Dal 12 al 14 giugno i paesi vitivinicoli di Egna e Montagna in Alto Adige ospiteranno le Giornate Altoatesine del Pinot Nero, evento che rende omaggio ai migliori Pinot Nero d’Italia durante il quale viene messa a confronto la produzione nazionale di questo vitigno.
Novantacinque produttori di vino coinvolti provenienti da 10 regioni: Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Abruzzo.
“Siamo davvero onorati e felici di poter svolgere questa edizione in un periodo così particolare – racconta Ines Giovanett, Presidente del Comitato Organizzatore delle Giornate del Pinot Nero – Un sentito grazie va a tutti i produttori che quest’anno hanno risposto con grande entusiasmo a questo appuntamento”.
La 23° edizione si inaugurerà sabato 12 giugno con la proclamazione della Top10 del Concorso nazionale del Pinot Nero che sancirà i primi 10 migliori Pinot Nero dell’annata 2018 a partire dalla selezione avvenuta a fine aprile e realizzata da 35 enologi provenienti da tutta Italia. L’elaborazione dei giudizi sarà curata dal Centro di Sperimentazione Laimburg con la supervisione di Ulrich Pedri, direttore della sezione enotecnica.
Grande attesa anche per il debutto del primo “Master del Pinot Nero“. Il concorso, organizzato per la prima volta dall’Associazione Italiana Sommelier, prevede un esame scritto e sensoriale che permetterà al vincitore di partecipare al concorso “Miglior Sommelier d’Italia Ais“.
Nonostante la pandemia, il Comitato organizzatore sta inoltre lavorando per consentire anche al pubblico di appassionati e winelovers di partecipare durante i tre giorni a masterclass e degustazioni in piccoli gruppi e previa iscrizione, conformemente alle misure di sicurezza vigenti.
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BOLZANO – Il futuro della viticoltura altoatesina è nella zonazione, nella mappatura del microclima dei singoli vigneti e nella ricerca di nuovi terreni “in alta quota“. Tutti strumenti utili a contrastare i cambiamenti climatici. È quanto emerso dal convegno inaugurale dell’Alto Adige Wine Summit 2019, venerdì 6 settembre al NOI Techpark di Bolzano.
Una kermesse che si conclude oggi a mezzogiorno, dopo aver raccolto nella provincia autonoma circa 150 professionisti e opinion leader del settore vitivinicolo provenienti da 16 Paesi del mondo, per un focus sulla produzione altoatesina che ha interessato un totale di 58 produttori.
Inattesa, tuttavia, la timidezza sul fronte dei Piwi, le varietà resistenti agli attacchi fungini, di cui proprio l’Alto Adige è culla italiana. Emblematico, al convegno, l’intervento del presidente del Consorzio di Tutela Vini, Maximilian Niedermayr, che ricopre anche il ruolo di presidente della cantina cooperativa Colterenzio.
“Il progetto di zonazione del territorio – ha evidenziato Niedermayr – ci ha impegnato in maniera assidua negli ultimi anni, ma vogliamo fare un ulteriore passo avanti, indicando quali sono i vitigni migliori da allevare all’interno di ognuna delle 86 aree identificate“.
Non solo. “Nel futuro pensiamo di consentire di produrre solo vini da singole varietà in questi ‘cru’ – ha aggiunto Niedermayr –proibendo i blend al fine di caratterizzarli in maniera chiara e univoca. Contestualmente sarà abbassata la resa per ettaro all’interno dei disciplinari Doc. Attendiamo ancora le autorizzazioni definitive, ma siamo fiduciosi”.
A fare eco al presidente del Consorzio, un produttore affermato come Martin Foradori: “Il palcoscenico su cui recitare in futuro come Alto Adige non è certo quello del Pinot grigio o della Schiava da 2,50 euro”.
“Noi produttori – ha sottolineato ancora il vignaiolo – dobbiamo ricordare le nostre specificità ed fare una ‘fuga in avanti’. Il giusto collegamento tra specifico vitigno e specifico vigneto è la via corretta da percorrere. Non abbiamo necessità di introdurre nuovi vitigni, ma di rendere più congeniali quelli che già ci sono“.
Andreas Kofler, giovane e dinamico presidente che sta contribuendo a proiettare Cantina Cortaccia (Kurtatsch) in una dimensione internazionale e volta alla qualità assoluta, non ha nascosto di essere d’accordo con il collega produttore.
Sono convinto che la produzione viticola dell’Alto Adige sia al bivio – ha detto Kofler – negli ultimi 30 anni abbiamo fatto tanta strada, ma adesso dobbiamo tirare i remi in barca. Qualcuno nega i cambiamenti climatici, ma noi produttori di vino li abbiamo sotto gli occhi giorno per giorno e vediamo come incidono sulle uve che vendemmiamo”.
“Dovremo adeguare in tal senso anche le scelte sui vitigni. I Piwi – ha proseguito Andreas Kofler – potrebbero essere una soluzione, ma le barbatelle piantate da pochi anni non assicurano una produzione eccellente in poco tempo”.
“Dobbiamo ancora fare esperienza e commettere errori per dirci pronti sul fronte delle varietà resistenti. Ecco perché stiamo puntando tutto, come cooperativa, sulla mappatura e sulla zonazione dei vigneti dei nostri soci conferitori, nell’ottica di restituire il meglio di ogni terreno nel calice”, ha concluso Kofler.
Magdalena Pratzner di Tenuta Falkenstein ha ribadito il concetto: “Mio nonno diceva sempre che il vino si fa in campagna, non in cantina. Fondamentale, dunque, approfondire il discorso della zonazione, tenendo bene a mente che conta più di qualsiasi altra cosa la varietà giusta nella giusta area di produzione”.
PAROLA AI RICERCATORI A confermare in maniera emblematica le parole dei produttori anche Barbara Raifer, intervenuta al convegno dell’Alto Adige Wine Summit 2019 in qualità di responsabile del settore Viticoltura del Centro di Sperimentazione Laimburg di Ora (Bolzano).
“In realtà – ha dichiarato – i nuovi vitigni Piwi sono un tema piuttosto limitato. Varietà come Traminer o Pinot nero hanno almeno mille anni di storia in Alto Adige. La necessità di proseguire sul tema delle ‘resistenze’ c’è, ma possiamo migliorare moltissimo la nostra produzione anche con altre azioni”.
Quali? “Il nostro centro di ricerca – ha risposto Raifer – fornisce a tutti i viticoltori che intendono impiantare un nuovo vigneto tutti gli strumenti per comprendere qual è la varietà migliore per l’appezzamento prescelto. Ci stiamo inoltre impegnando a fornire dettagliate descrizioni microclimatiche”.
“Una soluzione – ha proseguito la ricercatrice – potrebbe essere l’alta quota, ma l’ombra condiziona molto la produzione del vino. A quote maggiori sono pochi i terreni di qualità, che godono della necessaria irradiazione solare durante la giornata”.
I numeri snocciolati dagli esperti durante il convegno parlano chiaro. Considerando tutte le superfici inutilizzate o attualmente allevate a meleto e potenzialmente riconvertibili, gli ettari a disposizione della viticoltura del futuro dell’Alto Adige sono 8000.
La cifra più realistica si aggira dunque attorno ai 4000 ettari di nuovi impianti, tenendo conto anche le nuove aree “in quota”, tra i 700 e i 1000 metri di altezza sul livello del mare. “Salire in quota con la viticoltura comporta rischi – ha però ammonito Barbara Raifer – e non è poi detto che tutto ciò che di negativo prevedono i climatologici si avvererà”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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