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Cesarini Sforza compie 50 anni e presenta un Trento Doc affinato 19 anni sui lieviti

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Cesarini Sforza compie 50 anni e presenta un Trento Doc affinato 19 anni sui lieviti: Aquila Reale riserva 2004

Cinquant’anni e non sentirli. Cesarini Sforza, rinomata cantina trentina fra i pionieri del Trentodoc, festeggia i suoi primi 50 anni di attività. Una realtà fondata nel 1974 per volontà del Conte Lamberto Cesarini Sforza, che diede il nome all’azienda, e di Giuseppe Andreaus, personaggio di rilievo nella produzione di spumante metodo classico. L’azienda dedica il suo marchio, l’Aquila, al simbolo della casata di cui porta il nome, anche stemma della città di Trento.

La selezione delle migliori zone del Trentino per la produzione di uve Chardonnay base spumante, unita alla ricerca enologica e a una forte passion,e danno vita nel 1976 al primo spumante Cesarini Sforza elaborato secondo il Metodo Classico, lo stesso dello Champagne. Nel 1985 viene lanciato sul mercato un Rosé metodo classico prodotto unicamente con uve Pinot Nero, coltivate sulle colline della Valle di Cembra.

CESARINI SFORZA: NEL 1986 LA PRIMA RISERVA AQUILA REALE

La continua ricerca viticola ed enologica e il desiderio di dar vita a un Metodo Classico di altissimo livello, prodotto in poche bottiglie, ma in grado di condensare in sé tutta l’energia e il potenziale del territorio trentino, porta alla nascita, nel 1986, della prima Riserva Aquila Reale, da sole uve Chardonnay coltivate sopra i 500 metri di altitudine.

Nel 2001 la casa spumantistica viene acquisita da parte di Cantina di La-Vis. Nello stesso anno, l’Aquila Reale diviene un “cru”, creato con le sole uve del vigneto “Maso Sette Fontane” in Valle di Cembra. Nel 2019 Cesarini Sforza entra a far parte del Gruppo Cavit, che dà inizio a una fase di grandi investimenti sia nella struttura produttiva sia nella valorizzazione del brand.

«In questi ultimi anni – racconta Andrea Buccella, enologo e responsabile di produzione (nella foto, sopra) – ci si è focalizzati sul potenziamento tecnologico in cantina, al fine di garantire costanza e qualità del prodotto. Sono stati numerosi gli acquisti di macchine di ultima generazione. Il tutto a garanzia di una perfetta preparazione dello spumante. Inoltre, quest’anno, installeremo anche un impianto fotovoltaico, simbolo della nostra attenzione all’efficientamento energetico e alla sostenibilità ambientale».

AQUILA REALE 2004: EDIZIONE LIMITATA PER I 50 ANNI DI CESARINI SFORZA

Per suggellare l’importante traguardo Cesarini Sforza ha presentato un’edizione limitata di sole 1.200 bottiglie di Trento Doc Aquila Reale Riserva 2004. Uve Chardonnay del Cru del Maso Sette Fontane, in Valle di Cembra, a una quota di circa 500 metri sul livello del mare, con affinamento sui lieviti di 228 mesi (19 anni).

Figlia di un’annata segnata da un inverno piovoso a cui è seguito un clima, Aquila Reale 2004 si presenta come uno Spumante di grande complessità ed evoluzione olfattiva. Affianca a note agrumate e di frutta candita la piacevolezza di sentori evoluti di pasticceria e panificazione. Ancora timido al naso, il tempo post sboccatura non potrà che giovare a questo Trento Doc già ora estremamente godibile.

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Cavit, consolidamento del fatturato a 264,8 milioni

Si è riunita oggi, presso il Centro Congressi di Riva del Garda l’assemblea annuale dei soci Cavit che ha approvato il bilancio consolidato del Gruppo per l’esercizio 2021–2022, chiusosi a maggio 2022. Il Gruppo Cavit è oggi composto dal Consorzio Cavit Sc cui fanno capo le società Cesarini Sforza SpA, Casa Girelli SpA e GLV Srl (quest’ultima all’80%) acquisite nel dicembre 2019, oltre che la società tedesca Kessler Sekt & Co KG controllata al 50,1%.

Nel corso dell’assemblea è stata espressa «unanime soddisfazione da parte dei Soci per il livello apprezzabile delle remunerazioni, oltre che per la qualità del servizio ricevuto in termini di consulenza e assistenza agronomica e viticola, che rappresentano un chiaro valore per il sistema trentino delle Cantine sociali».

I DATI PRINCIPALI DEL BILANCIO CAVIT

Dopo due anni “fuori dell’ordinario” per l’economia globale, dove Cavit ha beneficiato degli effetti della pandemia sulla crescita dei consumi di vino in casa, il Gruppo registra un consolidamento del fatturato che si assesta su quota 264,8 milioni di euro, in flessione del 2,3% rispetto al forte aumento registrato nell’esercizio precedente. «È da notare – commenta l’azienda – che il trend rispetto al periodo pre-covid risulta in decisa crescita costante (+26,3% esercizio 2021/2022 vs esercizio 2019/2020)».

In linea con le previsioni di budget, la lieve flessione di fatturato ha riguardato innanzitutto la società Cavit Sc, segnata dal progressivo assestamento post-pandemia (con un ritorno dei consumi fuori casa e una conseguente contrazione di quelli in casa), dal ridimensionamento del balzo in avanti registrato in epoca Covid dal mercato NordAmericano e dall’impatto sul bilancio dei primi 5 mesi del 2022, contraddistinti da una grave e generalizzata pressione dei costi.

LE SOCIETÀ DEL GRUPPO CAVIT

Per quanto riguarda le consociate di recente acquisizione, nel corso dell’anno è stata perseguita un’opera di razionalizzazione delle attività a favore di una migliore marginalità. In particolare: Casa Girelli, che svolge la propria attività nel settore dell’imbottigliamento e della commercializzazione di vini italiani sui mercati esteri, registra una contenuta contrazione del fatturato, con un risultato operativo condizionato dall’aumento dei costi a fronte di accordi commerciali già definiti prima dell’impennata.

Per la commerciale GLV è stata adottata una strategia mirata al riposizionamento e alla valorizzazione delle produzioni di Cantina La-Vis e Cembra Cantina di Montagna. In particolare, il 2022 ha segnato il rilancio completo della gamma di quest’ultima nella direzione della qualità e del pieno riconoscimento del valore di una viticoltura di eccellenza da remunerare opportunamente.

Anche nel caso di Cesarini Sforza, dopo il passaggio della cantina sotto la guida di Cavit, «si è provveduto ad una razionalizzazione delle attività, accompagnata da importanti investimenti per rafforzare le linee di sboccatura e confezionamento della pregiata linea di spumanti TrentoDoc». Infine, sempre nell’area della spumantistica, ottimi risultati per la società tedesca Kessler Sekt, che ha registrato un aumento del fatturato superiore al 25% grazie al recupero del canale Horeca post-pandemia e il crescente innalzamento dell’immagine di marca, salendo a 11,9 milioni di euro.

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“I suoli dei vigneti trentini”: il primo libro che racconta i “terreni” del vino trentino

Cavit presenta “I suoli dei vigneti trentini“. Si tratta di un volume inedito, che rappresenta un tassello importante del percorso di sostenibilità sul quale il Consorzio trentino è impegnato da anni.

Frutto di un intenso lavoro di squadra tra Cavit, la Fondazione Edmund Mach e un team di esperti, il nuovo libro, si pone l’obiettivo di «offrire alla filiera produttiva uno spaccato tecnico approfondito delle diverse caratteristiche zonali di questo territorio ad alta vocazione vitivinicola». Informazioni fondamentali «per definire le buone pratiche di gestione dei vigneti».

UN LIBRO SULLA VITICOLTURA SOSTENIBILE

Con 11 cantine sociali del territorio, collegate ad oltre 5250 viticoltori della provincia, Cavit coltiva il 60% della superficie vitata del Trentino. L’approccio è quello della viticoltura di precisione, che orienta da 12 anni le strategie del consorzio, pioniere di innovazione con il progetto Pica.

«Lanciato nel 2010 e in continua evoluzione – spiega ancora Cavit – Pica rappresenta oggi la più avanzata piattaforma tecnologica in Italia per l’implementazione di una viticoltura intelligente ed eco-sostenibile».

I SUOULI DELLA VITICOLTURA TRENTINA

In questo innovativo portale sono riuniti e monitorati i diversi suoli che compongono il territorio trentino. Si giunge fino al dettaglio dei singoli appezzamenti. «Un archivio di informazioni preziose e in continuo aggiornamento – sottolinea Cavit – che consente da anni una regia dei vigneti consapevole e informata».

Proprio nell’ambito di questo ambizioso progetto si colloca il volume di Cavit e Fondazione Mach “I suoli dei vigneti trentini”. «Il libro – conclude Cavit – illustra, per la prima volta su carta, parte del bagaglio di conoscenze che rappresentano il frutto di anni di lavoro e di analisi dei suoli trentini condotte per alimentare Pica».

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Cavit approva il bilancio: Gdo e Müller Thurgau portano il fatturato a 271 milioni

Cavit brinda a un fatturato consolidato che sale a 271 milioni di euro (+29%). Si rafforza la posizione finanziaria netta (38,3 milioni di euro). Crescono le vendite nel canale Gdo, che compensano le criticità del settore Horeca. E volano le vendite della spumantistica Metodo Classico TrentoDoc. Queste, in sintesi, le voci che confermano il buono stato di salute del gruppo trentino.

L’assemblea annuale dei soci Cavit, riunitasi oggi presso il Centro Congressi di Riva del Garda, ha approvato il bilancio consolidato del Gruppo per l’esercizio 2020–2021, chiuso a maggio 2021.

Un anno definito senza mezzi termini «fuori dell’ordinario», ma che segna una crescita molto rilevante. «Complice – ammette la dirigenza – la situazione eccezionale generata dall’emergenza Covid-19, che ha visto mutare profondamente le abitudini di consumo a livello globale», in favore dei vini in vendita al supermercato.

L’assemblea ha confermato la Presidenza vigente, conferendo un secondo mandato triennale a Lorenzo Libera. Scandagliando le carte, il fatturato consolidato del Gruppo è cresciuto del 29% passando da 209,7 milioni di euro dello scorso esercizio a 271 milioni di euro. Un risultato ottenuto sia per crescita organica che per effetto del consolidamento a 12 mesi delle società di recente acquisizione.

Il Gruppo è oggi composto dal Consorzio Cavit Sc a cui fanno capo le società Cesarini Sforza SpA, Casa Girelli SpA e Glv Srl (quest’ultima all’80%) acquisite nel dicembre 2019, oltre che la società tedesca Kessler Sekt controllata al 50,1%. Si rafforza ulteriormente la posizione finanziaria netta del Gruppo Cavit (Pfn: al 31/05/21 38,3 milioni di euro) che ritorna ai livelli preacquisizione, nonostante l’impiego di risorse finanziarie utilizzate per l’operazione.

I COMMENTI

«Molto soddisfacente anche quest’anno la remunerazione delle Cantine Associate da parte del Consorzio – evidenzia la dirigenza – che ha continuato ad assicurare un elevato livello di servizio e di supporto. Dando prova di rappresentare, anche e soprattutto nel difficile scenario della pandemia, un chiaro valore per il sistema trentino delle Cantine sociali».

Nel contesto generalizzato di sofferenza dei mercati a causa della crisi Covid-19, Cavit ha potuto contare su una «consolidata diversificazione del portfolio prodotti e dei canali distributivi presidiati, nonché sull’ampio ventaglio di Paesi di esportazione».

«Siamo particolarmente soddisfatti dei risultati raggiunti – dichiara Lorenzo Libera – che, seppure in un contesto complesso e difficile, hanno garantito anche quest’anno buone remunerazioni dei vini conferiti dai Soci viticoltori. In un periodo critico come quello che abbiamo vissuto, Cavit ha dimostrato quanto il suo ruolo sia cruciale per l’intera filiera vitivinicola trentina.

«Il nostro modello cooperativo, in questo momento più che mai prezioso – conclude il presidente – ha la missione di sostenere le Cantine sociali di 1° grado e i viticoltori ad esse collegati a prescindere dalla situazione contingente. Sono lieto di essere stato riconfermato alla Presidenza del Consorzio e continuerò a impegnarmi per garantire il miglior supporto alle Cantina associate».

«La strategia di forte diversificazione di prodotti, canali e Paesi di esportazione implementata in questi anni – aggiunge il direttore generale Enrico Zanoni – insieme alle acquisizioni compiute  con un preciso obiettivo strategico, hanno reso il Gruppo Cavit una struttura organizzata e diversificata, capace di cogliere le opportunità del mercato e di difendere le posizioni raggiunte».

I MERCATI DI CAVIT

In Italia, così come nei mercati esteri, Cavit ha incrementato notevolmente le vendite nel canale Gdo (il mondo dei supermercati), che è stato il principale driver di crescita del fatturato, grazie all’aumento dei consumi in casa generato dagli stili di vita adottati durante i periodi di lockdown e di smart working diffuso.

In particolare, Cavit ha consolidato ulteriormente la propria posizione come brand di riferimento per l’offerta di vini trentini, segnando in particolare ottimi risultati con il vino Müller Thurgau. Nel canale Horeca, nonostante la chiusura prolungata di bar e ristoranti e la conseguente riduzione dei consumi “fuori casa”, si evidenzia un trend decisamente positivo nel segmento della spumantistica premium con un +27%.

Ottimi risultati anche per Cesarini Sforza Spumanti Spa, che con i suoi metodo Classico TrentoDoc registra un fatturato di 5,7 milioni di euro nei due canali Horeca e Gdo, segnando una crescita complessiva del +30%. La controllata tedesca Kessler Sekt & Co Kg, nonostante la flessione del canale Horeca in cui si concentra prevalentemente, chiude l’anno fiscale con un giro d’affari di circa 9,5 milioni di euro. Mantiene così la sua posizione, stabile rispetto all’anno precedente.

L’EXPORT

Nei mercati internazionali, che rappresentano oggi il 75% del fatturato del Gruppo Cavit, l’emergenza sanitaria ha prodotto le medesime conseguenze osservate in Italia relativamente al cambiamento degli stili di vita e di consumo, spingendo i consumi domestici e penalizzando il canale del “fuori casa”.

Ottima la performance del Gruppo Cavit sul mercato nordamericano (Stati Uniti e Canada +25%), che rappresenta storicamente la destinazione primaria delle esportazioni del Consorzio: i consumatori d’oltre oceano hanno premiato i marchi più consolidati generando per le etichette di Cavit risultati superiori all’andamento del mercato.

Buoni risultati anche in diversi altri mercati di esportazione, come Belgio, Olanda, Svezia, Danimarca, Germania, Repubblica Ceca, Svizzera, Austria e Russia, mentre non sono mancate le criticità in alcuni mercati specifici, come la Cina e il Regno Unito.

In Asia, a differenza che in Occidente, le restrizioni alla circolazione delle persone e il regime di smart working diffuso hanno provocato infatti una perdita netta di fatturato, non compensata da un maggiore ricorso degli acquisiti nella Gdo. D’altro canto, il fenomeno della Brexit ha causato una forte contrazione della domanda e numerose difficoltà nella logistica, penalizzata dalle criticità subite dai servizi di trasporto.

Nel corso dell’esercizio è continuato con particolare impegno il programma di supporto organizzativo e tecnologico offerto dal team di agronomi Cavit agli oltre 5.250 viticoltori associati, con l’obiettivo di garantire assistenza anche nei periodi di maggiore criticità per l’emergenza sanitaria, nonché di migliorare costantemente il livello qualitativo del prodotto, all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione.

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Chilocalorie (kcal) sull’etichetta del vino: dibattito aperto

Le chilocalorie (Kcal) sull’etichetta del vino e degli alcolici, oltre a nuove possibili indicazioni nutrizionali, sono uno dei temi caldi del 2021 per i prodotti agroalimentari. Non solo nell’Unione europea, ma in giro per il mondo.

Di fatto, a indicare sulla bottiglia livelli calorici del vino italiano c’è già l’insegna britannica Tesco, presente con i suoi supermercati e ipermercati nel Regno Unito e in Paesi come Irlanda, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, nonché in Asia.

Tra i produttori italiani coinvolti ci sono “big” come Cavit e Fratelli Martini, che realizzano anche alcuni vini della linea a marchio privato “Tesco Finest“, avviata con successo circa 20 anni fa dal colosso britannico del retail.

Si apprende così che il Pinot Grigio Vigneti delle Dolomiti Igt 2019 Blush (12,5 % alcol in vol.) registra “Typical values per 100 ml Energy 284 kJ / 69 Kcal”, e “355 kJ / 86 Kcal” per un calice da 125 ml glass.

Le stesse del Prosecco Doc Vino Spumante Brut “Dino” (11 % alcol in vol.): “Typical values per 100 ml: Energy 285 kJ / 69 Kcal; per 125 ml glass: Energy 356 kJ / 86 Kcal”, si legge sulla retro etichetta.

Prodotti simili recano le medesime indicazioni. Il Côtes de Provence Rosé 2018 (12,5 % alcol in vol.), per esempio, ha “typical values per 100 ml Energy 286 kJ / 69 Kcal; per 125 ml glass: Energy 357 kJ / 86  Kcal”.

Si sale, invece, con il Riesling Mosel Steillage 2018 (12,5 % alcol in vol.): “Typical values per 100 ml: Energy 292 kJ / 70 kcal; per 125 ml glass: Energy 357 kJ / 86  Kcal”. A incidere su questi risultati sono due fattori: la percentuale d’alcol in volume (circa 7 calorie per grammo) e il residuo zuccherino (circa 4).

Un argomento affrontato in Italia senza remore dalla Famiglia Cecchi, che sul proprio sito web fornisce la formula esatta per il calcolo delle calorie del vino: «Considerando che un bicchiere di vino ha una capienza di 150 ml, se vogliamo calcolare le calorie che assumiamo bevendo un vino di 13°, avremo: 0,15 x 13 x 7,9 x 7 = 107 calorie».

Ma poi avverte: «Adesso che sapete calcolare le calorie nel vino, dimenticatevi tutto! Non ha senso farsi del male mentre si beve una buona bottiglia di vino con gli amici». Molto più pragmatica di Cecchi e già prontissima a cavalcare l’onda “no kcal” del vino è La Gioiosa, azienda di Crocetta del Montello, in provincia di Treviso.

La cantina veneta vende negli Uk una versione “light” – oltre che vegan – del Prosecco Doc: 11% d’alcol in volume e un contenuto e tenore inferiore alle 63 chilocalorie per un calice da 100 ml. Il tutto ben indicato in etichetta, sotto al logo della cantina e alla Denominazione di origine controllata, la cui scritta è più piccola della “K” di “kcal” (evidenziata in grassetto).

Dal canto suo Tesco, come molte insegne della Grande distribuzione internazionale, è invece piuttosto vaga e approssimativa nel fornire informazioni sulle proprie logiche di prodotto e di marketing.

«Le bottiglie di vino importate nel Regno Unito e presenti sui nostri scaffali – riferisce l’ufficio stampa britannico a WineMag.it dopo parecchie insistenze – riportano l’etichettatura valevole negli Uk. In Tesco, la salute dei nostri clienti è estremamente importante: vogliamo aiutarli a compiere scelte consapevoli su cibo e bevande che consumano».

Una ricerca ha suggerito che molte persone nel Regno Unito non sono consapevoli del contenuto calorico dell’alcol, tuttavia si stima che rappresenti quasi il 10% delle calorie consumate da coloro che bevono alcolici».

La scelta di adottare l’etichettatura energetica su vino e alcolici è dunque dell’insegna. «Lo abbiamo fatto in linea con il nostro obiettivo di aiutare i clienti a fare le scelte giuste», continua Tesco. A compiere le analisi su chilocalorie e chilojoule sono i produttori, ad eccezione dei vini della marca privata “Finest”, per i quali provvede lo stesso retailer.

Un esempio seguito anche da discount come Aldi, che anzi hanno rincarato la dose. Nel 2017, infatti la catena presente dal 2018 in Italia ha lanciato “Featherweight“, letteralmente “Peso piuma”.

Si tratta di una linea di “vini” dal basso tenore alcolico (5,5%) e calorico (la media è di 50 chilocalorie a bicchiere, circa la metà dei vini tradizionali) per il mercato britannico e irlandese: Sauvignon Blanc, Pinot Grigio, Zinfandel bianco e Merlot. Il prezzo? 4,49 euro.

Intanto, associazioni come Coldiretti invitano a non abbassare la guardia sul fronte dei risvolti sull’agroalimentare. «Circa l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine, Dop e Igp, è messo a rischio dalla proposta di nuovi sistemi di etichettatura», denuncia il presidente Ettore Prandini.

Etichettature come la nutriscore francese, così come quella a semaforo adottata in Gran Bretagna influenzano il consumatore, attraverso con un bel verde, a scegliere prodotti con ingredienti di sintesi e a basso costo spacciandoli per più salutari».

Non si parla di vino, ma dal formaggio alle chilocalorie del calice il passo è più breve di quello che potrebbe sembrare. «Tra le proposte in discussione – ammonisce Prandini – ci sono sistemi fuorvianti, discriminatori e incompleti, che finiscono per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole. per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta».

Insomma, avanti di questo passo, l’Europa rischia di mettere sempre più in tavola prodotti di gomma, spacciati per salutari. E brindare a Coca Cola e Sprite, invece di Champagne e Franciacorta. Dal vetro alla plastica. Cin, cin.

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“Andiamo a vendemmiare”. Un WhatsApp dice quando, in Trentino

Chissà cosa penserebbero i vignaioli d’un tempo, con gli occhi all’orizzonte alla ricerca di segni premonitori del meteo e assaggi continui delle uve, in vigneto. Fatto sta che, nel 2020, anche la vendemmia è “super-tech”. Lo testimonia l’iniziativa di Cavit, che è in grado di indicare con un “WhatsApp“, il sistema di messaggistica istantanea che spopola tra i giovani, quando è il momento di raccogliere l’uva. “È ora, andiamo a vendemmiare”. O giù di lì.

Per monitorare lo stato di maturazione dei grappoli e stabilire i tempi ottimali della vendemmia, la nota cooperativa trentina ha dotato i vigneti di speciali sensori, collegati a spettrometri portatili.

Gli agronomi sono così in grado di rilevare il livello di zuccheri e la presenza di componenti acide dei grappoli, dando il via alla raccolta al raggiungimento della condizione ottimale di maturazione. Una tecnologia che gioca a favore degli oltre 5.250 viticoltori della cooperativa, che rappresentano più del 60% della superficie vitata del Trentino.

“Tutte le informazioni raccolte – spiega Andrea Faustini, enologo e responsabile scientifico del team agronomico Cavit – vengono elaborate e messe a disposizione dei viticoltori in modo immediato e semplice, tramite messaggio WhatsApp sul cellulare o via email, avvisando ciascuno in tempo reale sui modi migliori per procedere nel lavoro quotidiano”.

Questo avviene sia in periodo di vendemmia che durante il resto dell’anno: controllare le condizioni meteoclimatiche, pianificare le tecniche agronomiche, monitorare lo stato di idratazione del suolo o la presenza di patologie fungine e insetti per effettuare in modo mirato i trattamenti protettivi più consoni riducendoli al minimo”.

“Da noi in Trentino la vendemmia non è meccanizzata – aggiunge Lorenzo Libera, presidente Cavit – e la raccolta manuale in più stacchi assicura una miglior cernita dei grappoli che giungono integri alla pigiatura contribuendo ad un miglior risultato sulla vinificazione”.

Pioniere di innovazione sin dal 2010 con lo sviluppo del progetto Pica, la più avanzata piattaforma tecnologica per l’implementazione di una viticoltura di precisione ed eco-sostenibile, il Consorzio trentino ha perfezionato negli anni quello che definisce “un approccio su misura, che porta la tecnologia al servizio della manodopera, nel pieno rispetto della tradizione della viticoltura di queste zone”.

Un intervento “a misura d’uomo” che, in Trentino, è quantomai necessario. Il territorio, di fatto, è morfologicamente molto eterogeneo e presenta un’ampia varietà di climi, altitudini e paesaggi, con tipologie di terreno vocate alla viticoltura molto diverse tra loro. Una mano dalla tecnologia – e da WhatsApp – è il benvenuto da queste parti.

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Mediobanca: Riunite & Civ, Caviro e Antinori confermano leadership del fatturato

Il fatturato pre-consuntivo del 2019 conferma i tre maggiori player italiani: Gruppo Cantine Riunite & Civ a 630 milioni (+2,9% sul 2018) – al cui interno Giv fattura 406 milioni (+4,7%) – seguito da Caviro a 329 milioni (-0,4%) e Palazzo Antinori a 246 milioni (+5,3%).

Lo evidenzia l’Area Studi Mediobanca, nell’ambito dell’Indagine annuale sul settore vinicolo nazionale e internazionale. Lo studio riguarda le 215 principali società di capitali italiane con fatturato 2018 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati pari a 9,1 miliardi di euro, oltre a 14 imprese internazionali quotate con fatturato superiore a 150 milioni di euro che hanno segnato ricavi aggregati pari a 5,7 miliardi di euro.

Seguono il terzetto del podio Casa Vinicola Botter a 217 milioni (+10,9%), Fratelli Martini a 210 milioni (-2%), Casa Vinicola Zonin a 205 milioni (+1,4%), Enoitalia a 199 milioni (+9,7%), Cavit a 191 milioni (+0,5%), Santa Margherita a 189 milioni (+6,8%) e, in decima posizione, Mezzacorona a 187 milioni (-0,8%).

Casa Vinicola Botter è campione di export nel 2019 con il 93,7% del fatturato, seguita da Farnese al 92,0%, Ruffino al 91,4%, F.lli Martini con l’86,1%, Mondodelvino con l’83,3% e La Marca all’82,8%.

Con riferimento alle sole esportazioni, il 60% delle imprese si aspetta per il 2020 una flessione delle vendite e, all’interno di queste, il 37,5% prevede che la flessione sarà superiore al 10%. Un quadro peggiore a quello del 2009, quando il 60,6% delle imprese vinicole subì un calo di vendite con una flessione del fatturato del 3,7% e con cadute oltre il 10% che riguardarono il 24,2% delle imprese.

Il 53,4% delle cooperative, maggiormente legate al mass market e alla distribuzione attraverso la Gdo rispetto all’Horeca, ha formulato per il 2020 previsioni meno pessimistiche sul fatturato di quelle delle S.p.A. e s.r.l., il 68% delle quali si aspetta un calo nell’anno in corso (la quota di cooperative che attende cali di vendite oltre il 10% si ferma al 26,7% contro il 50% delle altre).

Anche la distinzione per tipologia di prodotto porta ad aspettative differenziate. In questo caso sono i produttori di vini spumanti a esprimere attese meno negative rispetto a quelli di vini non spumanti. Tra i primi, il 55,5% prevede perdite di fatturato con una contrazione dell’export del 41,2%; quota che sale oltre il 65%, sia per perdite di fatturato che export, per i secondi.

Su queste stime incide la maggiore stagionalità dei vini spumanti le cui vendite crescono in misura significativa soprattutto in corrispondenza delle festività di fine anno, periodo entro il quale si auspica il pieno superamento della crisi sanitaria.

In generale, se si assume che le esportazioni italiane di vino si ridurranno in linea con la caduta del commercio mondiale ipotizzata dalla WTO, si stima una contrazione dell’export per i maggiori produttori italiani nel 2020 compresa tra € 0,7 e € 1,4 miliardi.

Quanto al mercato domestico, considerato che circa il 65% delle vendite nazionali è veicolato da canali diversi dalla Gdo, si stima fino alla metà di maggio una perdita di oltre € 0,5 miliardi. Ipotizzando per i mesi a seguire una riapertura dei canali extra-Gdo a ritmi inferiori del 30% rispetto ai livelli dell’anno precedente, si registrerebbe un’ulteriore contrazione del fatturato pari a €0,5 miliardi.

Una fotografia che porta a stimare nel 2020 una contrazione complessiva del fatturato per circa €2miliardi, frutto di minori vendite nazionali e estere, con una riduzione stimabile del settore tra il 20% e il 25% rispetto al 2019.

CRESCITA MODESTA

I dati preconsuntivi relativi al 2019 indicano che i maggiori produttori italiani hanno chiuso lo scorso anno con una crescita del fatturato dell’1,1%, un risultato modesto se confrontato con il quadriennio precedente (2014-2018) in cui le vendite sono cresciute a ritmi compresi tra il 6,7% del 2018 e il 4,7% del 2015.

Il rallentamento del 2019 è attribuibile alla dinamica negativa del mercato interno (-2,1%) in controtendenza rispetto all’export, che ha segnato una crescita del 4,4% rispetto al 2018 anche se lontano dalle crescite oltre il 7% del triennio 2015- 2017.

Il fatturato di S.p.A. e s.r.l. cresce del 3,2% (+5,1% all’estero), mentre le cooperative segnano un decremento sul 2018 (-1,9%) per la contrazione del mercato domestico (-4,4%,) parzialmente compensata dall’espansione di quello estero (+1,8%).

Anche gli spumanti hanno rallentato nel 2019 (-0,2%), mentre i vini non spumanti sono cresciuti dell’1,5%; per entrambi i comparti, importante è stato il contributo dell’export (+3,2% per gli spumanti, +4,6% per gli altri), a fronte di vendite domestiche in regresso (-2,4% per i primi, -1,9% per i secondi).

Gli investimenti materiali nel 2019 registrano un decremento del 15,9% sul 2018, dopo quattro anni di forte crescita. La riduzione più importante è quella degli spumanti (-23,9%) seguiti da S.p.A. e s.r.l. (-16,7%). Tiene l’occupazione, in aumento del 2,6% sul 2018.

L’indice di borsa delle società vinicole Da gennaio 2001 al 3 aprile 2020 l’indice di Borsa mondiale del settore vinicolo, in versione total return (comprensivo dei dividendi distribuiti), è cresciuto del 222,5%, al di sopra delle Borse mondiali (+129%).

La capitalizzazione complessiva delle 52 società che compongono l’indice è migliorata dell’8% tra marzo e dicembre 2019, per poi subire una brusca perdita del 30% nel 1° trimestre 2020 a seguito del Covid-19 scendendo, a fine marzo 2020, a 35,8 miliardi di euro (rispetto ai 47,4 miliardi del marzo 2019), bruciando in tre mesi quasi l’intera crescita dell’ultimo quinquennio.

Tra le maggiori solo il 30% delle imprese fa il bilancio di sostenibilità, il 25% non ne parla Su un totale di 39 imprese con fatturato superiore a 60 milioni (5,2 miliardi di fatturato aggregato), 7 imprese (1,6 miliardi di fatturato, il 31% del totale) redigono un documento di sostenibilità, in 6 casi si tratta del Bilancio di Sostenibilità e in un caso della sola Dichiarazione Ambientale.

In tema di certificazioni di sostenibilità, 5 società hanno aderito al progetto ministeriale V.I.V.A., una società ha conseguito la certificazione Equalitas. Altre 20 imprese (2,3 miliardi, 44% del totale) riportano sui propri siti internet alcune informazioni in materia di sostenibilità.

Si tratta principalmente degli aspetti ambientali e delle certificazioni di qualità, nella metà dei casi in sezioni dedicate. Le restanti 12 società (1,3 miliardi, 25% del totale), di cui il 60% circa sono familiari, non fanno alcun riferimento alla sostenibilità nei propri siti.

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La Versa si fonde con Terre d’Oltrepò

Dopo l’abbandono dei trentini di Cavit e l’ingresso del Gruppo Francoli, La Versa si fonde a Terre d’Oltrepò. La notizia circola da tempo, ma l’annuncio ufficiale è previsto per il 10 febbraio. Al teatro Carbonetti di Broni si terrà infatti l’assemblea dei soci che decreterà la fusione della cantina La Versa in Terre d’Oltrepò.

Ormai la cantina di Santa Maria della Versa è posseduta al 100% da Terre d’Oltrepò. È quindi fisiologica l’incorporazione, tramite una fusione che azzera i costi di gestione di due identità giuridiche distinte.

“Siamo orgogliosi di aver salvato un grande marchio della viticoltura oltrepadana ancora oggi conosciuto in tutta Italia, a tal punto che l’accordo di vendita con il gruppo leader Francoli ha già dato degli ottimi riscontri numerici”, evidenzia il presidente di Terre d’Oltrepò, Andrea Giorgi.

“Sono convinto – prosegue – che si è fatto di più negli ultimi tre anni che negli altri trenta. Sono determinato a portare avanti gli interessi della nostra cantina come se ogni giorno fosse l’ultimo, ho il dovere morale di continuare a perorare la nostra causa, con decisione e serenità. Soprattutto ora dove il nostro territorio è stato, ancora una volta, avvolto da un grande scandalo“.

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La Versa riparte con gruppo Francoli: un milione di bottiglie di Metodo Classico

Siglato in Oltrepò pavese l’accordo tra la storica cantina La Versa e il gruppo Francoli, azienda leader della distillazione e nella commercializzazione di prodotti vinicoli. La firma, che arriva dopo il termine dell’avventura con i trentini di Cavit, è avvenuta nelle ore scorse presso la sede della cantina oltrepadana. Obiettivo: produrre un milione di bottiglie di Metodo Classico dell’Oltrepò pavese in più.

La sigla in calce al contratto è stata posta dai presidenti di La Versa, Andrea Giorgi e dell’azienda Francoli, Alessandro Francoli. Il gruppo piemontese si occuperà della distribuzione in esclusiva dei prodotti della cantina di Santa Maria della Versa nel canale Horeca, su tutto il territorio nazionale. L’azienda, in accordo con La Versa, mette in campo un esercito commerciale di un centinaio di agenti che si muoveranno su tutta la penisola.

“E’ ormai acclarato – spiega il presidente Andrea Giorgi di La Versa – che la politica aziendale è radicalmente cambiata dal 2017, anno del nostro insediamento, ad oggi. Questo accordo segna una svolta per il futuro di questa realtà che ritornerà, dopo l’assemblea di inizio febbraio, un patrimonio dell’Oltrepò Pavese con l’acquisizione da parte di Terre d’Oltrepò delle quote di Cavit”.

Il gruppo Francoli rappresenta un nuovo percorso, abbiamo trovato in questo accordo un valore aggiunto per il nostro mondo commerciale perché abbiamo la certezza che ci siamo affidati ad un’azienda leader. Questo passo rappresenta un cambio epocale perché ci consentirà una distribuzione capillare dei nostri prodotti su tutto il territorio nazionale con una forza commerciale mai vista prima”.

Piena soddisfazione anche per il direttore di La Versa, Massimo Sala. “Il cambio di mentalità auspicato da tutti – spiega –  si sta concretizzando con una serie di operazioni commerciali che ci vedranno protagonisti, in accordo con importanti partner, sia nell’ambito GDO, sia in quello dell’Horeca con il gruppo Francoli”.

Oggi si aggiunge un altro importante tassello nella rivalutazione del brand La Versa che tornerà presto ad essere il faro della viticoltura oltrepadana. Oggi è difficile parlare di cifre perché il primo passo sarà quello di rodare la collaborazione, ma siamo intenzionati a mettere sul mercato nel 2020 circa un milione di bottiglie di Metodo Classico in più”.

“L’alleanza con Francoli significa mettere a diposizione di La Versa la migliore rete di vendita in Italia; dovete pensare che la sinergia con l’azienda piemontese è nata in pochi minuti di conversazione a testimoniare la bontà dell’operazione che nasce sotto le migliori premesse”, conclude Sala. Soddisfatto anche il presidente del gruppo Francoli che ha studiato a Pavia e che ricorda come il marchio La Versa fosse un emblema nel mondo del vino.

“E’ un onore – spiega il patron Alessandro Francoli – collaborare con una cantina che ha fatto la storia italiana della spumantistica. E lo è ancor di più in quanto questa dirigenza è riuscita a risollevare da un periodo di stagnazione un brand che deve essere il faro dell’intero territorio”.

“Mettiamo in campo una forza commerciale di circa 100 agenti che si occuperanno dell’intero territorio nazionale. Siamo convinti che la strada giusta sia stata intrapresa, ora non ci resta che lavorare sodo”, aggiunge.

L’accordo con il gruppo Francoli arriva alla vigilia dell’acquisizione totale da parte di  Terre d’Oltrepo di La Versa (l’assemblea dei soci è in programma nella prima decade di febbraio) e del lancio delle dieci etichette della Selezione Riccardo Cotarella, realizzate con le uve dei soci che hanno aderito al “Progetto qualità”.

Usciranno solo con il marchio “La Versa”, curate dall’importante enologo italiano. Nel 2020 debuteranno anche il Testarossa in versione Cruasè e Blanc de Blanc e i nuovi Charmat (Pinot nero, Riesling, Moscato, Rosè).

“Abbiamo lavorato sodo – chiosa il presidente Giorgi – per arrivare concretamente quest’anno sul mercato con dei vini di massima qualità come i nostri spumanti e la selezione firmata da Cotarella. Gli sforzi, in tutti i settori, sono stati notevoli ma siamo convinti che il piano industriale ormai delineato sia quello della crescita economica, quello della qualità in cantina e quello che garantisce ai soci una remunerazione maggiore. Abbiamo attuato una vera rivoluzione”.

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Cavit riabbraccia La Vis: mancherebbe solo una firma sull’accordo tra le coop trentine


TRENTO –
Mancherebbe “solo una firma” per l’ufficialità del nuovo accordo tra Cavit e Cantina di La-Vis e Valle di Cembra. Il corteggiamento reciproco, di cui si parla da anni, potrebbe concretizzarsi a giorni, sull’altare della cooperazione trentina.

Cavit accetterebbe il debito che grava su La-Vis, con l’impegno di non riversarlo sulle cantine del proprio consorzio. A sua volta, la cantina sociale di Lavis rinuncerebbe alla propria “indipendenza”. Rientrando in Cavit a 15 anni dalla scissione.

Sui dettagli dell’accordo regna la massima discrezione da parte delle due cantine cooperative del Trentino. Secondo fonti accreditate di WineMag.it, Cavit avrebbe ottenuto l’avallo di La Vis per l’acquisizione dei brand “Casa Girelli“, “Cesarini Sforza” e “Glv Srl“, la società che si occupa della commercializzazione dei marchi di Lavis.

La Vis rientrerebbe come cantina cooperativa fornitrice. Mentre si attende un commento ufficiale, i primi a muoversi sono i sindacati. Aleggia la preoccupazione, infatti, per le conseguenze dell’operazione dal punto di vista occupazionale. Sono 2.500 le famiglie potenzialmente coinvolte.

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Vini al supermercato

Teroldego Rotaliano Doc 2015 Bottega Vinai, Cavit

(3,5 / 5) In vendita nei supermercati del circuito Pam, Il Teroldego Rotaliano DOC 2015 Cavit è un rosso corposo e fruttato, da carne rossa, ben in grado di affrontare qualche anno di ulteriore affinamento in bottiglia.

Storico vino rosso prodotto nella provincia di Trento tra il nome dal tedesco “Tiroler gold” ossia “oro del Tirolo” a testimonianza dell’enorme apprezzamento di cui questo prodotto godeva specialmente nelle aree germaniche e presso la corte degli Asburgo a Vienna. La DOC istituita nel 1971 prevede l’impiego di uve Teroldego al 100%.

LA DEGUSTAZIONE
All’analisi sensoriale il Teroldego Rotaliano Doc 2015 di Cavit esibisce un rubino compatto e profondo di buona consistenza. Profumi di media intensità che raccontano di frutta nera – more e cassis, marasche – ma anche lampone, cuoio, vaniglia e legno tostato. Naso in evoluzione.

Al palato sfoggia una struttura apprezzabile, corpo pieno e tannino integrato e maturo, bella  freschezza, ritorni aromatici corrispondenti e media persistenza. Buon vino che può essere consumato subito, o atteso ancora un paio d’anni.

Abbinamento ideale con arrosti di carni rosse, bollito misto, zuppa di porcini, formaggi stagionati. Ingrediente essenziale nel classico risotto al Teroldego.

LA VINIFICAZIONE
Il Teroldego Rotaliano Doc 2015 di Cavit nasce nella Piana Rotaliana nei comuni di Mezzolombardo, Mezzocorona e San Michele all’Adige in provincia di Trento. Dopo la vendemmia, fermenta a temperatura controllata in vasche di acciaio e matura per un breve periodo in botti di rovere.

Fondata nel 1950, Cavit – Cantina Viticoltori Trentino è una cooperativa che riunisce dieci cantine sociali trentine con 4500 viticoltori associati e opera in collaborazione con il celebre Istituto Agrario di San Michele all’Adige.

Prezzo: 6 euro
Acquistato presso: Pam / Panorama

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Approfondimenti

Gli spumanti La Versa tornano protagonisti al Vinitaly

La Versa torna a Vinitaly da protagonista. La scorsa edizione, a pochi mesi dall’acquisizione da parte di Terre d’Oltrepò e Cavit, era bastata una presenza istituzionale per attirare attorno a sé grande interesse, era l’anno del ritorno del marchio, da sempre considerato il simbolo della spumantistica italiana, in patria come nel mondo.

Il 2018 è l’anno della rinascita vera e propria, con uno slancio nuovo verso il futuro, ma al contempo con un forte ritorno alla tradizione e a quella ricerca di qualità che ha reso grande questo nome.

Marco Stenico, attuale Direttore Commerciale, in merito a questa edizione ha commentato: “In effetti consideriamo questo 2018 come un anno zero per la nuova La Versa, dopo aver rimesso in moto lo stabilimento, dopo essere tornati nella scorsa vendemmia a ritirare le uve dai soci della Valle, abbiamo da qualche tempo iniziato a tessere nuove relazioni commerciali per riportare i nostri vini alla grande distribuzione organizzata e al canale horeca, un lavoro certamente non semplice perché nel mercato del vino specie con la Gdo occorre assicurare continuità e purtroppo per le vicissitudini vissute da La Versa prima che la rilevassimo, questa continuità è venuta a mancare facendo decadere praticamente tutte le relazioni in essere con i precedenti partner o clienti. Tuttavia, pur sapendo di non trovarci davanti ad una sfida semplice, abbiamo riscontrato una grande apertura nei nostri confronti da parte di molti, avendo quindi conferma del fatto che il marchio che orgogliosamente rappresentiamo ha ancora un fortissimo appeal verso i consumatori”.

Al Vinitaly 2018 tornano quindi i grandi spumanti La Versa partendo dal Carta Oro, presentato al pubblico pochi mesi fa in occasione dell’inaugurazione del Wine Point di Santa Maria della Versa, seguito ovviamente dai nuovi charmat a base Riesling e Pinot nero, ma soprattutto  in anteprima alla più grande fiera italiana del vino la nuova linea “Collezione”, in particolare la riserva 2007, un grande metodo classico rivolto esclusivamente al canale Horeca, una selezione speciale direttamente dai caveau La Versa.

La Versa sarà al Vinitaly di Verona dal 15 al 18 aprile con un proprio spazio all’interno del Padiglione Lombardia, Palaexpo, Stand C4.

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Vini al supermercato

La Versa, tre Charmat per il rilancio in Gdo: Riesling in promo all’Esselunga

E’ un ritorno in pompa magna quello di La Versa nella Grande distribuzione. La cantina pavese, fallita e poi risorta grazie alla cordata lombardo-trentina guidata da Terre d’Oltrepò e Cavit, è a volantino questa settimana in Esselunga, con lo spumante base Riesling Doc Oltrepò Pavese.

La nuova etichetta sarà in promozione fino al 18 aprile a 2,94 euro. Un ribasso del 40% rispetto al “prezzo pieno”, che si assesta su 4,90 euro.

Lo spumante di Riesling è uno dei tre Charmat (Metodo Martinotti) pensati dalla nuova La Versa per i clienti dei supermercati, assieme a un Pinot Nero vinificato in bianco e a un Moscato.

I tre spumanti sono già disponibili negli store Esselunga e Bennet. “Ma entro fine anno – anticipa in esclusiva a vinialsuper Marco Stenico, direttore commerciale di La Versa – andremo a completare l’inserimento in tutti i principali player della Gdo”.

Tre Charmat lunghi, con un periodo di autoclave che varia dagli 8 ai 9 mesi. Per quanto riguarda i volumi, si tratterà a pieno regime (ovvero nell’arco dei prossimi due, tre anni) di un milione e mezzo di bottiglie di Charmat a marchio La Versa immesse nel canale moderno. L’obiettivo per il Metodo Classico è invece quello di raggiungere quota 750 mila bottiglie.

Di fatto, la nuova dirigenza lavora anche al riposizionamento del prestigioso marchio nel canale tradizionale. All’Horeca saranno riservate le etichette di Metodo Classico Docg base Pinot Nero, vero simbolo dell’Oltrepò pavese di qualità.

“Inizieremo con l’etichetta ‘Collezione‘ 2007 – spiega Stenico – una cuvée delle basi spumante selezionate tra le migliori reperite a La Versa al nostro ingresso in azienda. Il prezzo sarà attorno ai 16 euro più Iva, all’ingrosso. Toccherà poi a ‘Testarossa‘, il vero portabandiera di La Versa, con le basi spumante tirate da noi. In questo caso, il prezzo supererà i 20 euro più Iva”.

Per degustare il “nuovo” Testarossa si dovrà tuttavia attendere la metà del 2019. “Un prodotto – commenta Stenico – che intende rappresentare l’intero Oltrepò d’eccellenza, con il suo vitigno più rappresentativo, il Pinot Nero”.

LA DEGUSTAZIONE
(4 / 5) Una tipicità salvaguardata anche attraverso i tre Charmat. Il Riesling da oggi in promo in Esselunga è il vero “anti Prosecco”. Giallo paglierino nel calice, naso intenso, fruttato, aromatico. Bollicina mediamente fine e persistente.

In bocca entra pulito, grazie a un “dosaggio” (Brut) capace di valorizzare al contempo aromaticità e corpo del vino. Uno spumante che riempie bene il palato anche una volta deglutito, con ritorni di frutta e richiami vagamente salini piacevoli, che invitano il sorso successivo.

Uno sparkling dall’ottimo rapporto qualità prezzo, capace di accompagnare alla perfezione un aperitivo, gli antipasti, ma anche l’intero pranzo o una cena non impegnativa.

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Terre D’Oltrepò: 12 milioni di euro sotto l’albero di Natale dei soci

BRONI – Dodici milioni di euro distribuiti ai soci negli ultimi due mesi. Quattro scadenze per i prossimi acconti, già fissate da dicembre 2017 all’estate 2018. Buone notizie sotto l’albero di Natale di Terre d’Oltrepò, il colosso che assieme a Cavit Trento sta tentando il rilancio della storica cantina pavese La Versa 1905.

“Pagamenti vitali per il sostentamento delle imprese vitivinicole dell’Oltrepò, specie in un’annata così difficile”, dicono dalle parti di Broni (PV). La prima “rata” alle oltre 700 famiglie di viticoltori è attesa per il 31 dicembre. La seconda il 31 marzo 2018. Per il 31 luglio 2018 la terza, mentre l’ultimo pagamento avverrà “entro 10 giorni dall’approvazione del prossimo Bilancio d’esercizio”.

Per sostenere queste uscite la Cantina ha utilizzato le proprie forze. “Siamo quasi tutti piccoli viticoltori – afferma Andrea Giorgi, presidente di Terre d’Oltrepò – gente che sa bene cosa significhi lavorare in vigneto portando avanti un’azienda. La nostra Cantina rappresenta viticoltori che non possono più sottostare al capriccio o all’interesse dei parassiti che fino ad oggi hanno vissuto sulle loro spalle”.

“Le problematiche di quest’anno – continua Giorgi – hanno messo a dura prova la viticoltura oltrepadana ed è nostro dovere fare tutto il possibile per stare vicino ai produttori, con ogni mezzo. Soprattutto non facendo mancare loro il sostentamento economico”.

Durante l’ultimo Consiglio sono state discusse anche le questioni sollevate in occasione dei quattro incontri del mese di dicembre con i soci delle diverse zone (Pietra de Giorgi, Montù Beccaria, Casteggio, Borgoratto Mormorolo).

“Abbiamo visto una grande partecipazione – sottolinea Marco Forlino, vicepresidente di Terre d’Oltrepò – in alcuni casi, come a Casteggio, addirittura sale gremite. Siamo molto soddisfatti degli esiti di queste prime riunioni. Cominciamo finalmente a vedere nella nostra base quel coinvolgimento che riteniamo assolutamente vitale per la condivisione e la legittimazione dell’intero processo decisionale della cantina”.

“Nei prossimi mesi fisseremo nuovi incontri zonali – continua Forlino – in Comuni diversi. Il nostro intento è sempre stato e rimane quello di creare dei momenti informativi e di confronto periodici con i nostri soci. Momenti fondamentali per dare vigore ad uno spirito di appartenenza che in passato è troppo spesso mancato, in Cantina come nel territorio”.

“Quest’anno abbiamo vissuto momenti difficili – conclude il presidente Giorgi – ma li abbiamo superati con l’appoggio dei soci. E con lo stesso appoggio andremo avanti su ogni nuovo iniziativa, collaborando con chi vorrà unirsi a noi, ignorando il resto”.

Se da un lato Giorgi scansa le polemiche e affonda la lama nelle critiche, dall’altro deve fare i conti con una nuova magagna burocratica.

Tra le cantine coinvolte nella maxi operazione dei Carabinieri dei Reparti Tutela Agroalimentare sul suolo nazionale c’è anche la Cantina sociale di Casteggio, una delle due unità produttive di Terre d’Oltrepò.

Tra i 41.048 ettolitri totali finiti sotto sequestro, oltre 3 mila sono stati “sigillati” dai militari nella cantina pavese, perché privi della regolare documentazione relativa alla provenienza delle uve.

Nessun problema di tipo sanitario per il vino posto sotto sequestro. Piuttosto l’ennesima batosta (questa volta amministrativa) per un Oltrepò pavese del vino che spera nella definitiva consacrazione sul panorama nazionale.

“In merito al sequestro amministrativo delle due cisterne presso la Cantina di Casteggio operato dai Reparti Tutela Agroalimentare – commenta Terre d’Oltrepò – ci preme segnalare che nei giorni successivi al controllo abbiamo fornito entro i termini richiesti tutta la documentazione richiesta. Siamo pertanto in attesa che il vino in questione venga dissequestrato, cosa che presumibilmente avverrà appena dopo le feste”.

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Un tram che si chiama La Versa. Ultima chiamata per l’Oltrepò

Diciotto milioni di euro netti di ricavi nel 2009. Poi giù. Nel buio più profondo. Fino ad arrivare a una voragine dal diametro impressionante.

Un buco (finanziario) da 12 milioni di euro, consolidato dal bilancio 2016. E un vuoto (morale) ancora più disorientante, allo scattare delle manette ai polsi dell’eterno presunto Messia, giunto dalla Franciacorta: quell’Abele Lanzanova capace, secondo la GdF, di “appropriarsi di ingenti somme sottraendole alle scarse risorse finanziarie della Cantina, peraltro già interessata da procedimenti prefallimentari”. Era il 21 luglio 2016.

L’araba Fenice dell’Oltrepò pavese ha un nome solo ed è La Versa. Evocativo. Tattile. Come i trattori dei contadini in canottiera che, nella culla del Pinot Nero italiano, passano accanto a quel blocco di cemento di 15 mila metri quadrati, pronti a tornare a popolarsi di uomini, di passioni, di idee.

Ci credono in molti – ma forse ancora in troppo pochi – nel rilancio della storica cantina pavese ad opera della nuova società costituita da Terre d’Oltrepò e Cavit. In questo quadro, in una terra che da troppi anni è un puzzle di buoni propositi e di ottimi progetti individuali annegati nell’incapacità di “fare rete”, la cooperazione pare l’unico asso nella manica.

Lo sa bene Andrea Giorgi, personaggio a metà tra il cow boy e il sindaco sceriffo: presidente della newco scioglilingua “Valle della Versa”, partecipata al 70% dai lombardi e al 30 dai trentini. Ironia sottile, silenzi dosati. Risposte mai banali o scontate. A volte pungenti. Un giardiniere pronto a seminare nel deserto. Un minuto Gandhi, il minuto dopo William Wallace (a parole) prima di Bannokburn. Senza però sfociare nel bipolarismo.

Al suo fianco Marco Stenico, il mediatore. Il direttore commerciale per antonomasia. Trentino d’origine, è lui il braccio destro di Giorgi. L’uomo perfetto per riconquistare il mercato.

E non importa se, al 24 agosto, i due non sappiano ancora quali siano, esattamente, i bottoni da premere sul quadro elettrico per accendere la luce nel “caveau” di La Versa, intitolato allo storico presidente duca Antonio Denari. Per risorgere ci vuole tempo. E occorre fiducia. La ricetta? Ripartire dal passato, in chiave moderna.

“Questa è un’azienda nuova – precisa Stenico – costituita dai due soci. Terre d’Oltrepò e Cavit si sono prese carico, ognuna per le proprie competenze, di alcune attività. Noi seguiremo la parte commerciale, mentre i nostri partner trentini la parte tecnica, la vinificazione e la parte industriale, che sta per essere messa in attività a partire già da settembre”.

Dalla scorsa settimana, i conferitori della zona di Santa Maria della Versa e di Golferenzo hanno ricominciato a portare le loro uve a La Versa. “Tutto raccolto a mano – evidenzia Stenico – Pinot Nero, Riesling e Moscato”. La prima vendemmia della nuova società si assesta sui 25 mila quintali di uva. Masse certamente inferiori ai 450-500 mila quintali che Terre d’Oltrepò e i suoi soci sono in grado di produrre annualmente. Ma siamo, appunto, solo all’inizio.

La parte del leone spetta al Pinot Nero, con oltre 10 mila quintali. A seguire il Riesling, 5 mila. E infine il Moscato, con 7-8 mila quintali. Quantità risicate da maltempo e gelate che hanno interessato l’Italia, travolgendo anche l’Oltrepò Pavese. Cento i soci conferitori di quella che fu La Versa, cui si andrà a sommare la base sociale di Terre d’Oltrepò, costituita da oltre 700 soci. Tradotto in vigneto: 6 dei 13 mila ettari complessivi sono controllati da Valle della Versa, con un potenziale produttivo che supera il 55% dell’intera zona.

“Da questa vendemmia – commenta Andrea Giorgi – ci aspettiamo un prodotto da collocare nel più breve tempo possibile sul mercato con il marchio La Versa. Un’operazione strategica per Terre d’Oltrepò, che ha già due stabilimenti: uno a Broni, l’altro a Casteggio. Il primo ha un grande potenziale dal punto di vista tecnologico, che arriva fino alla trasformazione di 15 mila quintali di prodotto al giorno. Casteggio si sta invece specializzando nell’imbottigliamento di prodotti fermi. Qui a Santa Maria La Versa vogliamo invece sviluppare il marchio e destinarlo a prodotti spumanti e a frizzanti in genere”.

Il mercato di riferimento è chiaro. “Nella nostra strategia complessiva – risponde Giorgi – visti i quantitativi enunciati, possiamo abbracciare tutta la gamma, dalle enoteche ai supermercati, passando dai ristoranti. Stiamo accuratamente selezionando i canali nei quali entrare nel modo più redditizio possibile, per creare uno zoccolo duro sul mercato italiano e sviluppare l’estero, dal momento che l’export, oggi, riguarda solo una piccola parte. Quello che vogliamo fare è accontentare i diversi target di clientela, dando senso al lavoro delle nostre centinaia di conferitori”.

Al canale moderno, quello della distribuzione e della grande distribuzione organizzata (Do-Gdo) sarà affidato il 70-75% della produzione. Il resto alla nicchia della ristorazione e delle enoteche. Diverso il discorso per il marchio La Versa. Ed è qui che si gioca una delle partite fondamentali per il rilancio della cantina pavese.

IL TESORO NEGLI ABISSI
Nei due piani sotterranei della cantina sono infatti custodite oltre un milione di bottiglie di metodo Classico oltrepadano (o futuro tale). Voci incontrollate assegnerebbero a questo scrigno un valore di 4,2 milioni di euro. Lo stesso per il quale la newco si è aggiudicata l’asta.

Una cifra che Giorgi e Stenico non confermano. E che, anzi, sembrano ridimensionare. Cosa ne sarà di questo bottino, vera carta da giocare anche nei confronti delle resistenze sull’operazione di Cavit in Oltrepò, da parte di una frangia di vignaioli delle Dolomiti? Cinque le annate custodite nel Caveau, comprese tra la 2004 e la 2015 , tra Docg e Vsq.

“Vorremmo identificare il posizionamento del prodotto in una fascia alta – precisa il direttore commerciale -. Canalizzeremo in Gdo La Versa, fatta eccezione per marchi storici come Testarossa e Cuvée storica, che invece saranno appannaggio del canale tradizionale. Sintetizzando, sia per la Gdo sia per l’Horeca, un posizionamento alto per i prodotti La Versa e numeri più bassi. Ristoranti, enoteche e bar di prestigio avranno l’esclusiva del top di gamma di La Versa, protetto dalle logiche dei facili volumi, su livelli dei grandi Franciacorta e dei grandi TrentoDoc”.

“A partire da ottobre inoltrato – dichiara Marco Stenico – saranno immesse sul mercato le prime 5-10 mila bottiglie selezionate in maniera tecnica e precisa, capaci di garantire senza ombra di dubbio quella qualità che avremo sicuramente fra tre anni. Il resto dello stock sarà venduto come prodotto di semi lavorazione ad altri produttori. Per noi questo milione di bottiglie ha un valore enorme e vogliamo portarlo a casa tutto. Devono essere il biglietto da visita di La Versa, ma soprattutto dell’intero Oltrepò, per il quale ci candidiamo a un ruolo di vero e proprio traino”.

LE ETICHETTE
Le etichette, specie quelle destinate alla Gdo, sono ancora in fase di elaborazione. Sarà un lavoro di mediazione che interesserà le stesse insegne, avvezze a richiedere ai clienti layout ben precisi, secondo le moderne frontiere del neuromarketing.

Le prime bottiglie oggetto di restyling dovrebbero spuntare sugli scaffali di una nota catena italiana a cavallo tra i mesi di ottobre e novembre (manca solo la firma sul contratto). Saranno invece tutelate da qualsiasi ingerenza le etichette storiche di La Versa, cui sarà garantita “un’identità vecchio stile, o comunque della vecchia bottiglia”.

“Faremo dei piccoli cambiamenti – annuncia Marco Stenico – ma senza togliere riconoscibilità al marchio”. Grande attenzione al mercato italiano. Ma nel mirino, per l’estero, oltre agli Stati Uniti, si affiancheranno missioni su piazze importanti, come Germania e Inghilterra.

L’aspettativa? “Innanzitutto – risponde Stenico – portare a casa la pagnotta. Ma i nostri piani industriali prevedono una crescita di 6 milioni nel primo anno e di 10 nei prossimi 3-4 anni, con redditività”. Una parola magica, “redditività”, che riguarderà soprattutto un’oculata gestione dei costi e delle risorse.

Di fatto erano trentacinque i dipendenti de La Versa colata a picco. Sette i milioni di fatturato nel 2015, scesi poi a poco più di 4 milioni nel 2016, per pagare stipendi e mantenere gli standard infrastrutturali. Di fatto, oggi sono 6 i dipendenti effettivi di La Versa (un enologo e 5 cantinieri). E se di numeri si parla, basti pensare che Terre d’Oltrepò, con un fatturato di 40 milioni, ha oggi in carico 48 dipendenti.

“Una gestione scellerata quella del passato – evidenzia il presidente Andrea Giorgi – che ha portato alla distruzione del fatturato di La Versa. Scelte imprenditoriali e commerciali errate hanno condotto la società a un’esposizione esagerata. Ma tra le cause del fallimento bisogna citare anche una componente politica, perché è impossibile immaginare 35 dipendenti in una realtà da 4,5 milioni euro annui”.

IL CONSORZIO
“La ripartenza di La Versa – dichiara Emanuele Bottiroli, direttore del Consorzio di Tutela Vini Oltrepò – è un nuovo inizio per un Oltrepò spesso percepito come schiavo di mille padroni e incapace di governare il proprio mercato. All’Oltrepò Pavese serve un marchio collettivo leader, La Versa può esserlo. In Oltrepò ci sono il Pinot nero, la storia spumantistica dal 1865, i terreni collinari tra i più vocati d’Italia, i borghi del vino più caratteristici e l’anima vera di ‘contadini diventati imprenditori’, come ricordava Carlo Boatti”.

“Tutti – prosegue Bottiroli – ripetono come dischi rotti che manca una strategia d’insieme. Per me, ferme restando le identità di tanti singoli produttori di filiera e le loro maestose composizioni, manca un direttore d’orchestra. Manca un leader che sposi un progetto di marketing e posizionamento a valore, forte dei numeri per competere in Italia e nel mondo”.

“In altre parole possiamo trascorrere i prossimi 10 anni a cercare di mettere insieme 1700 aziende vitivinicole, 300 delle quali vanno sul mercato con le loro etichette e un imbottigliamento significativo di una miriade di tipologie, oppure collaborare al rilancio di La Versa, perché torni a svolgere il ruolo di autorevole ambasciatore di un Oltrepò di alta gamma, come avveniva ai tempi del Duca Denari”.

La Versa, evidenzia Bottiroli, “ha testimoniato con il suo impegno e la sua storia l’eleganza e la longevità unica che può arrivare ad avere un grande ‘Testarossa, marchio La Versa per l’Oltrepò Pavese Docg Metodo Classico, pura espressione del Pinot nero d’Oltrepò. Ne abbiamo 3.000 ettari”.

“La nuova proprietà – esorta il direttore del Consorzio – deve coinvolgere il territorio in un percorso in cui tutti devono credere con passione, perché ripartire richiede progetti, massa critica, continuità e tempo. La Versa deve tornare a raccontare ed affermare cosa sia un grande spumante Metodo Classico italiano e un superlativo vino dell’Oltrepò”.

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Vini al supermercato

Vino e datteri (omaggio) da Pubbli Store: il nuovo business del “Baffo” Roberto Da Crema

“Signora, guardi: di questi non sa quanti ne abbiamo venduti… Si fidi. Io stessa ne ho già comprati tre! E per fortuna non lavoro in Rinascente. Altrimenti sa quanta roba porterei a casa ogni giorno?”. Divisa gialla, cordialità, buona preparazione sulla merceologia esposta. Ma soprattutto una frase. Infilata tra un dettaglio tecnico e l’altro. Scandita come un mantra: “Ne. Abbiamo. Venduti. Tantissimi”. L’identikit non lascia spazio a dubbi: i dipendenti Pubbli Store sono stati ben addestrati da Roberto Da Crema, in arte “Il Baffo”.

Si fatica nel trovare un posto libero nel parcheggio dello store di San Vittore Olona, terzo punto vendita della nuova catena di “bazar” del televenditore più rumoroso d’Italia. E’ sabato pomeriggio e sono tanti i milanesi a caccia dell’affare shock, in quello che in tv e sul web viene pubblicizzato (e da chi, se non dal Baffo?) come lo “Store più risparmioso d’Italia”. E chi se ne frega del parere dell’Accademia della Crusca. Roberto Da Crema è sempre stato uno capace di guardare solo al sodo.

Tra le corsie affollate di questo grande magazzino del risparmio, ci siamo anche noi. Prima delle casse, il mondo ci crolla addosso: ecco spuntare una bella fila di pallet colmi di cartoni di vino. “Promozione tesserati: con l’acquisto di 6 bottiglie, in omaggio una confezione di datteri”. Tutto vero. Non è uno scherzo. Datteri. Dat-te-ri.

Forse per consolazione? Forse perché per battere sul campo i cinesi – maestri del low cost -non resta che l’omaggio? Può darsi. Fatto sta che con 2,29 euro ti porti a casa una bottiglia  di Castelli Romani Doc Bianco annata 2015, Borgo dei Vignaioli. Per la stessa cifra – datteri sempre compresi ogni 6 “bocce” – si può prelevare anche un “vino bianco” Regalmonte.

A 2,90 euro si può optare per un Alcamo Doc Fiorile, o per un Marche Rosso Belisario. A tenere alta la bandiera della Lombardia, il “vino rosso” Belvedere imbottigliato dalla Neuroniagrari Soc. Agr. Srl di San Colombano al Lambro, che altro non è se non quel Poderi di San Pietro che si fa apprezzare in Gdo con il Rosso dei Poderi proposto a 6,49 euro alla catena di supermercati Il Gigante.

“Il Baffo” Roberto non dimentica la Sardegna: ecco dunque il Cannonau Doc Cala Sarmentu 2015, distribuito da quelle Cantine Pirovano di Calco (Lecco) balzate di recente agli onori delle cronache per il presunto interessamento nelle quote di Cantina La Versa, storica e prestigiosissima realtà dell’Oltrepò pavese finita nelle mani del gruppo Cavit, in cordata con Terre d’Oltrepò.

Sempre nell’ottica di un perfetto abbinamento con i datteri, ecco la ciliegina sulla torta: la Cuvée Dolce Duchessa Lia, cantina piemontese di Santo Stefano Belbo che dietro a questo nome cela il proprio spumante dolce ottenuto da uve Moscato bianco. Prezzo? 2,49 euro per i tesserati Pubbli Store.

Occhio invece alle scadenze se preferite la birra al vino: la Tennent’s Extra Strong Lager che fa bella mostra di sé su un pallet espira il prossimo 31/05/2017. Abbastanza tempo per approfittare appieno dei 29,90 euro a cui viene proposto il cartone da 24 bottiglie, in formato 33 cl.

Nel 2012, quando è iniziata l’epopea Pubbli Store, Roberto Da Crema escludeva la possibilità di vendere alimentare. Solo trapani, phone per capelli, borse, scarpe e cappotti, per intenderci. Oggi, il business riguarda anche prodotti dolciari, sughi pronti. E vino. Tutto lecito. Purché non si parli di vera qualità “Made in Italy”.

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Doc delle Venezie e Igt Trevenezie: è fatta. Ora il Consorzio

La quarta varietà di uva coltivata in Italia ha una nuova denominazione di origine controllata. E’ la Doc “delle Venezie”, che interesserà appunto principalmente l’uva Pinot Grigio. Tre le regioni coinvolte: Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia.

Un impasto di interessi e visioni parse sin da subito inconciliabili. Che presto convergeranno in un Consorzio dall’arduo compito: garantire la convivenza di grandi gruppi come Cavit e Mezzacorona con realtà medio piccole, abituate da sempre alla vendemmia manuale. Ventitremila ettari di vigneti di Pinot Grigio nella denominazione, su un totale di 20 mila ettari localizzati nel Nord Est, 10 mila dei quali concentrati nel solo Veneto.

“Il via ufficiale al Consorzio che gestirà la nuova Doc ‘delle Venezie’ – commenta Antonio Rallo, Presidente di Unione Italiana Vini – è l’epilogo di un percorso durato due anni in cui Uiv si è impegnata per favorire il dialogo tra i soggetti coinvolti, sostenendo e agevolando la preziosa attività di mediazione e relazione, associativa ed istituzionale. Un lavoro coordinato da Albino Armani, che ringraziamo e sollecitiamo a proseguire con lo stesso passo verso la costituzione del Consorzio. Strumento grazie al quale sarà possibile riorganizzare e valorizzare la produzione di Pinot Grigio del Triveneto, riferimento nazionale per questa varietà. La nuova Doc sarà garanzia di migliore qualità, controlli efficaci delle produzioni e valorizzazione di un vino che in tutto il mondo è sinonimo di italianità”.

La conferenza stampa di presentazione delle prossime tappe che porteranno all’ingresso sul mercato della nuova Doc delle Venezie e dell’Igt Trevenezie si è svolta in presenza del mondo produttivo delle regioni Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia e del presidente dell’Associazione Temporanea di Scopo (Ats) Albino Armani, che ha guidato questo ambizioso progetto fino ad oggi e che è pronto a gestire il costituendo Consorzio.

I NUMERI
La produzione di Pinot Grigio nel solo Triveneto costituisce oggi l’85% della produzione complessiva nazionale e il 43% di quella mondiale, con circa 2 milioni di ettolitri (260 milioni di bottiglie) distribuiti su oltre 20 mila ettari: circa 11.500 ettari in Veneto, 6.000 in Friuli Venezia Giulia e 2.800 nella sola provincia di Trento. Il Pinot Grigio Rappresenta la quarta varietà di uva coltivata in Italia, segnando una crescita negli ultimi cinque anni pari al 144%. Il nuovo Pinot Grigio Doc ‘delle Venezie’ comprenderà la produzione della vecchia IGT e tutta la produzione del Pinot Grigio DOC del Triveneto, pur mantenendo le caratterizzazioni territoriali di ciascuna zona. Nell’ambito della presentazione della nuova Doc ‘delle Venezie’ è stata data voce anche alla nascita della Igt ‘Trevenezie’,  e sono stati presentati i relativi disciplinari di produzione oltre che i futuri programmi di sviluppo.

“Con l’invio al Ministero dello Statuto del Consorzio abbiamo fatto un altro passo importante verso l’organizzazione della nuova Doc ‘delle Venezie’ – spiega Albino Armani (nella foto) – segnando un importante risultato per il settore, che ci qualifica come riferimento nazionale e mondiale per la produzione del Pinot Grigio. La lungimiranza e la determinazione dimostrate da tutti i soggetti delle regioni Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia coinvolti trasversalmente, hanno consentito di individuare un terreno comune su cui dialogare e progettare in sinergia il futuro di una denominazione che, di fatto, raccoglie nel suo complesso le peculiarità di questi tre territori”.

Il produttore veronese Armani ha guidato alla presidenza dell’Ats una squadra composta alla vice presidenza dal friulano Dario Ermacora e dal trentino Alessandro Bertagnoli. Un comitato composto anche da un referente per i produttori, vinificatori e imbottigliatori dei tre territori. Per il Veneto Giorgio Piazza, Corrado Giacomini, oltre allo stesso Albino Armani. Per il Friuli Venezia Giulia, Dario Ermacola, Pietro Rismontin, e Claudio Felluga. Per il Trentino Alto Adige Alessandro Bertagnoli, Rigotti Luca e Luterotti Bruno.

“Ora – continua Armani – la filiera potrà muoversi finalmente come sistema organizzato costituendosi in Consorzio di Tutela e portando gli standard qualitativi di produzione a un deciso innalzamento. Attraverso controlli puntuali ed efficaci per via delle norme produttive più stringenti, oltre che per una più strutturata gestione dell’offerta, il mercato guadagnerà in stabilità, accompagnata da una visione condivisa delle strategie di promozione che permetterà al Consorzio di aprire a nuove prospettive di crescita nel panorama internazionale”.

“Un obiettivo veramente importante – conclude Albino Armani – raggiunto anche grazie all’operato di Unione Italiana Vini che ha lavorato a livello tecnico ed istituzionale per sensibilizzare ed illustrare in modo approfondito e concreto i vantaggi che questa novità avrebbe portato al comparto. Desidero infine ringraziare il Ministero delle Politiche Agricole per la fiducia e l’apertura dimostrate nei confronti di questa iniziativa, che auspico possa diventare modello replicabile per altre realtà vitivinicole italiane”.


“Salutiamo con sincera soddisfazione la prossima costituzione del Consorzio della Doc ‘delle Venezie’ – aggiunge
Paolo Castelletti (nella foto a sinistra), Segretario Generale Unione Italiana Vini – che ci ha visti impegnati fianco a fianco in questi anni per coordinare un processo tutt’altro che semplice, sintesi di sensibilità ed esigenze espresse da regioni significative per la vitivinicoltura italiana come Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia. Una risposta concreta di riorganizzazione del sistema delle Doc verso un modello di aggregazione territoriale e produttiva che facilita il percorso di promozione e valorizzazione identitaria del Pinot Grigio. Un esempio virtuoso di semplificazione del sistema delle Doc, che auspichiamo esportabile anche in altre situazioni”.

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Vino, consumi fuori casa: è ripresa nell’Horeca

Un “sostanziale incremento delle vendite da parte delle imprese vinicole italiane”. E’ quanto emerge dai dati annuali del canale on-trade analizzati dall’Osservatorio del Vino italiano. Da luglio 2015 a giugno 2016, crescono in valore del 5,9% e in volume del 2,3% rispetto all’anno precedente (lug14-giu15). “Un segnale positivo – commenta Paolo Castelletti, Segretario Generale Unione Italiana Vini – che ci deve stimolare a proseguire nel cammino di sviluppo fino ad ora intrapreso. Auspichiamo che questa ripresa venga accompagnata dalla stabilità di Governo del Paese, indispensabile anche per il riordino del quadro legislativo del comparto a partire dai decreti attuativi del Testo Unico appena approvato in Parlamento, al quale abbiamo lavorato con solerzia e impegno negli ultimi tre anni”.

Occasione di confronto è stato il Convegno organizzato dall’Osservatorio del Vino nell’ambito di Wine2Wine a Veronafiere, dal titolo: “I trend del vino nell’Horeca: fu vera crescita?”. Oltre ai dati relativi alle vendite di vino da parte delle aziende italiane nel periodo luglio 2015 – giugno 2016 nel canale Horeca, sono stati diffusi quelli su comportamenti e abitudini di consumo di vino nel nostro Paese.

“Al quesito ‘Il vino nell’Horeca, fu vera crescita?’ ritengo di rispondere che fu e sarà ‘vera evoluzione'”. Così Josè Rallo, titolare Donnafugata. “Siamo un popolo che consuma abitualmente cibo fuori casa, per cui l’Horeca è un canale così importante che a noi produttori tocca avere consapevolezza della continua evoluzione della domanda – continua Josè Rallo –. Negli ultimi 10 anni l’Horeca per Donnafugata ha sempre avuto una rilevanza vitale. Negli anni di difficile congiuntura ci siamo sforzati di innovare per rispondere alle sfide di un mercato in forte evoluzione. Abbiamo lavorato soprattutto per creare valore attraverso l’incremento della qualità, con continui investimenti in vigna ed in cantina – conclude Josè Rallo. I risultati sono stati positivi: nel mercato domestico, negli ultimi 36 mesi, abbiamo registrato una buona crescita e contiamo di chiudere il 2016 con un +8-10% sull’anno precedente, sia nel canale Horeca che su tutti i canali serviti”.

I DATI
“I consumi fuori casa in Italia aumentano rispetto allo scorso anno come registrato anche da altri istituti di ricerca (IRI e TRADE LAB) – ha aggiunto Enrico Zanoni, Direttore Generale di Cavit -. Si parla di circa 80 miliardi di Food&Beverage previsti per il 2017, distribuiti tra 290.000 punti di consumo in costante crescita grazie anche ad un’offerta di ristorazione che è molto cambiata diventando più smart, accessibile, dinamica. Con il vino che ha assunto un ruolo centrale nel momento del consumo premiando un aumento delle vendite. Certo l’onda positiva può stabilizzarsi e diventare strutturale se continueremo ad investire in qualità del prodotto e professionalità della proposta. E’ vera crescita, ma per mantenerla bisogna crederci e investire”.

“Desidero rivolgere un plauso all’Osservatorio del Vino che lavora per conoscere e diffondere i numeri dei consumi nel settore Horeca – ha sottolineato Emilio Pedron, Amministratore Delegato Bertani Domains, più cauto sui dati di ripresa. L’Horeca, è un settore fondamentale per il vino di qualità. Il calo del consumo del vino fuori casa ha origini lontane: dai controlli alla guida, allo stile alimentare e alla crisi economica. I dati che oggi dimostrano una ripresa dei consumi, possono essere visti come una sorta di rimbalzo tecnico legato alla ripresa degli ordini per esaurimento delle scorte più che per incremento dei consumi”. “Oggi – ha concluso Pedron – la sfida del produttore che vuole mantenere fidelizzato il cliente ristoratore, consiste nel cercare di offrire il prodotto adatto al relativo target di clientela, rispondere alle richieste in termini di consegna, favorire occasioni e modalità moderne di consumo”.

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Cantina La Versa: Giv non partecipa all’asta. Cavit in pole su Pirovano

Fuori uno. Gruppo Italiano Vini (Giv) non parteciperà all’asta per l’acquisizione della cantina pavese La Versa. Lo assicura in una nota inviata a vinialsupermercato.it la Spa veronese di Calmasino, mediante la portavoce Tiziana Mori. Tra le domande che dovranno pervenire al curatore fallimentare Luigi Spagnolo entro le ore 17 di venerdì 25 novembre, non ci sarà dunque quella della prima azienda vitivinicola italiana, già titolare di 15 cantine sparse per il Belpaese e implicata in importanti “partecipazioni strategiche” a livello mondiale, dagli Usa al Regno Unito, passando per Francia, Germania e Belgio.

A meno di sorprese dell’ultima ora, si riducono a due i potenziali acquirenti della cantina di Santa Maria della Versa. Con Cavit, Cantina Viticoltori del Trentino, che secondo i ben informati sarebbe in vantaggio su Cantine Pirovano, Srl di Calco (Lecco) già proprietaria dal 1997 di Tenuta Bentivoglio a Santa Giulietta, al confine tra Broni e Casteggio. La base d’asta è di 5,6 milioni di euro – oltre imposte di legge – e comprende il marchio, gli immobili e le attrezzature de La Versa Viticoltori dal 1905 Spa, ad eccezione del Wine Point Montescano. Interessate all’acquisto risultano anche due cooperative locali: la Cantina sociale di Canneto Pavese e Terre d’Oltrepò, coop nata dalla fusione delle cantine di Broni e Casteggio, a sua volta già sconvolta da uno scandalo.

IL FALLIMENTO DE LA VERSA
Da possibile salvatore, a cui era stato affidato il rilancio della cantina La Versa, alle accuse di “frode e autoriciclaggio basato su fatture relative a operazioni inesistenti”. Questa la parabola discendente che vede come protagonista Abele Lanzanova, amministratore delegato de La Versa Spa, finito in manette il 21 luglio scorso.

Il giorno successivo, anche la figlia dell’ad, Elena Lanzanova, è stata arrestata dalla Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Pavia. Nella sua abitazione sono stati rinvenuti 7 chilogrammi di marijuana. I militari stavano cercando possibili intrecci della donna con le attività illecite del padre, quando hanno scoperto la droga all’interno della sua abitazione di Urago D’Oglio, in provincia di Brescia.

Abele Lanzanova, secondo quanto riportano le forze dell’ordine, “si sarebbe appropriato di ingenti somme sottraendole alle scarse risorse finanziarie della Cantina, peraltro già interessata da procedimenti prefallimentari”. L’ad bresciano avrebbe riciclato denaro per alzare il capitale della cantina, trasferendolo sui conti correnti de La Versa Financial International Spa.

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La crisi del vino novello spiegata da Cavit

Trecentoquarantamila bottiglie. Si assesta su queste cifre la produzione di vino novello da parte di Cavit, Cantina Viticoltori del Trentino. Cifre in decremento. Così come in picchiata risultano, su scala nazionale, le vendite di vino novello. Una crisi senza fine, quella del corrispettivo italiano del Beaujolais nouveau francese. Il primo nettare della vendemmia, ottenuto (almeno parzialmente) mediante macerazione carbonica, ha perso il fascino di 10 anni fa. In Italia se ne producevano 10 milioni di bottiglie. Oggi 2 milioni. Il minimo storico, come sottolinea la stessa Coldiretti.

“Indubbiamente – spiega Susi Pozzi, direttore Marketing Italia di Cavit S.C. – il mercato del Novello negli anni ha subito un ridimensionamento, sia dal punto di vista delle bottiglie totali sia del numero di produttori. E’ un prodotto che ha raggiunto la fase di maturazione e declino. Le motivazioni sono diverse: un calo generalizzato del consumo di vino, la perdita ‘dell’effetto attesa’, dopo la modifica della data del cosiddetto ‘deblocage‘ del 6 novembre, una costante rincorsa all’anticipo del Natale che ha eroso ‘spazio/tempo’ alla vendita di questo prodotto, in particolare nel canale Gdo”.

Eppure, per Cavit, la produzione di vino novello rappresenta un segmento importante. “Il nostro novello Fiori d’Inverno è leader nel canale Gdo – precisa ancora Pozzi – mentre Terrazze della Luna è dedicato al canale Horeca. Il novello, per Cavit, rappresenta ancora un prodotto importante, che sosteniamo con eventi ad hoc per comunicare al consumatore e agli opinion leader la peculiarità dell’uva Teroldego, particolarmente adatta alla tecnica della macerazione carbonica, oltre alle caratteristiche distintive dei nostri Novelli”.

IL NOVELLO DI CAVIT
L’Igt Vigneti delle Dolomiti “Fiori d’Inverno”, destinato ai supermercati, è un vino di pronta beva, preparato e proposto al consumatore già un mese dopo la fine della vendemmia. La zona di produzione è il Campo Rotaliano, nei comuni di Mezzolombardo, San Michele all’Adige e tra le colline coltivate a vite di Roverè della Luna. In particolare, “Fiori d’Inverno” nasce dalle uve di due vigneti autoctoni trentini: Teroldego e Schiava Gentile, che contribuiscono al blend rispettivamente al 70 e al 30%.

La tecnica usata per la vinificazione del Teroldego è la macerazione carbonica: le uve, perfettamente sane e mature, vengono fatte sostare intere e non pigiate in tini di acciaio inox in ambiente saturo di anidride carbonica. Durante questo periodo avviene la fermentazione intracellulare con estrazione delle sostanze aromatiche più delicate presenti nella buccia. Dopo qualche giorno l’uva viene pressata e il mosto fatto fermentare a temperatura controllata. Unito alla Schiava gentile (che dunque non subisce macerazione carbonica) viene poi sottoposto a un breve affinamento in tini di acciaio inox, prima dell’imbottigliamento e della commercializzazione. Dati analitici: alcool 11,50% vol., acidità totale 4,8 g/l, estratto secco netto 26 g/l, zuccheri residui 7 g/l.

Caratteristiche organolettiche: colore rosso rubino, vivo e brillante. Profumo netto, marcatamente fruttato con sentore di lampone e fragola tipico dei vini ottenuti in macerazione carbonica. Sapore secco, piacevolmente equilibrato, di corpo leggero, ma elegante e vivace. Temperatura di servizio: 12-14° gradi.

Il Novello di Teroldego Igt Vigneti delle Dolomiti “Terrazze della Luna” è vinificato e proposto al consumatore appena dopo un mese dalla vendemmia. “A torto – spiega Susi Pozzi – per la sua giovinezza, è considerato di ‘relativa’ qualità: è invece il frutto di un’attenta selezione delle uve, di una raffinata tecnica enologica e di un efficiente servizio al consumatore più curioso”. La zona di produzione è sempre quella del Campo Rotaliano in Trentino, ossia l’area vitata delimitata dalle Borgate di Mezzolombardo, Mezzocorona e San Michele all’Adige, collocata lungo i fiumi Adige e Noce. “L’esperienza – evidenzia Pozzi – ha dimostrato che il vitigno più adatto all’elaborazione del vino Novello è l’autoctono Teroldego, opportunamente selezionato e vinificato in purezza. La particolare resistenza ‘meccanica’ della buccia consente di mantenere integri gli acini durante la prima fase di vinificazione in macerazione carbonica delle uve intere. Particolare questo molto importante per i processi enzimatici che avvengono in questa prima fase all’interno dell’acino e che conferiscono al vino quel particolare sentore fruttato e fresco, tipico del novello”.

Il metodo di elaborazione è quello della macerazione carbonica. I grappoli maturi e perfettamente sani vengono posti interi, e non pigiati, in piccoli tini di acciaio inox. La macerazione in ambiente chiuso, in totale assenza di ossigeno, favorisce l’estrazione delle sostanze aromatiche e coloranti dalle bucce. Dopo alcuni giorni si passa alla pigiatura delle uve, avviando il mosto alla fermentazione a temperatura controllata. Un breve affinamento in recipiente d’acciaio inox precede imbottigliamento e commercializzazione.

Caratteristiche organolettiche: colore rosso rubino, vivace e brillante; profumo netto con marcato sentore fruttato che ricorda i frutti di bosco e in particolare il lampone. Sapore fresco, armonico, delicato e piacevole. Dati analitici: alcool 12,00% vol, acidità totale 5 g/l, estratto netto 26 g/l, zuccheri residui 6 g/l. Temperatura di servizio: 12-14° gradi.

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Cresce il settore vinicolo italiano: lo dice Mediobanca

 
Diffusi i dati di un’indagine Mediobanca fatta su 136 principali società di capitali italiane operanti nel settore vinicolo che nel 2014 hanno fatturato più di 25 milioni di euro e i cui bilanci sono stati aggregati per il periodo 2010-2014.  Si tratta di 42 cooperative (incluse sette S.p.A. e s.r.l. controllate da una o più cooperative), 87 S.p.A. e s.r.l. a controllo italiano e sette società a controllo estero che hanno segnato nel 2014 un fatturato pari a 6,2 miliardi di euro e un tasso di rappresentatività del 59,4% in termini di produzione (circa 10,5 miliardi di euro nel 2014) e del 61,6% in termini di export (5,1 miliardi di euro). Dall’indagine emerge un aumento di fatturato del settore vinicolo 2015 su 2014 del 4,8%, anche grazie alla crescita delle vendite estere +6,5%,  ma anche al buon contributo di quelle interne +3,1%. Un risultato, quello del comparto, decisamente migliore di quelli negativi dell’intera manifattura (-2,6%) e dell’industria alimentare (-0,8%). Anche se il 2015 si prospetta uno degli anni a crescita più modesta dal 2010, esso consente alle vendite del settore di superare del 31,6% i livelli del 2010, all’export del 46,6% e al fatturato domestico del 18,7%, lungo un trend di crescita ininterrotta anche se discontinua. Il maggiore sviluppo è stato realizzato dagli spumanti +10%, mentre i vini non spumanti si fermano a +3,7%.  Per i mercati esteri nel 2015 l’area più dinamica è il Sud America (+18,3% le vendite sul 2014), pur rappresentando una minima quota del fatturato estero (1,5%). Vivace anche la crescita del Nord America (+13,3%), dove si realizza ben  il 34% dell’export.  Il dato complessivo del +6,5 % delle esportazioni italiane di vino deriva da queste due regioni, poiché i Paesi UE sono cresciuti solo 3,7% e il resto del mondo (Africa, Medio Oriente e Paesi Europei non UE) del 3,2% e c’è stata una flessione del 10% sull’area asiatica. Per quanto riguarda le aziende, nel 2015, Cantine Riunite-GIV si conferma prima per fatturato (547 milioni, +2,7% sul 2014), seguita da Caviro in flessione del 4,4% a 300 milioni e da Antinori, primo gruppo non cooperativo che guadagna l’8,7% con 202 milioni di fatturato. In forte crescita Zonin (+14,3%) che con 183 milioni si porta dalla settima alla quarta posizione. Mezzacorona con 175 milioni (+2,1%) si conferma in quinta posizione. La divisione vini della Campari è sesta con 171 milioni, ma paga la crisi russa e perde il 18,2% di fatturato. Seguono nell’ordine: 7° posizione, cooperativa Cavit a 167 milioni (+1,9%); 8° posizione, Fratelli Martini a 162 milioni (+1,2%); 9° posizione, Botter a 154 milioni (+12,5%); 10° posizione, IWB a 145 milioni (+4%). Ma il record di crescita nel 2015 spetta alla cooperativa La Marca che passa da 60 a 76 milioni (+25,1%), scalando dalla 25esima alla 22esima posizione, seguita dalla Ruffino che sale del 17% da 81 a 94 milioni, portandosi dalla 21esima alla 18esima posizione. La più rilevante presenza sui mercati esteri è della Botter che vi realizza il 94,5% del proprio fatturato, seguita dalla Ruffino (93,1%), dalla Fratelli Martini (88,8%) e dalla Masi Agricola (88,4%); altre 15 società realizzano all’estero oltre il 50% delle vendite. Quanto alle prospettive per il 2016, tra le aziende coinvolte c’è molta positività, ma improntata a grande prudenza. Circa la metà ritiene di non andare oltre il 5% di crescita dei ricavi nel 2016. Le attese per l’export ricalcano la stessa tendenza, ma hanno un’intonazione un po’ migliore: il 94,5% degli intervistati prevede un fatturato in crescita o al più stabile nel 2016 (era l’89,5% nel 2015). ma solo 1 su 4 ha attese di crescita superiori al 10%. Solo il 5% degli intervistati invece teme in una riduzione dei volumi . I più frizzanti sulle previsioni sono, manco a dirlo, i produttori degli spumanti di cui un 15% si aspetta nel 2016 di aumentare il fatturato totale di oltre il 10%, percentuale che sale al 35% guardando i mercati esteri.
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Vini al supermercato

Intreccio Chardonnay Blanc de Blancs spumante Brut, Cavit

(4 / 5)Novità in assortimento da Esselunga e non manchiamo l’appuntamento con la degustazione. Siamo nel mondo delle bollicine trentine Charmat con Intreccio Blanc de Blancs Chardonnay vino spumante Brut della nota casa vinicola Cavit Trento. Uno sparkling wine ottenuto dunque mediante rifermentazione in autoclave (Metodo Martinotti) sulla base della tradizionale esperienza spumantistica di Cavit, che differisce dal Metodo Classico o Champenoise del disciplinare Trento Doc. Passiamo dunque al profilo organolettico. Intreccio Blanc de Blancs Chardonnay vino spumante Brut Cavit si presenta di un colore giallo paglierino con riflessi verdolini. La grana del perlage è mediamente fine e persistente. All’olfatto è intenso, fine e di complessità sottile: ai freschi sentori di mela Golden fa eco una crosta di pane fragrante. Stesse percezioni al palato, che si fa apprezzare per freschezza e corpo. Buona l’alcolicità (12%), morbidezza rotonda, indistinguibile la presenza di zuccheri residui, come vuole un buon Brut. Leggermente sapido, Intreccio Blanc de Blancs Chardonnay Cavit risulta dunque un vino spumante ben equilibrato, che punta tutto sulla freschezza della beva. Aspetto che ritroviamo anche in un retro olfattivo intenso, fine, sufficientemente persistente. Il compagno giusto, insomma, per un aperitivo informale. Può accompagnare anche il pesce, le carni bianche e i formaggi non stagionati.

LA VINIFICAZIONE
Le uve Chardonnay utilizzate per dare vita a Intreccio Blanc de Blancs provengono dalle colline vitate della Vallagarina, in Trentino. Un’area che, dal punto di vista climatico, è caratterizzata da estati calde e buone escursioni termiche nel periodo di maturazione delle uve. Il vitigno Chardonnay, originario della Borgogna e coltivato in Trentino da oltre cent’anni, ha trovato in questa zona un ambiente particolarmente favorevole per esprimere tutto il suo potenziale qualitativo. La complessa gamma aromatica di questa varietà associata ad un buon tenore acidico la rende ideale per l’elaborazione di vini spumanti. Le uve, accuratamente scelte, vengono raccolte esclusivamente a mano. La preparazione del vino di base viene realizzata mediante vinificazione in bianco in piccoli contenitori in acciaio inox a temperatura controllata. Una fase, questa, in cui gli enologi di casa Cavit Trento assicurano di prestare “particolare cura”. Il vino-base ottenuto riposa per alcuni mesi in cantina e viene dunque sottoposto a rifermentazione in autoclave, seguita da un affinamento sui lieviti di sei mesi, prima dell’imbottigliamento. Cavit (Cantina Viticoltori del Trentino) è una cooperativa che riunisce undici cantine sociali trentine, con 4500 viticoltori associati, dalla Valle dell’Adige (Roverè della Luna) alla Vallagarina (Avio).Prezzo pieno: 7,19 euro
Acquistato presso: Esselunga
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Pinot Grigio Trentino DOC 2014 Cavit Mastri Vernacoli

(3 / 5) Tra le molte varietà di Pinot Grigio presenti sugli scaffali dei supermercati italiani, quello di Cavit è certamente un classico. Un modo per andare sul sicuro. La linea è quella dei Mastri Vernacoli, che tra le cantine della società cooperativa di viticoltori trentini è in grado di offrire altri “pezzi” pregiati e altrettanto “classici”, come il Gewurztraminer.
Il Pinot Grigio Trentino Doc Mastri Vernacoli in questione è dell’annata 2014. Un vino giovanissimo, dunque, che conserva tutto l’aroma tipico del genere. Una volta stappato e versato nel calice, a una temperatura consigliata tra i 10 e i 12 gradi, si sprigionano da un chiaro giallo paglierino sentori nettissimi di pera, pesca e limone. Gli stessi che si ritrovano al gusto, tra le vivide note floreali.

Perfetto l’abbinamento con piatti di pesce e minestre. Sorprendente come il corpo di questa bottiglia riesca a “completare” alla perfezione un semplice piatto di cozze, in guazzetto d’alici e capperi.

Un mixaggio sapiente di uve provenienti dai terreni di Roveré della Luna, lungo il fiume Adige, con altri di Vallagarina (2) e della Valle dei Laghi (6), dal Comune di Terlago alla zona del basso fiume Sarca.

Prezzo pieno: 6,28 euro
Acquistato presso: Il Gigante – Assago Milanofiori (MI) https://plus.google.com/u/0/+IlGiganteAssago/posts

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