Categorie
Esteri - News & Wine

I produttori di Wachau ottengono la certificazione “Sustainable Austria”

I produttori di Wachau ottengono la certificazione Sustainable Austria
Dopo una fase di conversione durata tre anni, circa 1.300 ettari di vigneti della Wachau sono stati certificati con “Sustainable Austria“. Si tratta delle parcelle coltivate dai membri dell’associazione Vinea Wachau, alcune delle quali possono vantare una pendenza a dir poco eroica. 
Più di 150 aziende vinicole contribuiscono così a consolidare il primato assoluto della notorietà della regione vinicola. Oltre alla certificazione “Austria sostenibile”, Vinea Wachau ha intenzione di attivare una serie di iniziative innovative per la biodiversità.

Tra queste, l’uso di diffusori di feromoni sintetizzati per confondere la tignola dell’acino d’uva (confusione sessuale), l’allestimento di posatoi per rapaci e cassette di nidificazione per specie rare di uccelli e un progetto di piantumazione sotto ai filari della vite. La certificazione “Sustainable Austria” potrà essere apposta alle bottiglie di Wachau delle categorie Steinfeder, Federspiel e Smaragd, a partire dall’annata 2023.

Categorie
Approfondimenti

Nobile, Rosso e Vinsanto di Montepulciano verso certificazione sostenibilità Equalitas

FOTONOTIZIA – Dopo un 2021 che ha fatto segnare una crescita record delle vendite, il Consorzio Vino Nobile di Montepulciano ha deciso di rafforzare il proprio impegno verso uno sviluppo sostenibile. Come? Affidando a Valoritalia l’incarico di certificare con il protocollo “Equalitas” la sostenibilità delle denominazioni tutelate.

L’iter di certificazione dovrebbe concludersi entro il primo semestre 2022. Consentirà alle denominazioni Nobile di Montepulciano, Rosso di Montepulciano e Vinsanto di Montepulciano, di diventare le prime denominazioni sostenibili italiane.

Categorie
Approfondimenti

Agroqualità diventa l’ente di di controllo terzo di riferimento per il Centro e Sud Italia

A partire dal prossimo primo agosto Agroqualità sarà l’ente di controllo autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per 169 vini ad indicazione geografica (Docg, Doc, Igt) del Centro e Sud Italia.

«Con questa scelta da parte dei Consorzi di tutela – dichiara Enrico De Micheli, Amministratore Delegato di Agroqualità – e grazie alla collaborazione con le Camere di Commercio, Agroqualità consolida la propria presenza come player di rilievo nazionale nella certificazione del vino».

“È con grande senso di responsabilità – prosegue De Micheli – che affronteremo questo incarico nelle nuove regioni. Forti dell’esperienza maturata negli anni con molte delle eccellenze vitivinicole italiane, perseguiremo l’obiettivo di dare valore aggiunto ai produttori e fornire garanzie ai consumatori».

IL “PORTAFOGLIO” DI AGROQUALITÀ

Con le nuove indicazioni, che si aggiungono alle 68 già “in portafoglio”, Agroqualità diventa l’ente di riferimento per le denominazioni vitivinicole del Centro e del Sud Italia controllando, a livello nazionale, il 32% del totale.

Nove le regioni in cui Agroqualità opera in ambito vitivinicolo: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sardegna e Alto Piemonte. Tra i vini più noti che verranno certificati ci saranno il Montepulciano d’Abruzzo, l’Aglianico del Vulture, il Terre di Cosenza, il Taurasi, il Fiano di Avellino.

Sotto i controlli di Agroqualità anche il Greco di Tufo, la Falanghina del Sannio, l’Est!! Est!! Est!! di Montefiascone, il Castelli Romani, il Cannonau di Sardegna, il Vermentino di Sardegna, il Vermentino di Gallura, il Primitivo di Manduria, il Salice Salentino, il Ghemme e il Gattinara.

Categorie
news news ed eventi

Vino naturale, la pugliese Mina Del Prete: «Sogno una certificazione ufficiale»

«Questa mattina ho parlato con Gilles Azzoni, uno dei padri dell’Association des Vins Naturels, con cui concordo: il movimento del vino naturale dovrebbe seguire le orme di un sindacato come la Vignerons Indépendants de France, equivalente della Fivi italiana, e chiedere al ministero dell’Agricoltura una certificazione ufficiale del vino naturale. Qualcosa che dica “questo vino è fatto in questa maniera”».

Così Mina Del Prete, figlia del noto produttore di vini naturali pugliesi Natalino Del Prete, intervenuta ieri durante una conferenza digitale organizzata dall’avvocato eno-alimentare brindisino Stefano Palmisano.

La certificazione – ha aggiunto Del Prete – è per me un dovere nei confronti del consumatore e deve rappresentare qualcosa di molto chiaro anche per gli operatori del settore. Alcuni amici, che ci conoscono bene, da anni, mi chiedono ancora cosa significa “vino naturale” e che differenze ci sono con i vini biologici e i vini biodinamici».

Sempre secondo la produttrice, «il vino, essendo un alimento, necessita almeno di qualcosa che dica in modo chiaro come viene prodotto»: «Non dico sia necessario mettere tutti gli ingredienti in etichetta, perché la proposta sembra ormai tramontata, ma almeno fornire maggiore chiarezza».

Una proposta, come precisato dalla stessa Mina Del Prete, che «non vuole essere denigratoria per i produttori cosiddetti “convenzionali”». «Ho molta stima di diverse cantine convenzionali che lavorano bene e rispettano l’ambiente e la salute delle persone. Siamo tutti liberi. Trovo solo corretto rendere manifeste le regole del vino naturale».

Mina Del Prete non parla senza esperienza. Il padre, Natalino Del Prete, è stato uno dei primi produttori pugliesi a chiedere e ottenere, già negli anni Novanta, la certificazione biologica per i propri vigneti di Negroamaro, Primitivo e Aleatico, nel Salento.

Nella cantina di San Dònaci (BR), da sempre, nessuna filtrazione o chiarifica e ricorso esclusivo ai lieviti indigeni. L’unico «lusso»? La temperatura controllata per le fermentazioni.

«Scusate il giro di parole – ha chiosato la figlia Mina – ma per mio padre Natalino è stato “naturale” chiedere in quegli anni una certificazione, per far sapere alla gente quale fosse il suo approccio in vigna e in cantina.

Continua ancora oggi a lavorare come allora, con l’unico intento produrre un vino che, se non può dare salute, quantomeno la mantenga. Oggi vorrei che lo stesso avvenisse con il vino naturale, attraverso una certificazione ufficiale».

Nella storia della Repubblica italiana, è solo uno il ministro dell’Agricoltura che si è esposto sul tema delle regole del vino naturale. Si tratta di Gian Marco Centinaio, intervistato in esclusiva proprio da WineMag.it il 26 marzo 2019.

La patata bollente, oggi, sarebbe in mano al ministro Stefano Patuanelli, con lo stesso Centinaio attualmente nel ruolo di Sottosegretario di Stato al Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. Prosit.

Vino naturale, il ministro Centinaio a WineMag: “Il settore va regolamentato”

Categorie
news news ed eventi

Prosecco, il vino più certificato durante la pandemia: 160 milioni di bottiglie su 773

Nel settore vitivinicolo, nel quadrimestre febbraio-maggio, quindi in piena pandemia, sono stati certificati 5,8 milioni di ettolitri di vino di qualità. L’equivalente di oltre 773 milioni di bottiglie. Il Prosecco, nelle sue tre denominazioni (Doc e Docg), è stato il vino più certificato: 1,2 milioni di ettolitri, l’equivalente di circa 160 milioni di bottiglie.

Lo attesta il report delle attività febbraio-maggio 2020 dell’Icqrf. Nei primi quattro mesi di emergenza Covid-19, i 29 Uffici e i 6 laboratori dell’Icqrf hanno svolto in totale 29.169 controlli antifrode sulla filiera agroalimentare, di cui 3.285 ispezioni direttamente presso gli stabilimenti di produzione.

Il Pinot Grigio Delle Venezie segue il Prosecco nella classifica dei vini più certificati durante la pandemia in Italia, con 936.007 ettolitri. Quindi Montepulciano d’Abruzzo (380.713 hl), Doc Sicilia (234.715 hl), Chianti Docg (263.609 hl) Asti e Moscato d’Asti Docg (166.787 hl) Piemonte Doc (145.531 hl), Trentino Doc (127.859 hl), Soave Doc (110.904 hl) e Alto Adige Doc (96.864 hl).

Più in generale, un terzo dei controlli (oltre il 33%) sono stati svolti nell’area settentrionale del Paese. Nonostante la drammatica crisi epidemica, oltre il 17% dei controlli dell’Icqrf si è svolto nelle regioni Lombardia e Veneto, a garanzia del mantenimento della qualità delle produzioni di regioni che producono le due maggiori Indicazioni geografiche al mondo in termini quantitativi.

Si tratta del Grana padano, con oltre 5,2 milioni di forme e il “Sistema Prosecco“, con oltre 600 milioni di bottiglie prodotte (dati 2019). 3.117 sono stati i campioni analizzati nei laboratori ICQRF per 84.232 determinazioni analitiche.

I tassi di irregolarità, sia per le attività ispettive che per quanto concerne le attività analitiche, sono stati in linea con gli indici registrati prima dello stato emergenziale. Non si è fermata neppure la filiera Bio: dal 1° febbraio 2020, sono entrati nel sistema dell’agricoltura biologica 2.068 nuovi operatori per una superficie pari a 71.921 ettari.

Per quanto riguarda il monitoraggio dei canali e-commerce, che hanno registrato un grosso incremento di accessi nel quadrimestre febbraio – maggio, l’Icqrf ha operato 558 interventi per la rimozione, su Alibaba, Amazon e eBay, di inserzioni irregolari di prodotti agroalimentari.

Sul fronte sanzionatorio, sempre nel periodo della pandemia,  la percentuale maggiore di sanzioni irrogate dall’Icqrf riguarda il settore vitivinicolo, con 286 provvedimenti emanati, pari ad oltre il 55% del totale.

Segue quello delle produzioni agroalimentari a denominazione registrata, con poco più del 24% del totale (pari a 125 ordinanze) e infine con 51 provvedimenti e circa il 10% del totale, il settore concernente l’etichettatura dei prodotti alimentari.

Categorie
Approfondimenti

Due nuovi consorzi affidano a Valoritalia il controllo delle certificazioni

La scelta dei Consigli di Amministrazione del Consorzio di Tutela dei Vini Doc Fresa di Chieri e Collina Torinese e del Consorzio per la Valorizzazione di Vini Docg di Caluso e Doc di Carema e Canavese allarga la rosa delle denominazioni certificate da Valoritalia in Piemonte, regione nella quale controlla la quasi totalità delle denominazioni presenti.

“Voglio innanzitutto ringraziare i Consorzi – dichiara il presidente di Valoritalia Francesco Liantonio – per una scelta che premia la nostra professionalità e la nostra storia. Come presidente di Valoritalia non posso che garantire che continueremo a svolgere il nostro ruolo con il massimo dell’impegno e il massimo della trasparenza. La certificazione è una componente fondamentale del valore aggiunto del vino italiano di qualità”.

La certificazione – conclude il presidente – da un lato garantisce i consumatori che ciò che acquistano rispetti le regole stabilite dai Consorzi; dall’altro garantisce le stesse imprese dall’uso improprio della denominazione. Il sistema italiano di certificazione rappresenta, a livello internazionale, un modello di assoluta eccellenza, perché consente la tracciabilità di ogni partita di vino, dalla vigna allo scaffale”.

I due consorzi tutelano le denominazioni Docg Caluso o Erbaluce di Caluso, Doc Canavese, Doc Carema, Doc Collina Torinese, Doc Freisa di Chieri e Doc Valsusa.

Categorie
Approfondimenti

Emergenza Coronavirus e certificazione del vino italiano: il punto con Asso-OdC

Gli Organismi di certificazione rappresentati in Asso-OdC (Agroqualità SpA, Ceviq Srl, Parco 3A-PTA, Siquria SpA, TCA Srl, Triveneta certificazioni Srl, Valoritalia Srl) che insieme controllano oltre il 95% del vino italiano, hanno implementato di comune accordo procedure straordinarie per garantire la continuità della certificazione dei vini italiani, il cui arresto causerebbe un ingentissimo danno al settore, già così duramente colpito.

“Si tratta di fondare alcuni step del processo di certificazione su requisiti autodichiarati dagli operatori – afferma il Presidente di Asso-OdC, Luca Sartori – e di differire alla fine dell’emergenza la verifica diretta di tali requisiti. Tale soluzione è stata concertata con il Mipaaf, cui va il nostro ringraziamento per la sensibilità e la vicinanza al mondo produttivo dimostrate in questo frangente”.

“Le procedure adottate – continua il presidente di Asso-OdC – ci permettono di conseguire degli obiettivi irrinunciabili: il rispetto della normativa emergenziale, la continuità del servizio e la protezione degli operatori nostri ed aziendali, considerato il fatto che limitiamo al massimo gli accessi fisici nelle aziende”.

Tutti i soci di Asso-OdC esprimono “profonda vicinanza ai produttori ed auspicano un superamento dell’emergenza nei tempi più rapidi possibili”.

Categorie
news

“Vino naturale certificato”: Centinaio divide le associazioni di produttori

ROMA – “Certificare il vino naturale“. Volentieri ma come, se i produttori sono divisi sugli strumenti da adottare? In un’intervista esclusiva rilasciata martedì a WineMag.it, il ministro alle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio ha aperto le porte del Ministero “per valutare l’opportunità di regolamentare il settore del vino naturale” attraverso “ampie consultazioni con tutti i soggetti coinvolti”.

Di fatto, però, è solo Angiolino Maule, patron di Vinnatur, ad accogliere in toto le dichiarazioni del ministro. Il Consorzio ViniVeri, attraverso il presidente Giampiero Bea, ha indirizzato una lettera al Capo Segreteria del ministero alle Politiche Agricole, Stefania Bellusci, per fissare un incontro a Roma con Centinaio.

L’obiettivo di Bea, così come quello dei Van (Vignaioli Artigiani Naturali, tra le associazioni più radicali del segmento) è parlare di etichettatura più che di certificazione. La richiesta al ministro sarà quella di poter indicare sulle etichette la dicitura “vino naturale”.

LE REAZIONI
“Sono d’accordo col ministro Centinaio – commenta il fondatore di Vinnatur, Angiolino Maule – serve una regolamentazione. È ora di smettere di certificarsi solo a parole: un produttore non può sentirsi superiore a chi fa vino biologico o biodinamico solo perché fa vino naturale”.

Il concetto di naturale oggi è basato, non solo in Italia ma anche all’estero, solo su chiacchiere ed è vergognoso che dopo tutti questi anni ancora non si sia arrivati a dare delle regole generali e a rispettarle”, rincara la dose Maule.

“Noi di VinNatur ci battiamo fin dalla nostra nascita affinché queste regole, che noi nel nostro piccolo abbiamo cercato di darci, diventino obbligatorie per tutti. Chi fa vino naturale non deve aver paura di un Disciplinare o di sottoporsi ad analisi o a piani di controllo per certificarsi”, conclude il patron di VinNatur.

Giampiero Bea (Consorzio ViniVeri) punta tutto sull’etichetta. “Non abbiamo bisogno di nuovi organismi di controllo che passino il loro tempo a spulciare le carte dei produttori, come avviene per il biologico. Piuttosto ci venga concessa l’opportunità di dichiararci diversi, sin dall’etichetta”.

Per ‘diversi’ non intendo migliori – continua Bea – perché tutti i vini che sono in commercio sono evidentemente legittimi. Il vignaiolo naturale si trova però di fronte al ridicolo ostacolo di non poter comunicare sull’etichetta del vino la propria diversità.

Il primo garante del vino naturale è il suo produttore: se sgarra viene punito dagli organismi competenti, come gli altri. Associazioni come la nostra, del resto, verificano da tempo l’ottemperanza delle regole stabilite dallo statuto, con controlli a campione nei vigneti dei soci”.

“L’apertura espressa dal ministro – conclude Bea – illumina la strada e porta a dare fiducia alla classe politica italiana. Nell’intervista a voi rilasciata, l’onorevole Centinaio ha dimostrato grande lucidità e serenità di giudizio. E’ caduto il muro di Berlino: cadrà anche il muro che fa ombra sui vini naturali”.

Più duri i Vignaioli Artigiani Naturali (Van). “Non vogliamo altra burocrazia – commentano in una nota inviata alla redazione di WineMag.it – o altri controlli esclusivamente sulle carte ad opera di Organismi certificatori. Chiediamo che si abbia il coraggio di percorrere una strada diversa, affidandosi alla Certificazione Partecipata. Una autocertificazione che coinvolga le associazioni dei consumatori e le amministrazioni locali”.

“Auspichiamo quindi un incontro fra i rappresentanti delle associazioni del Vino Naturale per arrivare ad una posizione condivisa, forte, univoca, prima che l’industria si impossessi dell’ennesimo vocabolo, svilendone il significato”.

IL RISCHIO MARKETING
Un riferimento esplicito ad aziende di tipo “industriale” come Pasqua Vigneti e Cantine, che ha appena presentato a Milano il suo primo “vino naturale” (qui la notizia).

Un progetto chiaramente orientato al marketing (l’azienda veneta, infatti, opera ampiamente in Gdo e in discount come Lidl) che suona come un campanello d’allarme per quei produttori che si riconoscono nei principi e nella filosofia del “vino naturale”, anche al di là dell’etichetta.

“Una eventuale regolamentazione – continuano i Van – non può prescindere da protocolli condivisi dai membri delle varie associazioni del vino naturale con un minimo comune denominatore che distingua il vignaiolo vero dalle varie subdole forme industriali e speculative”.

Sempre secondo i Vignaioli Artigiani Naturali, “l’attenzione va posta sulla figura del produttore e dei suoi metodi di coltivazione e trasformazione e non solo sull’oggetto finale ‘vino’. Il vino naturale deve rimanere un prodotto artigianale, che nasce all’interno di una azienda agricola, legato alla terra e a chi la lavora”.

Se si vuole regolamentare il settore dei vini naturali, la prima cosa che si deve chiedere, e ottenere, è l’obbligo di riportare in etichetta tutto ciò che è stato utilizzato nel processo di coltivazione e vinificazione. Quella che abbiamo sempre chiamato ‘Etichetta trasparente‘.

Vorremmo infatti la possibilità di riportare in etichetta la dicitura ‘vini naturali’, gli ingredienti e le pratiche in vigna e in cantina limitatamente ai vini naturali, con l’obbligo di indicare il valore della solforosa totale all’imbottigliamento”.

I Van indicano al ministro Gian Marco Centinaio anche altri “punti imprescindibili“: “Agricoltura biologica o biodinamica, fermentazioni spontanee, nessun additivo o coadiuvante, nessun trattamento chimico o fisico estremo tale da modificare la materia originale ed il risultato finale, ed infine dosi ridottissime di Anidride solforosa”.

IL MINISTERO E I SOLFITI

E proprio a proposito di solfiti spunta ora dagli archivi del Consorzio ViniVeri una lettera del 31 marzo 2017 firmata da Stefano Vaccari, Capo dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressione Frodi dei Prodotti Agro-alimentari.

Il referente del Ministero alle Politiche Agricole, nel rispondere a una missiva di Giampiero Bea (nella foto), indica al Consorzio Viniveri la formula da utilizzare sull’etichetta dei vini naturali in merito al contenuto di solfiti. Una vera e propria svolta, rimasta tuttavia sino ad oggi nei cassetti dell’associazione.

Tenuto conto delle disposizioni dell’Unione europea in materia d’indicazione dell’anidride solforosa nell’etichettatura dei vini – scrive l’organismo ministeriale – si è dell’avviso che possano essere utilizzate le seguenti diciture, purché siano posizionate consecutivamente, senza alcuna interruzione:

“contiene … mg/l di solfiti totali”“senza aggiunta di altre sostanze ammesse per uso enologico”; “dall’uva alla bottiglia senza aggiunta di altre sostanze ammesse per uso enologico”

a condizione che nessuna altra sostanza per uso enologico espressamente ammessa, diversa dall’anidride solforosa, dal bisolfito di potassio o dal metabisolfito di potassio, sia stata aggiunta o residui nel vino etichettato con tale dicitura”.

A due anni di distanza, Giampiero Bea si prepara ad affrontare il tema con i soci di Viniveri. “In occasione dell’assemblea di Cerea, prevista nell’ambito del prossimo salone del Vino secondo Natura del 5, 6 e 7 aprile, proporrò la modifica dello Statuto del Consorzio introducendo questa possibilità di etichettatura tra le nostre Regole”.

E a Cerea, secondo indiscrezioni, potrebbe intervenire anche il ministro Gian Marco Centinaio, per una visita di cortesia tra i vignaioli del Consorzio Viniveri. Se son brindisi, tintinneranno.

[URIS id=31374]

Categorie
news ed eventi

Nobile di Montepulciano “a impatto zero certificato”

MONTEPULCIANO – Il Vino Nobile di Montepulciano è un vino a completo impatto zero. Lo certificherà a breve (si prevede la presentazione della certificazione entro aprile prossimo) una piattaforma progettata dall’Università Marconi di Roma che lavora sui parametri dettati dalla norma Equalitas.

Il sistema, che vede impegnate tutte le aziende produttrici di Vino Nobile di Montepulciano, è stato presentato questa mattina al Teatro Poliziano di Montepulciano nel corso del Seminario “Nobile e Sostenibile” promosso dai partner del Progetto integrato di filiera di cui il Consorzio del Vino Nobile è tra i promotori.

“Abbiamo voluto questo primo appuntamento per illustrare le modalità di lavoro in questa fase di raccolta dati – spiega il Presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, Piero Di Betto – per poi tra qualche mese ripresentarci con la certificazione vera e propria con l’obiettivo di diventare, come fu allora per la Docg e il sistema dei controlli nel 1980, la prima denominazione pioniera e modello per altri territori del vino in Italia e non solo”.

“NOBILE E SOSTENIBILE”
Il “modello Vino Nobile”, così lo ha definito nel corso della mattinata il Presidente di Federdoc ed Equalitas, Riccardo Ricci Curbastro: “Qui i produttori e l’amministrazione, insieme al Consorzio, hanno capito forse prima di altrove che investire nel territorio e nella sua sostenibilità rappresenta il futuro di quel territorio, dal punto di vista economico perché dal vino si crea un indotto non indifferente e questo è da seguire come un modello per tante altre realtà vitivinicole italiane”.

“Montepulciano – ha aggiunto Ricci Curbastro – sarà così uno dei primi distretti della sostenibilità italiani e nel mondo ad avere una vera e propria certificazione a riguardo secondo i dettami della norma oggi più completa a livello internazionale, Equalitas”. Il progetto è stato realizzato da un gruppo di lavoro partecipato dalla già citata Università Marconi di Roma, la CIA Toscana, QSR srl di Montepulciano, la Fattoria del Cerro del gruppo Unipol-SAI, la cantina Salcheto ed in qualità di capofila la Vecchia Cantina di Montepulciano scrl.

IL MERCATO
Da una analisi compiuta dall’Università Marconi di Roma su un campione di 1.000 consumatori, si evince che La sostenibilità rappresenta un valore per il 73,9% degli intervistati. I 2/3 del target coinvolto dichiara di acquistare prodotti sostenibili, in particolare prodotti alimentari bio. Il 41% è consapevole che esistonovini sostenibili e il canale di acquisto rimane per quasi tutti gli intervistati quello ‘tradizionale’ presso la GDO e presso le enoteche specializzate. Di questo campione il 65% conosce il Vino Nobile di Montepulciano. Di questi il 97% lo definisce già come territorio sostenibile.

La sostenibilità a Montepulciano è di casa. Le aziende produttrici di Vino Nobile negli ultimi dieci anni hanno investito per la sostenibilità ambientale oltre 8 milioni di euro. Oltre il 70% delle imprese (circa 60) ha già investito in progetti sostenibili, mentre il 90% ha in corso progetti di realizzazione di impianti. Entrando nel dettaglio, delle 76 aziende consorziate, oltre il 70% ha un impianto fotovoltaico e il 35% si è dotato di solare termico per la produzione di calore.

Il 20% ha sistemi di recupero delle acque reflue, mentre un 10% delle imprese ha investito nella geotermia. Negli ultimi anni circa la metà delle aziende ha sviluppato pratiche naturali, come la fertilizzazione, l’inerbimento, l’utilizzo di metodi di coltivazione meno impattanti. Questo si lega al concetto di biodiversità che vede gran parte delle aziende di Vino Nobile praticare una agricoltura sotto il regime del biologico, alcune biodinamiche.

LA PIATTAFORMA
Durante la mattinata il Prof. Umberto Di Matteo, del Dipartimento Ingegneria della Sostenibilità dell’Università Marconi di Roma ha presentato la piattaforma dal punto di vista tecnico e funzionale. L’azienda agricola Salcheto, con Michele Manelli, è intervenuta come una delle cantine pilota del progetto per parlare di bilancio ambientale.

Il seminario si è poi arricchito di testimonianze dal mondo del vino e non solo con una tavola rotonda, moderata dal giornalista del Gambero Rosso (testata Media Partner dell’evento), Marco Sabellico, che ha visto la partecipazione tra gli altri di Luca Brunelli, presidente della Cia Toscana; Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc e di Equalitas; di Marcello Lunelli del Gruppo Ferrari; Rocco Toscani dell’Oliviero Toscani Studio.

Il seminario è stata anche l’occasione per contribuire al progetto lanciato dal Comitato Parchi per Kyoto, onlus costituita da Federparchi-Europarc Italia, Kyoto Club e Legambiente in collaborazione con il Comune di Pantelleria, Marevivo e il Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali (SAF) dell’Università degli Studi di Palermo. La campagna, attiva fino a giugno 2018, punta alla riforestazione dell’Isola di Pantelleria in seguito all’incendio doloso del maggio 2016. Donando 10 alberi il Consorzio ha inoltre compensato le emissioni per realizzare l’evento (circa 3.500kg di CO2eq)

Categorie
news ed eventi

Certificazioni: 60 Milioni annui di costi per le imprese. Le soluzioni di Unione Italiana Vini

“Le certificazioni dei vini DOC e DOCG, costano ai produttori italiani ogni anno 47 milioni di euro, cui vanno aggiunti altri circa 10 milioni di euro di costi gestionali interni alle aziende. Abbiamo stimato che, applicando le proposte di Unione Italiana Vini, i costi potrebbero ridursi di almeno il 15%. L’attuale sistema, inoltre, introduce gravi squilibri nella dinamica concorrenziale tra le aziende, perché presenta esorbitanti oscillazioni di questi costi “obbligatori” con variazioni, da zona a zona, che arrivano a moltiplicarsi da 10 a 30 volte, come nel caso eclatante della degustazione, il cui costo cresce del 3000% passando dalla Sicilia al novarese”.

Con queste parole Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini ha commentato lo scorso 27 novembre i dati emersi dall’esclusiva analisi del Corriere Vinicolo – Unione Italiana Vini, in merito al quadro attuale dei costi della certificazione dei vini italiani.

“Dematerializzazione, sistemi alternativi di tracciabilità, uniformità dei costi a livello nazionale, semplificazione delle procedure per le piccole DOC, sono i quattro punti cardine della proposta che UIV ha presentato alla filiera ed al MIPAAF nel confronto in atto sui decreti attuativi del Testo Unico – ha sottolineato ancora il presidente di Unione Italiana Vini – Proposte chiare ed efficaci nel conciliare riduzione dei costi e miglioramento della macchina dei controlli capaci di avviare la revisione del sistema anche verso una maggior uniformità dei costi a livello nazionale”.

“Il sistema dei controlli e della certificazione delle denominazioni è un punto di forza del nostro vino, ma vogliamo che funzioni meglio. Crediamo che le nostre proposte per razionalizzare e ottimizzare la macchina della certificazione porterebbero più efficacia nel monitoraggio della tracciabilità e nei controlli, abbattendo in maniera considerevole i costi, interni ed esterni, a carico delle aziende”.

LE SOLUZIONI UIV
I costi ispettivo/documentali e le fascette, che rappresentano l’80% dei costi complessivi della certificazione, sono i due temi sui quali si dovrà lavorare per ridurre sensibilmente gli oneri economici e le sperequazioni tariffarie del sistema di certificazione.

“Poter contare sul registro telematico pienamente operativo e pienamente interconnesso con gli OdC rappresenterà la vera svolta del percorso di certificazione – sottolinea Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini – L’Amministrazione pubblica, di concerto con gli Organismi di Controllo, deve procedere speditamene verso l’attuazione di questo percorso. Alle imprese è stato chiesto un grande sforzo economico ed organizzativo, di cui ancora non vediamo risultati compiuti”.

“I costi di acquisizione e gestione della fascetta rappresentano la seconda voce di costo delle imprese – aggiunge Paolo Castelletti – La liberalizzazione della stampa delle fascette da tipografie autorizzate e l’introduzione di sistemi alternativi di tracciabilità che siamo riusciti ad ottenere con il Testo Unico porteranno a notevoli economie in questa voce di spesa, favorendo, inoltre, elemento non secondario, la diffusione della tracciabilità del vino anche in quelle DOC ed IGT dove i costi della fascetta non sono oggi sostenibili dalle imprese”.

“Per le Doc sotto i 10 mila hl di prodotto, che rappresentano il 70% del totale delle denominazioni, dopo aver ottenuto nel Testo Unico il passaggio degli esami chimici da “sistematici” a “campione” – conclude Paolo Castelletti – abbiamo proposto che, nei decreti attuativi la percentuale di controllo ispettivo/documentale sia ridotta del 50% (passi cioè dal 10% al 5%)”.

Categorie
news ed eventi

Cantine Ferrari punta sul biologico: certificazione per tutti i vigneti Trentodoc

Tutti i vigneti trentini di proprietà del Gruppo Lunelli destinati alla creazione di Ferrari Trentodoc hanno ottenuto la certificazione biologica. “Una notizia attesa – commenta in una nota la casa di Trento – che a pochi giorni dal Vinitaly 2017 e corona l’impegno della famiglia Lunelli nel riportare al centro dell’attività agricola il concetto stesso di fertilità naturale del terreno, il rispetto dell’ambiente e di chi vi lavora”.

“La certificazione biologica di tutti i vigneti trentini della nostra famiglia – commenta Marcello Lunelli, vice presidente delle Cantine Ferrari – rappresenta un grande traguardo che ha ricadute positive su tutto il processo produttivo, e rafforza ulteriormente il nostro impegno in termini di responsabilità sociale verso i territori in cui operiamo”.

Il punto di arrivo di un percorso lungo e impegnativo, iniziato oltre vent’anni fa. Numerosi studi e sperimentazioni in campagna condotti con il supporto della Fondazione Mach di San Michele all’Adige (TN), hanno portato alla convinzione che, una volta ottenuto un adeguato equilibrio del vigneto, sia possibile fare viticoltura biologica anche in territori di montagna.

Negli anni è stato introdotto il divieto totale di utilizzo di diserbanti e concimi chimici, a favore di pratiche tradizionali come il sovescio, di fertilizzanti naturali come il letame e dell’uso esclusivo di fitofarmaci ad alto grado di sicurezza, che prediligono l’impiego di prodotti naturali quali il rame e lo zolfo.

In questo contesto, nel 2014 è iniziato il processo di conversione al biologico di tutti i vigneti di proprietà delle Cantine Ferrari, che è terminato con successo qualche giorno fa.

“Questa cultura della sostenibilità e del rispetto per il territorio – sottolinea Cantine Ferrari – negli anni è stata condivisa anche con le oltre 500 famiglie che ci conferiscono le proprie uve, attraverso un lungo processo di formazione e di educazione da parte del team di agronomi di Casa Ferrari”.

A tutti i conferenti è stato chiesto di seguire un vero e proprio protocollo di viticoltura di montagna salubre e sostenibile denominato “Il Vigneto Ferrari”, elaborato sempre col sostegno scientifico della Fondazione Edmund Mach e certificato da CSQA.

IL TRENTODOC “SOSTENIBILE”
A garantire una migliore qualità della pianta e dell’uva prodotta, queste iniziative hanno avuto importanti ricadute su tutto il territorio circostante, che oggi beneficia di una più ricca biodiversità, confermata anche dalla certificazione “Biodiversity Friend” da parte della Worldwide Biodiversity Association.

Un territorio, quello delle montagne del Trentino, che nei secoli il lavoro dell’uomo ha trasformato, rendendo più dolci i pendii con filari di viti coltivati e mantenuti come giardini.

Oggi questi vigneti di montagna, gli unici ad assicurare l’eccellenza della base spumante Trentodoc, sono ancora più in sintonia con la natura, grazie all’importante traguardo raggiunto dalle Cantine Ferrari, che dimostrano di conservare lo spirito pioneristico del loro fondatore. Fu proprio Giulio Ferrari, infatti, oltre un secolo fa, a individuare le montagne trentine come terreno ideale per la produzione del migliore Chardonnay destinato alla produzione di Metodo Classico.

Exit mobile version