Categorie
news news ed eventi

Villa Corniole batte Barons de Rothschild (Lafite): in Tribunale vince “Sagum”

Villa Corniole batte Barons de Rothschild Lafite in Tribunale vince Pinot nero Sagum contro Bordeaux Saga R
La
piccola (ma solo per dimensioni) cantina italiana Villa Corniole ha battuto in tribunale nientemeno che il colosso francese Barons de Rothschild (Lafite). I francesi avevano portato in corte i trentini per via del nome fittizio di uno dei loro Pinot Nero: “Sagum” avrebbe imitato la linea di Bordeaux “Saga R”. Il giudice ha però dato ragione all’azienda italiana. Stabilendo che «non c’è alcun rischio di confusione tra le due etichette, da parte dei consumatori». Il nome “Sagum”, d’altro canto, deriva da “Jugum” – poi traslato appunto in “Sagum” – antico nome con cui veniva identificato il comune di Giovo, in cui vengono coltivate le uve Pinot Nero di Villa Corniole. Domaines Barons de Rothschild (Lafite) dovrà pagare le spese legali del procedimento, per un ammontare che sfiora i 4 mila euro.

«Dopo un lungo percorso – commenta la cantina guidata da Maddalena Nardin – possiamo dire che la nostra piccola cantina vince finalmente il ricorso contro il colosso francese che contestava il nome del nostro Pinot Nero Sagum. È stato difficile, ma la giustizia ha prevalso. Continueremo a produrre il nostro vino con lo stesso amore e impegno, fieri di portare avanti il nostro nome. Tutto questo ci insegna che a volte anche Davide può vincere contro Golia, il piccolo può vincere contro il colosso. Non ci resta che brindare a questo trionfo, che ci rende ancora più orgogliosi delle nostre radici e del nostro territorio cembrano. Ringraziamo di cuore lo studio legale Botteon che ci ha assistiti al meglio in questo percorso».

Categorie
news news ed eventi

Vino bulgaro Bolgaré, Bolgheri vince la causa e chiama il Veneto: «In bocca al lupo al Prosecco»

Dopo 5 anni di attesa, l’EuipoUfficio marchi europeo dà ragione al Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri e Bolgheri Sassicaia Doc nel contenzioso contro Domaine Boyar. La cantina aveva fatto domanda di registrare il marchio del vino “Bolgaré” nel 2017. La decisione è stata emessa lo scorso 21 marzo ma è stata pubblicata solo oggi, 29 marzo 2022.

In particolare, l’Euipo conferma la «forte somiglianza dei due nomi». Con il «rischio per il consumatore di associare erroneamente la denominazione italiana e il marchio bulgaro».

BOLGHERI VINCE LA BATTAGLIA LEGALE AL BOLGARÉ

«Si tratta di una vittoria non solo per il territorio di Bolgheri, ma per l’Italia e soprattutto per l’intero sistema europeo delle denominazioni, che dopo questa decisione ne esce certamente più forte», commenta Albiera Antinori, presidente del Consorzio Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri e Bolgheri Sassicaia Doc.

«Dopo 5 anni di battaglia legale – continua – siamo molto contenti di questo risultato. Essere riusciti a difendere la denominazione Bolgheri dalla tentata registrazione da parte di una azienda bulgara di un marchio molto simile è un segnale importante per l’Italia, in un momento in cui anche altre denominazioni italiane sono in difficoltà nella difesa del loro nome».

BOLGHERI, AUGURI AL PROSECCO

Per l’avvocato Paola Stefanelli di Bugnion Spa, che ha assistito il Consorzio nel procedimento: «La decisione d’appello della Commissione dei Ricorsi dell’Euipo, che sancisce la vittoria del Consorzio di Bolgheri, è una lezione di coerenza dell’Ufficio marchi europeo sulla tutela delle Dop alla Commissione Europea».

Dopo aver intascato la vittoria sul vino bulgaro Bolgaré, è lo stesso avvocato a guardare ora al caso Prosek del Veneto. «La Commissione dei Ricorsi rileva che l’evocazione può sussistere anche solo in uno dei Paesi membri. E il fatto che non sussista, per motivi storici o linguistici, in una parte dell’Ue è irrilevante. Adesso in bocca al lupo al Prosecco per la sua battaglia».

Categorie
news news ed eventi

Il Consorzio del Prosecco perde la causa Prisecco con Manufaktur Jörg Geiger Gmbh

Germania batte Italia, grazie all’Italia. Potrebbe essere sintetizzata così la sentenza che vede la tedesca Manufaktur Jörg Geiger Gmbh, titolare del marchio Prisecco, avere la meglio sul Consorzio di tutela del Prosecco.

Il colosso di Schlat, piccolo borgo non lontano da Stoccarda, è stato infatti assistito vittoriosamente nella causa dalla Tonucci & Partners. Uno studio di consulenza legale con uffici in Italia (Roma, Milano, Padova, Prato, Trieste, Napoli, Foggia), Albania (Tirana) e Romania (Bucarest).

I FATTI

Il team formato da Carlo Scarpa, Ettore Salce e Maria Gioffrè era stato incaricato dall’azienda tedesca, attiva nella produzione di bevande analcoliche, distillati e vini, nella controversia contro l’ente di Treviso.

«Il Consorzio – spiega  Tonucci & Partners a WineMag.it – aveva promosso un procedimento cautelare ante causam nei confronti di Manufaktur Jörg Geiger Gmbh. In particolar modo, la richiesta era l’inibizione del marchio Prisecco, utilizzato dall’azienda per commercializzare uno dei propri prodotti analcolici a base di frutta».

Il giudice del Tribunale delle Imprese XIV sez. di Milano si è pronunciato in favore dell’azienda tedesca, decretando la carenza di giurisdizione. «Il prodotto non è diffuso e commercializzato in Italia», recita la sentenza.

Il Consorzio del Prosecco sarà dunque costretto al pagamento delle spese del procedimento in favore di Manufaktur Jörg Geiger Gmbh.

Categorie
birra eventi news news ed eventi

“La birra artigianale fa schifo”: multa di 3 mila euro per la Rai


Unionbirrai
ha vinto la causa intentata contro la Rai. Il Giudice di Pace ha condannato la Tv di Stato a risarcire l’Associazione dei piccoli birrifici indipendenti per danno all’immagine e alla reputazione per un ammontare di 3 mila euro più le spese processuali.

La somma del risarcimento verrà interamente utilizzata dall’Associazione per la promozione della cultura della birra artigianale in Italia. L’azione legale, portata avanti dall’avvocato Gaetana Russo, è partita a seguito di una puntata della fiction Tutto può succedere andata in onda su RAI 1 il 1 giugno 2017.

Due attori, nel corso di un dialogo, avevano pesantemente denigrato una birra artigianale che stavano bevendo, utilizzando termini come “schifo“, “queste birre non valgono quello che costano”.

Spingendosi fino al paragone con le birre industriali: “Prima aveva tutte birre normali, quelle che si trovano, poi si è buttato sulle birre artigianali, vatti a fidare“.

“Il Giudice ha riconosciuto che la conversazione andata in onda era diffamatoria dell’onore e della reputazione di Unionbirrai e della birra artigianale in generale – commenta Vittorio Ferraris (nella foto) direttore dell’Associazione – non è la prima volta che ci arrivano attacchi di questo genere, ma questa sentenza costituisce per noi un precedente significativo, molto più importante del risarcimento, che è assolutamente simbolico”.

Exit mobile version