottiglia. Con il Metodo Classico (altrimenti noto come Champenoise) viene infatti prodotto lo Champagne, così come gli spumanti italiani più pregiati: Trento Doc, Franciacorta Docg, Alta Langa Docg e Oltrepò Pavese Docg, per citarne alcuni.

IL PROSECCO “MILLESIMATO”
Anche la definizione “Millesimato” è oggetto di grande confusione: di fatto, tutti i “prosecchi” sono “millesimati”. Questo termine, che non ha nessuna valenza relativa alla qualità della bottiglia, serve a evidenziare che tutte le uve con il quale è stato prodotto lo spumante sono state raccolte nella medesima annata. Frutto, dunque, dello stesso anno di vendemmia.

Ovvio, dunque, che un Prosecco sia “Millesimato”. Non sarebbe invece così scontato di fronte a un Metodo Classico italiano o a uno Champagne, che possono essere prodotti con assemblaggi di più annate.

La scritta “Millesimato” su un Prosecco è dunque un escamotage di marketing (pur consentito dalla legge italiana) con il quale il produttore – giocando sull’ignoranza del consumatore – tenta di dare inutile lustro alla propria etichetta, scimmiottando il Metodo Classico e gli Champagne. Anche se è vero che qualche casa vinicola usa miscelare annate differenti di Glera, per uniformare anno di anno in anno il gusto “di cantina”. Vediamo dunque le varie tipologie dello spumante Prosecco.

Prosecco Doc
Citando il disciplinare: “Il vino a denominazione di origine controllata ‘Prosecco’ deve essere ottenuto da uve provenienti da vigneti costituiti dal vitigno Glera; possono concorrere, in ambito aziendale, da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 15%, i seguenti vitigni: Verdiso, Bianchetta trevigiana, Perera, Glera lunga, Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio e Pinot nero (vinificato in bianco), idonei alla coltivazione per la zona di produzione delle uve (province di Belluno, Gorizia, Padova, Pordenone, Treviso, Trieste, Udine, Venezia e Vicenza”.

Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg
Sempre citando il disciplinare: “La denominazione d’origine controllata e garantita ‘Conegliano Valdobbiadene – Prosecco’, o ‘Conegliano – Prosecco’ o ‘Valdobbiadene – Prosecco’, è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti per le seguenti tipologie: ‘Conegliano Valdobbiadene – Prosecco’, ‘Conegliano Valdobbiadene – Prosecco” frizzante’, ‘Conegliano Valdobbiadene – Prosecco’ spumante, accompagnato dalla menzione ‘Superiore di Cartizze’ se ottenuto nella tradizionale sottozona, nei limiti e alle condizioni stabilite”.

La zona di produzione delle uve atte ad ottenere i vini ‘Conegliano Valdobbiadene – Prosecco’ comprende il territorio collinare dei Comuni di Conegliano, San Vendemiano, Colle Umberto, Vittorio Veneto, Tarzo, Cison di Valmarino, San Pietro di Feletto, Refrontolo – Susegana, Pieve di Soligo, Farra di Soligo, Follina, Miane, Vidor e Valdobbiadene.

Il vino spumante denominato “Cartizze”, ottenuto da uve raccolte nel territorio della frazione di San Pietro di Barbozza del Comune di Valdobbiadene (dove deve avvenire l’intero processo di vinificazione), ha diritto alla sottospecificazione “Superiore di Cartizze” (107 ettari totali di vigneto, il “Cru” del Prosecco).

I vini “Conegliano Valdobbiadene – Prosecco” devono essere ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti costituiti dal vitigno Glera. Possono concorrere, in ambito aziendale, fino ad un massimo del 15%, le uve delle seguenti varietà, utilizzate da sole o congiuntamente: Verdiso, Bianchetta trevigiana, Perera e Glera lunga.

Colli Asolani Prosecco (oggi Asolo Prosecco)
Secondo il disciplinare, “la denominazione di origine controllata e garantita ‘Colli Asolani – Prosecco’ o ‘Asolo – Prosecco’ è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie: ‘Colli Asolani – Prosecco’ o ‘Asolo – Prosecco’, ‘Colli Asolani – Prosecco’ o ‘Asolo – Prosecco’ spumante, accompagnato dalla menzione superiore e ‘Colli Asolani – Prosecco’ o ‘Asolo – Prosecco’ frizzante”.

“La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a Docg ‘Colli Asolani – Prosecco’ o ‘Asolo – Prosecco’ comprende l’intero territorio dei comuni di Castelcucco, Cornuda e Monfumo e parte del territorio dei comuni di Asolo, Caerano San Marco, Cavaso del Tomba, Crocetta del Montello, Fonte, Giavera del Montello, Maser, Montebelluna, Nervesa della Battaglia, Paderno del Grappa, Pederobba, Possagno, San Zenone degli Ezzelini e Volpago del Montello”, con ulteriori delimitazioni geografiche specifiche.

IL PROSECCO ROSÉ? NON ESISTE
Le norme che disciplinano la produzione del Prosecco sono chiare e non lasciano spazio a interpretazione. Ma la comune richiesta di “Prosecco” come sinonimo di “spumante” porta con sé un altro equivoco: quello del “Prosecco rosé”. Semplice smontarlo: non esiste.

La tecnica di vinificazione delle varie tipologie di Prosecco, infatti, vieta l’utilizzo di uve rosse vinificate in rosa, ovvero con breve contatto delle bucce a contatto con il mosto.

Le uve a bacca rossa come il Pinot Nero (per un massimo del 15%) adatte alla produzione del Prosecco, infatti, devono essere vinificate senza buccia, responsabile del rilascio del colore rosso (o rosato), in base alla durata del contatto con il mosto.

La vinificazione in bianco prevede dunque la fermentazione del solo succo d’uva, senza la parte solida costituita dalla buccia.

Se sulla carta dei vini di un ristorante doveste mai leggere “Prosecco Rosé”, come nel caso clamoroso denunciato da vinialsuper che vede come protagonista il Ricci di Milano (ristorante di Belen e Bastianich) sappiate che si tratta di un (patetico) escamotage per vendere qualcosa che non esiste, approfittandosi della riconoscibilità e notorietà, ormai internazionale del “Prosecco”.

In quel caso: rimbalzate la proposta e chiedete lumi al ristoratore. Oppure, meglio: alzatevi e cambiate ristorante. Magari consigliando di leggere questo articolo. #nonsoloprosecco

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news ed eventi

Modena capitale della Champagne Experience. Evento record a ottobre

Metti assieme dodici dei maggiori importatori e distributori italiani di vini d’eccellenza e vedi cosa succede. La risposta a Modena, domenica 8 e lunedì 9 ottobre, al Forum Monzani, per la prima edizione di Champagne Experience.

La più grande manifestazione italiana dedicata esclusivamente allo Champagne, promossa e organizzata – appunto – da Club Excellence, associazione che riunisce la dozzina di player del bere gourmet.

Modena Champagne Experience 2017 sarà l’occasione per degustare circa 350 prodotti di più di 90 prestigiose maison, tra le quali Louis Roederer, Bollinger, Bruno Paillard, Jacquesson, Mailly Grand Cru, Thiénot, Palmer & Co, Pannier, Encry, Paul Bara, Marguet, Larmandier-Bernier. Sarà anche possibile incontrare gli stessi produttori di Champagne, che saranno presenti nel corso della due giorni modenese.

Non mancheranno le Master Class, con ‘verticali’ e degustazioni dedicate alla conoscenza di champagne d’eccellenza o ad annate speciali e territori di produzione.

IL PROGRAMMA
La manifestazione sarà infatti caratterizzata da un’impronta didattica, con le maison distribuite sui mille metri quadri del Forum, in base alla loro appartenenza geografica, corrispondente alle diverse zone di produzione dello champagne (Montagne de Reims, Vallée de la Marne, Côte des Blancs, Aube oltre alle maison classiche riunite in uno specifico spazio) per offrire al visitatore un’esperienza sensoriale coinvolgente e un supporto culturale di alto livello.

Modena Champagne Experience 2017 è rivolto in particolar modo ai professionisti del settore Horeca, ma anche al vasto pubblico degli appassionati. Le porte del Forum Monzani, in via Aristotele 33, si apriranno domenica 8 ottobre dalle 14.00 alle 19.00 e lunedì 9 dalle 10.30 alle 18.30. I biglietti sono in vendita sul sito www.champagneexperience.it e presso La Consorteria 1966, in piazza Mazzini 9, a Modena (laconsorteria1966@gmail.com, +39 393 802 7841).

COS’E’ CLUB EXCELLENCE
Club Excellence è un’organizzazione che riunisce dodici tra i più grandi importatori e distributori italiani di vini d’eccellenza: Balan srl, Bolis srl, Cuzziol Grandivini srl, Gruppo Meregalli, Les Caves de Pyrene, Pellegrini spa, Premium Wine Selection P.W.S. srl, Proposta Vini, Sagna spa, Sarzi Amadè srl, Teatro del Vino srl e Vino & Design srl.

Club Excellence ha lo scopo di diffondere la cultura della distribuzione e del commercio di vini e distillati di prestigio, settore che necessita di trasparenza, correttezza e moralità. L’azione del Club si articola su tre direttrici fondamentali: l’organizzazione di eventi, la partecipazione a fiere e manifestazioni in Italia e all’estero.

Ma anche l’attività di promozione commerciale e culturale dei prodotti commercializzati dai soci; l’organizzazione di corsi di formazione in ambito enogastronomico; lo sviluppo iniziative sociali, culturali e ricreative, aperte al pubblico dei consumatori, con il coinvolgimento di attori istituzionali o enti interessati.

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Il francese d’Oltrepò: Fabio Marazzi, monsieur Scuropasso

Questione d’accenti. Te ne accorgi provando a pronunciarlo alla francese: Fabiò Marassì. Suonerebbe così, forse un po’ d’antan, ma più che mai intonato, il nome di Fabio Marazzi tra le colline dello Champagne.

Non foss’altro che Cantina Scuropasso si adagi sulle colline dell’Oltrepò pavese. Frazione Scorzoletta di Pietra de’ Giorgi. Trentacinque minuti a Sud di Pavia. Un’ora abbondante da Milano.

Non esattamente nei pressi di Châlons-en-Champagne, Reims, Troyes o Charleville-Mézières. Eppure, nella casa-cantina di questo appassionato vignaiolo lombardo, sembra sin da subito che la geografia ti stia prendendo per il culo. Rouler dans la farine, se preferite un’espressione d’Oltralpe.

La “r” moscia. L’eleganza dei modi che fa dimenticare – subito – che a parlare è un contadino con la camicia blu a quadrettoni. Un’attaccamento viscerale alla terra e alle vigne. La cocciutaggine nel difendere storia e valori di un territorio sfracellato dagli scandali, maltrattato dai burattini (e dei burattinai) della politica e dei Consorzi. L’agire, sempre, nel nome di un vino che deve parlare, prima di tutto, di natura e di passione. Sin dal colore. Fabio Marazzi è il francese d’Oltrepò. Monsieur Scuropasso.

LA VISITA
Un vignaiolo strappato agli studi (e alle cravatte) di Economia e commercio. Scuropasso, fondata nel 1962 dal padre Federico e dal prozio Primo, svolta con Fabio nel 1988. Da vero e proprio “serbatoio” per le basi spumanti da Pinot Nero destinate ai grandi nomi della Franciacorta e del Piemonte (Guido Berlucchi, Carlo Gancia, Cinzano e Fontanafredda), la cantina inizia a produrre una propria etichetta. E’ il 1991. Il Metodo Classico Brut Pinot Nero Scuropasso segna l’avvio di una nuova era.

“Star vicino a enologi del calibro di Franco Ziliani, Lorenzo Tablino e Livio Testa, tutti formatisi in Francia, imparando sul campo dai vigneron dello Champagne, ha fatto in modo che la mia passione si tramutasse in un vero e proprio amore per il Pinot Nero, per le basi spumante, per il Metodo Classico”, spiega Marazzi.

Nel 1998 prende vita “Roccapietra”, la linea di spumanti Metodo Classico di Cantina Scuropasso. Un modo per unire i nomi delle due località simbolo per la produzione di Pinot Nero nella Valle Scuropasso: Rocca e Pietra de’ Giorgi.

Oggi l’azienda può contare su quindici ettari di proprietà. Centomila, circa, le bottiglie prodotte all’anno, anche grazie al contributo di alcuni storici conferitori, tenuti lontano dalle cantine sociali. Parte da leone spetta al Bonarda: 30 mila bottiglie del “vino da tavola” che consente a Cantina Scuropasso di reinvestire utili nella produzione della vera eccellenza: le 15 mila bottiglie di Metodo Classico da uve Pinot Nero.

Sempre più spazio, nell’assortimento di casa Marazzi, anche per il Buttafuoco, il vino rosso da lungo affinamento dell’Oltrepò Pavese. La recente acquisizione di “Pian Long”, vigna di un ettaro confinante per tre lati con i terreni dell’Azienda Agricola Francesco Quaquarini, fa entrare di diritto Scuropasso nell’olimpo del Buttafuoco Storico.

LA DEGUSTAZIONE
Roccapietra Brut 2010 (sboccatura ottobre 2015).
 Cinquantadue mesi sui lieviti. Giallo paglierino brillante, perlage finissimo Balsamico e assieme fruttato, con ricordi d’agrumi ben definiti. Quello che, all’estero, definirebbero senza giri di parole “vino gastronomico”. Lunghissimo nel retro olfattivo. Un 100% Pinot Nero oltrepadano in pieno stile Montagne di Reims.

Pas Dosè 2009 magnum (sboccatura novembre 2016). Settantotto mesi sui lieviti. Un Pas Dosè nudo e crudo, ottenuto colmando con lo stesso vino. Naso di limone, lime, arancia, su sfondo di miele. Uno splendido spunto erbaceo montano, che ricorda l’arnica, copre i tipici sentori Champenoise di crosta di pane e lieviti. Sempre al naso, in continua evoluzione su un perlage da ammirare per finezza, spruzzi di vaniglia Bourbon.

Un Pinot Nero che sfida il tempo e la logica: auguratevi di non trovarlo mai in batteria alla cieca, col rischio di ringiovanirlo almeno di 3 anni, scambiandolo addirittura per un rosso. Lunghissimo il finale, tutto giocato tra balsamico e agrumi. Un capolavoro da godersi, a tavola, con un bel Parmigiano 39 mesi (minimo). Chapeau, Marassì.

Cruasè 2011 (sboccatura marzo 2017). Sessanta mesi sui lieviti. Le uve Pinot Nero a contatto con le bucce 10-12 ore regalano un “rosato troppo rosato” per i disciplinari. “Ma a me piace così. E continuerò a farlo così, perché è una scelta che si basa sull’essenza del frutto”, assicura il produttore durante la degustazione.

Parole che raccontano il calice meglio di qualsiasi altra prosopopea. E disquisizioni inutili di fronte a un grande rosato che l’Oltrepò del vino rischia di perdere, formalizzandosi sull’aspetto più che sull’anima dell’ennesimo signor Pinot Nero di casa Scuropasso.

Buttafuoco Docg 2009. Meticolosa scelta delle uve per assicurare uniformità nel raccolto e nella vinificazione delle varietà Croatina, Barbera, Uva Rara e Ughetta di Canneto nei vigneti della Garivalda. Quindici giorni in vasche di cemento, poi passaggio in acciaio.

Un anno in botte grande, poi botte piccola. Altri 365 giorni di ulteriore affinamento in bottiglia, prima della commercializzazione. Un Buttafuoco dall’acidità spiccata, non retta da un tannino efficace, forse per via di un legno usato in maniera troppo invasiva. Ma se queste sono le prove per la prima vendemmia a Pian Long, la strada segnata è certamente quella giusta, anche per il rosso principe di Cantina Scuropasso.

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Blanc de Blancs Brut, J.P. Chenet

(3,5 / 5) Attenzione a non confondere questo bel prodotto di J.P. Chenet con lo Champagne. Prima avvisaglia il prezzo, nettamente inferiore a quello della gamma di “bollicine francesi” presenti nei supermercati italiani. Uno sparkling wine che dà comunque soddisfazioni. Soprattutto nel rapporto qualità prezzo. Gran bell’affare se in promozione.

Giallo paglierino con riflessi oro, il Blanc de Blancs Brut della cantina J.P. Chenet evidenzia nel calice un perlage fine e persistente. Naso profondo di lieviti, crosta di pane e mandorla, sfodera una leggera nota ossidativa che, solo in una fase iniziale, tende a smorzare la piacevolezza delle note fruttate mature di pesca e albicocca. Fanno capolino anche note floreali fresche, sempre meglio definite.

In bocca, lo spumante Blanc de Blancs Brut Chenet riconferma la leggera ossidazione. Trattasi, di fatto, di una bollicina da bere presto, a un anno circa dall’immissione in commercio. Al palato risulta comunque morbido, rotondo.

Una piacevolezza rinvigorita da una spuma avvolgente, per nulla appuntita, che solletica la lingua e chiama il sorso successivo. La nota zuccherina finale conferisce ulteriore gradevolezza alla beva. Peccato duri poco: la pecca di questo Blanc de Blancs (quella che gli costa mezzo punto nella nostra valutazione in “cestelli” della spesa) sta proprio nella semplicità monocorde del finale e nella scarsa persistenza.

Quanto agli abbinamenti, il Brut J.P. Chenet è un vero e proprio “animale” da aperitivo. Uno sparkling che, se servito alla corretta temperatura (6-8 gradi), finirà in un baleno, senza dare alla testa. Per tecnica di vinificazione e uvaggio (100% Chardonnay) si presta anche ad accompagnare pesce grigliato e carni bianche.

LA STORIA
Il vero tratto distintivo della J.P. Chenet è certamente la caratteristica bottiglia dalle curve originali e dal corpo generoso. Una forma nata nel 1984, per mano dell’artista e imprenditore Joseph Helfrich. La chiamò “Joséphine”.

L’originale prevedeva un collo leggermente inclinato. Una forma che conserva tuttora una linea di vini della J.P. Chenet. Forse questo il segreto del successo di un’azienda capace di guadagnarsi il podio delle vendite fra le cantine d’Oltralpe, distribuendo prodotti in oltre 160 Paesi.

Prezzo: 6,49 euro
Acquistato presso: Coop

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Vini al supermercato

Caviro, il gigante del Tavernello. Tra Slow (Wine) e Rock ‘n’ Roll

Anche Golia ha un cuore. E batte slow. Very slow. Il gigante romagnolo del Tavernello, lo stesso capace di imbottigliare 2 milioni di ettolitri di vino l’anno, si avvale di due enologi attivisti di Slow Food e Slow Wine.

Il gigante in questione di nome fa Caviro, leader indiscusso del mercato nazionale del vino al supermercato. Tra i primi dieci al mondo per fatturato, con 304 milioni di euro. Nulla a che vedere con la Chiocciola di Carlo Petrini? Solo in apparenza. Pietro Cassani e Giacomo Mazzavillani (nella foto, sotto), rispettivamente responsabile del laboratorio enologico e del processo di lavorazione vino alla Caviro di Forlì, sono lì a dimostrare il contrario.

Il volto meno conosciuto della più grande cooperativa agricola italiana. Un impero fondato sui numeri, ma anche sulla qualità. “La costanza nella riconoscibilità dei nostri prodotti sul mercato – spiega Giordano Zinzani, responsabile Normative e Tecniche Enologiche di Caviro – è per noi il primo sinonimo di qualità, che riusciamo a garantire grazie al confronto trentennale con i nostri conferitori di uve e al lavoro dei nostri enologi. Un aspetto che ci viene riconosciuto da 7 milioni e 200 mila famiglie consumatrici in Italia”.

“I nostri standard qualitativi – precisa Zinzani – sono dettati da frequenti panel di assaggio dei prodotti dei nostri competitor internazionali. A livello operativo, invece, stimoliamo le 34 cantine conferitrici, situate da nord a sud del Paese, con un sistema di liquidazione che invogli a fare sempre meglio in vigna, di vendemmia in vendemmia”.

Tredicimila i viticoltori che fanno parte della famiglia Caviro, in sette regioni d’Italia. Trentasette mila gli ettari di vigneti lavorati, in totale. Tradotto: la cooperativa romagnola produce, da sola, l’11% dell’uva italiana. E’ grazie a questa grande disponibilità che i blend Tavernello riescono ad essere sempre uguali negli anni. “Riconoscibili dal consumatore”, per dirla con Zinzani.

Un puzzle, anzi la sintesi, “del meglio della produzione annuale dei vigneti dei conferitori”, assemblati da uno staff di 6 enologi (cinque di stanza a Forlì, uno a Savignano sul Panaro, nei pressi di Modena), tre analisti di laboratorio e quattro impiegati all’Assicurazione qualità.

“Il numero degli enologi, in realtà – spiega Giordano Zinzani – si aggira sulla cinquantina. I primi controlli vengono effettuati dalle nostre cantine associate, in loco. Le uve arrivano a Caviro già vinificate, secondo i rigidi parametri dettati ai viticoltori. Solo in questa fase, si assiste all’intervento diretto del nostro personale, che degusta e testa i campioni e li assembla, dopo aver identificato il blend più consono alle esigenze del mercato di riferimento, che sia italiano o estero”.

Altra faccia della medaglia, la produzione di vini a Indicazione geografica tipica (Igt) e a Denominazione di origine controllata (Doc), “in cui – commenta Zinzani – puntiamo a garantire, valorizzare e conservare la tipicità dei singoli territori”.

LE UVE CAVIRO: IL SISTEMA DI LIQUIDAZIONE
Dal Friuli Venezia Giulia arrivano principalmente Merlot, Cabernet, Refosco, Pinot Grigio, Glera, Chardonnay e Sauvignon (una cantina associata, 1790 ettari). Dall’Emilia Romagna Sangiovese, Lambrusco (principalmente Sorbara), Merlot, Ancellotta, Trebbiano, Chardonnay, Albana e Grechetto Gentile (14 cantine, 19.002 ettari). Dalla Toscana giungono Sangiovese, Brunello, Merlot, Trebbiano e Vermentino (2 cantine, 1.090 ettari).

Dall’Abruzzo Montepulciano, Trebbiano, Pecorino e Chardonnay (9 cantine, 8.218 ettari). Dalla Puglia Primitivo, Negroamaro, Malvasia Nera, Nero di Troia, Chardonnay, Bombino e Verdeca (3 cantine in Salento, 922 ettari). Dalla Sicilia, infine, Nero d’Avola, Syrah, Grillo, Catarratto, Inzolia e Grecanico (6366 ettari, una cantina: la Petrosino di Trapani, seconda per dimensioni in Italia solo a Settesoli).

Uve che hanno un prezzo. Di fatto, è sul terreno della liquidazione dei conferitori che si gioca una delle partite più importanti per Caviro. “Di anno in anno, verso dicembre – spiega Giordano Zinzani – la cooperativa stabilisce un budget per i vini. Viene stabilito un minimo garantito, che viene corretto in base alla conformità agli standard richiesti”.

Le sorti dei viticoltori è delle cantine associate a Caviro sono nelle mani di uno staff di enologi che si riunisce una volta alla settimana, a Forlì. “Tutte le singole partite – evidenzia Zinzani (nella foto) – sono valutate in funzione della qualità specifica di quel campione. Ogni ritiro viene catalogato e degustato da una commissione composta dagli enologi Caviro e da quelli delle stesse cantine associate. Degustazioni che, ovviamente, avvengono alla cieca, sulla base di schede di valutazione Assoenologi, con punteggio in centesimi. Questo punteggio, assieme alla rispondenza dei caratteri analitici, contribuisce alla modifica del prezzo base garantito ai soci”.

Raffaele Drei, presidente della Cooperativa Agrintesa, non ha dubbi. “Oggi Agrintesa è il socio più grande della compagine sociale Caviro e tramite il Consorzio colloca direttamente al consumatore una quota importante del proprio vino. Siamo fortemente impegnati e interessati alla crescita sia come quota di mercato che come modello di filiera vitivinicola integrata”.

“I fattori di successo per i soci Caviro sono stati ben delineati dai direttori delle Cantine intervenuti all’ultimo incontro con la base sociale: Cristian Moretti, direttore generale Agrintesa, Roberto Monti, direttore della Cantina Sociale Forlì e Predappio, Fabio Castellari, direttore della Cantina Sociale Faenza. Tutti hanno sottolineato, come comuni denominatori di crescita e sviluppo, l’avanguardia qualitativa per una buona liquidazione dei soci, l’innovazione e la capacità di differenziare”.

Rispetto alle zone più lontane dalla “base”, ai soci viene riconosciuta una cifra che si aggira attorno ai 35 centesimi al litro. Per i viticoltori dell’Emilia Romagna, si sale sino a 45 centesimi con il Lambrusco. I picchi si toccano con i vini Igt, 60 centesimi al litro, e a Denominazione di origine controllata, valutati in media fino a 1 euro. Cifre che Zinzani snocciola senza timore.

“Fra i principali tratti vincenti – aggiunge Raffaele Drei – sono stati individuati la concentrazione e specializzazione dei centri di vinificazione, la capacità di realizzare velocemente progetti di produzione per vini con caratteristiche diverse e una buona integrazione di pianura e collina. Per i soci di Caviro è di fondamentale importanza poter ragionare in una logica di mercato fatta anche di liquidazioni differenziate su molteplici variabili, come lo stabilimento, l’area di produzione, le giornate di conferimento e l’effettiva qualità. Merito anche di una base sociale caratterizzata da coesione e ricettività, aperta a un ricambio generazionale in grado di garantire uno sguardo sul futuro”.

IL TOUR
E che Caviro sia proiettata al futuro, lo si capisce al primo sguardo dello stabilimento di Forlì. Dall’esterno, gli 82 serbatoi del sito produttivo di via Zampeschi 117 offrono bene l’idea delle dimensioni del business della cooperativa, con i loro 340.578 ettolitri di capacità complessiva. All’interno, altri 133 “silos” contenenti vino, per un totale di 126.670 ettolitri. Caviro, per chi non l’avesse capito, è questo, prima di tutto: una delle maggiori cantine italiane, con serbatoi per un totale di 467.248 ettolitri complessivi. E’ qui che staziona il vino prima delle chiarifiche e delle filtrazioni, che anticipano la stabilizzazione.

Centonovantaquattro milioni di litri le vendite a volume del colosso romagnolo nel 2016, suddiviso tra i brand Tavernello, Castellino, Botte Buona, Terre Forti, Romio, VoloRosso, Salvalai, Cantina di Montalcino, Da Vinci, Leonardo, Monna Lisa e Cesari. Export in 70 Paesi. Due le linee per l’imbottigliamento. Quella nuova, inaugurata a settembre dello scorso anno, ha una velocità di 18 mila bottiglie l’ora. La più vecchia risale agli anni ’90 ed è ancora in funzione, anche se in fase di ammodernamento.

In quest’area dello stabilimento, il prodotto finito viene movimentato su pallet da veri e propri robot. “Le chiamiamo navette – precisa l’enologo Pietro Cassani, che guida il tour -. Si muovono autonomamente su percorsi prestabiliti del magazzino di stoccaggio e sono solo uno degli aspetti all’avanguardia del sito produttivo di Forlì”. In uno degli angoli dello stabile, di fatto, sembra aprirsi una porta temporale sul futuro. Roba da farti sentire – almeno per un attimo – un po’ come Donny Darko, alle prese col suo coniglio gigante.

Un magazzino da 10 mila posti pallet completamente robotizzato, col quale alcune catene della Grande distribuzione (o, meglio, i loro Ce.Di, i centri distributivi delle varie insegne) hanno la possibilità di connettersi via web, emettendo ordini che vengono indirizzati direttamente a una delle 14 “ribalte” del magazzino, in base alla destinazione. Ti pizzichi la guancia mentre osservi quel braccio meccanico, senza il minimo controllo umano, andare a pescare proprio quel pallet, lassù.

La voce dell’enologo Cassani, Cicerone per un giorno, ti riporta alla realtà, poco più in là. Davanti alle bobine di Tetra Pak pronte per la sterilizzazione, prima di essere riempite di vino in impianti simili a quelli utili per “inscatolare” latte. Guardi in faccia i dipendenti uno ad uno, credendo che all’improvviso salti fuori Michael J. Fox. Aguzzi le orecchie per sentire qualcosa d’altro (che so? Johnny B. Good, per restare in tema).

Ma il suono, sottile e monotono, è quello della catena di montaggio dei brik di Tavernello. L’unico elemento che, nel suo piccolo, ricorda quella chitarra rosso fiammante. Altro che quattro quarti. Qui si gira al ritmo di 7-8 mila pezzi l’ora, su un totale di 10 linee. Vino in brik pronto per il consumo, “senza pastorizzazione, bensì con filtrazione sterile”, tiene a precisare Cassani. L’enologo del rock’n’roll di Caviro.

Prima di raggiungere i laboratori d’analisi, dove l’intero staff è all’opera sugli ultimi campioni giunti allo stabilimento, ecco l’unica zona inattiva del magazzino: quella per il confezionamento dei “Bag in Box” da 3 e 5 litri, destinati sopratutto al mercato francese. La grandeur. Come formato, s’intende. Bien sûr.

IL FENOMENO TAVERNELLO
Italiana, italianissima, anzi romagnola (se no si offende), l’inclinazione (linguistica) di Elena Giovannini (nella foto). “L’upgrade qualitativo dei prodotti – commenta la responsabile Marketing Daily di Caviro – è stato uno degli obiettivi perseguiti dalla nostra azienda sin dal 1983, anno in cui abbiamo dato vita al vino in brik. Inizialmente era soltanto Sangiovese o Trebbiano. Poi, chiaramente, i volumi venduti erano talmente elevati che il sourcing non era più sufficiente a coprire la richiesta. I due vitigni sono ancora parte fondamentale dei nostri blend, vino bianco e vino rosso d’Italia”.

Cosa caratterizza questa marca? “Il fatto di garantire uniformità di gusto e una costanza negli anni – replica Giovannini – un grande pregio per i nostri consumatori”. Chi sono? “Il target è ben definito: è chiaro che si parla di quotidianità, ma anche di garanzia di un certo standard qualitativo”. La diversificazione dell’approccio al mercato del vino da parte dei consumatori, anno dopo anno, ha convinto tuttavia Caviro ad allargare la proposta di referenze, riunite sempre sotto lo stesso marchio.

“Nel 2010 lanciamo i frizzanti bianco e rosato – ricorda Elena Giovannini – come naturale prosecuzione della marca generica Tavernello, sempre a base delle nostre cantine sociali socie. Successivamente il lancio dello Chardonnay e, per la prima volta, vini di provenienza siciliana come il Syrah Cabernet: per la prima volta inseriamo vini di provenienza siciliana. Fino ad arrivare alla prima Doc che è il Pignoletto, proveniente dalle colline di Imola. Un vino non molto conosciuto fuori dai confini regionali, che noi abbiamo contribuito a distribuire sul mercato”.

“Facile dunque intendere come sul mercato internazionale il ‘Red blend’ Tavernello giochi un ruolo fondamentale – evidenzia la responsabile Marketing Daily di Caviro – dato che i tanti vitigni italiani non sono semplici da conoscere e da scegliere, per il consumatore straniero. Red blend, dunque, come sintesi della qualità italiana. Ovviamente abbiamo bene in mente qual è il nostro mestiere e il consumatore al quale vogliamo parlare, sia in Italia sia all’estero. E di conseguenza sviluppiamo prodotti adatti a quel tipo di esigenza: quella quotidiana”.

Un’azienda, Caviro, capace di rispondere col Pignoletto al fenomeno Prosecco. Un botta e risposta che lega il vitigno emiliano a quello veneto, anche dal punto di vista dialettico-ampelografico: Glera-Prosecco, Grechetto Gentile-Pignoletto. Inutile precisare che Caviro produca anche il re delle bollicine Charmat, grazie alle rinnovate sinergie con la Viticoltori Friulani La Delizia, in seguito all’inaugurazione della nuova sede di Orcenico Inferiore di Zoppola, il maggiore polo per la spumantizzazione del Friuli Venezia Giulia.

Tra i blend in degustazione segnaliamo, su tutti, il Trebbiano – Pinot Bianco Rubicone Igt 2016. Un mese e mezzo di legno per il Trebbiano, il resto acciaio. Altro vino dall’ottimo rapporto qualità prezzo al supermercato, tra i varietali, il blend tra Sangiovese e Merlot.

GLI ALTRI SEGMENTI DEL BUSINESS
Caviro, in realtà, non significa solo vino. La cooperativa romagnola è un vero e proprio universo circolare. “Il nostro modello di business – commenta Giordano Zinzani, tra l’altro presidente del Consorzio Vini di Romagna – è tale da iniziare in vigna per poi tornarci, con uno scarto sulla produzione quantificabile in un risicato 1%”.

Oltre al vino, la cooperativa romagnola è leader in Italia nel settore distilleria. Una diversificazione che consente a Caviro di inserirsi nel mercato dei farmaci, con la produzione – su tutti – di acido tartarico e delle “basi” alcoliche già addizionate di mentolo per il colluttorio Listerine, commercializzati dall’altro colosso Johnson & Johnson.

“In Francia vendiamo molti alcoli destinati alle liqueur d’expedition degli Champagne”, rivela Zinzani. Non ultimo il business del recupero degli scarti dell’attività di vigna, che consente a Caviro di produrre – oltre a derivati farmaceutici, alimentari e agronomici – anche energia.

Quella prodotta dal sito produttivo di via Zampeschi 117 sarebbe in grado di illuminare a giorno l’intera città di Forlì (120 mila abitanti). Energia che si tramuta in compost e fertilizzanti, chiudendo il cerchio col loro ritorno nelle vigne italiane dei soci. E allora tutto questo è slow, very slow o rock ‘n’ roll? Ai posteri l’ardua sentenza.

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Joe Bastianich e i furbetti del Prosecco Rosè. Il Consorzio: “Valutiamo azioni legali”

Mezzo mondo ne parla, attraverso stampa (poco) specializzata e wine bloggers. Metà ristorazione internazionale ce l’ha in carta (dei vini). Google non mente. Joe Bastianich (forse) sì. Parliamo del Prosecco Rosè. Un’invenzione tutta marketing e zero sostanza. Perché il Prosecco Rosè non esiste. Anzi: è una truffa.

Una menzione, “Prosecco”, utilizzata a sproposito da diversi siti web americani che hanno a listino “Flor”, il “Prosecco Rosè” prodotto dal noto giudice di MasterChef Italia. In realtà si tratta di un blend composto al 90% da Glera (vitigno principe del “Prosecco”, suo sinonimo sino al 2009), cui viene aggiunto un 10% di Pinot Nero vinificato in rosa. Il che lo rende tutto tranne che un Prosecco. Tantomeno “Rosè”.

Un gioco che può funzionare (e pure tanto) all’estero. Basta interrogare il motore di ricerca Google per scoprire quanti ristoranti hanno in carta “Flor” tra le “bollicine”, in qualità di “Prosecco Rosè”. Qualcuno arriva a definirlo, addirittura, “The Champagne of Venice“: lo Champagne di Venezia. Sconcertante scoprire che alcuni esercizi si trovino anche in Italia. Tra questi proprio Ricci Milano, storico ristorante meneghino rilanciato nel 2015 da Joe Bastianich e Belen Rodriguez, in zona Stazione centrale.

Difficile pensare alla svista per uno come Bastianich, che produce direttamente “Flor” appoggiandosi (pare) a una “big” della spumantizzazione della zona di Valdobbiadene (indovinate quale). Fingendoci interessati al prodotto contattiamo il ristorante dei due vip. Chi ci risponde, dall’altra parte dello smartphone, è una donna: “L’azienda produttrice di ‘Flor’ è Bastianich”. Bingo.

Convinti che si tratti di una mera operazione di marketing, Oltreoceano, anche alcuni wine bloggers interrogati da vinialsuper. Tutti concordi nel commentare la presenza sul mercato a stelle e strisce del “Prosecco Rosè Flor” come “an American marketing strategy”. Una “strategia di marketing” destinata al mercato americano.

LA POSIZIONE DEL CONSORZIO PROSECCO DOC
“Tutti i tentativi di contraffazione – afferma Stefano Zanette (nella foto), presidente del Consorzio Prosecco Doc – rientrano tra i comportamenti lesivi della nostra Denominazione e come tali vanno condannati. Quello denunciato da vinialsupermercato.it n
on è un caso isolato: il ‘Prosecco Rosè’ rientra fra le tante segnalazioni che continuamente giungono in Consorzio”.

“Solo nell’ultimo anno – precisa Zanette – ne abbiamo intercettate oltre 500. Nello specifico, però, non si tratta di un errore commesso dai produttori, bensì dell’esercizio nel caso del ristorante Ricci Milano, di proprietà di Belen e Bastianich. Ovviamente questo non diminuisce l’importanza dell’episodio in esame: il fatto è grave e merita la massima attenzione”. L’ufficio legale del Consorzio, di fatto, è già all’opera.

“Oggi – aggiunge Luca Giavi, direttore generale del Consorzio Prosecco Doc  – l’overbranding del Prosecco porta a identificare con la nostra Denominazione l’intera categoria ‘spumanti’. Ritengo che tante volte si tratti di un problema di ignoranza delle regole, piuttosto che di malafede. Infatti, casi come questi, all’estero sono decisamente più diffusi”.

Un fronte sul quale il consorzio trevigiano si è rimboccato le maniche. “Abbiamo più volte richiamato l’attenzione dei rappresentanti di categoria di esercenti e commercianti sul tema del corretto utilizzo delle indicazioni geografiche – evidenzia Giavi -. C’è ancora molto da fare, ma stiamo mettendo a punto diversi progetti in tal senso”.

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Dieci Champagne da favola nel “mare” di Alassio

Meno “zucchero”, ma più “legno” e struttura nel calice. E in vigna, grande attenzione alle frontiere della viticoltura biodinamica, oltre a una spinta sostanziale sulla valorizzazione della parcellizzazione.

“Un Mare di Champagne”, evento di punta delle bollicine francesi in Italia, si conferma anche quest’anno passerella privilegiata per comprendere i nuovi trend di mercato del Metodo Classico più venduto al mondo.

Dall’11 al 14 giugno, al Grand Hotel Alassio & Spa, le 56 maison presenti hanno presentato Champagne con dosaggi zuccherini generalmente risicati, o comunque al di sotto dei massimali della classificazione ufficiale. Un discorso che vale soprattutto per i Brut, trovati troppe volte “piacioni” all’edizione precedente di “Un mare di Champagne”. Merito del dilagare della moda Pas Dosè? Può darsi.

Altro dato che emerge, l’innalzamento qualitativo degli Champagne biodinamici. Con le maison “verdi” ormai pronte a competere alla pari con chi adotta metodi tradizionali, in campagna e dans la cave. “Merito, nella maggior parte dei casi – spiega Livia Riva, La Dame du Vin – della grande attenzione alla pulizia in cantina da parte delle maison che si cimentano nella viticoltura biodinamica”.

Realtà eccezionali come quella di Hugues Godmé, vigneron di Verzenay che vive quasi ventiquattr’ore su ventiquattro tra le sue vigne. Troviamo Godmé direttamente sul podio dei nostri migliori assaggi all’edizione 2017 di Un Mare di Champagne.

I MIGLIORI SECONDO VINIALSUPER
1) Brut Reserve, Boizel. Blend composto per il 55% da Pinot Noir, 30% da Chardonnay e 15% da Pinot Meunier. Tre anni sui lieviti, 30% di vini di riserva. Bollicina finissima e persistente. Al naso zabaione, crema pasticcera, biscotti e lime. In bocca tagliente, minerale e agrumato.

Complesso, ma di una bevibilità eccezionale. Caratteristiche che, unite a un prezzo da listino veramente interessante, gli consentono di raggiungere la vetta della nostra classifica. Uno Champagne, il Brut Reserve Boizel, distribuito in Italia da Feudi di San Gregorio.

2) Cuvée Extra Brut 3c, Bourgeois-Diaz. Il “base”, che “base” non è. Champagne eccezionale questo, considerando il posizionamento nella gamma della maison di Crouttes-sur-Marne.

Nasce dai 7 ettari in conversione biodinamica di proprietà della Bourgeois-Diaz ed è composto da un 55% di Pinot Meunier, un 28% di Pinot Noir e un 17% di Chardonnay. Eccole le “3c”, ovvero i tre vitigni (cépages), che danno vita a un calice indimenticabile, in perfetto equilibrio tra il morbido e l’austero.

3) Extra Brut Fins Bois, Hugues Godmé. Eccolo qui il capolavoro bionamico dell’uomo che sussurra alle vigne. Sessanta percento Pinot Noir, 40 Chardonnay, con il 60% di vini di riserva affinati per l’80% in botti piccole: la formula, più complicata a leggersi che a bersi, di uno Champagne profumato, freschissimo e succoso. Tre grammi litro di residuo zuccherino, giusto per offrire l’ultimo dettaglio tecnico. Per il resto, è da provare.

4) Brut Nature – Dosage zero, Ar Lenoble. Altro ottimo blend che vede il Meunier farla da padrone con un 45%, su Chardonnay (25%) e Pinot Noir (30). Prezzo da listino, 27 euro. Qualità da vendere. Il Meunier proviene da Damery, Valle della Marna, mentre per lo Chardonnay Ar Lenoble ricorre al Grand Cru di Chouilly.

Il Pinot nero, Premier Cru, è invece coltivato a Bisseuil. Un Brut Nature che ha conferma nel calice tutte le aspettative: “dritto”, capace di arrivare al cuore con note fruttate di pera e arancia candita, ben bilanciate con una schietta mineralità e da folate di zenzero.

5) Zero dosage Blanc de Blancs, Encry. Finalmente uno Chardonnay emozionante, pensato e voluto da Encry come la “massima espressione del territorio”. Per intenderci, stiamo parlando dei “vicini di vigna” di Krug, a Mesnil-sur-Oger. Il Blanc de Blancs Zero dosage, 36 mesi sui lieviti, è sboccato à la voleè. Un Blanc de Blancs tipico, ma anche moderno. Impossibile staccarsi da un calice che offre un sorso non eccessivamente complesso ma assolutamente pieno, rigoglioso.

6) Brut Esprit Nature, Henri Giraud. Non tragga in inganno il nome di fantasia, “Nature”. Si tratta infatti di un Brut, da 7-8 grammi litro di dosaggio. Diciotto mesi di affinamento sui lieviti. Quanto basta per ottenere un altro Champagne tutt’altro che banale, ma dalla straordinaria bevibilità. Ottanta percento Pinot Noir, 20 Chardonnay della Valle della Marna. Colpisce per la mineralità e la muscolatura, capaci insieme di “coprire” lo zucchero e di far pensare a un dosaggio zero sui generis. Uno dei prodotti più caratteristici della Maison Henri Giraud.

7) Extra Brut Le Fond du Bateau n 9, Pertois-Lebrun. Un luogo unico come il villaggio di Cramant, grand cru della Côte des Blancs. Un unico vitigno, ovviamente Chardonnay. Un solo anno di raccolta, che riflette l’andamento climatico. E un basso dosaggio zuccherino, pari a 1,5 grammi. Le Fond du Bateau n 9 è lo Champagne  che fa dell’insieme di diverse unicità il proprio punto forte. Minimo cinque anni di affinamento sui lieviti per un Extra Brut che offre un pregevole naso di pasticceria, utile a “stordire” prima di un palato tagliente, dominato da note agrumate di pompelmo. Finale e retro olfattivo virano nuovamente sulla crema. Uno Champagne stupefacente, di delicata complessità.

8) Rosé, Boizel. Di nuovo Boizel, questa volta con il rosé ottenuto al 55% da Pinot Nero, cui viene aggiunto un 30% di Chardonnay e un 15% di Meunier. L’impronta dell’uvaggio predominante è evidente, grazie anche all’utilizzo di un 8% di vino rosso proveniente dai vigneti di Cumières e Les Riceys. Come dalle migliori attese dominano il quadro i frutti rossi, la cui fragranza viene mitigata dalla morbidezza del Meunier e dall’eleganza dello Chardonnay. Uno Champagne che fa dell’equilibrio il suo punto forte, sfoderando un finale lungo, fresco e piacevolmente sapido.

9) Cote de Noir, Henri Giraud. Tutto bellissimo, tranne il conto: si aggira attorno ai 100 euro il prezzo medio sul mercato di Cote de Noir, Champagne Blanc de Noir della maison Henri Giraud. Un calice che fa della struttura e della profondità il proprio asso nella manica. Frutta esotica e miele si incontrano al naso col pepe bianco. Grande freschezza al palato, con il sorso chiamato da una spiccata mineralità, che contribuisce a definire la struttura della beva. Un 100% Pinot Noir di grande compattezza e carattere.

10) Brut Selection, Le Brun Servenay. Vien voglia d’assaporare un’altra delle ostriche servite dagli chef Selecta al Grand Hotel Alassio & Spa mentre si assapora il Brut Selection della maison Le Brun Servenay. Un 100% Chardonnay, dunque un Blanc de Blancs, di tutto rispetto. Ottenuto da vigne di età compresa tra i 20 e i 25 anni, regala un naso intenso di iodio e agrumi. Pregevole la corrispondenza al palato, dove questa selezione proveniente dal gran cru di Avize si conferma Champagne di finissima struttura e carattere.

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Approfondimenti

Campionato europeo vite e vino: argento e bronzo per Fem

Medaglie di argento e bronzo per gli studenti del corso per enotecnici della Fondazione Edmund Mach nell’ambito della dodicesima edizione del campionato europeo della vite e del vino che ha visto sfidarsi nei giorni scorsi, in Francia, 74 alunni provenienti da 37 scuole di 12 nazioni europee.

La scorsa settimana il Centro Istruzione e Formazione si è aggiudicato anche il terzo posto nel concorso nazionale “Bacco e Minerva” che ha visto concorrere ad Avellino una trentina di scuole produttrici di vino. La scuola di San Michele ha vinto la medaglia di bronzo con i vini dell’azienda agricola Pinot bianco 2016 e Trentino rosso Castel San Michele 2015.

Nell’ambito del campionato europeo della vite e del vino, Valentino Pedrotti e Luca Balboni (nella foto), studenti del corso per enotecnici del Centro Istruzione e Formazione, si sono classificati rispettivamente al secondo e al terzo posto nella classifica generale. La competizione “European Wine Championship” si è svolta presso l’istituto agrario di Avize, nella rinomata regione viticola della Champagne in Francia.

Erano coinvolte Italia, Austria, Belgio, Francia, Germania, Inghilterra, Ungheria, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svizzera, per un totale di 37 scuole enologiche, con due studenti dell’età compresa tra i 17 e i 25 anni. L’Italia era rappresentata da cinque scuole: Ascoli Piceno, Conegliano, Laimburg, Ora e San Michele all’Adige. Quest’ultima con i due studenti Valentino Pedrotti e Luca Balboni, accompagnati dal docente Luca Russo.

I giovani si sono sfidati, in lingua inglese, sulle conoscenze tecniche, dall’enologia alla viticoltura, dalla potatura alle malattie della vite, dalle analisi chimiche alla degustazione. Lo scorso anno la Fondazione Mach si era classificata al terzo posto con la studentessa Ada Fellin.

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Approfondimenti

Tarlant e Laherte Frères: bio Champagne al top a Vinnatur 2017

Tarlant e Domaine Laherte Frères. Sono le due maison di Champagne che ci hanno convinto di più all’edizione 2017 di Villa Favorita – Vinnatur. Vediamole dunque nel dettaglio, dopo aver stilato la lista dei migliori vini bio italiani degustati all’ultima edizione della preziosa rassegna veneta.

CHAMPAGNE TARLANT
“Crediamo sia importante che il nostro vino sveli la ricchezza del sottosuolo, delle vigne e degli uvaggi. Ogni partita ha la sua particolare identità ed è proprio questa che desideriamo far ‘cantare’ in ogni nostro vino”. Parole e musica della famiglia Tarlant (Jean-Mary, la moglie Micheline e i figli Benoit e Melanie), che al 21 della Rue Principale di Oeuilly custodisce i segreti di dodici generazioni di vignaioli. Una storia iniziata nel lontano 1687.

A Villa Favorita brilla la stella dello Champagne Cuvee Louis, Brut Nature prodotto assemblando parti uguali di Chardonnay e Pinot Noir. Un vendemmia 2000, sorretto da vini di riserva delle annate 1999, 1998, 1997 e 1996, provenienti dal vigneto “Les Crayons” di Oeuilly, Valle della Marna, terreni gessosi. Sessantacinque anni l’età media delle viti. Una Cuvee messa in bottiglia nel maggio del 2001, ma di sboccatura recente: settembre 2016, recita la contro etichetta.

Alla vista di un giallo dorato, perlage finissimo. Naso e bocca si rivelano corrispondenti nella loro esplosività. Note d’agrumi, frutta secca, grande mineralità. Al palato una struttura da gigante. Adatto all’alta cucina, lo Champagne Cuvee Luois è un perfetto nettare da meditazione.

DOMAINE LAHERTE FRÈRES
“Cominicia tutto dalla vigna”. Il segreto di Domaine Laherte Frères sta tutto nel principio fondante la maison: “produrre il miglior vino utilizzando direttamente l’uva da loro prodotta, fin dal 1889”. Sotto la nostra lente di ingrandimento finisce, in particolare, lo Champagne Extra Brut 2006 Le Millésime.

Metodico assemblaggio delle migliori uve Chardonnay (85%) Pinot Meunier (15%), provenienti dai vigneti più vocati. La straordinaria ricchezza e pienezza dell’olfatto si tramuta in densità palpabile al palato: una grande armonia e freschezza, esaltata dai 4,5 grammi/litro del dosaggio zuccherino, tutt’altro che disturbanti. Uno Champagne meno muscoloso del precedente, che ha nella persistenza la sua carta vincente.

Una storia antica anche quella della tenuta Laherte. Fondata nel 1889 da Jean-Baptiste Laherte, può contare su undici ettari di vigneti, per la maggior parte situati nella zona originaria del villaggio di Chavost.

Alla quinta generazione, quella di Michel Laherte, si deve l’iniziale ampliamento della tenuta. Oggi la maison è guidata da Christian e Thierry, che possono anche contare sull’apporto del figlio di quest’ultimo, Aurélien, profondo sostenitore delle tecniche di viticoltura biodinamica.

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Spumante a Capodanno? Le “regole d’oro” per gustarlo

Per le feste correnti in Italia salteranno circa 60 milioni di tappi di spumante Made in Italy. Con consumi in aumento del 9%. E’ quanto stima la Coldiretti nel sottolineare che quasi nove italiani su 10 (l’89%) non rinunciano a fare un brindisi Made in Italy a fine anno. In Italia si consolida l’inversione di tendenza, dopo anni di progressive riduzioni con appena l’11% che sceglie lo champagne. Il comparto nazionale dei vini spumanti chiuderà il 2016 con una produzione di circa 625 milioni di bottiglie in aumento del 18% sull’anno precedente e un export di oltre 450 milioni di bottiglie se fosse confermato il trend gennaio-settembre dell`anno, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea.

La stragrande maggioranza dello spumante italiano si beve dunque all’estero dove a pesare è il fatto che con il successo – sottolinea la Coldiretti – crescono le imitazioni in tutti i continenti a partire dall’Europa dove sono in vendita bottiglie di Kressecco e di Meer-Secco prodotte in Germania che richiamano palesemente al nostrano Prosecco che viene venduto addirittura sfuso alla spina nei pub inglesi. Circa 3 bottiglie di spumante Made in Italy su 4 – spiega la Coldiretti – sono di Prosecco con Asti, Franciacorta e TrentoDoc a seguire. Gli spumanti italiani annoverano in totale 153 tipologie DOC, 18 DOCG, 17 IGT oltre a diverse decine di altri tra varietali autorizzati, generici e di qualità.

LE REGOLE D’ORO PER OFFRIRE E GUSTARE LO SPUMANTE
Non offrirlo ghiacciato, ma tirato fuori dalla cantina un paio d’ore prima e raffreddato in un secchiello con ghiaccio tritato, acqua fredda e sale grosso.

  • La temperatura migliore è compresa fra gli 8 ed i 12 gradi
  • Berlo esclusivamente in una flûte a forma di tulipano che consente agli aromi di svilupparsi liberamente
  • Per gustare al meglio l’effervescenza sciacquare i bicchieri con acqua calda e sapone neutro
  • Stapparlo tenendo con una mano il tappo e facendo ruotare con l’altra mano la bottiglia leggermente inclinata accompagnando sempre l’espulsione del tappo
  • Far uscire lentamente il gas e versarlo tenendo la bottiglia dal fondo e non dal collo per evitare che lo spumante si riscaldi con il calore della mano
  • Mai utilizzare del ghiaccio nel bicchiere
  • Conservarlo in una cantina buia, fresca e senza sbalzi di temperatura, in posizione orizzontale
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degustati da noi vini#02

Pinot Nero Metodo Classico Pas Dosé Roccapietra Zero, Cantina Scuropasso

Ci sono bottiglie di cui t’innamori al primo sorso. E ce sono altre di cui, poi, non faresti più a meno. Questa è la storia di un vino da avere sempre in cantina. Magari a partire dalle prossime feste di Natale. E’ la storia del Pinot Nero Metodo Classico Pas Dosé Roccapietra Zero, di Cantina Scuropasso (Scorzoletta di Pietra dè Giorgi, Pavia). Quarantotto mesi sui lieviti per questo spumante dell’Oltrepò Pavese, privo di dosaggio zuccherino. Una di quelle etichette che, calice tra sorso e olfatto, ti portano con la mente altrove. Magari ai banchi di una degustazione alla cieca, dove – ne siamo certi – si mimetizzerebbe al cospetto di una batteria di Champagne. Già, lo Champagne. Quel prodotto che ci fanno pagare caro, tanto in enoteca quanto al supermercato. Ma che, in realtà, in Francia, si porta a casa con poche decine di euro.

Piccole produzioni di piccoli vigneron, capaci di assicurare (ma solo al consumatore più attento e, soprattutto, curioso) “poca spesa e tanta resa”. Non a caso l’Oltrepò e l’area dello Champagne si trovano tra il 40° e il 50° parallelo, l’area più prolifica al mondo per la viticoltura, in termini di qualità. E allora è impossibile non accostare seriamente questo Metodo Classico di Pinot Nero oltrepadano alle produzioni francesi. Anche perché – udite, udite – questa bottiglia si mette in frigorifero (quello di casa propria) per soli 10-12 euro. Come lo Champagne dei vigneron.

Di francese, il produttore Fabio Marazzi – un omone tanto grande quanto buono – ha l’eleganza e l’educazione, che poi trasferisce al proprio vino. Un vino, lo immaginiamo, coccolato grappolo per grappolo, in vigna, prima e durante la vendemmia. E pupitre dopo pupitre, in cantina. Coccole e parole: Marazzi deve proprio essere uno di quei viticoltori che parlano alle bottiglie. Amore e umiltà. Due vitamine che sembrano trasferite in purezza nel Pinot Nero Metodo Classico Pas Dosé Roccapietra Zero di Cantina Scuropasso.

Il colore, nel calice, è quello della paglia d’un fienile, su cui una nobile lussuriosa deve aver smarrito polvere d’oro, distratta dal mugnaio. Il perlage è meravigliosamente fine e persistente. Le catenelle riluccicano come gli ornamenti natalizi delle città del Nord Europa: ordinate, precise. In un contorno di limpidezza brillante.

Al naso la schiettezza del Pinot Nero, spiccata, penetrante. Capace di assumere tinte balsamiche, con l’aiuto dell’ossigeno. Al palato una freschezza invidiabile (sboccatura 6/14), lunga, che accompagna un finale al contempo minerale e (nuovamente) velatamente balsamico. Il compagno perfetto, a tavola: quello che riesce ad essere formale, se gli viene richiesta la compostezza, la struttura e la complessità degna di portate sublimi. Ma allo stesso tempo – poliedrico Metodo Classico come pochi – la capacità di scendere in gola facile, semplice, tutto sommato beverino (merito della straordinaria freschezza). La bollicina di Natale. La bollicina dell’Oltrepò della qualità.

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Eataly Lingotto, nuova cantina da 5 mila etichette

Il 27 gennaio 2007 il primo Eataly, a Torino Lingotto nell’ex opificio Carpano, apre al pubblico. Sono ormai passati quasi dieci anni ma la sede di Torino mantiene ancora oggi un ruolo centrale. Per festeggiare al massimo dello splendore “dieci anni di maturità”, Eataly Lingotto punta su una nuova cantina. Più di 5 mila etichette a scaffale, che faranno bella mostra assieme al Wine Bar Pane & Vino, alla Birreria e al ristorante stellato Casa Vicina. La casa del vino di Eataly Lingotto si estende su più di 2 mila metri quadrati, “dedicati al bere bene mangiando bene, seguendo i 3 pilastri di Eataly: comprare, mangiare e imparare”. La Cantina di Eataly Lingotto è aperta tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 22.30. Il venerdì e il sabato sera è eccezionalmente aperta fino alle ore 00.30.

“Bisogna avere il coraggio per cambiare e sono orgoglioso che Eataly Lingotto l’abbia avuto – afferma il patron Oscar Farinetti -. Arrivati al traguardo dei 10 anni, è stato dato nuovo lustro alla mamma di tutti gli Eataly e questo tenendo fede ai valori che da sempre ci contraddistinguono: l’impegno ma anche la leggerezza e naturalmente l’armonia, il valore al quale Eataly Lingotto è dedicato”. “La nuova Cantina di Eataly Lingotto sarà da esempio per gli altri punti vendita”, conferma Andrea Guerra, presidente esecutivo di Eataly. “È un negozio nel negozio – continua – che celebra le più grandi produzioni italiane raccontandone la ricchezza, la bontà e la bellezza. La varietà di proposte di alta qualità in un solo luogo è ciò che rende unica Eataly e anche la Cantina prosegue in questa direzione”.

LA NUOVA CANTINA
Le oltre 5 mila etichette provenienti da più di 30 stati rappresentano al meglio la produzione nazionale e internazionale. Si va dallo Spazio Bollicine, dedicato ai migliori marchi del Metodo Classico, ai rinomati Champagne, ma anche agli ad eccellenti Prosecco e spumanti italiani, per passare poi agli scaffali che ospitano 30 mila bottiglie di vini di 40 regioni del mondo, con una particolare attenzione alle grandi eccellenze piemontesi, Barolo e Barbaresco. La Zona Cult custodisce le bottiglie più preziose, tra le quali più di dieci annate storiche di Barolo del secolo scorso. Per gli amanti della birra non manca naturalmente un’ampia selezione delle produzioni italiane e internazionali di alta qualità: più di 11 mila bottiglie, di cui 6 mila artigianali italiane. Infine, la Cantina di Eataly propone anche oltre 500 etichette di spirits: dal torinese Vermouth alle grappe, rum, whisky e molto altro.

La Cantina non è però solamente degli alcolici ma è anche quella di stagionatura dei salumi e dei formaggi: il Culatello di Zibello, il prosciutto di Parma, Il Castelmagno e le altre eccellenze norcine e casare, in vendita al banco e in degustazione presso i Ristorantini al piano superiore, sono conservate ed esposte in un angolo aperto al pubblico e ricco di fascino, dove immergersi negli odori e nei profumi tipici dei territori e dei luoghi in cui si affinano queste bontà tutte italiane. I clienti possono inoltre scegliere il formaggio o il salume che preferiscono, acquistarlo e far concludere la stagionatura nelle Cantine di Eataly: un’opportunità unica!

PANE&VINO: IL NUOVO WINE BAR DI EATALY
L’offerta della Cantina di Eataly si amplia con una nuova proposta di ristorazione. Pane&Vino è il luogo ideale per degustare un ottimo calice di vino e, se lo si desidera, in accompagnamento un gustoso tagliere, un veloce antipasto o un piatto gourmet. Nel Wine Bar di Eataly Lingotto i clienti possono scegliere tra le più di 100 etichette presenti in Carta, 8 grandi vini al calice e, se preferiscono la bottiglia, tutta la Cantina sarà a loro disposizione. Per non rimanere a stomaco vuoto, Pane e Vino propone le Tapas del Mercato, stuzzicherie preparate con gli Alti Cibi in vendita nel Mercato di Eataly, gli Specialmente, una selezione dei migliori formaggi e salumi e i Vicini, i piatti stellati di Claudio e Anna del ristorante Casa Vicina.

LA BIRRERIA DI EATALY
Dopo New York e Roma, arriva anche a Torino la Birreria di Eataly. Ogni giorno viene proposta una selezione delle migliori produzioni brassicole italiane e internazionali:16 birre alla spina che ruotano ogni mese, 40 in bottiglia nella Carta dedicata e persino la possibilità di scegliere a scaffale l’etichetta preferita. In accompagnamento gli ottimi hamburger nel panino nelle versioni di carne – naturalmente de La Granda – pesce o verdure. E poi gli sfizi, croccanti crostini del pane appena sfornato dal forno a legna di Eataly e farciti con una selezione degli Alti Cibi, e naturalmente i fritti, perfetti con una fresca birra.

LA FAMIGLIA VICINA
Fiore all’occhiello della Cantina di Eataly è il ristorante Casa Vicina. Ristoratori da sempre, la famiglia Vicina guida il ristorante stellato di Eataly Lingotto, tenendo alti i valori che la contraddistinguono sin dal 1902: eccellente qualità delle materie prime, unione tra tradizione e territorio ma anche attenzione all’innovazione e alla soddisfazione del cliente. Claudio Vicina, quarta generazione in cucina, porta avanti il nome di famiglia con Anna e con la preziosa figura del fratello Stefano, responsabile di sala: un’unione premiata con una Stella Michelin, che brilla in tutti i loro piatti. Infine, la nuova Cantina di Eataly Lingotto sarà il palcoscenico di numerose attività didattiche per imparare qualcosa di più sul mondo del bere: cene con i produttori vitivinicoli, lezioni e incontri di degustazione. Il programma sarà presto disponibile su www.torino.eataly.it.

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Morbegno in Cantina, sabato da record per il vino di Valtellina: i nostri migliori assaggi

Cifre da capogiro per Morbegno in Cantina, nella giornata di sabato 8 ottobre. Sono 5631 i pass staccati ieri, validi per l’accesso alle vecchie cantine della città, fatte rivivere a suon di vino e prodotti gastronomici tipici della Valtellina. Impeccabile l’organizzazione, che è riuscita a tamponare i possibili disagi dovuti alle lunghe code alle porte delle cantine. La manifestazione prosegue quest’oggi e si chiuderà il prossimo weekend: sabato 15 e domenica 16 ottobre, in concomitanza con la Festa del Bitto, uno dei prodotti caseari lombardi più pregiati (il Bitto Storico è un presidio Slow Food). L’edizione 2016 prevede, proprio nel fine settimana conclusivo, un nuovo percorso speciale volto a valorizzare l’enogastronimia locale. “Quest’anno – spiega Paolo Angelone (nella foto, a destra), presidente del Consorzio Turistico di Morbegno – abbiamo cercato di dare all’evento una connotazione ancora più valtellinese. Oltre ai vini, ai banchetti allestiti all’interno delle 31 cantine visitabili è possibile trovare esclusivamente prodotti della nostra Valtellina: dai salumi ai formaggi, senza dimenticare dolci come la Bisciola. Un modo per valorizzare non solo dal punto di vista enologico ma anche gastronomico il nostro splendido territorio”. “Morbegno – aggiunge Alberto Zecca (nella foto, a sinistra), vicepresidente del Consorzio Turistico – gode di una posizione strategica non solo nel contesto della Valtellina, ma anche in quello lombardo. Ogni anno accogliamo una media di 20 mila persone, che giungono anche da altre regioni d’Italia, come per esempio il Piemonte e la Toscana, ma anche da altri Paesi, come la Svizzera, per godere delle nostre tipicità. E il feedback che ci viene offerto è sempre positivo”.

Anche Mamete Prevostini, presidente del Consorzio Vini di Valtellina e di Ascovilo, è soddisfatto dal primo bilancio dell’evento: “C’è continuità rispetto agli altri anni – commenta – e i dati sono molto incoraggianti. Per noi, la vera novità è stata l’introduzione dei wine lab in occasione della domenica d’apertura di Morbegno in Cantina. Un’iniziativa che ha dato lustro e risalto alla manifestazione e che ripeteremo certamente il prossimo anno, in collaborazione con i produttori”. Prevostini anticipa anche qualche cifra sulla prossima vendemmia: “La Valtellina produce in media 3,5 milioni di bottiglie all’anno. Un dato che subirà una lieve flessione con la vendemmia 2016, appena iniziata per le uve dello Sforzato. Nonostante le piogge di inizio stagione, che hanno favorito la peronospora, le uve risultano ad oggi in buono stato”.

I MIGLIORI VINI DEGUSTATI
Davvero ampia l’offerta enologica nelle 31 cantine fatte rivere da Morbegno in Cantina. La scopriamo con la complicità di un ‘Cicerone’ d’eccezione, il sommelier Ais Massimo Origgi, brianzolo, oggi valtellinese d’azione che collabora da tempo con il Consorzio Turistico. Al terzo weekend di degustazione la parte del leone spetta ai medio-grandi produttori, capaci di fornire agli organizzatori un quantitativo più elevato di vino. Di fatto, ieri non v’era traccia dei nuovi ‘monumenti’ della viticoltura valtellinese. Aziende come Dirupi e Rivetti & Lauro, per citarne due su tutte, che per via della limitata produzione sono riuscite a fare bella mostra di sé solo in occasione del fine settimana di apertura dell’evento. L’altra faccia della medaglia è che i mostri sacri di Valtellina – i vari Arpepe, Mamete Prevostini, Nino Negri e Rainoldi – hanno saputo confermare la grandezza della loro stella, degna di un palcoscenico nazionale ed internazionale. Un palco su cui può salire di diritto, nelle sue varie coniugazioni, la Chiavennasca, nome col quale viene chiamata localmente l’uva Nebbiolo (a proposito: secondo alcuni recenti studi, il vitigno sarebbe originario proprio della Valtellina e non del Piemonte).

A vini da non perdere come lo Sforzato di Valtellina Albareda di Mamete Prevostini (in degustazione una vendemmia 2012 succosa, più pronta ad oggi di un vino di luminosa prospettiva come il 5 Stelle Sfursat di Nino Negri 2011, ancora un ‘infante’ nel calice) si affiancano gli ottimi Inferno Carlo Negri Valtellina Superiore Docg 2012 (degustabile sul percorso rosso, ‘fermata’ Gerosa: rivela anch’esso un futuro strabiliante per acidità e tannino) e il Grumello 2011 Arpepe (40 giorni sulle bucce e utilizzo di botti di castagno, come vuole la tradizione, ormai sulla via della definitiva riscoperta). Per completezza e qualità della gamma espressa a Morbegno in Cantina, un riconoscimento speciale va alla Aldo Rainoldi, capaci di spaziare dall’ottimo Inferno in vendita nei supermercati a prodotti di straordinaria freschezza e piacevolezza come il Prugnolo 2012, 13%, criomacerazione e utilizzo di barrique precedentemente utilizzate per lo Sforzato: un “vino quotidiano” d’eccezione il cui prezzo si aggira sui 10 euro.

Senza dimenticare, sempre di Rainoldi, le punte espresse dalle due Riserve di Sassella e Grumello Docg 2010 (interessante da valutare nell’evoluzione in bottiglia il primo, mentre il secondo, ottenuto da un unico vigneto posto a 600 metri sul livello del mare, oltre allo sprint futuro, regala un presente già delizioso), nonché dal Brut Rosè Metodo Classico, ottenuto da uve Nebbiolo vinificate in rosato assieme a una piccola percentuale di uve Pignola e Rossola: letteralmente l’unica bollicina che merita una menzione tra quelle presenti ai banchi d’assaggio. Ottima anche la vendemmia tardiva Crespino, sempre a firma Rainoldi. Da concedersi al termine della degustazione il sorprendente passito Vertemate di Mamete Prevostini, nome che ricorda la splendida villa di Piuro (frazione del Comune di Prosto, nei pressi di Chiavenna, SO) nei cui giardini sorgono le vigne di Riesling e Gewurztraminer da cui prende vita questo vino speciale (residuo zuccherino elevato, pari a 80-90 g/l).

Tra i ‘volti’ meno noti al pubblico non residente in Valtellina, da non perdere il Valtellina Superiore Valgella Docg 2009 di Cantina Motalli (Teglio, SO): vino di grande complessità, ottenuto in purezza da uve Chiavennasca del singolo cru ‘Le Urscele’. Anche il Valtellina Superiore Docg Grumello 2011 Red Edition di Plozza Vini Tirano, con il suo doppio passaggio in legno (prima rovere, poi castagno) svela ottime potenzialità di evoluzione, con un tannino e un’acidità stuzzicanti, in prospettiva. E’ invece di Triacca (Tenuta La Gatta di Bianzone, SO) il Valtellina Superiore Docg 2011 “Prestigio”, 14%, 100% Chiavennasca che affina 12 mesi in barrique di rovere francese nuove: un altro ottimo aspirante al trono della longevità.

De La Perla di Marco Triacca, invece, è il Valtellina Superiore Docg 2011 “La Mossa”: ottenuto dal vigneto situato in Valgella, affina due anni in botti grandi di rovere e un anno in bottiglia, prima della commercializzazione. Degno di nota anche il Valtellina Superiore Docg Riserva 2009 “Giupa” di Caven, azienda agricola del gruppo Nera Vini. Prodotto in edizione limitata dalla vendemmia tardiva di uve Nebbiolo, affina per circa 6 mesi in piccole botti di rovere, per poi maturare per ulteriori 18 mesi in botte grande, sempre di rovere. Da provare, infine, “Le Filine”, il Valtellina Superiore Docg 2011 di Vini Dei Giop, realtà di Villa di Tirano che opera in regime biologico, pur non certificato. Ennesimo vino di prospettiva, ottenuto da piccoli appezzamenti di vigna, “Le Filine” appunto, strappati letteralmente alle rocce, che fanno da contorno.

NON SOLO VINO
Due, in assoluto, gli incontri da non mancare con la gastronomia Valtellinese a Morbegno in Cantina. Il pilastro locale, vera e propria istituzione in città, è il negozio di alimentari Fratelli Ciapponi di Piazza III Novembre 23. Una di quelle botteghe d’altri tempi, in cui trovare delizie enogastronomiche non solo locali. Del posto sono certamente le forme di formaggio Bitto in bella mostra nelle ‘segrete’ del negozio, aperte al pubblico. Tra queste, si potrà scorgere anche qualche forma di Bitto Storico di 15 anni. Fornitissima anche l’enoteca, che oltre a offrire una panorama pressoché completo della viticultura Valtellinese, non dimentica di annoverare le più prestigiose case vinicole italiane, passando addirittura per alcune tra le più note maison di Champagne francese. I più fortunati riusciranno anche a conoscere il signor Ciapponi, anima e cuore della storica attività, pronto a regalare sorrisi e battute geniali.

Per i più giovani, invece, l’appuntamento è con il modernissimo food truck Marco Gerosa e Massimo Rapella “L’idea è quella di proporre ai nostri tempi i sapori che avevano in bocca i nostri nonni – spiega Marco Gerosa -. Pertanto è nata l’idea del cibo ‘bio-grafico’, che riprende ricette storiche tradizionali, mediante utilizzo di materia prima esclusivamente locale. Un esempio su tutti è quello delle farine: è più facile trovarne di estere, anche nel nostro territorio. I nostri prodotti sono invece ottenuti da farina di grano saraceno e segale nata, cresciuta e macinata in Valtelina, in particolare nei comuni di Ponte e Morbegno. I nostri nonni di certo non compravano saraceno in Cina! Il valore aggiunto è la valorizzazione della territorialità e della tipicità dei prodotti ottenuti dall’arco alpino, unici al mondo. E anche i nostri salumi vengono trattati come li trattavano i nostri nonni”. Un evento al mese per Il Carretto Valtellina Street Food, che a Morbegno propone, oltre agli sciatt, un panino di segale della Valtellina spalmato con burro aromatizzato al timo selvatico, ripieno di slinzega di codone.

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“Bollicine di Lombardia”: la Franciacorta snobba l’evento Ais in Oltrepò Pavese

“Non voglio polemizzare. Loro, semplicemente, non si riconoscono nelle ‘Bollicine di Lombardia’ e noi ne prendiamo atto”. Commenta così Fiorenzo Detti, presidente Ais Lombardia, la decisione del Consorzio Franciacorta di disertare l’evento “Bollicine di Lombardia”, organizzato proprio dall’Associazione Italiana Sommelier in Oltrepò Pavese. L’appuntamento, in programma da ieri pomeriggio e fino a questa sera all’Enoteca Regionale della Lombardia di Cassino Po, a Broni, ha come obiettivo la valorizzazione e la promozione degli spumanti Metodo Classico e Metodo Charmat prodotti nella regione. Più di 50 le aziende che hanno aderito, di cui 35 sono pavesi. Secondo quanto spiegato da Detti, i “franciacortini” avrebbero storto il naso proprio di fronte alla definizione di “Bollicine di Lombardia”. Troppo “riduttiva” per descrivere quello che, dalle parte di Brescia, amano definire “Metodo Franciacorta”, snobbando così anche la definizione di “Metodo Classico”, internazionalmente riconosciuta per la seconda rifermentazione in bottiglia. Il presidente Ais si mostra pacato davanti ai microfoni di vinialsupermercato.it. Ma non risparmia qualche stoccata in occasione della conferenza di presentazione del banco di assaggio. “Da qualche parte, in Lombardia – ha dichiarato Detti – amano guardare gli altri dall’alto al basso. I 15 milioni di bottiglie che è arrivata a produrre la Franciacorta sono tanti, ma credo che faranno sempre più fatica in futuro, soprattutto per come intendono posizionarsi su un mercato dove il competitor principale è lo Champagne, con i suoi 340 milioni di bottiglie”.

L’APPELLO ALL’UNITA’ DELL’OLTREPO’
Parole in cui affiora l’orgoglio pavese del presidente Ais, nato e cresciuto a Bereguardo. Di fatto, Fiorenzo Detti coglie la palla al balzo per lanciare un appello anche al suo Oltrepò. “La Franciacorta – ha commentato – resta per tutti un esempio da imitare. Da osservatore mi sembra di poter sostenere che da quelle parti viga una sorta di dittatura democratica: tutti parlano, ma alla fine si arriva al dunque e si decide qualcosa. E quello che si decide è sempre nel bene comune della Franciacorta. Vorrei che anche il nostro Oltrepò discutesse e si confrontasse costruttivamente, per portare a casa un valore aggiunto e non per distruggere. Sono convinto che le idee possano essere diverse, ma nel momento in cui insieme discutiamo, litighiamo, picchiamo i pugni sul tavolo, da quella riunione si debba uscire più compatti e più forti di prima, non più frazionati”.

Un appello al cuore del Consorzio Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese, rappresentato nella giornata di ieri all’enoteca regionale dal direttore e segretario Emanuele Bottiroli. Ma anche al Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese, costola scissionista dello stesso Consorzio, capitanata da Fabiano Giorgi. La ricetta del presidente Ais? “Non è facile, ne sono consapevole – ha chiosato -. Se fosse un piatto, sarebbe sicuramente complicato da realizzare e ricco di tanti ingredienti difficili da far sposare assieme. Ci sono tante teste, tanti interessi. Il mio invito, tuttavia, è quello di mettere nel cassetto i personalismi in nome di un valore che possa essere di territorio e di gruppo”.

IL BANCO D’ASSAGGIO
Un valore assoluto, quello dei vini dell’Oltrepò Pavese, che spicca al banco d’assaggio organizzato dall’Ais, anche tra ottime “bollicine” di Franciacorta. All’eccezionale Extra Brut Riserva 2009 “Curtel”, di cui la cantina Massussi di Iseo (Brescia) ha prodotto solo 2.500 bottiglie (70% Chardonnay, 15% Pinot Bianco, 15% Pinot Nero, 60 mesi sui lieviti che danno vita a un nettare dorato, dai profumi intensi e dal palato in cui lievitano note persistenti di agrumi) risponde a testa alta il Pinot Nero Brut Roccapietra di Cantina Scuropasso (Pietra de’ Giorgi, Pv), tra gli assaggi più interessanti di “Bollicine di Lombardia” per complessità, senza disdegnare un rapporto qualità-prezzo strabiliante.

Delizioso anche il Metodo Classico Extra Brut La Perla di Marco Triacca, interessante realtà della Valtellina capace di spaziare da un’austera Chiavennasca (Nebbiolo) a una bollicina fragrante, ottenuta dalla vinificazione per iperossidazione dell’autoctona Pignola valtellinese, vitigno a bacca rossa. Ventiquattro mesi sui lieviti. Risponde per l’Oltrepò l’ottima Cuvée Bussolera Extra Brut Pinot Nero 2013 Le Fracce (Mairano di Casteggio, Pv) nonché il 100% Pinot Nero Giorgi 1870, Gran Cuvèe storica Metodo Classico Docg provenienti dalle zone più vocate del vigneto, nei comuni di Montecalvo Versiggia, Santa Maria Della Versa e Rocca De’ Giorgi.

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Milano Golosa 2016, dalla Vitovska allo Champagne: sette imperdibili master class

Un confronto sui metodi alternativi di vinificazione e affinamento del vino e sette importanti master class: è un’offerta quanto mai ricca per gli appassionati di vino quella che Davide Paolini sta preparando per la quinta edizione di Milano Golosa, la manifestazione gastronomica in programma dal 15 al 17 ottobre a Palazzo del Ghiaccio. Il momento di dibattito più atteso è certamente quello di lunedì 17 ottobre alle ore 11 con l’incontro dal titolo Pietra, vetro, porcellana: nuove vie per il vino? Tre produttori di frontiera porteranno le loro esperienze di vinificazione e affinamento in contenitori diversi dal legno e dall’acciaio. Benjamin Zidarich, vignaiolo del Carso, racconterà della tradizione millenaria di conservare vino e olio in vasi di pietra ricavata dalle cave della zona. Contenitori che ha ripensato per la vinificazione sulle bucce della Vitovska, grazie alla naturale capacità di controllare la temperatura della pietra. Stefano Amerighi porterà l’esperienza maturata sui Monti Sibillini ad Arquata del Tronto, oggi devastata dal terremoto, dove dal 2012 fa affinare il Pecorino in damigiane di vetro da 54 litri, un contenitore che definisce semplicemente “perfetto”. Con il piemontese Fabio Gea si potrà invece conoscere un percorso iniziato nel 2010 per la sperimentazione di innovativi contenitori vinari progettati ad hoc per le sue specifiche esigenze, realizzati in particolari ceramiche cotte ad alte temperature, come i grès e le porcellane. Al termine del dibattito si potranno degustare i vini affinati in pietra, vetro e ceramica.

LE DEGUSTAZIONI
Sette le degustazioni che animeranno i tre giorni di Milano Golosa 2016 con un calendario organizzato in collaborazione con WineMi, la rete che raggruppa 5 enoteche storiche milanesi, simbolo della cultura del bere bene meneghino: Enoteca Eno Club, Cantine Isola, La Cantina di Franco, Enoteca Ronchi, Radrizzani Drogheria Enoteca, in partnership con alcune importanti cantine italiane. Ci sarà quindi l’occasione per assaggiare le espressioni più significative della viticoltura nazionale con un’intensa incursione nello Champagne con la Maison Thiénot.

Di calice in calice, si farà tappa nel Salento, nella Val d’Orcia, nella Valpolicella, nel Collio, nella Valtenesi, nel Pomino con Feudi San Marzano, Col d’Orcia, Marion, Jermann, Costaripa, Frescobaldi. Le degustazioni avranno una durata di circa un’ora e mezza e saranno guidate dagli esperti delle case vinicole in questione: non si tratterà di semplici introduzioni al vino, ma di veri e propri approfondimenti che avvicineranno i visitatori alle più pregiate etichette ed annate. Completa l’offerta enologica la presenza tra i banchi d’assaggio di numerose cantine di alto livello, provenienti da tutta Italia.

GLI ORARI DI MILANO GOLOSA
Milano Golosa sarà aperta al pubblico sabato 15 ottobre (dalle 13 alle 21), domenica 16 ottobre (dalle 10 alle 20) e lunedì 17 ottobre (dalle 10 alle 17). Tanti gli eventi che coinvolgeranno anche altri luoghi – ristoranti ed enoteche del centro – con il programma di Fuori Milano Golosa. Il biglietto d’ingresso, come nelle passate edizioni sarà di 10 euro a persona, 5 euro per i bambini dai 6 ai 12, bambini minori di 6 anni gratuito. Il programma sarà presto disponibile sul sito della manifestazione (www.milanogolosa.it).

IL PROGRAMMA COMPLETO

SABATO 15 OTTOBRE
14.30 Il primitivo: dal frutto ai lunghi affinamenti (Feudi San Marzano)
Un percorso di degustazione con protagonista prodotti 100% Primitivo: da primitivi di frutto e freschezza, passando per medi e lunghi affinamenti in botte, fino ad arrivare alla DOCG Primitivo di Manduria Dolce Naturale e alla grappa, per esplorare le potenzialità di un uno dei vitigni principe della Puglia.

16.30 Poggio al Vento: la perla bruna di Montalcino (Col d’Orcia)
Verticale di grandi annate di Brunello Riserva Poggio al Vento, uno dei primi crù di Montalcino, massima espressione della tradizione e del rispetto del territorio dell’azienda.

18.30 Thiénot – Une grande Maison d’aujourd’hui
25 anni fa, Alain Thiénot fondava in Champagne una nuova azienda, fedele ai valori essenziali della qualità, della modernità e del lusso. Questa intraprendente scommessa chiarisce perfettamente la personalità di un imprenditore volitivo grazie ai suoi valori del «terroir», alla sua abilità e alla sua capacità comunicativa.

DOMENICA 16 OTTOBRE
12.00 La vigna in rosa (Costaripa)
Attraverso la degustazione di “Rosamara”, “Molmenti”(degustazione in anteprima, questo vino verrà commercializzato da marzo 2017), “Mattia Vezzola Brut Rosè” Met. Classico S.A.,“Mattia Vezzola Grande Annata Rosè 2011” Met. Classico, si scopre il profilo sensoriale del Valtènesi Rosè, il vino più nobile e rappresentativo del Lago di Garda, rendendolo unico e contemporaneo.

14.00 Il Collio di Silvio Jermann
Jermann è la storia di una passione che arriva da molto lontano, un marchio che è simbolo di qualità e valorizzazione del territorio. Dagli anni Settanta Silvio Jermann, grazie alla sua genialità e fantasia, dà una svolta epocale all’azienda fondata da Anton nel 1881 e porta i vini ai vertici italiani e mondiali.

16.00 La Valpolicella secondo Marion
Un viaggio nella Valpolicella, attraverso gli eleganti vini di Marion che esprimono le varietà più storiche di questa terra.

18.00 Frescobaldi presenta Leonia e il territorio di Pomino
Un vino che esprime la voglia di intraprendere nuove strade, coraggioso e determinato, dal carattere espressivo ed elegante come la trisavola Leonia che ha ispirato Frescobaldi nella scelta innovativa di impiantare vitigni francesi a Pomino.

LUNEDI 17 OTTOBRE
11.00 Pietra, vetro, porcellana: nuove vie per il vino?
Benjamin Zidarich, Stefano Amerighi e Fabio Gea raccontano i particolari metodi di affinamento in pietra, vetro e porcellana che utilizzano per i loro vini.

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“Barbera e Champagne”, da Gaber ad Agliano Terme un weekend per winelovers

Sabato 8 e domenica 9 ottobre ad Agliano Terme va in scena la prima edizione di Barbera e Champagne, festival organizzato da Barbera Agliano in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber. Le bollicine francesi e la Barbera d’Asti si incontreranno fra le colline astigiane in un brindisi ideale, come nella celebre canzone di Giorgio Gaber, sulle note di un programma che unirà cibo, vino, musica e cultura. Ospiti Massimo Cotto, Giulio Casale, Andrea Scanzi. Apertura delle degustazioni prevista per Sabato 8 alle ore 17 con una selezione di etichette di entrambi i vini. Accanto alla Barbera  diversi produttori francesi di champagne che proporranno i loro vini abbini a ostriche, rakfisk, piatto tipico norvegese e formaggi sempre norvegesi. Previsto anche l’allestimento di un ristorante dove gli chef della Scuola Alberghiere locale creeranno menù per turisti ed enoappassionati tutti in abbinamento ai vini protagonisti. Sabato 8 alle ore 18, inoltre, nella splendida cornice del Relais Villa Fontana, verrà organizzata una degustazione di riserve di Champagne su prenotazione via mail a info@barbera-agliano.com. Un cena conclusiva è prevista inoltre nella sede di Asti della Scuola Alberghiera, durante la quale verranno proposti altri piatti in abbinamento a Barbera e Champagne (sempre su prenotazione). La Fondazione Gaber partner dell’evento ha invece organizzato tre eventi culturali. Sabato 8 alle ore 21, dialogo fra Massimo Cotto e Paolo Dal Bon sul tema “Il mio Monferrato tra musica e cultura”. A seguire alle ore 21.45 Giulio Casale con lo spettacolo “Vino, Canzoni e Illuminazioni”, appositamente ideato per l’occasione. Domenica 9 alle ore 15 Andrea Scanzi terrà un incontro dal titolo “Elogio dell’invecchiamento”, successo editoriale che ha scritto dopo essere diventato un sommelier. A chiudere anche un angolo musicale da domenica pomeriggio alle ore 17, con il concerto della Palmarosa Band, ‘Atmosfere musicali da un juke box anni ’50’.

Barbera Agliano è un’associazione nata a luglio 2013 per promuovere le eccellenze di Agliano Terme, uno fra i paesi astigiani con la maggior percentuale di vigneti coltivati a Barbera. La sua peculiarità è quella di aver riunito le principali attività del paese: non solo produttori, ma anche ristoratori, commercianti e albergatori, i quali hanno deciso di mettersi in rete per far conoscere vino, cibo, paesaggio e cultura locale ai sempre più numerosi turisti, italiani e stranieri, che scelgono di visitare il Monferrato.

Il principale obiettivo dei 44 soci che sinora hanno aderito a Barbera Agliano è valorizzare, con la collaborazione delle istituzioni locali, i molti aspetti che contraddistinguono il paese: la Barbera e i suoi produttori, le Terme, la Scuola Alberghiera e le specialità gastronomiche, il centro storico e le suggestive borgate sulle colline circostanti, l’offerta turistico-alberghiera.

Barbera Agliano intende organizzare eventi culturali ed iniziative enogastronomiche, incentivando lo sviluppo economico delle varie realtà e puntando sulla promozione a 360 gradi su tutti i mezzi di informazione e comunicazione. La sfida appena intrapresa vuole contribuire a far diventare il nome di Agliano Terme sempre più sinonimo di Barbera, una scommessa ambiziosa ma proprio per questo ancora più stimolante.

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Vini al supermercato

Brut De Meyran Blanc de Blancs Méthode Traditionnelle, Caves Elisabeth

(3,5 / 5) Sotto la lente di Vinialsuper il Brut De Meyran Blanc de Blancs Méthode Traditionnelle (Metodo Classico) in vendita nei supermercati Esselunga. Uno spumante, il “Caves Elisabeth”, prodotto da Veuve Amiot, attiva sin dal 1884 a Saint-Hilaire-Saint Florent, Saumur Cedex.

Positivo il giudizio della degustazione. Una bollicina profumata, fresca e fragrante quella prodotta dalla maison Veuve Amiot per i supermercati di Caprotti. Il nome “Caves Elisabeth” ricorda la vedova di Armand Amiot, Elisabeth per l’appunto, che diede avvio al successo dell’azienda, sul finire dell’Ottocento. Un appunto a Esselunga: giusto pretendere dai propri fornitori retro etichette in italiano.

Prezzo: 7,90 euro,
Acquistato presso: Esselunga

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Un prosecco da guinness: è record a Brooklyn

Sabato scorso il Prosecco, vino dei record commerciali, ha ottenuto un nuovo primato, il Poppin Prosecco & Breaking Records entrando così nel Guinness World Record per il maggior numero di bottiglie stappate in sequenza. Ben 291 le bottiglie stappate senza soluzione di continuità davanti ai membri della giuria. Il “super pop”, si è svolto al Pig Beach di Brooklyn davanti ad un pubblico di 350 persone . Superato il record precedente conseguito a Londra lo scorso anno con 285 bottiglie di Champagne. A fornire le bottiglie quattro aziende associate al Consorzio Prosecco Doc: Astoria, La Marca, Mionetto, e Zonin. Quando si dice un prosecco tira l’altro…anche se il record di apertura con sciabolatura conquistato recentemente a Santo Stefano Belbo è più pittoresco.
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Approfondimenti

Wine of the Decade: il miglior Champagne dei 2000 è Piper-Heidsieck Rare 2002

La quarta edizione della rassegna Wine of the Decade, organizzata da esperti di wine trade, FINE Champagne Magazine e Tastingbook.com, è stata dedicata agli Champagne prodotti nel decennio 2000-2009. Il compito di stilare la classifica è spettato a un team composto dalla redazione dell’unico magazine al mondo totalmente dedicato allo Champagne, ovvero FINE Champagne Magazine, e dagli esperti di Tastingbook.com. Qual è il miglior Champagne degli anni 2000? Tra il 2015 e il 2016 la giuria ha valutato, in seguito a degustazioni alla cieca, più di 1000 Champagne. Solo i migliori 100 hanno ottenuto l’accesso alla finale, tenutasi a Reims, in Francia. Ad aggiudicarsi la vittoria è PIPER-HEIDSIECK Rare 2002, eletto Champagne of the Decade 2000’s dopo aver sbaragliato la concorrenza di tutte le Cuvée Prestige, bianche e rosé, e di tutti i Vintage Champagne realizzati tra il 2000 e il 2009. Dopo l’eccezionale riconoscimento attribuito dal magazine Wine Spectator a Rare Magnum 1998 e Rare 2002, fregiati rispettivamente del 1° e del 2° posto nella classifica di Dicembre 2015, il successo del Champagne of the Decade è un’ulteriore prova dello straordinario talento del pluripremiato Chef de Cave Régis Camus.

La classifica completa:

1) Piper-Heidsieck Rare 2002
2) Krug Clos du Mesnil 2000
3) Louis Roederer Cristal Rosé 2002
4) Krug Clos du Mesnil 2002
5 ) Dom Pérignon 2002
6) Dom Pérignon Rosé 2000
7) Louis Roederer Cristal 2002
8) Taittinger Comtes de Champagne Blanc de Blancs Brut 2002
9) Louis Roederer Cristal Rosé 2004
10) Dom Pérignon Rosé 2005

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Approfondimenti news

A Milano gli Champagne La Chapelle e José Michel di vinodalproduttore.it

Un paio di star, qualche buon attore. Diversi figuranti. La degustazione di Champagne delle maison La Chapelle e José Michel & Fils organizzata ieri pomeriggio da vinodalproduttore.it a Milano, negli spazi Multiverso di via Mecenate 77, regala al folto pubblico intervenuto due certezze assolute. A dominare la scena è Privilège Brut Cru La Chapelle, ottenuto dall’assemblaggio di un 40% di Pinot Meunier, un 35% di Pinot Noir e un 25% di Chardonnay. Una bollicina francese raffinata, di struttura. Elegante ed armonica. Naso di crosta di pane tostata e palato croccante. Ottima anche la persistenza delle note minerali e agrumate nel retro olfattivo. Una cuvée prodotta nel villaggio vinicolo di Ville Dommange, 1er Cru de la Coté Ouest, paesino di 500 anime del dipartimento della Marna, nella regione della Champagne Ardenne.

Servito dagli ottimi sommelier Fisar della delegazione di Milano Duomo anche Special Club 2007 di José Michel & Fils, l’altra bella sorpresa del pomeriggio meneghino. Una cuvée ugualmente spartita tra Pinot Meunier e Chardonnay spremuti da vigne vecchie di 70 anni, prodotto con la stessa etichetta da 28 produttori consorziati seguendo un rigorosissimo disciplinare, che prevede (tra l’altro) un periodo minimo d’affinamento di 3 anni prima della commercializzazione. Si tratta indubbiamente del prodotto di punta della maison di Moussy, altro paradiso della Champagne Ardenne. Naso intenso, elegante e fine che racconta sentori di frutta a polpa bianca, crosta di pane e fiori. Rispondente al palato, dove a dominare sono ancora le note delicate di frutta. Interessanti anche il Brut Gran Vintage 2007 e il Blanc de Blancs 2007 di José Michel & Fils, così come il Millesimé Brut 2008 (33,3% Meunier, 33% Pinot Noir, 33,7% Chardonnay) di La Chapele. Restano solamente ‘comparse’ i rosé proposti in degustazione: dal Nuance Brut di La Chapelle al 50% Pinot Noir e Meunier di Michel, nessuno convince appieno.

GLI ORGANIZZATORI
Soddisfatto dal successo dell’evento Guido Groppi, titolare del portale milanese di e-commerce del vino vinodalproduttore.it. “Quella che proponiamo – spiega – è una formula diversa da tutti gli altri. Dopo aver selezionato produttori di grande qualità, poniamo in vendita i loro vini e li promuoviamo anche grazie ad eventi come questo. Il vino viene consegnato al cliente direttamente dalla cantina del produttore, mediante il nostro servizio spedizioni che non fa altro che prelevare il pacco in cantina e consegnarlo all’indirizzo segnalato del cliente. Questo garantisce alcuni vantaggi: innanzitutto assicuriamo la qualità della conservazione. E inoltre il nostro assortimento è costituito sostanzialmente da quanto il produttore stesso ha in cantina, comprese le grandi annate e i grandi formati”.

Un’idea nata nel 2010, spiega Groppi, “quando mi sono messo a cercare chi vendeva il vino Montevetrano dei Colli di Salerno prodotto da mia suocera”. “Mi sono reso conto così che tutte le enoteche, comprese quelle online, compravano dai produttori, stoccavano e vendevano poi all’utente finale. Vinodalproduttore.it inverte semplicemente questa procedura: il vino resta in casa del produttore sino a quando il cliente non lo acquista tramite il nostro portale, eliminando così tutti i problemi dovuti allo stoccaggio da parte di terzi”. Il prezzo di vendita, a maggior ragione, è concordato preventivamente con il produttore. Un procedimento, dunque, che veste d’etica l’intera filiera. “All’inizio è stato difficilissimo – ammette Guido Groppi – perché la maggior parte dei produttori viveva con una certa diffidenza il mondo di Internet, anche per esperienze negative vissute con altre ‘enoteche online’. Poi un certo numero di produttori di livello ha iniziato a darci fiducia, rendendosi conto della coerenza della nostra proposta. In un mondo tutto sommato piccolo, come quello del vino di qualità, la nostra onestà, alla lunga, ha pagato”. Vinodalproduttore.it può contare su una squadra di dieci persone, a cui sono affidate le sorti (sul web) di 55 produttori ‘associati’.

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E se l’Asti Docg fosse dry?

Asti Docg, vino unico nel suo genere a Denominazione di Origine Controllata e Garantita è lo spumante aromatico dolce per eccellenza. Ma qualcosa potrebbe cambiare. Una versione dell’Asti Docg meno dolce potrebbe arrivare presto sugli scaffali di gdo ed horeca. E’ in corso la valutazione, da parte del Consorzio, di inserire una versione “dry” dell’Asti. A dichiararlo è lo stesso presidente Giorgio Bosticco durante un’intervista alla Stampa. Il lavoro è iniziato da circa un anno, a seguito delle sollecitazioni di alcuni membri del Consorzio. E’ stato costituito un team di progetto di enologi per verificare la fattibilità di una versione a ridotto contenuto zuccherino. La richiesta nasce dalla tendenza del consumo in ambito spumantistico verso contenuti più secchi. Il nome di questa nuova versione Asti Docg è ancora tutto da definire ed è stato commissionato ad una agenzia specializzata anche se sono già molte le polemiche sul rischio di compromettere ulteriormente le vendite in crisi dell’Asti Docg e del Moscato di Asti. La volontà è comunque quella di non snaturare l’identità dell’uva moscato, un’ uva aromatica unica ed irripetibile. Da settembre  saranno eseguite ricerche di mercato in Italia ed in Germania per avere riscontri  lato consumatore . Una mossa delicata che si gioca da un lato sull’opportunità di cogliere positivi trend di mercato, sulla scia della prosecco mania, dall’altro sul cercare di evitare confusioni al consumatore che  riconosce nell’Asti Docg da sempre un prodotto dolce. Difficile quindi il corretto posizionamento, ma in Italia e all’estero ci sono già history case di successo, basti pensare allo champagne che resta champagne anche se si può scegliere un dosaggio da brut a dolce, o al prosecco dry o extra dry o brut.  Una mossa che potrebbe dare un po’ di respiro ai produttori ancora divisi tra lo svoltare e il rimanere nella cosiddetta zona di confort.

 

 

 

 

 

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Alassio e i dieci Champagne da bere almeno una volta nella vita

Milleottocento bottiglie per cinquecento partecipanti, tra semplici amanti delle nobili “bollicine” francesi ed esperti del settore.  Un successo senza pari quello di “Un mare di Champagne”, l’evento che lunedì 20 giugno ha reso Alassio capitale del Pinot Noir, dello Chardonnay e del Pinot Meunier. Numeri da capogiro se confrontati con l’edizione precedente, che aveva fatto registrare il “botto” di mille bottiglie per 350 persone, nella splendida cornice del Grand Hotel Alassio & Spa di via Gramsci 2/4. E se gli organizzatori del Consorzio Macramé sorridono, non sono da meno i partner gastronomici di Selecta Spa, con i banchetti del gusto presi letteralmente d’assalto dai presenti, per accaparrarsi un’ostrica o una fetta di culatello. Delizioso anche l’olio e le olive a marchio Novaro (Olio Novaro 1860, Imperia), offerto in assaggio dal sales director Enrico Novaro. Come impareggiabili sono risultate le creme di Maison della Nocciola (Settimo Torinese, Torino), con cui la general manager Giovanna Galletti ha ammaliato gli astanti. Ma il vero protagonista dell’evento è stato, ovviamente, lo Champagne. Di seguito le nostre migliori degustazioni. Si tratta di bottiglie non reperibili nella grande distribuzione organizzata, acquistabili nelle migliori enoteche e reperibili nei grandi ristoranti.

IL PODIO
Sul gradino più alto del podio finiscono due piccoli produttori: Ulysse Collin e Frank Pascal. Splendido Les Roises Extra Brut di Ulysse Collin – un Blanc del Blanc Extra Brut che può vantare un breve periodo di fermentazione in legno, ottenuto da vigne di 60 anni, un cru meraviglioso sia al naso sia al palato – e memorabile il Quintessence Extra Brut 2005 di Frank Pascal – 60% Pinot Nero, 25% Meunier, 15% Chardonnay biologico, con 4g/litro di residuo zuccherino – che avvolge il naso con richiami di miele d’acacia, una golosità che ritroviamo anche al palato, sinuoso e perfetto nel corpo, dove il Noir si fa sentire eccome.

Altro pari merito, al secondo posto, per due produttori di Champagne tra loro molto diversi: Duval – Leroy, distribuito dalla Compagnia dei Caraibi Srl (To) e rappresentati ad Alassio da Marco Galasso, e Lanson, gruppo Duca di Salaparuta Spa, maison di Reims raccontata dal wine ambassador Andrea Pellegrini. Il Rosè Prestige Brut Premier Cru, ottenuto da un 90% di Pinot Noir e un 10% di Chardonnay della Cote des Blancs è un gioiellino: d’un rosa salmone brillante, regala al naso note intense di ciliegia, fragoline di bosco e fico, impreziosite da un pizzico austero di zenzero. Un rosè di grande eleganza anche al palato, dove le note fruttate del Pinot Noir giocano con un perlage soffice come le nuvole. Lascia il segno, come una bella donna, anche Femme de Champagne Millésime 2002 Brut di Duval – Leroy, il 100% Pinot Nero Grand Cru che costituisce l’eredità del patron della maison alla moglie Carol, che ora conduce assieme ai figli Julien, Charles e Louis il tesoro di una “famiglia indipendente”, come recita il claim aziendale, dal 1859. Da una piccola maison, lady Carol ha trasformato in pochi anni la Duval – Leroy in un colosso fondato proprio su questo rosè unico. Sino ad arrivare a produrre qualcosa come 6 milioni di bottiglie, grazie ai 200 ettari di vigne e all’uva selezionata scrupolosamente da selezionati terzisti.

L’ottimo Andrea Pellegrini presenta invece la vasta gamma di Champagne Lanson, che apprezziamo particolarmente per l’anticonformismo (è proprio il caso di dirlo) nel dosaggio a 4 grammi litro per la maggior parte della produzione. Segnaliamo dunque l’Extra Age Brut Lanson, blend composto per il 40% da Chardonnay e per il 60% da Pinot Noir. Le uve provengono esclusivamente da vigneti selezionati “Grand Cru” e “Premier Cru” e costituiscono il matrimonio di tre eccezionali annate come la 2002, la 2004 e la 2005. Cinque anni (minimo) di affinamento per regalare all’esame visivo un giallo paglierino intenso e un perlage molto fine. Pan speziato e miele la fanno da padrona all’olfatto, assieme a note fruttate di pesca e frutta secca. Mentre in bocca lascia il segno una struttura sostenuta da una bella acidità, con le note fruttate a fare da contorno. Da bere almeno una volta nella vita anche il Gold Label Vintage 2005 Lanson, ottenuto in prevalenza da Pinot Nero, con un’aggiunta di Chardonnay che, per il millesimo in questione, si assesta attorno al 45%. Uno champagne prodotto esclusivamente nelle annate migliori, che prevede un affinamento minimo di 5 anni in seguito alla pigiatura delle uve provenienti dai cru Cramant e Le Mesnil-Sur-Oger (Chardonnay) e Ay, Louvois, Verzenay e Verzy per il Pinot Noir. Anche se il calice della degustazione non esalta il perlage, le “catenelle” sono presenti, persistenti e fini. Ancora note “grasse” al naso prima e al palato poi, con il miele d’acacia e la frutta candita. Pienezza straordinaria al palato, per uno Champagne di gran classe.

Come non citare, sul podio, Perrier-Jouet col suo Belle Epoque 2007: terzo posto nella nostra speciale classifica. Champagne e maison che non hanno bisogno di presentazioni, con la distribuzione italiana affidata alla Marchesi Antinori Spa di Firenze, rappresentata alla grande ad Alassio dall’istrionico direttore commerciale Leo Damiani. Otto grammi litro il dosaggio del Grand Brut, così come per il Blason Rosé Perrier-Jouet. Bottiglie “piacione”, che citiamo solo per dovere di cronaca e che non facciamo rientrare nella classifica delle migliori degustate. Produzioni, queste, nate per ammaliare un pubblico vasto. Volutamente “così”. E, come tali, in grado di strizzare l’occhio a un gentil sesso non necessariamente esperto del settore. Il Grand Brut (40% Chardonnay, 40% Meunier, 20% Pinot Noir) è uno degli Champagne più rotondi reperibili sul mercato, e non solo al “Mare” di Macramè. Una “bollicina” ottenuta da un 70-80% di vini di vendemmia, cui va a sommarsi un 20-30% di vini di riserva. “La sua forza è la costanza nel tempo, nello stile, difficile da conseguire di anno in anno – ammette Leo Damiani -. Il Grand Brut è lo stereotipo dello Champagne”. Persistenza e semplicità, da gettare distrattamente in un flute. Blason Rosé è la declinazione in rosa di quanto appena descritto. Una trama più complessa al palato, che si gioca tutto sull’acidità e sulle note agrumate. Un quadro piacevole e, nuovamente, rotondo.

LE ALTRE DEGUSTAZIONI
Quarto posto per il Brut Grand Cru Blanc de Blancs di Encry, distribuito in Italia da Proposta Vini di Pergine Valsugana, Trento. Ennesimo dosaggio a 4 grammi litro che apprezziamo sin da subito per la luminosità del giallo paglierino che colora il calice, ravvivato da un perlage fine. Buona complessità al naso, con note di zucchero filato a incoronare fiori bianchi e mandorla. In bocca buona struttura e piacevolissima sapidità: per gli amanti del “genere” sapido, uno Champagne da provare a tutti i costi. Ottenuto in acciaio, con 40 mesi di affinamento. Segnaliamo anche lo Zero Dosage Grand Cru Blanc de Blancs Encry e il Grand Rosé Prestige Encry.

Quinto Champagne che suggeriamo è il Brut Nature Cuvée Perle de Ayala 2005. Splendido blend composto all’80% da Chardonnay e al 20% da Pinot Nero, 96 mesi sui lieviti, si presenta di un giallo dai riflessi dorati. Al naso spiccano chiare le note di nocciola, biscotti e miele. Tutte note che ritroviamo anche al palato, dove una soffusa speziatura di zenzero rende il sorso successivo una necessità. Di grande freschezza e Nerbo anche il Brut Majeur Ayala, ottenuto da Pinot Noir 40%, Chardonnay 40% e Pinot Meunier 20%. Uno Champagne da gustare a tutto pasto, ottenuto dalla cuveée composta per l’85% da uve della vendemmia 2006, cui vengono addizionati vini di riserva da Chardonnay e Pinot Noir.

Jean-Christophe Gremillet, cellar master dell’omonima maison di Balnot sur Laignes, lo definisce “la migliore espressione del terroir di proprietà, combinato all’esperienza maturata della casa produttrice”. Una definizione che non possiamo che sottoscrivere, quella riservata al Blanc de Noirs Brut Gremillet, un 100% Pinot Nero dalla grande persistenza e pulizia degli aromi: è il sesto della nostra classifica di Champagne degustati ad Alassio. Premiatissimo a livello internazionale, questo Champagne è adatto a chi ama ritrovare anche tra il perlage le note speziate, decise e robuste del pepe. Una bottiglia inconfondibile, anzi: riconoscibile tra un milione. Che invita i più audaci a giocare anche in cucina, con abbinamenti tutti da scoprire.

Per gli amanti del “dosaggio zero”, ecco il settimo Champagne: è il Brut Nature – Dosage Zéro di Ar Lenoble, distribuito da Champagne Ar Lenoble Italia. Una potenza inconsueta per questo blend di Pinot Nero e Pinot Menunier (35%), che mostra la rotondità del secondo solo dopo aver scattato la fotografia dei muscoli del primo. Un bel mix di potenza e grazia quello della maison di Rue Paul Douce, Damery, prodotto al 100% dalle vigne di proprietà di Antoine e Anne Malassagne, fratello e sorella che danno corso con passione a una tradizione famigliare che risale al 1920. Il Brut Nature – Dosage Zéro Ar Lenoble è ottenuto grazie a una pozione così composta: 30% da Chardonnay del Grand Cru di Chouilly, 35% di Pinot Nero dal Premier Cru di Bisseuil, 35% di Pinot Menunier di Damery (Valle della Marna). La base è costituita da vini della vendemmia 2010, più un 22% di vini di riserva. Ar Lenoble è un’azienda attenta all’ambiente, certificata in Francia con il riconoscimento dell’Haute Valeur Environnementale, conseguito nel 2012. Un’attenzione che viene ripagata da un calice di estrema schiettezza e pulizia.

Ultimi tre posti della nostra speciale classifica degli Champagne da provare almeno una volta nella vita, occupati da due maison distribuite da aziende del sudovest Milanese. La maison al settimo posto è Steinbruck (Steinbruck Italia Srl, Pieve Emanuele – Mi) con la sua Cuvée Blanc de Noir che abbraccia tutte le zone della Cote des Blancs: morbido, invita al sorso, anche grazie a un perlage croccante. Profumi intriganti di frutta esotica che rischiano di disorientare, ma nel complesso un ottimo prodotto. La famiglia Steibruck, proprietaria di alberghi in Costa Azzurra, seleziona dal 1880 Champagne da proporre alla propria clientela. Un’attività ripresa oggi da Marque Auxiliare (Acheter). Sempre di Steinbruck il nono classificato, la Cuvée Brut Blanc de Noir: uno Champagne dal bel giallo paglierino, ottenuta al 100% da Pinot Nero dei Cru Montagne de Reims (Bouzy ed Ay), Vallée de la Marne e Aube (Cote de Bar). Tre anni sui lieviti per le uve 100% uve Pinot Noir provenienti dalla Montagne de Reims (Bouzy ed Ay) e per un’altra parte dei Pinot Noir della Aube. Ottanta i vini che compongono questa interessantissima cuvée, tra i quali circa un 20% di vino di riserva. Gran corpo e struttura per questo Champagne: un altro che può regalare soddisfazioni in cucina, anche con gli abbinamenti più azzardati.

E’ Deutz, col suo Brut Classic, a chiudere la classifica delle maison di “Un Mare di Champagne”. Una bottiglia che è ormai diventata un classico, anche se divide il pubblico di appassionati ed esperti. Non la pensano così i distributori di Corsico (MI), che la definiscono “il base che nessuno sa fare”. Di certo si tratta di uno Champagne lungo, dall’acidità importante, invidiabile. Da provare, insomma. Il Brut Classic Deutz è ottenuto dalla somma dei 33% di Pinot Noir, Pinot Meunier e Chardonnay, che registrano l’aggiunta di una percentuale variabile tra il 20 e il 40% di vini di riserva. L’acidità molto alta equilibra bene gli 8 grammi litro di residuo zuccherino, che in altri Champagne degustati ha compromesso il giudizio finale.

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Il mare di Alassio? E’ di champagne. Per due giorni

I sogni diventano realtà, ad Alassio. Ma solo per due giorni. “Un mare di Champagne” è il nome della più grande degustazione di “bollicine” francesi della riviera ligure. Interverranno ben quarantadue maison, che presenteranno oltre cento Champagne. L’appuntamento è dalle ore 12.00 alle ore 20.00 presso il Grand Hotel Alassio & Spa di Alassio, Savona. Spazio anche per le primizie gastronomiche di Selecta Spa: dal Baccalà dissalato tradizionale Rafols alle Ostriche Cadoret, dalle Mazzancolle di Porto Santo Spirito al gusto inconfondibile dei Salumi del Podere Cadassa. La degustazione è aperta agli operatori di settore (sommellier tesserati Fisar, Onav, Ais, Fis, Amira, Donne del Vino, Accademia della Cucina, Slow Food, ingresso a 25 euro), al pubblico di appassionati (35 euro) e alla stampa italiana. L’accredito online, unitamente al bonifico bancario, garantiscono l’accesso alla degustazione, giunta ormai alla sua IV edizione. Di tutto rispetto la lista delle maison di Champagne presenti: AD Coutels, AR Lenoble, Ayala, Barons de Rothschild, Bonnaire, Charles Heidsieck, Chassenay d’Arce, Collet, Comte de Montaigne, De Castelnau, De Venoge, Delaplace, Deutz, Devaux, Drappier, Duval Leroy, Encry, Frank Pascal, Gremillet, Henriot, Lancelot-Pienne, Lanson, Le Brun Servenay, Legras & Haas, Louis Brochet, Louis de Sacy, Palmer & Co, Paul Bara, Paul Goerg, Paul Louis Martin, Perrier-Jouët, Pierre Gimonnet & Fils, Piper Heidsieck, Pol Roger, R & L Legras, Steinbrück, Ulysse Collin, V. Etien, Veuve Clicquot, Vieille France, Vollereaux, Vranken Pommery. La degustazione è aperta agli operatori di settore, al pubblico di appassionati e alla stampa italiana.

IL PROGRAMMA
Oltre alla degustazione, “Un Mare di Champagne” prevede anche tre seminari di approfondimento presso la Sala riservata Grand Hotel Alassio & Spa: anche in questo caso occorre iscriversi per partecipare, sino all’esaurimento dei posti disponibili. Dalle 15 alle 15.45 spazio a “Champagne, un vino unico al mondo: storia e leggenda, uomini e terroir”. Relatore Livia Riva, La Dame du Vin. Dalle 16 alle 17 “Champagne e Cucina: esaltazione del gusto ed arte e scienza del servizio”, relatore Alessandro Scorsone. Chiude i seminari, dalle 17.15 alle 18.15, “Chef e Champagne: magia in cucina”, che vedrà nuovamente relatrice Livia Riva, oltre all’intervento di Alida Gotta, finalista Master Chef 2015, che delizierà gli ospiti col suo show cooking. Un Mare di Champagne si chiuderà martedì 21 giugno con la cena di gala al Golf Club di Garlenda, location di grandissimo prestigio. Il menu degustazione, preparato a più mani da tutti gli chef Macramè, vedrà anche la partecipazione di illustri Ospiti stellati: Maurulio Garola di La Ciau del Tornavento di Treiso; Federico Gallo della Locanda del Pilone di Madonna di Como; Massimo Viglietti, dell’Enoteca Achilli di Roma; e Franco Ascari, chef pasticcere di Selecta Spa. Ogni portata sarà abbinata ad uno Champagne: Perrier-Jouet, Deutz, V. Etien, Devaux e Krug. E’ previsto un servizio di navetta, su richiesta. Per informazioni e prenotazione (obbligatoria) alla cena di gala: +39 3664815006. Una vera e propria esperienza di gusto: anche perché, ciascuna portata, sarà accompagnata da un abbinamento Champagne diverso. Grande protagonista della serata sarà il pastry chef di Selecta Franco Ascari, che per l’occasione proporrà la sua ultima deliziosa creazione: Mousse di Albicocca e Basilico, Crumble al Sesamo nero, Gelato Coeur de Guanaja 80% Valrhona.

GLI ORGANIZZATORI
Macramé è un Consorzio che oggi riunisce ristorazione e ricettività. Ha come obiettivo primario “la continua ricerca del bello e del buono, attraverso il divertimento, l’intrattenimento, le curiosità, la promozione del territorio”. In particolare si distingue nella cucina, che – per dirla alla Macramé – “è espressione fedele di un territorio ricco di prodotti di altissimo pregio”. Dai frutti del mare a quelli della terra, la missione è “valorizzare la materia prima nel rispetto della stagionalità e della natura trasferendo nei piatti la passione e la creatività che contraddistinguono i diversi ristoranti”. Tanti attori con le proprie peculiarità ma uniti da un comune denominatore: offrire il meglio ai propri ospiti. Al termine della stagione 2012, il Gabbiano e il Palma, ovvero Paolo e Massimo mettono le basi del Consorzio, coinvolgendo altri cinque ristoranti affini. Ed è così che nasce il primo evento del gruppo: “Alassio Street Food Festival – la cucina gourmet scende in strada”. Da questa fortunata esperienza prendono il via una serie di incontri, in cui si disquisisce di cucina e si degustano grandi etichette. Le voci dei sette cominciano a sovrapporsi e piano piano a fondersi in un’unica melodia. Come una trama di preziosi fili che con pazienza e abile maestria diventa un bellissimo merletto. Ecco trovato il titolo che li rappresenta: Macramè. Il sotto titolo è presto stilato: “Dire, Fare, Mangiare”. E anche Bere. Oggi il consorzio Macramè si compone di otto elementi: Gabbiano, Lamberti, La Prua, Mozart, Panama, Villa della Pergola, Viola e Chef Massimo Viglietti.

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Truffa ”Bollicine”: a Cuneo al via il processo

Un caso quello di ”Bollicine” sul quale si era espressa anche la Corte di Giustizia UE che si era opposta al reinvio a giudizio richiesto dal Gip per scongiurare la prescrizione del reato. Secondo la Corte di Giustizia, la preiscrizione non dovrebbe essere applicata in casi di reati fiscali di una certa gravità, che ledono anche gli interessi economici della UE alla quale va una parte del gettito Iva degli stati membri. Siamo nel 2009, a Cervasca. La Guardia di Finanza di Cuneo scopre una frode fiscale del giro di qualche milione di euro messa in atto da Planet Srl di Cervasca a partire dal 2005. La società acquistava bottiglie di champagne esenti iva attraverso operazioni di false fatturazioni tramite scatole cinesi e società fittizie allo scopo di avere prodotti sottocosto da rivendere a prezzi concorrenziali.  8 gli arresti che hanno portato al sequestro, nel 2012,  di quasi 700 mila euro in immobili di proprietà dei soci della società a copertura dell’iva evasa. Il processo si è aperto a Cuneo: sette indagati accusati di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e altri cinque, legati a società lombarde e campane accusate di concorso in truffa. Processo già renviato a settembre a causa di una errata trascrizione di nominativi agli atti.

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Anteprima vini della Costa Toscana: 7-8 Maggio al Real Collegio di Lucca

Il 7 e 8 maggio protagonisti i vini della Costa Toscana, con una speciale anteprima. Ospite d’onore la regione francese di Champagne. 80 vignerons porteranno in degustazione al Real Collegio di Lucca oltre 500 etichette: l’occasione è l’Anteprima Vini della Costa, l’annuale rassegna dei viticoltori delle province bagnate dal mare ideata dall’Associazione Grandi Cru della Costa Toscana, pronta a conquistare i visitatori con le storie di chi produce il nettare di Bacco.  In programma prestigiosi laboratori, dedicati ai raffinati degustatori che saranno affiancati da educational per chi è alla ricerca di una maggior comprensione del vino: Anteprima Ais Wine School è infatti il progetto dell’edizione 2016 della rassegna pensato per chi vorrà conoscere in pillole i principi della degustazione. A questo sarà affiancata l’iniziativa Anteprima Ais Tutorial, le degustazione guidate per piccoli gruppi attraverso i banchi di assaggio. Le degustazioni si terranno al piano nobile del Real Collegio mentre il salone delle feste accoglierà i produttori della costa. Ampio spazio sarà dato anche alle bollicine, con un itinerario di sapori che dal Lambrusco di Sorbara arriverà fino al Prosecco della Valdobbiadene, con una particolare attenzione alla sempre più ricca e promettente produzione della Costa Toscana. Tra gli ospiti della manifestazione ci saranno i vignerons della regione francese Champagne. La manifestazione sarà poi arricchita – spiegano gli organizzatori – anche da eventi collaterali, come le installazioni e le performance a cura dell’artista Andrea Salvetti che – accompagnato da sapienti artigiani del gusto – presenterà un’inedita officina gastronomica. Infine – grazie alla partnership con il Festival musicale Lucca Classica – non mancheranno “incontri” speciali e incursioni creative tra vino e musica, con passaggi della Street band che animeranno la due giorni al Real Collegio.

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