E’ a tutta questa fetta di pubblico italiano che parla il nuovo spot del Tavernello. Un’idea di Lorenzo Marini Group, l’azienda pubblicitaria che ha convinto maggiormente Caviro tra le quattro in “gara” a inizio anno.
Della pianificazione della campagna pubblicitaria, in onda da domenica 8 aprile in tv, sulla carta stampata e sui mezzi di comunicazione digitale, si occupa invece Media Italia.
Due agenzie di grido, insomma. Perché è un “grido” che lancia Caviro. Che tenta con questo spot un riposizionamento concettuale – quasi filosofico – del brand. La risposta (pacata) del gigante a tante formichine insolenti.
E il vero scandalo è proprio questo. Ovvero che una Cooperativa da 300 milioni di fatturato debba investire denaro per spiegare a qualcuno che non sta vendendo merda, o veleno. Ma vino. “Vino vero”. “Il prodotto della fermentazione alcolica di mosto d’uva”, come insegnano ai ragazzini delle scuole alberghiere, o ai corsi sommelier.
Caviro deve difendere, attraverso uno spot, il prodotto che l’ha resa la prima cantina italiana nel mondo: il Tavernello. Frutto del lavoro di 13 mila viticoltori, che arriva sulle tavole di 4 milioni di italiani.
E allora ecco che questo, più che uno spot, pare tanto una preghiera. Un inno al rispetto non tanto del brand, o del vino in sé, col marchio Tavernello – che sia in brik o in bottiglia – ma chi ci sta “dietro”.
Un inno al rispetto di chi “lavora la terra”. Un inno a chi la “coltiva, pota le viti e raccogliere i suoi frutti”. Un inno a chi “controlla gli acini, aspetta la pioggia se non arriva” e si “brucia la pelle se c’è troppo sole”. Perché la Cooperativa paga per la qualità dell’uva conferita. E allora è meglio fare un buon lavoro in vigna.
Un inno al rispetto di chi, orgogliosamente, lavora per Caviro e per il suo indotto. Non è un’iperbole, per tutta questa gente, parlare di Tavernello come di un “vino che fa battere il cuore”, o che “gonfia il petto” e “non ti fa sentire mai stanco”. Per tutte queste famiglie, il Tavernello, è davvero un motivo “orgoglio”.
“Quello che tu trovi semplice, noi lo troviamo difficile”, recita la prima frase dello spot, in apertura di quello che la stessa Caviro descrive come uno “storytelling emotivo“. Una vera e propria chiamata alla riflessione. Per superare le facili ironie che, quasi quotidianamente, vedono Tavernello protagonista.
Il gigante, così, fa un passo indietro. E mostra le sue 13 mila facce. Deridere il vino in brik vuol dire prendersi gioco di tutti loro. Di chi si sveglia quotidianamente per produrlo. Dalla vigna ai laboratori enologici. Vuol dire deridere le anime di 30 cantine della galassia Caviro. E un interno team di enologi, tra i migliori al mondo.
Una squadra che, nello stabilimento di Forlì, effettua campionature e assaggi alla cieca con cadenza pressoché settimanale, per garantire la continuità del gusto di un prodotto che non vuole esprimere tipicità, ma piuttosto semplicità e memoria gusto-olfattiva.
Quello di Caviro, con Tavernello, è un altro modo di concepire il vino. Lo stesso utilizzato per altri prodotti, come per esempio il caffè. Andate al supermercato e dirigetevi nella corsia dedicata. Cercate tra i tanti caffè uno dei più amati dagli italiani: il Lavazza Qualità Rossa.
Fatto? Girate la confezione e leggete cosa c’è scritto nell’angolo, in basso, a destra. Vi aiutiamo noi: “Al fine di mantenere la perfetta costanza del gusto, l’origine geografica del caffè può variare a seconda delle caratteristiche annuali del raccolto”.
Nulla di più normale. Per chi punta a produrre un prodotto “standard”, la regola numero uno è la continuità del gusto. Una continuità organolettica che il Tavernello garantisce da Milano a Palermo, da New York a Hong Kong. Ma non attraverso chissà quali aggiunte chimiche vietate, o magheggi enologici di laboratorio.
Il segreto del gusto “standard” di Tavernello sono i 30 territori delle 30 cantine da cui può attingere Caviro per la produzione del suo vino simbolo. Un puzzle di vigneti situati da Nord a Sud Italia, da dove poter pescare uve qualitativamente atte a garantire il medesimo risultato. Di anno in anno. E di vendemmia in vendemmia.
Immaginate di avere a disposizione uve da tutto il Paese per produrre il vostro vino: usereste anche voi quelle migliori, raccogliendole dai territori dove il clima ha garantito le perfette condizioni di maturazione. Questo è Tavernello. Semplicemente questo.
E allora ecco di seguito il testo dello nuovo spot, dedicato a tutti quelli che nei bar social, dall’8 aprile, si sono sono lasciati andare alle solite, facili, ritrite ironie.
Troviamo duro lavorare la terra con tutto il rispetto che merita. Troviamo duro coltivare, potare, tagliare e raccogliere i suoi frutti. Troviamo duro selezionare le viti, controllare gli acini, aspettare la pioggia se non arriva, bruciare la pelle se c’è troppo sole.
Siamo in tredicimila, raccogliamo il nostro lavoro in 30 cantine, in tutto il paese. Dalla creatività della primavera alla generosità dell’autunno. Senza mai risparmiare sul tempo. Che un vino nasce dalla generosità. Ma anche dall’orgoglio. Quello che ti fa battere il cuore, che ti gonfia il petto, che non ti fa sentire mai stanco.
Quello che ti fa diventare il più grande produttore italiano di vini, che ti fa portare nelle tavole di tutta Italia un vino vero, un vino forte, un vino di casa.
Dalle nostre cantine nasce questo sangue della terra color rubino. Morbido come il velluto e buono come il pane. Semplice come il vento e armonioso come un canto. Forte come l’amore. Ma quello che tu trovi semplice, per noi non è cosi facile. Noi di Caviro, la più grande cantina d’Italia. Tavernello. Semplice non vuol dire Facile.
http://www.vinialsupermercato.it/caviro-gigante-del-tavernello-slow-wine-rock-n-roll/
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.